Language of document : ECLI:EU:T:2018:643

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

4 ottobre 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi al procedimento avviato a norma dell’articolo 29 della direttiva 2007/46/CE che consente ad uno Stato membro di rifiutare l’immatricolazione di veicoli che presentano un grave rischio per la sicurezza stradale o nuocciono gravemente all’ambiente o alla salute pubblica – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla protezione delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – Presunzione generale – Convenzione di Aarhus – Diniego di accesso al fascicolo – Articolo 41 della carta dei diritti fondamentali»

Nella causa T‑128/14,

Daimler AG, con sede in Stoccarda (Germania), rappresentata da C. Arhold, B. Schirmer e N. Wimmer, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Clotuche‑Duvieusart, successivamente da G. Wilms e F. Clotuche‑Duvieusart e infine da H. Krämer e F. Clotuche‑Duvieusart, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da R. Van der Hout, successivamente da R. Van der Hout e C. Wagner, avvocati,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Simm e A. Jensen, in qualità di agenti,

e da

Parlamento europeo, rappresentato da N. Görlitz e L. Visaggio, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione Ares(2013) 3715941 della Commissione, del 13 dicembre 2013, con la quale è stato negato alla ricorrente l’accesso ai documenti relativi al procedimento avviato dalla Repubblica francese ai sensi dell’articolo 29 della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU 2007, L 263, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, A. Dittrich e P.G. Xuereb (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU 2007, L 263, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva quadro»), ha sostituito i sistemi di omologazione dei veicoli degli Stati membri con una procedura di omologazione armonizzata in seno all’Unione europea, cosiddetta «omologazione CE». Tale omologazione CE viene definita all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva quadro come la procedura con cui uno Stato membro certifica che un tipo di veicolo, sistema, componente o entità tecnica è conforme alle disposizioni amministrative e alle prescrizioni tecniche pertinenti di detta direttiva e degli atti normativi elencati in taluni dei suoi allegati.

2        L’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2006/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006, relativa alle emissioni degli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli a motore, che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio (GU 2006, L 161, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva sugli impianti di condizionamento d’aria»), prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2011, gli Stati membri non rilascino più omologazioni CE per tipi di veicoli muniti di impianti di condizionamento d’aria destinati a contenere gas fluorurati ad effetto serra con un potenziale di riscaldamento globale superiore a 150. Tuttavia, tale direttiva non prescrive un tipo di refrigerante specifico. L’attuazione di tale divieto è stata rinviata dalla Commissione europea al 1o gennaio 2013.

3        I produttori europei di veicoli hanno convenuto, nell’ambito di un processo internazionale di armonizzazione che ha avuto luogo nel 2009, di utilizzare il refrigerante recante il riferimento «R1234yf».

4        Nel 2013, la ricorrente, la Daimler AG, un costruttore di automobili stabilito in Germania che produce, in particolare, autoveicoli della marca Mercedes, ha sollevato dei dubbi per quanto attiene alla sicurezza dell’utilizzazione di tale refrigerante.

5        Nel maggio del 2013, il Kraftfahrt-Bundesamt (KBA, ufficio federale dei veicoli a motore, Germania) ha accolto una domanda della Daimler volta ad ottenere l’estensione dell’omologazione del tipo di veicolo 245G. Essendo stato originariamente omologato nel 2008, il tipo di veicolo 245G non era soggetto all’obbligo di utilizzare un refrigerante compatibile con la direttiva sugli impianti di condizionamento d’aria. L’estensione dell’omologazione di tale tipo di veicoli è stata notificata alla Commissione con lettera del 22 maggio 2013.

6        Il 10 giugno 2013, la Commissione ha aperto il procedimento EU Pilot con il numero di ruolo 5160/11/ENTR, il cui obiettivo consisteva nel verificare in che misura la Repubblica federale di Germania, nell’ambito della concessione alla ricorrente delle estensioni di omologazioni CE, avesse rispettato la direttiva quadro e la direttiva sugli impianti di condizionamento d’aria.

7        Il 26 luglio 2013, il ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia francese ha adottato una decisione con la quale esso ha rifiutato l’immatricolazione, nel territorio francese, di taluni veicoli della marca Mercedes, per i quali le autorità tedesche avevano accordato un’estensione delle omologazioni CE, in quanto tali veicoli erano muniti di impianti di condizionamento d’aria destinati a contenere gas fluorurati ad effetto serra con un potenziale di riscaldamento globale superiore a 150, in violazione dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva sugli impianti di condizionamento d’aria.

8        Tale diniego di immatricolazione era fondato sulla disposizione francese che traspone l’articolo 29, paragrafo 1, prima frase, della direttiva quadro. Tale articolo, che figura al capo XII, intitolato «Clausole di salvaguardia», dispone che uno Stato membro può rifiutare per un periodo massimo di sei mesi di immatricolare veicoli oggetto di un’omologazione CE se constata che tali veicoli nuocciono gravemente all’ambiente o alla salute pubblica.

9        Il 26 luglio 2013, in conformità all’articolo 29, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva quadro, la Repubblica francese ha informato la Commissione del suo rifiuto di immatricolare taluni veicoli della marca Mercedes. A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro, la Commissione ha consultato le parti interessate al fine di preparare una decisione concernente tale rifiuto.

10      Il 2 agosto 2013, la Mercedes-Benz France, un’impresa del gruppo Daimler, ha proposto un ricorso avverso la decisione del 26 luglio 2013 del ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia francese, con la quale quest’ultimo aveva rifiutato l’immatricolazione, nel territorio francese, di taluni veicoli della marca Mercedes.

11      Con lettera del 19 agosto 2013 indirizzata alla Commissione, la ricorrente ha preso posizione sul rifiuto della Repubblica francese. In tale lettera, la ricorrente ha rilevato, in particolare, quanto segue:

«(…) in forza dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della carta dei diritti fondamentali, il diritto di accesso al fascicolo fa parimenti parte dei diritti fondamentali tutelati. Intendiamo avvalerci di tale diritto e chiediamo pertanto di poter avere pienamente accesso a tutti i documenti relativi al presente procedimento ai sensi dell’articolo 29 della [direttiva quadro] (inclusi quelli figuranti in altri documenti che sono stati utilizzati e che devono essere presi in considerazione nella specie), in particolare a qualsiasi eventuale parere, segnatamente del servizio giuridico della Commissione, per quanto attiene all’applicazione dell’articolo 29 della [direttiva quadro]».

12      Con messaggio di posta elettronica del 17 settembre 2013 indirizzato alla ricorrente, la Commissione ha confermato il ricevimento di tale lettera e della richiesta di accesso ai documenti contenuta in tale lettera, da essa considerata fondata sul regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43) e registrata con il numero GESTDEM 2013/4643. In tale messaggio di posta elettronica, la Commissione ha parimenti chiesto alla ricorrente di confermare che essa domandava l’accesso ai documenti menzionati al punto 11 supra.

13      Con messaggio di posta elettronica del 20 settembre 2013, la ricorrente ha confermato che la sua domanda di accesso verteva sulla totalità dei documenti relativi al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, in particolare a qualsiasi eventuale parere del servizio giuridico della Commissione sull’applicazione dell’articolo 29 della direttiva quadro. Essa ha indicato alla Commissione che se quest’ultima desiderava una domanda più precisa, la stessa doveva fornirle un elenco di tutti di documenti relativi a tale procedimento. Inoltre, la ricorrente ha sottolineato che la sua domanda di accesso era fondata sul suo diritto di accesso al fascicolo previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Secondo la ricorrente, tale articolo era applicabile in quanto il procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro la riguardava direttamente e individualmente, dal momento che l’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro obbliga la Commissione a sentirla prima di adottare la decisione.

14      Con decisione del 16 ottobre 2013, la Commissione ha affermato di disporre di quattordici documenti interessati dalla domanda di accesso della ricorrente il cui elenco figurava in allegato. Essa ha specificato di accordare l’accesso a cinque di tali documenti e di negare l’accesso agli altri nove. La Commissione ha fondato il suo diniego di accesso a sei documenti sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla protezione degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile. Quanto agli altri tre documenti, la stessa ha fondato il suo diniego di accesso sull’eccezione contemplata all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla protezione del processo decisionale. La Commissione ha aggiunto che un accesso parziale a tali nove documenti non era possibile. Infine, essa ha indicato che non esisteva un interesse pubblico prevalente alla loro divulgazione.

15      Il 30 ottobre 2013, la ricorrente ha formulato una domanda confermativa di accesso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. In tale domanda, essa ha rilevato che dalla sua domanda di accesso avrebbe dovuto essere coperto un numero di documenti superiore rispetto ai quattordici individuati dalla Commissione nella sua decisione del 16 ottobre 2013. La stessa ha indicato che le eccezioni invocate dalla Commissione non erano rilevanti e che esisteva un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti a causa dell’importanza della causa per l’attuazione della libera circolazione delle merci. In tale domanda confermativa, la ricorrente invocava non soltanto il diritto di accesso ai documenti previsto all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, ma anche il diritto di accesso al fascicolo, previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

16      Con decisione del 13 dicembre 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha confermato il suo diniego di accesso ai nove documenti che, nella sua decisione del 16 ottobre 2013, essa aveva identificato come quelli che non potevano essere comunicati alla ricorrente.

17      Inoltre, essa ha rilevato di avere constatato, dopo alcune ricerche supplementari, di disporre, oltre ai quattordici documenti identificati nella sua decisione del 16 ottobre 2013, di ulteriori 349 messaggi di posta elettronica. Essa ha indicato che tali documenti erano:

–        55 messaggi di posta elettronica interni scambiati fra agenti dell’unità «Industria automobilistica» della direzione generale (DG) «Imprese e industria»;

–        170 messaggi di posta elettronica interni alla DG «Imprese e industria»;

–        25 messaggi di posta elettronica scambiati con il servizio giuridico;

–        25 messaggi di posta elettronica scambiati con altre direzioni generali della Commissione;

–        45 messaggi di posta elettronica scambiati con Stati membri;

–        29 messaggi di posta elettronica scambiati con persone giuridiche.

