Language of document : ECLI:EU:C:2008:288

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

20 maggio 2008 (*)

«Ricorso di annullamento – Art. 47 UE – Politica estera e di sicurezza comune – Decisione 2004/833/PESC – Attuazione dell’azione comune 2002/589/PESC – Lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro – Competenza della Comunità – Politica di cooperazione allo sviluppo»

Nella causa C‑91/05,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 21 febbraio 2005,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Petite, P.J. Kuijper e J. Enegren, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da:

Parlamento europeo, rappresentato dal sig. R. Passos nonché dalle sig.re K. Lindahl e D. Gauci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. J.‑C. Piris, R. Gosalbo Bono e S. Marquardt nonché dalla sig.ra E. Finnegan, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno di Danimarca, rappresentato dai sigg. A. Jacobsen e C. Thorning nonché dalla sig.ra L. Lander Madsen, in qualità di agenti,

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente,

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues nonché dalle sig.re E. Belliard e C. Jurgensen, in qualità di agenti,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dal sig. M. de Grave nonché dalle sig.re C. Wissels e H.G. Sevenster, in qualità di agenti,

Regno di Svezia, rappresentato dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalle sig.re R. Caudwell e E. Jenkinson, in qualità di agenti, assistite dal sig. A. Dashwood, barrister,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts (relatore), A. Tizzano e G. Arestis, presidenti di sezione, nonché dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský e J.‑C. Bonichot, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 dicembre 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 settembre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di annullare la decisione del Consiglio 2 dicembre 2004, 2004/833/PESC, che attua l’azione comune 2002/589/PESC in vista di un contributo dell’Unione europea all’ECOWAS nel quadro della moratoria sulle armi leggere e di piccolo calibro (GU L 359, pag. 65; in prosieguo: la «decisione impugnata»), e di dichiarare inapplicabile, in quanto illegittima, l’azione comune del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/589/PESC, sul contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l’azione comune 1999/34/PESC (GU L 191, pag. 1; in prosieguo: l’«azione comune contestata»), segnatamente il suo titolo II.

 Contesto normativo e fatti all’origine della controversia

 L’accordo di Cotonou

2        Il 23 giugno 2000 è stato firmato a Cotonou (Benin) l’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro (GU L 317, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo di Cotonou»), approvato a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 19 dicembre 2002, 2003/159/CE (GU 2003, L 65, pag. 27). Esso è entrato in vigore il 1° aprile 2003.

3        L’art. 1 di tale accordo, rubricato «Obiettivi del partenariato», così recita:

«La Comunità e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati [dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (in prosieguo: gli “Stati ACP”)], dall’altro, in appresso denominati “le parti”, concludono il presente accordo al fine di promuovere e accelerare lo sviluppo economico, culturale e sociale degli Stati ACP, contribuendo in tal modo alla pace e alla sicurezza e favorendo un contesto politico stabile e democratico.

Il partenariato si propone come fine principale la riduzione e infine l’eliminazione della povertà, in linea con gli obiettivi di uno sviluppo durevole e della progressiva integrazione dei paesi ACP nell’economia mondiale.

Questi obiettivi e gli impegni internazionali delle parti ispirano tutte le strategie di sviluppo e sono perseguiti con un approccio integrato che tiene conto ad un tempo degli aspetti politici, economici, sociali, culturali e ambientali dello sviluppo. Il partenariato fornisce un quadro coerente di sostegno alle strategie di sviluppo adottate da ciascuno Stato ACP.

(…)».

4        L’art. 11 dell’accordo di Cotonou, rubricato «Politiche di pacificazione e di prevenzione e risoluzione dei conflitti», prevede quanto segue:

«1.      Le parti perseguono una politica attiva, globale e integrata di pacificazione e prevenzione e risoluzione dei conflitti nel quadro del partenariato. Questa politica si basa sul principio dell’ownershipag. Essa è incentrata sullo sviluppo di capacità regionali, subregionali e nazionali e sulla prevenzione tempestiva di conflitti violenti mediante un intervento mirato sulle loro cause profonde e con un’adeguata combinazione di tutti gli strumenti disponibili.

2.      Le attività di pacificazione e prevenzione e risoluzione di conflitti mirano in particolare ad assicurare un’equa distribuzione delle opportunità politiche, economiche, sociali e culturali tra tutti i settori della società, il rafforzamento della legittimità democratica e dell’efficienza dei sistemi di governo, la creazione di efficaci meccanismi di conciliazione pacifica degli interessi di gruppo, il superamento delle divisioni tra settori diversi della società e la promozione di una società civile attiva e organizzata.

3.      Fanno parte, tra l’altro, delle attività da sostenere le iniziative di mediazione, negoziato e riconciliazione, la gestione razionale a livello regionale delle risorse naturali comuni rare, la smobilitazione e il reinserimento sociale degli ex combattenti, la gestione del problema dei soldati bambini nonché iniziative appropriate intese a limitare ad un livello responsabile le spese militari e il commercio di armi, anche mediante aiuti alla promozione e all’applicazione di norme e codici di condotta comuni. In questo contesto un’attenzione particolare è rivolta alla lotta contro le mine antipersona e contro il traffico e l’accumulo illegali di armi di piccolo calibro e armi leggere, la cui diffusione è generale e incontrollata.

(…)».

5        Ai sensi degli artt. 6‑10 dell’allegato IV all’accordo di Cotonou, intitolato «Procedure di attuazione e di gestione», in un documento sottoscritto il 19 febbraio 2003 dalla Commissione, da un lato, e dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) nonché dall’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA), dall’altro, sono stati definiti una strategia di cooperazione regionale e un programma indicativo regionale.

6        Alla sezione 2.3.1, intitolata «La sicurezza e la prevenzione dei conflitti», detto documento sottolinea «l’importanza del controllo del traffico di armi leggere dove esiste una moratoria sull’esportazione e l’importazione sostenuta dalle Nazioni Unite». Alla sezione 6.4.1, intitolata «Sostegno a una politica regionale di prevenzione dei conflitti e di buon governo», è annunciata un’azione a sostegno di quella delle Nazioni Unite per la realizzazione delle attività prioritarie del piano d’azione e per l’attuazione della moratoria sull’importazione, l’esportazione e la fabbricazione delle armi leggere.

7        Su richiesta dell’ECOWAS, nel 2004 la Commissione ha avviato la preparazione di una proposta di finanziamento delle operazioni di prevenzione dei conflitti e di pacificazione. Secondo la Commissione, il contributo più cospicuo sarà destinato al programma dell’ECOWAS per il controllo delle armi leggere.

 L’azione comune contestata

8        Il 12 luglio 2002 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sul fondamento dell’art. 14 UE, l’azione comune contestata, che ha abrogato e sostituito l’azione comune del Consiglio 17 dicembre 1998, 1999/34/PESC, adottata sulla base dell’art. J.3 del Trattato sull’Unione europea, sul contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere (GU 1999, L 9, pag. 1).

