Language of document : ECLI:EU:T:2007:80

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

8 marzo 2007(*)

«Concorrenza – Decisione che ordina un accertamento – Leale cooperazione con i giudici nazionali – Leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza – Art. 20, n. 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza – Motivazione – Proporzionalità»

Nella causa T‑339/04,

France Télécom SA, già Wanadoo SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dagli avv.ti H. Calvet e M.‑C. Rameau,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. É. Gippini Fournier e dalla sig.ra O. Beynet, in qualità di agenti,

convenuta,

avente a oggetto l’annullamento della decisione della Commissione 18 maggio 2004, C (2004) 1929, nel caso COMP/C‑1/38.916, con cui si ordina alla France Télécom SA nonché a tutte le sue controllate dirette o indirette, comprese la Wanadoo SA e tutte le imprese controllate direttamente o indirettamente dalla Wanadoo SA, di sottoporsi a un accertamento in forza dell’art. 20, n. 4, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka e dal sig. E. Moavero Milanesi, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’8 giugno 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’art. 11 (intitolato «Cooperazione fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri»), nn. 1 e 6, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), così recita:

«La Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applicano le regole di concorrenza comunitarie in stretta collaborazione.

(…)

L’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (…). Qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro stia già svolgendo un procedimento, la Commissione avvia il procedimento unicamente previa consultazione di quest’ultima».

2        In virtù dell’art. 20 (intitolato «Poteri della Commissione in materia di accertamenti») del regolamento n. 1/2003,

«1. Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e associazioni di imprese.

2. Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti dispongono dei seguenti poteri:

a)      accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto di imprese e associazioni di imprese;

b)      controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto;

c)      fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti dei suddetti libri o documenti;

d)      apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento;

e)      chiedere a qualsiasi rappresentante o membro del personale dell’impresa o dell’associazione di imprese spiegazioni su fatti o documenti relativi all’oggetto e allo scopo degli accertamenti e verbalizzarne le risposte.

3. Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti esercitano i loro poteri su presentazione di un mandato scritto che precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, nonché la sanzione prevista dall’articolo 23 per il caso in cui i libri e gli altri documenti connessi all’azienda richiesti siano presentati in modo incompleto e per il caso in cui le risposte fornite alle domande poste in applicazione del paragrafo 2 del presente articolo siano inesatte o fuorvianti. Prima degli accertamenti, la Commissione avvisa in tempo utile l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio essi devono essere compiuti.

4. Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio ed indica le sanzioni previste dagli articoli 23 e 24, nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione. La Commissione adotta tali decisioni dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti.

5. Gli agenti dell’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti o le persone da essa autorizzate o incaricate, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestano attivamente assistenza agli agenti e alle altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione. Essi dispongono a tal fine dei poteri definiti al paragrafo 2.

6. Qualora gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione constatino che un’impresa si oppone ad un accertamento ordinato a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta loro l’assistenza necessaria per l’esecuzione degli accertamenti, ricorrendo se del caso alla forza pubblica o a un’autorità equivalente incaricata dell’applicazione della legge.

7. Se l’assistenza di cui al paragrafo 6 richiede l’autorizzazione di un’autorità giudiziaria ai sensi della legislazione nazionale, tale autorizzazione viene richiesta. Essa può anche essere richiesta in via preventiva.

8. Qualora sia richiesta l’autorizzazione di cui al paragrafo 7, l’autorità giudiziaria nazionale controlla l’autenticità della decisione della Commissione e verifica che le misure coercitive previste non siano né arbitrarie né sproporzionate rispetto all’oggetto degli accertamenti. Nel verificare la proporzionalità delle misure coercitive, l’autorità giudiziaria nazionale può chiedere alla Commissione, direttamente o attraverso l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro, una spiegazione dettagliata, in particolare, dei motivi per i quali la Commissione sospetta un’infrazione agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (…) nonché della gravità della presunta infrazione e della natura del coinvolgimento dell’impresa interessata. Tuttavia, l’autorità giudiziaria nazionale non può né mettere in discussione la necessità degli accertamenti né chiedere che siano fornite informazioni contenute nel fascicolo della Commissione. Il controllo della legittimità della decisione della Commissione è riservato alla Corte di giustizia».

3        L’art. 22 (intitolato «Indagini effettuate dalle autorità della concorrenza degli Stati membri»), n. 2, del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«Su richiesta della Commissione, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri procedono agli accertamenti che la Commissione ritiene necessari a norma dell’articolo 20, paragrafo 1 o che essa ha ordinato mediante decisione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4. I funzionari delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri incaricati di procedere agli accertamenti così come quelli da esse autorizzati o nominati esercitano i loro poteri conformemente alla loro legislazione nazionale.

Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione possono, su richiesta di questa o dell’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti, assistere i funzionari dell’autorità interessata».

 I fatti all’origine della controversia

4        Con decisione 16 luglio 2003, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 82 [CE] (caso COMP/38.233 – Wanadoo Interactive) (in prosieguo: la «decisione 16 luglio 2003»), la Commissione constatava che nel periodo compreso tra marzo 2001 e ottobre 2002 la Wanadoo Interactive, all’epoca controllata al 99,9% della Wanadoo SA, a sua volta una controllata della France Télécom SA, la cui partecipazione nel capitale oscillava tra il 70 e il 72,2% durante il periodo interessato da questa decisione, aveva commesso un abuso di posizione dominante sul mercato dei servizi d’accesso a Internet ad alta velocità a destinazione della clientela residenziale, praticando per i suoi servizi eXtense e Wanadoo ADSL prezzi predatori, e le infliggeva un’ammenda di EUR 10,35 milioni.

5        Con gli artt. 2 e 3 della detta decisione la Commissione ingiungeva altresì alla Wanadoo Interactive di:

–        astenersi, nell’ambito dei suoi servizi eXtense e Wanadoo ADSL, da qualsiasi comportamento di possibile oggetto o effetto identico o analogo a quello dell’infrazione;

–        trasmettere alla Commissione, al termine di ogni esercizio, fino all’esercizio 2006 incluso, i rendiconti d’esercizio dei diversi servizi ADSL forniti («Asymmetric Digital Subscriber Line», linea digitale asimmetrica per l’abbonato), evidenziando i ricavi contabili, le spese d’esercizio e i costi d’acquisizione della clientela.

6        L’11 dicembre 2003, a seguito di un parere favorevole dell’Autorité française de régulation des télécommunications (Autorità francese di regolamentazione delle telecomunicazioni), il Ministro francese dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria ha omologato una riduzione delle tariffe all’ingrosso praticate dalla France Télécom per l’accesso e la raccolta IP/ADSL, definite altresì «opzione 5». Molti fornitori di accesso a Internet, tra cui la Wanadoo, hanno deciso di ripercuotere tale riduzione delle tariffe all’ingrosso sulle loro offerte al dettaglio.

7        Il 12 dicembre 2003 la Wanadoo ha annunciato una prima riduzione delle tariffe flat praticate al dettaglio, applicabile sia ai vecchi abbonati sia ai nuovi, per i servizi ad alta velocità (offerte «eXtense 512k» illimitata, «eXtense 512k Fidélité» illimitata, «eXtense 1024k» illimitata ed «eXtense 1024k Fidélité» illimitata), a partire dal 6 gennaio 2004. La tariffa dell’offerta «eXtense 128k» illimitata è rimasta invariata.

8        Il 9 gennaio 2004 la Commissione ha inviato una lettera alla Wanadoo, richiamando il disposto dell’art. 2 della decisione 16 luglio 2003 e chiedendole di comunicare se avesse applicato, successivamente alla decisione di cui trattasi, riduzioni dei prezzi praticati al dettaglio per i servizi interessati dalla decisione ovvero se intendesse agire in tal senso. La Commissione precisava che, in caso di risposta affermativa, la Wanadoo avrebbe ricevuto una richiesta formale di informazioni sui dettagli di queste riduzioni di prezzo. Essa chiedeva inoltre quale fosse la data di chiusura dell’esercizio sociale della Wanadoo e quando le sarebbero state trasmesse le informazioni di cui all’art. 3 della decisione 16 luglio 2003. La Commissione ha rinnovato la sua richiesta in un messaggio di posta elettronica spedito il 26 gennaio 2004.

9        Il 12 gennaio 2004 la AOL France SNC e la AOL Europe Services SARL (in prosieguo, congiuntamente: la «AOL») hanno presentato al Conseil de la concurrence français (Consiglio francese della concorrenza) (in prosieguo: il «Conseil de la concurrence») una denuncia vertente sulla pratica di prezzi predatori da parte della Wanadoo per quanto riguarda quattro nuove offerte da essa annunciate il 12 dicembre 2003, sulla base dell’art. 82 CE e dell’art. L 420‑2 del codice commerciale francese. La denuncia era corredata di una domanda di misure cautelari diretta ad ottenere, in particolare, la sospensione della commercializzazione di queste offerte ai sensi dell’art. L 464‑1 del codice commerciale francese.

10      Il 29 gennaio 2004 la Wanadoo ha annunciato l’introduzione, a decorrere dal 3 febbraio 2004, di un’offerta «eXtense 128k Fidélité» illimitata e di quattro tariffe flat (cosiddette «personalizzate»), vale a dire «eXtense 128k/20h», «eXtense 128k/20h Fidélité», «eXtense 512k/5Go» ed «eXtense 512k/5Go Fidélité».

11      Con lettera 30 gennaio 2004 la Wanadoo ha risposto alla lettera inviata dalla Commissione il 9 gennaio 2004 precisando di aver annunciato, a seguito della riduzione delle tariffe all’ingrosso della France Télécom, nuove offerte applicabili dal 1° gennaio o dal 1° febbraio 2004. Peraltro, con lettera 15 marzo 2004 la Wanadoo ha trasmesso alla Commissione i rendiconti relativi all’esercizio sociale 2003 (chiuso il 31 dicembre 2003), non ancora approvati dall’assemblea generale degli azionisti.

