Language of document : ECLI:EU:C:2017:441

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 giugno 2017 (1)

Cause riunite C593/15 P e C594/15 P

Repubblica slovacca

contro

Commissione europea



Causa C599/15 P



Romania

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Risorse proprie dell’Unione europea – Responsabilità finanziaria degli Stati membri – Transito comunitario esterno – Perdita di dazi all’importazione di uno Stato membro imputabile a un altro Stato membro – Richiesta della Commissione al secondo Stato membro volta a ottenere il risarcimento della perdita – Lettere della Commissione – Impugnabilità»






I.      Introduzione

1.        In che modo gli Stati membri possono fare chiarezza giuridica sulla sussistenza di un’obbligazione pecuniaria nei confronti dell’Unione europea, se la Commissione europea non ha il potere di emanare un provvedimento di riscossione del suddetto credito e fintantoché essa non instaura un procedimento di infrazione?

2.        Tale questione fondamentale è sollevata nell’ambito della presente impugnazione in un contesto, quanto al resto, prettamente tecnico.

3.        Nella specie si discute in primis di dazi, vale a dire di risorse proprie tradizionali dell’Unione che la Repubblica federale di Germania è stata impossibilitata a riscuotere a causa di problemi imputabili alle autorità slovacche e rumene. Ritenendo che, date le circostanze, la Repubblica slovacca e la Romania fossero tenute a rispondere delle perdite verificatesi, la Commissione invitava tali paesi a versare gli importi corrispondenti. Come ha confermato anche in udienza, la Commissione intendeva evidentemente inviare ai due Stati membri una prima lettera, nell’ottica di un possibile successivo avvio di procedimenti di infrazione. Tuttavia, essa non ha formulato le lettere di cui trattasi nella forma usuale per i primi contatti, ma come decisioni giuridicamente vincolanti all’interno delle quali essa fissava, in particolare, un termine autonomo per il pagamento dei relativi importi.

4.        Tuttavia, il Tribunale non ha tenuto conto di tale circostanza e ha negato alle lettere ogni efficacia giuridica sulla base del solo fatto che la Commissione non è autorizzata ad emanare, nei confronti degli Stati membri, decisioni vincolanti in materia di riscossione di risorse proprie. Il Tribunale non ha per contro verificato il contenuto delle lettere né la questione dell’applicabilità delle disposizioni in materia di risorse proprie dell’Unione, messa in discussione dalle parti.

5.        A un primo esame, la suddetta soluzione può sembrare pragmatica.

6.        Nell’ambito dei presenti procedimenti è, in effetti, la Commissione stessa a sottolineare con insistenza di non disporre, in materia di risorse proprie, del potere di emanare nei confronti degli Stati membri decisioni vincolanti concernenti la riscossione dei crediti. E, quantomeno a prima vista, nemmeno al di fuori del suddetto ambito delle risorse proprie il quadro giuridico generale appare tale da autorizzare la Commissione ad adottare decisioni vincolanti dirette a ingiungere agli Stati membri il pagamento di debiti pecuniari.

7.        Ciò significa che il riconoscimento di efficacia giuridica alle lettere della Commissione e pertanto della loro impugnabilità può portare, nella migliore delle ipotesi, all’annullamento dei provvedimenti in esse contenuti, ma non consente di ottenere chiarezza giuridica in merito ai diritti di cui trattasi. Non può pertanto essere accolta l’eccezione sollevata dagli Stati membri intervenuti, a detta dei quali il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare le lettere controverse come impugnabili già in considerazione del loro interesse ad agire. Occorre pertanto chiedersi che senso avrebbe riconoscere l’impugnabilità delle lettere controverse, ove ciò non possa contribuire minimamente a chiarire il quadro giuridico.

8.        Malgrado le suddette considerazioni di carattere pratico, la soluzione adottata dal Tribunale appare errata alla luce della giurisprudenza consolidata in materia di impugnabilità degli atti delle istituzioni dell’Unione. Infatti, nell’esaminare gli effetti giuridici degli atti di cui trattasi, il giudice dell’Unione non può fondarsi unicamente sul criterio della carenza di potere decisionale, senza considerare minimamente il contenuto dei relativi atti. Una soluzione siffatta appare tanto più dubbia se, come nel caso di specie, nell’esaminare i poteri di un’istituzione dell’Unione, tale giudice si fonda esclusivamente – e senza verificarne la pertinenza – su disposizioni la cui applicabilità è controversa.

9.        Infatti, un tale modus operandi comporta che, attraverso un esame di ricevibilità evidentemente mirato, un atto giuridico dell’Unione sia sottratto al controllo di legittimità. Nel contesto di un’Unione di diritto e, pragmaticamente, con tutta la sensibilità per gli effetti delle decisioni del Tribunale e le esigenze di efficienza dell’amministrazione dell’Unione, ciò non è accettabile neppure quando sia del tutto evidente che l’esame nel merito di un atto giuridico non permetterebbe di chiarire in maniera definitiva il quadro giuridico in materia.

10.      Ove la Corte aderisca alla soluzione proposta in questa sede, tale considerazione non impedisce alla Corte di riconoscere che le impugnazioni in esame evidenziano una lacuna nel sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione, che consiste nella mancanza di un’azione generale di accertamento (2). Così, in casi come quelli di cui alle presenti fattispecie, in mancanza di un potere decisionale generale della Commissione in materia di recupero dei crediti nei confronti degli Stati membri e, quindi, nell’impossibilità di emanare un atto impugnabile, la sussistenza di un diritto dell’Unione a ottenere un determinato pagamento potrebbe essere chiarito soltanto nell’ambito del procedimento di infrazione. Fintantoché la Commissione non avvii un siffatto procedimento, gli Stati membri non hanno alcuna possibilità di pervenire a un chiarimento del quadro giuridico e si trovano così a sopportare un elevato rischio di interessi.

11.      I presenti procedimenti offrono alla Corte l’occasione di riflettere, attraverso l’esame delle ordinanze impugnate del Tribunale e delle lettere controverse della Commissione, sulle possibilità di colmare tale lacuna nella tutela giurisdizionale.

II.    Contesto giuridico

12.      Con effetto dal 1o gennaio 2007, la decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (3), è stata sostituita dalla decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (4): le disposizioni pertinenti nel caso di specie sono tuttavia rimaste invariate.

13.      A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2000/597 e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2007/436 i «dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell[‘Unione] sugli scambi con i paesi terzi» costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione europea. I dazi sono denominati «risorse proprie tradizionali». A norma dell’articolo 2, paragrafo 3, delle decisioni 2000/597 e 2007/436, gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 25% di detti importi.

14.      L’articolo 8, paragrafo 1, primo e terzo comma, delle decisioni 2000/597 e 2007/436 prevede che le risorse proprie siano riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa dell’Unione, e che siano messe a disposizione della Commissione.

15.      Il regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (5), è stato modificato in un primo momento attraverso il regolamento (CE, Euratom) n. 2028/2004 del Consiglio, del 16 novembre 2004 (6), e successivamente, con effetto dal 1o gennaio 2007, dal regolamento (CE, Euratom) n. 105/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009 (7).

16.      A norma dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1150/2000 nelle sue versioni successive, un diritto dell’Unione sulle risorse proprie come definito nelle decisioni 2000/597 e 2007/436 è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del diritto e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo. Su tale base, la data da considerare per l’accertamento è la data della registrazione prevista dalla normativa doganale.

17.      L’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1150/2000 così recita:

«3.      a)      Con riserva della lettera b) del presente paragrafo, i diritti accertati conformemente all’articolo 2 sono riportati nella contabilità al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento.

b)      I diritti accertati e non riportati nella contabilità di cui alla lettera a), poiché non sono stati ancora riscossi e non è stata fornita alcuna garanzia, sono iscritti in una contabilità separata entro il termine previsto alla lettera a). Gli Stati membri possono procedere nello stesso modo allorché i diritti accertati e coperti da garanzie formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte».

18.      L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 1150/2000 così dispone:

«1.      Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato».

19.      L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1150/2000 prevede quanto segue:

«1.      Dopo la deduzione delle spese di riscossione (…), l’iscrizione delle risorse proprie (…) ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2 del presente regolamento.

Tuttavia, per i diritti contemplati nella contabilità separata conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), del presente regolamento, l’iscrizione deve aver luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della riscossione dei diritti».

20.      A norma dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1150/2000, in caso di ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento in oggetto, lo Stato membro interessato è tenuto a pagare interessi di mora il cui tasso è fissato nell’articolo 11, paragrafi 2 e 3.

21.      L’articolo 17, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1150/2000 ha il seguente tenore:

«1.      Gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’articolo 2 siano messi a disposizione della Commissione alle condizioni previste dal presente regolamento.

2.      Gli Stati membri sono dispensati dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati che risultano irrecuperabili:

a)      o per cause di forza maggiore;

b)      o per altri motivi che non sono loro imputabili.


Gli importi di diritti accertati sono dichiarati irrecuperabili con decisione dell’autorità amministrativa competente che constata l’impossibilità del recupero.

Gli importi di diritti accertati sono considerati irrecuperabili (…).