18      La Commissione ha ritenuto che l’indagine svolta sulla base dell’articolo 29 della direttiva quadro, concernente il rifiuto della Repubblica francese di immatricolare taluni veicoli della marca Mercedes, e l’indagine preliminare concernente la Repubblica federale di Germania, intesa ad accertare un eventuale inadempimento, fossero strettamente connesse, e ha considerato che tutti i documenti richiesti facessero parte del rispettivo fascicolo amministrativo di ciascuna di tali indagini.

19      La Commissione ha poi verificato se la divulgazione di tali documenti arrecasse pregiudizio, da un lato, all’obiettivo dell’indagine avviata ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro e, dall’altro, all’obiettivo dell’indagine preliminare concernente la Repubblica federale di Germania.

20      Per quanto riguarda il pregiudizio all’obiettivo dell’indagine avviata a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro, la Commissione ha ritenuto, in sostanza, che la diffusione dei documenti richiesti avrebbe avuto come effetto di rimettere in discussione l’effetto utile della clausola di salvaguardia prevista all’articolo 29 della direttiva quadro, e in particolare l’obiettivo delle indagini effettuate in tale contesto, consistente nello stabilire se gli Stati membri avessero legittimamente applicato tale clausola e nel garantire un livello elevato di sicurezza stradale, di salute e di tutela dell’ambiente.

21      La Commissione ha pertanto concluso che i documenti richiesti, i quali facevano tutti parte del fascicolo amministrativo dell’indagine avviata sulla base dell’articolo 29 della direttiva quadro, erano coperti da una presunzione generale di non divulgazione fondata sulla protezione delle indagini prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

22      Per quanto riguarda il pregiudizio all’obiettivo dell’indagine preliminare concernente la Repubblica federale di Germania, consistente nell’accertare un eventuale inadempimento, la Commissione ha rilevato, in sostanza, che, affinché essa potesse assolvere ai suoi compiti in maniera efficace, doveva regnare un clima di fiducia reciproca fra la Commissione e gli Stati membri fino alla chiusura definitiva del caso, e che essa poteva fondarsi su una presunzione generale di non divulgazione per negare l’accesso ai documenti richiesti.

23      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che non esistesse un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti, e che l’interesse pubblico fosse meglio tutelato se l’obiettivo delle indagini in corso veniva protetto.

24      La Commissione ha poi considerato di non poter accordare un accesso parziale ai documenti richiesti.

25      Infine, per quanto riguarda il riferimento fatto dalla ricorrente alla Carta e, in particolare, al diritto di accesso al fascicolo previsto al suo articolo 41, paragrafo 2, la Commissione ha ritenuto di non poter fondare la sua decisione direttamente su tale disposizione, e di dover piuttosto prendere in considerazione i limiti e le condizioni di esercizio di tale diritto come definito dal Trattato FUE e dal regolamento n. 1049/2001.

 Procedimento

26      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 febbraio 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

27      Nel controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 maggio 2014, la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento.

28      Con ordinanza del 1o luglio 2014, il presidente della Quinta Sezione, sentite le parti, ha ordinato, in applicazione dell’articolo 77, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, la sospensione del procedimento nella presente causa in attesa delle decisioni definitive della Corte nelle cause C‑612/13 P, ClientEarth/Commissione, e C‑673/13 P, Commissione/Stichting Greenpeace.

29      Il 5 marzo 2015, la ricorrente ha depositato una domanda di riassunzione del procedimento. Il 20 marzo 2015, la Commissione ha depositato osservazioni in merito a detta domanda. Con decisione dell’8 aprile 2015, il presidente della Quinta Sezione ha respinto tale domanda.

30      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 4 e il 14 aprile 2014, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

31      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, la presente causa è stata nuovamente assegnata alla Quinta Sezione, nella sua nuova composizione, e ad un nuovo giudice relatore.

32      Le decisioni nella cui attesa il procedimento nella presente causa era stato sospeso sono state pronunciate con sentenze del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), e del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe (C‑673/13 P, EU:C:2016:889).

33      Con decisioni del 7 dicembre 2016, il presidente della Quinta Sezione ha ammesso gli interventi del Parlamento e del Consiglio. Questi ultimi hanno depositato le loro memorie di intervento e le parti principali hanno depositato le loro osservazioni relative a tali memorie entro i termini impartiti.

34      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, il Tribunale, con lettere del 3 ottobre 2017, del 3 e del 24 gennaio e del 17 maggio 2018, ha sottoposto taluni quesiti scritti alla Commissione e alla ricorrente, ai quali esse hanno risposto nei termini impartiti.

35      Nell’ambito delle misure istruttorie previste all’articolo 91, lettera c), del regolamento di procedura, il Tribunale ha ordinato alla Commissione di produrre una copia integrale dei 29 messaggi di posta elettronica, scambiati fra la medesima e talune persone giuridiche, da essa identificati nella decisione impugnata come relativi al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. La Commissione ha ottemperato a tale ordinanza nel termine impartito.

36      Con lettera dell’8 giugno 2018, la ricorrente, alla luce della risposta data il 28 maggio 2018 dalla Commissione ad un quesito scritto del Tribunale, ha chiesto che quest’ultimo adottasse una nuova misura di organizzazione del procedimento al fine di sottoporre due quesiti alla Commissione.

37      In forza dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in assenza di una domanda di fissazione dell’udienza di discussione presentata dalle parti principali entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale. Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso, in assenza di siffatta domanda, di statuire senza la fase orale del procedimento.

 Conclusioni delle parti

38      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

39      La Commissione, sostenuta dal Parlamento e dal Consiglio, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

40      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente solleva quattro motivi. Il primo è relativo alla violazione del diritto di accesso al fascicolo previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta. Il secondo verte sulla violazione della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»), e del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus (GU 2006, L 264, pag. 13). Il terzo motivo è relativo alla violazione dell’articolo 42 della Carta, dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento n. 1367/2006. Infine, il quarto motivo concerne la violazione dell’obbligo di motivazione.

41      La Commissione contesta la totalità di tali motivi. Il Consiglio e il Parlamento non hanno presentato argomenti in relazione alla linea argomentativa della ricorrente, elaborata nel secondo motivo, relativa alla violazione della convenzione di Aarhus.

 Sul primo motivo, concernente la violazione del diritto di accesso al fascicolo previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta

42      Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il suo diritto fondamentale di accesso al fascicolo garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

43      A tal riguardo, la ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto emerge dalla decisione impugnata, il diritto di accesso al fascicolo non è definito, modificato o ridotto dalle disposizioni del diritto primario o derivato dell’Unione. Il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, previsto dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, sarebbe, al contrario, indipendente dal diritto di accesso ai documenti delle istituzioni previsto dall’articolo 42 della Carta. Mentre quest’ultimo diritto sarebbe un diritto riconosciuto a ogni cittadino dell’Unione, il diritto di accesso al fascicolo sarebbe un diritto riconosciuto ad una parte in un procedimento specifico. Nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe travisato tale differenza fondamentale. Il regolamento n. 1049/2001 riguarderebbe unicamente il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni di cui beneficerebbero tutti i cittadini dell’Unione, e non il diritto fondamentale di accedere al fascicolo. Quest’ultimo diritto godrebbe di una tutela ben più elevata rispetto al diritto di accesso ai documenti.

44      Inoltre, la ricorrente ricorda che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta sancisce «il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale». Orbene, essa ritiene che i documenti relativi al procedimento avviato dalla Repubblica francese ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro la riguardino direttamente e individualmente.

45      Inoltre, la ricorrente sottolinea che, se, effettivamente, il diritto di accesso al fascicolo è limitato dalla garanzia degli interessi legittimi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale, la questione se l’accesso al fascicolo debba essere accordato o rifiutato a causa della protezione di tali interessi legittimi deve essere valutata caso per caso. Orbene, la Commissione avrebbe escluso dall’accesso al fascicolo, in blocco e senza alcuna precisazione, tutti i documenti che erano, a suo avviso, riservati, il che sarebbe contrario alla giurisprudenza della Corte.

46      Nella replica, la ricorrente sottolinea che la sua domanda iniziale di accesso e la sua domanda confermativa erano fondate sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta e che, nella decisione impugnata, la Commissione ha esaminato tale disposizione e ha concluso per il rigetto della domanda di accesso al fascicolo. Secondo la ricorrente, il diritto di accesso al fascicolo fondato sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta era pertanto certamente oggetto della decisione impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione.

47      Inoltre, la ricorrente fa valere che la giurisprudenza pronunciata in cause in materia di intese, invocata dalla Commissione e secondo la quale il rifiuto di accesso al fascicolo non è un atto impugnabile, non è rilevante. Tale giurisprudenza, infatti, sarebbe fondata in maniera determinante sul fatto che il diritto di accesso al fascicolo è pienamente riconosciuto come garanzia procedurale in tale tipo di cause, e che la sua esecuzione è disciplinata in maniera dettagliata da un regolamento. Inoltre, in risposta ad un quesito sottoposto dal Tribunale, la ricorrente ha sottolineato che non era dimostrato che l’illegittimità inficiante il rifiuto di accesso al fascicolo poteva essere invocata a sostegno di un ricorso diretto avverso una decisione definitiva. L’articolo 29 della direttiva quadro non prevedrebbe, infatti, la possibilità, per il costruttore, di proporre un ricorso avverso una decisione definitiva. La ricorrente ha parimenti sottolineato che la Commissione non può opporle il fatto che essa aveva presentato le sue osservazioni nel breve termine impartito senza avere esercitato il suo diritto di accesso al fascicolo, poiché tale accesso al fascicolo non le era stato proposto prima. Sarebbe evidente che la ricorrente sarebbe stata legittimata ad integrare le sue osservazioni dopo aver acceduto al fascicolo.