9        Ai termini del suo art. 1, n. 1, l’azione comune contestata «è volta:

–        a contrastare l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e a contribuire a porvi termine,

–        a contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle relative munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e

–        a contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli».

10      Al titolo I, «Principi inerenti agli aspetti della prevenzione e della reazione», l’azione comune contestata stabilisce il programma d’azione sul quale l’Unione europea si impegna a raggiungere un consenso nelle competenti sedi regionali e internazionali. A tal fine sono elencati i principi e le misure da attuare per prevenire l’ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere (art. 3) e per ridurre le attuali dotazioni di armi leggere e delle relative munizioni (art. 4).

11      Tra i principi e le misure da attuare per prevenire l’ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere, l’art. 3 dell’azione comune contestata menziona l’impegno di tutti i paesi coinvolti nella produzione, esportazione, importazione e detenzione di tali armi, l’istituzione e l’aggiornamento di inventari nazionali delle armi e l’adozione di legislazioni nazionali restrittive.

12      Tra i principi e le misure da porre in essere per ridurre le attuali dotazioni di armi leggere e delle relative munizioni, l’art. 4 della detta azione comune elenca, in particolare, l’adeguata assistenza ai paesi che chiedono sostegno ai fini del controllo o dell’eliminazione dell’eccedenza di armi leggere nel loro territorio nonché la promozione di misure miranti a rafforzare la fiducia e di incentivi volti ad incoraggiare la consegna volontaria delle armi leggere e delle loro munizioni eccedenti o detenute illegalmente.

13      Il titolo II dell’azione comune contestata, «Contributo dell’Unione alle azioni specifiche», prevede segnatamente un’assistenza finanziaria e tecnica ai programmi e ai progetti che contribuiscono in modo diretto all’attuazione dei principi e delle misure di cui al precedente titolo I.

14      Ai sensi dell’art. 6, n. 2, della detta azione comune,

«[n]el fornire tale assistenza l’Unione tiene conto, in particolare, dell’impegno, da parte dei beneficiari, di conformarsi ai principi di cui all’articolo 3; del loro rispetto dei diritti umani; della loro osservanza del diritto internazionale umanitario e della salvaguardia dello stato di diritto; nonché della loro ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, in particolare per quanto concerne i vigenti trattati di pace e accordi internazionali in materia di controllo delle armi».

15      Ai sensi dell’art. 7, n. 1, dell’azione comune contestata, il Consiglio decide circa l’assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all’art. 6 della stessa azione comune, le priorità per l’uso di tali fondi e le condizioni per l’attuazione di azioni specifiche dell’Unione. Il n. 2 del medesimo articolo precisa che «[i]l Consiglio decide sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento di siffatti progetti caso per caso e sulla base di progetti concreti e accompagnati da un’adeguata stima dei costi, lasciando impregiudicati i contributi bilaterali degli Stati membri e l’azione della Comunità europea».

16      L’art. 8 dell’azione comune contestata così recita:

«Il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità della presente azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie».

17      Il successivo art. 9, n. 1, prevede quanto segue:

«Il Consiglio e la Commissione sono responsabili della coerenza delle attività dell’Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell’Unione. A tal fine gli Stati membri e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio tutte le informazioni pertinenti. Il Consiglio e la Commissione garantiscono l’attuazione delle rispettive azioni, conformemente alle rispettive competenze».

 La decisione impugnata

18      Il 2 dicembre 2004 il Consiglio ha adottato la decisione impugnata, che attua l’azione comune contestata in vista di un contributo dell’Unione all’ECOWAS nel quadro della moratoria sulle armi leggere e di piccolo calibro. Quale fondamento normativo la decisione impugnata indica l’azione comune contestata, in particolare il suo art. 3, nonché l’art. 23, n. 2, UE.

19      Il preambolo della decisione impugnata consta dei seguenti punti:

«(1)      L’accumulazione e la diffusione eccessive e incontrollate di armi leggere e di piccolo calibro costituiscono una minaccia per la pace e la sicurezza e riducono le prospettive di sviluppo sostenibile; questa situazione è particolarmente acuta in Africa occidentale.

(2)      Nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1 dell’azione comune [contestata], l’Unione europea intende attivarsi nelle pertinenti sedi internazionali allo scopo di promuovere misure atte a creare un clima di fiducia. In tal senso, la presente decisione è destinata ad attuare la suddetta azione comune.

(3)      L’Unione europea ritiene che un contributo finanziario e un’assistenza tecnica servano a consolidare l’iniziativa dell’[ECOWAS] nel settore delle armi leggere e di piccolo calibro.

(4)      L’Unione europea intende pertanto apportare un contributo finanziario e fornire un’assistenza tecnica all’ECOWAS ai sensi del titolo II dell’azione comune [contestata]».

20      Ai sensi dell’art. 1 della decisione impugnata, l’Unione contribuisce alla realizzazione di progetti nel quadro della moratoria dell’ECOWAS sull’importazione, l’esportazione e la fabbricazione delle armi leggere e di piccolo calibro. A tal fine essa apporta un contributo finanziario e fornisce un’assistenza tecnica per la creazione dell’unità «armi leggere» in seno al Segretariato tecnico dell’ECOWAS e per la trasformazione della moratoria in convenzione sulle armi leggere e di piccolo calibro tra gli Stati membri dell’ECOWAS.

21      L’art. 3 della decisione impugnata così dispone:

«L’attuazione finanziaria della presente decisione spetta alla Commissione. A tal fine essa conclude con l’ECOWAS un accordo di finanziamento sulle condizioni per l’utilizzo del contributo dell’Unione europea, che assumerà la forma di un aiuto non rimborsabile. L’aiuto è destinato in particolare a coprire, per un periodo di dodici mesi, le retribuzioni, le spese per gli spostamenti, le forniture e le attrezzature necessarie alla creazione dell’unità “armi leggere” in seno al Segretariato tecnico dell’ECOWAS, nonché per la trasformazione della moratoria in convenzione sulle armi leggere e di piccolo calibro tra gli Stati membri dell’ECOWAS. (…)».

22      L’art. 4, n. 2, della medesima decisione enuncia quanto segue:

«La Presidenza e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio relazioni periodiche sulla coerenza delle attività dell’Unione europea nel settore delle armi leggere e di piccolo calibro, in particolare per quanto concerne le sue politiche di sviluppo, a norma dell’articolo 9, paragrafo 1 dell’azione comune [contestata]. La Commissione riferisce più in particolare sugli aspetti di cui all’articolo 3, prima frase. Dette informazioni dovranno in particolare basarsi su relazioni fornite regolarmente dall’ECOWAS nell’ambito della sua relazione contrattuale con la Commissione».