Gli importi dichiarati o considerati irrecuperabili sono ritirati definitivamente dalla contabilità separata di cui all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b). (…)».

III. Contesto dei procedimenti di impugnazione

22.      Negli anni precedenti il 2010, dinanzi alle autorità doganali tedesche venivano dichiarate merci ai fini dell’assoggettamento al regime doganale di transito comunitario esterno a norma degli articoli 91 e seguenti del codice doganale comunitario (8). Tale regime permette alle merci di circolare da un punto a un altro del territorio doganale dell’Unione senza essere soggette a dazi all’importazione. Condizione, a tal fine, è tuttavia che la merce interessata sia presentata a destinazione affinché le autorità doganali possano controllarne l’arrivo (9). Ove ciò non accada, la merce si considera come importata nel territorio dell’Unione con conseguente insorgenza di un’obbligazione doganale all’importazione. Se non è certo dove e quando la merce interessata è stata sottratta alla vigilanza doganale, l’obbligazione doganale si considera sorta all’atto dell’assoggettamento della merce al regime doganale di transito comunitario esterno. Ciò significa che le autorità dello Stato membro nel quale la merce è stata assoggettata al regime doganale di transito comunitario esterno devono riscuotere l’obbligazione doganale e trasferire le corrispondenti risorse proprie alla Commissione.

23.      Nei procedimenti in esame, concernenti merci con luoghi di destinazione in Repubblica slovacca e in Romania, le autorità rumene e slovacche confermavano l’arrivo delle merci alle autorità tedesche che, pertanto, consideravano conclusi i regimi di transito e liberavano le garanzie fornite dagli obbligati principali. Tuttavia, in un momento successivo, emergeva che in realtà le merci non erano mai pervenute a destinazione e che i regimi di transito erano stati erroneamente dichiarati conclusi, La regolare presentazione in dogana e registrazione nel sistema doganale informatico NCTS (10) era stata infatti erroneamente confermata e da ricondurre o all’intento fraudolento delle stesse autorità doganali slovacche o rumene, o all’intento fraudolento di terzi e alla mancata adozione di misure di sicurezza da parte di dette autorità.

24.      Non essendo stato accertato alcun comportamento scorretto degli obbligati principali, essi venivano liberati dalle obbligazioni doganali e queste ultime dichiarate irrecuperabili. Ciò implicava l’estinzione dell’obbligo della Germania di versare i corrispondenti importi alla Commissione. Date le circostanze, la Commissione riteneva che la Repubblica slovacca o la Romania dovessero rimborsare le perdite causate al bilancio dell’Unione dagli errori commessi dalle loro autorità.

A.      Lettere controverse della Commissione

25.      Pertanto, in data 15 luglio (11) e 24 (12) e 19 settembre 2014 (13), la Commissione inviava due lettere alla Repubblica slovacca e una lettera alla Romania (in prosieguo: le «lettere controverse»), con cui invitava i suddetti Stati membri a versare importi corrispondenti alle obbligazioni doganali che la Germania non aveva potuto riscuotere in ragione degli errori commessi dalle autorità slovacche e rumene.

26.      Nelle lettere controverse, la Commissione descriveva anzitutto sommariamente le operazioni di cui trattasi e spiegava che la Repubblica slovacca e la Romania dovevano assumersi la responsabilità per le perdite insorte in tale contesto. Infatti, l’errata conferma della conclusione del regime di transito da parte, rispettivamente, delle autorità slovacche e rumene avrebbe impedito alle autorità tedesche di riscuotere obbligazioni doganali costituenti risorse proprie tradizionali. La Repubblica slovacca e la Romania non erano in effetti competenti per la riscossione dei dazi di cui trattasi. Tuttavia, uno Stato membro sarebbe responsabile della perdita di risorse proprie per colpa delle sue autorità. Ciò emergerebbe dal Trattato, dal sistema delle risorse proprie e dalla giurisprudenza della Corte (14). In queste circostanze, il rifiuto della Repubblica slovacca e della Romania di adempiere la richiesta di messa a disposizione delle corrispondenti risorse proprie, sarebbe incompatibile con il principio della leale cooperazione tra gli Stati membri e l’Unione e con il sistema delle risorse proprie.

27.      La Commissione chiedeva pertanto alle autorità slovacche e rumene di versare i relativi importi, detratto il 25% a titolo di spese di riscossione, entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo all’invio delle lettere controverse. In conclusione, la Commissione evidenziava che ogni ritardo nel pagamento avrebbe implicato il calcolo di interessi di mora ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000.

B.      Ordinanze del Tribunale impugnate

28.      Con ricorsi del 22 settembre e del 26 e 28 novembre 2014, la Repubblica slovacca e la Romania chiedevano l’annullamento delle lettere controverse. A quel punto, la Commissione sollevava per ognuno di essi un’eccezione di irricevibilità (15), affermando che le lettere di cui trattasi non costituivano atti impugnabili a norma dell’articolo 263 TFUE. Con ordinanze del 14 settembre 2015 (16), il Tribunale accoglieva le suddette eccezioni e respingeva i ricorsi in quanto irricevibili (17), senza esaminarne la fondatezza (in prosieguo: le «ordinanze impugnate»).

29.      Fondandosi sulle disposizioni in materia di risorse proprie dell’Unione e sulla pertinente giurisprudenza della Corte, il Tribunale stabiliva anzitutto che gli Stati membri dovrebbero valutare da soli se sussista una perdita di risorse proprie tradizionali ovvero un obbligo di mettere a disposizione dell’Unione tali risorse. Non sarebbe invece prevista alcuna decisione della Commissione al riguardo, né un procedimento per l’emanazione di una decisione siffatta. Inoltre, a norma degli articoli da 258 a 260 TFUE, eventuali diritti e obblighi in capo agli Stati membri potrebbero derivare soltanto da una sentenza della Corte e solo in base a quest’ultima potrebbe essere valutata la condotta da essi tenuta (18).

30.      Di conseguenza, dal momento che la Commissione non è legittimata a emettere un atto giuridico con cui obblighi uno Stato membro a mettere a disposizione delle risorse proprie, le lettere controverse avrebbero soltanto natura informativa e potrebbero costituire unicamente semplici richieste. Non si tratterebbe pertanto di atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE (19).

31.      Di conseguenza, neppure le indicazioni della Commissione concernenti l’ammontare dell’importo richiesto, il termine di pagamento e gli interessi spiegherebbero effetti giuridici. Inoltre, gli argomenti dedotti dalle parti, secondo cui vi sarebbe motivo di dubitare dell’applicabilità delle disposizioni sulle risorse proprie, sarebbero irrilevanti in quanto si riferirebbero soltanto alla legittimità delle lettere. Dovrebbero, da ultimo, essere respinte anche le argomentazioni sollevate con riferimento alla necessità di ottenere tutela giurisdizionale in ragione della situazione di incertezza giuridica presente e dell’elevato rischio di interessi. L’interesse ad agire non potrebbe infatti, da solo, giustificare l’impugnabilità di un atto; inoltre, gli Stati membri potrebbero prevenire il rischio di interessi mettendo a disposizione della Commissione gli importi richiesti con riserva che la posizione della stessa risulti fondata (20).

IV.    Impugnazione e conclusioni delle parti

32.      Con atti del 13 novembre 2015, la Repubblica slovacca ha impugnato le ordinanze nelle cause T‑678/14 e T‑779/14 (cause riunite C‑593/15 P e C‑594/15 P). La Repubblica slovacca chiede alla Corte di annullare integralmente le ordinanze impugnate, di pronunciarsi essa stessa sulla ricevibilità delle domande e di rinviare le cause al Tribunale affinché si pronunci sulla fondatezza dei ricorsi o, qualora la Corte ritenga di non disporre di informazioni sufficienti per pronunciarsi sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione, di rinviare le cause al Tribunale affinché si pronunci sulla ricevibilità e sulla fondatezza dei ricorsi, condannando la Commissione alle spese. La Romania e la Repubblica federale di Germania sostengono la Repubblica slovacca nelle sue conclusioni.

33.      Con atto del 16 novembre 2015, la Romania ha impugnato l’ordinanza emanata nella causa T‑784/14 (causa C‑599/15 P). La Romania chiede alla Corte di dichiarare l’impugnazione ricevibile, di annullare integralmente l’ordinanza impugnata, di pronunciarsi ex novo nella causa dichiarando la domanda di annullamento ricevibile e annullando la lettera controversa oppure rinviando la causa al Tribunale affinché questi emetta una nuova sentenza dichiarando la domanda di annullamento ricevibile, annullando la lettera controversa e condannando la Commissione alle spese. La Repubblica slovacca, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica ceca sostengono le conclusioni della Romania.

34.      La Commissione chiede alla Corte di respingere le impugnazioni e di condannare le ricorrenti alle spese.

35.      Tutte le parti del procedimento hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte e hanno discusso dell’impugnazione in occasione di un’udienza congiunta tenutasi il 23 marzo 2017.

V.      Analisi

A.      Sulle impugnazioni

36.      Dalle deduzioni della Repubblica slovacca e della Romania, suddivise rispettivamente in due diversi motivi di ricorso, i cui argomenti in parte si sovrappongono, emerge che le ricorrenti contestano al Tribunale essenzialmente due errori di diritto.

