Language of document : ECLI:EU:C:2008:168

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 13 marzo 2008 1(1)

Causa C‑488/06 P

L & D SA

«Impugnazione – Marchio comunitario – Opposizione del titolare di marchi anteriori – Rischio di confusione – Carattere distintivo della forma di un albero acquisito attraverso l’uso come parte di un altro marchio»





1.        Il titolare di un marchio anteriore può opporsi alla registrazione di un marchio comunitario quando, a causa della somiglianza con il suo marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai marchi, esista un rischio di confusione per il pubblico, rischio che può aumentare nel caso in cui il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare. I principali problemi sollevati nel presente procedimento d’impugnazione ruotano attorno alla questione se, e in caso affermativo, su quale base, si possa ritenere che un marchio recente abbia acquisito tale carattere attraverso l’uso come parte di un marchio meno recente.

 Normativa comunitaria

2.        Il regolamento sul marchio comunitario (2) enumera vari impedimenti assoluti alla registrazione di un marchio. Gli impedimenti «assoluti» sono elencati all’art. 7, mentre quelli «relativi» – vale a dire gli impedimenti che possono essere fatti valere da un terzo per opporsi alla registrazione – sono elencati all’art. 8.

3.        L’art. 7, n. 1, lett. e), sub ii), vieta la registrazione dei segni costituiti esclusivamente «dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico».

4.        L’art. 7, n. 2, dispone: «Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità».

5.        L’art. 8 del regolamento dispone, nella parte che qui rileva:

«1.   In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione:

(…)

b)      se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

2.     Ai sensi del paragrafo 1 si intendono per “marchi anteriori”:

a)      i seguenti tipi di marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario (…):

i)      marchi comunitari,

ii)      marchi registrati nello Stato membro (…),

iii)      marchi registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro,

(…)».

6.        L’art. 8 non contiene alcuna disposizione esplicita, come quella di cui all’art. 7, n. 2, secondo cui gli impedimenti relativi si applicano anche se esistono soltanto per una parte della Comunità.

7.        Secondo una giurisprudenza costante della Corte, nel contesto dell’art. 8, n. 1, lett. b), l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere valutata globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti nel caso di specie. Tale valutazione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. Il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (3). Inoltre, il rischio di confusione può derivare dalla somiglianza concettuale tra i marchi e può aumentare nel caso in cui il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare, sia intrinsecamente, sia grazie alla sua notorietà presso il pubblico (4).

8.        L’art. 73 del regolamento dispone: «Le decisioni dell’Ufficio [(5)] sono motivate. Esse devono essere fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni».

 Procedimento

9.        Il 30 aprile 1996, la L & D SA (in prosieguo: la «L & D») presentava una domanda all’UAMI per la registrazione come marchio comunitario del seguente marchio figurativo, contenente l’elemento denominativo «Aire Limpio». Farò riferimento a tale marchio come al «marchio Aire Limpio».

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10.      La registrazione veniva chiesta, in particolare, per le classi 3 e 5 dell’Accordo di Nizza (6) relative, rispettivamente, a profumeria e oli essenziali e a deodoranti per ambienti.

11.      Il 29 settembre 1998, la Julius Sämann Ltd (in prosieguo: la «Sämann») proponeva opposizione contro la registrazione richiesta, sulla base di diversi marchi anteriori.

12.      Tali marchi anteriori comprendevano il marchio comunitario figurativo n. 91991, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 1° dicembre 1998 per i prodotti rientranti nella classe 5 dell’Accordo di Nizza, di seguito riprodotto. Farò riferimento a tale marchio come al «marchio di forma».

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13.      Fra tali marchi rientravano anche altri 17 marchi figurativi nazionali e internazionali, tutti con contorni simili ad eccezione di uno (7), che si differenziava per avere una base bianca e/o alcuni elementi denominativi sul fusto dell’albero. Particolarmente rilevanti ai fini della presente impugnazione sono i due marchi internazionali (8) di seguito riprodotti, registrati per i prodotti delle classi 3 e 5 con effetto, in particolare, in Italia. Il marchio internazionale n. 178 969 è stato registrato il 21 agosto 1954 e il n. 328 915 è stato registrato il 30 novembre 1966. Si tratta di marchi figurativi contenenti elementi denominativi, ai quali farò riferimento rispettivamente come al «marchio CAR FRESHNER» e al «marchio ARBRE MAGIQUE».

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14.      La divisione di opposizione dell’UAMI respingeva l’opposizione. Essa confrontava il marchio Aire Limpio con il marchio di forma e constatava che i prodotti delle classi 3 e 5 per i quali era stata presentata domanda erano identici o molto simili a quelli della classe 5 coperti dal marchio di forma. Esaminava quindi se la somiglianza tra i marchi fosse sufficiente per dare luogo a un rischio di confusione. Essa dichiarava in sostanza che la forma di un pino o di un abete (o di qualunque altro albero, frutto o fiore) non aveva un carattere distintivo particolare in relazione ad articoli di profumeria o deodoranti, ma era anzi generica o descrittiva e pertanto non poteva essere monopolizzata da un unico operatore. Sussistevano significative differenze grafiche e denominative tra i due marchi e le differenze marcatamente distintive superavano le somiglianze poco distintive, suscitando un’impressione generale di diversità sufficiente ad escludere qualsiasi rischio di confusione o associazione. Avendo concluso in tal senso, la divisione di opposizione non riteneva necessario esaminare in dettaglio gli altri marchi anteriori invocati, che mostravano differenze rispetto al marchio Aire Limpio anche maggiori di quelle del marchio di forma (9).

15.      La Sämann impugnava tale decisione dinanzi alla seconda commissione di ricorso dell’UAMI, la quale esprimeva un parere diverso in ordine al rischio di confusione (10).

16.      Ammettendo l’indiscutibile somiglianza tra i prodotti interessati, la commissione di ricorso concentrava la sua valutazione sul rischio di confusione tra il marchio Aire Limpio e quello di forma, e «non su tutti i marchi anteriori invocati» dalla Sämann, per «gli stessi motivi di economia» esposti dalla divisione di opposizione, in quanto il marchio di forma era «rappresentativo» degli altri marchi ed era il marchio esaminato dalla divisione di opposizione (11).

17.      La commissione di ricorso rilevava che entrambi i marchi erano costituiti da un abete raffigurato con rami formati da sporgenze e da rientranze sui bordi laterali nonché da un tronco molto corto collocato su una base più larga, ma il marchio di forma era una vera e propria sagoma, mentre il marchio Aire Limpio era costituito da un contorno contenente altri elementi. La questione era quindi se le differenze fossero sufficienti per escludere il rischio di confusione e la soluzione dipendeva fondamentalmente dal carattere distintivo e dalla notorietà del marchio anteriore (12).

18.      La commissione di ricorso ricordava che la somiglianza concettuale può comportare un rischio di confusione, segnatamente qualora il marchio anteriore possegga un carattere distintivo particolare, vuoi intrinsecamente, vuoi grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico. Per stabilire se sussista la seconda condizione, si devono prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo (13).

19.      Dalle prove emergeva che ogni anno venivano venduti oltre 45 milioni di deodoranti ambientali per autoveicoli della Sämann e che ad essi corrispondeva una quota di mercato superiore al 50% in Italia, dove il marchio anteriore era protetto dal 1954 nella forma sostanzialmente identica del marchio CAR FRESHNER, e nel biennio 1996‑1997 erano stati spese oltre ITL 7 miliardi in pubblicità. L’uso prolungato e la notorietà, in Italia, del «marchio anteriore» conferiva a detto marchio un carattere distintivo particolare, quanto meno in Italia, «anche se tale carattere non era intrinseco, come era stato rilevato nella decisione controversa, rilievo a sua volta discutibile, dato che la forma di un albero in generale è una cosa diversa dalla forma di un abete» (14).

20.      La commissione di ricorso concludeva che la somiglianza concettuale dei marchi – l’idea rappresentata dalla forma comune di un abete – avrebbe potuto, quanto meno in Italia, ingenerare confusione nel pubblico interessato. Le differenze tra i marchi in conflitto, consistenti essenzialmente nel fatto che l’abete evocato dal marchio Aire Limpio conteneva il disegno di un personaggio animato e un elemento denominativo, non avrebbero potuto evitare il rischio di confusione, in quanto tale marchio avrebbe potuto essere percepito dal pubblico interessato come una variante divertente e animata del marchio anteriore, soprattutto se si teneva conto della somiglianza tra i prodotti in questione (15).

21.      La commissione di ricorso annullava quindi parzialmente la decisione della divisione di opposizione e negava la registrazione del marchio Aire Limpio per i prodotti delle classi 3 e 5 (16).

22.      La L & D proponeva ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale di primo grado contro la decisione della commissione di ricorso. Essa lamentava la violazione degli artt. 8, n. 1, lett. b), e 73, del regolamento sul marchio comunitario. Il Tribunale, tuttavia, respingeva il ricorso (17).