48      Inoltre, la ricorrente ha parimenti sottolineato che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta conferiva un’importanza determinante alla qualità di «persona interessata» da un procedimento, e che tale persona poteva esercitare in maniera effettiva il proprio diritto di essere sentito in merito alla causa solo a condizione di avere piena conoscenza del fascicolo. Pertanto, il diritto di formulare osservazioni, il quale riconoscerebbe la qualità di persona interessata a colui che formula osservazioni, implicherebbe, come regola generale. anche il diritto di accesso al fascicolo. L’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro sottolineerebbe la posizione procedurale particolare del costruttore interessato da un diniego di immatricolazione, nella misura in cui tale disposizione prevedrebbe che lo Stato membro che adotti tale decisione ne informi immediatamente gli altri Stati membri, la Commissione e il costruttore interessato. L’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro conferirebbe pertanto uno status di parte interessata dal procedimento al costruttore, con la conseguenza che la Commissione dovrebbe consultarlo, in conformità all’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro.

49      Infine, la ricorrente sostiene che è manifesto che il suo accesso al fascicolo possa incidere sul procedimento che la riguarda. In quanto costruttore interessato dal procedimento avviato dalla Repubblica francese ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, la ricorrente potrebbe fornire indicazioni estremamente precise sugli aspetti tecnici in gioco e dare informazioni rilevanti per la futura decisione.

50      La Commissione riconosce che il diritto di accesso al fascicolo previsto dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta è distinto dal diritto di accesso ai documenti garantito dall’articolo 42 della Carta, dall’articolo 15, paragrafo 2, TFUE e dal regolamento n. 1049/2001. Essa sostiene che, di conseguenza, la ricorrente non può chiedere l’annullamento di una decisione adottata dalla Commissione sulla base dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, adducendo che essa viola il suo diritto di accesso al fascicolo.La Commissione aggiunge che essa non ha esaminato la domanda di accesso al fascicolo della ricorrente, in quanto ciò non è oggetto di un procedimento avviato ai sensi del regolamento n. 1049/2001. Nella decisione impugnata, essa si sarebbe limitata a statuire sul diritto di accesso ai documenti della ricorrente in forza del regolamento n. 1049/2001. Le considerazioni, contenute nella decisione impugnata, concernenti l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, non indicherebbero affatto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che essa ha emesso una decisione sulla domanda di accesso al fascicolo. Al contrario, essa avrebbe esplicitamente dichiarato, nella decisione impugnata, di avere esaminato la domanda esclusivamente sulla base del regolamento n. 1049/2001. La ricorrente non potrebbe dunque escludere o eludere le condizioni di tale diritto di accesso, disciplinate dal diritto derivato, invocando un diritto di accesso al fascicolo ad essa spettante in quanto parte in un procedimento amministrativo svolto dalla Commissione.

51      Inoltre, la Commissione ricorda che il diritto di accesso al fascicolo riguardava il coinvolgimento della ricorrente in un procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro e che, per quanto riguarda tale procedimento, il diniego di accordare l’accesso al fascicolo non equivaleva ad una decisione definitiva della Commissione adottata al termine di tale procedimento, cosicché, in forza della giurisprudenza, tale diniego non costituiva ancora un atto giuridico impugnabile. Le censure relative alla legittimità di una misura intermedia – come una decisione su una domanda di accesso al fascicolo – potrebbero essere sollevate soltanto in via incidentale, nell’ambito del ricorso avverso la decisione che mette fine al procedimento. La ricorrente non avrebbe inoltre dimostrato che un ricorso avverso una decisione definitiva non le garantirebbe una tutela giuridica sufficiente.

52      In risposta ai quesiti posti dal Tribunale, la Commissione ha sottolineato che l’articolo 29 della direttiva quadro non disponeva che il costruttore beneficiasse di un diritto di accesso al fascicolo e che un siffatto diritto dei costruttori interessati avrebbe potuto tutt’al più essere ricavato dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta. Secondo la Commissione, un diritto procedurale che consente all’interessato di assicurare in maniera corretta la sua difesa spetta unicamente alle parti nel procedimento. Orbene, i costruttori non sarebbero parti nel procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. Dalla circostanza che la Commissione sente gli operatori economici interessati per istruire tutti i fatti rilevanti non discenderebbe infatti che questi ultimi occupino nel procedimento una posizione che conferirebbe loro diritti particolari.

53      La Commissione aggiunge che il diritto di accesso al fascicolo non viene accordato incondizionatamente alle parti di un procedimento, dal momento che queste ultime possono vedersi negare l’accesso al fascicolo qualora vi ostino interessi prevalenti attinenti alla riservatezza. I limiti del diritto di accesso al fascicolo previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta corrisponderebbero alle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 relative alla protezione delle indagini. Pertanto, secondo la Commissione, il diritto di accesso al fascicolo, se fosse stato oggetto della decisione impugnata, avrebbe potuto anche essere limitato in maniera proporzionata per ragioni comparabili a quelle relative al diritto di accesso previsto da tale decisione.

54      Infine, la Commissione rileva che, in forza della giurisprudenza, la ricorrente, al fine di provare una violazione del diritto di accesso al fascicolo, deve dimostrare che il diniego di accesso ha potuto incidere sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione. Orbene, la ricorrente non lo avrebbe fatto. Inoltre, una siffatta incidenza sarebbe esclusa per ragioni cronologiche, poiché la ricorrente avrebbe presentato le sue osservazioni, nel procedimento avviato sulla base dell’articolo 29 della direttiva quadro, il 19 agosto 2013, vale a dire prima della presentazione della sua domanda di accesso ai documenti tramite lettera recante la medesima data.

55      Occorre stabilire, anzitutto, se, nella decisione impugnata, la Commissione, come da essa sostenuto, si sia pronunciata unicamente sulla domanda di accesso ai documenti fondata sul regolamento n. 1049/2001, oppure se essa si sia parimenti pronunciata sulla domanda di accesso al fascicolo fondata sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

56      Nella lettera del 19 agosto 2013, indirizzata alla Commissione, nella quale la ricorrente si è espressa in merito al rifiuto della Repubblica francese di immatricolare taluni veicoli della marca Mercedes, la ricorrente ha fondato la sua domanda di accesso a tutti i documenti relativi al procedimento avviato dalla Repubblica francese ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro soltanto sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

57      Inoltre, a seguito del messaggio di posta elettronica della Commissione indirizzato alla ricorrente, secondo il quale essa riteneva che la domanda di accesso contenuta nella lettera del 19 agosto 2013 fosse una domanda di accesso ai documenti fondata sul regolamento n. 1049/2001, la ricorrente, tramite messaggio di posta elettronica del 20 settembre 2013, ha sottolineato che la sua domanda di accesso era fondata sul suo diritto di accesso al fascicolo previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

58      Infine, nella sua domanda confermativa di accesso del 30 ottobre 2013, la ricorrente ha invocato non solo il diritto di accesso ai documenti previsto all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, bensì anche il diritto di accesso al fascicolo, previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

59      Pertanto, le domande iniziali di accesso ai documenti, formulate rispettivamente nella lettera del 19 agosto 2013 e nel messaggio di posta elettronica del 20 settembre 2013, erano fondate unicamente sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, e la domanda confermativa di accesso era fondata sia sul diritto di accesso ai documenti previsto all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 sia sul diritto di accesso al fascicolo, previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

60      Inoltre, è vero che la decisione impugnata è intitolata «Decisione del Segretario generale adottata in virtù dell’articolo 4 delle disposizioni concernenti l’attuazione del regolamento (…) n. 1049/2001» e ha ad oggetto «la vostra domanda confermativa di accesso ai documenti formata ai sensi del regolamento (…) n. 1049/2001 – GESTDEM 2013/4643» e che, al titolo «Valutazione e conclusioni sulla base del regolamento n. 1049/2001» della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che, «[q]uando valuta una domanda di divulgazione di documenti in forza del regolamento (…) n. 1049/2001, la Commissione non può pronunciarsi sulle eventuali violazioni di un diritto di accesso privilegiato fondato su altri atti legislativi (come la direttiva [quadro] e la direttiva [sugli impianti di condizionamento d’aria], nella misura in cui esse prevedono un siffatto diritto di accesso ai documenti)», e che «tale censura non è pertanto oggetto della presente decisione».

61      Tuttavia, la decisione impugnata contiene non solo un titolo rubricato «Valutazione e conclusioni sulla base del regolamento n. 1049/2001», bensì anche un titolo rubricato «Riferimenti alla [Carta]». Orbene, a tale titolo, la decisione impugnata così recita:

«Nella vostra domanda confermativa, richiamate inoltre la [Carta] e più specificamente il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda previsto all’articolo 41, paragrafo 2, e chiedete che la vostra domanda venga parimenti esaminata alla luce di tali disposizioni.

Il regolamento n. 1049/2001 è effettivamente conforme alla [Carta], ma è stato adottato sul [fondamento] dell’articolo 15, paragrafo 3, [TFUE] da esso trasposto.

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 2, della [Carta], i diritti riconosciuti dalla presente Carta per i quali i trattati prevedono disposizioni (…) si esercitano alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti.

Occorre pertanto esercitare il diritto di accesso previsto dalla [Carta] alle condizioni e nei limiti definiti dall’articolo 15, paragrafo 3, TFUE e dal regolamento n. 1049/2001.

È per questo motivo che la Commissione non può fondare la sua decisione sulla vostra domanda di accesso direttamente sul diritto di accesso sancito nella [Carta]. Al contrario, essa deve osservare le condizioni e i limiti definiti dal [trattato FUE] e dal regolamento n. 1049/2001».

62      Si evince pertanto da tale passaggio della decisione impugnata che la Commissione ha esaminato la domanda di accesso al fascicolo fondata sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta e che essa l’ha respinta, in sostanza, in quanto il diritto di accesso al fascicolo era parimenti limitato dalle eccezioni previste dal regolamento n. 1049/2001.

