Language of document : ECLI:EU:T:2008:452

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

20 ottobre 2008(*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Previdenza sociale – Infortunio sul lavoro – Decisione di chiusura del procedimento di applicazione dell’art. 73 dello Statuto – Assenza di un atto che arreca pregiudizio – Impugnazione non fondata»

Nel procedimento T‑278/07 P,

avente ad oggetto un’impugnazione proposta contro l’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 11 maggio 2007, causa F‑2/06, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), e diretta all’annullamento di tale ordinanza,

Luigi Marcuccio, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Tricase, rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, M. Vilaras, N. J. Forwood (relatore), dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro e dal sig. O. Czúcz, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione presentata ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 11 maggio 2007, causa F‑2/06, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha dichiarato manifestamente irricevibile il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione di chiudere il procedimento avente ad oggetto la concessione delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») a seguito di un infortunio di cui il ricorrente è stato vittima.

 Fatti all’origine della controversia e procedimento in primo grado

2        I fatti all’origine della controversia sono illustrati nell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«2      Il ricorrente è stato dipendente di grado A 7 presso la Direzione generale “Sviluppo” della Commissione dal 16 giugno 2000 al 30 maggio 2005. Egli è stato collocato in congedo di malattia dal 4 gennaio 2002 e non ha mai ripreso la sua attività presso la Commissione. In data 30 maggio 2005 gli è stata concessa un’indennità di invalidità e, in applicazione dell’art. 53 dello Statuto, è stato collocato a riposo d’ufficio con effetto immediato.

3      Durante il congedo di malattia, il ricorrente è stato vittima di una caduta, avvenuta il 10 settembre 2003, in seguito alla quale è rimasto ferito al ginocchio sinistro.

4      A seguito della denuncia d’infortunio presentata dal ricorrente, la Commissione gli ha comunicato, con nota 30 gennaio 2004, che quanto accadutogli poteva essere considerato infortunio ai sensi delle vigenti disposizioni statutarie e lo ha invitato a produrre i documenti giustificativi.

5      In risposta a tale nota, in data 22 luglio 2004 il ricorrente ha inviato alla Commissione un referto di risonanza magnetica datato 4 marzo 2004 ed un certificato medico, redatto il 21 luglio successivo, attestante che il suo stato di salute si era stabilizzato ma permanevano postumi.

6      Il 18 agosto 2004 il regime comune di assicurazione malattia della Commissione ha inviato al ricorrente una nota con cui lo ha informato che il medico incaricato dall’istituzione di stilare le perizie mediche desiderava visitarlo e lo pregava di contattare telefonicamente o per posta elettronica il segretariato dei medici per fissare un appuntamento.

7      In assenza di riscontro da parte del ricorrente alla nota in questione, il 7 febbraio 2005 la Commissione gli ha inviato una nuova nota, nella quale gli ha ancora domandato di prendere contatto per telefono con il medico designato dall’istituzione. Con tale nota gli si notificava inoltre che, in mancanza di una sua risposta entro l’8 maggio 2005, la Commissione avrebbe ritenuto che egli non fosse più interessato alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale ed avrebbe archiviato tale procedimento.

8      Con lettera 10 marzo 2005, spedita il 7 aprile successivo, il ricorrente ha risposto alla nota 7 febbraio 2005 affermando di non aver mai ricevuto quella del 18 agosto 2004 e di essere a completa disposizione del medico designato dall’istituzione e dichiarando che la lettera in questione doveva essere considerata sostitutiva della chiamata telefonica al detto medico richiesta dalla Commissione.

9      Il 9 giugno 2005 il ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione di chiusura del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale prospettata a conclusione della nota della Commissione 7 febbraio 2005.

10      Con lettera 29 luglio 2005, i servizi della Commissione hanno informato il ricorrente di non aver ricevuto la sua lettera datata 10 marzo 2005 e gli hanno comunicato che nulla ostava alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento d’infortunio professionale, reiterando l’invito a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione.

11      Con lettera 15 settembre 2005, il ricorrente ha dichiarato di voler mantenere il suo reclamo, rilevando che l’art. 18 della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comunità europee non fa alcun cenno dell’obbligo, in capo alla persona che ha subito un infortunio, di telefonare al medico designato dall’istituzione per fissare un appuntamento, contrariamente a quanto gli era imposto nella fattispecie.