23      In sede di discussione del progetto della decisione impugnata in seno al Comitato dei rappresentanti permanenti, il 24 novembre 2004, la Commissione ha fatto iscrivere a verbale della riunione del Consiglio la seguente dichiarazione (doc. n. 15236/04 PESC 1039 del 25 novembre 2004):

«La Commissione è del parere che la presente azione comune non avrebbe dovuto essere adottata e che il progetto avrebbe dovuto essere finanziato tramite il 9° [Fondo europeo di sviluppo (in prosieguo: il “FES”)] a norma dell’accordo di Cotonou. Ciò è chiaramente confermato dall’articolo 11, paragrafo 3 del suddetto accordo che menziona esplicitamente, tra le attività da sostenere, la lotta contro l’accumulo di armi di piccolo calibro e armi leggere. È ciò che risulta anche dall’annotazione nel bilancio 2004 alla linea di bilancio [della Politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la “PESC”)] (19 03 02), che esclude il finanziamento da parte della PESC di azioni “già contemplate dagli accordi di Cotonou”.

L’azione comune che prevede un finanziamento a norma della PESC avrebbe potuto beneficiare del 9° FES, in piena coerenza con il programma indicativo regionale [dell’]ECOWAS. Ciò è dimostrato dal fatto che la Commissione sta già preparando una proposta di finanziamento per un importo indicativo di EUR 1,5 milioni per appoggiare l’attuazione della moratoria dell’ECOWAS sulle armi leggere e di piccolo calibro (...).

Infine, l’azione comune rientra nelle competenze concorrenti su cui si basano la politica comunitaria di sviluppo e l’accordo di Cotonou. Tali settori di competenze concorrenti sono tutelati dall’articolo 47 [UE] quanto i settori di competenza esclusiva della Comunità; in caso contrario, l’articolo 47 [UE] sarebbe svuotato di gran parte dei suoi effetti utili. La Commissione si riserva l’esercizio dei suoi diritti in materia».

24      Ritenendo che la decisione impugnata non sia stata adottata su un fondamento normativo adeguato e che l’art. 47 UE sia stato per ciò stesso violato, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Conclusioni delle parti

25      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        dichiarare illegittima, e quindi inapplicabile, l’azione comune contestata, in particolare il suo titolo II.

26      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere la domanda di annullamento della decisione impugnata in quanto infondata;

–        respingere in quanto irricevibile e, in subordine, infondata la domanda della Commissione diretta ad ottenere che l’azione comune contestata sia dichiarata inapplicabile;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      Con ordinanza 7 settembre 2005 il presidente della Corte ha ammesso l’intervento del Parlamento europeo a sostegno delle conclusioni della Commissione.

28      Con la medesima ordinanza è stato ammesso l’intervento del Regno di Spagna, della Repubblica francese, del Regno dei Paesi Bassi, del Regno di Svezia e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con ordinanza 12 settembre 2005 il presidente della Corte ha ammesso l’intervento del Regno di Danimarca a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

 Sulla competenza della Corte

29      Con il presente ricorso d’annullamento, proposto ai sensi dell’art. 230 CE, la Commissione intende far dichiarare che il Consiglio, adottando la decisione impugnata, ha usurpato le competenze della Comunità e violato, così, l’art. 47 UE. Siccome la decisione impugnata si fonda sull’azione comune contestata, la Commissione si richiama all’art. 241 CE per invocare l’inapplicabilità di detta azione comune, in particolare del suo titolo II, sempre per violazione dell’art. 47 UE.

30      Senza per questo rimettere in discussione la competenza della Corte a statuire sul ricorso, il Consiglio, sostenuto dai governi spagnolo e del Regno Unito, fa osservare, riguardo in particolare all’eccezione di illegittimità dell’azione comune contestata, che la Corte non è competente a decidere sulla legittimità di un atto rientrante nella PESC.

31      Ebbene, dall’art. 46, lett. f), UE risulta che le disposizioni del Trattato CE relative alla competenza della Corte e all’esercizio di tale competenza si applicano anche all’art. 47 UE.

32      Ai sensi dell’art. 47 UE, nessuna disposizione del Trattato UE pregiudica le disposizioni del Trattato CE (sentenze 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑7879, punto 38, e 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑9097, punto 52).

33      Spetta dunque alla Corte vigilare affinché gli atti che il Consiglio considera rientranti nell’ambito del titolo V del Trattato UE e che per loro stessa natura sono idonei a produrre effetti giuridici non usurpino le competenze che le disposizioni del Trattato CE attribuiscono alla Comunità (v., in tal senso, sentenze 12 maggio 1998, causa C‑170/96, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2763, punto 16; 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 39, e 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio, cit., punto 53).

34      Ne risulta che la Corte è competente ad esaminare il ricorso di annullamento proposto dalla Commissione ai sensi dell’art. 230 CE e, in tale ambito, ad esaminare i motivi dedotti conformemente all’art. 241 CE in quanto facciano valere una violazione dell’art. 47 UE.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

35      La Commissione, sostenuta dal Parlamento, ritiene che la decisione impugnata debba essere annullata in quanto usurpa le competenze attribuite alla Comunità in materia di cooperazione allo sviluppo, in violazione quindi dell’art. 47 UE.

36      Secondo la Commissione e il Parlamento, l’art. 47 UE stabilisce un confine «netto» tra le competenze della Comunità e quelle dell’Unione. Se è vero che, in un ambito di competenze concorrenti, qual è quello della politica di cooperazione allo sviluppo, gli Stati membri conservano la competenza ad agire da soli, in maniera individuale o collettiva, qualora la Comunità non abbia ancora esercitato la propria competenza, lo stesso non varrebbe per l’Unione, la quale, ai termini dell’art. 47 UE, non disporrebbe di una medesima competenza complementare, bensì dovrebbe rispettare le competenze, esclusive o meno, della Comunità, quand’anche non siano state esercitate. Le competenze della Comunità risulterebbero, pertanto, lese se il Consiglio emanasse, nel contesto della PESC, un atto che potrebbe validamente essere adottato sulla base del Trattato CE.

37      Sempre secondo la Commissione e il Parlamento, la lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro, nella misura in cui è divenuta parte integrante della politica di cooperazione allo sviluppo, rientra nelle competenze attribuite alla Comunità con riferimento a tale settore. La cooperazione allo sviluppo sostenibile di un paese potrebbe essere efficace, infatti, solo in presenza di un minimo di stabilità e di legittimità democratica. Iscrivendosi in quest’ottica di stabilità, la politica di sminamento e di smantellamento delle armi leggere e di piccolo calibro costituirebbe uno strumento indispensabile per raggiungere gli obiettivi della politica di cooperazione allo sviluppo.

38      La Commissione fa valere che l’integrazione della lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro nella politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo è stata sancita nell’ambito dell’accordo di Cotonou, segnatamente al suo art. 11, n. 3.

39      Il nesso tra l’accumulazione destabilizzante delle armi leggere e di piccolo calibro e la politica di cooperazione allo sviluppo sarebbe peraltro riconosciuto dallo stesso Consiglio e dalla comunità internazionale.