37.      Da un lato, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto argomentando sulla base delle disposizioni in materia di risorse proprie dell’Unione senza verificare se dette disposizioni fossero applicabili. Il Tribunale non avrebbe neppure chiarito le ragioni per cui un siffatto esame poteva essere omesso; le ordinanze impugnate sarebbero pertanto viziate da carenza di motivazione.

38.      Dall’altro, l’esame dell’impugnabilità delle lettere controverse presenterebbe un vizio in punto di diritto, dal momento che il Tribunale, nel compiere tale esame, si sarebbe fondato unicamente sull’incompetenza della Commissione ad emanare decisioni vincolanti in materia di riscossione di risorse proprie. Così facendo, non avrebbe tenuto conto del fatto che, in base ala giurisprudenza, nell’esaminare l’impugnabilità degli atti delle istituzioni assume rilievo, in particolare, anche il contenuto degli atti di cui trattasi.

39.      In prosieguo occorre analizzare anzitutto quest’ultimo argomento.

1.      Sull’esame dell’impugnabilità delle lettere controverse compiuto dal Tribunale

40.      L’azione di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE è diretta contro tutti gli atti delle istituzioni dell’Unione idonei a produrre effetti giuridici, a prescindere dalla loro forma (21). Pertanto, nello stabilire se un atto produca effetti giuridici occorre far riferimento al suo oggetto, al suo contenuto e alla sua sostanza e al contesto di fatto e di diritto in cui si colloca (22).

41.      È pur vero che anche i poteri dell’istituzione che compie un atto sono un criterio che può essere preso in considerazione nel valutare gli effetti giuridici vincolanti e quindi l’impugnabilità degli atti delle istituzioni dell’Unione (23). Tuttavia, si tratta soltanto di un aspetto tra tanti di cui, citando alla lettera la Corte, occorre «eventualmente» tener conto nel valutare gli effetti giuridici vincolanti di un atto (24).

42.      Infatti, i diversi aspetti da considerare nell’esaminare gli effetti giuridici di un atto delle istituzioni dell’Unione rappresentano un insieme di criteri complementari che, nel quadro di una valutazione complessiva, si integrano reciprocamente e che non possono essere esaminati separatamente l’uno dall’altro. Il peso di un singolo criterio rispetto agli altri può variare a seconda del caso (25). Tuttavia, il giudice dell’Unione non può avvalersi di un solo dei suddetti criteri senza prendere in considerazione gli altri se risultano anch’essi, nella specie, pertinenti. In particolare, i criteri essenziali del contenuto e dell’oggetto di un atto impugnato non possono essere arbitrariamente accantonati a favore di un altro criterio complementare. Ciò è tanto più vero in ragione del fatto che l’esame dei poteri di un’istituzione è strettamente collegato all’esame del contenuto di un atto (26).

43.      Nella specie, all’interno delle rispettive ordinanze impugnate, il Tribunale ha in effetti riportato, in apertura, talune citazioni tratte dalla giurisprudenza in materia di impugnabilità degli atti delle istituzioni dell’Unione. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nel successivo esame delle lettere controverse, esso non ne ha preso in considerazione il contenuto, come richiesto invece dalla giurisprudenza.

44.      Per contro, dalle ordinanze impugnate emerge chiaramente che il Tribunale ha fondato la sua conclusione – vale a dire la mancanza di effetti giuridici delle lettere controverse – unicamente sul fatto che la Commissione non è legittimata ad adottare nei confronti degli Stati membri decisioni vincolanti in materia di riscossione di risorse proprie. In tal senso, il Tribunale constata che le disposizioni concernenti le risorse proprie rimettono agli Stati membri le decisioni circa la sussistenza di un obbligo di mettere a disposizione dell’Unione siffatte risorse (27). Le disposizioni di cui trattasi non prevedrebbero invece né un’autorizzazione della Commissione a emanare decisioni in materia di riscossione di risorse proprie, né una procedura per l’emanazione di una decisione siffatta (28). La decisione su un corrispondente obbligo degli Stati membri sarebbe invece rimessa unicamente alla Corte. Pertanto, la Commissione non potrebbe essa stessa dirimere mediante decisione una controversia vertente sulla messa a disposizione di risorse proprie (29).

45.      Sulla base delle considerazioni che precedono, il Tribunale perviene alla conclusione che, non essendo la Commissione legittimata a obbligare mediante decisione uno Stato membro a mettere a disposizione risorse proprie, le lettere controverse possono costituire unicamente dei semplici pareri, privi di ogni efficacia giuridica (30).

46.      È vero che, a fondamento della sua conclusione, il Tribunale rinvia a talune ordinanze della Corte in cui anche quest’ultima ha fatto riferimento all’assente legittimazione della Commissione ad emettere decisioni vincolanti (31). Tuttavia, ciò è avvenuto, di volta in volta, alla luce di una valutazione del contenuto delle lettere controverse nell’ambito delle suddette cause che, a sua volta, non permetteva di riconoscere alcun effetto giuridico (32). Nel caso di specie, invece, nel valutare le lettere controverse, il Tribunale non ne ha preso in considerazione il contenuto, pur richiamandolo in apertura della sua descrizione dei fatti (33).

47.      A differenza delle fattispecie oggetto delle ordinanze della Corte citate dal Tribunale, dal contenuto delle lettere controverse emerge chiaramente che esse mirano a spiegare effetti giuridici.

48.      In realtà, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, nelle lettere controverse, quest’ultima non si limita a riportare obblighi derivanti direttamente dalle disposizioni del diritto dell’Unione. Infatti, la tesi secondo cui uno Stato membro, pur non essendo inizialmente responsabile della riscossione, deve rispondere dalla perdita di risorse proprie verificatasi in un altro Stato membro per colpa delle sue autorità, non trae origine direttamente dalle disposizioni sulle risorse proprie, ma da un’interpretazione delle stesse fornita dalla Commissione. Inoltre, senza le lettere della Commissione, le autorità slovacche e rumene non avrebbero neppure potuto accertare, quantomeno non senza effettuare specifiche ricerche, l’ammontare degli importi dovuti corrispondenti alle obbligazioni doganali che la Germania avrebbe originariamente dovuto riscuotere.

49.      È vero che tale circostanza, da sola, non è idonea a conferire alle lettere controverse efficacia giuridica. Infatti, la Commissione avrebbe potuto comunicare agli Stati membri, anche in maniera non vincolante, che – a suo giudizio – essi erano debitori dei rispettivi importi e ciò al fine di avviare con loro un dialogo nell’ottica di un possibile successivo procedimento di infrazione.

50.      La Commissione non si è tuttavia limitata a comunicare alla Repubblica slovacca e alla Romania, in modo non imperativo, che, a suo dire, esse avrebbero dovuto rispondere delle perdite derivanti dagli errori delle rispettive autorità. Essa ha invece delineato il contesto giuridico vincolante nei confronti degli Stati membri interessati, fissando inoltre un termine di pagamento fondato unicamente sulle lettere controverse, quanto non costituisce una mera comunicazione delle necessarie conseguenze giuridiche di altre disposizioni del diritto dell’Unione.

51.      Infatti, contrariamente a quanto inizialmente sostenuto dalla Commissione, il termine di pagamento fissato nelle lettere controverse, decorso il quale sono applicabili interessi di mora, non risulta dal regolamento n. 1150/2000 sulle risorse proprie. È vero che, in base all’articolo 11 del citato regolamento, un ritardato pagamento implica l’applicazione di interessi il cui tasso è fissato nel regolamento stesso. Tuttavia, il termine di pagamento a partire dal quale il diritto dell’Unione ad ottenere le risorse diviene esigibile e decorso il quale sono dovuti interessi di mora, è diverso nel regolamento e nelle lettere controverse. Infatti, l’articolo 10 del regolamento definisce il momento dell’iscrizione e, quindi, dell’esigibilità delle risorse proprie, facendo riferimento alla data dell’accertamento dei diritti corrispondenti o della riscossione da parte degli Stati membri (34). Per contro, nelle lettere controverse la Commissione definisce il momento in cui gli importi richiesti divengono esigibili collegandolo alla data dell’invio delle lettere di cui trattasi (35).

52.      Anche riconoscendo l’applicabilità – nella specie controversa – del regolamento n. 1150/2000 sulle risorse proprie, o presumendo che tale regolamento debba trovare applicazione analogica, resta il fatto che il termine di pagamento indicato nelle lettere controverse non corrisponde a quello stabilito dal regolamento. E anche riconoscendo ai diritti azionati dalla Commissione la natura di obbligazione derivante da reato o illecito doloso, in base alle lettere controverse essi non diverrebbero esigibili, come di norma, a partire dall’evento dannoso, ma a decorrere da un momento futuro fissato nelle lettere succitate. Si tratta di indizi concludenti atti a indicare che le lettere controverse spiegano effetti giuridici.

