Language of document : ECLI:EU:T:2019:582

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

5 settembre 2019 (*)

«Regime linguistico – Bandi di concorso generali per l’assunzione di amministratori – Scelta della seconda lingua tra tre lingue – Regolamento n. 1 – Articolo 1 quinquies, paragrafo 1, articolo 27 e articolo 28, lettera f), dello Statuto – Principio di non discriminazione – Proporzionalità – Ricorso manifestamente fondato»

Nelle cause T‑313/15 e T‑317/15,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

sostenuta da

Regno di Spagna, rappresentato da M.J. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da J. Currall e G. Gattinara, successivamente da G. Gattinara, F. Simonetti e D. Milanowska, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, nella causa T‑313/15, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del bando di concorso generale EPSO/AD/301/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori (AD 5) (GU 2015, C 92 A, pag. 1), e, nella causa T‑317/15, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del bando di concorso generale EPSO/AD/302/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori nel settore dell’audit (AD 5) (GU 2015, C 99 A, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da D. Gratsias (relatore), presidente, A. Dittrich e R. Frendo, giudici,

cancelliere: E. Coulon,

ha emesso la seguente

Ordinanza

I.      Fatti all’origine della controversia

1        Il 27 febbraio 2015 1’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO), creato in forza della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002, che istituisce l’EPSO (GU 2002, L 197, pag. 53), ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea le Disposizioni generali applicabili ai concorsi generali (in prosieguo: le «Disposizioni generali») (GU 2015, C 70 A, pag. 1).

2        Al punto 1.3 delle Disposizioni generali, intitolato «Ammissibilità», si afferma, sotto la rubrica «Conoscenze linguistiche», quanto segue:

«A seconda del concorso, sarà chiesto di dimostrare la conoscenza delle lingue ufficiali dell’UE. Di norma, occorre avere una conoscenza approfondita (livello C1 del [Quadro comune europeo di riferimento per le lingue]) di una lingua ufficiale dell’UE e una conoscenza soddisfacente (livello B2 del [Quadro comune europeo di riferimento per le lingue]) di un’altra di queste lingue, ma il bando di concorso può imporre (…) condizioni più rigorose (in particolare nel caso dei profili per linguisti). Salvo indicazione contraria nel bando di concorso, la scelta della seconda lingua è in genere limitata al francese, all’inglese o al tedesco».

3        Nella nota a fondo pagina n. 9 delle Disposizioni generali, viene precisato che, «[c]onformemente alla sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Sezione) nella causa C‑566/10 P, Repubblica italiana/Commissione, le istituzioni dell’[Unione] devono motivare la limitazione della scelta della seconda lingua a un numero ristretto di lingue ufficiali dell’[Unione]».

4        Al punto 1.3 delle Disposizioni generali, sotto il titolo «Conoscenze linguistiche», viene inoltre indicato quanto segue:

«Nell’organizzare i concorsi generali l’EPSO applica gli Orientamenti generali relativi all’uso delle lingue nei concorsi EPSO, adottati dal collegio dei capi dei servizi amministrativi il 15 maggio 2013.

Secondo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e quelle che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli.

Le opzioni relative alla seconda lingua nei concorsi generali sono definite in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano. In caso contrario, il funzionamento effettivo delle istituzioni potrebbe essere seriamente compromesso.

Inoltre, per garantire la parità di trattamento tra i candidati, tutti i partecipanti ai concorsi – compresi coloro la cui prima lingua è una delle tre lingue ufficiali suddette – devono sostenere [alcune] prove nella loro seconda lingua, scelta tra queste tre lingue. Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente assai simile a quello in cui dovranno lavorare. Ciò non pregiudica la possibilità di una successiva formazione linguistica finalizzata all’apprendimento di una terza lingua di lavoro, conformemente all’articolo 45, paragrafo 2, dello statuto dei funzionari».

5        Come viene precisato nella nota a fondo pagina n. 10 delle Disposizioni generali, gli Orientamenti menzionati supra al punto 4 sono allegati alle disposizioni in questione (allegato II).

6        Al punto 2.1.4 delle Disposizioni generali, intitolato «Compilare l’atto di candidatura elettronico», viene precisato quanto segue:

«Tutte le parti dell’atto di candidatura elettronico, compresa la sezione “valutazione dei talenti” (évaluateur de talent, Talent Screener, Talentfilter), devono essere compilate in francese, inglese o tedesco, salvo diversa indicazione nel bando di concorso. Il mancato rispetto di tale obbligo può comportare l’esclusione del candidato dal concorso».

7        Al punto 3.1.1 delle Disposizioni generali, intitolato «Comunicazioni dell’EPSO ai candidati», il primo comma indica quanto segue:

«Le comunicazioni relative ai risultati e a tutte le convocazioni saranno inviate ai candidati esclusivamente mediante il loro account EPSO in francese, inglese o tedesco».

8        Il punto 3.1.2 delle Disposizioni generali, intitolato «Comunicazioni dei candidati all’EPSO», è così formulato:

«Prima di contattare l’EPSO, il candidato è tenuto a leggere e verificare attentamente tutte le informazioni contenute nel bando di concorso, nelle presenti disposizioni generali e nel sito dell’EPSO, comprese le “domande più frequenti”.

(…)

L’EPSO si impegna ad applicare i principi del codice di buona condotta amministrativa. Conformemente a questi stessi principi, l’EPSO si riserva tuttavia il diritto di cessare ogni scambio di corrispondenza se la posta inviata dai candidati rappresenta un abuso, perché ripetitiva, insultante e/o irrilevante».

9        Al punto 4 del Codice di buona condotta amministrativa del personale della Commissione europea nei suoi rapporti col pubblico, allegato alla decisione 2000/633/CE, CECA, Euratom della Commissione, del 17 ottobre 2000, recante modificazione del suo regolamento interno (GU 2000, L 267, pag. 63), cui viene fatto riferimento supra al punto 8 (in prosieguo: il «Codice di buona condotta amministrativa»), viene precisato, sotto il titolo «Corrispondenza», quanto segue:

«A norma dell’articolo 21 del trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità».

10      L’allegato II delle Disposizioni generali, intitolato «Orientamenti generali del collegio dei capi dei servizi amministrativi relativi all’uso delle lingue nei concorsi EPSO» (in prosieguo: gli «Orientamenti generali»), enuncia quanto segue:

«In linea generale, nei concorsi EPSO è confermato il regime linguistico seguente:

–        gli elementi stabili della pagina web dell’EPSO sono redatti in tutte le lingue ufficiali;

–        i bandi di concorso, compresi i concorsi per linguisti, i concorsi connessi all’allargamento e le disposizioni generali applicabili ai concorsi generali sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali;

–        i seguenti test si svolgono in tutte le lingue ufficiali:

–        test di preselezione (ragionamento verbale e numerico);

–        test di comprensione linguistica nei concorsi per traduttori;

–        test preliminari di traduzione nei concorsi per giuristi linguisti;

–        test intermedi di interpretazione (su computer) nei concorsi per interpreti;

–        test sulle competenze (traduzione o interpretazione) nei concorsi per linguisti.

Si noti che, sebbene l’EPSO sia in grado di organizzare i suddetti tipi di test in tutte le lingue ufficiali, ciò non significa che essi siano sistematicamente somministrati in tutte le 24 lingue in tutti i concorsi. I test di preselezione sono organizzati in base alla prima lingua dichiarata dagli iscritti ai concorsi, e i test linguistici in funzione delle combinazioni linguistiche del concorso in questione;

–        le prove del centro di valutazione si svolgono solo nella seconda lingua dei candidati, scelta fra il francese, l’inglese e il tedesco.

Allo stesso modo, gli inviti a manifestare interesse nelle selezioni di agenti contrattuali organizzate dall’EPSO sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali.

Più fattori giustificano la limitazione della scelta della seconda lingua.

Innanzitutto, l’interesse del servizio richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di svolgere con efficacia i compiti inerenti al settore o al ruolo specificato nel bando di concorso per i quali sono stati assunti.

Il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più usate nelle istituzioni e quelle in cui tradizionalmente si svolgono le riunioni dei membri delle istituzioni. Il francese, l’inglese e il tedesco sono inoltre le lingue più usate nella comunicazione interna ed esterna, come confermano le statistiche riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni.

Alla luce delle esigenze reali dei servizi in merito all’uso delle lingue nella comunicazione interna ed esterna, lo statuto dei funzionari dispone, all’articolo 27, paragrafo 1, che uno dei criteri di selezione deve essere la conoscenza soddisfacente di una di queste tre lingue, che va valutata simulando una reale situazione di lavoro. La conoscenza di una terza lingua prevista dall’articolo 45, paragrafo 2, dello statuto dei funzionari non può sostituire la conoscenza di una di queste tre lingue al momento dell’assunzione.

In secondo luogo, la limitazione delle lingue nelle fasi successive del concorso è giustificata dalla natura delle prove. Conformemente all’articolo 27 dello statuto dei funzionari, le autorità che hanno il potere di nomina delle istituzioni hanno deciso di modificare le procedure di selezione introducendo a partire dal 2010 metodi di valutazione fondati sulle competenze che riflettano meglio la capacità dei candidati di svolgere le funzioni richieste.