 La sentenza impugnata

 Asserita violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b)

23.      Il Tribunale ha dichiarato che la regola di cui all’art. 7, n. 2, del regolamento era applicabile per analogia agli impedimenti relativi di cui all’art. 8 (18). Esso ha quindi osservato che la conclusione della commissione di ricorso, secondo cui i marchi in conflitto erano concettualmente simili e sussisteva un rischio di confusione, discendeva dal fatto che il marchio di forma aveva un carattere distintivo particolare in Italia. Questa constatazione era, a sua volta, basata sull’accettazione dell’uso prolungato e della notorietà in Italia del marchio ARBRE MAGIQUE, rappresentato con la medesima forma di abete e un elemento denominativo complementare. Occorreva pertanto accertare se quest’ultima constatazione fosse esatta, e in particolare se si potesse dichiarare che il marchio di forma aveva acquisito un carattere distintivo particolare grazie all’uso del marchio ARBRE MAGIQUE (19).

24.      Il Tribunale ha ritenuto che l’acquisizione del carattere distintivo di un marchio possa anche derivare dal suo uso come parte di un altro marchio registrato se, in conseguenza di tale uso, gli ambienti interessati percepiscono effettivamente il prodotto o il servizio designato dai marchi come proveniente da una determinata impresa (20). La commissione di ricorso aveva giustamente ritenuto che la sagoma di un abete, che assumeva un ruolo significativo se non addirittura predominante nel marchio ARBRE MAGIQUE, corrispondesse al marchio di forma. Essa aveva quindi correttamente considerato che quest’ultimo costituiva una parte del marchio ARBRE MAGIQUE. Poiché esso aveva acquisito carattere distintivo a seguito dell’uso in quanto parte del marchio ARBRE MAGIQUE, giustamente la commissione di ricorso aveva esaminato le prove relative all’uso e alla notorietà del marchio ARBRE MAGIQUE al fine di stabilire l’uso prolungato, la notorietà e il carattere distintivo particolare di una sua parte, ossia il marchio di forma (21).

25.      Era corretta anche la conclusione formulata dalla commissione di ricorso in base agli elementi di prova da cui risultava che, in quanto parte del marchio registrato ARBRE MAGIQUE, il marchio di forma era stato oggetto di un uso prolungato in Italia, era ivi notorio e possedeva pertanto un carattere distintivo particolare. Tale conclusione si basava sul «fatto che le vendite annuali dei prodotti commercializzati con tale marchio superavano i 45 milioni di unità e che le vendite in Italia rappresentavano quindi una quota di mercato superiore al 50% nel 1997 e nel 1998» e che le spese di pubblicità sostenute in Italia nel 1996 e nel 1997 ammontavano ad oltre ITL 7 miliardi. La circostanza che i dati riguardassero periodi successivi alla presentazione della domanda per il marchio Aire Limpio non ne inficiava la validità. Gli elementi posteriori alla data di presentazione della domanda possono essere presi in considerazione se consentono di trarre conclusioni in ordine alla situazione quale si presentava alla data medesima (22). Una quota di mercato del 50% nel 1997 e nel 1998 poteva essere stata acquisita soltanto progressivamente. La commissione di ricorso non era quindi incorsa in un errore allorché aveva ritenuto che la situazione non fosse sensibilmente diversa nel 1996 (23).

26.      Benché fosse stato dichiarato che l’esistenza di carattere distintivo non può essere dimostrata soltanto sulla base di dati generali ed astratti come, ad esempio, percentuali determinate (24), tale giurisprudenza riguardava l’acquisizione del carattere distintivo di un marchio oggetto di domanda di registrazione, e non la notorietà di un marchio registrato che avesse già acquisito carattere distintivo. In ogni caso, la commissione di ricorso aveva tenuto conto anche dell’uso prolungato del marchio ARBRE MAGIQUE, che non era contestato (25).

27.      Né la commissione di ricorso si era basata a torto sul fatto che il marchio anteriore godeva di una tutela sotto una forma sostanzialmente identica a partire dal 1954, come il marchio CAR FRESHNER, senza alcuna prova in merito al suo uso dopo la registrazione. Essa si era fondata sull’uso comprovato in Italia del marchio ARBRE MAGIQUE e non sull’uso del marchio CAR FRESHNER. Benché la sua decisione constatasse che il marchio CAR FRESHNER era stato registrato sin dal 1954, per quanto riguarda l’uso prolungato essa faceva riferimento al marchio ARBRE MAGIQUE. La commissione di ricorso giustamente aveva ritenuto che l’uso prolungato e la notorietà del marchio ARBRE MAGIQUE e di conseguenza del marchio di forma in Italia, percepiti come indicativi della provenienza dei prodotti da una determinata impresa, fossero sufficientemente dimostrati e aveva concluso che il marchio di forma aveva un carattere distintivo particolare in Italia (26).

28.      Quindi, dopo avere osservato che era pacifico che i prodotti in questione fossero simili (27), il Tribunale ha esaminato la somiglianza tra i marchi. Esso ha considerato che due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico destinatario, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti (28).

29.      Sul piano visivo, l’elemento grafico contenuto nel marchio Aire Limpio assumeva un carattere dominante nell’impressione d’insieme e prevaleva sull’elemento denominativo piuttosto indistinto, con i suoi minuscoli caratteri inseriti all’interno dell’abete. L’impressione d’insieme non era quella di un personaggio comico, bensì quella di un’immagine somigliante ad un abete. Il volto e le braccia erano integrati nella parte centrale dell’abete e le due scarpe formavano una base. Il tocco comico e animato dato al personaggio conferiva un carattere di fantasia a tale rappresentazione, cosicché il marchio poteva essere considerato dal pubblico come una variante divertente e animata del marchio di forma. Esso era costituito da un segno il cui elemento predominante era una sagoma simile ad un abete, l’elemento sostanziale del marchio di forma. Tale elemento dominante sarebbe stato prevalentemente percepito dal consumatore e ne avrebbe determinato la scelta, tanto più che si trattava, nella specie, di prodotti di consumo corrente venduti nei self‑service (29).

30.      Sul piano concettuale, i segni in questione erano entrambi associati alla sagoma di un abete. Tenuto conto dell’impressione che ne scaturiva e della mancanza di significato particolare dell’espressione «aire limpio» per il pubblico italiano, correttamente la commissione di ricorso poteva ritenere che essi fossero simili sul piano concettuale. Sul piano auditivo, esisteva una differenza consistente nel fatto che il marchio di forma poteva essere trasmesso oralmente grazie a una descrizione, laddove invece il marchio Aire Limpio poteva essere espresso oralmente enunciandone l’elemento denominativo (30).

31.      Per quanto riguarda il rischio di confusione, il Tribunale ha anzitutto ricordato la giurisprudenza secondo cui tale rischio sussiste qualora il pubblico interessato possa credere che i prodotti in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Il rischio dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico ha dei segni e dei prodotti, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, compresa l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti. Quanto alla somiglianza tra segni, essa deve essere valutata in base all’impressione complessiva prodotta, tenendo conto degli elementi distintivi e dominanti dei segni. Il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore. La somiglianza concettuale derivante dall’uso di immagini concordanti nel loro contenuto semantico può quindi creare un rischio di confusione nel caso in cui il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare, sia intrinsecamente, sia grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico (31).

32.      Trattandosi di prodotti di consumo corrente, il pubblico interessato era rappresentato dal consumatore medio, che, ancorché normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, non avrebbe prestato un’attenzione particolare al momento dell’acquisto di tali prodotti. Detto consumatore sceglierebbe di solito egli stesso i prodotti e avrebbe pertanto tendenza a confidare principalmente nell’immagine del marchio applicato su di essi, vale a dire la sagoma di un abete. Di conseguenza, tenuto conto, per un verso, della somiglianza tra i prodotti e della somiglianza visiva e concettuale dei marchi e, per altro verso, del fatto che il marchio anteriore possedeva un carattere distintivo particolare in Italia, la commissione di ricorso non era incorsa in errore allorché aveva concluso per l’esistenza di un rischio di confusione (32).

33.      Il Tribunale ha poi disatteso vari argomenti della L & D.

34.      Era destituito di fondamento l’argomento secondo cui il marchio di forma aveva un carattere distintivo debole, in quanto la sua forma sarebbe stata descrittiva dei prodotti in questione. Il marchio di forma non era una rappresentazione fedele di un abete, bensì stilizzata, con un tronco molto corto collocato su una base rettangolare, e aveva acquisito un carattere distintivo particolare. In proposito, il riferimento agli orientamenti dell’Ufficio brevetti del Regno Unito era irrilevante, in quanto il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, la cui applicazione resta indipendente da ogni sistema nazionale. L’argomento secondo cui il marchio di forma non sarebbe stato registrabile, giacché era costituito essenzialmente soltanto dalla forma del prodotto e tale forma era necessaria per ottenere il risultato tecnico ricercato dal prodotto, non poteva, in quanto impedimento assoluto alla valida registrazione di un segno, essere sollevato nell’ambito di un procedimento di opposizione (33).

 Sull’asserita violazione dell’art. 73

35.      La L & D aveva sostenuto che la motivazione della commissione di ricorso riguardasse marchi anteriori che la stessa commissione aveva escluso dall’analisi comparativa volta a determinare l’esistenza di un rischio di confusione.