53.      Tale circostanza è stata implicitamente riconosciuta anche dalla Commissione, la quale in udienza, su richiesta dalla Corte, ha riconosciuto che ‑ quand’anche il termine di pagamento indicato nelle lettere controverse dovesse essere diverso da quello previsto nel regolamento n. 1150/2000 ‑ il primo sarebbe quantomeno più vantaggioso per gli Stati membri rispetto al secondo, dal momento che esso inizia a decorrere in un momento successivo. Tuttavia, il fatto che le lettere controverse accordino agli Stati membri un termine di pagamento più favorevole rispetto a quello fissato ex lege depone non contro, bensì a favore, del loro carattere non meramente dichiarativo.

54.      In tale contesto, la fissazione di un termine attraverso le lettere controverse deve essere distinta da quella che avviene attraverso le cosiddette «notes de débit» (36), inviate nell’ambito di contratti delle istituzioni dell’Unione e che, in base alla giurisprudenza della Corte in tale contesto non costituiscono atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE (37). Benché la questione della portata degli effetti giuridici autonomi delle suddette «notes de débit» sia controversa (38), è tuttavia relativamente chiaro, quantomeno, che il termine ivi fissato non spiega alcun effetto giuridico autonomo rispetto ai diritti contrattuali, quando tale determinazione – come viene ammessa anche nei contratti tra privati – corrisponde soltanto al soddisfacimento di una condizione di esigibilità dei suddetti diritti contrattuali definita altrove in via contrattuale o ex lege (39).

55.      Nel caso di specie non si comprende invece come la fissazione del termine intervenuta con le lettere controverse possa rappresentare soltanto il soddisfacimento di una condizione di esigibilità di un diritto dell’Unione nei confronti della Repubblica slovacca e della Romania definita altrove in via contrattuale o ex lege. Infatti, il termine come ivi fissato non corrisponde a quello previsto per l’esigibilità di diritti relativi alle risorse proprie (40), né risulta che il decorso di detto termine (e non l’evento dannoso) possa comportare l’esigibilità di diritti derivanti da reato o illecito doloso (41).

56.      Come emerge dalle considerazioni che precedono, alla luce del contenuto delle lettere controverse si può ritenere che esse spieghino effetti giuridici. Date le circostanze, il Tribunale ha commesso un errore di diritto concentrandosi unicamente sulla carenza di potere decisionale dell’istituzione emanante e tralasciando, nel proprio esame dell’impugnabilità, il contenuto delle lettere controverse.

57.      Invece di esaminare il contenuto delle lettere succitate e di trarre, al termine di detto esame, le proprie conclusioni sull’impugnabilità, il Tribunale ha proceduto in maniera opposta. In particolare, esso ha tralasciato la valutazione del contenuto delle lettere e in particolare del termine fissato, affermando che la Commissione, non potendo pronunciarsi su un obbligo degli Stati membri interessati di mettere a disposizione gli importi richiesti, non potrebbe neppure fissare un termine a tal fine. Posto che le lettere controverse non possono produrre effetti giuridici rispetto all’obbligo degli Stati membri di mettere a disposizione le risorse, a fortiori esse non potrebbero neppure spiegare effetti rispetto al termine di pagamento a tal fine (42).

58.      Come correttamente affermato dalla Repubblica slovacca e dalla Romania, in casi come quelli delle presenti fattispecie, accettare un simile modus operandi priverebbe di qualsiasi rilevanza il motivo dell’incompetenza, esplicitamente previsto nell’articolo 263 TFUE, e sottrarrebbe gli atti giuridici corrispondenti a ogni controllo di legittimità, posto che già la mera mancanza di potere decisionale dell’istituzione emanante integrerebbe un’ipotesi di irricevibilità. La presenza del motivo dell’incompetenza conferma così, a contrario, che quando un atto emanato da un’istituzione priva di potere decisionale spiega effetti giuridici, il potere decisionale non può essere un criterio essenziale nell’esaminare l’impugnabilità della misura di cui trattasi. Infatti, come ammesso dalla Commissione stessa, anche nel caso di decisioni emanate da un’istituzione incompetente è necessario distinguere tra decisioni con efficacia giuridica e atti che ne sono privi. Se, nel caso delle decisioni che spiegano effetti giuridici, l’incompetenza implicasse automaticamente la non impugnabilità, ciò sarebbe incompatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Solo in presenza di atti evidentemente ultra vires, alla «Hauptmann von Köpenick», la tutela giurisdizionale potrebbe essere circoscritta all’accertamento, da parte della Corte, dell’inesistenza dell’atto di cui trattasi nell’ambito di un esame della ricevibilità. In questo caso tuttavia siamo ben lontani da tale situazione.

59.      Nella specie, l’esame ha mostrato che le lettere controverse non sono atti privi di effetti giuridici, ma decisioni che producono tali effetti e, quindi, atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Solo un esame della loro legittimità può pertanto chiarire se si tratti di atti emanati da un’istituzione incompetente.

60.      Pertanto, in conformità delle considerazioni che precedono, si deve concludere che, esaminando gli effetti giuridici e quindi l’impugnabilità delle lettere controverse senza considerare l’aspetto essenziale del loro contenuto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto. Tale errore di diritto giustifica, già da solo, l’annullamento delle ordinanze impugnate in quanto il Tribunale si fonda su tale presupposto per negare che le lettere controverse siano atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

2.      Sull’applicazione, da parte del Tribunale, delle disposizioni sulle risorse proprie

a)      Sul mancato esame dell’applicabilità delle disposizioni sulle risorse proprie

61.      Con un ulteriore argomento, la Repubblica slovacca e la Romania contestano al Tribunale di aver negato che le lettere controverse spieghino effetti giuridici in ragione dell’incompetenza della Commissione a emanare decisioni vincolanti sulla riscossione di risorse proprie senza esaminare se le disposizioni sulle risorse proprie dell’Unione fossero applicabili. Con tale ragionamento, gli Stati membri interessati contestano in definitiva al Tribunale di essersi pronunciato in via autonoma sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione senza collegarle alla decisione sulla fondatezza dei ricorso (43).

62.      Inoltre, sotto questo profilo, le ordinanze impugnate sarebbero viziate da carenza di motivazione in quanto il Tribunale non avrebbe spiegato perché, a suo giudizio, gli importi richiesti costituirebbero risorse proprie e perché troverebbero applicazione le disposizioni in materia. Il Tribunale non avrebbe neppure illustrato perché, a suo parere, la decisione sulla ricevibilità non doveva essere collegata con quella sulla fondatezza.

63.      Anche le suddette censure delle ricorrenti devono essere accolte.

64.      Dalle considerazioni che precedono, concernenti il mancato esame del contenuto delle lettere controverse, emerge che il Tribunale ha fondato la sua conclusione circa la carenza di effetti giuridici delle lettere di cui trattasi unicamente sull’incompetenza della Commissione a pronunciarsi mediante decisione sugli obblighi degli Stati membri di mettere a disposizione le risorse proprie.

65.      Pertanto, come correttamente lamentano, da una parte, le ricorrenti, le conclusioni del Tribunale muovono dall’assunto che le lettere controverse dovevano essere esaminate alla luce delle disposizioni sulle risorse proprie. Il Tribunale non avrebbe però potuto fondare le sue considerazioni su tale premessa senza previamente verificare l’applicabilità delle disposizioni di cui trattasi, contestata dalle parti. Ciò è tanto più vero se si considera che la risposta a tale questione non appare manifesta, e non emerge nemmeno chiaramente dalle disposizioni sulle risorse proprie dell’Unione.

66.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’esame dell’applicabilità delle disposizioni sulle risorse proprie non sarebbe stato unicamente necessario per valutare la fondatezza dei diritti fatti valere nelle lettere controverse. La suddetta questione assumeva invece rilevanza rispetto all’esame dell’impugnabilità delle lettere di cui trattasi, dal momento che il Tribunale aveva deciso di far riferimento, a tal fine, all’incompetenza della Commissione a riscuotere le risorse proprie.

67.      Ciò significa che, date le circostanze del caso di specie, la valutazione delle eccezioni di irricevibilità dipendeva dalla valutazione dei motivi sollevati in primo grado contro le lettere controverse. Il Tribunale avrebbe pertanto dovuto esaminare le suddette eccezioni unitamente alle questioni di merito sollevate nell’ambito dalle controversie.

68.      Dall’altra parte, anche la motivazione delle ordinanze impugnate fornita dal Tribunale è insufficiente. È vero che l’obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 36 in combinato disposto con l’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte non impone al Tribunale di esaminare in maniera esaustiva tutti gli argomenti sollevati dalle parti. In tal senso, una motivazione può anche essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e al Tribunale di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (44).

69.      Tuttavia, le ordinanze impugnate non soddisfano i suddetti requisiti. Infatti, in primis, dalla motivazione del Tribunale non si evince se e, in caso affermativo, perché esso abbia qualificato gli importi richiesti come risorse proprie. In secondo luogo non è chiaro se e per quale ragione il Tribunale abbia considerato le disposizioni concernenti le risorse proprie direttamente applicabili o se esso abbia ritenuto che fossero applicabili solo in via analogica. Infine, dalla lettura delle ordinanze impugnate non si comprende neppure perché il Tribunale abbia ritenuto di poter esaminare le controversie sulla base delle disposizioni sulle risorse proprie senza affrontare le argomentazioni sollevate dalle parti in merito alla non applicabilità di tali disposizioni. Date le circostanze, la Corte non può controllare efficacemente la legittimità dell’argomentazione del Tribunale.

b)      Considerazioni specifiche sulla distinzione rispetto al procedimento di infrazione

70.      Del resto, come accennato in udienza, il Tribunale non potrebbe neppure fondare l’irricevibilità dei ricorsi di primo grado su eventuali considerazioni «di carattere sistematico» fondate sulla distinzione tra tipologie di ricorso o sulla necessità di distinguere il ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE dal procedimento di infrazione ai sensi degli articoli da 258 a 260 TFUE.