63      Inoltre, occorre rilevare che, nel controricorso, pur se la Commissione sostiene, nella sua argomentazione relativa al primo motivo, di non essersi pronunciata sulla domanda di accesso al fascicolo della ricorrente fondata sull’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, nella sua argomentazione relativa al quarto motivo, concernente la violazione dell’obbligo di motivazione, la Commissione afferma che, nella decisione impugnata, essa «si è certamente pronunciata sul diritto di accesso al fascicolo» e che «[e]ssa ha stabilito che occorreva, in definitiva, negare il diritto di accesso al fascicolo per la stessa ragione valida per l’accesso globale ai documenti ai sensi del regolamento (…) n. 1049/2001».

64      Inoltre, l’argomento della Commissione, secondo il quale una domanda di accesso al fascicolo non costituisce, in linea di principio, l’oggetto di un procedimento fondato sul regolamento n. 1049/2001, e quello, secondo il quale essa non era tenuta a pronunciarsi su tale domanda nella decisione impugnata, non rimettono in discussione il fatto che la Commissione si sia pronunciata su tale domanda in siffatta decisione.

65      Pertanto, si deve ritenere che la decisione impugnata contenga un rifiuto di accesso al fascicolo richiesto dalla ricorrente sulla base dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta.

66      Occorre dunque stabilire se la Commissione sostenga correttamente che un siffatto rifiuto di accesso non è un atto impugnabile.

67      Secondo una giurisprudenza costante, in presenza di atti o decisioni elaborati in più fasi, costituiscono in linea di principio atti che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento solo i provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione interessata al termine di tale procedimento, mentre le misure preliminari o di natura meramente preparatoria non possono formare oggetto di un ricorso di annullamento (v. ordinanza del 15 febbraio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑208/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:76, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

68      Risulta dalla giurisprudenza in materia di concorrenza che, anche se possono costituire una violazione dei diritti della difesa, gli atti con i quali la Commissione nega l’accesso al fascicolo producono, in linea di massima, solo effetti limitati, specifici di un atto preparatorio che s’inserisce nell’ambito di un procedimento amministrativo previo. Orbene, solo degli atti che incidono immediatamente e in modo irreversibile sulla situazione giuridica delle imprese interessate potrebbero legittimare, prima che si sia concluso il procedimento amministrativo, la proposizione di un ricorso d’annullamento (sentenza del 18 dicembre 1992, Cimenteries CBR e a./Commissione, da T‑10/92 a T‑12/92 e T‑15/92, EU:T:1992:123, punto 42; ordinanze del 5 dicembre 2001, Reisebank/Commissione, T‑216/01 R, EU:T:2001:277, punto 46, e del 27 gennaio 2009, Intel/Commissione, T‑457/08 R, non pubblicata, EU:T:2009:18, punto 53).

69      Il fatto, invocato dalla ricorrente, che, in materia di concorrenza, il diritto di accesso al fascicolo sia previsto da un regolamento, non giustifica che il Tribunale adotti un approccio diverso nella specie. Le decisioni menzionate al punto 68 supra erano fondate, in sostanza, sulla circostanza che, fino all’adozione della decisione della Commissione al termine di un procedimento amministrativo, il rifiuto di accesso al fascicolo era, in linea di principio, reversibile, e che l’eventuale illegittimità inficiante il rifiuto di accesso potrebbe essere invocata a sostegno di un ricorso diretto avverso la decisione adottata al termine del procedimento amministrativo.

70      Nella specie, risulta dall’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro che gli Stati membri comunicano alla Commissione il rifiuto di immatricolare veicoli oppure di autorizzare la vendita o la messa in circolazione sul proprio territorio di veicoli, componenti o entità tecniche, nonché i motivi di tale rifiuto. Inoltre, l’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro prevede che la Commissione consulti le parti interessate, al fine di preparare la decisione.

71      Tale decisione preciserà la posizione giuridica della Commissione sulla compatibilità del rifiuto di immatricolazione notificato dallo Stato membro con, in particolare, la libera circolazione delle merci nel mercato interno.

72      La ricorrente non spiega perché essa non potrebbe contestare l’eventuale illegittimità inficiante il rifiuto di accesso al fascicolo in occasione di un ricorso avverso la decisione prevista all’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro che verrà adottata dalla Commissione.

73      Occorre peraltro rilevare che l’articolo 11 della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (GU 2006, L 157, pag. 24), prevede una clausola di salvaguardia che consente agli Stati membri di ritirare dal mercato determinate macchine, provviste della marcatura «CE», che rischiano di compromettere la salute o la sicurezza delle persone. Tale clausola di salvaguardia è simile a quella prevista all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro. Orbene, nella sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione (T‑337/13, EU:T:2015:502, punti da 16 a 35), il Tribunale ha reputato ricevibile un ricorso di annullamento proposto dal fabbricante di una macchina avverso una decisione con cui la Commissione aveva dichiarato giustificate le misure adottate dalle autorità danesi, fondate sulla clausola di salvaguardia prevista all’articolo 11 della direttiva 2006/42, relativamente alle condizioni in cui tale macchina veniva immessa sul mercato danese.

74      Ne consegue che il rifiuto di accesso al fascicolo contenuto nella decisione impugnata non può produrre effetti giuridici idonei ad incidere fin d’ora, e prima dell’eventuale intervento di una decisione definitiva della Commissione, sugli interessi della ricorrente.

75      Pertanto, il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione della convenzione di Aarhus e del regolamento n. 1367/2006

76      La ricorrente sostiene che i documenti richiesti contengono informazioni ambientali e dunque che, rifiutandosi di comunicarle tali documenti, la Commissione ha violato il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni fondato sulla convenzione di Aarhus e sul regolamento n. 1367/2006.

77      Tale motivo si articola in due parti.La prima parte verte, in sostanza, sull’incompatibilità dell’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 con l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus. La seconda parte è relativa ad una violazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della convenzione di Aarhus e dell’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006.

 Sulla prima parte, relativa all’incompatibilità dell’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 con l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus

78      La ricorrente sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006, nella parte in cui prevede una deroga all’accesso alle informazioni ambientali che non è prevista all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus, ossia quella relativa alle indagini, è incompatibile con quest’ultimo articolo. Secondo la ricorrente, è vero che l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus prevede che una domanda di accesso ad informazioni ambientali possa essere respinta per proteggere l’obiettivo di indagini di carattere penale o disciplinare. Tuttavia, tale articolo non prevedrebbe la possibilità di respingere una siffatta domanda per proteggere l’obiettivo di indagini amministrative, come un’indagine avviata dalla Commissione in forza del procedimento previsto dall’articolo 29 della direttiva quadro o un’indagine preliminare ad un eventuale ricorso per inadempimento.

79      Inoltre, secondo la ricorrente, se, effettivamente, le parti contraenti della convenzione di Aarhus, delle quali fa parte l’Unione, dispongono di un certo margine di discrezionalità per trasporre le disposizioni di quest’ultima, tale margine di discrezionalità non consentirebbe alla Commissione di introdurre nuove cause di rifiuto all’accesso alle informazioni ambientali non previste dalla convenzione di Aarhus. Essa sostiene, infine, che l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus è sufficientemente preciso da poter essere applicato direttamente.

80      Inoltre, la ricorrente contesta l’argomento della Commissione, secondo il quale la legittimità dell’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 non può essere valutata alla luce della convenzione di Aarhus. Essa sostiene che l’Unione, adottando il regolamento n. 1367/2006 e, in particolare, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, ha inteso trasporre gli obblighi risultanti dalla convenzione di Aarhus. Pertanto, in forza dei principi elaborati dalla Corte nelle sentenze del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254), e del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186), la legittimità, l’interpretazione e l’applicazione del regolamento n. 1367/2006 e, in particolare, del suo articolo 6, potrebbero essere valutate alla luce della convenzione di Aarhus. La sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), non osterebbe peraltro ad un controllo dell’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006, alla luce della convenzione di Aarhus.

81      La Commissione replica, in via preliminare, che poiché la ricorrente non ha fatto valere, né nella sua prima domanda di accesso ai documenti né nella sua domanda confermativa, un diritto di accesso alle informazioni ambientali in forza della convenzione di Aarhus, essa non avrebbe approvato o negato, nella decisione impugnata, l’esistenza di un siffatto diritto, il quale, pertanto, non potrebbe formare l’oggetto del presente ricorso.

82      La Commissione fa parimenti valere che la convenzione di Aarhus non è applicabile nella specie, in quanto i documenti richiesti non contengono informazioni sull’ambiente ai sensi di tale convenzione. Inoltre, la Commissione sostiene che non è possibile esaminare la validità dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 alla luce dell’articolo 4, paragrafo 4, di detta convenzione, dal momento che quest’ultimo articolo è privo di efficacia diretta. Essa fa poi valere che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 è compatibile con la convenzione di Aarhus e che – ammesso che così non sia – poiché il regolamento n. 1049/2001 non è stato adottato al fine di trasporre la convenzione di Aarhus, non sarebbe possibile concludere per l’inapplicabilità delle eccezioni all’accesso ai documenti previste da tale regolamento.

83      Il Consiglio e il Parlamento fanno valere, in sostanza, che risulta dalla sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486), che la ricorrente non può invocare l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus.

84      Occorre rilevare che la presente parte verte sulla questione se l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006, nella parte in cui prevede un’eccezione per le «indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa comunitaria», sia compatibile con l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus.

85      L’articolo 6 del regolamento n. 1367/2006 aggiunge al regolamento n. 1049/2001 norme specifiche relative alle richieste di accesso a informazioni ambientali. L’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 prevede che, per quanto attiene alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, eccezion fatta per le indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa dell’Unione, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente.

86      Ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, gli accordi internazionali conclusi dall’Unione vincolano le istituzioni della stessa e, conseguentemente, prevalgono sugli atti da esse emanati (v. sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

87      Ne consegue che la validità di un atto dell’Unione può essere inficiata dalla sua incompatibilità con tali norme di diritto internazionale (v. sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

88      Emerge tuttavia da una giurisprudenza costante della Corte che il giudice dell’Unione può procedere all’esame dell’asserita incompatibilità di un atto dell’Unione con le norme di un accordo internazionale di cui l’Unione è parte solo ove, da un lato, ciò non sia escluso né dalla natura né dalla struttura di esso e, dall’altro, le sue disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (v. sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 35 e la giurisprudenza citata).