36.      Il Tribunale ha rilevato che la motivazione richiesta dall’art. 73 deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito, dato che ha lo scopo di consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni alla base della decisione al fine di difendere i loro diritti e al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità (34). Inoltre, le decisioni dell’UAMI devono essere fondate esclusivamente su motivi in ordine ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni. Ciò riguarda tanto i motivi di fatto quanto quelli di diritto, così come gli elementi di prova. Tuttavia, il diritto al contraddittorio vale solo per gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, non per la posizione finale che l’amministrazione intende adottare. Nella fattispecie, la decisione della commissione di ricorso faceva apparire in modo chiaro e non equivoco l’iter logico seguito. La L & D aveva avuto modo di prendere posizione in merito a tutti gli elementi sui quali la decisione impugnata si fondava, nonché in merito all’utilizzazione da parte della commissione di ricorso degli elementi di prova relativi all’uso dei marchi anteriori (35).

37.      Il Tribunale ha quindi respinto il ricorso e ha condannato la L & D alle spese. La L & D ha impugnato tale sentenza.

 Valutazione del ricorso di impugnazione

 Introduzione

38.      La L & D chiede alla Corte di annullare integralmente la sentenza del Tribunale, di annullare la decisione della commissione di ricorso laddove essa annulla parzialmente la decisione della divisione di opposizione, rifiuta la registrazione del marchio Aire Limpio per i prodotti delle classi 3 e 5 e dispone che le parti sopportino le proprie spese, e di condannare l’UAMI alle spese. L’UAMI e la Sämann chiedono alla Corte di respingere il ricorso e di condannare la L & D alle spese.

39.      A sostegno del suo ricorso, la L & D afferma che il Tribunale ha violato, in primo luogo, l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento, per avere dichiarato che il marchio di forma aveva acquisito carattere distintivo, che i marchi in questione erano simili e che vi era un rischio di confusione, nonché, in secondo luogo, l’art. 73, per avere basato la sua valutazione su elementi di prova relativi a marchi diversi dal marchio di forma.

40.      L’UAMI e la Sämann sostengono entrambe che il ricorso sia, da un lato, irricevibile nel suo complesso, in quanto diretto a ottenere che la Corte riesamini una valutazione di fatto operata dal Tribunale, in particolare in merito al rischio di confusione, e, dall’altro, interamente destituito di fondamento.

41.      È vero naturalmente che la valutazione del rischio di confusione o di associazione tra due marchi è una questione di fatto e va basata sulla probabile impressione complessiva del consumatore medio di riferimento. Essa comporta necessariamente un elemento soggettivo, per cui esisterà sempre qualche motivo di disaccordo.

42.      In sede di impugnazione, la Corte deve ignorare qualsiasi sospetto che il rischio di confusione possa essere stato valutato con maggiore precisione in base ai fatti dalla divisione di opposizione, dalla commissione di ricorso o dal Tribunale, a seconda dei casi. Essa deve limitare il suo controllo ai motivi di diritto: incompetenza del Tribunale, vizi della procedura dinanzi allo stesso o, soprattutto, violazione del diritto comunitario da parte del Tribunale (36).

43.      Inoltre, in linea di principio, il controllo della Corte è limitato all’esame dei motivi di impugnazione dedotti dinanzi ad essa – così come il ruolo del Tribunale è limitato, in linea di principio, all’esame dei motivi dedotti dalle parti – a meno che sussista un motivo di ordine pubblico, che dev’essere sollevato d’ufficio.

44.      In prosieguo esaminerò in ordine successivo gli argomenti della L & D, sulla scorta di tali principi. Tuttavia, può essere utile sottolineare anzitutto l’incertezza (sulla quale tornerò più diffusamente in sede di esame del motivo di impugnazione vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione) relativa al marchio preciso sul quale si sarebbe basato il confronto operato rispettivamente dalla commissione di ricorso e dal Tribunale.

45.      La commissione di ricorso ha dichiarato che avrebbe confrontato il marchio Aire Limpio con il marchio di forma in quanto rappresentativo degli altri marchi; essa ha quindi ammesso gli elementi di prova relativi alla pubblicità e al fatturato dei deodoranti ambientali per autoveicoli della Sämann, senza fare riferimento al marchio con cui essi erano stati pubblicizzati e venduti, e ha tenuto conto del fatto che il marchio CAR FRESHNER era tutelato sin dal 1954. Il Tribunale ha invece dichiarato che le conclusioni della commissione di ricorso si basavano sull’uso e sulla notorietà del marchio ARBRE MAGIQUE e che essa aveva ritenuto che il marchio di forma fosse una parte di tale marchio. Può essere utile tenere conto di tali divergenze nell’esame degli argomenti dedotti in sede di impugnazione.

 Sul primo motivo di impugnazione – violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b)

 Errata conclusione secondo cui il marchio di forma aveva acquisito un carattere distintivo particolare

–       Impressione d’insieme

46.      La L & D sostiene che il Tribunale non ha tenuto sufficientemente conto delle evidenti differenze visive (il contorno esatto, il riquadro contenente l’elemento denominativo e il colore della base) tra il marchio di forma e il marchio ARBRE MAGIQUE. Esso non avrebbe quindi rispettato la giurisprudenza secondo cui la valutazione globale deve basarsi sull’impressione complessiva prodotta dal marchio percepito come un tutt’uno (37).

47.      Concordo con l’UAMI e la Sämann che ciò equivale a criticare le valutazioni di fatto del Tribunale, che non possono essere sindacate in sede di impugnazione. Il Tribunale ha confrontato il marchio di forma con una parte del marchio ARBRE MAGIQUE e l’argomento della L & D non contiene alcuna indicazione nel senso che questi due elementi non sarebbero stati confrontati in base all’impressione d’insieme prodotta.

–       Ruolo dell’elemento figurativo nel marchio ARBRE MAGIQUE

48.      La L & D sostiene che il Tribunale non ha accertato il ruolo preciso dell’elemento figurativo (la sagoma di un abete) nel marchio ARBRE MAGIQUE. Se tale ruolo era semplicemente significativo e non prevalente, gli elementi di prova relativi all’uso e alla notorietà di tale marchio non potevano portare alla conclusione che il marchio di forma aveva carattere distintivo.

49.      Condivido la tesi dell’UAMI secondo cui il Tribunale ha concluso che l’elemento figurativo svolgeva un ruolo non solo significativo, ma anche predominante nel marchio ARBRE MAGIQUE (38).

–       La sentenza Nestlé

50.      La L & D sostiene inoltre che dalla sentenza Nestlé (39), su cui il Tribunale si è basato per accertare che il marchio di forma aveva acquisito carattere distintivo in quanto parte del marchio ARBRE MAGIQUE, non emerge che l’uso come parte di un marchio registrato comporta necessariamente l’acquisizione di carattere distintivo, bensì che può comportarla. Inoltre, le circostanze di quella causa non erano tali da poterne trarre conclusioni ai fini del caso in esame: 1) la causa Nestlé riguardava l’acquisizione di carattere distintivo da parte di un marchio di cui si chiedeva la registrazione, e non un marchio invocato da un opponente; 2) detta causa riguardava due marchi meramente denominativi, non un marchio figurativo e un marchio misto figurativo e denominativo; 3) nella causa Nestlé, il marchio richiesto era la parte prevalente di uno slogan attraente, mentre nel caso ora in esame non è stato dimostrato il ruolo predominante dell’elemento figurativo del marchio ARBRE MAGIQUE, e 4) nella causa Nestlé, il marchio richiesto e la parte del marchio anteriore erano identici, mentre in questo caso le due sagome sono soltanto simili.

51.      Mi sembra chiaro che il Tribunale potesse legittimamente basarsi sulla sentenza Nestlé per giungere alla conclusione, non contestabile in sede di impugnazione, che la sagoma aveva effettivamente acquisito carattere distintivo in quanto parte del marchio ARBRE MAGIQUE. Per quanto riguarda le pretese differenze tra la causa Nestlé e il caso ora in esame, le circostanze di cui ai punti 1) e 2) non sembrano richiedere un’impostazione diversa, la circostanza di cui al punto 3) è stata da me esaminata nel contesto dell’argomento precedente e la circostanza di cui al punto 4) riguarda una valutazione di fatto.

–       Prevalenza degli elementi denominativi

52.      La L & D sostiene poi che la conclusione secondo cui il contorno di un abete rivestiva un ruolo significativo nel marchio ARBRE MAGIQUE, e pertanto in una parte significativa del marchio di forma, era in contrasto con la giurisprudenza (40) secondo cui, nei marchi contenenti sia un elemento grafico che uno denominativo, il secondo è prevalente, mentre il primo presenta pochi elementi di fantasia, come nel caso del contorno di un abete.

53.      Infatti, la giurisprudenza richiamata dalla L & D non sancisce siffatta regola categorica. Le tre sentenze citate sono esempi di casi in cui l’elemento denominativo è stato ritenuto prevalente, ma non autorizzano a concludere che debba essere sempre così. Nel caso di specie, il Tribunale è giunto a una conclusione diversa sulla base dei fatti, e tale conclusione non può essere contestata in sede di impugnazione.

–       Gli orientamenti dell’Ufficio brevetti del Regno Unito

54.      La L & D afferma che il Tribunale ha erroneamente respinto in quanto irrilevanti gli argomenti basati sugli orientamenti dell’Ufficio brevetti del Regno Unito relativi alla valutazione del carattere distintivo. Tali orientamenti confermavano semplicemente che la forma di un abete era descrittiva dei prodotti in questione e avrebbe potuto essere presa in considerazione nel contesto della valutazione complessiva.