12      Il 24 febbraio 2004 la AOL ha integrato la denuncia presentata al Conseil de la concurrence aggiungendovi le offerte lanciate dalla Wanadoo il 3 febbraio 2004 e corredandola altresì di una domanda di misure cautelari, il cui scopo era, in particolare, quello di sospendere la commercializzazione delle dette offerte.

13      L’11 maggio 2004 il Conseil de la concurrence ha reso la decisione n. 04‑D‑17 relativa alla domanda di misure cautelari presentata dalla AOL, con cui ha respinto la domanda stessa rimettendo la causa in istruttoria (in prosieguo: la «decisione del Conseil de la concurrence»).

14      Il 18 maggio 2004 la Commissione ha adottato la decisione C (2004) 1929, nel caso COMP/C-1/38.916, con cui si ordina alla France Télécom SA nonché a tutte le sue controllate dirette o indirette, comprese la Wanadoo SA e tutte le imprese controllate direttamente o indirettamente dalla Wanadoo SA, di sottoporsi a un accertamento in forza dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

15      I punti 1 e 5-13 di questa decisione così recitano:

«La Commissione (…) ha ricevuto informazioni secondo cui la Wanadoo pratica tariffe per l’accesso a internet con linea ADSL rivolte al grande pubblico francese di cui alcune non coprono i costi variabili e altre sono inferiori ai costi totali. Stando ai dati disponibili, le tariffe rientrano in un disegno volto all’eliminazione dei concorrenti. Inoltre, dalle informazioni ottenute emerge che il margine economico ridotto tra le tariffe al dettaglio interessate e le offerte all’ingrosso (…) [l’opzione 5] della France Télécom origina una compressione dei prezzi a scapito [d]egli operatori concorrenti che intendono proporre l’accesso a internet ad alta velocità per la clientela residenziale in base all’opzione 5 della France Télécom.

(…)

Secondo le informazioni in possesso della Commissione, da un’analisi condotta sulla base di previsioni si evince che almeno tre [delle dieci offerte interessate dalla decisione impugnata, citate ai precedenti punti 7 e 10] (ossia le due offerte “personalizzate” a 128 kbit/s e l’offerta “personalizzata” a 512 kbit/s/24 mesi) non coprono i loro costi variabili. Perlomeno altre due offerte a 512 kbit/s (l’offerta “personalizzata” 12 mesi e l’offerta illimitata 24 mesi) non coprono i loro costi totali.

Alla Commissione sono pervenute altresì informazioni secondo cui le offerte interessate rientrerebbero in una strategia per bloccare e reprimere i concorrenti.

A ciò si aggiunga che, in base alle informazioni in possesso della Commissione, nonostante la riduzione della tariffe relative all’opzione 5 avvenuta nel gennaio 2004, il margine economico tra le nuove tariffe al dettaglio praticate dalla Wanadoo e l’opzione 5 è insufficiente e impedisce agli operatori concorrenti che basano la loro offerta sull’opzione 5 di competere con la Wanadoo a condizioni eque.

Nella decisione (…) 16 luglio 2003 la Commissione ha concluso che la Wanadoo occupava una posizione dominante sul mercato francese dell’accesso a internet ad alta velocità per la clientela residenziale. Le informazioni ricevute dalla Commissione indicano che questa conclusione è valida ancora oggi.

È molto probabile che le offerte inferiori ai costi praticate dalla Wanadoo e il margine ridotto esistente tra queste offerte e le tariffe relative all’opzione 5 abbiano limitato l’accesso sul mercato dei concorrenti – francesi o con sede in altri Stati membri – e messo a repentaglio i concorrenti già presenti. Stando alle informazioni a disposizione, la maggior parte dei concorrenti della Wanadoo ha dovuto allinearsi alle nuove offerte e l’intero mercato dell’ADSL in Francia registra attualmente un margine negativo.

Il tipo di pratiche descritte in precedenza si traduce nell’imposizione di prezzi di vendita non equi. Qualora ne venisse provata l’esistenza, siffatte pratiche costituirebbero un abuso di posizione dominante e, pertanto, una violazione dell’art. 82 [CE].

Per poter valutare tutti i fatti pertinenti relativi alle pratiche asserite e l’ambito dell’abuso asserito, la Commissione deve effettuare accertamenti a norma dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003.

Secondo le informazioni in possesso della Commissione, è molto probabile che tutti i dati inerenti alle pratiche summenzionate, in particolare le informazioni che consentono di stabilire il livello di copertura dei costi e quelle pertinenti alla strategia per bloccare e reprimere i concorrenti, siano state rese note solo ad alcuni membri del personale della France Télécom e/o della Wanadoo. La documentazione esistente in merito alle pratiche presunte si limita, con ogni probabilità, allo stretto necessario ed è custodita in luoghi e sotto forme tali da renderla facilmente dissimulabile, occultabile o eliminabile in caso di indagine.

Al fine di garantire l’efficacia del presente accertamento, è quindi fondamentale effettuare l’ispezione senza darne previa comunicazione alle imprese destinatarie della presente [d]ecisione. Pertanto, occorre adottare una [d]ecisione a norma dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003, con cui si ordina alle imprese di sottoporsi a un accertamento».

16      L’art. 1 della decisione impugnata dispone quanto segue:

«La France Télécom (…) e la Wanadoo (…)

sono tenute a sottoporsi a un accertamento relativo a una presunta imposizione di prezzi di vendita non equi nel settore dell’accesso a internet ad alta velocità per la clientela residenziale, in contrasto con l’art. 82 [CE], nell’intento di bloccare e reprimere i concorrenti. L’accertamento può essere effettuato in tutti gli uffici delle imprese (…).

La France Télécom (…) e la Wanadoo (…) permettono agli agenti e alle altre persone che li accompagnano incaricati dalla Commissione di effettuare l’accertamento e agli agenti dell’autorità competente dello Stato membro interessato nonché agli agenti da essa incaricati o designati che li coadiuvano l’accesso a tutti i loro uffici, terreni e mezzi di trasporto nel consueto orario di apertura. Queste imprese mettono a disposizione i libri contabili e altri documenti professionali, su qualunque tipo di supporto, chiesti dagli agenti e dalle altre persone di cui sopra e consentono loro di controllare in loco i libri contabili e gli altri documenti professionali in questione nonché di trattenerne o ottenerne, sotto qualunque forma, una copia o un estratto. Esse provvedono a fornire senza indugio, in loco, tutti i chiarimenti orali necessari ai predetti agenti e alle altre persone in relazione a fatti o documenti inerenti all’oggetto e allo scopo dell’accertamento, facendo in modo che qualsiasi rappresentante o membro del personale fornisca le delucidazioni richieste. Esse permettono ai [predetti] agenti e alle altre persone di registrare tali precisazioni, sotto qualunque forma».

17      La decisione impugnata indica infine, all’art. 2, la data di avvio dell’accertamento. In fine, riporta le circostanze in presenza delle quali la Commissione può infliggere alle imprese destinatarie della decisione ammende e penalità di mora in conformità degli artt. 23 e 24 del regolamento n. 1/2003 e indica che, qualora un’impresa destinataria si opponga all’accertamento ordinato, lo Stato membro interessato presta agli agenti e alle altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione l’assistenza necessaria per l’esecuzione degli accertamenti ai sensi dell’art. 20, n. 6, del regolamento n. 1/2003. La decisione inoltre fa riferimento alla possibilità di proporre ricorso avverso la medesima dinanzi al Tribunale e riporta in allegato alcuni brani del regolamento n. 1/2003.

18      In virtù di tale decisione, la Commissione ha chiesto assistenza alle autorità francesi in applicazione dell’art. 20, n. 5, del regolamento n. 1/2003. Con domanda di avvio di un’indagine presentata il 25 maggio 2004 il Ministro francese dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria ha ordinato al direttore della direzione nazionale delle indagini in materia di concorrenza, consumo e lotta contro le frodi di adottare tutte le misure necessarie alla realizzazione dell’indagine definita dalla Commissione nella decisione impugnata. A tal fine quest’ultimo ha adito il giudice delle libertà e della detenzione presso la corte d’appello di Nanterre (in prosieguo: il «giudice delle libertà») per ottenere l’autorizzazione a procedere o a incaricare un accertamento nella sede della France Télécom e della Wanadoo e di fornire assistenza alla Commissione. Tale domanda è corredata della decisione impugnata.

19      Con ordinanza 27 maggio 2004 il giudice delle libertà ha concesso l’autorizzazione richiesta, consentendo in particolare agli inquirenti francesi designati di esercitare i poteri spettanti loro in virtù degli artt. L 450‑4 e L 470‑6 del codice commerciale francese.

20      La decisione impugnata è stata notificata alla Wanadoo il 2 giugno 2004, subito prima dell’avvio dell’accertamento, che è terminato il 4 giugno 2004.

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto depositato il 10 agosto 2004 presso la cancelleria del Tribunale, la Wanadoo ha proposto al Tribunale il presente ricorso.

22      Il 1° settembre 2004 la Wanadoo si è fusa con la società controllante France Télécom, che è subentrata nei diritti della ricorrente.

23      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

24      Le parti hanno svolto le proprie difese orali e presentato le proprie risposte ai quesiti orali del Tribunale all’udienza dell’8 giugno 2006.

25      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

27      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del suo ricorso, relativi, rispettivamente, alla violazione dell’art. 10 CE e del regolamento n. 1/2003, alla violazione dell’obbligo della Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, all’insufficienza della motivazione, alla violazione del principio di proporzionalità e all’esistenza di un errore manifesto di valutazione.