Fondamentali ricerche scientifiche hanno mostrato che i centri di valutazione, che simulano reali situazioni di lavoro, sono il mezzo migliore per prevedere le prestazioni professionali. Si tratta del metodo più affidabile esistente e, in quanto tale, anche di quello più utilizzato a livello mondiale. Una valutazione del genere è tanto più necessaria per le istituzioni, considerata la lunga durata delle carriere e la mobilità interna. In base a un quadro di competenze elaborato dalle autorità che hanno il potere di nomina, viene selezionato un certo numero di esercizi atti a valutare le competenze richieste. Onde assicurare che i candidati siano valutati in modo equo e possano comunicare direttamente con i valutatori e con gli altri candidati che partecipano a una medesima prova, la fase del centro di valutazione deve svolgersi in una lingua veicolare o, in determinate circostanze, nella lingua principale del concorso. Nel primo caso la lingua veicolare deve essere scelta tra le lingue maggiormente conosciute dai candidati. Su questa base, occorre fare tutto il possibile per evitare qualsiasi discriminazione tra i candidati; ne consegue che ogni candidato deve essere testato nella sua seconda lingua. Tuttavia, poiché questa lingua deve essere anche una lingua veicolare, la scelta della seconda lingua è limitata. Dato che la consuetudine di usare il francese, l’inglese e il tedesco, cui si è fatto riferimento, costituisce tuttora la prassi delle istituzioni, la scelta va fatta tra queste tre lingue. I centri di valutazione non effettuano alcuna valutazione delle conoscenze linguistiche dei candidati, e una conoscenza soddisfacente di una di queste tre lingue in quanto seconda lingua è del tutto sufficiente per superare le prove (ciò corrisponde del resto anche ai criteri minimi di cui all’articolo 28 dello statuto). Un tale livello di conoscenza linguistica non è affatto sproporzionato in considerazione delle reali esigenze del servizio sopra descritte.

L’uso del francese, dell’inglese o del tedesco come seconda lingua da scegliere per le fasi successive delle procedure di concorso non comporta alcuna discriminazione rispetto alla lingua materna. Non si tratta infatti di una restrizione dell’uso della lingua materna. L’obbligo di scegliere una seconda lingua tra francese, inglese o tedesco – obbligatoriamente diversa dalla prima lingua, che di norma è la lingua materna o equivalente – garantisce che i candidati siano valutati su un piano di parità. Va inoltre sottolineato che una conoscenza sufficiente della seconda lingua dipende essenzialmente dall’impegno personale dei candidati.

Tale richiesta è in ogni caso proporzionata alle reali esigenze del servizio. La limitazione nella scelta della seconda lingua corrisponde inoltre alle attuali conoscenze linguistiche della popolazione in Europa. Oltre a essere le lingue parlate in diversi Stati membri, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue straniere di maggiore diffusione, le più studiate in quanto lingue straniere e quelle che i cittadini ritengono più utile apprendere. Le reali esigenze del servizio sembrano dunque ragionevolmente riflettere le capacità linguistiche che si possono chiedere ai candidati, tanto più che le conoscenze linguistiche in senso stretto (errori grammaticali, di ortografia o di vocabolario) non sono valutate nel quadro dei test delle competenze. La limitazione nella scelta della seconda lingua a francese, inglese e tedesco non costituisce quindi un ostacolo sproporzionato per quanti desiderino accedere ai concorsi, ma, stando alle informazioni disponibili, corrisponde alle aspettative e alle abitudini dei cittadini.

Il carattere proporzionale e non discriminatorio di questa limitazione in determinate fasi del concorso è confermato dalle statistiche pertinenti. Ad esempio, il francese, l’inglese e il tedesco si sono attestate come opzioni privilegiate quando i candidati hanno avuto la facoltà di scegliere la seconda lingua tra le 11 lingue ufficiali proposte nel quadro dei grandi concorsi generalisti EU-25 per amministratori e assistenti del 2005. Le statistiche relative ai concorsi successivi alla riforma del 2010 non mostrano distorsioni a favore dei cittadini dei paesi nei quali il francese, l’inglese o il tedesco sono lingua ufficiale. Inoltre le statistiche relative alle prove del ciclo AD 2010 indicano che un numero consistente di candidati continua a scegliere una di queste tre lingue come seconda lingua.

Per gli stessi motivi, sembra giustificato esigere che i candidati utilizzino una di queste tre lingue per comunicare con l’EPSO e per compilare la sezione “valutazione dei talenti” (évaluateur de talent, Talent Screener, Talentfilter).

Ne consegue che, nell’intento di conciliare l’interesse del servizio con le abilità dei candidati, è indispensabile organizzare determinate prove in un numero ridotto di lingue dell’Unione per assicurare, da un lato, che i candidati idonei possiedano una conoscenza adeguata di una combinazione di lingue che consenta loro di esercitare le funzioni richieste e, dall’altro, che siano applicati metodi di selezione basati sulla valutazione dei risultati. Dato che i bandi di concorso e la guida per i candidati sono pubblicati nelle 24 lingue dell’Unione e considerando che i candidati possono sostenere la fondamentale prima fase dei concorsi nella loro lingua materna, da scegliere tra le 24 lingue dell’Unione, è possibile affermare che è stato raggiunto un giusto equilibrio tra l’interesse del servizio e il principio del multilinguismo e della non discriminazione in base alla lingua.

Si procederà quindi a decidere caso per caso in merito alla scelta delle lingue, tenendo conto, da un lato, del regime linguistico adottato dal consiglio di amministrazione dell’EPSO e, dall’altro, dell’esigenza specifica delle istituzioni di disporre di candidati immediatamente operativi. Sulla base di quanto precede, è possibile individuare due casistiche generali:

–        innanzitutto, profili generali o profili specifici il cui elemento principale ai fini della selezione, oltre alle competenze generali, è la conoscenza o l’esperienza in un determinato settore o in una data professione. In questi casi, l’esigenza fondamentale è la capacità di lavorare e comunicare in un contesto multilingue nel quale la padronanza delle lingue più utilizzate presso le istituzioni giustifica una limitazione della scelta tra le lingue dell’Unione europea nella procedura di selezione;

–        in secondo luogo, profili per i quali la conoscenza di una o più lingue riveste una particolare importanza, ad esempio per i linguisti o per altri profili nei quali le procedure di selezione sono organizzate per lingua. In questo ambito, oltre alla valutazione delle competenze generali indicate sopra, saranno organizzate anche altre prove di competenza specifiche nelle lingue in questione.

Anche adottando questa impostazione, è opportuno che qualsiasi decisione di limitare il numero delle lingue dei concorsi sia esaminata individualmente per ciascun concorso al fine di riflettere le particolari esigenze delle istituzioni per il profilo o i profili in questione».

11      Il 19 marzo 2015 l’EPSO ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando di concorso generale EPSO/AD/301/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori (AD 5) (GU 2015, C 92 A, pag. 1). Il 26 marzo dello stesso anno, l’EPSO ha pubblicato il bando di concorso generale EPSO/AD/302/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori nel settore dell’audit (AD 5) (GU 2015, C 99 A, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: i «bandi impugnati»).

12      Nella parte introduttiva di ciascuno dei bandi impugnati viene precisato che questi ultimi «e le [D]isposizioni generali (…) costituiscono il quadro giuridicamente vincolante della procedura di selezione».

13      Quali condizioni di ammissione ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, questi ultimi richiedono «almeno il livello C1 in una delle 24 lingue ufficiali dell’[Unione]», la quale lingua viene designata come la «lingua 1» del concorso, e «almeno il livello B2» in una seconda lingua, designata come la «lingua 2» del concorso, che il candidato è chiamato a scegliere tra il francese, l’inglese e il tedesco, e della quale si precisa che deve essere obbligatoriamente differente dalla lingua scelta dal candidato come lingua 1.

14      Nella medesima parte dei bandi impugnati, viene precisato che «[l]a seconda lingua del concorso deve essere scelta tra l’inglese, il francese e il tedesco», che «[q]ueste sono le principali lingue di lavoro delle istituzioni dell’UE» e che, «nell’interesse del servizio, i neoassunti devono essere immediatamente in grado di lavorare e di comunicare in modo efficace nel loro lavoro quotidiano in almeno una di queste lingue». I candidati sono inoltre invitati a consultare l’allegato II di ciascuno dei bandi impugnati «per ulteriori informazioni sull’uso delle lingue nei concorsi dell’[Unione]».

15      Nell’allegato II del bando di concorso generale EPSO/AD/301/15, identico a quello del bando di concorso generale EPSO/AD/302/15, si legge quanto segue:

«Conformemente alla sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande Sezione) nella causa C‑566/10 P, Repubblica italiana/Commissione, le istituzioni dell’Unione motivano nell’ambito del presente concorso la limitazione della scelta della seconda lingua a un numero ristretto di lingue ufficiali dell’Unione.

Si informano i candidati che l’opzione relativa alla seconda lingua del presente concorso è stata definita in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano. In caso contrario il funzionamento effettivo delle istituzioni potrebbe essere seriamente compromesso.

Secondo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli. Inoltre, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue (…) più diffuse e apprese [come seconda lingua] nell’Unione europea. Ciò conferma che la padronanza di almeno una di queste lingue corrisponde al livello di istruzione e competenza professionale che può essere attualmente richiesto a chi si candida a un posto di lavoro nelle istituzioni dell’Unione europea. Pertanto, per raggiungere un equilibrio tra l’interesse del servizio, da un lato, e le esigenze e le capacità dei candidati, dall’altro, tenendo conto dell’ambito specifico del presente concorso, è legittimo organizzare prove in francese, inglese e tedesco, per assicurare che, a prescindere dalla loro prima lingua, tutti i candidati padroneggino a livello operativo almeno una di queste tre lingue ufficiali. Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni dell’Unione di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente simile a quello in cui dovranno lavorare.