55.      Non posso ammettere che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel dichiarare che la decisione della commissione di ricorso poteva essere valutata solo in base al regolamento, quale interpretato dai giudici comunitari. Esso ha compiuto una valutazione di fatto relativa al carattere descrittivo della forma dei prodotti in questione e neppure gli orientamenti dell’UAMI possono inficiare tale valutazione se essa non risulta in conflitto con il regolamento o con la giurisprudenza. Ciò vale a maggior ragione per gli orientamenti nazionali e la L & D non individua alcuna incompatibilità con la normativa né con la giurisprudenza. Né si cade in contraddizione (come afferma la L & D) descrivendo il marchio di forma sia come forma di un abete che come rappresentazione non fedele di un abete.

–       Forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico

56.      Secondo la L & D, il Tribunale avrebbe dovuto considerare, quale punto di diritto, il fatto che il marchio di forma non aveva sufficiente carattere distintivo, in quanto riproduceva solo una parte dell’aspetto dei prodotti venduti con tale marchio (41), vale a dire la loro forma. Tale forma, inoltre, sarebbe stata necessaria per ottenere il risultato tecnico richiesto da un deodorante per ambienti e non avrebbe potuto essere registrata ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. e), del regolamento. Il Tribunale non avrebbe dovuto respingere il secondo argomento in ragione del fatto che esso riguardava un impedimento assoluto alla registrazione, mentre il ricorso riguardava il procedimento di opposizione; tale argomento avrebbe potuto essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione globale del carattere distintivo.

57.      Per quanto riguarda il primo aspetto di tale argomento, ritengo che la L & D non possa trarre alcun sostegno dalla giurisprudenza che ha richiamato e dalla quale emerge semplicemente che il colore dei materiali di telecomunicazione, o il motivo raffigurato su una lastra di vetro, non vengono necessariamente percepiti come elementi che identificano la provenienza commerciale dei prodotti. Tale giurisprudenza richiede anche una valutazione di fatto onde stabilire se un colore, un motivo, una forma o un altro elemento possa essere effettivamente percepito così in ogni singolo caso. Ad ogni buon conto, non si può plausibilmente sostenere che un marchio la cui forma ha carattere distintivo deve automaticamente perdere la propria distintività nel momento in cui vengano realizzati prodotti aventi quella stessa forma.

58.      Per quanto riguarda il secondo aspetto, la Corte deve valutare non se la forma di un abete sia effettivamente necessaria per ottenere il risultato tecnico perseguito, cioè il rilascio graduale di deodorante nell’ambiente, bensì se il Tribunale abbia escluso a buon diritto dall’analisi questo argomento, in quanto concernente un impedimento assoluto alla registrazione e quindi estraneo all’oggetto del procedimento di opposizione.

59.      Il Tribunale aveva già esaminato tale questione in due precedenti occasioni. La prima volta è accaduto nella causa Durferrit (42). La parte che si opponeva alla registrazione di un marchio aveva dedotto, tra i motivi di impugnazione contro la decisione della commissione di ricorso che aveva respinto l’opposizione, la tesi secondo cui il marchio era contrario all’ordine pubblico e al buon costume ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. f), del regolamento. Il Tribunale ha respinto il motivo in quanto inefficace in ragione del fatto che l’art. 7, n. 1, lett. f), «non figura tra le disposizioni alla luce delle quali può valutarsi la legittimità della decisione impugnata». Esso ha svolto il seguente ragionamento.

60.      Dal modo in cui viene organizzato l’esame dei ricorsi in base agli artt. 36‑43 del regolamento, e in particolare dal tenore letterale e dall’economia degli artt. 42 e 43, che disciplinano il procedimento di opposizione, si evince che gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 7 non devono essere esaminati nell’ambito di tale procedimento, che può fondarsi soltanto sugli impedimenti relativi di cui all’art. 8. Se pure, ai sensi dell’art. 41, n. 1, i terzi possono indirizzare all’UAMI osservazioni relative ad impedimenti assoluti alla registrazione, ne consegue semplicemente che l’UAMI deve valutare se riaprire il procedimento di esame, per verificare se sussistano ragioni ostative alla registrazione. Pertanto, l’UAMI non deve tenere conto di tali osservazioni nell’ambito del procedimento di opposizione, neppure nel caso in cui vengano effettivamente presentate nel corso di tale procedimento. Se necessario, l’UAMI può sospendere il procedimento di opposizione (43).

61.      Inoltre, conformemente all’art. 58 del regolamento, possono adire la commissione di ricorso solo le parti di un procedimento dinanzi all’UAMI e, ai sensi dell’art. 63, n. 4, il ricorso dinanzi al giudice comunitario può essere proposto solo dalle parti del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso. I soggetti che presentano osservazioni nell’ambito dell’art. 41, n. 1, a prescindere dalla circostanza che abbiano proposto o meno opposizione, non sono parti del procedimento; essi non possono impugnare dinanzi alla commissione di ricorso né, a fortiori, dinanzi al giudice comunitario, una decisione dell’UAMI relativa all’impedimento assoluto invocato.

62.      Successivamente, il Tribunale ha citato la sentenza Durferrit come precedente nella sentenza BMI Bertollo (44), in cui la parte che chiedeva la registrazione di un marchio comunitario contestava il marchio anteriore invocato dall’opponente, sostenendo che tale marchio non avrebbe dovuto essere registrato. Il Tribunale non ha spiegato dettagliatamente perché fosse giustificabile l’applicazione dell’approccio adottato nella sentenza Durferrit a quella situazione piuttosto diversa, limitandosi a dichiarare che il richiedente, se riteneva che il marchio anteriore fosse stato registrato in violazione dell’art. 7, avrebbe dovuto introdurre una domanda di nullità ai sensi dell’art. 51. Su un punto leggermente diverso, esso ha aggiunto che la validità di un marchio nazionale non può essere rimessa in discussione nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario, ma solamente nell’ambito di un procedimento di annullamento avviato nello Stato membro interessato (45).

63.      Nel caso in esame, il Tribunale ha dichiarato, al punto 105 della sua sentenza, citando quale precedente la sentenza BMI Bertollo: «La ricorrente non può (…), in ogni caso, nell’ambito di un procedimento di opposizione, dedurre l’esistenza di un impedimento assoluto alla valida registrazione di un segno da parte di un ufficio nazionale o dell’UAMI. Gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 7 del regolamento n. 40/94 non vanno esaminati nell’ambito di un procedimento di opposizione e tale articolo non figura tra le disposizioni alla luce delle quali può valutarsi la legittimità della decisione impugnata».

64.      A questo punto, può essere utile ricapitolare le disposizioni pertinenti del regolamento.

65.      Mentre l’art. 7 elenca gli impedimenti assoluti alla registrazione senza fare riferimento ai terzi, l’art. 8 riguarda l’opposizione dei titolari di marchi preesistenti, per motivi concernenti un conflitto con i loro diritti. La procedura di registrazione è disciplinata dal titolo IV (artt. 36‑45) ed è strutturata come segue: 1) esame delle condizioni formali di deposito; 2) esame degli impedimenti assoluti; 3) ricerca di eventuali marchi anteriori confliggenti; 4) pubblicazione della domanda; 5) osservazioni dei terzi sugli impedimenti assoluti di cui all’art. 7; 6) opposizione dei titolari di marchi preesistenti in base agli impedimenti relativi di cui all’art. 8; 7) eventuale ritiro, limitazione, modifica o divisione della domanda; 8) registrazione. Una volta registrato il marchio, gli artt. 51 e 52 prevedono rispettivamente che le cause di nullità assoluta e relativa debbano essere dedotte in una domanda presentata all’UAMI o in una domanda riconvenzionale nell’ambito di un’azione per contraffazione.

66.      Esaminando tali disposizioni, ritengo che il ragionamento seguito nella sentenza Durferrit sia del tutto convincente quando una parte tenta di opporsi alla registrazione di un marchio per un motivo attinente alla registrabilità sostanziale del marchio. Da un lato, tali motivi non figurano tra quelli elencati esaustivamente nelle disposizioni che disciplinano la procedura di opposizione e, dall’altro, si può fare ricorso ad altre procedure previste da disposizioni diverse, parallelamente al procedimento di opposizione o in seguito alla registrazione.

67.      Tuttavia, non sono convinta che tale ragionamento sia parimenti applicabile quando la parte che intende registrare un marchio comunitario sostenga, per difendersi nell’ambito di un procedimento di opposizione, che il marchio su cui si fonda l’opposizione non avrebbe dovuto essere registrato.

68.      In primo luogo, il regolamento elenca esaustivamente i motivi per i quali è possibile opporsi alla registrazione, non stabilisce espressamente alcuna condizione per quanto riguarda gli argomenti che si possono addurre per difendersi contro l’opposizione. Poiché la somiglianza e il rischio di confusione possono essere valutati solo confrontando i marchi presuntivamente in conflitto, è evidente che tali argomenti possano riguardare sia il marchio anteriore che il marchio di cui si chiede la registrazione.