71.      Infatti, in primo luogo, la posizione assunta dal Tribunale, secondo cui i diritti nella specie controversi potrebbero essere accertati soltanto nell’ambito di un procedimento di infrazione, si fonda a sua volta sull’incompetenza della Commissione a emanare decisioni in materia di riscossione di risorse proprie. Tale constatazione si basa così, anch’essa, sull’assunto – non verificato e non supportato da adeguata motivazione – che i fatti di cui trattasi debbano essere valutati alla luce dell’applicabilità delle disposizioni sulle risorse proprie.

72.      In secondo luogo, nella specie, neppure considerazioni «di carattere sistematico», incentrate su una valutazione complessiva del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione, altererebbero il fatto che le lettere controverse soddisfano le condizioni fissate dalla giurisprudenza sull’efficacia giuridica degli atti delle istituzioni dell’Unione e sono pertanto impugnabili a norma dell’articolo 263 TFUE.

73.      Infine, in terzo luogo, un esame della ricevibilità fondato su una distinzione rispetto al procedimento di infrazione sarebbe comunque privo di rilievo in questo caso (45). Infatti, quand’anche in sede di esame della legittimità delle lettere controverse dovesse emergere che la Commissione non era autorizzata a emanare decisioni vincolanti, essa sarebbe comunque chiamata ad avvalersi del procedimento di infrazione per far valere nei confronti degli Stati membri eventuali obblighi loro incombenti. Se, per contro, un siffatto esame dovesse evidenziare che la Commissione poteva emanare decisioni vincolanti, avverso tali decisioni dovrebbe necessariamente essere ammesso un ricorso di annullamento, già per ragioni attinenti alla tutela giurisdizionale effettiva.

3.      Conclusione parziale

74.      Alla luce delle considerazioni che precedono, le ordinanze impugnate si fondano su un’analisi errata della ricevibilità dei ricorsi di primo grado e devono pertanto essere annullate.

B.      Sui ricorsi di primo grado

75.      In base all’articolo 61, primo comma, del suo Statuto, la Corte può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

76.      Tale situazione si verifica nel caso di specie.

77.      In primis, le controversie sono mature per la decisione sotto il profilo dell’impugnabilità delle lettere controverse e, quindi, della ricevibilità dei ricorsi in primo grado.

78.      In secondo luogo, è vero che la fondatezza dei suddetti ricorsi di primo grado non è stata oggetto di discussione e che le parti non hanno ancora avuto occasione di confrontarsi su tutti gli argomenti sollevati. Sotto questo profilo, quindi, le controversie non sono mature per la decisione dal momento che, allo stato, è impossibile decidere nel merito sui diritti fatti valere nelle lettere controverse. Tuttavia, dall’esame delle suddette lettere emerge che non è comunque possibile pronunciarsi sulla loro legittimità, dal momento che esse non sono sufficientemente motivate come richiesto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE. Esse devono pertanto essere annullate in ogni caso, senza procedere all’esame della loro legittimità nel merito (46).

79.      Infine, quale terzo e ultimo punto, occorre affrontare l’argomento sollevato dalle ricorrenti, secondo cui i procedimenti in esame evidenzierebbero la presenza di una lacuna nel sistema della tutela giurisdizionale dell’Unione.

1.      Sulla ricevibilità dei ricorsi di primo grado

a)      Sugli effetti giuridici delle lettere controverse

80.      Dall’esame appena compiuto delle impugnazioni emerge che le lettere controverse – in ragione dell’accertamento giuridicamente vincolante dei concreti obblighi della Repubblica slovacca e della Romania ivi contenuto e, in particolare, della fissazione di un termine di pagamento ricavabile solo da esse – spiegano effetti giuridici a prescindere dall’applicabilità delle disposizioni sulle risorse proprie (47). Si può quindi asserire che le lettere di cui trattasi costituiscono decisioni di un’istituzione dell’Unione impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE, senza che occorra chiarire se gli importi richiesti siano risorse proprie e se e in che misura le disposizioni in materia trovino applicazione diretta o analogica.

81.      Del resto, le parti hanno preso posizione sul contenuto delle lettere controverse e, in particolare, sulla valutazione del termine di pagamento ivi fissato prima nelle loro memorie e poi all’udienza dinanzi alla Corte (48). È stato così soddisfatto il diritto delle parti ad essere sentite e la Corte può fondare la propria decisione su tale punto.

82.      Infine, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte non sono stati dedotti argomenti nuovi idonei a mettere in discussione gli effetti giuridici e quindi l’impugnabilità delle lettere controverse. La Commissione si è così limitata, in particolare, a ribadire che non è competente a riscuotere gli importi richiesti.

83.      Non potrebbe convincere nemmeno l’argomentazione per cui la dichiarazione resa in udienza dalla Commissione ‑ secondo cui, sulla base delle lettere controverse, non sarebbe ancora possibile pronunciarsi nel merito sui diritti oggetto di contenzioso, in quanto ciò presupporrebbe ulteriori discussioni tra le parti ‑ nel senso che la Commissione qualifica le suddette lettere controverse quali misure intermedie negandone così l’impugnabilità.

84.      È vero, in linea di principio, che le misure intermedie, il cui scopo è preparare una decisione definitiva ed esprimere un parere provvisorio dell’istituzione emittente, non possono essere oggetto di un ricorso di annullamento (49). Tuttavia, nel caso di specie non si ravvisa alcun elemento indicante che le lettere controverse esprimano un parere provvisorio della Commissione, dal momento che esse fissano in maniera definitiva, in particolare, la misura degli importi richiesti e il termine di pagamento. Non emerge inoltre che le lettere si inseriscano in un procedimento al termine del quale la Commissione sia chiamata ad adottare nuovamente delle decisioni definitive.

b)      Sull’asserita natura di misura confermativa della lettera controversa nella causa T678/14

85.      Con riferimento alla prima, dal punto di vista cronologico, delle lettere controverse, inviata alla Repubblica slovacca e recante la data del 15 luglio 2014 (50), la Commissione afferma ‑ nella sua eccezione di irricevibilità sollevata nell’ambito della causa T‑678/14 ‑ che si tratterebbe unicamente di una misura confermativa. La lettera di cui trattasi farebbe semplicemente seguito a una prima lettera inviata il 18 marzo 2014 (51), cui le autorità slovacche avrebbero risposto con lettera dal 16 maggio 2014 (52).

86.      Tuttavia, l’eccezione succitata non può ostare all’impugnabilità della lettera del 15 luglio 2014.

87.      È vero che un atto meramente confermativo non può essere impugnato con un ricorso di annullamento. Tuttavia, un atto giuridico conferma un atto giuridico preesistente soltanto se non contiene rispetto ad esso nulla di nuovo (53).

88.      Così non è nel caso della lettera del 15 luglio 2014, rispetto alla lettera del 18 marzo 2014. Infatti, come osserva correttamente la Repubblica slovacca nel prendere posizione sull’eccezione di irricevibilità della Commissione nella causa T‑678/14, la lettera dal 15 luglio 2014 fissa un termine di pagamento diverso da quello del 18 marzo 2014 (54). Inoltre, come già indicato, la fissazione di un termine di pagamento autonomo, fondato esclusivamente sulle lettere controverse, costituisce proprio un elemento essenziale che caratterizza gli effetti giuridici delle lettere di cui trattasi (55). La lettera del 15 luglio 2014 non costituisce pertanto un atto confermativo della lettera dal 18 marzo 2014.

c)      Conclusione parziale

89.      Alla luce di quanto precede, le tre lettere controverse possono essere oggetto di ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Tutti e tre i ricorsi proposti in primo grado sono pertanto ricevibili.

2.      Sulla fondatezza dei ricorsi in primo grado

a)      Sulla motivazione delle lettere controverse

90.      Sia nell’ambito dei procedimenti di primo grado che di quelli di impugnazione, è stata ampiamente discussa la questione se, vista la (mancanza di) competenza della Commissione ad emanare decisioni sulla riscossione dei crediti azionati, le lettere controverse possano spiegare effetti giuridici.

91.      Infatti, all’interno delle lettere controverse la Commissione non ha indicato alcuna base giuridica che le permetterebbe, mediante decisione, di imporre agli Stati membri il pagamento degli importi richiesti. In tale contesto, occorre distinguere tra il fondamento del potere di emanare decisioni vincolanti in materia di riscossione degli importi dal fondamento del diritto rispetto all’obbligo degli Stati membri di mettere a disposizione detti importi. Infatti, nelle sue lettere controverse, la Commissione ha senz’altro precisato tale base giuridica affermando che l’obbligo della Repubblica slovacca e della Romania di rimborsare le perdite derivanti al bilancio dell’Unione in ragione dell’errore delle loro autorità emergerebbe dal principio di leale cooperazione e dalla necessità di garantire il corretto funzionamento del sistema delle risorse proprie dell’Unione.