Per le stesse ragioni viene limitata anche la scelta delle lingue usate nella comunicazione tra i candidati e l’istituzione e per compilare l’atto di candidatura. Ciò consente inoltre di paragonare tra loro in maniera uniforme sia i candidati che gli atti di candidatura.

Inoltre, per garantire la parità di trattamento, tutti i partecipanti al concorso – compresi coloro la cui prima lingua è una delle tre lingue ufficiali suddette – devono sostenere [alcune] prove nella loro seconda lingua scelta tra queste tre lingue.

Ciò non pregiudica la successiva formazione linguistica finalizzata all’apprendimento di una terza lingua di lavoro, conformemente all’articolo 45, paragrafo 2, dello statuto dei funzionari».

16      Il concorso disciplinato dal bando di concorso generale EPSO/AD/301/15 si svolge in tre fasi. La prima fase consiste nell’organizzazione di test di preselezione, vale a dire dei test a scelta multipla nei quali le soluzioni devono essere fornite su computer. Si tratta di prove di ragionamento verbale, di ragionamento numerico, di ragionamento astratto e di un test situazionale. Secondo il bando di concorso generale in questione, la lingua delle prime tre prove di preselezione è la lingua 1 del concorso. Invece, la lingua del test situazionale è la lingua 2 del concorso. Il bando di concorso generale EPSO/AD/302/15 contiene disposizioni identiche.

17      Il bando di concorso generale EPSO/AD/301/15 prevede, dopo la prima fase, una fase intermedia, consistente in un esercizio di «e‑tray», ed una fase finale, consistente in un «Centro di valutazione (Assessment Center)». Lo stesso vale per quanto riguarda il bando di concorso generale EPSO/AD/302/15.

18      Secondo i bandi impugnati, la lingua della fase intermedia nonché quella della fase finale dei concorsi in questione è la lingua 2 dei concorsi suddetti.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con due atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 12 e il 18 giugno 2015, la Repubblica italiana ha proposto i ricorsi nelle presenti cause.

20      Con due atti, depositati presso la cancelleria del Tribunale il 9 settembre 2015, il Regno di Spagna ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana nelle due cause. Con decisioni in data 5 e 9 ottobre 2015, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha ammesso tali interventi. Il Regno di Spagna ha depositato le proprie memorie di intervento nelle due cause, rispettivamente, il 17 e il 18 dicembre 2015.

21      A seguito della modifica, a partire dal 26 settembre 2016, della composizione delle sezioni del Tribunale risultante dall’elezione dei presidenti di sezione per il periodo dal 21 settembre 2016 al 31 agosto 2019, le presenti cause sono state riassegnate alla Quinta Sezione.

22      Il 15 settembre 2016 il Tribunale ha emesso la sentenza Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Mediante tale sentenza, il Tribunale ha annullato i bandi di concorso generali EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva di amministratori (GU 2014, C 74 A, pag. 4), e EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1).

23      Il 3 novembre 2016 il Tribunale ha invitato le parti, da un lato, a presentare, a norma dell’articolo 68, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, le proprie osservazioni in merito ad un’eventuale riunione delle presenti cause ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che pone fine al giudizio, e, dall’altro lato, ad indicare ad esso quali conseguenze traevano dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Le parti hanno ottemperato a tale invito entro il termine impartito.

24      Il 25 novembre 2016 la Commissione ha proposto un’impugnazione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), registrata con il numero di ruolo C‑621/16 P.

25      Il 5 dicembre 2016, in occasione delle sue risposte ai quesiti trasmessi alle parti dal Tribunale (v. supra, punto 23), e alla luce della presentazione dell’impugnazione menzionata supra al punto 24, la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento nelle presenti cause, facendo valere le «forti similarità» tra queste ultime e le cause sfociate nella sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). A seguito di tale richiesta, il procedimento è stato sospeso, con decisione del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 13 gennaio 2017, fino alla pronuncia della sentenza nella causa C‑621/16 P, in conformità dell’articolo 69 del regolamento di procedura.

26      Il 26 marzo 2019 la Corte ha emesso le sentenze Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249) e Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). Con la prima di queste sentenze, la Corte ha annullato l’invito a manifestazione d’interesse Agenti contrattuali – Gruppo di funzioni I – Autisti (U/D), EP/CAST/S/16/2016 (GU 2016, C 131, pag. 1), nonché la base di dati costituita in virtù del suddetto invito a manifestazione d’interesse, nella misura in cui il Parlamento non aveva dimostrato che la limitazione della scelta della seconda lingua della procedura di selezione in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca fosse oggettivamente e ragionevolmente giustificata da un obiettivo legittimo di interesse generale nel quadro della politica del personale (sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 79). Mediante la seconda di dette sentenze, la Corte ha respinto l’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). A seguito della pronuncia della sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), il procedimento è stato riassunto nelle presenti cause.

27      Il 3 aprile 2019 le parti sono state invitate a presentare al Tribunale le loro osservazioni in merito alle conseguenze da trarre, ai fini delle presenti cause, dalla pronuncia delle sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), e Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251)..

28      Inoltre, nello stesso giorno, il Tribunale ha invitato le parti a presentare dinanzi ad esso le loro osservazioni in merito ad un’eventuale applicazione, nelle presenti cause, dell’articolo 132 del regolamento di procedura.

29      Le parti hanno ottemperato a tali richieste entro il termine impartito.

30      Nelle presenti cause, la Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare i bandi impugnati;

–        condannare la Commissione alle spese.

31      Il Regno di Spagna sostiene le conclusioni della Repubblica italiana.

32      Nelle presenti cause, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi perché infondati;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese;

–        condannare il Regno di Spagna a sopportare le proprie spese.

III. In diritto

33      Poiché le parti, in risposta al quesito ad esse trasmesso dal Tribunale il 3 novembre 2016, hanno dichiarato di non avere obiezioni da formulare al riguardo, il Tribunale ha deciso di riunire le presenti cause ai fini della decisione che pone termine al giudizio, in conformità dell’articolo 68 del regolamento di procedura.

A.      Sulla ricevibilità

34      Nelle presenti cause, la Commissione ha fatto valere, nei controricorsi, che la Repubblica italiana non aveva tenuto conto della pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, degli Orientamenti generali, ai quali i bandi impugnati si limitavano a dare esecuzione e che la Repubblica italiana non aveva mai contestato, né in via principale né in via incidentale. Le censure della Repubblica italiana dovrebbero dunque essere respinte in quanto irricevibili, per il fatto che gli Orientamenti generali, parte integrante della disciplina dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, non erano stati contestati tempestivamente. Inoltre, la Commissione ha sostenuto, nelle controrepliche, che esisteva una sola disciplina giuridicamente vincolante del regime linguistico dei concorsi, quella contenuta negli Orientamenti generali e nelle Disposizioni generali. Di conseguenza, i bandi impugnati sarebbero stati adottati «in (…) stretta esecuzione» dei suddetti orientamenti e non farebbero altro che «confermare quanto stabilito» da questi ultimi.

35      La Repubblica italiana, sostenuta dal Regno di Spagna, ha contestato l’argomentazione presentata dalla Commissione.

36      Nelle sue risposte del 26 aprile 2019 ai quesiti che il Tribunale le ha sottoposto il 3 aprile 2019, la Commissione ha riconosciuto che, a seguito della sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), l’eccezione di irricevibilità da essa sollevata nei presenti procedimenti era divenuta priva di oggetto.

37      A questo proposito occorre considerare che la Commissione ha, in sostanza, abbandonato la propria argomentazione attinente alla questione di irricevibilità. Pertanto, non vi è più luogo ad esaminare la questione di irricevibilità sollevata dalla Commissione. In ogni caso, occorre constatare che tale argomentazione non merita accoglimento. Infatti, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 44, 45, 49, 50, 53 e 54 della sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), i ricorsi nelle presenti cause devono essere dichiarati ricevibili.

B.      Nel merito

38      Ai sensi dell’articolo 132 del regolamento di procedura, quando la Corte o il Tribunale ha già statuito su una o più questioni di diritto identiche a quelle sollevate coi motivi di ricorso e il Tribunale constata che i fatti sono dimostrati, esso può decidere, dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, sentite le parti, di dichiarare il ricorso manifestamente fondato, con ordinanza motivata contenente i rinvii alla giurisprudenza in materia.

39      A sostegno dei presenti ricorsi, la Repubblica italiana deduce sette motivi, riguardanti: il primo, la violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE; il secondo, la violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato (in prosieguo: il «regolamento n. 1»); il terzo, la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III del medesimo Statuto; il quarto, la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE e del principio della tutela del legittimo affidamento; il quinto, uno sviamento di potere e la violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», e in particolare dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, dell’articolo 28, lettera f), dell’articolo 34, paragrafo 3, e dell’articolo 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché la violazione del principio di proporzionalità; il sesto, la violazione dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto; e infine, il settimo, la violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, la violazione del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti».