12      Infine, in una lettera in data 15 novembre 2005, il ricorrente ha espresso la volontà di comporre il dissidio che l’opponeva alla Commissione.

13      La Commissione non ha risposto alle ultime due suddette lettere del ricorrente. Quest’ultimo non ha preso contatto con il medico designato dall’istituzione».

3        Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 5 gennaio 2006, il ricorrente proponeva un ricorso registrato con il numero di causa F‑2/06.

4        In primo grado, il ricorrente chiedeva che il Tribunale della funzione pubblica annullasse la decisione della Commissione di archiviare il procedimento avente ad oggetto la concessione delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto e condannasse la Commissione alle spese.

5        La Commissione chiedeva, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica respingesse il ricorso e statuisse sulle spese secondo diritto.

 Sull’ordinanza impugnata

6        Nell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato il ricorso del ricorrente manifestamente irricevibile in applicazione dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, all’epoca applicabile, mutatis mutandis, al Tribunale della funzione pubblica in forza dell’art 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), per i seguenti motivi:

«19      Occorre ricordare che l’esistenza di un atto che arreca pregiudizio ai sensi degli artt. 90, n. 2, e 91, n. 1, dello Statuto costituisce un presupposto indispensabile per la ricevibilità di qualsiasi ricorso dei dipendenti avverso l’istituzione cui appartengono (sentenza del Tribunale di primo grado 13 luglio 1993, causa T-20/92, Moat/Commissione, Racc. pag. II-799, punto 39, e ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado 4 febbraio 1999, causa T-196/98 R, Peña Abizanda e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A-5 e II-15, punto 19).

20      Sono atti che arrecano pregiudizio nei confronti di un dipendente gli atti idonei ad influire direttamente sulla sua situazione giuridica (v. sentenza della Corte 10 dicembre 1969, causa 32/68, Grasselli/Commissione, Racc. pag. 505, punto 4). Costituiscono atti o decisioni che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento solo quelli che producono effetti obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo (v. sentenza della Corte 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione, Racc. pag. 303, punto 23; ordinanza del Tribunale 16 maggio 2006, causa F‑55/05, Voigt/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).

21      Nel caso di specie, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione di chiudere (“decisione di archiviazione”) il procedimento da lui avviato per ottenere le prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto, che gli spetterebbero a seguito dell’infortunio occorsogli il 10 settembre 2003.

22      Poiché il ricorrente non ha risposto alla nota 18 agosto 2004, con cui lo si invitava a prendere contatto con un medico designato dall’istituzione, la Commissione ha reiterato tale richiesta nella sua nota 7 febbraio 2005, informando il ricorrente stesso che, in assenza di una sua risposta entro l’8 maggio 2005, essa avrebbe presunto che egli non fosse più interessato alla prosecuzione del procedimento di riconoscimento di infortunio professionale e avrebbe chiuso quest’ultimo.

23      Il ricorrente contesta la decisione di archiviazione della sua pratica, contenuta, a suo avviso, nella nota 7 febbraio 2005.

24      In primo luogo, come emerge dalla sua stessa formulazione, la detta nota 7 febbraio 2005 invitava il ricorrente a contattare il medico designato dall’istituzione e lo informava che, in mancanza di una sua reazione entro l’8 maggio 2005, la sua pratica sarebbe stata archiviata. L’annuncio di tale eventualità, di per sé, non può essere considerato una decisione.

25      In secondo luogo, la decisione di archiviazione contestata non figura in alcun altro documento versato agli atti.

26      È vero che, siccome il ricorrente non ha contattato il medico designato dall’istituzione, la formulazione stessa della nota 7 febbraio 2005 lasciava presagire che sarebbe stata adottata una decisione di archiviazione della sua pratica.

27      Tuttavia, non è provato che siffatta decisione di archiviazione sia stata presa. Da una parte, la nota 7 febbraio 2005 non basta a dimostrare che la detta decisione sia stata effettivamente emanata, a fortiori a partire dall’8 maggio 2005. D’altra parte, nella risposta del 29 luglio 2005 al reclamo del ricorrente, la Commissione non gli ha né opposto né ha menzionato una decisione di archiviazione, ma, al contrario, gli ha garantito di essere disposta a proseguire il procedimento di riconoscimento d’infortunio professionale, rinnovandogli l’invito a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione. In tal modo, essa gli ha chiaramente indicato che non era stata adottata alcuna decisione di chiusura del detto procedimento.