40      A giudizio della Commissione, sostenuta dal Parlamento, la decisione impugnata rientra, per finalità e per contenuto, nelle competenze comunitarie e avrebbe dunque potuto essere validamente adottata sul fondamento del Trattato CE. Da un lato, infatti, la finalità della decisione impugnata sarebbe non solo la promozione della pace e della sicurezza, ma anche il miglioramento delle prospettive di sviluppo sostenibile nell’Africa occidentale. Dall’altro lato, i progetti di rafforzamento dell’unità «armi leggere» in seno al Segretariato tecnico dell’ECOWAS e di nomina di esperti per la messa a punto di un progetto di convenzione sulle armi leggere, quale previsto all’allegato della decisione impugnata, comporterebbero un’assistenza di tipo classico nel contesto di programmi di cooperazione allo sviluppo che non richiederebbe necessariamente attività specifiche rientranti nella PESC.

41      Dal momento che la decisione impugnata si fonda sull’azione comune contestata, la Commissione, sostenuta dal Parlamento, chiede che quest’ultima, in particolare il suo titolo II, sia dichiarata illegittima per usurpazione delle competenze della Comunità. Se è vero, infatti, che taluni aspetti della lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro possono rientrare nella PESC, segnatamente le missioni di polizia o militari per il disarmo delle milizie o l’avvio di programmi di distruzione delle armi, resterebbero pur sempre fuori da tale ambito le azioni finanziarie e tecniche di sostegno di cui al detto titolo II, che rientrerebbero nelle competenze comunitarie in materia di cooperazione allo sviluppo e di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi.

42      Il Consiglio, sostenuto dai governi di tutti gli Stati membri intervenienti, ritiene che non possa ravvisarsi alcuna violazione dell’art. 47 UE poiché la lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro non rientrerebbe nelle competenze comunitarie in materia di politica di cooperazione allo sviluppo né in altre competenze della Comunità.

43      Riguardo anzitutto all’art. 47 UE, il Consiglio fa osservare che tale disposizione mira a conservare l’equilibrio dei poteri stabilito dai Trattati e non può essere interpretata nel senso di tutelare le competenze attribuite alla Comunità a discapito di quelle di cui beneficia l’Unione. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l’art. 47 UE non stabilirebbe un confine netto tra le competenze comunitarie e quelle dell’Unione. Per accertare se l’azione dell’Unione pregiudichi le competenze della Comunità, occorrerebbe guardare alla natura delle competenze attribuite a quest’ultima nel settore considerato, in particolare alla complementarietà della competenza comunitaria in materia di cooperazione allo sviluppo.

44      Secondo il governo del Regno Unito, perché un atto fondato sul Trattato UE possa essere considerato contrario all’art. 47 UE occorrerebbe, in primo luogo, che la Comunità sia competente ad adottare un atto dalla medesima finalità e dal medesimo contenuto. In secondo luogo, l’atto fondato sul Trattato UE dovrebbe ledere una competenza attribuita alla Comunità impedendone o limitandone l’esercizio, col risultato di usurpare così competenze comunitarie. Ebbene, un tale effetto sarebbe escluso in un settore come quello della cooperazione allo sviluppo, nel quale la Comunità dispone di competenze parallele.

45      Il Consiglio, sostenuto al riguardo dai governi di tutti gli Stati membri intervenienti, fa poi valere che la lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e di piccolo calibro non rientra nelle competenze attribuite alla Comunità.

46      Tra gli obiettivi della Comunità elencati agli artt. 2 CE e 3 CE non figurerebbero né la lotta contro la proliferazione di dette armi né gli obiettivi più generali del mantenimento della pace e del rafforzamento della sicurezza. Inoltre, ai sensi dell’art. 177, n. 1, CE, l’obiettivo principale della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo sarebbe la riduzione della povertà. Gli obiettivi del mantenimento della pace e del rafforzamento della sicurezza internazionale rientrerebbero, invece, esclusivamente nell’ambito del Trattato UE, in particolare nella PESC. Orbene, le disposizioni del Trattato CE non potrebbero essere interpretate estensivamente, pena minare la coesistenza dell’Unione e della Comunità quali ordinamenti giuridici integrati ma distinti e l’architettura costituzionale dell’insieme formato dai tre «pilastri».

47      Secondo il Consiglio, sostenuto dai governi francese, dei Paesi Bassi e del Regno Unito, il fatto che la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro possa avere in subordine un’influenza sulle prospettive di sviluppo sostenibile non implica che l’intero settore rientri nelle competenze comunitarie.

48      Il Consiglio e il governo del Regno Unito fanno valere peraltro che, se si accogliesse la tesi della Commissione, la PESC sarebbe privata di ogni effetto utile. Il detto governo aggiunge che, se fosse sufficiente che un’azione abbia un’influenza sugli obiettivi perseguiti da una data competenza comunitaria perché rientri in tale competenza, non vi sarebbero più limiti alla portata delle competenze comunitarie, in violazione del principio di attribuzione delle competenze. Il governo dei Paesi Bassi, da parte sua, non vede con favore un restringimento del ruolo della PESC relativamente al mantenimento della pace e della sicurezza nei paesi in via di sviluppo, perché questa politica permette al Consiglio di intervenire in tali paesi con rapidità ed efficacia.

49      Il Consiglio, sostenuto dai governi spagnolo, francese, svedese e del Regno Unito, sottolinea che una competenza comunitaria in materia di lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e di piccolo calibro non può nemmeno essere dedotta dall’accordo di Cotonou, tenuto conto della natura «mista» dello stesso.

50      Tanto il Consiglio quanto la totalità dei governi degli Stati membri intervenienti ritengono, inoltre, che la decisione impugnata sia stata adottata nel rispetto delle disposizioni e dello spirito del Trattato UE. Siccome il suo obiettivo principale sarebbe costituito dalla lotta contro l’accumulazione e la diffusione delle armi leggere e di piccolo calibro, detta decisione rientrerebbe, invero, non nelle competenze comunitarie, bensì in quelle dell’Unione nell’ambito della PESC.

51      Da un lato, infatti, la lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro sarebbe riconducibile all’obiettivo fondamentale della PESC quale enunciato all’art. 11 UE, vale a dire il mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale. Il governo svedese aggiunge che, in materia di lotta contro la diffusione delle armi leggere e di piccolo calibro nell’Africa occidentale, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato risoluzioni con le quali ha invitato la comunità internazionale dei donatori ad attuare la moratoria dell’ECOWAS sulle dette armi e a sostenere il Segretariato tecnico della stessa.

52      Dall’altro lato, il Consiglio e i governi degli Stati membri intervenienti fanno osservare che, laddove un’azione rientri nella PESC, l’art. 47 UE non osta a che l’Unione utilizzi gli stessi metodi impiegati dalla Comunità nel settore della cooperazione allo sviluppo. In effetti, per perseguire gli obiettivi che le sono conferiti nell’ambito della PESC, l’Unione disporrebbe non solo di strumenti diplomatici e militari, ma anche di azioni operative, come l’assistenza finanziaria o tecnica, necessarie alla realizzazione dell’obiettivo di volta in volta considerato.