69.      Infatti, nel caso di specie, l’argomento era ampiamente incentrato sul grado di distintività del marchio anteriore. Tale argomento è stato giustamente preso in considerazione dalla divisione di opposizione, dalla commissione di ricorso e dal Tribunale, giacché il grado di distintività rappresenta un aspetto della valutazione relativa al rischio di confusione. Tuttavia, la mancanza di carattere distintivo costituisce anche un impedimento assoluto alla registrazione ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. a) e b), ma il Tribunale, di nuovo giustamente, a mio avviso, non ha dichiarato l’argomento irricevibile per tale motivo.

70.      Coerentemente con questa impostazione, ritengo che non vi siano ragioni per non esaminare un argomento relativo alla distintività del marchio anteriore, che costituisce il fondamento dell’argomento della L & D concernente la forma necessaria per ottenere un risultato tecnico, solo perché tale argomento riguarda anche un impedimento assoluto ai sensi dell’art. 7. Se è consentito sostenere che il marchio anteriore ha un carattere distintivo limitato, non si può escludere dall’esame un argomento secondo cui tale marchio sarebbe privo di carattere distintivo al punto di non poter essere registrato. Qualora si affermasse che il marchio anteriore è costituito esclusivamente da una forma necessaria per ottenere un risultato tecnico, l’esame di tale argomento potrebbe portare alla conclusione che il marchio non è composto esclusivamente da tale forma e tuttavia, a causa della sua somiglianza con la stessa, non possiede sufficiente distintività perché si possa dimostrare che nel caso di specie esiste un rischio di confusione.

71.      In secondo luogo, concordo sul fatto che non si possa dichiarare la nullità di un marchio anteriore nell’ambito di un procedimento di opposizione – rilievo che costituiva il fondamento della decisione nella causa Durferrit – e che, qualora una parte di detto procedimento miri a ottenere tale dichiarazione, il modo corretto di procedere consisterebbe, per tale parte, nell’avviare un procedimento di nullità e, per la divisione di opposizione (o la commissione di ricorso, a seconda dei casi), nel valutare se occorra sospendere il procedimento di opposizione. Tuttavia, questo modo di procedere appare oneroso e inefficace dal punto di vista procedurale quando non venga richiesta la suddetta dichiarazione e l’esame dell’argomento sfoci in una conclusione come quella che ho descritto nel paragrafo precedente. Tale procedimento risulta particolarmente oneroso quando vengano invocati marchi nazionali anteriori e ancora più problematico quando, come nel caso in esame, sussistano incertezze circa l’identità del marchio anteriore sul cui carattere distintivo si fonda l’accertamento del rischio di confusione.

72.      In terzo luogo, la questione relativa agli argomenti che si possono addurre per contrastare un’opposizione alla registrazione tocca i diritti della difesa. Mentre può essere perfettamente lecito obbligare un parte che avvii un procedimento di opposizione a ricorrere a un procedimento più adeguato per far valere impedimenti assoluti alla registrazione, sembra meno equo costringere la parte contro cui tale procedimento sia già stato avviato a rinunciare ad un argomento di difesa e a iniziare un altro procedimento allo scopo di dedurre tale argomento.

73.      Ritengo pertanto che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto al punto 105 della sua sentenza per avere dichiarato irricevibile l’argomento della L & D senza esaminarne il merito.

–       Elementi di prova relativi all’uso del marchio anteriore

74.      Infine, per quanto riguarda l’accertamento dell’acquisizione di carattere distintivo, la L & D sostiene che il Tribunale ha applicato erroneamente la giurisprudenza da esso richiamata (46) concludendo che gli elementi di prova posteriori alla domanda di registrazione potevano essere ammessi come prove della situazione preesistente e che l’acquisizione di tale carattere si poteva evincere da indicazioni generali in merito al volume di pubblicità e al fatturato. Essa afferma inoltre che gli elementi di prova basati sul fatturato sono meno significativi per i prodotti di uso quotidiano di valore modesto, come quelli in discussione. Il Tribunale avrebbe considerato a torto la data di registrazione del marchio ARBRE MAGIQUE quale data in cui è iniziato l’uso dello stesso senza disporre di prove sull’uso effettivo a decorrere da tale data. Inoltre, tutti i dati relativi alla pubblicità e alle vendite riguardavano l’uso della denominazione «Arbre Magique», non quello del marchio ARBRE MAGIQUE.

75.      Fra tali argomenti, la questione della rilevanza da attribuire al fatturato del tipo di prodotto di cui trattasi richiede una valutazione di fatto che, in quanto tale, esula dall’ambito del giudizio di impugnazione. Gli argomenti relativi alla durata e alla portata dell’uso specifico del marchio ARBRE MAGIQUE sollevano questioni che preferisco esaminare in seguito nel contesto della motivazione. In questa fase mi limiterò a esaminare gli argomenti relativi alla data e alla natura degli elementi di prova ammessi.

76.      Per quanto riguarda la possibilità di ammettere elementi di prova relativi all’uso del marchio anteriore successivamente al deposito della domanda di registrazione del marchio Aire Limpio, ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto. La Corte ha dichiarato nell’ordinanza Alcon (47) che «il Tribunale ha potuto, senza in tal modo incorrere in una motivazione contraddittoria né in un errore di diritto, tener conto di elementi che, sebbene posteriori alla data di presentazione della domanda, consentivano di trarre conclusioni in ordine alla situazione quale si presentava alla data medesima». A prescindere dal fatto che tale considerazione costituisca una regola generale (come sostiene la L & D) o meno, essa non osta a che la commissione di ricorso e il Tribunale traggano le conclusioni cui sono pervenuti in base al rilievo che una quota elevata di mercato non si consegue in maniera improvvisa.

77.      Per quanto riguarda la possibilità di basarsi su indicazioni generali in merito al volume di pubblicità e al fatturato, il Tribunale, al punto 85 della sua sentenza, ha dichiarato quanto segue:

«Va (…) disatteso l’argomento della ricorrente secondo il quale la commissione di ricorso a torto avrebbe ammesso il carattere distintivo particolare del marchio anteriore in Italia, fondandosi unicamente su indicazioni generali in merito al volume di pubblicità e al fatturato. Vero è che, secondo la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, il carattere distintivo di un marchio non può essere dimostrato soltanto sulla base di dati generali e astratti, come ad esempio percentuali determinate [(48)] (sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips, Racc. pag. I‑5475, punto 62). [Tuttavia], in primo luogo, (…) tale giurisprudenza riguarda l’acquisizione del carattere distintivo di un marchio oggetto di domanda di registrazione e non, come nella fattispecie, la valutazione della notorietà di un marchio registrato che abbia già acquisito carattere distintivo. In secondo luogo, per verificare nella fattispecie la notorietà del marchio, la commissione di ricorso ha preso in considerazione non soltanto dati generali, quali percentuali determinate, bensì anche l’uso prolungato del marchio ARBRE MAGIQUE che, peraltro, la ricorrente non ha contestato».

78.      La L & D sostiene, in primo luogo, che non sussiste alcuna distinzione rilevante da operare, per quanto riguarda l’acquisizione di carattere distintivo, tra la situazione di cui alla causa Philips e quella ora in esame, e, in secondo luogo, che l’affermazione relativa all’uso prolungato è essa stessa generica e non confermata.

79.      La causa Philips riguardava una domanda di registrazione di un marchio che, si sosteneva, aveva acquisito carattere distintivo e quindi non doveva essere escluso dalla registrazione per mancanza di tale carattere (49). Il passaggio cui il Tribunale ha fatto riferimento nella sentenza impugnata è basato a sua volta sulla sentenza Windsurfing Chiemsee (50).

80.      In entrambe le sentenze, la Corte ha dichiarato che, per valutare il carattere distintivo del marchio in tali circostanze, possono essere prese in considerazione la quota di mercato del marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica il prodotto come proveniente da un’impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali. Qualora, in base a tali elementi, si ritenga che quantomeno una frazione significativa degli ambienti interessati identifichi grazie al marchio il prodotto come proveniente da un’impresa determinata, la condizione dell’acquisizione di carattere distintivo è soddisfatta. Tuttavia, quest’ultima circostanza non può essere dimostrata soltanto sulla base di dati generali ed astratti, come ad esempio percentuali determinate (51).

81.      Non vedo come si possa ammettere un riferimento a dati generali e astratti per dimostrare, in un caso come quello in esame, che il marchio ha acquisito un carattere distintivo particolare grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico ma non per dimostrare, allorché si intenda registrare il marchio, che esso ha acquisito carattere distintivo grazie all’uso che ne è stato fatto. La condizione è la medesima in entrambi i casi. Un marchio acquista carattere distintivo qualora, ancorché non atto, intrinsecamente, ad essere percepito quale segno distintivo dei prodotti di una particolare impresa, nondimeno arrivi ad essere percepito in tal modo. Il modo in cui si può dimostrare tale percezione non può cambiare a seconda che essa debba essere utilizzata per dimostrare che il marchio può essere registrato oppure per valutare il rischio di confusione con un altro marchio di cui si chiede la registrazione (52).

82.      Inoltre, l’impostazione adottata dal Tribunale esclude che si possano applicare i criteri di cui alla sentenza Philips per valutare la «notorietà di un marchio registrato che abbia già acquisito carattere distintivo». Tale impostazione, se non è semplicemente un circolo vizioso, implica che, per dimostrare il rischio di confusione, si deve provare l’esistenza di un grado di distintività maggiore rispetto a quello necessario per la registrazione di un marchio. Se dati generali e astratti non possono essere sufficienti nel secondo caso, ritengo che, a fortiori, non lo possano essere nel primo.