28      In terzo luogo, la chiusura di un procedimento dà luogo ad una decisione che arreca pregiudizio solo se quest’ultimo si risolve nel rigetto di una domanda da parte dell’istituzione e non quando è il risultato dell’abbandono del procedimento da parte del richiedente. Ebbene, la nota della Commissione 7 febbraio 2005 considera espressamente questa seconda ipotesi. Tale nota, infatti, precisava che il procedimento sarebbe stato chiuso al più tardi l’8 maggio 2005 poiché il silenzio del ricorrente avrebbe fatto presumere un suo disinteresse a proseguire il procedimento stesso. La detta nota, pertanto, non annunciava alcuna decisione tale da arrecare pregiudizio all’interessato.

29      Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che, come sostenuto dalla Commissione, il ricorso non è diretto contro un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’art. 90, n. 2, e dell’art. 91, n. 1, dello Statuto e che, pertanto, esso deve essere dichiarato manifestamente irricevibile».

 Sull’impugnazione

1.     Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 luglio 2007, il ricorrente ha presentato il ricorso in esame.

8        Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare interamente l’ordinanza impugnata;

–        in via principale, accogliere le conclusioni formulate in primo grado e condannare la Commissione alle spese, comprese quelle del procedimento d’impugnazione in esame;

–        in subordine, rinviare la presente causa al Tribunale della funzione pubblica affinché statuisca nuovamente su di essa.

9        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare l’impugnazione irricevibile o priva di fondamento;

–        condannare il ricorrente alle spese, comprese quelle relative al procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

2.     In diritto

10      Il ricorrente fa valere sei motivi di impugnazione contro l’ordinanza, vertenti, in primo luogo, sullo snaturamento e sul travisamento dei fatti, in secondo luogo, su un difetto assoluto di motivazione, in terzo luogo, sulla falsa applicazione della nozione di atto che arreca pregiudizio, in quarto luogo, sull’omessa pronuncia su un punto fondamentale ed essenziale della controversia e sulla violazione dell’obbligo del clare loqui, in quinto luogo, su una violazione del principio di diritto «ei incumbit probatio qui dicit et non qui negat» e, in sesto luogo, su vizi di procedura che colpiscono il procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

11      Occorre constatare che con ciascuno dei suddetti motivi, ad eccezione del sesto, tratto da vizi di procedura, il ricorrente cerca in sostanza di rimettere in discussione la conclusione cui è giunto il Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata secondo cui manca un atto che arreca pregiudizio. È quindi opportuno esaminare questi cinque motivi congiuntamente.

 Sui cinque motivi vertenti sull’assenza di un atto che arreca pregiudizio

 Argomenti delle parti

12      Con il primo motivo, relativo allo snaturamento e al travisamento dei fatti, il ricorrente addebita al Tribunale della funzione pubblica di aver effettuato una serie di constatazioni di fatto che non sono dimostrate dagli elementi dinanzi ad esso prodotti e talune delle quali sono addirittura contraddette dai citati elementi. Il ricorrente contesta, in particolare, una serie di affermazioni: in primo luogo, che egli non avrebbe risposto alla nota del 18 agosto 2004 (punto 22 dell’ordinanza impugnata); in secondo luogo, che la nota del 7 febbraio 2005 non conteneva una decisione di archiviazione (punto 24 dell’ordinanza impugnata); in terzo luogo, che la decisione di archiviazione non figurava in alcun altro documento versato agli atti (punto 25 dell’ordinanza impugnata); in quarto luogo, che la stessa formulazione della nota del 7 febbraio 2005 lasciava presagire che sarebbe stata adottata una decisione di archiviazione della sua pratica perché il ricorrente non aveva contattato il medico designato dall’istituzione (punto 26 dell’ordinanza impugnata); in quinto luogo, che non è provato che siffatta decisione di archiviazione sia stata presa (punto 27 dell’ordinanza impugnata) e, in sesto luogo, che dalla formulazione della risposta al reclamo del 29 luglio 2005 risulta che non era stata adottata alcuna decisione di chiusura del detto procedimento (punto 27 dell’ordinanza impugnata).