40      Occorre constatare che, mediante i suoi motivi di ricorso, la Repubblica italiana contesta, così come con i motivi presentati nelle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), la legittimità di due aspetti del regime linguistico dei concorsi contemplati dai bandi impugnati quale istituito, secondo detto Stato membro, da questi ultimi. Nello specifico, la Repubblica italiana contesta le disposizioni dei bandi impugnati che limiterebbero alle sole lingue francese, inglese e tedesca, da un lato, la scelta della seconda lingua dei suddetti concorsi e, dall’altro, la scelta della lingua utilizzabile nelle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO.

41      Per quanto riguarda l’applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 132 del regolamento di procedura, occorre rilevare che, ai punti 38 e 39 delle sue risposte ai quesiti che il Tribunale le ha rivolto in data 3 aprile 2019 (v. supra, punto 28), la Commissione ha dichiarato la propria opposizione in proposito. Orbene, il Tribunale giudica che i due presupposti cumulativi per l’applicazione dell’articolo 132 del regolamento di procedura sono soddisfatti e decide di statuire senza proseguire il procedimento. Infatti, da un lato, è giocoforza constatare che i motivi e gli argomenti presentati dalle parti sono essenzialmente identici, sul piano giuridico, a quelli da esse presentati nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Dall’altro lato, e come verrà in seguito chiarito, i fatti costitutivi dei casi qui in esame, peraltro essenzialmente paragonabili a quelli delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), sono dimostrati, come richiesto dall’articolo 132 del regolamento di procedura. Infine, per quanto riguarda gli elementi invocati dalla Commissione nelle sue risposte ai quesiti che il Tribunale le ha trasmesso il 3 aprile 2019 e che sarebbero, ad avviso di detta istituzione, tali da giustificare un trattamento differente delle presenti cause, essi non permettono, in realtà, di distinguere queste ultime dalle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495) (v. infra, punti da 90 a 103).

42      Come si è esposto supra al punto 40, la Repubblica italiana, sostenuta dal Regno di Spagna, contesta, nella fattispecie, due distinti aspetti dei bandi impugnati.

43      Occorre pertanto esaminare di seguito, alla luce dei motivi dedotti e degli argomenti presentati dalle parti, da un lato, la legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi di cui ai bandi impugnati e, dall’altro, la legittimità della limitazione alle sole tre lingue sopraindicate delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO.

1.      Sulla legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi di cui ai bandi impugnati

44      La parte dei bandi impugnati che verte sulla limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi in questione costituisce l’oggetto del terzo e del settimo motivo dedotti, in ciascuno dei ricorsi, dalla Repubblica italiana.

45      Il terzo motivo di ricorso riguarda la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto. La ricorrente sottolinea, in particolare, che i compiti che i vincitori dei concorsi di cui ai bandi impugnati saranno chiamati a svolgere e le funzioni che gli stessi dovranno assolvere – vale a dire, da un lato, per quanto riguarda il concorso EPSO/AD/301/15, la formulazione e lo sviluppo delle politiche, gli interventi operativi e la gestione delle risorse e, dall’altro, per quanto riguarda il concorso EPSO/AD/302/15, segnatamente «interventi in tutti gli Stati membri dell’Unione (…) nonché in paesi terzi o presso altre organizzazioni internazionali» – non giustificano il requisito, imposto dai bandi di cui sopra, della conoscenza di una delle tre lingue summenzionate come seconda lingua. Secondo la Repubblica italiana, tali funzioni imporrebbero la più ampia conoscenza possibile delle lingue dell’Unione.

46      Il settimo motivo di ricorso riguarda la violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, la violazione del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti». In sostanza, mediante tale motivo di ricorso, la Repubblica italiana fa valere un difetto o un’insufficienza di motivazione dei bandi impugnati. Essa contesta, inoltre, la fondatezza di tale motivazione e la sua conformità alle disposizioni sopra citate.

47      Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione della Repubblica italiana.

a)      Sulla motivazione dei bandi impugnati

48      Per quanto riguarda, anzitutto, un eventuale difetto o un’eventuale insufficienza di motivazione dei bandi impugnati, fatto valere nell’ambito del settimo motivo di ricorso, la Commissione respinge l’argomentazione della Repubblica italiana.

49      A questo proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una formalità sostanziale, la quale va tenuta distinta dalla questione della fondatezza delle ragioni addotte, che invece attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esporre formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano inficiate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito dell’atto in questione, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur esponendo ragioni errate [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 79 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

50      Nel caso di specie, come risulta dal quadro normativo dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati (v. supra, punti da 11 a 18), tale quadro normativo contiene senz’altro una motivazione tesa a giustificare il requisito secondo cui i candidati devono possedere una conoscenza soddisfacente del francese, dell’inglese o del tedesco. Pertanto, non si può imputare all’EPSO una violazione dell’obbligo di motivazione che gli incombe.

b)      Sulla fondatezza delle ragioni addotte nei bandi impugnati

1)      Sull’esistenza di una discriminazione

51      L’articolo 1 del regolamento n. 1 prevede, nella versione applicabile al momento della pubblicazione dei bandi impugnati, quanto segue:

«Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese».

52      Occorre altresì rilevare che, conformemente al punto 67 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), se certo l’articolo 1 del regolamento n. 1 enuncia espressamente quali sono le lingue di lavoro delle istituzioni, l’articolo 6 del medesimo regolamento stabilisce che le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni. In questa medesima sentenza, la Corte ha d’altronde constatato che le istituzioni interessate dai bandi di concorso controversi in quel caso non avevano stabilito, sulla base dell’articolo 6 del regolamento n. 1, le modalità del regime linguistico nei loro regolamenti interni.

53      Orbene, non può dirsi dimostrato, sulla base degli elementi risultanti dai fascicoli delle presenti cause, che le istituzioni interessate dai bandi impugnati avessero, dopo la pronuncia della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), e fino alla pubblicazione di tali bandi, adottato delle disposizioni nei propri regolamenti interni che consentivano loro di stabilire le modalità di applicazione del regime linguistico generale fissato dal regolamento n. 1, ai sensi dell’articolo 6 di quest’ultimo. Per parte sua, la Commissione ha indicato, al punto 66 dei controricorsi, che «nessuna istituzione ha mai adottato un simile regolamento». La Commissione conferma tale posizione al punto 40 delle controrepliche depositate nelle presenti cause.

54      Peraltro, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto stabilisce che, nell’applicazione dello Statuto, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, sulla lingua. A mente del paragrafo 6 del medesimo articolo, «[n]el rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale».

55      Inoltre, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto dispone che, per la nomina a funzionario, occorre possedere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Se invero tale disposizione precisa che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, essa però non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle lingue ufficiali menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 85 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

56      Infine, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, il bando di concorso può specificare eventualmente le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a derogare alle prescrizioni dell’articolo 1 del regolamento n. 1 [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 86 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

57      Risulta dall’insieme di tali considerazioni che la limitazione della scelta della seconda lingua da parte dei candidati di un concorso ad un numero ristretto di lingue, ad esclusione delle altre lingue ufficiali, costituisce una discriminazione fondata sulla lingua. È infatti evidente che, mediante una clausola siffatta, alcuni potenziali candidati, ossia quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate, sono avvantaggiati, in quanto possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre altri, che non hanno una conoscenza siffatta, ne sono esclusi [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 91 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

58      La conclusione di cui sopra non può essere invalidata dai seguenti argomenti presentati dalla Commissione.

59      In primo luogo, l’argomento secondo cui la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati non costituisce una discriminazione fondata sulla cittadinanza deve essere respinto perché inoperante. Infatti, l’articolo 1 quinquies dello Statuto non vieta soltanto le discriminazioni fondate sulla cittadinanza ma anche quelle fondate sulla lingua [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 92 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

60      In secondo luogo, non hanno prospettiva di successo gli argomenti avanzati dalla Commissione, secondo cui una discriminazione siffatta, da un lato, non può essere dimostrata, in quanto tutti i candidati dovevano «svolgere [i test e le prove diversi da quelli su computer – da effettuarsi nella lingua madre del candidato –] nella loro seconda lingua, obbligatoriamente diversa dalla lingua madre», e, dall’altro lato, non può essere verificata nei fatti, alla luce dei «dati raccolti dall’EPSO relativi ai candidati iscritti sulle liste di riserva all’esito di concorsi organizzati dal 2010 al 2013».

61      Infatti, nessuna disposizione dei bandi impugnati impone ai candidati di sostenere i test su computer nella loro lingua madre. Pertanto, nulla impedisce ad un candidato la cui lingua madre sia il francese, l’inglese o il tedesco e che disponga di una conoscenza sufficiente di un’altra di queste tre lingue, di dichiarare questa seconda lingua come propria prima lingua del concorso e di sostenere così gli altri test e le altre prove previsti dai bandi impugnati nella propria lingua madre. È evidente che un candidato la cui lingua madre non sia nessuna delle tre lingue summenzionate non può effettuare una scelta paragonabile.

