Language of document : ECLI:EU:T:2023:279

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)

24 maggio 2023 (*)

«Aiuti di Stato – Mercato italiano del trasporto aereo – Regime di compensazione delle compagnie aeree titolari di una licenza rilasciata dalle autorità italiane – Decisione di non sollevare obiezioni – Aiuto destinato a ovviare ai danni arrecati da un evento eccezionale – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑268/21,

Ryanair DAC, con sede in Swords (Irlanda), rappresentata da E. Vahida, F.-C. Laprévote, V. Blanc, S. Rating, I.-G. Metaxas-Maranghidis e D. Pérez de Lamo, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn, C. Georgieva e F. Tomat, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Neos SpA, con sede in Somma Lombardo (Italia),

Blue panorama airlines SpA, con sede in Somma Lombardo,

Air Dolomiti SpA – Linee aeree regionali Europee, con sede in Villafranca di Verona (Italia),

rappresentate da M. Merola e A. Cogoni, avvocati,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg e G. Hesse (relatore), giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 24 novembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Ryanair DAC, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione C(2020) 9625 final della Commissione, del 22 dicembre 2020, relativa all’aiuto di Stato SA.59029 (2020/N) – Italia  – COVID-19: Regime di compensazione delle compagnie aeree titolari di una licenza rilasciata dalle autorità italiane (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        Con il decreto-legge n. 34 – Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, del 19 maggio 2020 (supplemento ordinario alla GURI n. 128, del 19 maggio 2020), come modificato e convertito in legge dalla legge del 17 luglio 2020, n. 77 (supplemento ordinario alla GURI n. 180, del 18 luglio 2020) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 34»), le autorità italiane hanno istituito, tra l’altro, un fondo per la compensazione dei danni subiti dal settore aereo nel contesto della pandemia di COVID-19 per un importo di EUR 130 milioni.

3        I1 14 agosto 2020, le autorità italiane hanno adottato il decreto-legge n. 104 – Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia (supplemento ordinario alla GURI n. 203, del 14 agosto 2020). Tale decreto-legge, nelle more del perfezionamento dell’iter di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, autorizzava il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti della Repubblica italiana ad erogare, a titolo di anticipazione, sovvenzioni finanziate dal fondo istituito dal decreto‑legge n. 34 per un importo complessivo non superiore a EUR 50 milioni alle compagnie aeree aventi i requisiti di ammissibilità di cui all’articolo 198 del decreto-legge n. 34.

4        Il 15 ottobre 2020, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, la Repubblica italiana ha notificato alla Commissione europea una misura di aiuto consistente in sovvenzioni erogate per mezzo del fondo istituito dal decreto-legge n. 34 (in prosieguo: la «misura in questione»). Tale misura, la cui base giuridica è costituita dall’articolo 198 del decreto-legge n. 34, mira a porre rimedio ai danni subiti dalle compagnie aeree ammissibili a seguito delle restrizioni di viaggio e delle altre misure di confinamento adottate per limitare la diffusione della pandemia di COVID-19.

5        I requisiti di ammissibilità stabiliti dall’articolo 198 del decreto-legge n. 34 sono i seguenti. In primo luogo, la compagnia aerea non deve essere beneficiaria di un fondo istituito da un altro decreto-legge che prevedeva una compensazione dei danni causati dalla pandemia di COVID-19 per le compagnie aeree titolari di una licenza rilasciata dalle autorità italiane e incaricate dell’esercizio di oneri di servizio pubblico alla data di entrata in vigore di detto decreto-legge. In secondo luogo, la compagnia aerea deve essere in possesso di un certificato di operatore aereo in corso di validità ed essere titolare di una licenza italiana. In terzo luogo, la capacità degli aeromobili impiegati dalla compagnia aerea deve essere superiore a 19 posti. In quarto luogo, la compagnia aerea deve applicare ai propri dipendenti con base di servizio in Italia nonché ai dipendenti di imprese terze partecipanti alla sua attività trattamenti retributivi che non possono essere inferiori a quelli minimi stabiliti dal contratto collettivo nazionale applicabile al settore del trasporto aereo, concluso dalle organizzazioni datoriali e sindacali considerate come le più rappresentative a livello nazionale (in prosieguo: il «requisito del trattamento retributivo minimo»).

6        Il 22 dicembre 2020, con la decisione impugnata la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti della misura in questione, con la motivazione che tale misura, incluse le condizioni di ammissibilità, era compatibile con il mercato interno.

 Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione e le società Neos SpA, Blue panorama airlines SpA ed Air Dolomiti SpA – Linee aeree regionali Europee, intervenienti, alle spese.

8        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

9        Le intervenienti chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile e, in ogni caso, in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

[omissis]

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente su un difetto di motivazione

18      Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, in sostanza, che la decisione impugnata è viziata da diversi difetti di motivazione. In particolare, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non le consente di comprendere le ragioni per cui la Commissione ha esaminato la compatibilità con il diritto dell’Unione della quarta condizione di ammissibilità dell’aiuto, vale a dire il requisito del trattamento retributivo minimo, esclusivamente rispetto al regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6; in prosieguo: il «regolamento Roma I»), e non alla luce dei principi di non discriminazione e della libera prestazione dei servizi.

19      La Commissione, sostenuta dalle intervenienti, contesta tale argomentazione.

20      Occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo colpite direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del fatto che la motivazione di un atto soddisfi o meno gli obblighi di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi, C‑279/08, EU:C:2011:551, punto 125 e giurisprudenza citata).

21      In tale contesto, la decisione di non avviare il procedimento d’indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE deve unicamente esporre le ragioni per le quali la Commissione ritiene che non sussistano serie difficoltà di valutazione della compatibilità dell’aiuto considerato con il mercato interno e anche una motivazione succinta di tale decisione deve essere considerata sufficiente ai fini dell’adempimento dell’obbligo di motivazione sancito all’articolo 296 TFUE, qualora essa faccia apparire in modo chiaro e inequivocabile le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto di non essere in presenza di siffatte difficoltà, in quanto la questione della fondatezza di tale motivazione rimane estranea a detto obbligo (sentenze del 27 ottobre 2011, Austria/Scheucher-Fleisch e a., C‑47/10 P, EU:C:2011:698, punto 111, e del 12 maggio 2016, Hamr – Sport/Commissione, T‑693/14, non pubblicata, EU:T:2016:292, punto 54; v. altresì, in tale senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Régie Networks, C‑333/07, EU:C:2008:764, punti 65, 70 e 71).

22      Nel caso di specie, per quanto riguarda la compatibilità della misura in questione con il mercato interno, dalla decisione impugnata risulta anzitutto che la Commissione ha citato le sentenze del 22 marzo 1977, Iannelli & Volpi (74/76, EU:C:1977:51, punto 14), e del 15 giugno 1993, Matra/Commissione (C‑225/91, EU:C:1993:239, punto 41), secondo le quali modalità di un aiuto contrastanti con norme specifiche del Trattato FUE, diverse dagli articoli 107 e 108 TFUE, potrebbero essere così indissolubilmente connesse con l’oggetto dell’aiuto da far sì che sia impossibile valutarle isolatamente, cosicché il loro effetto sulla compatibilità o sull’incompatibilità dell’aiuto nel suo insieme dovrebbe quindi essere necessariamente valutato nell’ambito della procedura di cui all’articolo 108 TFUE (punto 92 della decisione impugnata). Al riguardo, la decisione impugnata precisa che la Repubblica italiana ha stabilito quattro condizioni di ammissibilità per selezionare i potenziali beneficiari della misura in questione e che la Commissione ha ritenuto che tali quattro condizioni fossero indissolubilmente connesse alla misura in questione (punto 93 della decisione impugnata).

23      Al punto 95 della decisione impugnata, poi, la Commissione ha affermato che vi era un motivo particolare per esaminare la quarta condizione di ammissibilità che esige che i beneficiari corrispondano un trattamento retributivo minimo ai loro dipendenti con base di servizio in Italia. La Commissione ha ritenuto che tale requisito non fosse inerente all’obiettivo della misura in questione, dato che il suo scopo era quello di far sì che i beneficiari garantissero la tutela di un trattamento retributivo minimo ai loro dipendenti con base di servizio in Italia, conformemente al diritto italiano. Di conseguenza, a suo avviso, la compatibilità del requisito in discorso doveva essere valutata alla luce di «altre disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione».

24      A questo punto è giocoforza constatare che la decisione impugnata non fa apparire in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento che ha condotto la Commissione ad affermare contemporaneamente che il requisito del trattamento retributivo minimo era indissolubilmente legato alla misura in questione, al punto 93 di detta decisione, e che tale requisito non era inerente all’obiettivo di detta misura, al punto 95 di tale decisione.