83.      Concordo quindi con la L & D nel ritenere la distinzione formulata dal Tribunale errata in diritto.

84.      Rimane da stabilire se la durata dell’uso del marchio anteriore, la quota di mercato detenuta da quest’ultimo e l’entità degli investimenti effettuati per pubblicizzarlo costituiscano «dati generali e astratti». Il Tribunale sembra ammettere che gli ultimi due criteri costituiscono «dati generali, quali percentuali determinate», che rientrano in tale nozione (e questo punto è pacifico), ma che non vale lo stesso per l’uso prolungato del marchio anteriore.

85.      Ritengo che neppure questa distinzione sia valida. Al punto 30 della sua decisione, la commissione di ricorso ha fatto riferimento alla vendita annua di 45 milioni di articoli, a una quota di mercato superiore al 50% e a spese pubblicitarie superiori a ITL 7 miliardi. Al punto 31 ha menzionato il fatto che il marchio anteriore era registrato in Italia fin dal 1954. Se i primi sono dati generali e astratti, mi sembra che debba esserlo anche il secondo.

86.      Esaminando il divieto di far valere esclusivamente dati generali e astratti, come ad esempio percentuali determinate, alla luce degli elementi elencati nelle sentenze Philips e Windsurfing Chiemsee, mi sembra che ciò che la Corte intende dire sia che, oltre a produrre dati sulla cui interpretazione possono influire elementi quali il grado di concorrenza (53), occorre dimostrare che il marchio in questione viene effettivamente percepito come elemento che collega i prodotti da esso designati a una determinata impresa. Se tale prova non può essere costituita unicamente da dati quali la quota di mercato e gli investimenti pubblicitari – e su questo punto sono d’accordo –, essa non può provenire neppure dalla mera durata dell’uso o della registrazione.

87.      Su questo argomento, pertanto, concludo che il Tribunale è incorso in un errore di diritto al punto 85 della sua sentenza, per avere ammesso che la commissione di ricorso poteva legittimamente constatare che il marchio anteriore aveva acquisito un carattere distintivo particolare esclusivamente in base ai dati relativi al fatturato e alla pubblicità, nonché alla data della prima registrazione in Italia.

 Errata constatazione della somiglianza fra i marchi

–       Elemento denominativo del marchio Aire Limpio

88.      La L & D afferma che il Tribunale ha ritenuto a torto che l’elemento denominativo del marchio Aire Limpio fosse irrilevante in quanto non aveva un significato particolare per il pubblico italiano. Al contrario, la mancanza di significato avrebbe conferito al marchio carattere fantasioso e quindi distintivo, conformemente alla precedente sentenza del Tribunale Oriental Kitchen (54).

89.      Tale argomento mira a far riconoscere che la mancanza di significato delle parole «Aire Limpio» per il pubblico italiano rende il marchio Aire Limpio un marchio di fantasia e dotato di carattere distintivo in Italia. Si tratta quindi di una valutazione di fatto, che esula dall’ambito del giudizio di opposizione. Il fatto che il Tribunale abbia compiuto una valutazione analoga in una singola fattispecie non può obbligarlo ad effettuare tale valutazione in tutti i casi. Contrariamente a quanto sostiene la L & D, non esiste alcuna regola generale di diritto secondo cui un vocabolo privo di significato è necessariamente fantasioso e dotato di carattere distintivo.

–       Elemento grafico del marchio Aire Limpio

90.      La L & D sostiene che il Tribunale ha ritenuto a torto che l’elemento grafico del marchio Aire Limpio fosse chiaramente predominante nell’impressione d’insieme e prevalesse di gran lunga sull’elemento denominativo.

91.      Tale argomento costituisce una semplice ripetizione dell’argomento che ho esaminato supra, ai paragrafi 52 e 53, e va respinto per gli stessi motivi.

–       Somiglianza concettuale

92.      Secondo la L & D, poiché il contorno di un abete non era un elemento rilevante da prendere in considerazione per valutare la somiglianza, i marchi non potevano essere ritenuti simili sotto l’aspetto concettuale.

93.      Tale argomento, essendo basato su quello precedente, non può essere accolto.

–       Differenza fra i contorni

94.      Infine, sempre in riferimento alla somiglianza, la L & D afferma in subordine che, in ogni caso, i contorni dei marchi Aire Limpio e ARBRE MAGIQUE sono diversi.

95.      Questo costituisce chiaramente un argomento di fatto, irricevibile in sede di impugnazione.

 Errata constatazione del rischio di confusione

96.      La L & D sostiene che, alla luce dei suoi argomenti relativi alla distintività e alla somiglianza, il Tribunale è incorso in un errore di diritto per avere concluso che tale rischio sussisteva.

97.      Poiché ritengo che gli argomenti della L & D relativi alla distintività e alla somiglianza siano irricevibili e/o infondati, non considero necessario esaminare tale argomento.

 Sul secondo motivo di impugnazione – violazione dell’art. 73 e dell’obbligo di motivazione

98.      Con il secondo motivo di impugnazione, la L & D sostiene che, poiché la divisione di opposizione e la commissione di ricorso avevano limitato il loro esame al confronto tra il marchio Aire Limpio e il marchio di forma, il Tribunale è incorso in una violazione dell’art. 73 del regolamento in quanto ha tenuto conto di elementi di prova relativi a marchi diversi, in particolare al marchio ARBRE MAGIQUE. Per tale motivo, la L & D non sarebbe stata in grado di difendersi adeguatamente in relazione agli argomenti e alle prove concernenti tali marchi diversi.

99.      L’UAMI ritiene che il motivo di impugnazione sia irricevibile, in quanto mira a ottenere un controllo di accertamenti di fatto e, in ogni caso, la L & D non solo ha potuto esporre, ma ha effettivamente esposto in modo adeguato le sue difese in merito all’uso e alla notorietà degli altri marchi. Inoltre, il fatto che il marchio ARBRE MAGIQUE fosse stato escluso dal confronto per motivi di economia non implicava che le prove relative al suo uso e alla sua notorietà fossero irrilevanti rispetto all’impressione prodotta dal marchio di forma sul pubblico italiano. La Sämann aggiunge che la motivazione della sentenza impugnata è chiara e inequivocabile.

100. L’argomentazione relativa a questo motivo di impugnazione è succinta (ma la L & D ha dedotto altri argomenti in merito all’ammissione di prove relative al marchio ARBRE MAGIQUE (55)) e, di per sé, non fa emergere alcuna palese violazione dell’obbligo di motivazione. Da un lato, è perfettamente chiaro che la commissione di ricorso non si è limitata a confrontare il marchio di forma, ma ha anche esaminato gli elementi di prova prodotti dinanzi ad essa e relativi all’uso in Italia degli altri marchi della Sämann. Dall’altro, è altrettanto chiaro che tali elementi di prova e la relativa argomentazione erano accessibili alla L & D nel corso dei procedimento dinanzi alla commissione di ricorso e al Tribunale.

101. Tuttavia, la questione della carenza di motivazione di una decisione riguarda la violazione di una forma sostanziale e, dato che costituisce un motivo di ordine pubblico, dev’essere sollevata d’ufficio dal giudice comunitario (56). Poiché nutro dubbi più in generale sulla motivazione della commissione di ricorso e del Tribunale, propongo di esaminare la questione su una base un po’ più ampia (57).

102. Ai punti 113 e 114 della sua sentenza, il Tribunale ha giustamente dichiarato che l’obbligo di motivazione di cui all’art. 73 del regolamento ha la stessa portata di quello ai sensi dell’art. 253 CE: essa deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autore dell’atto per consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni alla base del provvedimento adottato al fine di difendere i loro diritti e, dall’altro, al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione (58).

103. La commissione di ricorso ha sostanzialmente basato la sua conclusione in ordine al rischio di confusione sul carattere distintivo particolare che il «marchio anteriore» aveva acquisito in Italia attraverso l’uso prolungato e la vasta notorietà. Tale conclusione richiedeva quindi un ragionamento che collegasse inequivocabilmente il marchio anteriore alla prova dell’uso e della notorietà. Tuttavia, la decisione non definisce inequivocabilmente cosa si intenda per «marchio anteriore».

104. Anzitutto, la commissione di ricorso ha dichiarato che avrebbe confrontato il marchio Aire Limpio solo con il marchio di forma, in quanto «rappresentativo degli altri» (59). Tuttavia, il valore di tale dichiarazione è inficiato in qualche modo dalla successiva dichiarazione, contenuta nella medesima decisione, secondo cui la scelta si basava «sugli stessi motivi di economia addotti nella decisione impugnata» – in quanto la divisione di opposizione aveva dichiarato che gli altri marchi mostravano differenze maggiori rispetto al marchio Aire Limpio di quelle del marchio di forma (60).

105. La commissione di ricorso ha quindi ammesso, quali elementi di prova dell’uso e della notorietà del marchio anteriore, dati relativi alla pubblicità e al fatturato dei deodoranti ambientali per autoveicoli della Sämann, privi di riferimenti al marchio specifico con cui tali prodotti erano stati pubblicizzati o venduti (61).