89      A tal riguardo, occorre rilevare che discende dalla sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punti da 40 a 43), che l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Arhus non è, dal punto di vista del suo contenuto, incondizionato e sufficientemente preciso affinché il giudice dell’Unione possa procedere all’esame della compatibilità di un atto dell’Unione con tale articolo, in applicazione della giurisprudenza menzionata al punto 88 supra.

90      È pur vero, come rilevato dalla ricorrente, che la Corte ha parimenti statuito che, nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto degli accordi conclusi nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) oppure qualora l’atto di diritto dell’Unione in questione faccia espresso rinvio a precise disposizioni di tali accordi, spetta alla Corte, se del caso, controllare la legittimità dell’atto dell’Unione in parola alla luce delle norme dell’OMC (v. sentenza del 18 dicembre 2014, LVP, C‑306/13, EU:C:2014:2465, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata; v. parimenti, in tal senso, sentenze del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione, 70/87, EU:C:1989:254, punti da 19 a 22, e del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti da 29 a 32).

91      Tuttavia, la Corte ha precisato che tali due eccezioni trovavano giustificazione unicamente nelle particolarità degli accordi che avevano dato luogo alla loro applicazione (sentenza del 13 gennaio 2015, Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punti da 57 a 59).

92      Nella specie, l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 non effettua un rinvio diretto a specifiche disposizioni della convenzione di Aarhus né conferisce ai singoli il diritto di far valere le disposizioni di tale convenzione. Di conseguenza, in assenza di un siffatto rinvio esplicito a disposizioni di un accordo internazionale, la sentenza del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254), non può essere considerata rilevante nella specie (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 37).

93      Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Arhus non prevede un obbligo particolare ai sensi della sentenza del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186), atteso che le parti contraenti di tale convenzione dispongono di un potere discrezionale quanto all’interpretazione della nozione di «indagini di carattere penale o disciplinare» di cui all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Arhus e dunque quanto all’attuazione dell’obbligo che deriverebbe da tale articolo (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 42).

94      Risulta dalle considerazioni che precedono che la ricorrente non può far valere l’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), della convenzione di Aarhus al fine di contestare la legittimità dell’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006.

95      Pertanto, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta.

 Sulla seconda parte, relativa ad una violazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della convenzione di Aarhus e dell’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006

96      La ricorrente sostiene che, secondo l’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006, l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretata restrittivamente, e che il fatto che le informazioni richieste fossero relative ad emissioni nell’ambiente deve essere preso in considerazione in maniera particolare. Essa aggiunge che l’interpretazione restrittiva dell’eccezione relativa ai procedimenti di indagine che verrebbe imposta dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della convenzione di Aarhus e dall’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006, esige che ciascun documento rilevante in materia di emissioni sia oggetto di un esame individuale al fine di accertare se l’interesse pubblico connesso alla sua divulgazione prevalga sull’interesse alla riservatezza dell’indagine.

97      La Commissione replica che i documenti oggetto della domanda di accesso della ricorrente non contengono informazioni relative ad emissioni nell’ambiente ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006. Essa fa parimenti valere che, anche se così fosse stato, ciò non toglierebbe che l’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006 non sarebbe applicabile.

98      Occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della convenzione di Aarhus prevede che i motivi di diniego di una richiesta di informazioni ambientali debbano essere interpretati in modo restrittivo.

99      Il giudice dell’Unione ha ritenuto che l’obbligo di interpretare restrittivamente i motivi di diniego di accesso previsto all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della convenzione di Aarhus non possa essere inteso come fonte di un obbligo preciso (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 42). La ricorrente non può pertanto far valere direttamente tale disposizione.

100    L’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006 dispone che, «[c]irca le altre eccezioni di cui all’articolo 4 del [regolamento n. 1049/2001], i motivi del rifiuto di accesso vanno interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione e del fatto che le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente».

101    Orbene, si evince dalla lettera e dall’economia dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento 1367/2006 che le «altre eccezioni», ai sensi della seconda frase di tale paragrafo non comprendono la protezione dell’obiettivo delle «indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa [dell’Unione]».

102    Infatti, l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006 stabilisce una regola relativa alle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. L’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006 non menziona semplicemente le «altre eccezioni», bensì le «altre eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento [n. 1049/2001]». Tale disposizione si riferisce, pertanto, alle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi 1, 2, secondo trattino, 3 e 5, del regolamento n. 1049/2001. L’attività di indagine, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, a cui si riferisce l’articolo 6, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1367/2006, non è compresa nella nozione di «altre eccezioni» di cui alla seconda frase di tale disposizione (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 83).

103    Pertanto, l’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006 non incide sull’analisi che la Commissione deve effettuare in forza del regolamento n. 1049/2001 qualora una domanda di accesso abbia ad oggetto documenti relativi a un procedimento di indagine.

104    In ogni caso, occorre rilevare che certamente l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, in quanto regola speciale rispetto alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, contiene precisazioni circa l’interpretazione restrittiva delle eccezioni previste in dette disposizioni nonché la ponderazione degli interessi divergenti, il che può dare luogo ad un accesso alle informazioni ambientali più ampio dell’accesso ad altre informazioni contenute in documenti detenuti dalle istituzioni. Tuttavia, tale constatazione non ha incidenza sulla questione se l’istituzione interessata debba o no effettuare un esame concreto e specifico dei documenti o delle informazioni richiesti (sentenza del 9 settembre 2011, LPN/Commissione, T‑29/08, EU:T:2011:448, punto 117).

105    La ricorrente sostiene dunque erroneamente che, alla luce della natura dei documenti richiesti, la Commissione avrebbe dovuto procedere ad un’analisi specifica di ciascun documento.

106    La seconda parte del secondo motivo deve dunque essere respinta.

107    Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato, senza che sia necessario pronunciarsi sull’argomento della Commissione, secondo il quale i documenti dei quali la ricorrente chiede l’accesso non sono relativi ad emissioni nell’ambiente oppure su quello secondo il quale, poiché la ricorrente non ha invocato il diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale in forza della convenzione di Aarhus nella sua richiesta di accesso ai documenti, un siffatto diritto non può formare l’oggetto del presente ricorso.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 42 della Carta, dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento n. 1367/2006

108    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, e dell’articolo 42 della Carta, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, secondo i principi e alle condizioni da definire in conformità all’articolo 15, paragrafo 3, TFUE. In particolare, in forza del secondo comma di quest’ultima disposizione, detti principi e condizioni sono stabiliti mediante regolamenti dal Parlamento e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria.

109    Su tale fondamento, il regolamento n. 1049/2001 mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione che sia il più ampio possibile; tale diritto è al contempo assoggettato, come si evince segnatamente dal regime di eccezioni previsto dal suo articolo 4, a determinati limiti per motivi di interesse pubblico o privato (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 51, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 61).

110    In particolare, risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, invocato dalla Commissione per rifiutare la comunicazione dei documenti richiesti dalla ricorrente, che le istituzioni rifiutano l’accesso ad un documento la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente a siffatta divulgazione.

111    Secondo la giurisprudenza, il regime di eccezioni previsto all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e segnatamente al paragrafo 2 del medesimo, è fondato su una ponderazione dei diversi interessi in gioco, vale a dire gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione del documento o dei documenti richiesti e quelli che sarebbero minacciati da tale divulgazione (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 42, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 63).

112    Le eccezioni previste da tale articolo, in quanto deroganti al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti delle istituzioni dell’Unione, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente (sentenze del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 30, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 48).

113    Di conseguenza, per giustificare il diniego di accesso a un documento di cui sia stata chiesta la divulgazione non basta, in linea di principio, che tale documento rientri in un’attività menzionata all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. L’istituzione destinataria della domanda deve anche spiegare, in linea di principio, come l’accesso a detto documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione o dalle eccezioni da essa invocate (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 49, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 64). Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 43, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 31).

114    Tuttavia, l’istituzione interessata può fondarsi su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, poiché considerazioni analoghe possono applicarsi a domande riguardanti documenti della stessa natura (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 54, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 65).

115    Così, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali di diniego di accesso a documenti per quanto riguarda i documenti del fascicolo amministrativo attinenti a un procedimento di controllo degli aiuti di Stato (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 61), i documenti scambiati tra la Commissione e le parti notificanti o i terzi nell’ambito di un procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 123, e del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 64), le memorie depositate da un’istituzione nell’ambito di un procedimento giurisdizionale (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 94), i documenti afferenti a un procedimento per inadempimento nella sua fase precontenziosa (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 65), i documenti contenuti in un fascicolo relativo a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 93), nonché i documenti relativi a un procedimento cosiddetto «EU Pilot» (sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356, punto 51).

116    Il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali per quanto riguarda le offerte degli offerenti in una procedura di appalto pubblico in caso di domanda di accesso formulata da un altro offerente (sentenza del 29 gennaio 2013, Cosepuri/EFSA, T‑339/10 e T‑532/10, EU:T:2013:38, punto 101), i documenti trasmessi a norma dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003 L 1, pag. 1), dalle autorità nazionali garanti della concorrenza alla Commissione (sentenza del 12 maggio 2015, Unión de Almacenistas de Hierros de España/Commissione, T‑623/13, EU:T:2015:268, punto 64), i quesiti a scelta multipla posti in occasione di un concorso generale organizzato dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) (sentenza del 12 novembre 2015, Alexandrou/Commissione, T‑515/14 P e T‑516/14 P, EU:T:2015:844, punto 94), i documenti relativi ad un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (sentenza del 26 maggio 2016, International Management Group/Commissione, T‑110/15, EU:T:2016:322, punto 44), nonché i documenti relativi ad una procedura per abuso di posizione dominante che è stata archiviata (sentenza del 28 marzo 2017, Deutsche Telekom/Commissione, T‑210/15, EU:T:2017:224).