62      Per di più, senza dubbio, ai sensi del punto 94 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), l’obiettivo di assicurare alle istituzioni la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione di un concorso nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti. Tuttavia, contrariamente a quanto sembra affermare la Commissione, non si può dedurre dalla sentenza di cui sopra che qualsiasi limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati sarebbe giustificata a condizione che i candidati possano scegliere, tra le lingue proposte dai bandi impugnati, quella nella quale essi sono maggiormente esperti dopo la loro lingua materna. Infatti, niente esclude che la seconda lingua della quale i suddetti candidati «si reputano maggiormente esperti» sia una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 95 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

63      Infine, per quanto riguarda gli argomenti che la Commissione cerca di ricavare dai dati di fatto menzionati supra al punto 60, l’articolo 1 quinquies dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, anche quando il numero delle vittime di una discriminazione siffatta sia abbastanza ristretto [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 96 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

64      Nondimeno, secondo la giurisprudenza, dall’insieme delle disposizioni sopra citate risulta che l’interesse del servizio può costituire un obiettivo legittimo che può essere preso in considerazione per derogare alle condizioni imposte dall’articolo 1 del regolamento n. 1. In particolare, se certo l’articolo 1 quinquies dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, nondimeno il paragrafo 6 del medesimo articolo prevede che talune limitazioni a tale divieto siano possibili, a condizione che esse siano «oggettivamente e ragionevolmente giustificat[e]» e rispondano a «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89).

65      Pertanto, l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono le istituzioni dell’Unione per quanto riguarda l’organizzazione dei loro servizi, al pari dell’EPSO allorché questo esercita, come nel caso di specie, poteri che gli sono conferiti dalle istituzioni suddette, incontra i limiti imperativi fissati dall’articolo 1 quinquies dello Statuto, di modo che le disparità di trattamento fondate sulla lingua risultanti da una limitazione del regime linguistico di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali possono essere ammesse soltanto qualora tale limitazione sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

66      Alla luce di quanto sopra esposto, poiché la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione costituisce una discriminazione fondata sulla lingua (v. supra, punto 57), occorre verificare se, limitando al francese, all’inglese e al tedesco tale scelta, l’EPSO abbia violato l’articolo 1 quinquies dello Statuto, istituendo una discriminazione non giustificata.

2)      Sull’esistenza di una giustificazione della discriminazione controversa

i)      Osservazione preliminare

67      A questo proposito, occorre precisare che spetta all’istituzione che abbia introdotto una disparità di trattamento fondata sulla lingua dimostrare che tale disparità è idonea a soddisfare reali esigenze relative alle funzioni che le persone assunte saranno chiamate ad esercitare. Inoltre, qualsiasi requisito relativo a specifiche conoscenze linguistiche deve essere proporzionato a tale interesse e basarsi su criteri chiari, oggettivi e prevedibili che permettano ai candidati di comprendere le ragioni del requisito stesso e ai giudici dell’Unione di controllarne la legittimità (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 93 e la giurisprudenza ivi citata). Spetta, più in particolare, al giudice dell’Unione effettuare un esame in concreto delle norme che stabiliscono il regime linguistico dei concorsi come quelli costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, nella misura in cui soltanto un esame siffatto è idoneo a permettere di accertare le conoscenze linguistiche che possono essere oggettivamente richieste, nell’interesse del servizio, dalle istituzioni nel caso di funzioni particolari, e dunque a permettere di stabilire se un’eventuale limitazione della scelta delle lingue utilizzabili per partecipare a tali concorsi sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 94).

68      Più in particolare, il giudice dell’Unione deve non soltanto verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano idonei a suffragare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e la giurisprudenza ivi citata).

ii)    Sulla ragione addotta relativa alla necessità che i neoassunti siano immediatamente operativi

69      Dalla motivazione relativa al regime linguistico dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, quale risulta da questi ultimi nonché dalle Disposizioni generali e dagli Orientamenti generali, ai quali i bandi impugnati rinviano, consta, in particolare, che le seconde lingue prescelte ai fini dei concorsi in questione sono state stabilite conformemente all’interesse del servizio, il quale esige che i nuovi assunti siano immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel loro lavoro quotidiano. Ove così non fosse, il funzionamento effettivo delle istituzioni rischierebbe di essere seriamente compromesso.

70      Occorre pertanto verificare, alla luce dell’argomentazione svolta dalla Repubblica italiana, se le ragioni fornite nell’ambito del quadro normativo dei concorsi in questione nella fattispecie dimostrino che la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi controversi è giustificata dall’interesse del servizio e rispetta il principio di proporzionalità.

71      Secondo la motivazione dei bandi impugnati, «[l]’interesse del servizio (…) richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano». I bandi suddetti richiamano la «prassi consolidata nelle istituzioni» dell’Unione per quanto riguarda le lingue di comunicazione interna nonché le esigenze dei servizi in materia di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli.

72      Si constata, poi, che queste tre lingue sono «le lingue (…) più (…) apprese [come seconda lingua] nell’Unione europea». Secondo i bandi impugnati, «[c]iò conferma che la padronanza di almeno una di queste lingue corrisponde al livello di istruzione e competenza professionale che può essere attualmente richiesto a chi si candida a un posto di lavoro nelle istituzioni dell’Unione europea». Alla luce di tali considerazioni, si conclude affermando che, «per raggiungere un equilibrio tra l’interesse del servizio, da un lato, e le esigenze e le capacità dei candidati, dall’altro, tenendo conto dell’ambito specifico del presente concorso, è legittimo organizzare prove in francese, inglese e tedesco, per assicurare che, a prescindere dalla loro prima lingua, tutti i candidati padroneggino a livello operativo almeno una di queste tre lingue ufficiali».

73      Più specificamente, la considerazione secondo cui «[l’]esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni dell’Unione di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente simile a quello in cui dovranno lavorare», sembra essere addotta per giustificare l’organizzazione di alcune prove nella seconda lingua, scelta da ciascun candidato tra il francese, l’inglese e il tedesco. Il requisito secondo cui i candidati che scelgono una di queste tre lingue come prima lingua devono comunque sostenere le prove suddette in un’altra di queste stesse tre lingue, da essi scelta quale seconda lingua, viene spiegato con l’intento di «garantire la parità di trattamento».

74      Orbene, è giocoforza constatare, anzitutto, che né tale motivazione, né alcuna delle ragioni indicate nel quadro normativo di riferimento dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati e volte a giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua di tali concorsi, apporta elementi idonei a differenziare le presenti cause dalle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Inoltre, la Commissione non fornisce alcun elemento di prova nuovo suscettibile di influire sul controllo esercitato dal giudice dell’Unione in merito alla discriminazione fondata sulla lingua che viene introdotta dal summenzionato quadro normativo. Infine, le procedure di selezione previste dai bandi impugnati non presentano alcun carattere specifico tale da differenziarle rispetto ai concorsi che venivano in questione nelle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495).

75      A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 132 del regolamento di procedura, spetta, nel caso di specie, al Tribunale constatare che i fatti sono dimostrati, senza che per questo essi debbano essere gli stessi di quelli che sono stati giudicati rilevanti nelle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495) (v., in tal senso, ordinanza del 7 dicembre 2017, Durazzo/SEAE, T‑559/16, non pubblicata, EU:T:2017:882, punto 86). Questa è la situazione che si presenta nelle cause odierne, tenendo presente che la realtà dei fatti non viene d’altronde contestata. Inoltre, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sembra sostenere la Commissione al punto 29 delle sue risposte del 26 aprile 2019 ai quesiti che il Tribunale le ha rivolto in data 3 aprile 2019, l’applicazione dell’articolo 132 del regolamento di procedura non implica in alcun modo la mancanza di un esame in concreto delle circostanze specifiche delle presenti cause.

76      Più specificamente, per quanto riguarda, in primo luogo, la presunta prassi delle istituzioni dell’Unione relativamente alle lingue di comunicazione interna, è sufficiente constatare che il quadro normativo dei concorsi di cui ai bandi impugnati comprende unicamente affermazioni vaghe, non completate da indicazioni concrete. In particolare, non viene precisato se le istituzioni siano solite utilizzare in parallelo il francese, l’inglese e il tedesco come lingue di comunicazione interna in tutti i servizi dell’insieme delle istituzioni e degli organi interessati dai bandi impugnati, o se, piuttosto, alcuni servizi utilizzino una di queste lingue ed altri un’altra lingua [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 113 a 116 (non pubblicati)].

77      Nei propri scritti difensivi la Commissione ha fornito, come aveva già fatto nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), alcune precisazioni ed alcuni elementi di prova supplementari. Orbene, nessuna di queste precisazioni e nessuno di questi elementi supplementari, rigorosamente identici a quelli presentati nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), può essere sufficiente per giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 118 a 122 (non pubblicati)].

78      In secondo luogo, per quanto riguarda, da un lato, gli argomenti che la Commissione ricava dal fatto che, a suo avviso, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue nelle quali la quasi totalità dei documenti viene tradotta dalla sua Direzione generale della traduzione, nonché, dall’altro lato, le statistiche che essa fornisce in proposito, è sufficiente constatare come essi non possano giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati.

79      Da un lato, tali statistiche riguardano unicamente i servizi della Commissione e non anche i servizi dell’insieme delle istituzioni e degli organi interessati dai bandi impugnati. Per tale motivo, la rilevanza di tali statistiche risulta diminuita. Il fatto, rilevato dalla Commissione nelle controrepliche, che essa sia «l’istituzione con il numero più elevato di personale tra le istituzioni dell’Unione» non è idoneo a rimettere in discussione tali constatazioni.

80      Dall’altro lato, tanto i dati statistici forniti, nel caso di specie, dalla Commissione, quanto gli argomenti che quest’ultima ricava, sono identici a quelli forniti e presentati nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Pertanto, poiché nessun elemento dei fascicoli delle presenti cause, né alcun carattere specifico delle procedure di selezione interessate dai bandi impugnati giustifica che il Tribunale si discosti dalle valutazioni compiute in quest’ultima sentenza, occorre respingere l’argomentazione addotta al riguardo [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 125 a 131 (non pubblicati)].