 Sul primo motivo relativo alla violazione dell’art. 10 CE e del regolamento n. 1/2003

 Sul primo capo inerente alla violazione dell’obbligo di leale cooperazione con i giudici nazionali

–       Argomenti delle parti

28      La ricorrente fa valere che, secondo la giurisprudenza, l’art. 10 CE impone alle istituzioni comunitarie reciproci obblighi di leale cooperazione con gli Stati membri, in particolare con i giudici nazionali. Il regolamento n. 1/2003 andrebbe letto alla luce di questa disposizione.

29      In forza di tale obbligo di leale cooperazione, la Commissione dovrebbe vigilare affinché l’autorità nazionale competente a verificare se i provvedimenti coercitivi proposti non siano arbitrari o sproporzionati rispetto all’oggetto dell’accertamento disponga di tutti gli elementi necessari a consentirle di esercitare tale controllo. Conformemente alla sentenza della Corte 22 ottobre 2002, causa C‑94/00, Roquette Frères (Racc. pag. I‑9011), la Commissione dovrebbe quindi informare il giudice nazionale competente delle caratteristiche essenziali dell’infrazione sospettata.

30      Nel caso di specie, la Commissione avrebbe violato tale obbligo di leale cooperazione sotto vari profili, il che dovrebbe comportare la nullità della decisione impugnata.

31      In primo luogo, la Commissione avrebbe celato al giudice delle libertà la decisione resa dal Conseil de la concurrence l’11 maggio 2004, il procedimento avviato dinanzi allo stesso Conseil e le ingiunzioni contenute nella decisione 16 luglio 2003. Di conseguenza, la Commissione avrebbe omesso di informare con la dovuta lealtà il giudice nazionale in ordine alla natura e alla gravità della presunta infrazione.

32      In secondo luogo, la decisione impugnata occulterebbe l’analisi condotta dal Conseil de la concurrence, il quale, dubitando dell’esistenza della presunta infrazione, sarebbe contrario alle tesi della Commissione. In particolare, il rigetto della domanda di misure cautelari non sarebbe motivato dalla mancanza d’urgenza, bensì dal fatto che le pratiche tariffarie in causa non avevano messo a repentaglio i concorrenti della ricorrente.

33      In terzo luogo, la Commissione avrebbe, da un lato, fatto riferimento all’intenzione della ricorrente di occultare documenti, pur non essendoci elementi che lo facessero supporre e, dall’altro, omesso di informare il giudice delle libertà di non aver necessità di ricorrere ad accertamenti o all’assistenza delle autorità nazionali per raccogliere i dati che le hanno consentito di adottare la decisione 16 luglio 2003.

34      Se fosse stato a conoscenza di tali elementi, il giudice delle libertà avrebbe valutato diversamente il carattere non arbitrario o proporzionato delle misure coercitive richieste. Inoltre, facendo affidamento sulla lealtà della Commissione, non le avrebbe chiesto ulteriori informazioni.

35      Infine, la ricorrente afferma di essersi sottoposta agli accertamenti soltanto perché le era stata notificata l’ordinanza del giudice delle libertà. In ogni caso, la legittimità della decisione impugnata dovrebbe essere valutata unicamente in funzione degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data della sua adozione.

36      In primo luogo, la Commissione replica che l’argomento della ricorrente è inconferente.

37      Da un lato, il fatto di aver taciuto la decisione del Conseil de la concurrence non sarebbe pertinente, in quanto la ricorrente ha accettato di sottoporsi alla decisione di accertamento, di per sé restrittiva, senza che la Commissione abbia dovuto chiedere l’assistenza delle autorità nazionali ai sensi dell’art. 20, n. 6, del regolamento n. 1/2003. L’ordinanza del giudice delle libertà quindi non avrebbe sortito alcun effetto. Per di più, è proprio quest’ordinanza che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare se riteneva che il giudice delle libertà non disponesse di informazioni sufficienti per rendere la sua decisione.

38      Dall’altro lato, anche supponendo che il giudice delle libertà non fosse sufficientemente informato per poter verificare la proporzionalità delle misure coercitive proposte, ciò sarebbe privo di incidenza sulla legittimità della decisione impugnata. Infatti, in questo caso, il giudice avrebbe potuto soltanto respingere le misure coercitive richieste.

39      In secondo luogo, l’obbligo di leale cooperazione imposto dall’art. 10 CE non potrebbe essere invocato autonomamente da un singolo per ottenere l’annullamento di un atto, a meno che l’asserita violazione di questo articolo non comporti la violazione di un’altra norma del diritto comunitario. A questo proposito non sarebbe sufficiente un richiamo generico al regolamento n. 1/2003.

40      In terzo luogo, la Commissione fa valere di aver comunque fornito al giudice delle libertà tutti gli elementi necessari affinché esso verificasse che le misure coercitive richieste fossero non arbitrarie e proporzionate rispetto all’oggetto degli accertamenti. Essa sottolinea che il giudice nazionale non è competente a verificare la necessità e la fondatezza della misura d’ispezione ordinata, la ripartizione del lavoro nell’ambito della rete europea di concorrenti o i potenziali effetti delle pratiche tariffarie dell’impresa in questione sul mercato di cui trattasi.

41      Pertanto, né il procedimento dinanzi al Conseil de la concurrence né la decisione di quest’ultimo sarebbero stati necessari o utili al giudice delle libertà per consentirgli di esercitare il proprio sindacato. Ne consegue che l’argomento della ricorrente contravverrebbe all’art. 20, n. 8, del regolamento n. 1/2003. La decisione 16 luglio 2003 sarebbe citata invece nella decisione impugnata e sarebbe stato compito del giudice nazionale, se lo avesse ritenuto necessario, chiedere ulteriori informazioni alla Commissione.

42      In subordine, la Commissione aggiunge che la decisione del Conseil de la concurrence avalla la conclusione secondo cui sussistevano motivi sufficienti per procedere all’accertamento e che il rigetto della domanda di misure cautelari non è pertinente, non essendo inerente al merito, bensì alla mancanza d’urgenza.

43      Così, la decisione impugnata conterrebbe tutti i chiarimenti necessari e utili per consentire al giudice nazionale di effettuare la verifica incombentegli: ne emergerebbe in maniera circostanziata che la Commissione disponeva nel suo fascicolo di indizi gravi che le consentivano di sospettare infrazioni alle norme della concorrenza, ed informerebbe il giudice nazionale in ordine alle caratteristiche essenziali dell’infrazione sospettata, a ciò che si ricercava e agli elementi che dovevano essere oggetto dell’accertamento, in conformità della giurisprudenza.

44      In quarto luogo, l’argomento relativo alla mancanza di intento dissimulatorio non sarebbe pertinente.

45      La Commissione conclude che, con questo primo capo, la ricorrente tenta di ottenere un risultato equivalente all’annullamento dell’ordinanza del giudice delle libertà e che esso dev’essere conseguentemente respinto.

–       Giudizio del Tribunale

46      In limine occorre sottolineare che, a differenza di quanto sostiene la Commissione, dall’argomento della ricorrente si evince chiaramente che essa non invoca la violazione dell’art. 10 CE e, quindi, del principio della leale cooperazione a titolo autonomo, bensì che essa fa valere la violazione di questo articolo in relazione a una violazione del regolamento n. 1/2003.

47      A questo proposito il Tribunale rileva che le modalità di attuazione dell’obbligo di leale cooperazione discendente dall’art. 10 CE e cui la Commissione è tenuta nell’ambito delle sue relazioni con gli Stati membri (sentenza della Corte 10 febbraio 1983, causa 230/81, Lussemburgo/Parlamento, Racc. pag. 255, punto 37, e ordinanza della Corte 13 luglio 1990, causa C‑2/88 IMM, Zwartveld e a., Racc. pag. I‑3365, punto 17) sono state definite, per quanto riguarda le relazioni che si stabiliscono nell’ambito degli accertamenti effettuati dalla Commissione ai fini dell’individuazione di infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE, dall’art. 20 del regolamento n. 1/2003, in cui figurano le modalità secondo cui la Commissione, le autorità nazionali garanti della concorrenza e i giudici nazionali devono cooperare qualora la Commissione abbia deciso di procedere a un accertamento nel quadro di tale regolamento.

48      Così, l’art. 20 del regolamento n. 1/2003 autorizza la Commissione a procedere agli accertamenti su presentazione di un mandato scritto in conformità del n. 3 del detto art. 20 o mediante decisione che obbliga le imprese a sottoporvisi ai sensi del n. 4 del medesimo articolo. Se la Commissione procede ad accertamenti a norma dell’art. 20, n. 3, è tenuta, in conformità di questa disposizione, ad avvisare in tempo utile l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio essi devono essere compiuti. Se la Commissione effettua gli accertamenti in forza del n. 4, è tenuta, ai sensi di quest’ultimo, ad adottare la decisione che ordina gli accertamenti dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio gli accertamenti devono essere effettuati.

49      In virtù dell’art. 20, n. 6, del regolamento n. 1/2003, l’assistenza delle autorità nazionali è necessaria per l’esecuzione degli accertamenti qualora l’impresa interessata vi si opponga e se tale assistenza richiede l’autorizzazione di un’autorità giudiziaria, essa dev’essere richiesta in conformità del n. 7. A norma del n. 8, l’autorità giudiziaria nazionale è allora incaricata di controllare l’autenticità della decisione della Commissione che ordina gli accertamenti e di verificare che le misure coercitive previste ai fini dell’esecuzione degli accertamenti non siano né arbitrarie né sproporzionate rispetto all’oggetto degli accertamenti di cui trattasi, ove il controllo della legittimità della decisione della Commissione è, tuttavia, riservato ai giudici comunitari.