13      Con il secondo motivo, vertente su un difetto assoluto di motivazione, il ricorrente addebita in sostanza al Tribunale della funzione pubblica di non aver spiegato adeguatamente, nell’ordinanza impugnata, i motivi per i quali è giunto alla conclusione che non fosse stata adottata alcuna decisione di archiviazione. Il Tribunale della funzione pubblica, inoltre, non avrebbe adeguatamente motivato la conclusione, tratta al punto 28 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale una decisione che è il risultato dell’abbandono di un procedimento da parte del richiedente non è un atto che arreca pregiudizio, né avrebbe constatato, nella detta ordinanza, in particolare al punto 10, che il ricorrente era stato vittima di un incidente professionale.

14      Con il terzo motivo, tratto da una falsa applicazione della nozione di atto che arreca pregiudizio, il ricorrente fa valere che la nota del 7 febbraio 2005 costituisce un atto che arreca pregiudizio. A suo parere, dalla detta nota emerge in modo inequivoco che la Commissione ha deciso di archiviare la sua domanda, e tale atto avrebbe influito palesemente sulla sua situazione giuridica in quanto egli non ha fruito delle garanzie di legge previste.

15      Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia su un punto essenziale della controversia e la violazione dell’obbligo del clare loqui. Egli ritiene che il Tribunale della funzione pubblica dovesse pronunciarsi sulla questione se il ricorrente avesse manifestato la sua intenzione di desistere dal procedimento di riconoscimento dell’origine professionale della sua malattia.

16      Infine, nell’ambito del quinto motivo, il ricorrente deduce una violazione del principio sancito dal brocardo «ei incumbit probatio qui dicit et non qui negat». A suo avviso, il Tribunale della funzione pubblica ha violato tale principio aderendo alla tesi della Commissione su talune questioni di fatto, allorché la posizione di quest’ultima non è corroborata da alcun elemento probatorio. In particolare, a detta del ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica ha concluso che la Commissione non ha adottato alcuna decisione di archiviazione sebbene tale circostanza non sia confermata dai fatti di causa. Tale giudice avrebbe inoltre reputato che il ricorrente avesse ricevuto la nota della Commissione 18 agosto 2004, mentre tale circostanza, secondo il ricorrente, non è dimostrata. Inoltre, esso sarebbe partito dall’errata premessa che la Commissione poteva legittimamente obbligare il ricorrente a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione, a pena di archiviazione della sua istanza.

17      Secondo la Commissione, i primi quattro motivi summenzionati sono irricevibili poiché con essi il ricorrente mira, in sostanza, a rimettere in discussione varie constatazioni di fatto effettuate dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata. Quanto al quinto motivo, esso sarebbe viziato da mancanza di chiarezza e sarebbe quindi irricevibile. A parere della Commissione è irricevibile anche il motivo relativo alla questione se il ricorrente abbia ricevuto la nota del 18 luglio 2004, perché il ricorrente ivi contesta nuovamente fatti assunti dal Tribunale della funzione pubblica.

18      La Commissione deduce inoltre che i cinque motivi citati devono essere respinti in quanto infondati.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla ricevibilità

19      Occorre innanzi tutto esaminare l’argomento della Commissione secondo cui i motivi in esame sono irricevibili nel contesto dell’impugnazione poiché il ricorrente rimetterebbe in discussione fatti assunti dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata.

20      Secondo una giurisprudenza consolidata, il ricorso di impugnazione può essere fondato unicamente su motivi riguardanti la violazione di regole di diritto, ad esclusione di qualsiasi valutazione dei fatti. Il Tribunale della funzione pubblica è il solo competente, da una parte, ad accertare i fatti, salvo nei casi in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottoposti al suo giudizio e, dall’altra, a valutare tali fatti. Tuttavia, quando il Tribunale della funzione pubblica ha accertato o valutato i fatti, il Tribunale è competente, ai sensi dell’art. 225 A CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale della funzione pubblica ne ha tratto (v., per analogia, sentenza della Corte 27 novembre 2001, causa C‑270/99 P, Z/Parlamento, Racc. pag. I-9197, punto 37 e giurisprudenza citata).