53      Il Consiglio e il governo francese sottolineano per di più che l’azione comune contestata è stata attuata da una serie di decisioni rientranti nella PESC, la cui legittimità non è stata messa in discussione dalla Commissione, vale a dire le decisioni del Consiglio, rispettivamente, 21 ottobre 2002, 2002/842/PESC, concernente l’attuazione dell’azione comune 2002/589 in vista di un contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere nell’Europa sudorientale (GU L 289, pag. 1); 21 luglio 2003, 2003/543/PESC, concernente l’attuazione dell’azione comune 2002/589 in vista di un contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere nell’America latina e nei Caraibi (GU L 185, pag. 59); 22 novembre 2004, 2004/790/PESC, che proroga e modifica la decisione 2003/276/PESC, concernente l’attuazione dell’azione comune 2002/589 in vista di un contributo dell’Unione europea alla distruzione di munizioni per armi portatili e armi leggere in Albania (GU L 348, pag. 45); 22 novembre 2004, 2004/791/PESC, che proroga e modifica la decisione 2002/842/PESC concernente l’attuazione dell’azione comune 2002/589 in vista di un contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere nell’Europa sudorientale (GU L 348, pag. 46); 22 novembre 2004, 2004/792/PESC, che proroga e modifica la decisione 1999/730/PESC che attua l’azione comune 1999/34 in vista di un contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere in Cambogia (GU L 348, pag. 47), nonché 29 novembre 2005, 2005/582/PESC, per la distruzione di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) e relative munizioni in Ucraina (GU L 315, pag. 27).

54      Infine, sempre secondo il Consiglio, sostenuto al riguardo dai governi spagnolo e del Regno Unito, l’eccezione di illegittimità sollevata contro l’azione comune contestata sarebbe irricevibile in quanto un ricorrente privilegiato, qual è la Commissione, non potrebbe eccepire l’illegittimità di un atto del quale avrebbe potuto direttamente chiedere l’annullamento con un ricorso ai sensi dell’art. 230 CE.

55      Fermi restando gli argomenti svolti relativamente alla decisione impugnata, il Consiglio e i governi dei Paesi Bassi, svedese e del Regno Unito sostengono che, in ogni caso, l’azione comune contestata è stata adottata nel pieno rispetto dell’art. 47 UE.

 Giudizio della Corte

 Quanto all’applicazione dell’art. 47 UE

56      Dai punti 31-33 della presente sentenza risulta che, ai sensi dell’art. 47 UE, spetta alla Corte vigilare affinché gli atti che secondo il Consiglio rientrano nel titolo V del Trattato UE e sono idonei a produrre effetti giuridici non usurpino le competenze che le disposizioni del Trattato CE attribuiscono alla Comunità.

57      Secondo la Commissione, la decisione impugnata non tiene conto della ripartizione delle competenze operata all’art. 47 UE tra la Comunità e l’Unione, dal momento che avrebbe potuto essere adottata sul fondamento delle competenze attribuite alla Comunità in materia di cooperazione allo sviluppo. Altrettanto varrebbe per le disposizioni del titolo II dell’azione comune contestata, della quale la decisione impugnata costituisce l’attuazione, che rientrerebbero nelle competenze della Comunità in materia vuoi di cooperazione allo sviluppo, vuoi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi.

58      Occorre dunque verificare se le disposizioni della decisione impugnata pregiudichino le competenze che la Comunità detiene ai sensi del Trattato CE in quanto avrebbero potuto, come sostiene la Commissione, essere adottate sul fondamento del detto Trattato (v., in tal senso, citate sentenze 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, punto 40, e 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio, punto 54).

59      Stabilendo che nessuna disposizione del Trattato UE pregiudichi i Trattati istitutivi delle Comunità europee o i Trattati e gli atti susseguenti che li hanno modificati o completati, l’art. 47 UE si prefigge, infatti, conformemente agli artt. 2, quinto trattino, UE e 3, primo comma, UE, di mantenere integralmente l’acquis comunitario e di svilupparlo.

60      Contrariamente a quanto sostiene il governo del Regno Unito, un atto produttivo di effetti giuridici emanato nell’ambito del titolo V del Trattato UE pregiudica le disposizioni del Trattato CE nel senso dell’art. 47 UE ove avrebbe potuto essere adottato sul fondamento di quest’ultimo Trattato, e non occorre verificare, in tal caso, se esso impedisca o limiti l’esercizio delle proprie competenze da parte della Comunità. Dalla giurisprudenza della Corte emerge, infatti, che essa considera contrarie all’art. 47 UE le disposizioni di un atto emanato nell’ambito dei titoli V o VI del Trattato UE allorché, in ragione tanto della loro finalità quanto del loro contenuto, queste risultano avere come oggetto principale l’attuazione di una politica attribuita alla Comunità dal Trattato CE e avrebbero così potuto validamente essere adottate sul fondamento di quest’ultimo Trattato (v., in tal senso, citate sentenze 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, punti 51 e 53, e 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio, punti 69-74).

61      Dal momento che vi è violazione dell’art. 47 UE allorché un atto produttivo di effetti giuridici adottato dall’Unione sul fondamento del Trattato UE avrebbe potuto essere adottato dalla Comunità, non rileva neppure verificare se, nel caso di un settore come la cooperazione allo sviluppo, che non è di competenza esclusiva della Comunità e nel quale, di conseguenza, gli Stati membri sono liberi di esercitare, collettivamente o individualmente, le loro competenze (v., in tal senso, sentenze 30 giugno 1993, cause riunite C‑181/91 e C‑248/91, Parlamento/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑3685, punto 16, e 2 marzo 1994, causa C‑316/91, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑625, punto 26), tale atto avrebbe potuto essere adottato dagli Stati membri nell’esercizio delle rispettive competenze.

62      Del resto, stabilire se le disposizioni di un atto del genere adottato dall’Unione rientrino nella competenza della Comunità è una questione che riguarda l’attribuzione e, dunque, l’esistenza stessa di tale competenza, e non la sua natura esclusiva o ripartita (v., in tal senso, sentenza 30 maggio 2006, causa C‑459/03, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑4635, punto 93).

63      Occorre dunque determinare se la decisione impugnata violi l’art. 47 UE perché avrebbe potuto essere adottata sul fondamento delle disposizioni del Trattato CE.

 Quanto alla delimitazione dei rispettivi settori della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo e della PESC

64      Quanto alla politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo, la Corte ha dichiarato che gli obiettivi previsti dall’art. 130 U del Trattato CE (divenuto art. 177 CE) sono ampi nel senso che le misure necessarie al loro perseguimento devono poter riguardare varie materie specifiche (sentenza 3 dicembre 1996, causa C‑268/94, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑6177, punto 37).

65      Gli artt. 177 CE - 181 CE, riguardanti la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, mirano, in effetti, non solo allo sviluppo economico e sociale sostenibile di tali paesi, al loro inserimento armonioso e progressivo nell’economia mondiale e alla lotta contro la povertà, ma anche allo sviluppo e al consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto, nonché al rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, osservando nel contempo gli impegni assunti nell’ambito delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali (sentenza 23 ottobre 2007, causa C‑403/05, Parlamento/Commissione, Racc. pag. I‑9045, punto 56).