92.      Per contro, la mancata indicazione del fondamento del potere di emanare decisioni sulla riscossione degli importi richiesti può apparire prima facie comprensibile alla luce dell’argomentazione dedotta dalla Commissione. Quest’ultima afferma infatti che, in mancanza di competenza per l’emanazione di decisioni vincolanti, le lettere controverse non possono spiegare alcun effetto giuridico. Tuttavia, come già indicato, tale approccio non appare giustificato in quanto, alla luce del loro contenuto, le lettere controverse producono senz’altro effetti giuridici.

93.      In questa sede è superfluo stabilire se ciò corrisponda all’intenzione originaria o se invece, come affermato dalla Commissione in udienza, in particolare la formulazione della fissazione del termine nelle lettere controverse debba essere imputata ad un errore. È vero che, nel valutare gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni dell’Unione, occorre far riferimento anche all’intenzione dell’autore (56). Tuttavia, una siffatta intenzione deve emergere dalla misura interessata stessa e non essere precisata soltanto nel successivo procedimento giudiziale. Nelle presenti fattispecie, dalle lettere controverse non si evince però che si tratti di inviti non vincolanti a prendere posizione. Al contrario, le lettere spiegano effetti giuridici, non da ultimo attraverso la fissazione di un termine di pagamento vincolante. Si tratta pertanto di decisioni all’interno delle quali la Commissione avrebbe dovuto indicare il fondamento giuridico che la autorizzava a esigere in maniera vincolante gli importi richiesti.

94.      Infatti, il mancato riferimento a un fondamento giuridico non integra un vizio essenziale solo laddove la base giuridica di un atto possa essere individuata chiaramente ed agevolmente sulla base di altri elementi dell’atto in parola. Una siffatta esplicita indicazione è invece necessaria qualora, in sua mancanza, gli interessati e la Corte siano incerti circa il preciso fondamento giuridico (57). E, nella specie, è proprio così: come indicano le ampie discussioni tra le parti sulla competenza della Commissione a emanare decisioni sulla riscossione degli importi richiesti, da nessuno degli elementi delle lettere controverse si evince con chiarezza il fondamento giuridico su cui la Commissione si sarebbe basata per ordinare alle parti, con decisione vincolante, di versare gli importi di cui trattasi.

95.      Inoltre, laddove la fissazione tassativa di un obbligo di pagamento e l’indicazione di un termine vincolante all’interno delle lettere controverse dovessero realmente essere imputate a un errore della Commissione, avendo quest’ultima in realtà inteso inviare un parere non vincolante, ciò significherebbe che la carenza di motivazione delle lettere controverse ha contribuito a tale errore. Infatti, l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE mira anche a garantire l’autocontrollo dell’amministrazione e quindi a indurre l’istituzione emanante a verificare con cura i presupposti dell’emanazione di una misura (58). Ove avesse adempiuto adeguatamente tale obbligo, la Commissione avrebbe dovuto notare – già in sede di redazione delle lettere controverse – che essa avrebbe dovuto ivi o indicare un fondamento giuridico per l’emanazione di decisioni vincolanti o rinunciare alla fissazione vincolante di un obbligo di pagamento accompagnato da un relativo termine.

96.      In conformità delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che le lettere controverse siano viziate da un difetto di motivazione che rende impossibile verificarne nel merito la legittimità sostanziale e che impone di disporne l’annullamento. La carenza di motivazione delle lettere controverse è stata eccepita già nei ricorsi di primo grado; la Corte è inoltre comunque legittimata ad accertare d’ufficio un vizio di motivazione (59) a condizione che sia rispettato il principio del contraddittorio (60). In quest’ottica, benché la fondatezza dei ricorsi non sia stata oggetto di discussione in primo grado, le parti hanno avuto sufficiente occasione di esprimersi sulla fondatezza delle lettere controverse, in particolare, in udienza. Le lettere in esame devono pertanto essere annullate per difetto di motivazione.

b)      Sulla legittimità delle lettere controverse

97.      Ove, contrariamente alla posizione sostenuta in questa sede, la Corte dovesse ritenere che le lettere controverse sono sufficientemente motivate e devono pertanto essere esaminate nel merito, le cause dovrebbero essere rinviate al Tribunale per la decisione.

98.      È vero che, a talune condizioni, è possibile statuire nel merito di un ricorso benché il procedimento di primo grado si sia limitato ad un’eccezione d’irricevibilità accolta dal Tribunale. Ciò può verificarsi qualora, per un verso, l’annullamento della sentenza o dell’ordinanza impugnata implichi necessariamente una certa soluzione quanto al merito del ricorso in questione o, per altro verso, l’esame del merito del ricorso d’annullamento si basi su argomenti dibattuti dalle parti nell’ambito del procedimento di impugnazione a proposito di un aspetto dell’iter logico seguito dal Tribunale (61).

99.      Tuttavia, nella specie tali condizioni non sono soddisfatte. Infatti, da un lato, l’annullamento delle ordinanze impugnate si fonda unicamente su un’errata analisi della ricevibilità da parte del Tribunale: esso non è pertanto necessariamente collegato a una determinata decisione nel merito sui ricorsi di primo grado con i quali veniva contestata, in particolare, la sussistenza dei diritti fatti valere nelle lettere controverse. Inoltre, l’annullamento dell’ordinanza impugnata non è collegato neppure a una decisione nel merito sulla competenza della Commissione a emanare le decisioni controverse. Infatti, viene unicamente constatato che, nell’esaminare i loro effetti giuridici, il Tribunale non poteva fare riferimento unicamente alla carenza di competenza della Commissione e non poteva fondarsi al riguardo su disposizioni la cui applicabilità era controversa. Non viene invece chiarito quali fossero le disposizioni applicabili e se la Commissione disponesse, sulla loro base, della competenza ad emanare le decisioni controverse.

100. Dall’altro lato, nei procedimenti in oggetto, un esame nel contenuto dei ricorsi di primo grado non si fonderebbe nemmeno su argomenti discussi tra le parti. Infatti, né nelle osservazioni scritte, né nella trattazione orale sono state affrontate adeguatamente le questioni dell’applicazione delle disposizioni sulle risorse proprie dell’Unione e della fondatezza dei diritti fatti valere nelle lettere controverse.

3.      Sul problema della carenza di tutela giurisdizionale in casi come quelli in esame

101. L’esame compiuto delle impugnazioni e dei ricorsi di primo grado evidenzia il problema delineato sommariamente già in apertura: è vero che le ordinanze del Tribunale oggetto di impugnazione devono essere annullate e i ricorsi in primo grado dichiarati ricevibili. Tuttavia, ciò non permette di chiarire la questione sollevata con tanta insistenza dagli Stati membri intervenuti, ovvero se in casi come quelli in esame essi siano tenuti oppure no a rispondere di una perdita di risorse proprie.

102. Ciò non dipende solo dalla circostanza che le lettere controverse debbano essere annullate già in ragione del difetto di motivazione. Infatti, in realtà ciò rimette la situazione nelle mani della Commissione che, in teoria, ha ora la possibilità di verificare se sussista una base giuridica che le consenta, mediante decisioni vincolanti, di esigere dagli Stati membri l’adempimento dell’obbligo di rimborsare la perdita di risorse proprie. La Commissione, ove dovesse individuare una siffatta base giuridica, potrebbe emanare nuovamente le decisioni annullate motivandole adeguatamente.

103. Tuttavia, alla luce dell’argomentazione della Commissione e del fatto che, quantomeno allo stato attuale, non è dato riconoscere una siffatta base giuridica, appare più verosimile che la Commissione giunga a ritenere, anche nell’ambito di un nuovo esame, di non disporre dalle competenza per obbligare mediante decisione gli Stati membri ad adempiere obblighi come quelli controversi. Infatti, in mancanza di una base giuridica generale che conferisca il potere di emanare decisioni nei confronti degli Stati membri, in considerazione del principio dell’attribuzione di competenze a norma degli articoli 4 e 5 TUE, la Commissione, ove non disponga di una specifica autorizzazione all’emanazione di decisioni, deve ricorrere al procedimento di infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE per imporre agli Stati membri determinati preesistenti obblighi di diritto dell’Unione.

104. Tuttavia, è proprio questo il problema per il quale gli Stati membri intervenuti nei presenti procedimenti chiedono così urgentemente una soluzione. Infatti, fintantoché la Commissione non avvia un procedimento di infrazione essi non hanno alcuna possibilità di conseguire certezza giuridica sui loro obblighi e si trovano invece a dover sopportare un elevato rischio di interessi.

105. Inoltre, come illustrato dagli Stati membri intervenuti sulla base, in parte, di pregresse esperienze, nemmeno la possibilità di mettere a disposizione della Commissione le risorse a titolo provvisorio e a condizione che il credito risulti fondato è idonea a risolvere il suddetto problema. È vero che tale modus operandi permette di prevenire un futuro pagamento di interessi nell’ipotesi che i crediti della Commissione dovessero risultare legittimi. Tuttavia, anche dopo aver messo provvisoriamente a disposizione della Commissione le risorse, gli Stati membri continuerebbero ad essere privati di ogni possibilità di ottenere un esame della fondatezza dei crediti. Per contro, la Commissione non avrebbe più interesse ad avviare un procedimento di infrazione.