21      Nell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto che nel caso del ricorrente non fosse stata adottata alcuna decisione di archiviazione, da una parte, perché la nota del 7 febbraio 2005, che invita quest’ultimo a prendere contatto con il medico designato dall’istituzione e lo informa che in mancanza di una sua reazione entro l’8 maggio 2005 la sua pratica sarebbe stata archiviata, non può di per sé essere considerata una decisione (punto 24 dell’ordinanza impugnata) e, dall’altra, perché la decisione di archiviazione contestata non figurava in alcun altro documento versato agli atti (punto 25 dell’ordinanza impugnata), di modo che non era provato che una siffatta decisione di archiviazione fosse stata presa (punto 27 dell’ordinanza impugnata). Il Tribunale della funzione pubblica ha inoltre dichiarato che, in ogni caso, la nota del 7 febbraio 2005 non annunciava la futura adozione, da parte della Commissione, di una decisione che arreca pregiudizio (punto 28 dell’ordinanza impugnata). La detta nota riguarderebbe infatti l’ipotesi dell’abbandono del procedimento da parte del richiedente, non quella del rigetto della domanda da parte dell’istituzione (punto 28 dell’ordinanza impugnata).

22      Occorre rilevare che il ragionamento del Tribunale della funzione pubblica riassunto al punto precedente non contiene unicamente constatazioni di fatto, bensì anche qualificazioni giuridiche di tali fatti. Ebbene, con i motivi in esame il ricorrente contesta principalmente tali qualificazioni giuridiche.

23      Infatti, i termini della nota del 7 febbraio 2005 e della risposta al reclamo del ricorrente, di data 29 luglio 2005, sono fatti che il ricorrente non contesta in quanto tali nell’ambito dell’impugnazione. Per contro, in sostanza, con i cinque motivi dedotti egli afferma che il Tribunale della funzione pubblica ha qualificato in modo errato la detta nota e la risposta al reclamo e ne ha tratto conseguenze ingiustificate, concludendo che il ricorso non fosse diretto contro un atto che arreca pregiudizio.

24      Stanti tali premesse, occorre respingere l’argomento della Commissione secondo cui il ricorrente, con i motivi dedotti, vuole rimettere in discussione le constatazioni di fatto effettuate dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata.

25      Per quanto attiene alla presunta assenza di chiarezza del quinto motivo, occorre osservare che il ricorrente, in sostanza, lamenta un presunto errore di diritto relativo alla parte a cui incombeva l’onere della prova nel contesto del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Pertanto questo motivo è ricevibile.

26      L’argomento della Commissione vertente sulla ricevibilità dei cinque motivi in oggetto deve pertanto essere respinto e i detti motivi devono essere esaminati nel merito.

–       Nel merito

27      Innanzi tutto occorre ricordare che il rigetto del ricorso del ricorrente nell’ordinanza impugnata è fondato, a titolo principale, sulla conclusione cui è giunto il Tribunale della funzione pubblica secondo cui la Commissione non aveva adottato nessuna decisione di archiviazione nei confronti del ricorrente.

28      Nel trarre questa conclusione sugli effetti giuridici della nota del 7 febbraio 2005, il Tribunale della funzione pubblica ha statuito, senza commettere un errore di diritto, che il fatto che la Commissione abbia informato il ricorrente che, in assenza di una sua risposta prima dell’8 maggio 2005, essa avrebbe ritenuto che egli non intendesse più proseguire il procedimento di riconoscimento d’infortunio professionale e lo avrebbe archiviato non aveva determinato una decisione di archiviazione né immediatamente né dopo la scadenza del termine indicato. Il Tribunale della funzione pubblica ha quindi dichiarato che la Commissione si era limitata ad informare il ricorrente delle conseguenze che avrebbero potuto risultare dalla sua mancata risposta, non automaticamente, bensì in seguito all’adozione, da parte della Commissione e in una data successiva, di una decisione di archiviazione.

29      Il Tribunale della funzione pubblica ha poi statuito, al punto 25 dell’ordinanza impugnata, che la decisione di archiviazione contestata non figurava in alcun altro documento versato agli atti. Al punto 27 della detta ordinanza egli ha dedotto da tale circostanza, nonché dai termini della risposta del 29 luglio 2005 al reclamo del ricorrente, che non era dimostrato che siffatta decisione di archiviazione fosse stata presa.