66      Risulta, inoltre, dalla Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell’Unione europea, intitolata «Il consenso europeo [per lo sviluppo]» (GU 2006, C 46, pag. 1), che non vi può essere sviluppo sostenibile ed eliminazione della povertà senza pace e senza sicurezza e che il perseguimento degli obiettivi della nuova politica di sviluppo della Comunità passa necessariamente attraverso la promozione della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo (sentenza Parlamento/Commissione, cit., punto 57).

67      Se dunque non si devono limitare gli obiettivi dell’attuale politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo alle misure direttamente intese alla lotta contro la povertà, occorre nondimeno, perché una misura rientri in tale politica, che essa contribuisca al perseguimento degli obiettivi di sviluppo economico e sociale di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Portogallo/Consiglio, cit., punti 44, 60, 63 e 73).

68      A tale riguardo, emerge da diversi documenti delle istituzioni dell’Unione come pure del Consiglio europeo che talune misure volte a prevenire la fragilità dei paesi in via di sviluppo, comprese quelle che sono state adottate nell’ambito della lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro, possono contribuire ad eliminare o a ridurre ostacoli allo sviluppo economico e sociale dei detti paesi.

69      Così, il 21 maggio 1999, il Consiglio «Sviluppo» dell’Unione europea ha adottato una risoluzione sulle armi leggere in cui la proliferazione di tali armi è presentata come un problema di dimensioni mondiali che, soprattutto nei paesi e nelle zone di crisi in situazione instabile dal punto di vista della sicurezza, ostacola uno sviluppo economico e sociale pacifico. Più di recente, nella Strategia dell’Unione europea volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) e relative munizioni, adottata dal Consiglio europeo del 15/16 dicembre 2005 (doc. n. 5319/06 PESC 31 del 13 gennaio 2006), quest’ultimo ha menzionato, tra le conseguenze della circolazione illecita delle armi leggere e di piccolo calibro, segnatamente quelle relative allo sviluppo dei paesi interessati, ossia l’indebolimento delle strutture statali, lo sfollamento delle persone, il crollo dei servizi sanitari e dell’istruzione, il declino dell’attività economica, la riduzione delle risorse governative, la propagazione di pandemie, i danni alla struttura sociale ed infine la riduzione o il ritiro dell’aiuto allo sviluppo, aggiungendo che tali conseguenze costituiscono, per l’Africa sub-sahariana che ne è la più colpita, un fattore essenziale di freno allo sviluppo.

70      Allo stesso modo, la Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell’Unione europea, citata al punto 66 della presente sentenza, annovera, al punto 37, l’insicurezza e i conflitti violenti fra i maggiori ostacoli al conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio approvati in seno alle Nazioni Unite, menzionando espressamente in tale contesto la lotta contro la proliferazione incontrollata delle armi leggere e di piccolo calibro.

71      Nondimeno, perché la Comunità possa adottare una misura concreta di lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro nell’ambito della sua politica di cooperazione allo sviluppo, tale misura deve rientrare, sia per finalità sia per contenuto, nell’ambito di applicazione delle competenze che il Trattato CE le attribuisce in materia.

72      Non rientra in tale ambito una misura che, pur contribuendo allo sviluppo economico e sociale di paesi in via di sviluppo, abbia la finalità primaria di attuare la PESC.

73      Se l’esame di una misura dimostra che essa persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve basarsi su un solo fondamento normativo, ossia quello richiesto dalla finalità o dalla componente principale (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2003, causa C‑211/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑8913, punto 39; 29 aprile 2004, causa C‑338/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑4829, punto 55, e 10 gennaio 2006, causa C‑94/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑1, punto 35, nonché, quanto all’applicazione dell’art. 47 UE, citate sentenze 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, punti 51-53, e 23 ottobre 2007, Commissione/Consiglio, punti 71-73).

74      Ne consegue che misure di lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro non rientrano nelle competenze attribuite alla Comunità in materia di politica di cooperazione allo sviluppo allorché, per la loro finalità o componente principale, sono riconducibili al perseguimento della PESC.

75      Per il caso di una misura che persegua contemporaneamente più obiettivi o abbia più componenti, senza che uno di essi risulti accessorio rispetto all’altro, la Corte ha dichiarato che, quando più fondamenti normativi del Trattato CE siano per questo applicabili, tale misura dovrà basarsi, a titolo eccezionale, sui diversi fondamenti normativi corrispondenti (v., in tal senso, citate sentenze 11 settembre 2003, Commissione/Consiglio, punto 40, e 10 gennaio 2006, Commissione/Consiglio, punto 36).

76      Tuttavia, ai sensi dell’art. 47 UE, tale soluzione è esclusa ove si tratti di una misura che persegue più obiettivi o che ha più componenti rientranti, rispettivamente, nella politica di cooperazione allo sviluppo, riservata alla Comunità dal Trattato CE, e nella PESC, senza che l’uno di essi sia accessorio all’altro.

77      Poiché, infatti, l’art. 47 UE osta all’adozione da parte dell’Unione, sul fondamento del Trattato UE, di una misura che potrebbe essere validamente adottata sul fondamento del Trattato CE, l’Unione non può ricorrere a un fondamento normativo rientrante nella PESC per adottare disposizioni rientranti ugualmente in una competenza attribuita dal Trattato CE alla Comunità.

78      Alla luce delle considerazioni sopra svolte si deve determinare se, come sostiene la Commissione, la decisione impugnata, che attua l’azione comune contestata in vista di un contributo dell’Unione all’ECOWAS nel quadro della moratoria sulle armi leggere e di piccolo calibro, rientri, tanto per finalità quanto per contenuto, nella politica di cooperazione allo sviluppo attribuita alla Comunità dal Trattato CE.

 Quanto alla finalità della decisione impugnata

79      Quanto alla finalità della decisione impugnata, risulta tanto dal suo titolo quanto dal “visto” e dai punti 2-4 del preambolo che la decisione impugnata, contribuendo finanziariamente e tecnicamente ad un’iniziativa dell’ECOWAS nel settore della lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro, intende attuare l’azione comune contestata che il Consiglio ha adottato sul fondamento del titolo V del Trattato UE.

80      Nei limiti in cui la decisione impugnata costituisce l’attuazione di un atto rientrante nella PESC, occorre stabilire preliminarmente se, per ciò stesso, essa debba essere considerata diretta a conseguire piuttosto gli obiettivi della PESC che quelli della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo.

81      A tale riguardo, e senza che occorra esaminare sin d’ora l’eccezione sollevata dalla Commissione relativamente alla pretesa illegittimità dell’azione comune contestata, si deve rilevare che quest’ultima è presentata, nel suo preambolo, come una misura destinata a sostituire l’azione comune 1999/34 per comprendere nell’azione comune dell’Unione, se del caso, le munizioni delle armi portatili e delle armi leggere.