50      Ne consegue che l’art. 20 del regolamento n. 1/2003 distingue nettamente tra, in particolare, le decisioni adottate dalla Commissione in base al n. 4 di questo articolo, da un lato, e la richiesta di assistenza presentata all’autorità giudiziaria nazionale ai sensi del n. 7 della medesima disposizione, dall’altro lato.

51      Se è vero che i giudici comunitari hanno competenza esclusiva nel sindacato di legittimità di una decisione adottata dalla Commissione a norma dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003, come emerge in special modo dal n. 8, in fine, di questo articolo, spetta invece unicamente al giudice nazionale, cui l’autorizzazione a ricorrere a misure coercitive venga richiesta ai sensi dell’art. 20, n. 7, del regolamento n. 1/2003, assistito, se del caso, dalla Corte di giustizia nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, fermo restando l’esperimento di eventuali mezzi di ricorso nazionali, stabilire se le informazioni trasmesse dalla Commissione nell’ambito di questa richiesta gli consentano di esercitare il controllo conferitogli dall’art. 20, n. 8, del regolamento n. 1/2003 e, pertanto, di pronunciarsi utilmente sulla domanda che gli è stata presentata [v. in tal senso, a proposito del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), sentenza Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punti 39, 67 e 68].

52      L’autorità giudiziaria nazionale adita nell’ambito dell’art. 20, n. 7, del regolamento n. 1/2003 può chiedere, a norma del n. 8 di questo articolo e secondo la giurisprudenza (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenza Roquette Frères, cit. supra al punto 29), precisazioni alla Commissione, in particolare, sui motivi per i quali essa sospetta un’infrazione agli artt. 81 CE e 82 CE, sulla gravità della presunta infrazione e sulla natura del coinvolgimento dell’impresa interessata. Un controllo del Tribunale che eventualmente si concludesse con la constatazione dell’insufficienza delle informazioni trasmesse dalla Commissione a questa autorità comporterebbe un riesame da parte del Tribunale della valutazione, già effettuata dalla detta autorità, del carattere sufficiente delle informazioni. Orbene, tale controllo è inammissibile, poiché la valutazione effettuata dall’autorità giudiziaria nazionale è soggetta unicamente ai controlli conseguenti all’esperimento dei mezzi di ricorso offerti dal diritto interno avverso le decisioni di tale autorità.

53      Pertanto, gli argomenti dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo primo motivo di ricorso devono essere interamente respinti in quanto inconferenti, atteso che essi, contestando il contenuto della decisione impugnata, comportano una rimessa in discussione, da parte del Tribunale, della valutazione operata dal giudice delle libertà nell’ambito dell’art. 20, n. 8, del regolamento n. 1/2003 in ordine al carattere sufficiente delle informazioni che la Commissione gli ha presentato per ottenere l’autorizzazione richiesta a norma dell’art. 20, n. 7, del regolamento. Infatti il Tribunale non è competente a verificare come il giudice nazionale adito nell’ambito di questa disposizione adempia il compito affidatogli dall’art. 20, n. 8.

54      Peraltro, va rammentato che la legittimità di un atto dev’essere valutata in base alla situazione di diritto e di fatto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (sentenze della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione, Racc. pag. 321, punto 7, e del Tribunale 15 luglio 2004, causa T‑384/02, Valenzuela Marzo/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑235 e II‑1035, punto 98). Pertanto, l’uso di una decisione che ordina un accertamento o la valutazione degli elementi in essa contenuti da parte dell’autorità giudiziaria nazionale nell’ambito di una domanda presentata dalla Commissione a norma dell’art. 20, n. 7, del regolamento n. 1/2003 non incide sulla legittimità della decisione che ordina l’accertamento.

55      Nel quadro del presente motivo, è quindi alla luce dei soli elementi richiesti dall’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003, come interpretato dalla giurisprudenza, che si deve valutare la fondatezza degli argomenti con cui la ricorrente denuncia un inadempimento da parte della Commissione del suo obbligo di leale cooperazione.

56      A tale riguardo, l’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 definisce gli elementi essenziali che devono figurare in una decisione che ordina un accertamento e prescrive alla Commissione di precisare l’oggetto e lo scopo degli accertamenti ordinati, la relativa data di inizio e le sanzioni previste dagli artt. 23 e 24 di detto regolamento nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi al giudice comunitario avverso tale decisione.

57      La motivazione delle decisioni con cui si ordina un accertamento è quindi diretta non solo ad evidenziare le giustificazioni alla base dell’intervento previsto all’interno delle imprese interessate, ma anche a consentire alle medesime di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione pur facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenze della Corte 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. I‑2859, punto 29, e Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 47).

58      L’obbligo incombente alla Commissione di indicare l’oggetto e lo scopo di un accertamento rappresenta infatti una garanzia fondamentale per i diritti della difesa delle imprese interessate e, di conseguenza, la portata dell’obbligo di motivazione delle decisioni di accertamento non può essere limitata in base a considerazioni relative all’efficacia dell’indagine. In proposito, la Commissione, anche se non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione di accertamento tutte le informazioni di cui è in possesso quanto ad asserite infrazioni, né a delimitare precisamente il mercato di cui trattasi, né a procedere a una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse, né a indicare il periodo durante il quale le infrazioni sarebbero state commesse, deve però indicare, in maniera il più possibile precisa, gli indizi che intende verificare, vale a dire ciò che si ricerca e gli elementi che devono essere oggetto dell’accertamento (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenze della Corte 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione, Racc. pag. 3137, punto 10; Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 57, punto 41, e Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 48).

59      A tal fine la Commissione è tenuta altresì a evidenziare, nella decisione con cui ordina un accertamento, la descrizione delle caratteristiche essenziali dell’infrazione sospettata, indicando il mercato che si presume interessato e la natura delle sospettate infrazioni alla concorrenza, le spiegazioni quanto al modo in cui l’impresa interessata dall’accertamento è presumibilmente implicata nell’infrazione, l’oggetto della ricerca e gli elementi su cui deve vertere l’accertamento, nonché i poteri conferiti agli inquirenti comunitari (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenze della Corte 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic/Commissione, Racc. pag. 2033, punto 26, e Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punti 81, 83 e 99).

60      Per dimostrare il carattere motivato dell’accertamento la Commissione è tenuta a evidenziare in maniera circostanziata, nella decisione con cui ordina un accertamento, che dispone di elementi e di indizi sostanziali gravi che la inducono a sospettare l’infrazione a carico dell’impresa interessata dall’accertamento (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenza Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punti 55, 61 e 99).

61      Nel caso di specie è giocoforza constatare che, se è vero che la decisione impugnata, riportata ai precedenti punti 15‑17, è formulata in termini generali, tuttavia essa contiene gli elementi essenziali prescritti dall’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 e dalla giurisprudenza. Essa precisa l’oggetto e lo scopo dell’accertamento, evidenziando le caratteristiche essenziali dell’infrazione sospettata, indicando il mercato che si presume interessato – l’accesso a Internet ad alta velocità per la clientela residenziale in Francia –, la natura delle sospettate restrizioni della concorrenza messe in atto dalla ricorrente – pratiche tariffarie presumibilmente contrarie all’art. 82 CE –, spiegazioni quanto al modo in cui la ricorrente è presumibilmente implicata nell’infrazione – ne sarebbe all’origine –, ciò che si ricerca e gli elementi che devono essere oggetto dell’accertamento – informazioni inerenti a tali pratiche, in particolare elementi che permettano di determinare il livello di copertura dei costi della ricorrente e relativi a una strategia per bloccare e reprimere i concorrenti, elementi che potrebbero essere stati comunicati solo ad alcuni membri del personale della France Télécom e/o della ricorrente, reperibili in qualsiasi ufficio dell’impresa, nei suoi libri contabili e altri documenti commerciali e, se del caso, oralmente –, i poteri conferiti agli inquirenti comunitari, la data di inizio dell’accertamento – il 2 giugno 2004 –, le sanzioni previste agli artt. 23 e 24 del regolamento n. 1/2003 e la possibilità di impugnare tale decisione dinanzi al Tribunale.

62      Quanto al carattere motivato dell’ispezione, la decisione impugnata evidenzia in maniera circostanziata che la Commissione disponeva, nel proprio fascicolo, di elementi e di indizi seri che legittimavano il sospetto di violazioni delle norme sulla concorrenza da parte della ricorrente. In tal senso, la Commissione afferma in particolare di aver ricevuto informazioni secondo cui la ricorrente praticherebbe tariffe d’accesso a Internet con linea ADSL a destinazione del grande pubblico in Francia di cui alcune non coprirebbero i costi variabili e altre sarebbero inferiori ai costi totali, rientranti in un disegno volto all’eliminazione dei concorrenti e atte a costituire una violazione dell’art. 82 CE. Inoltre, precisa che un’analisi condotta sulla base di dati previsionali avrebbe effettivamente dimostrato che talune offerte della ricorrente, individuate nella decisione impugnata, non coprivano i loro costi, variabili o totali.

63      In contrasto con quanto sostiene la ricorrente, né il procedimento pendente dinanzi al Conseil de la concurrence, né la decisione di detto Conseil, né le ingiunzioni contenute nella decisione 16 luglio 2003 consentono di concludere che l’accertamento deciso nel caso di specie non era motivato.

64      Nonostante nella sua decisione 11 maggio 2004 il Conseil de la concurrence affermi che «sembra che né il settore né le imprese che ne fanno parte abbiano subito un danno grave e immediato a seguito delle pratiche tariffarie della Wanadoo», come ha sottolineato la ricorrente, esso considera tuttavia che «non si può escludere che talune pratiche tariffarie attuate dalla Wanadoo rientrino nell’ambito di applicazione (...) dell’art. 82 [CE] visto che riguarderebbero una parte sostanziale del territorio nazionale». Il Conseil ha altresì rilevato in tale decisione che la ricorrente deteneva una posizione dominante sul mercato di cui trattasi; che talune stime di redditi formulate dalla ricorrente sembravano «poco verosimili»; che, per le offerte «eXtense 128k/20h Fidélité» e «eXtense 512k/5Go Fidélité», pareva che la ricorrente avesse venduto a prezzi inferiori ai suoi costi variabili, il che costituirebbe, secondo la decisione in questione, una forte presunzione di azioni predatorie conformemente alla giurisprudenza comunitaria, e che, in certi casi, le offerte «eXtense 128k/20h», «eXtense 512k/5Go Fidélité» ed «eXtense 512k Fidélité» non potevano coprire i loro costi totali.