81      In terzo luogo, la Commissione fa valere che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più parlate dai propri funzionari ed agenti. In proposito essa produce, da un lato, una tabella, estratta dal sistema di registrazione delle informazioni personali dei propri funzionari ed agenti, da cui risulterebbe che le tre lingue summenzionate sono le lingue prevalentemente indicate dai funzionari ed agenti come lingue principali, e, dall’altro lato, una tabella che mostra la ripartizione dei suoi funzionari e dei suoi agenti in base alla loro nazionalità e alla loro seconda lingua.

82      A prescindere dal fatto che tali dati riguardano, ancora una volta, unicamente la Commissione, è giocoforza constatare che essi sono identici a quelli forniti da tale istituzione nel contesto delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Poiché nessun elemento dei fascicoli delle presenti cause, né alcun carattere specifico delle procedure di selezione interessate dai bandi impugnati giustifica che il Tribunale si discosti dalle valutazioni compiute in quest’ultima sentenza, occorre respingere l’argomentazione della Commissione addotta al riguardo [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 132 a 140 (non pubblicati)].

83      In quarto luogo, la Commissione sostiene che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente studiate e parlate, come lingue straniere, negli Stati membri dell’Unione. A sostegno delle proprie allegazioni, la Commissione produce un rapporto dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), pubblicato in Statistics in Focus n. 49/2010. Essa presenta, inoltre, alcuni elementi contenuti nel rapporto speciale Eurobarometer n. 386 del 2012.

84      Orbene, dato che, da un lato, tali documenti, a carattere generale, sono già stati forniti dalla Commissione nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), e che, dall’altro lato, nessun elemento dei fascicoli delle presenti cause, né alcun carattere specifico delle procedure di selezione interessate dai bandi impugnati giustifica che il Tribunale si discosti dalle valutazioni compiute in quest’ultima sentenza, occorre respingere l’argomentazione della Commissione addotta al riguardo [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 141 a 146 (non pubblicati)].

iii) Sulla ragione addotta relativa alla natura delle prove di concorso

85      La Commissione sosteneva, nei propri scritti difensivi, che la limitazione della scelta della seconda lingua stabilita dai bandi impugnati si giustificava con la natura delle prove previste per le procedure di selezione costituenti l’oggetto dei bandi stessi.

86      A questo proposito, nelle sue risposte del 26 aprile 2019 ai quesiti che il Tribunale le ha rivolto in data 3 aprile 2019, la Commissione precisa che «la “natura delle prove” è stata indicata [nelle Disposizioni generali disciplinanti i concorsi di cui ai bandi impugnati] come un ulteriore interesse del servizio, autonomo e distinto dalla immediata operatività dei candidati», tale da giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua nelle prove del concorso. La Commissione aggiunge, a questo proposito, che essa «si è soffermata lungamente nei propri scritti sulla natura [dei concorsi in questione nel caso di specie], le cui caratteristiche non sono state mai contestate dalla ricorrente». Più specificamente, secondo la Commissione, la natura delle prove dei suddetti concorsi, vale a dire del test situazionale, dell’esercizio e‑tray «che costituisce un’anticipazione del centro di valutazione», nonché dell’insieme delle prove del centro di valutazione, è direttamente connessa con una precisa scelta in materia di politica del personale, quella di organizzare delle procedure di concorso privilegiando l’aspetto delle capacità generali, come l’interattività dei nuovi funzionari, rispetto a quello delle sole conoscenze tecniche.

87      A questo proposito, la Commissione sostiene altresì che le prove menzionate supra al punto 86 non erano previste dai bandi impugnati nelle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), e che, per quanto riguarda le caratteristiche concrete di tali prove, essa ha fornito elementi di fatto che non erano stati prodotti nei procedimenti relativi alle cause suddette, ossia gli allegati B.4 e B.5.

88      La Commissione sostiene che l’interesse del servizio costituito dalla natura delle prove di concorso di cui ai bandi impugnati esige «un altro tipo di giustificazione». Tale giustificazione sarebbe legata ad un utilizzo della lingua «di tipo soggettivo, ossia riferito alla lingua utilizzata dai singoli funzionari, che (…) compongono le commissioni giudicatrici», nella misura in cui l’utilizzazione, da parte dei candidati e dei membri della commissione giudicatrice, della medesima lingua costituisce una condizione minima per consentire lo svolgimento delle prove dei suddetti concorsi.

89      Pertanto, la Commissione sostiene che le indicazioni concrete di cui il Tribunale dispone sono sufficienti per giustificare la limitazione controversa. In merito a tale punto, essa fa riferimento agli allegati B.8 e B.9, esaminati ai punti 134 e 138 (non pubblicati) della sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), i quali confermerebbero che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più parlate dai funzionari, nonché all’allegato B.10 che confermerebbe il grado di diffusione di queste tre lingue nell’Unione. Pertanto, la limitazione controversa sarebbe giustificata, nella misura in cui le tre lingue summenzionate sono le lingue maggioritariamente parlate dai singoli funzionari, in quanto «potenziali membri della commissione giudicatrice», e dai cittadini dell’Unione, in quanto «potenziali candidati ai concorsi».

90      Occorre constatare, anzitutto, che nella sua sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione [T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 149 a 151 (non pubblicati)], il Tribunale aveva esaminato la ragione addotta attinente alla natura delle prove dei concorsi in discussione in quel caso, nella misura in cui tale ragione giustificativa era sviluppata negli Orientamenti generali, allegati alle Disposizioni generali applicabili ai concorsi generali pubblicate il 1° marzo 2014 (GU 2014, C 60 A, pag. 1). Infatti, si era constatato che gli Orientamenti generali contenevano, al riguardo, soltanto alcune precisazioni fondate sulla «consuetudine» dell’uso delle lingue francese, inglese e tedesca e, più in particolare, sulla premessa secondo cui tali tre lingue erano «quelle in cui tradizionalmente si svolgono le riunioni dei membri delle istituzioni» ed erano «le lingue [veicolari] più usate nella comunicazione interna ed esterna, come conferma[va]no le statistiche riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni».

91      Orbene, come si è constatato nella sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione [T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 152 (non pubblicato)], riguardo ad elementi contenuti nelle Disposizioni generali pubblicate il 1° marzo 2014, identici a quelli contenuti nelle Disposizioni generali pubblicate il 27 febbraio 2015, si tratta soltanto di affermazioni vaghe e generiche, che non si riferiscono ad elementi concreti e verificabili.

92      Nessuno degli elementi invocati o forniti dalla Commissione nell’ambito delle presenti cause permette di discostarsi da tale conclusione.

93      Anzitutto, occorre rilevare che, se invero la Commissione ha fatto riferimento, nelle proprie memorie difensive, alle caratteristiche specifiche dei concorsi di cui ai bandi impugnati, essa si è in realtà limitata ad indicare che i concorsi in questione prevedevano, segnatamente, un test situazionale ed un esercizio di «e‑tray», vale a dire «una parte anticipata del centro di valutazione», nonché le prove del centro di valutazione, sostenendo che tali prove non potevano essere assimilate ad altre, come ad esempio il colloquio con la commissione giudicatrice, nella misura in cui il loro obiettivo sarebbe stato di simulare situazioni professionali. Essa ha così concluso che, considerata la natura di tali prove, era «inevitabile [fare] ricorso ad una lingua veicolare sia per poter valutare le reazioni dei candidati “en direct” sia per consentire una comunicazione efficace tra candidati e commissione giudicatrice e tra i candidati stessi». Secondo la Commissione, «solo l’utilizzo di una lingua veicolare nota sia ai candidati sia alla commissione giudicatrice consente a quest’ultima di poter comparare le prestazioni dei singoli candidati e, dunque, di rispettare il principio della parità di trattamento». Per quanto riguarda più specificamente il test situazionale, la Commissione ha fornito, negli allegati B.4 e B.5 del controricorso, due documenti intitolati, rispettivamente, «Esempio di domande di un test situazionale in un concorso per un posto di tipo AD» e «Modalità di correzione di un test situazionale». Per il resto, la Commissione ha fatto riferimento, nelle proprie memorie difensive, al contesto generale e agli obiettivi che giustificavano la riforma dei metodi di valutazione dei candidati nei concorsi generali organizzati dall’EPSO a partire dal 2008.

94      Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che l’argomentazione presentata dalla Commissione in ordine a tale aspetto è fondata, in sostanza, sulla necessità di ricorrere ad una lingua veicolare, comune ai membri delle commissioni giudicatrici e ai candidati, per lo svolgimento delle prove summenzionate. Secondo le risposte della Commissione del 26 aprile 2019 ai quesiti che il Tribunale le aveva rivolto in data 3 aprile 2019, alla luce di tale necessità attinente alla natura delle prove in questione, che costituirebbe un interesse del servizio ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 64, la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati sarebbe giustificata alla luce degli elementi contenuti negli allegati B.8, B.9 e B.10.

95      In ordine a tale aspetto occorre ricordare che, come si è indicato supra al punto 81, l’allegato B.8 del controricorso contiene una tabella da cui risulterebbe che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue prevalentemente indicate dai funzionari e agenti della Commissione come lingue principali, mentre l’allegato B.9 del controricorso contiene una tabella che mostra la ripartizione dei funzionari e degli agenti di detta istituzione in base alla loro nazionalità e alla loro seconda lingua.