82      Come risulta dal suo art. 1, n. 1, l’azione comune contestata si prefigge di contrastare l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e contribuire a porvi termine, di contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle loro munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e di contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli.

83      Detti obiettivi si concretizzano, da un lato, nel titolo I dell’azione comune contestata, che definisce i principi e le misure sui quali l’Unione si impegna a raggiungere un consenso per prevenire l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti delle armi leggere e di piccolo calibro e, dall’altro, nel successivo titolo II, che tratta dell’assistenza finanziaria e tecnica fornita dall’Unione ai progetti che concorrono all’attuazione di tali principi e misure.

84      Orbene, dall’azione comune contestata non risulta che l’attuazione del programma di lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro che essa annuncia debba assumere necessariamente la forma di misure riconducibili al perseguimento di obiettivi della PESC, quali il mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, anziché quella di misure volte al perseguimento degli obiettivi della politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo.

85      A tale proposito si deve osservare innanzi tutto che l’azione comune 1999/34, cui l’azione comune contestata è succeduta riprendendone integralmente gli obiettivi, i principi espressi e il tipo di contributo previsto, enunciava chiaramente, al punto 1, che l’accumulazione e la diffusione eccessive e incontrollate di armi portatili e di armi leggere costituiscono una minaccia per la pace e la sicurezza e riducono le prospettive di sviluppo sostenibile in numerose regioni del mondo, così iscrivendo subito la lotta contro tale fenomeno in una duplice ottica di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, da un lato, e di tutela delle prospettive di sviluppo, dall’altro.

86      Risulta, poi, dalle disposizioni del titolo II dell’azione comune contestata, le quali, pur riprendendo le disposizioni dell’azione comune 1999/34, precisano il tipo di contributo che l’Unione apporterà e la ripartizione dei compiti che incomberanno in tale contesto al Consiglio e alla Commissione, che gli obiettivi e il programma d’azione fissati da tale azione comune possono essere messi in atto non solo dall’Unione, nell’ambito della PESC, ma anche dalla Comunità, sulla base delle sue proprie competenze.

87      In effetti, l’art. 7 dell’azione comune contestata enuncia che spetta al Consiglio decidere circa l’assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all’art. 6 della stessa, precisando tuttavia, al n. 2, che il Consiglio deciderà caso per caso sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento dei progetti che attuano detta azione comune, «lasciando impregiudicat[a] (...) l’azione della Comunità». Il fatto che l’azione comune contestata possa essere attuata tanto dalla Comunità quanto dall’Unione è confermato dal suo art. 8, ai termini del quale il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità di tale azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie, e dal successivo art. 9, che lascia al Consiglio e alla Commissione la responsabilità della coerenza delle attività dell’Unione nel settore delle armi leggere, «in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell’Unione», e l’attuazione delle rispettive azioni, ciascuno conformemente alle proprie competenze. La necessità della coerenza delle attività dell’Unione nel settore delle armi leggere e di piccolo calibro si ritrova, del resto, con identico riferimento alle «politiche di sviluppo [dell’Unione]», all’art. 4, n. 2, della decisione impugnata.

88      La conclusione secondo la quale gli obiettivi dell’azione comune contestata possono essere messi in atto tanto dall’Unione, nell’ambito del titolo V del Trattato UE, quanto dalla Comunità, nell’ambito della sua politica di cooperazione allo sviluppo, corrisponde, infine, all’approccio auspicato dalle istituzioni dell’Unione e dal Consiglio europeo in parecchi documenti.

89      In primo luogo, il Consiglio medesimo, nella risoluzione sulle armi leggere citata al punto 69 della presente sentenza, pur facendo riferimento all’azione intrapresa dall’Unione nell’ambito della PESC e ricordando la necessità di assicurare la coerenza delle attività dell’Unione relative alle armi portatili, specie riguardo alla PESC, ha raccomandato nondimeno, in questo stesso documento, che nel settore della cooperazione allo sviluppo la Comunità e gli Stati membri dedichino particolare attenzione alle misure dirette all’«inclusione del problema delle armi portatili nel dialogo politico con i paesi ACP e altri paesi partner dell’[Unione europea] nella cooperazione allo sviluppo; [al] sostegno alla cooperazione allo sviluppo per i paesi che chiedono assistenza in materia di controllo o eliminazione del sovrappiù di armi portatili, nonché (...) [all’]eventuale sostegno volto al rafforzamento delle istituzioni governative e della legislazione appropriate per migliorare il controllo delle armi portatili». Ha poi aggiunto, in merito a quest’ultimo punto, che «[i] primi interventi potrebbero essere concentrati sull’Africa australe (...) e sull’Africa occidentale (ECOWAS) dove sono stati già compiuti progressi significativi nonché predisposte e concordate strutture per la lotta alla proliferazione di armi portatili».

90      In secondo luogo, nella Strategia dell’Unione europea volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni, già citata al punto 69 della presente sentenza, il Consiglio europeo menziona, fra i mezzi a disposizione dell’Unione, della Comunità e degli Stati membri per rispondere alla minaccia di diffusione illecita delle dette armi, in particolare, oltre alle operazioni civili e militari di gestione delle crisi e ad altri strumenti diplomatici, gli accordi di partenariato e di cooperazione con i paesi terzi nonché i programmi di sviluppo e di assistenza che rientrano nella cooperazione CE-ACP e contengono un capitolo dedicato alle armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni. Dopo aver rilevato, al punto 15, che, secondo il Consiglio europeo, per l’Unione la posta in gioco di una strategia sulle armi leggere e di piccolo calibro consiste nel rispondere a tale minaccia e garantire la coerenza tra le sue politiche di sicurezza e di sviluppo, tale documento menziona, come elemento finale del piano d’azione annunciato per rispondere all’accumulo di dette armi, il fatto di «[a]ssicurare la coerenza e la complementarità tra le decisioni del Consiglio nel quadro della PESC e le azioni attuate dalla Commissione nel settore dell’aiuto allo sviluppo per favorire un approccio coerente di tutte le azioni svolte dall’U[nione] nel settore delle [armi leggere e di piccolo calibro]».

91      In terzo luogo, al punto 37 della Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell’Unione europea, citata al punto 66 della presente sentenza, sono annunciate iniziative concrete per limitare la proliferazione incontrollata delle armi leggere e di piccolo calibro, le quali saranno adottate, conformemente alla Strategia dell’Unione europea volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di tali armi e delle relative munizioni, dall’«[Unione, n]ell’ambito delle rispettive competenze della Comunità e degli Stati membri».

92      Atteso che l’atto rientrante nella PESC che la decisione impugnata mira ad attuare non esclude che i suoi obiettivi possano essere raggiunti con misure adottate dalla Comunità sulla base delle sue proprie competenze in materia di cooperazione allo sviluppo, si deve allora verificare se la stessa decisione impugnata debba, in quanto tale, essere considerata una misura che persegue obiettivi rientranti nella politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo.