106. In udienza, la Commissione stessa ha, in effetti, lasciato intendere che, in ragione del principio di leale cooperazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in una situazione del genere essa potrebbe essere tenuta ad avviare un procedimento di infrazione al fine di chiarire il contesto giuridico. Tale posizione non trova tuttavia alcun fondamento nella giurisprudenza della Corte che, ad oggi, ha rimesso alla discrezionalità della Commissione la scelta se avviare o portare avanti un siffatto procedimento.

107. Chiamata a pronunciarsi su tale aspetto, la Commissione ha affermato che il problema potrebbe essere risolto prevedendo che gli Stati membri possano semplicemente stornare, con riserva, le risorse messe a disposizione ove la Commissione non abbia avviato, entro un certo termine, un procedimento di infrazione. Tuttavia, in base alle indicazioni della Repubblica federale di Germania, un siffatto storno presupporrebbe il consenso della Commissione. Se così fosse, il rifiuto della Commissione di prestare il proprio consenso al riguardo potrebbe essere qualificato come atto passibile di ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il che potrebbe portare a chiarire il diritto nel merito. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Repubblica federale di Germania, anche il mero rifiuto della Commissione di rimborsare gli importi versati con riserva integrerebbe un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE. È infatti difficile negare che un tale rifiuto sia privo di concreti effetti giuridici (62).

108. Infine, è anche ipotizzabile che gli Stati membri, dopo aver messo a disposizione della Commissione le risorse con riserva, possano ottenere un chiarimento nel merito quanto al diritto vantato dalla Commissione sulle risorse di cui trattasi, nell’ambito di un’azione di risarcimento ai sensi dell’articolo 268 TFUE. Infatti, la messa a disposizione delle risorse comporta necessariamente per gli Stati membri una perdita di liquidità che essi possono far valere nell’ambito di un’azione di risarcimento. Parimenti, è anche possibile che gli Stati membri facciano valere un diritto fondato sull’arricchimento senza causa che può anch’esso essere fatto valere a norma degli articoli 268 e 340, secondo comma, TFUE (63). Al fine di chiarire la sussistenza del suddetto diritto a risarcimento o di un diritto basato sull’arricchimento senza causa, il Tribunale dovrebbe però anzitutto stabilire se la Commissione vantasse un diritto sulle risorse messe a disposizione e se gli Stati membri fossero tenuti a destinare tali risorse al bilancio dell’Unione. In tal modo, nella sua funzione di accertamento, l’azione di risarcimento potrebbe aiutare gli Stati membri ad ottenere un’effettiva tutela giurisdizionale nell’ottica di chiarire i loro obblighi di pagamento nei confronti della Commissione (64).

109. È vero che, nell’ambito delle soluzioni tratteggiate in entrambi gli ultimi due paragrafi, il Tribunale sarebbe tenuto a pronunciarsi su obblighi degli Stati membri che potrebbero essere oggetto anche di un procedimento di infrazione dinanzi alla Corte. Tuttavia, le decisioni che il Tribunale sarebbe chiamato ad adottare nel quadro delle suddette soluzioni non violerebbero la competenza esclusiva della Corte a pronunciarsi sul procedimento di infrazione (65). Infatti, fintantoché non pendono dei procedimenti di infrazione concernenti i rispettivi obblighi di pagamento, non sussiste ancora una competenza della Corte che possa essere lesa.

C.      Sintesi

110. Posto che sia le impugnazioni che i ricorsi di primo grado risultano fondati, occorre annullare le ordinanze impugnate del Tribunale e annullare le lettere controverse della Commissione.

VI.    Spese

111. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, quest’ultima statuisce sulle spese.

112. L’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento de quo, che si applica al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

113. Nei casi in esame la Commissione, risultata soccombente nei due gradi di giudizio, deve essere condannata a sopportare le spese dei procedimenti di entrambi i gradi di giudizio, avendone le ricorrenti fatta domanda.

114. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, la Corte può decidere che una parte interveniente in primo grado che ha partecipato al procedimento di impugnazione debba sopportare le proprie spese. Su tale base, gli Stati membri, intervenuti a sostegno del rispettivo ricorrente, sopporteranno le proprie spese del procedimento di impugnazione. Lo stesso emerge dall’articolo 140, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura per le spese sostenute dai suddetti Stati membri nel corso del procedimento di primo grado.

115. Pertanto, nei procedimenti in oggetto, la Repubblica slovacca e la Romania, nella misura in cui sono intervenute rispettivamente a sostegno l’una dell’altra nel procedimento corrispondente, nonché la Repubblica federale di Germania e la Repubblica ceca sopporteranno le proprie spese in entrambi i gradi di giudizio.

VII. Conclusione

116. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi come segue nelle cause riunite C‑593/15 P e C‑594/15 P:

1.      Le ordinanze del Tribunale del 14 settembre 2015 nelle cause Slovacchia/Commissione (T‑678/14, EU:T:2015:661, e T‑779/14, EU:T:2015:655) sono annullate.

2.      Le decisioni contenute nelle lettere della Commissione europea del 15 luglio 2014 (BUDG/B/3/MV D[2014] 2351197) e del 24 settembre 2014 (BUDG/B/3/MV D[2014] 3139078) sono annullate.

3.      La Commissione europea sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dalla Repubblica slovacca in entrambi i gradi di giudizio.

4.      La Repubblica federale di Germania e la Romania sopporteranno le proprie spese relative a entrambi i gradi di giudizio.

117. Propongo inoltre alla Corte di pronunciarsi come segue nella causa C‑599/15 P:

1.      L’ordinanza del Tribunale del 14 settembre 2015 nella causa Romania/Commissione (T‑784/14, EU:T:2015:659) è annullata.

2.      La decisione contenuta nella lettera della Commissione europea del 19 settembre 2014 (BUDG/B/3/MV D[2014] 3079038) è annullata.

3.      La Commissione europea sopporterà le proprie spese e le spese della Romania dei due gradi di giudizio.

4.      La Repubblica federale di Germania, la Repubblica slovacca e la Repubblica ceca sopporteranno ciascuna le proprie spese relative ai due gradi di giudizio.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Sull’azione di accertamento nell’ambito dell’articolo 272 TFUE, v. le mie conclusioni nella causa Planet/Commissione (C‑564/13 P, EU:C:2014:2352, paragrafi 18 e segg.), e la sentenza del 26 febbraio 2015, Planet/Commissione (C‑564/13 P, EU:C:2015:124, punto 26).


3      GU 2000, L 253, pag. 42.


4      GU 2007, L 163, pag. 17.


5      GU 2000, L 130, pag. 1.


6      GU 2004, L 352, pag. 1.


7      GU 2009, L 36, pag. 1.


8      Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1).


9      A norma dell’articolo 4, punto 19, del regolamento n. 2913/92, la presentazione in dogana è «la comunicazione all’autorità doganale, nelle forme prescritte, dell’avvenuto arrivo delle merci nell’ufficio doganale o in qualsiasi altro luogo designato o autorizzato dall’autorità doganale».


10      New Computerised Transit System.


11      BUDG/B/3/MV D(2014) 2351197, allegato 2 dell’impugnazione nella causa C‑593/15 P.


12      BUDG/B/3/MV D(2014) 3139078, allegato 2 dell’impugnazione nella causa C‑594/15 P.


13      BUDG/B/3/MV D(2014) 3079038, allegato 1 dell’atto di ricorso nel procedimento di primo grado nella causa C‑599/15 P.


14      In particolare, dal punto 44 della sentenza dell’8 luglio 2010, Commissione/Italia (C‑334/08, EU:C:2010:414).


15      A norma dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.


16      Ordinanze Slovacchia/Commissione (T‑678/14, non pubblicata, EU:T:2015:661); Slovacchia/Commissione (T‑779/14, non pubblicata, EU:T:2015:655), e Romania/Commissione (T‑784/14, non pubblicata, EU:T:2015:659).


17      A norma dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 4 marzo 2015 entrato nel frattempo in vigore.


18      Ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 27 a 40 e da 43 a 46; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 26 a 39 e da 42 a 45, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 23 a 36 e da 39 a 42.


19      Ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti 41, 42, 47 e 48; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti 40, 41, 46 e 47, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti 37, 38, 43 e 44.


20      Ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 50 a 59; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 49 a 58, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 46 a 56.


21      Giurisprudenza costante, a partire dalla sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione (60/81, EU:C:1981:264, punto 9).


22      Ordinanza del 13 giugno 1991, Sunzest/Commissione (C‑50/90, EU:C:1991:253, punto 12), e sentenze del 31 marzo 1998, Francia e a./Commissione (C‑68/94 e C‑30/95, EU:C:1998:148, punto 63), e del 26 gennaio 2010, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (C‑362/08 P, EU:C:2010:40, punto 58); v. anche ordinanza del Tribunale dell’8 marzo 2012, Octapharma Pharmazeutika/EMA (T‑573/10, non pubblicata, EU:T:2012:114, punto 30).