106. Infine, la circostanza che il marchio CAR FRESHNER fosse protetto in Italia fin dal 1954 è stata indicata quale prova dell’uso prolungato del marchio con una forma sostanzialmente identica, che ne spiegava la quota di mercato e la notorietà presso il pubblico (62).

107. Tale ragionamento implica che il marchio di forma e tutti i marchi anteriori della Sämann protetti in Italia fossero sufficientemente simili perché ciascuno di essi beneficiasse della distintività acquisita dagli altri. Tuttavia, a parte il riferimento alla data di registrazione del marchio CAR FRESHNER, la commissione di ricorso non ha fornito elementi sulla cui base si potesse collegare una prova specifica a un marchio o a marchi specifici. Inoltre, la sua tesi relativa a tale stretta somiglianza tra i vari marchi della Sämann non trovava sostegno nel tipo di giustificazione specifica che sembrerebbe necessaria alla luce della conclusione della divisione di opposizione secondo cui la somiglianza tra il marchio Aire Limpio e il marchio di forma era (significativamente) superiore a quella tra il marchio Aire Limpio e gli altri marchi della Sämann.

108. Contrariamente alla mia interpretazione della decisione della commissione di ricorso, il Tribunale ha dichiarato che la commissione aveva basato le sue conclusioni sull’uso e sulla notorietà del marchio ARBRE MAGIQUE e aveva ritenuto che il marchio di forma costituisse una parte di esso.

109. Nessuna di tali dichiarazioni mi sembra confermata dalla lettura della decisione della commissione di ricorso. In essa è effettivamente indicato che l’UAMI ha dichiarato in udienza che la prova dell’uso consolidato in Italia riguardava il marchio ARBRE MAGIQUE e non il marchio CAR FRESHNER (63). Tuttavia, ritengo che tale dichiarazione non possa validamente integrare, né tanto meno rettificare, il ragionamento che emerge da una lettura lineare della decisione della commissione di ricorso.

110. Mi sembra quindi che la commissione di ricorso non abbia spiegato pienamente e chiaramente l’esatto ragionamento attraverso il quale è giunta alla conclusione che il marchio di forma possedeva un carattere distintivo particolare in ragione del fatturato, degli investimenti pubblicitari e della durata della registrazione di uno o più marchi, e che il Tribunale abbia colmato tale lacuna formulando talune ipotesi sul ragionamento seguito, per motivi che non risultano chiari.

111. Ciò sembra particolarmente censurabile se si considera che il metodo adottato, consistente in sostanza nell’attribuire il carattere distintivo di un marchio a un marchio diverso, è inusuale e, prima facie, non risultava necessario. Ammettendo che il marchio di forma sia effettivamente abbastanza simile al marchio o ai marchi dotati di un comprovato carattere distintivo perché gli si possa attribuire tale carattere, esso avrebbe potuto essere confrontato direttamente con il marchio Aire Limpio per accertare se sussistesse un rischio di confusione.

112. In base a quanto precede, il ragionamento della commissione di ricorso potrebbe essere considerato incompatibile con la giurisprudenza della Corte secondo cui, pur se la decisione, qualora rientri nell’ambito di una prassi decisionale costante, può essere sommariamente motivata, in particolare con un richiamo a tale prassi, nell’ipotesi in cui essa vada notevolmente al di là delle decisioni precedenti spetta all’autorità comunitaria motivare esaurientemente il provvedimento (64).

113. Cercando di ricostruire un ragionamento che rispecchi adeguatamente quanto sembra sia stato deciso in sostanza, giungo alla seguente interpretazione.

114. La commissione di ricorso ha deciso, in primo luogo, che i marchi della Sämann protetti in Italia, unitamente al marchio di forma, erano tutti simili al marchio Aire Limpio allo stesso modo e nella stessa misura, così che, ai fini del giudizio relativo al rischio di confusione, la distintività acquisita (65)da uno (o più) era condivisa da tutti.

115. In secondo luogo, gli elementi di prova relativi al fatturato e alle spese pubblicitarie sostenute in Italia per uno o più marchi della Sämann, unitamente alla durata della registrazione del marchio CAR FRESHNER, erano sufficienti a dimostrare che i marchi, collettivamente, e quindi il marchio di forma individualmente, avevano acquisito un carattere distintivo particolare grazie alla loro notorietà presso il pubblico interessato e che pertanto, considerata la somiglianza tra il marchio Aire Limpio e il marchio di forma, esisteva un rischio di confusione.

116. Senza esprimere un parere sulla valutazione di fatto, ritengo che tale ragionamento sia difendibile. Tuttavia, esso non emerge interamente dalla decisione della commissione di ricorso e l’ho ricostruito riunendo vari elementi della decisione, alcuni espliciti, altri impliciti. Sussistono inoltre lacune che non possono essere colmate nell’ambito della decisione stessa: 1) per quale motivo si è concluso che tutti i marchi della Sämann potevano essere considerati così simili tra loro che il carattere distintivo acquisito da uno di essi veniva condiviso da tutti? 2) a quale marchio o a quali marchi si riferiscono i dati relativi al fatturato e alla pubblicità?; 3) con quali motivi la commissione di ricorso giustificava l’adozione del metodo consistente nel «trasferire» il carattere distintivo acquisito dai marchi tutelati da molto tempo in Italia al marchio di forma, la cui registrazione come marchio comunitario era ancora pendente all’epoca dei fatti, anziché confrontare il marchio Aire Limpio direttamente con i marchi anteriori?

117. Tali elementi costituiscono, a mio parere, gravi carenze della decisione della commissione di ricorso. Per quanto riguarda il primo e il secondo punto, il giudice comunitario non può controllare la legittimità della decisione senza verificare se la commissione di ricorso abbia individuato il marchio o i marchi cui si riferivano i dati e abbia valutato correttamente la sua o la loro somiglianza con il marchio di forma ai fini del «trasferimento» del carattere distintivo acquisito. Per quanto riguarda il terzo punto, il giudice comunitario non può verificare se la commissione non abbia adottato tale metodo in quanto riteneva che la somiglianza tra il marchio Aire Limpio e i marchi tutelati da molto tempo in Italia non fosse sufficiente per giungere alla stessa conclusione sulla base di un confronto diretto.

118. Mi sembra pertanto che la decisione della commissione di ricorso non sia sufficientemente motivata per soddisfare i requisiti di cui all’art. 73 del regolamento, ossia consentire al giudice comunitario di esercitare il proprio potere di controllo.

119. Sulla scorta di quanto precede, ritengo che la valutazione espressa dal Tribunale al punto 117 della sua sentenza, secondo cui «la decisione impugnata fa apparire in modo chiaro e non equivoco l’iter logico seguito dalla commissione di ricorso», non possa essere validamente fondata sulla decisione. Inoltre, a mio parere, il Tribunale non ha spiegato sufficientemente i motivi per cui ha affermato che le prove sulle quali si era basata la commissione di ricorso riguardavano unicamente il marchio ARBRE MAGIQUE, o che detta commissione aveva ritenuto che il marchio di forma costituisse una parte del marchio ARBRE MAGIQUE. La seconda affermazione appare come una possibile giustificazione a posteriori alla luce della sentenza Nestlé, che era stata pronunciata successivamente alla decisione della commissione di ricorso.

120. Ritengo quindi che la commissione di ricorso e il Tribunale non abbiano motivato adeguatamente le rispettive decisioni.

 Conclusioni da trarre

121. Sono giunta alla conclusione che la sentenza impugnata è viziata per quattro motivi. Anzitutto, il Tribunale è incorso in un errore al punto 85, laddove ha ammesso che la commissione di ricorso poteva constatare che il marchio anteriore aveva acquisito carattere distintivo particolare basandosi soltanto sui dati relativi al fatturato e alla pubblicità, nonché sulla data della prima registrazione in Italia. In secondo luogo, esso è incorso in un altro errore al punto 105, laddove ha respinto l’argomento secondo cui la forma del marchio anteriore era necessaria per ottenere un risultato tecnico, senza esaminare tale argomento nel merito. In terzo luogo, al punto 117, esso è incorso in un errore nella valutazione del ragionamento della commissione di ricorso. In quarto luogo, è ripetutamente incorso nell’errore di supporre che la commissione di ricorso avesse basato la sua valutazione sugli elementi di prova relativi al marchio ARBRE MAGIQUE, mentre ciò non emergeva dalla decisione.

122. Sulla base di quanto precede, e considerato che non rimangono da esaminare altre questioni di diritto sollevate dinanzi al Tribunale, ritengo che occorra annullare sia la sentenza impugnata, sia la decisione della commissione di ricorso e rinviare il procedimento dinanzi all’UAMI.

 Sulle spese

123. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La L & D ha chiesto la condanna dell’UAMI alle spese. A mio avviso il suo ricorso dovrebbe essere accolto e l’UAMI dovrebbe essere condannato alle spese.

 Conclusione

124. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba:

–        annullare la sentenza nella causa T‑168/04;

–        annullare la decisione della commissione di ricorso nel procedimento R 326/2003-2;

–        rinviare il procedimento dinanzi all’UAMI affinché si pronunci sui fatti;

–        condannare l’UAMI alle spese in entrambi i gradi di giudizio.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU L 11, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).


3 – V., ad esempio, sentenza 12 giugno 2007, causa C‑334/05 P, UAMI/Shaker (Racc. pag. I‑4529, punti 34 e 35, e giurisprudenza ivi citata).