117    Occorre parimenti ricordare che, qualora una domanda di accesso riguardi non un solo documento, bensì un insieme di documenti, il riconoscimento di una presunzione generale secondo cui la divulgazione dei documenti di una determinata natura arrecherebbe, in linea di principio, pregiudizio alla tutela di uno degli interessi elencati all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 permette all’istituzione interessata di trattare una domanda complessiva e di rispondere alla stessa in modo corrispondente (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 68 e la giurisprudenza ivi citata).

118    Occorre infine ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’attività amministrativa della Commissione non richiede la stessa ampiezza dell’accesso ai documenti rispetto all’attività legislativa di un’istituzione dell’Unione (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 87; v. parimenti, in tal senso, sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 60, e del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 77).

119    Il motivo in esame è diviso, sostanzialmente, in due parti. La prima parte è relativa al fatto che la Commissione non poteva far valere l’eccezione concernente la protezione delle attività d’indagine prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e ad una presunzione generale di non divulgazione. La seconda parte è relativa al fatto che la Commissione ha ritenuto erroneamente che non esistesse un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti.

120    Per quanto riguarda la prima parte, relativa al fatto che la Commissione non poteva far valere l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e ad una presunzione generale di non divulgazione, in primo luogo, la ricorrente sostiene che la divulgazione dei documenti richiesti non violi alcuna «indagine», in quanto la controversia verte esclusivamente sul valore giuridico da dare ad eventi effettivamente accertati e terminati, vale a dire sulla questione se il ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia francese fosse legittimato a sospendere l’immatricolazione dei veicoli a motore interessati a causa di un asserito pericolo per l’ambiente.

121    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non poteva fondarsi su una presunzione generale di non divulgazione per respingere la sua domanda di accesso ai documenti relativi al procedimento avviato a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro.

122    A tal riguardo, essa fa valere che negare i documenti richiesti adducendo, segnatamente, che il buon esito dell’indagine dipende da uno scambio di informazioni che si svolga in un clima di discrezione e di fiducia reciproca e che una divulgazione di tali documenti assoggetterebbe il procedimento all’influenza di terzi, equivale a creare un ambito di eccezione per la durata dell’indagine, il quale non esiste nel regolamento n. 1049/2001.

123    La ricorrente aggiunge di non comprendere perché, secondo la Commissione, l’obiettivo dell’indagine avviata a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro sarebbe privato della sua sostanza in caso di divulgazione dei documenti richiesti. Al contrario, il fatto che il costruttore di cui trattasi possa avere accesso ai documenti concernenti il procedimento avviato ai sensi di detto articolo contribuirebbe, secondo la ricorrente, all’obiettivo di tale procedimento, consistente nell’attuare la politica comune di circolazione nel settore della sicurezza stradale. Lo stesso varrebbe se il pubblico vi avesse accesso, nella misura in cui, secondo la Repubblica francese, la quale ha negato l’immatricolazione dei veicoli della ricorrente, venivano pregiudicati gli interessi del pubblico in materia di sicurezza e di ecologia.

124    Inoltre, la ricorrente sostiene che la giurisprudenza relativa ai procedimenti per inadempimento non può essere trasposta al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. A tal riguardo, essa fa valere che le questioni che sorgono nell’ambito di quest’ultimo procedimento sono distinte da quelle che si pongono nell’ambito di un procedimento per inadempimento. Essa sostiene parimenti che l’apertura del procedimento avviato a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro non presuppone l’esistenza di un eventuale procedimento per inadempimento, e che esso non costituisce pertanto la «fase precontenziosa» di un procedimento per inadempimento. Essa aggiunge che il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro è totalmente distinto dal procedimento per inadempimento, poiché esso coinvolge altre persone, persegue altri obiettivi e obbedisce a regole proprie. In particolare, le parti in tale procedimento non sono soltanto la Commissione e lo Stato membro che ha asseritamente violato il diritto dell’Unione, ma anche lo Stato membro che ha adottato la misura di protezione e il costruttore di automobili di cui trattasi, il quale è, nella specie, la ricorrente. Pertanto, secondo quest’ultima, la mera possibilità che il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro sia seguìto da un procedimento per inadempimento non sarebbe sufficiente per rifiutare l’accesso ai documenti richiesti. La Commissione avrebbe inoltre negato l’accesso a tali documenti prima di sapere se le condizioni previste all’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro erano soddisfatte.

125    Infine, la ricorrente sostiene che le condizioni che consentono di applicare una presunzione generale di non divulgazione non sono soddisfatte per quanto attiene ai documenti relativi ad un procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. La ricorrente riconosce che la sua richiesta di accesso riguardava un insieme di documenti, ma rileva tuttavia che essa verteva su documenti di natura estremamente diversa. Inoltre, le condizioni per riconoscere una presunzione generale di non divulgazione non sarebbero soddisfatte nella specie, dal momento che la direttiva quadro non contiene alcuna norma procedurale relativa all’accesso ai documenti.

126    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non poteva fondarsi su una presunzione generale di non divulgazione dei documenti relativi ad un procedimento EU Pilot. Interpellata sulle conseguenze della sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2017:356), sul motivo in esame, la ricorrente ha preso atto del fatto che la Corte aveva confermato che una presunzione di non divulgazione poteva essere fatta valere con riferimento ai documenti relativi ad un procedimento EU Pilot. Essa ha tuttavia ricordato che la sua richiesta di accesso non verteva su documenti relativi ad un procedimento EU Pilot, bensì su documenti relativi ad un procedimento amministrativo distinto, ossia un procedimento avviato a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro, in relazione al quale non esiste una presunzione di riservatezza. La ricorrente ha parimenti sottolineato che i documenti interessati da questi due procedimenti potevano essere in parte identici, ma che essa non riteneva che tutti i documenti del procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro si fossero parimenti trovati nel fascicolo del procedimento EU Pilot 5160/11. Orbene, ciò costituirebbe una condicio sine qua non affinché tali documenti possano rientrare nella presunzione di riservatezza riconosciuta per i documenti relativi ad un procedimento EU Pilot.

127    La Commissione risponde, in primo luogo, che essa poteva fondarsi su una presunzione generale di non divulgazione per quanto concerne i documenti relativi ad un procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. Essa sostiene, a tal riguardo, che esiste uno stretto nesso funzionale fra tale procedimento e il procedimento EU Pilot 5160/11 parallelo, il quale precede un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica federale di Germania. Una delle misure che possono essere adottate dalla Commissione sul fondamento dell’articolo 29, paragrafo 4, della direttiva quadro sarebbe, infatti, l’avvio di un procedimento per inadempimento. Inoltre, la Commissione sostiene che, indipendentemente da tale nesso funzionale, una presunzione generale di non divulgazione possa essere ammessa in un procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro. Dal momento che il procedimento previsto in tale articolo non prevede, per le parti, un diritto di partecipazione diverso dalla consultazione richiesta, e segnatamente alcun diritto di accesso al fascicolo, una siffatta presunzione dovrebbe infatti essere ammessa. Inoltre, secondo la Commissione, la divulgazione dei documenti richiesti arrecherebbe pregiudizio all’obiettivo di tale indagine. Essa ricorda a tal riguardo le considerazioni svolte nella decisione impugnata.

128    La Commissione risponde, in secondo luogo, invocando la sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816, punti 19, 22 e 39), la quale è stata confermata dalla sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2017:356), che essa poteva fondarsi su una presunzione generale di non divulgazione per quanto attiene ai documenti relativi ad un procedimento EU Pilot. Essa fa parimenti valere che un insieme di documenti può essere coperto da una presunzione allorché tali documenti vertono su un unico procedimento, come nella specie.Infine, la Commissione ricorda che un procedimento EU Pilot era già aperto alla data della decisione impugnata e che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, esiste una presunzione di riservatezza anche se, alla data della decisione impugnata, un procedimento per inadempimento non era ancora stato aperto.Interpellata dal Tribunale, la Commissione ha sottolineato che tutti i documenti del procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro erano elementi dell’indagine EU Pilot 5160/11 e che il fatto che tali documenti non fossero stati tutti «versati fisicamente» nel fascicolo del procedimento EU Pilot non contrastava con una siffatta affermazione.

129    Nei limiti in cui la ricorrente sostiene che la divulgazione dei documenti richiesti non arreca pregiudizio ad alcuna «indagine», poiché la controversia verte esclusivamente sul valore giuridico da attribuire ad eventi effettivamente accertati e terminati, occorre esaminare, anzitutto, se il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro possa essere considerato un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

130    Al riguardo, occorre rilevare che la nozione d’indagine che figura all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 è una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata tenendo conto, in particolare, della sua accezione abituale nonché del contesto in cui si inserisce (sentenza del 7 settembre 2017, Francia/Schlyter, C‑331/15 P, EU:C:2017:639, punto 45).

131    La Corte ha dichiarato che, senza che fosse necessario individuare una definizione esaustiva delle «attività di indagine», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si doveva ritenere che costituisse un’attività siffatta una procedura strutturata e formalizzata della Commissione il cui obiettivo è la raccolta e l’analisi d’informazioni affinché tale istituzione possa adottare una posizione nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni previste dal Trattato UE e dal Trattato FUE (sentenza del 7 settembre 2017, Francia/Schlyter, C‑331/15 P, EU:C:2017:639, punto 46).

132    La Corte ha precisato che tale procedura non doveva necessariamente mirare ad accertare o perseguire una violazione o un’irregolarità. La nozione di «indagine» può comprendere altresì l’attività della Commissione volta ad accertare fatti al fine di valutare una data situazione (sentenza del 7 settembre 2017, Francia/Schlyter, C‑331/15 P, EU:C:2017:639, punto 47).