93      A tale riguardo, il punto 1 del preambolo della decisione impugnata afferma che l’accumulazione e la diffusione eccessive e incontrollate di armi leggere e di piccolo calibro non solo costituiscono una minaccia per la pace e la sicurezza, ma anche riducono le prospettive di sviluppo sostenibile, particolarmente nell’Africa occidentale.

94      Come risulta dal successivo punto 2, la decisione impugnata è destinata ad attuare l’azione comune contestata con la quale l’Unione intende, segnatamente attraverso la promozione di misure idonee a creare un clima di fiducia, perseguire gli obiettivi di cui all’art. 1 di detta azione comune, vale a dire la lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e di piccolo calibro e la riduzione delle attuali dotazioni delle stesse.

95      Contrariamente a quanto sostengono la Commissione e il Parlamento, è innegabile che la decisione impugnata, là dove mira a prevenire un ulteriore accumulo di armi leggere e di piccolo calibro nell’Africa occidentale atto a destabilizzare tale regione, s’iscrive in un’ottica generale di mantenimento della pace e di rafforzamento della sicurezza internazionale.

96      Ciò non significa, però, che, rispetto ai detti obiettivi di mantenimento della pace e di rafforzamento della sicurezza internazionale, la preoccupazione di eliminare o di ridurre l’ostacolo allo sviluppo dei paesi interessati rappresentato dall’accumulo delle dette armi sia, nella decisione impugnata, puramente accessoria.

97      Come confermano, infatti, i punti 3 e 4 del preambolo della decisione impugnata, il contributo finanziario e l’assistenza tecnica che l’Unione intende apportare servono a consolidare l’iniziativa dell’ECOWAS nel settore delle armi leggere e di piccolo calibro.

98      La decisione impugnata ha dunque lo scopo specifico di rafforzare le capacità di un gruppo di paesi africani in via di sviluppo di lottare contro un fenomeno che costituisce, a tenore del punto 1 del preambolo, un ostacolo al loro sviluppo sostenibile.

99      Ne consegue che la decisione impugnata persegue diversi obiettivi rientranti, rispettivamente, nella PESC e nella politica di cooperazione allo sviluppo, senza che l’uno di essi sia accessorio all’altro.

 Quanto al contenuto della decisione impugnata

100    L’analisi del contenuto della decisione impugnata non inficia la conclusione tratta ai punti precedenti dall’esame della finalità della stessa.

101    Risulta, infatti, dal suo art. 1, n. 2, che la decisione impugnata apporta un contributo finanziario e fornisce un’assistenza tecnica per la creazione di un’unità «armi leggere» in seno al Segretariato tecnico dell’ECOWAS e per la trasformazione in convenzione della moratoria sulle armi leggere e di piccolo calibro esistente tra gli Stati membri di tale organizzazione. A tal fine essa prevede, all’art. 4, n. 1, un importo di riferimento pari a EUR 515 000.

102    Ai sensi del suo art. 3, l’attuazione finanziaria della decisione impugnata spetta alla Commissione, la quale conclude con l’ECOWAS un accordo di finanziamento che assume la forma di un aiuto non rimborsabile destinato in particolare a coprire, per il periodo di un anno, le retribuzioni e le spese per gli spostamenti, le forniture e le attrezzature necessarie alla creazione dell’unità «armi leggere» in seno al Segretariato tecnico dell’ECOWAS, nonché per la trasformazione della suddetta moratoria in convenzione.

103    Quanto all’assistenza tecnica che deve essere apportata dall’Unione, dal progetto allegato alla decisione impugnata risulta che essa comprende la nomina di esperti che effettuino gli studi necessari alla messa a punto di un progetto di convenzione.

104    Orbene, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 211 delle conclusioni, un contributo finanziario e un’assistenza tecnica possono essere ricondotti alla PESC oppure alla politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo solo alla luce delle finalità che perseguono.

105    Se è vero, infatti, che misure come la concessione di un sostegno politico all’attuazione di una moratoria oppure la raccolta e la distruzione di armi rientrerebbero piuttosto fra le operazioni di mantenimento della pace, di rafforzamento della sicurezza internazionale o di promozione della cooperazione internazionale, iscrivendosi negli obiettivi della PESC enunciati all’art. 11, n. 1, UE, la decisione di investire fondi e di accordare un’assistenza tecnica a un gruppo di paesi in via di sviluppo per giungere a un progetto di convenzione è atta a rientrare tanto nella politica di cooperazione allo sviluppo quanto nella PESC.

106    Il fatto che l’azione comune contestata sia stata attuata da altre decisioni adottate nell’ambito del titolo V del Trattato UE, delle quali la Commissione non ha messo in discussione la legittimità, non è determinante ai fini del risultato dell’esame cui la Corte è chiamata nella presente controversia. La determinazione del fondamento normativo di un atto deve avvenire, infatti, sulla base del suo scopo e del suo contenuto specifici e non alla luce del fondamento normativo scelto per l’adozione di altri atti dell’Unione aventi, eventualmente, caratteristiche analoghe (v., in tal senso, sentenza 10 gennaio 2006, Commissione/Consiglio, cit., punto 50).

107    Peraltro, com’è stato osservato al punto 87 della presente sentenza, l’azione comune contestata che la decisione impugnata è volta ad attuare non esclude in sé che l’obiettivo di lotta contro la proliferazione di armi portatili e di armi leggere possa essere raggiunto con misure prese dalla Comunità allorché essa menziona, agli artt. 8 e 9, l’intento della Commissione di orientare la sua azione verso la realizzazione di detto obiettivo, se del caso con pertinenti misure comunitarie, nonché l’obbligo per il Consiglio e per la Commissione di assicurare la coerenza delle attività dell’Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo, e l’attuazione delle rispettive azioni, ciascuno conformemente alle proprie competenze.

108    Risulta da quanto precede che la decisione impugnata consta, per finalità e per contenuto, di due componenti che non possono essere considerate l’una accessoria all’altra, l’una rientrante nella politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo e l’altra nella PESC.

109    Alla luce delle considerazioni svolte ai punti 76 e 77 della presente sentenza si deve concludere che il Consiglio, adottando la decisione impugnata sul fondamento del titolo V del Trattato UE, benché quest’ultima rientri anche nella politica di cooperazione allo sviluppo, ha violato l’art. 47 UE.

110    Si deve pertanto annullare la decisione impugnata.

111    Poiché la detta decisione dev’essere annullata in quanto essa stessa viziata, non occorre esaminare l’eccezione di asserita illegittimità dell’azione comune contestata.

 Sulle spese

112    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione non ha chiesto la condanna del Consiglio alle spese, ciascuna di queste due istituzioni sopporterà le proprie spese. In applicazione del n. 4 del medesimo articolo, gli intervenienti sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Consiglio 2 dicembre 2004, 2004/833/PESC, che attua l’azione comune 2002/589/PESC in vista di un contributo dell’Unione europea all’ECOWAS nel quadro della moratoria sulle armi leggere e di piccolo calibro, è annullata.

2)      La Commissione delle Comunità europee e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno le proprie spese.

3)      Il Regno di Danimarca, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché il Parlamento europeo sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.