23      V., ad esempio, sentenza del 27 marzo 1980, Sucrimex e Westzucker/Commissione (133/79, EU:C:1980:104, punto 16); ordinanze del 17 maggio 1989, Italia/Commissione (151/88, EU:C:1989:201, punto 22); del 13 giugno 1991, Sunzest/Commissione (C‑50/90, EU:C:1991:253, punto 13), e del 27 gennaio 1993, Miethke/Parlamento (C‑25/92, EU:C:1993:32, punti 15 e 16), e sentenza del 1o dicembre 2005, Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:727, punto 28); v. anche ordinanza del Tribunale del 12 febbraio 2010, Commissione/CdT (T‑456/07, EU:T:2010:39, punti 59 e segg.), e sentenza del Tribunale del 31 marzo 2011, Italia/EWSA (T‑117/08, EU:T:2011:131, punto 32). Con riferimento all’imputazione di un atto, v. sentenza del Tribunale del 21 ottobre 2010, Agapiou Joséphidès/Commissione ed EACEA (T‑439/08, non pubblicata, EU:T:2010:442, punti 34 e segg.).


24      V. sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione (C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 55): «Tali effetti giuridici vincolanti di un atto devono essere valutati in funzione di criteri obiettivi, quali il contenuto di tale atto (…), tenendo conto, eventualmente, del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato (…), nonché dei poteri dell’istituzione emanante» (il corsivo è mio).


25      Sulla considerazione, quale elemento determinante, delle competenze riconosciute all’istituzione interessata unitamente all’oggetto dell’atto impugnato, v., ad esempio, ordinanza del 27 gennaio 1993, Miethke/Parlamento (C‑25/92, EU:C:1993:32, punti 13 e segg.). Sulla considerazione dei poteri decisionali a seguito dell’esame di diversi altri criteri, v., ad esempio, sentenza del 1o dicembre 2005, Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:727, punto 19 e segg.).


26      V., a titolo esemplificativo, ordinanza del 17 maggio 1989, Italia/Commissione (151/88, EU:C:1989:201, punti 22 e 23); si veda, inoltre, chiaramente, sentenza del Tribunale del 31 marzo 2011, Italia/EWSA (T‑117/08, EU:T:2011:131, punto 32).


27      V. ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 27 a 34 e 43; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 26 a 33 e 42, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 23 a 30 e 39.


28      V. ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 35 a 37 e 43; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 34 a 36 e 42, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 31 a 33 e 39.


29      V. ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 38 a 40 e da 45 a 47; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 37 a 39 e da 44 a 46, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 34 a 36 e da 41 a 43.


30      V. ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti 41, 42 e 48, ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti 40, 41 e 47, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti 37, 38 e 44.


31      Ordinanze del 17 maggio 1989, Italia/Commissione (151/88, EU:C:1989:201, punto 22), e del 13 giugno 1991, Sunzest/Commissione (C‑50/90, EU:C:1991:253, punto 13).


32      V. ordinanze del 17 maggio 1989, Italia/Commissione (151/88, EU:C:1989:201, punti 22 e 23), e del 13 giugno 1991, Sunzest/Commissione (C‑50/90, EU:C:1991:253, punti 5 e 13).


33      V., in particolare, ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punto 10, ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punto 10, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punto 7.


34      A norma dell’articolo 10 del regolamento n. 1150/2000, l’iscrizione delle risorse proprie ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2 di tale regolamento, vale a dire è stato registrato ai sensi della normativa doganale, oppure, per i diritti contemplati nella contabilità separata conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), del regolamento stesso, entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della riscossione dei diritti; v. le corrispondenti disposizioni citate nei paragrafi 16, 17 e 19 delle presenti conclusioni.


35      Le lettere controverse fissano la data di esigibilità degli importi richiesti al primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo all’invio delle lettere.


36      Per maggiore chiarezza viene utilizzata la denominazione francese: di norma, nella giurisprudenza della Corte, le note di addebito delle istituzioni dell’Unione, denominate in francese «notes de débit», sono chiamate in tedesco «Belastungsanzeige» (v., ad esempio, sentenza del 9 settembre 2015, Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione, C‑506/13 P, EU:C:2015:562); nella versione tedesca delle corrispondenti disposizioni del regolamento di attuazione in materia di bilancio si utilizza invece il termine «Zahlungsaufforderung». V. le rispettive versioni linguistiche degli articoli 80, paragrafo 3, 83, paragrafo 3, 88, paragrafo 1, e 93, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1).


37      V. sentenza del 9 settembre 2015, Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione (C‑506/13 P, EU:C:2015:562, punti da 23 a 25), e ordinanza del 29 settembre 2016, Investigación y Desarrollo en Soluciones y Servicios IT/Commissione (C‑102/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:737, punti da 53 a 61).


38      V. conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione (C‑506/13 P, EU:C:2015:110, paragrafi 46 e segg.).


39      V., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2015, Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione (C‑506/13 P, EU:C:2015:562, punti 45 e segg.), e conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione (C‑506/13 P, EU:C:2015:110, paragrafi 105, 106 e da 112 a 115).


40      V., supra, paragrafi 51 e 52.


41      V., supra, paragrafo 52.


42      V. ordinanza impugnata nella causa T‑678/14, punti da 50 a 53; ordinanza impugnata nella causa T‑779/14, punti da 49 a 52, e ordinanza impugnata nella causa T‑784/14, punti da 46 a 49.


43      La Romania fonda esplicitamente le sue argomentazioni su questo punto su una violazione delle disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale concernenti l’eccezione di irricevibilità (articolo 130, paragrafi 7 e 8, del regolamento di procedura del Tribunale del 4 marzo 2015). L’argomentazione della Repubblica slovacca consiste in definitiva, anch’essa, nell’eccepire che il Tribunale avrebbe dovuto collegare l’eccezione di irricevibilità alla decisione nel merito, dal momento che esso non avrebbe potuto qualificare gli importi richiesti «a priori» («d’emblée») come riserve proprie senza verificare l’applicabilità delle disposizioni in materia (v. punti 19 e 23 degli atti di impugnazione nelle cause C‑593/15 P e C‑594/15 P).


44      V. sentenze del 14 maggio 1998, Consiglio/De Nil e Impens (C‑259/96 P, EU:C:1998:224, punti 32 e 33); del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 82), e del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a. (C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punto 61).


45      Per un esame della ricevibilità fondato sul rapporto tra diverse tipologie di ricorso, compiuto nell’ambito di una fattispecie qui non trasponibile, si veda sentenza del 9 settembre 2015, Lito Maieftiko Gynaikologiko kai Cheirourgiko Kentro/Commissione (C‑506/13 P, EU:C:2015:562, punto 19).


46      Peraltro, neppure la Repubblica slovacca, pur limitandosi nelle sue conclusioni in sede di impugnazione a chiedere formalmente alla Corte di pronunciarsi essa stessa sulla ricevibilità dei ricorsi di primo grado rinviando al Tribunale le cause per la decisione nel merito, ha indicato motivi ai sensi dell’articolo 170, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte in base ai quali la controversia non sarebbe matura per la decisione con riferimento alla carente motivazione delle lettere controverse.


47      V. supra, paragrafi da 50 a 56.


48      Sul punto, v. anche supra, paragrafo 53.


49      V. sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punti da 50 a 54 e la giurisprudenza ivi citata).


50      BUDG/B/3/MV D(2014) 2351197; allegato 2 dell’impugnazione nella causa C‑593/15 P.


51      BUDG/B/3/MV D(2014) 777983; allegato 20 dell’atto di ricorso nella causa T‑678/14.


52      1400100/1/230330/2014; allegato 21 dell’atto di ricorso nella causa T‑678/14.


53      Sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).


54      In definitiva, le due lettere, fissando il termine di pagamento nel primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo al loro invio, stabiliscono ciascuna un termine diverso.


55      V. supra, paragrafi da 50 a 56.


56      V. sentenza del 7 luglio 2005, Le Pen/Parlamento (C‑208/03 P, EU:C:2005:429, punto 46).


57      V. sentenze del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio (45/86, EU:C:1987:163, punto 9); del 1o ottobre 2009, Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 56), e del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio (C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 66).


58      Sul punto, v. le mie conclusioni nelle cause Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:32, paragrafi 29 e 30) e LS Customs Services (C‑46/16, EU:C:2017:247, paragrafi 82 e 83).


59      V. sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67), e del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34).


60      V. sentenze del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 54), e del 3 dicembre 2015, Italia/Commissione (C‑280/14 P, EU:C:2015:792, punto 24).


61      Sentenza del 17 dicembre 2009, Riesame M/EMEA (C‑197/09 RX-II, EU:C:2009:804, punto 30).


62      V., in tal senso, sentenza del 26 maggio 1982, Germania e Bundesanstalt für Arbeit/Commissione (44/81, EU:C:1982:197, punto 6).


63      V. sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punti da 44 a 50).


64      Su una considerazione analoga, v. sentenza del 13 marzo 2007, Unibet (C‑432/05, EU:C:2007:163, punto 58).


65      V., al riguardo, sentenza del 15 gennaio 2014, Commissione/Portogallo (C‑292/11 P, EU:C:2014:3, punto 54).