133    Nella specie, occorre rilevare, anzitutto, che l’articolo 29 della direttiva quadro stabilisce, ai suoi paragrafi da 1 a 4, una sequenza procedurale relativa, in primo luogo, alla notifica, da parte dello Stato membro, di una decisione di rifiutare l’immatricolazione di nuovi veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche che presentano un grave rischio per la sicurezza stradale o nuocciono gravemente all’ambiente o alla salute pubblica o di autorizzare la vendita o la messa in circolazione sul proprio territorio di detti veicoli, componenti o entità tecniche; in secondo luogo, alla consultazione, da parte della Commissione, delle parti interessate e, in terzo luogo, all’adozione di una decisione ed eventualmente di opportuni provvedimenti da parte della Commissione. Si deve dunque ritenere che il procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro sia un procedimento strutturato e formalizzato.

134    Inoltre, risulta dall’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro che gli Stati membri comunicano alla Commissione non solo la decisione di rifiutare l’immatricolazione dei veicoli o di autorizzare la vendita o la messa in circolazione sul proprio territorio di veicoli, componenti o entità tecniche, bensì anche i motivi di tale rifiuto e indicano, in particolare, se tale rifiuto è determinato da carenze nei pertinenti atti normativi o dall’errata applicazione delle pertinenti prescrizioni. Inoltre, l’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro prevede che la Commissione consulti le parti interessate, al fine di preparare la decisione. La preparazione di tale decisione comporta evidentemente l’esistenza di una previa analisi delle informazioni a disposizione della Commissione. Si deve dunque ritenere che l’obiettivo del procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro sia la raccolta e l’analisi di informazioni.

135    Infine, secondo l’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro, la Commissione adotta una decisione che specifica la sua posizione giuridica in relazione alla compatibilità del rifiuto di immatricolazione o di autorizzazione notificato dallo Stato membro con, in particolare, la libera circolazione delle merci nel mercato interno. Si deve dunque ritenere che il procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro miri a consentire alla Commissione di adottare una posizione nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni previste dal Trattato UE e dal Trattato FUE.

136    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro sia un’attività di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

137    Di conseguenza, occorre stabilire se la Commissione si sia validamente fondata su una presunzione generale di non divulgazione per negare l’accesso ai documenti relativi al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro.

138    Da un lato, si evince dalla giurisprudenza citata ai punti 115 e 116 supra, che, affinché una presunzione generale sia validamente opposta alla persona richiedente l’accesso a documenti in base al regolamento n. 1049/2001, è necessario che i documenti richiesti facciano parte della stessa categoria di documenti o siano della stessa natura (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

139    Dall’altro, da tale giurisprudenza deriva che l’applicazione delle presunzioni generali è essenzialmente dettata dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento delle procedure in questione e di garantire che non ne vengano compromessi gli obiettivi. Pertanto, il riconoscimento di una presunzione generale può essere basato sull’incompatibilità dell’accesso ai documenti di taluni procedimenti con il corretto svolgimento degli stessi e sul rischio di un pregiudizio ai medesimi, posto che le presunzioni generali consentono di preservare l’integrità dello svolgimento del procedimento limitando l’ingerenza dei terzi (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑306/12, EU:T:2014:816, punti 57 e 58, e conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nelle cause riunite LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafi 66, 68, 74 e 76).

140    L’applicazione di norme ad hoc previste da un atto giuridico relativo a un procedimento svolto dinanzi a un’istituzione dell’Unione, per le cui esigenze sono stati prodotti i documenti richiesti, è uno dei criteri atti a giustificare il riconoscimento di una presunzione generale (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata, e conclusioni dell’avvocato Cruz Villalón nella causa Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:325, paragrafo 75).

141    In primo luogo, occorre determinare se i documenti richiesti rientrino nella stessa categoria o siano della stessa natura. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che è pacifico che tali documenti fanno tutti parte dello stesso fascicolo amministrativo, ossia quello del procedimento in corso avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, e dunque che essi fanno tutti parte della stessa categoria (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punti 74 e 78).

142    In secondo luogo, occorre stabilire se i motivi invocati dalla Commissione nella decisione impugnata per rifiutare l’accesso ai documenti relativi al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro fossero idonei a giustificare il riconoscimento di una nuova presunzione generale di non divulgazione.

143    A tal riguardo, occorre ricordare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato, invocando la sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376), che né il regolamento n. 1049/2001 né la direttiva quadro contenevano disposizioni che sancivano espressamente il primato di uno di tali atti sull’altro, e che, pertanto, occorreva garantire un’applicazione compatibile di ciascuno di tali atti con l’altro e che consentisse un’attuazione coerente dei medesimi.

144    La Commissione ha parimenti rilevato che l’apertura e lo svolgimento delle indagini successive ad una notifica fondata sull’articolo 29 della direttiva quadro facevano parte delle sue funzioni amministrative e che l’applicazione del regolamento n. 1049/2001 non doveva avere come conseguenza che detto articolo fosse privato di effetto utile.

145    La Commissione ha inoltre indicato, in primo luogo, che sei documenti, facenti parte del fascicolo dell’indagine aperta ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, consistevano in risposte degli Stati membri alle consultazioni da essa avviate nell’ambito di tale indagine. Essa ha rilevato che tale fascicolo conteneva parimenti 45 messaggi di posta elettronica scambiati con gli Stati membri. La Commissione ha ritenuto che, ai fini del buon esito dell’indagine, fosse essenziale che essa si svolgesse in un clima di discrezione e di fiducia propizio ad un libero scambio di informazioni e di vedute fra la stessa e gli Stati membri. Essa aggiunge che, in assenza di tale riservatezza, gli Stati membri esiterebbero ad esprimere liberamente il loro punto di vista in ordine all’osservanza o all’inosservanza delle disposizioni della direttiva quadro.

146    La Commissione ha affermato, in secondo luogo, che il fascicolo dell’indagine avviata ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro conteneva numerosi documenti consistenti in scambi di vedute interni, segnatamente fra diverse direzioni generali e con il servizio giuridico della Commissione, effettuati nell’ambito di discussioni preliminari sull’indagine in corso concernenti l’applicazione, da parte della Repubblica francese e della Repubblica federale di Germania, della direttiva quadro. Essa ha parimenti rilevato che taluni documenti consistevano in messaggi di posta elettronica scambiati con imprese private. La Commissione ha sottolineato che qualsiasi diffusione prematura di tali scambi preliminari esporrebbe il procedimento di indagine ad ingerenze indebite di terzi, fondate su constatazioni o opinioni non corroborate, le quali comprometterebbero la rapidità e l’efficacia dell’indagine. La diffusione di tali documenti arrecherebbe pregiudizio alla fiducia degli Stati membri nei confronti dell’obiettività, dell’imparzialità e della riservatezza del procedimento di indagine, e diminuirebbe pertanto la volontà degli Stati membri, una volta chiusa l’indagine, di contribuire in maniera costruttiva al controllo efficace delle conclusioni dell’indagine.

147    La diffusione dei documenti richiesti avrebbe pertanto avuto come effetto, secondo la Commissione, di rimettere in discussione l’effetto utile della clausola di salvaguardia prevista all’articolo 29 della direttiva quadro, e in particolare l’obiettivo delle indagini svolte in tale contesto, consistente nello stabilire se lo Stato membro in questione abbia applicato legittimamente tale clausola e nel garantire un livello elevato di sicurezza stradale, di salute e di protezione dell’ambiente.

148    La Commissione ha dunque concluso che i documenti richiesti, i quali facevano tutti parte del fascicolo amministrativo dell’indagine avviata sulla base dell’articolo 29 della direttiva quadro, erano coperti da una presunzione generale di non divulgazione fondata sulla protezione delle indagini prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

149    Per quanto riguarda il motivo dedotto dalla Commissione nella decisione impugnata per applicare una presunzione generale di non divulgazione ai documenti richiesti, relativo alla necessità di garantire un’applicazione coerente del regolamento n. 1049/2001 e della direttiva quadro, occorre rilevare che la Commissione non ha indicato, nella decisione impugnata, quale fosse l’incoerenza fra questi due testi che l’applicazione di una presunzione generale di non divulgazione mirava ad evitare.

150    Occorre parimenti ricordare che, nella sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376), sulla quale la Commissione si è fondata nella specie, la Corte aveva riconosciuto l’esistenza di una presunzione generale di non divulgazione dei documenti relativi a un procedimento di controllo di aiuti di Stato. Dopo aver rammentato che l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), disponeva che le osservazioni ricevute dalla Commissione nell’ambito di detto procedimento di controllo erano comunicate allo Stato membro interessato, il quale aveva poi la possibilità di rispondere a tali osservazioni entro un determinato termine, la Corte ha indicato che discendeva dal regolamento n. 659/1999 che gli interessati, eccettuato lo Stato membro responsabile della concessione dell’aiuto, non avevano il diritto, nell’ambito del procedimento di controllo degli aiuti di Stato, di consultare i documenti del fascicolo amministrativo della Commissione e, dunque, che se tali interessati fossero in grado, in base al regolamento n. 1049/2001, di ottenere l’accesso ai documenti del fascicolo amministrativo della Commissione, il sistema di controllo degli aiuti di Stato sarebbe messo in discussione (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punti 57 e 58).

151    Orbene, contrariamente al regolamento n. 659/1999, la direttiva quadro non contiene una disposizione che preveda che lo Stato membro (o gli Stati membri) interessato dal procedimento di cui all’articolo 29 della direttiva quadro abbia accesso ai documenti del fascicolo amministrativo di detto procedimento; da ciò potrebbe derivare, a contrario, che le altri parti interessate da tale procedimento non abbiano un siffatto diritto. Inoltre, l’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro, il quale verte sulla consultazione delle parti interessate dal procedimento previsto a detto articolo e non sull’accesso ai documenti di tale procedimento, non può essere interpretato come una disposizione che disciplina in maniera restrittiva l’uso dei documenti che figurano nel fascicolo della Commissione, contrariamente a quanto quest’ultima sembra sostenere.

152    La direttiva quadro non contiene dunque alcuna norma che disciplina in maniera specifica le modalità di accesso al fascicolo amministrativo della Commissione nell’ambito del procedimento previsto all’articolo 29 della direttiva quadro.