96      Orbene, i dati contenuti in questi allegati riguardano unicamente la Commissione, mentre i concorsi di cui ai bandi impugnati sono stati organizzati ai fini della costituzione di elenchi di riserva dai quali, in linea di principio, tutte le istituzioni dell’Unione sarebbero andate ad attingere per le assunzioni, e non soltanto la Commissione.

97      Tali dati sono stati d’altronde già valutati dal Tribunale nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione [T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti da 132 a 140 (non pubblicati)].

98      Più precisamente, per quanto riguarda l’allegato B.8, anche ritenendo che i dati in esso contenuti permettano di trarre delle conclusioni riguardo alla lingua madre dei funzionari della Commissione, essi non permettono di ricavare conclusioni utili in merito alle lingue realmente parlate da tali funzionari, in quanto questi ultimi devono conoscere in maniera soddisfacente, oltre alla loro lingua madre, almeno un’altra lingua, come richiesto dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 134 (non pubblicato)]. Pertanto, i dati contenuti nella tabella in questione non consentono neppure di trarre conclusioni riguardo alle lingue parlate dai potenziali membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati.

99      Lo stesso vale per quanto riguarda la tabella fornita con l’allegato B.9. Come è già stato constatato dal Tribunale, al punto 138 (non pubblicato) della sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), questa tabella non fornisce un’immagine esatta delle conoscenze linguistiche dei funzionari e agenti della Commissione. Infatti, per sapere quanti tra questi funzionari e agenti hanno una conoscenza almeno soddisfacente, ad esempio, dell’inglese, bisognerebbe prendere altresì in considerazione sia coloro che hanno l’inglese come lingua principale sia coloro per i quali l’inglese costituisce una terza o una quarta lingua (e non soltanto una seconda lingua), poiché non si può escludere che un funzionario o agente possieda una conoscenza soddisfacente di più di due lingue.

100    La Commissione sostiene, inoltre, che l’allegato B.10 contiene degli elementi che permettono di concludere che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più diffuse nell’Unione (v. supra, punto 83) e che, perciò, esse sono le lingue più diffuse anche tra i potenziali candidati ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati.

101    Tuttavia, queste statistiche si riferiscono all’insieme dei cittadini dell’Unione e non può presumersi che esse riflettano correttamente le conoscenze linguistiche dei potenziali candidati ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati. Infatti, nessun elemento permette di considerare che i cittadini dell’Unione maggiormente destinati a partecipare ai concorsi in questione erano quelli rientranti nella maggioranza che sembra emergere da tali elementi o, quantomeno, che un gran numero dei potenziali candidati ai concorsi in questione sarebbe rientrato nella suddetta maggioranza.

102    Tali elementi potrebbero eventualmente dimostrare che il numero di potenziali candidati la cui situazione viene pregiudicata dalla limitazione controversa è minore di quanto non lo sarebbe se la scelta fosse limitata ad altre lingue [sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 143 (non pubblicato)]. Orbene, tale circostanza non è sufficiente per dimostrare l’esistenza di un interesse che giustifichi la discriminazione controversa.

103    Tutt’al più, i dati contenuti nell’allegato B.10 potrebbero, eventualmente, dimostrare il carattere proporzionato della limitazione controversa, qualora risultasse che quest’ultima rispondeva all’interesse del servizio incentrato sulla natura dei concorsi di cui ai bandi impugnati, così come è stato identificato dalla Commissione [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 144 (non pubblicato)], e che la lingua veicolare suscettibile di essere utilizzata dai potenziali membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati sarebbe stata necessariamente il francese, l’inglese o il tedesco. Orbene, come risulta dalle considerazioni appena esposte, ciò non è risultato nel caso di specie.

104    Per il resto, quanto all’argomento sollevato dalla Commissione nel controricorso e nella controreplica e fondato sull’«enorme costo economico» che deriverebbe dall’uso di tutte le lingue ufficiali come lingue di lavoro o come lingue delle prove dei concorsi organizzati dall’EPSO in un contesto lavorativo che sarebbe segnato, da un lato, da una netta preponderanza del francese, dell’inglese e del tedesco e, dall’altro, da uno sforzo delle istituzioni di realizzare delle economie, è sufficiente constatare che, come nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione [T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 154 (non pubblicato)], questa giustificazione della limitazione in discussione nella specie non viene addotta e neppure suggerita nella cornice normativa dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati. In ogni caso, è giocoforza constatare che la Commissione non fornisce alcun elemento che permetta di verificare e di confermare le sue allegazioni in proposito.

105    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre concludere, al pari di quanto statuito nella sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), ed alla luce della sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), che gli elementi di fatto prodotti dalla Commissione non sono idonei a suffragare l’argomentazione di quest’ultima, secondo cui la limitazione, disposta nei bandi impugnati, della scelta della seconda lingua dei candidati ai concorsi costituenti l’oggetto di tali bandi alle sole lingue francese, inglese e tedesca sarebbe oggettivamente giustificata e proporzionata all’obiettivo perseguito, e ciò anche nel caso in cui la natura delle prove previste dai bandi impugnati costituisse un interesse del servizio ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 64.

106    Ne consegue che il terzo e il settimo motivo di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana devono essere dichiarati manifestamente fondati.

2.      Sulla legittimità della limitazione della scelta delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati ai concorsi di cui ai bandi impugnati e lEPSO

107    Il secondo aspetto dei bandi impugnati che viene contestato dalla Repubblica italiana costituisce l’oggetto del sesto motivo di ricorso dedotto da quest’ultima nelle presenti cause, relativo alla violazione dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto.

108    A questo proposito, occorre rilevare come nei bandi impugnati sia espressamente stabilito che la scelta della lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO, compresa la scelta della lingua di redazione delle candidature, è limitata unicamente al francese, all’inglese e al tedesco, e ciò per le stesse ragioni che giustificano, a parere dell’EPSO, la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione. Oltre a ciò, secondo i bandi impugnati, «[c]iò consente (…) di paragonare tra loro in maniera uniforme sia i candidati che gli atti di candidatura» (v. supra, punto 15).

109    Secondo gli Orientamenti generali, è considerato giustificato esigere che i candidati utilizzino il francese, l’inglese o il tedesco per comunicare con l’EPSO e per compilare la sezione «valutazione dei talenti», per ragioni identiche a quelle che giustificano la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati (v. supra, punto 10).

110    Al punto 3 delle controrepliche, la Commissione ha rilevato un problema di coordinamento tra, da un lato, le disposizioni dei bandi impugnati menzionate supra al punto 108, le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali e, dall’altro, il Codice di buona condotta amministrativa, del quale l’EPSO si impegna ad applicare, in conformità delle Disposizioni generali, il principio che stabilisce che «la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali [dell’Unione]» (v. supra, punto 9).

111    Secondo la Commissione, sebbene gli Orientamenti generali e le Disposizioni generali esprimano «una preferenza per una delle tre lingue veicolari», l’EPSO provvede ad applicare i principi del codice di buona condotta amministrativa, tra cui il principio ricordato supra al punto 110. Pertanto, prosegue la Commissione, «[c]onformemente a tale principio, (…) se un candidato si rivolgesse all’EPSO in una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco, l’EPSO sarebbe in grado di rispondere nella stessa lingua».

112    Orbene, visto il chiaro tenore letterale delle disposizioni del quadro normativo dei concorsi di cui ai bandi impugnati per quanto riguarda la lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO, tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso che la Commissione attribuisce loro. Infatti, tenuto conto del loro tenore chiaro e incondizionato, dette disposizioni non possono essere interpretate né nel senso che attribuiscano ai candidati la facoltà di scegliere di comunicare con l’EPSO in una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco, né nel senso che prescrivano o lascino la facoltà all’EPSO di utilizzare un’altra lingua nei suoi scambi con i candidati.

113    Nessun elemento del fascicolo permette di rimettere in discussione tale conclusione, tanto più che, per quanto riguarda la lingua in cui i candidati devono presentare la propria candidatura, viene indicato al punto 2.1.4 delle Disposizioni generali che il mancato rispetto del requisito relativo alla compilazione delle parti dell’atto di candidatura elettronico in lingua francese, inglese o tedesca «può comportare l’esclusione del candidato dal concorso» (v. supra, punto 6).

114    A questo proposito, la Repubblica italiana, sostenuta dal Regno di Spagna, afferma che risulta chiaramente dalle disposizioni citate supra al punto 107 che i cittadini dell’Unione hanno il diritto di rivolgersi alle istituzioni dell’Unione utilizzando una qualsiasi delle lingue ufficiali e che hanno il diritto di ricevere le risposte delle istituzioni nella medesima lingua. Tale conclusione discenderebbe anche dalla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). La limitazione in questione costituirebbe una discriminazione, a discapito dei cittadini degli Stati membri diversi da quelli aventi il francese, l’inglese o il tedesco come lingua ufficiale.