65      Il fatto che si tratti di una decisione di rigetto delle misure cautelari richieste non è pertinente, dato che il Conseil de la concurrence ha motivato tale rigetto con la mancanza di danno grave e immediato per il settore o le imprese del settore e con l’assenza di danno immediato per il consumatore, in altre parole con la mancanza di urgenza e non con l’infondatezza manifesta del reclamo sottopostogli.

66      Per di più, dalla decisione impugnata risulta che, nonostante le ingiunzioni figuranti nella decisione 16 luglio 2003, la Commissione aveva ricevuto informazioni secondo cui la ricorrente non vi si era probabilmente conformata. Inoltre la ricorrente non dimostra che gli elementi e gli indizi gravi di cui la Commissione parla nella decisione impugnata non potessero giustificare il ricorso all’ispezione. Pertanto il carattere immotivato di quest’ultima non è provato.

67      È pacifico infine che la ricorrente era a conoscenza del procedimento pendente dinanzi al Conseil de la concurrence, della decisione del Conseil de la concurrence e delle ingiunzioni contenute nella decisione 16 luglio 2003. Pertanto, il fatto che tali elementi non siano stati menzionati nella decisione impugnata non ha potuto produrre l’effetto di ledere i diritti della difesa o impedirle di comprendere la portata del suo dovere di collaborazione con la Commissione al momento degli accertamenti.

68      Alla luce di tutto quanto precede, occorre constatare che gli obblighi incombenti alla Commissione ai sensi dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 sono stati adempiuti e che, di conseguenza, il primo capo del primo motivo non può essere accolto.

 Sul secondo capo relativo alla violazione della ripartizione delle competenze e dell’obbligo di leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza previste dal regolamento n. 1/2003

–       Argomenti delle parti

69      La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato la ripartizione delle competenze disposta dal regolamento n. 1/2003 e dalle relative norme di applicazione ed è venuta meno al suo obbligo di leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza a norma dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’art. 10 CE.

70      Il regolamento n. 1/2003 avrebbe decentrato il diritto comunitario in materia di concorrenza in base, da un lato, al principio della sussidiarietà, previsto dal regolamento n. 1/2003, e, dall’altro, al principio della cooperazione tra le autorità preposte all’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza. A tal fine il regolamento n. 1/2003 avrebbe istituito una rete europea di concorrenza e un sistema di competenze e di cooperazione tra i membri della rete. Detto principio della cooperazione sarebbe evocato, in particolare, all’art. 11, n. 1, del regolamento n. 1/2003, nella comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43; in prosieguo: la «comunicazione») e nella dichiarazione comune del Consiglio e della Commissione 10 dicembre 2002 sul funzionamento della rete delle autorità garanti della concorrenza (dichiarazione iscritta nel verbale della riunione del Consiglio relativa all’adozione del regolamento n. 1/2003, documento n. 15435/02 ADD 1; in prosieguo: la «dichiarazione comune»).

71      Sulla base di questi due principi, la Commissione avrebbe definito nella comunicazione i criteri di attribuzione dei casi tra i membri della rete, criteri che la decisione impugnata avrebbe infranto. In primo luogo, ai sensi della comunicazione, il Conseil de la concurrence sarebbe l’autorità nella posizione idonea per trattare il caso in questione e la Commissione non sarebbe in una posizione migliore. Pertanto, l’esito degli accertamenti non potrebbe essere quello di spogliare del caso il Conseil de la concurrence e riattribuirlo alla Commissione, ragion per cui gli accertamenti ordinati non sarebbero legittimi. In secondo luogo, l’intervento diretto della Commissione sarebbe ingiustificato, dato che il Conseil de la concurrence dispone di poteri in materia di accertamenti e che la Commissione avrebbe potuto chiedergli di esercitarli. In terzo luogo, anche qualora la decisione impugnata dovesse essere ritenuta legittima, la Commissione avrebbe dovuto applicare l’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e, quindi, associare il Conseil de la concurrence nelle misure d’ispezione nonché delegargli tutti i compiti possibili.

72      La Commissione replica, in via principale, che il presente capo, in quanto relativo alla violazione della ripartizione delle competenze derivante dal regolamento n. 1/2003, è irricevibile, giacché non precisa il motivo dell’annullamento. In tal senso, non sarebbero invocate disposizioni precise del regolamento. In realtà, il Trattato CE e il regolamento n. 1/2003 stabilirebbero competenze parallele per l’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE. La dichiarazione comune e la comunicazione conterrebbero di per sé solo indicazioni sul modo in cui le autorità della rete possono coordinare i loro interventi e preserverebbero la competenza della Commissione a intervenire in qualsiasi momento avverso qualunque tipo di infrazione agli artt. 81 CE e 82 CE.

73      Per quanto riguarda il principio della sussidiarietà, il regolamento n. 1/2003 si limiterebbe innanzitutto a indicare che la sua adozione non va al di là di quanto necessario per consentire un’applicazione efficace delle norme del Trattato, senza tuttavia incidere sui poteri della Commissione di procedere alle indagini. Inoltre, visto che la Commissione dispone della competenza per applicare direttamente il Trattato CE in casi specifici, il principio della sussidiarietà non potrebbe essere interpretato in modo tale da privarla di questa competenza. Infine, il richiamo al principio di sussidiarietà sarebbe infondato, in quanto l’intervento della Commissione si sarebbe limitato a una fase d’indagine preliminare, anteriore alla decisione da parte della Commissione in ordine all’eventuale opportunità di avviare un procedimento.

74      Peraltro, la comunicazione sarebbe priva di effetti giuridici vincolanti e, inoltre, l’interpretazione dei criteri di attribuzione dei casi effettuata dalla ricorrente sarebbe errata. Infatti la Commissione conserverebbe sempre la facoltà di avocare a sé un caso in qualsiasi momento. Ad abundantiam, la Commissione aggiunge, da un lato, che taluni elementi della fattispecie fanno propendere per la trattazione del merito del caso da parte dei suoi servizi e, dall’altro, che la sua decisione di procedere ad accertamenti e di trattare essa stessa il merito del caso è stata oggetto di concertazione con le autorità francesi. In ogni caso, la legittimità della decisione impugnata non dipenderebbe dal fatto che sia stata o meno oggetto di discussioni preliminari e di una stretta concertazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza, poiché l’unico obbligo della Commissione a questo proposito sarebbe quello previsto dall’art. 20, n. 4, ultima frase, del regolamento n. 1/2003, del quale la ricorrente non farebbe valere la violazione.

75      Infine l’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1/2003 non inciderebbe sulla legittimità della decisione impugnata. Infatti il regolamento non imporrebbe alla Commissione di delegare taluni compiti alle autorità nazionali.

76      Dalle considerazioni che precedono, la Commissione deduce di non aver violato nessun obbligo di cooperazione con le autorità francesi garanti della concorrenza.

–       Giudizio del Tribunale

77      In limine, occorre respingere l’argomento della Commissione secondo cui il presente capo sarebbe irricevibile in quanto relativo alla violazione della ripartizione delle competenze derivante dal regolamento n. 1/2003. Infatti, la mancata individuazione di una precisa disposizione del regolamento al riguardo non è atta a rendere irricevibile questa parte dell’argomento della ricorrente, poiché la ricorrente fa valere in sostanza la violazione di un sistema di ripartizione delle competenze, derivante dal regolamento n. 1/2003, e la questione dell’esistenza effettiva di tale sistema costituisce uno dei fondamenti del suo argomento.

78      Occorre esaminare dunque se, con la decisione impugnata, la Commissione abbia violato la ripartizione delle competenze o l’obbligo di leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza discendenti dal principio di sussidiarietà, dall’art. 11, n. 1, del regolamento n. 1/2003, dalla comunicazione, dalla dichiarazione comune e dall’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

79      Per quanto attiene, in primo luogo, alla ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza, si deve osservare che il regolamento n. 1/2003 pone fine al regime centralizzato precedentemente in essere e organizza, secondo il principio della sussidiarietà, un’associazione più ampia di autorità nazionali garanti della concorrenza, autorizzandole a tal fine ad attuare il diritto comunitario in materia di concorrenza. Tuttavia, l’economia del regolamento si fonda sulla stretta collaborazione destinata a svilupparsi tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri organizzate in rete, ove la Commissione ha il compito di stabilire le modalità specifiche di questa collaborazione. Inoltre detto regolamento non rimette in causa la competenza generale che la giurisprudenza riconosce alla Commissione (sentenza della Corte 14 dicembre 2000, causa C‑344/98, Masterfoods, Racc. pag. I‑11369, punti 46 e 48). In forza del regolamento n. 1/2003, la Commissione dispone infatti di un potere d’indagine molto ampio ed è autorizzata in ogni caso a decidere l’avvio di un procedimento in relazione a un’infrazione, il che priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della medesima competenza. Pertanto, essa conserva un ruolo predominante nell’accertamento delle infrazioni.

80      Di conseguenza la ricorrente interpreta in modo errato la cooperazione istituita dal regolamento n. 1/2003 tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Nessuna disposizione del regolamento detta criteri di ripartizione delle competenze come quelli invocati dalla ricorrente, in base ai quali la Commissione non sarebbe autorizzata a procedere ad accertamenti qualora lo stesso caso sia già stato sottoposto ad un’autorità nazionale garante della concorrenza. Per contro, l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 prevede, con riserva di una semplice consultazione dell’autorità nazionale interessata, che la Commissione conservi la possibilità di avviare un procedimento per l’adozione di una decisione anche qualora un’autorità nazionale si stia già occupando del caso.