153    Pertanto, non persuadono nella specie i motivi dedotti dalla Commissione nella decisione impugnata per applicare una presunzione generale di non divulgazione ai documenti richiesti, relativi alla necessità di garantire un’applicazione coerente del regolamento n. 1049/2001 e della direttiva quadro, nonché della sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376).

154    È vero che la circostanza, secondo la quale non esiste un testo legislativo che disciplini specificamente le modalità di accesso ai documenti richiesti non è atta, da sola, a giustificare l’esclusione di qualsiasi possibilità di riconoscere l’esistenza di una presunzione generale in base alla quale possa essere negato l’accesso ai documenti richiesti (v., in tal senso, sentenza del 26 maggio 2016, International Management Group/Commissione, T‑110/15, EU:T:2016:322, punto 31).

155    Tuttavia, nella misura in cui la possibilità di avvalersi di presunzioni generali non ha solo l’effetto di circoscrivere l’applicazione del principio fondamentale di trasparenza sancito dall’articolo 11 TUE, dall’articolo 15 TFUE e dal regolamento n. 1049/2001, ma anche e necessariamente quello di limitare di fatto l’accesso ai documenti di cui trattasi, il ricorso a tali presunzioni deve fondarsi su ragioni solide e convincenti (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nelle cause riunite LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafo 57).

156    Pertanto, per poter opporre alla ricorrente una presunzione generale di non divulgazione dei documenti richiesti, la Commissione avrebbe dovuto spiegare in che modo tale presunzione era necessaria per assicurare il corretto funzionamento del procedimento di cui al caso di specie, ossia quello avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, e per garantire che gli obiettivi di tale procedimento non venissero compromessi.

157    Orbene, oltre ai motivi relativi alla necessità di garantire un’applicazione coerente del regolamento n. 1049/2001 e della direttiva quadro, nonché della sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376), i quali non sono convincenti nella specie, la Commissione, per applicare una presunzione generale di non divulgazione ai documenti richiesti, ha fatto valere, in sostanza, la necessità di garantire un clima di discrezione e di fiducia con gli Stati membri e di evitare l’ingerenza di terzi nell’indagine in corso.

158    È giocoforza constatare che tali motivi sono validi per qualsiasi procedimento di indagine in corso, avviato nei confronti di uno Stato membro.

159    Ammettere che una presunzione generale di non divulgazione possa essere applicata per siffatti motivi sarebbe contrario alla giurisprudenza secondo la quale le presunzioni devono essere interpretate ed applicate restrittivamente, poiché esse costituiscono un’eccezione all’obbligo di esame concreto e specifico, da parte dell’istituzione interessata, di ciascun documento oggetto di una domanda di accesso, nonché, più in generale, al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 81).

160    Inoltre, occorre aggiungere che, per quanto attiene ai 29 messaggi di posta elettronica che la Commissione ha scambiato con talune persone giuridiche nell’ambito del procedimento avviato a norma dell’articolo 29 della direttiva quadro, è evidente che i motivi forniti dalla Commissione per applicare la presunzione, secondo la quale la loro divulgazione arrecherebbe pregiudizio all’obiettivo dell’indagine avviata ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro, non sono rilevanti. Infatti, è difficile comprendere, leggendo la decisione impugnata, in che modo la divulgazione di tali scambi potrebbe arrecare pregiudizio alla fiducia degli Stati membri nei confronti dell’obiettività e dell’imparzialità dell’indagine svolta dalla Commissione o esporre detta indagine ad ingerenze indebite di terzi.

161    Nell’ambito delle misure istruttorie previste all’articolo 91, lettera c), del regolamento di procedura, alla Commissione è stata ordinata la produzione di una copia integrale di tali 29 messaggi di posta elettronica.

162    In tali messaggi di posta elettronica, in sostanza, le persone giuridiche in questione esprimono il loro punto di vista sul refrigerante R1234yf, utilizzato negli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli della ricorrente. Non risulta da tali 28 messaggi di posta elettronica (uno dei 29 messaggi di posta elettronica era in realtà un messaggio di posta elettronica interno alla Commissione, come rilevato da questa stessa nella sua lettera che accompagnava la copia di tali documenti) che la divulgazione del parere di talune persone giuridiche sul refrigerante R1234yf comprometterebbe la fiducia degli Stati membri nei confronti dell’oggettività, dell’imparzialità e della riservatezza del procedimento di indagine ed esporrebbe siffatto procedimento ad ingerenze indebite di terzi. Inoltre, se, effettivamente, in allegato ad uno di tali messaggi di posta elettronica figura una relazione del KBA sul refrigerante R1234yf e se numerosi messaggi di posta elettronica riportano il contenuto di tale relazione, quest’ultimo è divulgato da terzi ed è disponibile sul sito Internet del KBA. Non si può dunque ritenere che la divulgazione di tali messaggi di posta elettronica comprometterebbe la fiducia di un’autorità nazionale.

163    Pertanto, i motivi addotti dalla Commissione per applicare una presunzione generale di non divulgazione ai documenti relativi al procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro non sono rilevanti per quanto riguarda gli scambi fra la Commissione e talune persone giuridiche e non sono né solidi né convincenti per quanto riguarda le altre categorie di documenti da essa identificati.

164    La Commissione non poteva dunque applicare ai documenti richiesti, alla luce delle ragioni da essa addotte nella decisione impugnata, una presunzione generale di non divulgazione.

165    Tale conclusione non viene rimessa in discussione dall’argomento della Commissione, secondo il quale esiste uno stretto nesso funzionale fra il procedimento EU Pilot 5160/11 e il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro.

166    A tal riguardo, anzitutto, occorre rilevare che la Commissione ha ammesso, nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, che i documenti richiesti non erano stati versati nel fascicolo EU Pilot 5160/11. Orbene, la Corte ha considerato che il fatto che taluni documenti erano stati acquisiti al fascicolo relativo ad un procedimento amministrativo fosse determinante per concludere che siffatti documenti erano relativi a tale procedimento (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 76). La ricorrente sostiene dunque correttamente che la Commissione non può avvalersi della presunzione generale di non divulgazione dei documenti relativi ai procedimenti EU Pilot, riconosciuta dal Tribunale nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816, punti 19, 22 e 39), la quale è stata confermata dalla sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2017:356).

167    Inoltre, è vero che, nella specie, la Repubblica francese ha giustificato il suo rifiuto di immatricolazione adducendo che le estensioni di omologazioni CE di veicoli concesse dalle autorità tedesche non rispettavano la direttiva sugli impianti di condizionamento d’aria. Tuttavia, un rifiuto di immatricolazione può essere giustificato da motivi diversi dall’inosservanza, da parte delle autorità nazionali competenti in materia di omologazione di veicoli, della legislazione applicabile. In tal senso, si evince dall’articolo 29, paragrafo 1, seconda frase, primo trattino, della direttiva quadro che tale rifiuto può essere giustificato da carenze nei pertinenti atti normativi. In tal caso, non esiste un nesso fra il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro e un procedimento EU Pilot.

168    Inoltre, il procedimento avviato, nella specie, in forza dell’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva quadro non costituisce la fase anteriore ad un procedimento per inadempimento avviato nei confronti della Repubblica federale di Germania, in quanto tale fase anteriore era costituita dal procedimento EU Pilot 5160/11.

169    Infine, occorre rilevare che, per giustificare un approccio comune per quanto attiene ai procedimenti EU Pilot e al procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, il Tribunale ha segnatamente sottolineato, nella sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione (T‑306/12, EU:T:2014:816, punto 61), che la procedura EU Pilot, proprio come la fase precontenziosa del procedimento per inadempimento, è di natura bilaterale, tra la Commissione e lo Stato membro interessato, e ciò nonostante il fatto che una denuncia possa averne determinato l’avvio, poiché, in ogni caso l’eventuale denunciante non ha alcun diritto nel prosieguo del procedimento per inadempimento. Orbene, contrariamente ad un procedimento EU Pilot o ad un procedimento per inadempimento, il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 29 della direttiva quadro non è un procedimento bilaterale fra la Commissione e lo Stato membro interessato. L’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva quadro prevede, infatti, che la Commissione consulti al più presto le parti interessate al fine di preparare la decisione. Si evince da tale disposizione che il costruttore, in quanto parte interessata, ha il diritto di essere consultato e che è dunque coinvolto nell’ambito di detto procedimento, diversamente dall’eventuale denunciante nell’ambito dei procedimenti per inadempimento.

170    Inoltre, occorre ricordare che, nella specie, la Commissione ha consultato sia altri Stati membri sia talune persone giuridiche al fine di ottenere informazioni che essa sembra avere considerato utili o necessarie per le esigenze della sua indagine. Orbene, tali elementi di consultazione distinguono in maniera estremamente netta il procedimento svolto dalla Commissione nella specie da un procedimento per inadempimento e da un procedimento EU Pilot. In ogni caso, non è possibile, alla luce del numero e della diversità delle persone consultate dalla Commissione, presumere che tutte le informazioni da essa ricevute nell’ambito di tali consultazioni siano coperte dall’eccezione relativa alla protezione delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile.

171    Pertanto, non può essere applicata, per analogia, la giurisprudenza relativa ai procedimenti EU Pilot e al procedimento per inadempimento.

172    Discende da tutte le considerazioni che precedono che la prima parte del terzo motivo deve essere accolta e che, pertanto, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario esaminare la seconda parte del terzo motivo e il quarto motivo né pronunciarsi sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento formulata dalla ricorrente nella sua lettera dell’8 giugno 2018.

 Sulle spese

173    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è risultata soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese e quelle della ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

174    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni che sono intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Il Consiglio e il Parlamento sopporteranno pertanto le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione Ares(2013) 3715941 della Commissione europea del 13 dicembre 2013, con la quale è stato negato alla Daimler AG l’accesso ai documenti relativi al procedimento avviato dalla Repubblica francese ai sensi dell’articolo 29 della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro), è annullata.

2)      La Commissione sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Daimler.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Gratsias

Dittrich

Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 ottobre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.