4 – V., in particolare, sentenze 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL (Racc. pag. I‑6191, punto 24), e 22 giugno 2000, causa C‑425/98, Marca Mode (Racc. pag. I‑4861, punto 38). Tali cause vertevano su marchi nazionali e pertanto non rientravano nell’ambito di applicazione del regolamento, bensì in quello della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1). Tuttavia, le disposizioni dei due provvedimenti relative agli impedimenti alla registrazione sono sostanzialmente identiche e sono state interpretate come tali dalla Corte.


5 – Vale a dire l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI»).


6 – Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.


7 – Marchio internazionale n. 612525, registrato il 9 dicembre 1993 con effetto, inter alia, in Italia, per i prodotti della classe 5. Esso appare identico al marchio di forma, ma non è stato specificamente menzionato nelle decisioni in discussione nel presente procedimento.


8 – Vale a dire i marchi protetti in vari paesi nell’ambito del sistema di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, gestito dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale.


9 – Tale sintesi dell’analisi della divisione di opposizione è basata sulla versione riprodotta al punto 6 della decisione della commissione di ricorso.


10 – Decisione 15 marzo 2004 nel procedimento R 326/2003-2, Julius Sämann/L & D.


11 – Decisione della commissione di ricorso, punti 22 e 23.


12 – Punti 24‑26.


13 – Punti 27 e 29, nei quali viene citata la sentenza 14 settembre 1999, causa C‑375/97, General Motors (Racc. pag. I‑5421, punto 27).


14 – Punti 30‑32.


15 – Punto 33.


16 – Gli altri aspetti delle decisioni della divisione di opposizione e della commissione di ricorso non sono in discussione nel presente procedimento di impugnazione.


17 – Sentenza 7 settembre 2006, causa T‑168/04, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio) (Racc. pag. II‑2699).


18 – V. supra, paragrafi 4 e 6.


19 – Sentenza impugnata, punti 67‑71.


20 – Sentenza 7 luglio 2005, causa C‑353/03, Nestlé (Racc. pag. I‑6135, punti 30 e 32).


21 – Punti 72‑77.


22 – Ordinanze 5 ottobre 2004, causa C‑192/03 P, Alcon/UAMI (Racc. pag. I‑8993, punto 41, e giurisprudenza ivi citata), e 27 gennaio 2004, causa C‑259/02, La Mer Technology (Racc. pag. I‑1159, punto 31).


23 – Sentenza impugnata, punti 78‑84.


24 – Sentenza 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips (Racc. pag. I‑5475, punto 62).


25 – Sentenza impugnata, punto 85.


26 – Punti 86‑88.


27 – Punti 89 e 90.


28 – Punto 91.


29 – Punti 92‑94.


30 – Punti 95 e 96.


31 – Punti 97‑99 della sentenza impugnata, in cui si citano le sentenze 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS) (Racc. pag. II‑2821, punti 30‑32); 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI ‑ Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS) (Racc. pag. II‑4335, punto 47), e SABEL, citata alla nota 4 (punto 24).


32 – Sentenza impugnata, punti 100‑102.


33 – Sentenza impugnata, punti 103‑105.


34 – Sentenza 21 ottobre 2004, causa C‑447/02 P, KWS Saat/UAMI (Racc. pag. I‑10107, punti 64 e 65).


35 – Punti 113‑117 della sentenza impugnata.


36 – Art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia.


37 – V. supra, paragrafo 7.


38 – Il punto 76 della sentenza impiega l’espressione «significant or even predominant» («significatif voire prédominant» in francese, e «significativo e incluso predominante» in spagnolo).


39 – Citata alla nota 20.


40 – Sentenze SABEL, citata alla nota 4 (punto 25); 6 luglio 2004, causa T‑117/02, Grupo El Prado Cervera/UAMI – Debuschewitz Heirs (CHUFAFIT) (Racc. pag. II‑2073, punto 51), e 13 luglio 2005, causa T‑40/03, Murúa Entrena/UAMI ‑ Bodegas Murúa (Julián Murúa Entrena) (Racc. pag. II‑2831, punti 55 e 56).


41 – Sentenza della Corte 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel (Racc. pag. I‑3793, punto 65); sentenza del Tribunale 9 ottobre 2002, causa T‑36/01, Glaverbel/UAMI (glass-sheet surface) (Racc. pag. II‑3887, punto 23).


42 – Sentenza 9 aprile 2003, causa T‑224/01, Durferrit/UAMI – Kolene (NU‑TRIDE) (Racc. pag. II‑1589, punti 72‑75).


43 – Conformemente all’attuale regola 20, n. 7, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU L 303, pag. 1), come modificato.


44 – Sentenza 30 giugno 1994, causa T‑186/02, BMI Bertollo/UAMI – Diesel (DIESELIT) (Racc. pag. II‑1887, punto 71).


45 – Sentenza 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (Matratzen) (Racc. pag. II‑4335, punto 55). Lo stesso punto era stato discusso nell’impugnazione dinanzi alla Corte, ma non figura nella motivazione dell’ordinanza (ordinanza 28 aprile 2004, causa C‑3/03 P, Matratzen Concord/UAMI, Racc. pag. I‑3657, punti 38‑42). La causa verteva su una domanda di registrazione come marchio comunitario di un segno composto da un elemento che era descrittivo in Germania e da un elemento distintivo; il marchio anteriore nazionale, composto unicamente dall’elemento descrittivo tedesco, era stato registrato in Spagna, dove non era descrittivo.


46 – Sentenze Alcon, La Mer Technology e Philips, citate alle note 22 e 24.


47 – Citata alla nota 22 (punto 41).


48 –      In francese, «pourcentages déterminés». Mi sembra che l’uso di «predetermined» in inglese sia fuorviante e si intenda fare riferimento semmai a percentuali «specific».


49 – La domanda di registrazione aveva per oggetto un marchio nazionale e quindi ricadeva nell’ambito delle disposizioni sostanzialmente identiche della direttiva 89/104/CEE (v. nota 4). L’art. 3, n. 1, della direttiva e l’art. 7, n. 1, del regolamento ostano alla registrazione di marchi che, inter alia, b) siano privi di carattere distintivo, c) siano composti esclusivamente da indicazioni che in commercio possano servire per designare le caratteristiche dei prodotti di cui trattasi (compresa la provenienza geografica) o d) siano composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel commercio; l’art. 3, n. 3, della direttiva dispone: «Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo (…)» e l’art. 7, n. 3, del regolamento recita: «Il paragrafo 1, lettere b), c) e d) non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».


50 – Sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97 (Racc. pag. I‑2779). Tale sentenza riguardava la registrabilità a livello nazionale di un marchio indicante un’origine geografica ma che si asseriva avesse acquisito carattere distintivo.


51 – Sentenze Windsurfing Chiemsee (punti 51 e 52) e Philips (punti 60‑62).


52 – V. anche, per analogia, conclusioni nella causa C‑371/02, Björnekulla Fruktindustrier (Racc. pag. I‑5791, paragrafi 71 e segg., in particolare paragrafi 73 e 75), in cui l’avvocato generale Léger rileva che occorre applicare gli stessi criteri per stabilire se un marchio abbia acquisito un carattere distintivo sufficiente ai fini della registrazione e per verificare se un marchio registrato non abbia perso tale grado di distintività.


53 – Ad esempio, una quota di mercato molto elevata potrebbe essere dovuta a una concorrenza molto limitata, nel qual caso il marchio potrebbe essere percepito dal pubblico interessato come un’indicazione generica, anziché come elemento indicativo della provenienza dei prodotti.


54 – Sentenza 25 novembre 2003, causa T‑286/02, Oriental Kitchen/UAMI ‑ Mou Dybfrost (KIAP MOU) (Racc. pag. II‑4953; v., in particolare, punti 41 e segg.).


55 – V. supra, paragrafi 74 e 75.


56 – Sentenze 20 febbraio 1997, causa C‑166/95 P, Commissione/Daffix (Racc. pag. I‑983, punto 24); 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval (Racc. pag. I‑1719, punto 67), e 30 marzo 2000, causa C‑265/97 P, VBA (Racc. pag. I‑2061, punto 114).


57 – Si può osservare che l’obbligo di motivazione incombente al Tribunale discende non dall’art. 73 del regolamento, bensì dall’art. 36 dello Statuto della Corte.


58 – V., ad esempio, sentenza KWS Saat/UAMI, citata alla nota 34 (punti 64 e 65).


59 – Decisione della commissione di ricorso, punto 23.


60 – V. decisione della commissione di ricorso, punto 6.


61 – Punto 30.


62 – Punto 31. Si può aggiungere che, a differenza dei dati concernenti la quota di mercato e la pubblicità in Italia, il riferimento originale alla vendita annua di 45 milioni di articoli non specificava il mercato geografico rilevante.


63 – V. sentenza impugnata, punto 86.


64 – V., ad esempio, sentenza 14 febbraio 1990, causa C‑350/88, Delacre/Commissione (Racc. pag. I‑395, punto 15).


65 – Rilevo che la commissione di ricorso, benché abbia espresso dubbi, non ha respinto né confutato la conclusione della divisione di opposizione secondo cui il marchio di forma non possedeva un intrinseco carattere distintivo.