81      Pertanto la Commissione deve a fortiori poter procedere ad accertamenti come quelli ordinati nel caso di specie. Infatti una decisione che ordina un’ispezione costituisce solo un atto preparatorio alla trattazione nel merito di un caso, che non comporta l’avvio formale del procedimento ai sensi dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, in quanto una siffatta decisione d’ispezione non manifesta di per sé la volontà della Commissione di adottare una decisione nel merito del caso (v. in tal senso, a proposito del regolamento n. 17, sentenza della Corte 6 febbraio 1973, causa 48/72, Brasserie de Haecht, Racc. pag. 77, punto 16). Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento n. 1/2003 precisa d’altronde che la Commissione dovrebbe disporre del potere di svolgere gli accertamenti necessari per individuare le infrazioni all’art. 82 CE, e l’art. 20, n. 1, dello stesso regolamento dispone espressamente che, per l’assolvimento dei compiti affidatile dal regolamento in questione, la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari.

82      Ne consegue che il regolamento n. 1/2003 non stabilisce alcun sistema di ripartizione delle competenze quale invocato dalla ricorrente. Pertanto, l’argomento relativo alla sua violazione non può essere accolto.

83      Per quanto riguarda, inoltre, la comunicazione, che, secondo la ricorrente, ripartirebbe equamente le competenze tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza e che sarebbe stata violata nella fattispecie, da un lato, occorre rilevare che al punto 4 essa indica che le consultazioni e gli scambi che avvengono nell’ambito della rete riguardano solo le autorità che agiscono nel pubblico interesse e che, secondo il punto 31, essa non conferisce alle imprese un diritto soggettivo a che il loro caso venga trattato da una determinata autorità. Pertanto, la ricorrente non è legittimata a sostenere che, ai sensi di questa comunicazione, il Conseil de la concurrence era l’unica autorità a poter trattare il caso in questione.

84      Dall’altro lato, è giocoforza constatare che l’argomento della ricorrente contrasta con la lettera stessa della comunicazione. Il punto 8 di quest’ultima, cui fa riferimento la ricorrente, indica effettivamente le condizioni in presenza delle quali un’autorità può essere considerata nella posizione idonea per trattare un caso. Ciò nonostante, l’utilizzo del verbo «potere» dimostra che si tratta di una semplice possibilità di ripartizione dei compiti, che non può essere ritenuta equivalente all’obbligo per la Commissione di non trattare un caso o di non effettuare indagini su un caso qualora le condizioni del punto 8 siano soddisfatte. Inoltre, ai sensi del punto 5 della comunicazione, ogni membro della rete continua a poter decidere in piena libertà se effettuare o meno indagini su un caso e il punto 55 prevede, in conformità del disposto dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, che la Commissione possa comunque riprendere un caso trattato da un’autorità nazionale. Quindi, essa deve parimenti poter procedere ad accertamenti. Pertanto, l’argomento della ricorrente relativo alla comunicazione è privo di fondamento.

85      In terzo luogo, quanto alla dichiarazione comune, il punto 3 precisa che essa ha natura politica e non crea alcun diritto né obbligo giuridico. La ricorrente, dunque, non può fondatamente invocare tale documento ai fini dell’annullamento di un atto di diritto comunitario pregiudizievole. In ogni caso il punto 22 della dichiarazione comune prevede che la Commissione può avocare a sé un caso anche se un’autorità nazionale garante della concorrenza lo sta già trattando, purché essa spieghi a tale autorità, nonché agli altri membri della rete, i motivi che la inducono ad applicare l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003. Orbene, in precedenza si è rilevato che la decisione impugnata non comporta l’applicazione dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 e che, di conseguenza, nella fattispecie la Commissione dev’essere considerata come autorizzata a procedere agli accertamenti.

86      Per quanto concerne, in quarto luogo, l’obbligo di leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza a norma dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’art. 10 CE, è sufficiente constatare che la disposizione del regolamento n. 1/2003 detta una regola generale secondo cui la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza sono tenute a operare in stretta collaborazione, ma non impone alla Commissione di astenersi dall’effettuare accertamenti su un caso del quale si stia occupando in parallelo un’autorità nazionale garante della concorrenza. Al contrario, dalle disposizioni analizzate in precedenza, in particolare dall’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, risulta che il principio di cooperazione implica che la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza possano, perlomeno nelle fasi preliminari dei casi che trattano, lavorare affiancate. La ricorrente non contesta peraltro che la Commissione abbia effettivamente avuto contatti con l’autorità nazionale interessata prima dell’adozione della decisione impugnata. Riguardo all’art. 10 CE, la ricorrente si limita a invocarne la violazione unicamente rinviando, a sostegno del suo argomento, all’art. 11, n. 1, del regolamento n. 1/2003. Ne consegue che la presunta violazione di questi articoli non è dimostrata.

87      In quinto luogo, per quanto attiene all’argomento relativo all’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1/2003, esso è ininfluente. Infatti questa disposizione prevede soltanto la possibilità per la Commissione di delegare una parte dei compiti affidatile alle autorità nazionali garanti della concorrenza, senza imporle obblighi al riguardo.

88      Infine, per quanto concerne, in sesto luogo, l’argomento relativo al principio di sussidiarietà di cui all’art. 5, secondo comma, CE, si deve ricordare che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

89      Nel caso di specie il riferimento al principio della sussidiarietà contenuto nel regolamento n. 1/2003 si limita a precisare che l’adozione del regolamento n. 1/2003 è conforme a tale principio. Inoltre, il protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato CE, precisa, al punto 3, che il principio di sussidiarietà non rimette in questione le competenze conferite alla Comunità dal Trattato, come interpretato dalla Corte (sentenza della Corte 12 luglio 2005, cause riunite C‑154/04 e C‑155/04, Alliance for Natural Health e a., Racc. pag. I‑6451, punto 102). Così, questo principio non rimette in discussione le competenze conferite alla Commissione dal Trattato CE, comprendenti l’applicazione delle regole in materia di concorrenza, in particolare il diritto di procedere ad accertamenti per valutare l’eventuale sussistenza di presunte infrazioni. Per di più e in ogni caso, come si è già visto, l’azione della Commissione di cui trattasi costituisce un’azione preliminare da cui non deriva l’avvio formale del procedimento ai sensi dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003. L’adozione della decisione impugnata non priva dunque il Conseil de la concurrence delle sue competenze. Pertanto non è dimostrata una violazione del principio della sussidiarietà.

90      Da quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione avesse violato un criterio di ripartizione delle competenze, che le avrebbe impedito di procedere agli accertamenti di cui trattasi, che fosse venuta meno al suo obbligo di leale cooperazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza, quale istituito in particolare dal regolamento n. 1/2003, o che avesse violato il principio di proporzionalità. Pertanto il secondo capo del primo motivo non è fondato.

91      Il primo motivo dev’essere pertanto integralmente respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione da parte della Commissione dell’obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie

 Argomenti delle parti

92      La ricorrente fa valere che, secondo la giurisprudenza, quando la Commissione dispone di un potere discrezionale, essa è tenuta al rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico comunitario, tra cui si annovera in particolare l’obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie. Nella presente causa la Commissione avrebbe violato quest’obbligo non tenendo conto, prima di decidere di procedere agli accertamenti, del fatto che il Conseil de la concurrence aveva già aperto un procedimento vertente sulle offerte lanciate dalla ricorrente nel gennaio e febbraio 2004 e aveva constatato che risultava altamente improbabile qualificare tali offerte come predatorie. La ricorrente ritiene che, anche ammesso che la Commissione giunga a una valutazione diversa da quella del Conseil de la concurrence sulla struttura e sull’evoluzione del mercato francese dei servizi d’accesso a Internet ad alta velocità, essa tuttavia avrebbe dovuto confrontare le informazioni in suo possesso con quelle contenute nella decisione del Conseil de la concurrence. Orbene, l’esistenza di quest’ultima non sarebbe nemmeno menzionata. La violazione in questione sarebbe accompagnata da un errore manifesto di valutazione e sarebbe aggravata dai contatti instaurati tra la Commissione e il relatore del Conseil de la concurrence e la AOL. Un esame accurato e imparziale sarebbe consistito nel chiarire i motivi per cui, malgrado la decisione del Conseil de la concurrence, gli accertamenti continuavano a essere necessari.

93      La Commissione replica che questo motivo dev’essere respinto. Essa avrebbe esaminato in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, segnatamente la decisione del Conseil de la concurrence e la propria decisione 16 luglio 2003. Non si sarebbe fatta un’opinione definitiva sull’esistenza di un’infrazione, ma avrebbe soltanto avuto dei sospetti, fondati su informazioni ottenute in particolare da molti operatori concorrenti della ricorrente. Inoltre la decisione del Conseil de la concurrence fornirebbe di per sé indicazioni sufficienti in ordine alla probabile esistenza di un’infrazione. Infine, oltre a questa decisione e agli incontri con il relatore del Conseil de la concurrence, la Commissione si sarebbe riunita altresì in più occasioni con il funzionario del Conseil de la concurrence responsabile delle relazioni con la Commissione.

 Giudizio del Tribunale

94      Tra le garanzie conferite dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi, compare, in particolare, il principio di buona amministrazione, al quale si collega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare, con cura ed imparzialità, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punto 404).

95      Nel caso di specie la ricorrente contesta in sostanza alla Commissione di aver violato quest’obbligo non tenendo conto della decisione del Conseil de la concurrence e non confrontandone il contenuto con le informazioni di cui disponeva. La Commissione avrebbe aggravato la violazione con i contatti allacciati con il relatore del Conseil de la concurrence responsabile del caso e con la AOL, concorrente della ricorrente.