25      Inoltre, ai punti da 96 a 98 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che il requisito del trattamento retributivo minimo si applicava solo ai dipendenti con base di servizio in Italia. Essa ha quindi valutato tale requisito alla luce dell’articolo 8 del regolamento Roma I, che stabilisce norme speciali sul conflitto di leggi relative al contratto individuale di lavoro. Essa ha osservato che, conformemente a tale disposizione, tutti i vettori con dipendenti aventi base sul territorio italiano erano tenuti a rispettare la tutela minima accordata dal diritto italiano, indipendentemente dalla nazionalità del vettore o dalla legge applicabile al contratto individuale di lavoro. Su tale base, al punto 99 della decisione impugnata essa ha concluso che il requisito del trattamento retributivo minimo rispettava prima facie la tutela che il regolamento Roma I accordava ai dipendenti e non costituiva una violazione «di altre disposizioni del diritto dell’Unione».

26      Seguendo tale ragionamento, la Commissione non ha indicato i motivi per cui ha ritenuto che l’unica disposizione pertinente, oltre agli articoli 107 e 108 TFUE, alla luce della quale doveva esaminare la compatibilità con il diritto dell’Unione del requisito del trattamento retributivo minimo fosse l’articolo 8 del regolamento Roma I.

27      A questo proposito, si deve constatare che la conclusione raggiunta dalla Commissione al punto 99 della decisione impugnata, secondo cui il requisito del trattamento retributivo minimo non era contrario ad «altre disposizioni del diritto dell’Unione», non è motivata. Infatti, a parte l’articolo 8 del regolamento Roma I, la Commissione non ha citato alcun’altra disposizione del diritto dell’Unione alla cui luce avrebbe esaminato il requisito di cui trattasi. Pertanto, la Commissione non ha esposto in modo chiaro e trasparente i motivi per i quali aveva ritenuto che detto requisito non costituisse una violazione «di altre disposizioni del diritto dell’Unione».

28      Tale difetto di motivazione è ulteriormente illustrato dal fatto, esposto ai punti 94 e 95 della decisione impugnata, che, nell’esaminare il requisito del trattamento retributivo minimo, la Commissione ha tenuto conto del «contesto», vale a dire della denuncia dell’Associazione italiana compagnie aeree low fares (Aicalf), relativa all’articolo 203 del decreto‑legge n. 34, la cui formulazione era simile all’articolo 198 di tale decreto-legge, vale a dire la base giuridica della misura in questione. Il contenuto di detta denuncia è stato prodotto in allegato al ricorso.

29      Secondo la suddetta denuncia, la normativa italiana in esame era illegittima in quanto prevedeva che i vettori aerei dovessero riconoscere ai propri dipendenti con base di servizio in Italia un trattamento retributivo minimo non inferiore a quello minimo stabilito dal contratto collettivo nazionale pertinente per il settore del trasporto aereo, stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative a livello nazionale. L’Aicalf sosteneva che il contratto collettivo nazionale contemplato da tale normativa era stato negoziato da un’associazione di categoria non rappresentativa, in quanto i suoi membri rappresentavano solo l’11,3% del traffico aereo italiano totale. Secondo l’Aicalf, la normativa di cui trattasi costituiva una restrizione indirettamente discriminatoria alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

30      La denuncia si basava, tra l’altro, sulla giurisprudenza della Corte, in particolare sulle sentenze dell’11 dicembre 2007, International Transport Workers’ Federation e Finnish Seamen’s Union (C‑438/05, EU:C:2007:772), del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:809), del 3 aprile 2008, Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), e del 18 settembre 2014, Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235). Al riguardo, l’Aicalf sosteneva che la Corte aveva già esaminato misure nazionali che impongono agli operatori stranieri di rispettare le condizioni salariali fissate nei contratti collettivi nazionali e le aveva dichiarate incompatibili con il diritto dell’Unione.

31      Prima dell’adozione della decisione impugnata, l’attenzione della Commissione era quindi stata richiamata sull’articolo 203 del decreto-legge n. 34, la cui formulazione era simile al requisito del trattamento retributivo minimo previsto dalla misura in questione e sulla compatibilità di questa con il mercato interno, alla luce, in particolare, dell’articolo 56 TFUE. Essa disponeva, inoltre, delle informazioni pertinenti al riguardo.

32      Tenuto conto di tale contesto, la Commissione a fortiori si trovava nella situazione di doversi pronunciare sulla pertinenza dell’articolo 56 TFUE come «altr[a] disposizion[e] del diritto dell’Unione» alla luce della quale doveva eventualmente esaminare la compatibilità della misura in questione con il mercato interno.