115    La Repubblica italiana asserisce, inoltre, che una restrizione ad un diritto fondamentale quale quella stabilita nel caso di specie non può essere giustificata né in nome di una non meglio specificata «immediata operatività», né con il presunto bisogno dell’EPSO di paragonare tra loro e di controllare le informazioni fornite dai candidati dei concorsi in questione. Imporre ai candidati di presentare la loro candidatura unicamente in francese, inglese o tedesco costituirebbe una violazione del principio di non discriminazione. Infatti, secondo la Repubblica italiana, i candidati la cui lingua madre non è una delle tre lingue summenzionate sono in tal modo esposti ad un rischio di errore maggiore di quello a cui sono esposti i candidati la cui lingua madre è una delle tre lingue suddette.

116    La Commissione fa valere che qualsiasi pretesa a che, nell’ambito della procedura di concorso, i candidati possano indistintamente utilizzare qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione è insostenibile. Proprio perché le istituzioni avrebbero bisogno di personale operativo, sarebbe inevitabile che anche nei contatti di natura amministrativa, relativi all’organizzazione del concorso, il candidato debba poter essere già in grado di comunicare in lingue che siano utili alle istituzioni, come l’inglese, il francese e il tedesco. Infatti, già tali comunicazioni amministrative sarebbero degli elementi comunque connessi con il contesto lavorativo in cui il candidato si troverà, qualora superi uno dei concorsi controversi.

117    Oltre a ciò, secondo la Commissione, le comunicazioni tra i candidati e l’EPSO vertono su informazioni elementari, relative allo svolgimento delle prove e alle varie tappe della procedura di concorso. Pertanto, i candidati di lingua madre francese, inglese o tedesca non sarebbero in alcun modo avvantaggiati. A sostegno delle proprie affermazioni, la Commissione fa valere delle statistiche relative ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, le quali dimostrerebbero che erano i candidati di nazionalità italiana quelli che si trovavano in vetta alla lista delle persone la cui candidatura era stata considerata valida.

118    Secondo la Commissione, imporre all’EPSO l’obbligo di garantire la traduzione di tutti gli atti di candidatura ricevuti, dalla lingua madre del candidato verso il francese, l’inglese o il tedesco sarebbe manifestamente incompatibile con l’interesse del servizio. Inoltre, una traduzione dei curriculum vitae dei candidati li penalizzerebbe, in quanto costoro perderebbero il controllo sulle informazioni che essi stessi hanno fornito.

119    Infine, ad avviso della Commissione, la Repubblica italiana non tiene conto del fatto che le indicazioni fornite dai candidati al momento dell’invio delle candidature possono contenere indicazioni tali da impedire la partecipazione al concorso, il che rende assolutamente necessario che la commissione giudicatrice sia in grado, sin dalla ricezione dell’atto di candidatura, di prendere esatta conoscenza di quanto in esso indicato. Conseguentemente, sarebbe necessario che gli atti di candidatura vengano redatti in una lingua ben conosciuta dai membri della commissione giudicatrice. Tali atti sarebbero peraltro «semplicemente illeggibili» qualora fossero redatti in una lingua dotata di un alfabeto diverso dal latino, come il bulgaro o il greco, ovvero in una lingua non appartenente al ceppo indo‑europeo, come l’ungherese o il finlandese. La Commissione conclude che la redazione uniforme del «modello» di candidatura non è la risposta adeguata all’esigenza di assicurare il rispetto delle condizioni di accesso alle prove di concorso, nonché la valutazione e la comparazione in termini oggettivi di tutti gli atti di candidatura.

120    Al punto 88 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), nel valutare la legittimità della limitazione della scelta della seconda lingua del concorso in questione al francese, all’inglese e al tedesco, e segnatamente della condizione secondo cui queste tre lingue erano le sole lingue di comunicazione ammesse per il suddetto concorso, la Corte ha statuito che, nell’ambito delle procedure di selezione del personale dell’Unione, eventuali disparità di trattamento per quanto riguardava il regime linguistico dei concorsi potevano essere autorizzate, in applicazione dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 6, dello Statuto, qualora fossero oggettivamente e ragionevolmente giustificate in virtù di un obiettivo legittimo di interesse generale nel quadro della politica del personale. Risulta così dal punto sopra citato che, nell’ambito delle procedure di selezione del personale dell’Unione, le istituzioni non possono vedersi imporre degli obblighi che vadano oltre quanto prescritto dall’articolo 1 quinquies dello Statuto (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 120).

121    A questo proposito, se invero non è escluso che l’interesse del servizio possa giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali la cui conoscenza è la più diffusa nell’Unione, e ciò anche nel quadro dei concorsi aventi natura generale, una siffatta limitazione deve nondimeno imperativamente fondarsi su elementi oggettivamente verificabili, sia da parte dei candidati al concorso sia da parte dei giudici dell’Unione, atti a giustificare le conoscenze linguistiche richieste, che devono essere proporzionate alle reali esigenze del servizio (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata).

122    È sulla scorta di tali considerazioni che occorre esaminare sia il quadro normativo dei concorsi interessati dai bandi impugnati sia gli argomenti presentati, nel caso di specie, dalla Commissione, rilevando al contempo che, a questo riguardo, né il quadro normativo in questione né l’argomentazione della Commissione differiscono dagli elementi addotti nell’ambito delle cause decise dalla sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495).

123    In primo luogo, nella misura in cui i bandi impugnati sono fondati, relativamente alla limitazione della scelta della lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO e della lingua di redazione degli atti di candidatura, su ragioni giustificative identiche a quelle addotte per giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua del concorso, nessun elemento dei fascicoli consente di discostarsi dalle conclusioni esposte sopra in occasione dell’esame del primo aspetto dei bandi impugnati contestato dalla Repubblica italiana.

124    Lo stesso vale per quanto riguarda le indicazioni contenute negli Orientamenti generali.

125    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la necessità di assicurare l’omogeneità nella comparazione tra i candidati e nel controllo dei loro atti di candidatura, l’argomentazione ad essa relativa non può essere sufficiente per giustificare la limitazione della scelta della lingua di redazione delle candidature.

126    Infatti, occorre rilevare come i bandi impugnati si limitino ad enunciare la ragione attinente all’esigenza della valutazione omogenea dei candidati e dei loro atti di candidatura, senza fornire ulteriori precisazioni.

127    Allo stesso modo, gli argomenti addotti in proposito dalla Commissione nei propri scritti difensivi (v. supra, punto 119) non possono trovare accoglimento, nella misura in cui essi si fondano, implicitamente ma necessariamente, sulla premessa secondo cui il francese, l’inglese e il tedesco sono effettivamente le tre lingue più utilizzate dai funzionari sia nell’ambito delle istituzioni sia ai fini della comunicazione esterna di queste ultime. Infatti, l’affermazione della Commissione secondo cui un membro della commissione giudicatrice «conosce sicuramente almeno una lingua tra inglese, francese e tedesco» non può che fondarsi su tale premessa. Orbene, risulta dall’analisi effettuata in occasione dell’esame del primo aspetto dei bandi impugnati contestato dalla Repubblica italiana che, anche alla luce dei dati prodotti dalla Commissione dinanzi al Tribunale, tale affermazione non può considerarsi dimostrata [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 209 (non pubblicato)].

128    Per di più, tenuto conto delle conclusioni raggiunte in merito al primo aspetto contestato dei bandi impugnati, nessun elemento consente, nel caso di specie, di dimostrare che sarebbe più agevole per l’EPSO costituire commissioni giudicatrici formate da persone che conoscono sufficientemente il francese, l’inglese e il tedesco, anziché, ad esempio, il francese, l’inglese e l’italiano [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 210 (non pubblicato)].

129    La medesima osservazione si impone per quanto riguarda gli argomenti della Commissione esposti supra al punto 119, secondo i quali gli scritti dei candidati sarebbero illeggibili se fossero redatti in un alfabeto diverso dall’alfabeto latino o in una lingua che non rientrasse nella famiglia delle lingue indo‑europee. Per giunta, l’articolo 1 del regolamento n. 1 non stabilisce alcuna distinzione tra le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sulla base dell’alfabeto di cui esse sono dotate o in funzione della famiglia di lingue nel cui ambito esse sono raggruppate.

130    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre accogliere il sesto motivo di ricorso presentato dalla Repubblica italiana e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza perché manifestamente fondato. A questo proposito, risulta dal quadro normativo dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati che le illegittimità constatate sopra relativamente al regime linguistico previsto dai bandi suddetti incidono sulle procedure previste nel loro insieme e implicano, pertanto, l’annullamento dei bandi stessi nel loro insieme.

131    Tuttavia, occorre rilevare che, per ragioni analoghe a quelle esposte al punto 87 della sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 85), l’annullamento dei bandi impugnati non può incidere su eventuali assunzioni già effettuate sulla base degli elenchi di riserva stabiliti al termine delle procedure di selezione in questione, tenuto conto del legittimo affidamento di cui beneficiano i candidati che si sono già visti offrire un posto di lavoro sulla base della loro iscrizione negli elenchi suddetti.

IV.    Sulle spese

132    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Repubblica italiana, in conformità delle conclusioni presentate da quest’ultima.

133    Il Regno di Spagna, parte interveniente, sopporterà le proprie spese relative a tale intervento, in conformità dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

così provvede:

1)      Le cause T313/15 e T317/15 sono riunite ai fini della presente ordinanza.

2)      Il bando di concorso generale EPSO/AD/301/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori (AD 5), e il bando di concorso generale EPSO/AD/302/15, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori nel settore dell’audit (AD 5), sono annullati.

3)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Repubblica italiana.

4)      Il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Lussemburgo, 5 settembre 2019

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

D. Gratsias


*      Lingua processuale: l’italiano.