96      Questo argomento non può essere accolto.

97      Innanzitutto, il fatto che la decisione del Conseil de la concurrence non sia stata citata nella decisione impugnata non basta per concludere che non sia stata presa in considerazione dalla Commissione. Al contrario, i contatti intrattenuti tra la Commissione e il relatore del Conseil de la concurrence, a prescindere dal ruolo svolto da quest’ultimo nell’iter di elaborazione o di adozione della decisione del Conseil de la concurrence, tendono piuttosto a dimostrare che la Commissione era ben informata dell’esistenza della decisione, o, quanto meno, della sua imminente adozione, nonché del procedimento in corso dinanzi al Conseil de la concurrence alla data di adozione della decisione impugnata.

98      Inoltre, molti elementi individuati dal Conseil de la concurrence nella sua decisione, di cui si fa menzione ai precedenti punti 64 e 65, e a prescindere dalla valutazione che ne possa essere fatta nell’ambito di un’analisi del caso nel merito, depongono a favore di una decisione che ordina un accertamento. Non si può concludere quindi che la Commissione l’abbia effettivamente ignorata né che la Commissione dovesse spiegare perché, malgrado questa decisione del Conseil de la concurrence, gli accertamenti ordinati continuassero a essere necessari.

99      Ne consegue che non si può ritenere che la Commissione non abbia esaminato in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie o che abbia commesso un errore manifesto di valutazione nell’analisi di tali elementi. I contatti avvenuti tra la Commissione e il relatore del Conseil de la concurrence e la AOL non possono rimettere in discussione questa valutazione, in quanto non si è constatato alcun inadempimento dell’obbligo da parte della Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.

100    Alla luce delle considerazioni che precedono, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

101    La ricorrente fa valere che, ai sensi dell’art. 253 CE, la Commissione è tenuta a motivare le sue decisioni. Secondo una giurisprudenza costante, essa dovrebbe fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e alla Corte di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della misura in questione.

102    Orbene, la decisione impugnata non sarebbe sufficientemente motivata. Essa non esporrebbe l’iter logico che consenta di ignorare l’esistenza di un procedimento nazionale vertente sugli stessi fatti, di svincolarsi delle constatazioni del Conseil de la concurrence o di considerare che un accertamento fosse necessario e proporzionato. Inoltre, essa non giustificherebbe la conclusione secondo cui la decisione del Conseil de la concurrence non ostava alla misura d’ispezione decisa per il suo carattere necessario e proporzionato, non menzionerebbe l’esistenza di questa decisione e la contraddirebbe riguardo a elementi di fatto essenziali. Sarebbe impossibile dunque per la ricorrente conoscere le ragioni di un provvedimento così invasivo come gli accertamenti in discussione. La Commissione avrebbe così violato l’obbligo di motivazione incombentele e la decisione impugnata dovrebbe essere annullata.

103    La Commissione replica che l’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 definisce gli elementi della motivazione di una decisione che ordina un accertamento, prevedendo che essa precisi l’oggetto e lo scopo degli accertamenti. La motivazione fornita soddisferebbe, per di più, i requisiti di motivazione stabiliti dalla giurisprudenza relativa all’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, la cui formulazione coincide con quella dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003. In particolare, la Commissione non sarebbe stata tenuta a qualificare l’infrazione né a giustificare la sua decisione rispetto a tutti gli elementi di fatto che potrebbero derivare da una decisione di un’autorità nazionale concernente misure cautelari. Del pari le valutazioni di fatto degli elementi a sua disposizione non rientrerebbero negli elementi di motivazione che la Commissione sarebbe tenuta a comunicare al destinatario di una decisione che ordina un accertamento. Per quanto riguarda la mancata menzione della decisione del Conseil de la concurrence, essa sarebbe irrilevante, in quanto non sarebbe atta a ostacolare né la comprensione della decisione impugnata da parte della ricorrente, né i suoi mezzi di difesa, né il controllo esercitato dal Tribunale.

104    Infine, la Commissione non sarebbe tenuta a giustificare specificamente la sua valutazione circa l’opportunità di procedere a un’indagine o il modo in cui si ripartisce i compiti con le autorità nazionali nei singoli casi.

 Giudizio del Tribunale

105    L’obbligo di motivare una decisione individuale, risultante in maniera generale dall’art. 253 CE, ha lo scopo di consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione e di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che consente di contestarne la validità, visto che la portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato (sentenze della Corte 25 ottobre 1984, causa 185/83, Instituut Electronenmicroscopie, Racc. pag. 3623, punto 38, e del Tribunale 15 giugno 2005, causa T‑349/03, Corsica Ferries France/Commissione, Racc. pag. II‑2197, punti 62 e 63).

106    Per quanto riguarda le decisioni della Commissione che ordinano accertamenti, si deve rammentare che l’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 definisce gli elementi essenziali che la motivazione di tali decisioni deve contenere. Orbene, al precedente punto 68 si è già rilevato che la violazione di questa disposizione non era dimostrata, in quanto la Commissione non era tenuta, tra l’altro, a giustificare la sua decisione di procedere agli accertamenti ordinati alla luce degli elementi indicati dalla ricorrente.

107    Ne consegue che il motivo vertente sull’insufficienza della motivazione dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità

 Argomenti delle parti

108    La ricorrente fa valere che, secondo la giurisprudenza, le misure d’ispezione decise dalla Commissione devono essere proporzionate e necessarie all’obiettivo perseguito. Anche ammesso che lo scopo ricercato dalla Commissione fosse quello di verificare se le dieci offerte lanciate nel gennaio e febbraio 2004 dalla Wanadoo costituissero pratiche di prezzi predatori vietati dall’art. 82 CE, il ricorso ai poteri d’ispezione conferiti alla Commissione dall’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1/2003 non sarebbe stato proporzionato. Molte informazioni sui redditi e sui costi relativi delle offerte in discussione sarebbero già state raccolte dal Conseil de la concurrence e non vi sarebbe stato alcun rischio di distruzione o di occultazione di dati. Inoltre sarebbe stato possibile ottenere queste informazioni con strumenti meno invasivi degli accertamenti.

109    Peraltro, già in sede di contraddittorio sarebbe stato dimostrato che il recupero delle perdite subite dalla Wanadoo, e quindi l’esistenza delle pratiche di prezzi predatori sospettate e i relativi effetti di eliminazione dei concorrenti, era molto improbabile. Stando così le cose, la qualifica dei fatti incriminati rispetto all’art. 82 CE sarebbe stata incerta e gli accertamenti non sarebbero stati necessari o proporzionati all’obiettivo di accertare l’esistenza di un’infrazione, anche nel caso in cui detti accertamenti avessero sortito effetti positivi.

110    La ricorrente aggiunge che la Commissione non precisa i motivi per cui la verifica dei dati forniti dalla Wanadoo non poteva essere realizzata con misure meno invasive degli accertamenti, come per esempio rilevamenti tecnici condotti da un esperto. Per quanto attiene alla ricerca di informazioni su un’eventuale intenzione di eliminazione dei concorrenti, la Commissione non avrebbe fornito indicazioni che consentissero di dimostrare il conseguimento da parte sua di informazioni secondo cui le offerte in questione rientrerebbero in una strategia diretta a bloccare o respingere i concorrenti. La ricorrente conclude pertanto che la decisione impugnata dev’essere annullata per violazione del principio di proporzionalità.

111    La Commissione replica che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per raggiungere lo scopo perseguito. La proporzionalità di una decisione di procedere ad accertamento sarebbe subordinata alla gravità della presunta infrazione, alla possibilità che gli accertamenti consentano di ottenere informazioni attendibili sull’esistenza di detta infrazione e a un confronto tra la presumibile efficacia di una siffatta ispezione e quella di altre misure di indagine. Alla luce degli elementi della fattispecie, in particolare del fatto che le informazioni raccolte dal Conseil de la concurrence sarebbero state, perlomeno in parte, considerate irrealistiche da quest’ultimo, il principio di proporzionalità sarebbe stato rispettato.

112    Dalla giurisprudenza emerge inoltre che la scelta compiuta dalla Commissione fra l’accertamento disposto mediante decisione e un’altra misura di indagine meno invasiva dipende unicamente dalle necessità di un’istruzione adeguata, tenuto conto delle particolarità della fattispecie, ma non esige l’esistenza di circostanze eccezionali.

113    La Commissione considera altresì priva di fondamento l’affermazione della ricorrente secondo cui la Commissione non potrebbe procedere a un’ispezione, essendo già stata adottata una decisione anteriore relativa alla stessa impresa senza ricorrere a una siffatta misura di indagine ed essendosi la Commissione limitata a ordinare un’ispezione negli uffici dell’impresa.

114    Essa fa valere infine che, da un lato, solo al termine di un’indagine approfondita potrà formarsi un’opinione sull’esistenza di un’eventuale infrazione e che, dall’altro lato, e in ogni caso, gli argomenti addotti dalla ricorrente nel merito della presunta infrazione sono contrari alla giurisprudenza della Corte e del Tribunale.

115    La decisione impugnata mirerebbe così unicamente a consentire alla Commissione di raccogliere gli elementi necessari per valutare l’eventuale esistenza di una violazione del Trattato. Pertanto, essa non sarebbe sproporzionata rispetto allo scopo perseguito, segnatamente perché dalla natura dell’asserita infrazione, che comporta un elemento intenzionale, emergerebbe che gli elementi atti a provare un’infrazione grave sono sistematicamente custoditi in luoghi occultati e che il rischio di distruzione e occultamento è notevole.