33      La ricorrente sostiene pertanto giustamente che la decisione impugnata non le consente di comprendere le ragioni per le quali la Commissione ha esaminato la compatibilità con il diritto dell’Unione del requisito del trattamento retributivo minimo esclusivamente alla luce dell’articolo 8 del regolamento Roma I e non alla luce, in particolare, del principio della libera prestazione dei servizi, sancito dall’articolo 56 TFUE.

34      Da tutto quanto precede risulta che la Commissione non ha spiegato perché, a suo avviso, l’unica disposizione pertinente, oltre agli articoli 107 e 108 TFUE, alla luce della quale doveva esaminare la compatibilità con il diritto dell’Unione del requisito del trattamento retributivo minimo fosse l’articolo 8 del regolamento Roma I, escludendo «altre disposizioni del diritto dell’Unione» e, in particolare, l’articolo 56 TFUE che sancisce la libera prestazione dei servizi. In tali circostanze, il Tribunale non è in grado di verificare se il requisito del trattamento retributivo minimo fosse compatibile con «altre disposizioni del diritto dell’Unione» e, quindi, se la misura in questione fosse complessivamente compatibile con il mercato interno.

35      Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto rilevato al punto 94 della decisione impugnata che, alla data di adozione della decisione impugnata, non era stata avviata alcuna procedura d’infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE nei confronti della Repubblica italiana in relazione alla normativa oggetto della denuncia. Infatti, dall’impianto sistematico dell’articolo 258 TFUE si evince che la Commissione non è tenuta ad avviare una siffatta procedura. Essa dispone al riguardo di un potere discrezionale (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 47). Per questo motivo, il fatto che la Commissione non abbia avviato una procedura di infrazione non significa che la normativa italiana di cui trattasi sia compatibile con il diritto dell’Unione. Tale precisazione non ha quindi alcuna rilevanza sul carattere insufficiente della motivazione della decisione impugnata.

36      Quanto all’affermazione contenuta al punto 99 della decisione impugnata secondo cui «[s]petterà alle autorità italiane competenti e, se del caso, ai giudici italiani, garantire che [il requisito del trattamento retributivo minimo] sia attuato ed applicato in modo compatibile con il diritto dell’Unione», occorre ricordare che la valutazione della compatibilità di un aiuto con il mercato interno rientra nella competenza esclusiva della Commissione, sotto il controllo del giudice dell’Unione (v., in tale senso, sentenza del 19 dicembre 2012, Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen Leipzig-Halle/Commissione, C‑288/11 P, EU:C:2012:821, punto 79). Pertanto, il fatto che le autorità o i giudici italiani possano garantire che tale requisito sia attuato ed applicato in conformità con il diritto dell’Unione non solleva la Commissione dal suo obbligo di valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato interno, eventualmente anche alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione diverse dagli articoli 107 e 108 TFUE. Di conseguenza, anche l’affermazione di cui al punto 99 della decisione impugnata non incide su carattere insufficiente della motivazione della decisione impugnata.

37      Infine, secondo costante giurisprudenza, la motivazione non può essere espressa per la prima volta, ex post, dinanzi al giudice, salvo circostanze eccezionali (v. sentenza del 20 settembre 2011, Evropaïki Dynamiki/BEI, T‑461/08, EU:T:2011:494 punto 109 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, le spiegazioni fornite dalla Commissione nel controricorso e in udienza, secondo cui la misura in questione non viola il principio della libera prestazione dei servizi e l’esame «di altre disposizioni del diritto dell’Unione» non era necessario, non sono atte a completare la motivazione della decisione impugnata in corso di causa.

38      Di conseguenza, occorre annullare la decisione impugnata nella parte in cui la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione impostole dall’articolo 296 TFUE.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2020) 9625 final della Commissione, del 22 dicembre 2020, relativa all’aiuto di Stato SA.59029 (2020/N) – Italia – COVID-19: Regime di compesazione delle compagnie aeree titolari di una licenza rilasciata dalle autorità italiane, è annullata.

2)      La Commissione è condannata sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Ryanair DAC.

3)      La Neos SpA, la Blue panorama airlines SpA e l’Air Dolomiti SpA – Linee aeree regionali Europee sopporteranno le proprie spese.

Kornezov

Buttigieg

Hesse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 maggio 2023.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1 Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.