116    La Commissione ne desume che il motivo riguardante la violazione del principio di proporzionalità non è fondato.

 Giudizio del Tribunale

117    Il principio di proporzionalità, che rientra tra i principi generali del diritto comunitario, esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 13, e 14 luglio 2005, causa C‑180/00, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑6603, punto 103).

118    Nel settore interessato nella fattispecie, il rispetto del principio di proporzionalità presuppone che i provvedimenti previsti non generino inconvenienti eccessivi e intollerabili rispetto agli scopi perseguiti dall’accertamento in questione (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenza Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 76). Ciò nonostante, la scelta che la Commissione deve compiere fra l’accertamento mediante semplice mandato e quello ordinato mediante decisione non dipende da circostanze quali la particolare gravità della situazione, l’urgenza estrema o la necessità di una discrezione assoluta, bensì dalle necessità di un’istruzione adeguata, tenuto conto delle particolarità della fattispecie. Pertanto, qualora una decisione di accertamento sia unicamente diretta a consentire alla Commissione di raccogliere gli elementi necessari per valutare l’eventuale sussistenza di una violazione del Trattato, tale decisione non lede il principio di proporzionalità (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenze National Panasonic/Commissione, cit. supra al punto 59, punti 28‑30, e Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 77).

119    In linea di principio spetta alla Commissione valutare se un’informazione sia necessaria per poter scoprire un’infrazione alle regole di concorrenza, e, anche se già dispone di indizi, o addirittura di elementi di prova circa l’esistenza di un’infrazione, la Commissione può a buon diritto ritenere necessario ordinare accertamenti ulteriori che le permettano di meglio valutare la trasgressione o la sua durata (v., a proposito del regolamento n. 17, sentenze della Corte 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. I‑3283, punto 15, e Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 78).

120    Nel caso di specie, in primo luogo, la decisione impugnata mira a raccogliere informazioni sulle pratiche di prezzi che sarebbero state attuate dalla ricorrente onde valutare l’eventuale esistenza di una violazione del Trattato. Certo, nella decisione impugnata si precisa che la Commissione dispone già di talune informazioni al riguardo. Ciò nonostante, secondo la giurisprudenza, essa aveva facoltà di raccogliere ulteriori informazioni, in particolare circa l’esistenza di strategie dirette a bloccare e reprimere i concorrenti, di cui difficilmente si può immaginare che la Commissione avrebbe potuto venire eventualmente in possesso con strumenti diversi da un’ispezione. In secondo luogo, tenuto conto del fatto che le informazioni ricercate comprendevano elementi volti a rivelare un’eventuale intenzione di eliminare i concorrenti, era accettabile, ai fini di un’istruzione adeguata, ordinare l’accertamento mediante decisione per garantirne l’efficacia. In terzo luogo, l’ispezione ordinata dalla decisione impugnata è stata circoscritta agli uffici dell’impresa, mentre il regolamento n. 1/2003 consente ormai, a determinate condizioni, di ispezionare altri locali, incluso il domicilio di taluni membri del personale dell’impresa interessata. Alla luce di questi elementi, non risulta che nella presente causa la Commissione abbia agito in modo sproporzionato rispetto allo scopo perseguito e abbia conseguentemente leso il principio di proporzionalità, dato che il ricorso agli accertamenti ordinati mediante decisione è adeguato rispetto alle peculiarità della specie.

121    Gli argomenti formulati dalla ricorrente non possono sovvertire questa conclusione. In primo luogo, si è già rilevato in precedenza che la decisione del Conseil de la concurrence non corrobora la posizione della ricorrente quanto all’incertezza della sussistenza delle pratiche sospette e non consente quindi di escludere l’ipotesi, avanzata dalla Commissione nella decisione impugnata, secondo cui era possibile che la ricorrente praticasse tariffe contrarie all’art. 82 CE. L’eventuale impossibilità per la Commissione di accertare successivamente, nel merito, l’esistenza di prezzi predatori in base agli elementi da essa raccolti nell’ambito degli accertamenti in discussione è irrilevante, in quanto non consente di dimostrare il carattere inadeguato dell’ispezione ordinata. Infatti la decisione impugnata precisa altresì in termini più generali che la Commissione sospettava che la ricorrente attuasse pratiche tariffarie in violazione dell’art. 82 CE, il che è sufficiente di per sé per giustificare gli accertamenti.

122    In secondo luogo, come risulta dalla citata giurisprudenza, il fatto che la Commissione fosse già in possesso di taluni elementi da cui emergeva che la ricorrente praticava tariffe contrarie all’art. 82 CE o che siffatti elementi fossero già stati raccolti dal Conseil de la concurrence, e pertanto avrebbero potuto essere trasmessi alla Commissione, non è sufficiente per dimostrare che la decisione impugnata è sproporzionata. La giurisprudenza riconosce infatti alla Commissione il diritto di cercare ulteriori elementi pur disponendo già d’indizi dell’esistenza di un’infrazione.

123    In terzo luogo, la ricorrente sostiene a torto che la Commissione non ha fornito indicazioni idonee a dimostrare che essa avrebbe ottenuto informazioni secondo cui le offerte di cui trattasi si inserivano in una strategia di eliminazione della concorrenza. Da un lato, la decisione impugnata precisa espressamente che tale ipotesi si fonda su informazioni ricevute dalla Commissione e, dall’altro lato, la Commissione non è tenuta, in una decisione come quella impugnata, a specificare gli elementi e gli indizi su cui poggia la decisione (v. in questo senso, a proposito del regolamento n. 17, sentenza Roquette Frères, cit. supra al punto 29, punto 62).

124    Da quanto precede consegue che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo relativo a un errore manifesto di valutazione

 Argomenti delle parti

125    La ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione affermando nella decisione impugnata che l’intero mercato francese dell’ADSL registrava all’epoca un margine negativo, mentre la decisione del Conseil de la concurrence 11 maggio 2004, che la Commissione non poteva ignorare, lasciava intendere che un buon numero di fornitori di accesso a Internet avevano una posizione redditizia e un operatore aveva affermato di aver realizzato un margine positivo. La Commissione, dunque, avrebbe esposto fatti erronei in merito a una questione fondamentale, e in tal modo non avrebbe tenuto conto del motivo alla base del divieto dei prezzi predatori, vale a dire l’eliminazione dei concorrenti. La decisione impugnata deriverebbe quindi da un errore manifesto di valutazione e dovrebbe, di conseguenza, essere annullata.

126    La Commissione replica di essere stata in possesso di informazioni in base alle quali l’intero mercato francese dell’ADSL avrebbe registrato un margine negativo e che, in ogni caso, le bastava essere giunta alla conclusione che gli elementi a sua disposizione costituivano indizi gravi di una potenziale infrazione per poter ritenere, nel caso di specie, che talune delle nuove offerte fossero commercializzate a prezzi inferiori ai loro costi.

127    Stando così le cose, questo motivo sarebbe inconferente poiché, anche se la detta affermazione fosse erronea, essa non potrebbe comportare l’illegittimità della decisione impugnata. Infatti la situazione del margine di utile dell’intero settore non farebbe parte dei criteri pertinenti per accertare il carattere predatorio dei prezzi di un’impresa che occupa una posizione dominante. Innanzitutto la giurisprudenza avrebbe stabilito che l’esistenza di prezzi inferiori alla media dei costi variabili autorizza a presumere il carattere eliminatorio di una pratica di prezzi. Inoltre, secondo la tesi sostenuta dalla ricorrente, non potrebbe configurarsi un’azione predatoria, a meno che tutti gli operatori concorrenti non subiscano perdite e siano collettivamente minacciati di eliminazione. Orbene, l’applicazione dell’art. 82 CE a una pratica di prezzi relativa soltanto a una parte di concorrenti non potrebbe essere esclusa, il che avvalorerebbe la decisione del Conseil de la concurrence. Infine la frase della decisione del Conseil de la concurrence cui fa riferimento la ricorrente si applicherebbe di fatto unicamente a una parte delle offerte e delle tariffe in questione e, in ogni caso, dato che la Commissione sarebbe stata in possesso di informazioni contraddittorie, essa ben poteva giudicare la credibilità delle diverse testimonianze a sua disposizione. Si tratterebbe comunque di questioni inerenti al merito dell’infrazione, risolvibili soltanto alla luce di un’indagine approfondita.

 Giudizio del Tribunale

128    La ricorrente deduce che la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione, limitandosi però a rinviare, a sostegno della sua affermazione, a una valutazione derivante dalla decisione del Conseil de la concurrence. Orbene, questa decisione riguarda unicamente una domanda di misure cautelari e soltanto dopo un’analisi nel merito degli elementi del fascicolo si può escludere quindi che il Conseil de la concurrence pervenga a una conclusione differente. Inoltre la Commissione non può essere considerata vincolata da una valutazione di fatto che sia stata effettuata da un’autorità nazionale garante della concorrenza sulla base di taluni elementi, in quanto non si può escludere che la Commissione sia in possesso di altri elementi che l’inducano appunto a concludere diversamente da quanto fatto da questa autorità. Peraltro, dalla decisione impugnata si evince che la Commissione disponeva di elementi a fondamento dell’affermazione contestata dalla ricorrente nel caso di specie.

129    Tenuto conto della presunzione di legittimità di cui godono gli atti delle istituzioni comunitarie (sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I‑2555, punto 48), per la quale spetta a colui che sostiene l’illegittimità di un tale atto fornirne la prova, e considerato che la ricorrente non fornisce prove concrete a sostegno della sua affermazione, fatta eccezione per il rinvio a una decisione di cui si è rilevata in precedenza l’inconcludenza, l’asserito errore manifesto di valutazione non è dimostrato.

130    Pertanto, il quinto motivo dev’essere respinto.

131    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

132    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Legal

Wiszniewska‑Białecka

Moavero Milanesi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 marzo 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      H. Legal


* Lingua processuale: il francese.