30      Il Tribunale della funzione pubblica poteva legittimamente trarre tale conclusione dagli elementi di fatto del fascicolo assunti nell’ordinanza impugnata. Infatti, in assenza di qualunque elemento di prova che gli permettesse di concludere per la tesi dell’esistenza di una decisione di archiviazione e tenuto conto della posizione espressa dalla Commissione nella sua nota del 7 febbraio 2005 e nella sua risposta al reclamo, il Tribunale della funzione pubblica ha potuto legittimamente ritenere che una siffatta decisione mancasse.

31      Da quanto precede risulta che il Tribunale della funzione pubblica non ha commesso nessun errore di diritto per quanto riguarda la qualificazione giuridica dei fatti come da esso accertati in base agli elementi dinanzi ad esso presentati.

32      Da quanto precede discende inoltre che il Tribunale della funzione pubblica ha motivato a sufficienza la sua conclusione in merito all’assenza di una decisione di archiviazione. Pertanto, il motivo tratto da un presunto difetto di motivazione deve essere respinto in quanto infondato.

33      Per quanto concerne il motivo vertente su un presunto snaturamento dei fatti, spetta al Tribunale esaminare se il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato elementi di prova, fermo restando che tale snaturamento sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (v., per analogia, sentenza della Corte 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio, Racc. pag. I‑439, punto 37 e giurisprudenza citata).

34      Il ricorrente propone al Tribunale una lettura degli elementi di fatto della causa, in particolare della nota del 7 febbraio 2005, diversa da quella accolta nell’ordinanza impugnata, tuttavia non ha dimostrato che il Tribunale della funzione pubblica abbia snaturato o travisato tali elementi mediante la lettura che ne ha fatto, dato che tale lettura è perfettamente conciliabile con i detti elementi. Pertanto, il motivo vertente su un siffatto snaturamento o travisamento dei fatti dev’essere respinto in quanto infondato.

35      Con il motivo tratto da un’errata applicazione della nozione di atto che arreca pregiudizio, il ricorrente deduce che la nota del 7 febbraio 2005 costituisce un atto che arreca pregiudizio. Ebbene, dall’analisi che precede risulta che, dichiarando che la detta nota non costituiva un atto che arreca pregiudizio, il Tribunale della funzione pubblica non ha né snaturato i fatti, né commesso un errore di diritto nella qualificazione giuridica di questi ultimi. Di conseguenza, il motivo in oggetto deve essere respinto.

36      Quanto al motivo relativo ad una presunta omessa pronuncia su un punto fondamentale della controversia e ad una violazione dell’obbligo del clare loqui, è sufficiente rilevare che il Tribunale della funzione pubblica, constatata l’assenza di una decisione di archiviazione, non aveva bisogno di prendere posizione sulla questione se il ricorrente avesse manifestato la sua intenzione di rinunciare al procedimento di riconoscimento dell’origine professionale della sua malattia. Infatti, a prescindere dal fatto che il ricorrente avesse espresso siffatta volontà o meno, il suo ricorso di annullamento era irricevibile in quanto non era diretto contro un atto che gli arrecava pregiudizio. Conseguentemente, tale motivo dev’essere respinto.

37      Occorre parimenti respingere il motivo tratto da una presunta violazione del principio sancito dal brocardo «ei incumbit probatio qui dicit et non qui negat». Infatti, nella fase del procedimento svoltasi dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, era il ricorrente che sosteneva che la Commissione avesse adottato una decisione di archiviazione, mentre tale istituzione ne negava l’esistenza. Pertanto, statuendo che non era dimostrato che una siffatta decisione fosse stata adottata e che il ricorso, di conseguenza, era irricevibile, il Tribunale della funzione pubblica non ha imposto l’onere della prova alla parte che negava un fatto, bensì alla persona che lo faceva valere, e non ha commesso un errore di diritto a tale riguardo.

38      Infine, ove il ricorrente rimette in discussione la constatazione del Tribunale della funzione pubblica secondo cui egli non ha ricevuto la nota del 18 agosto 2004, basta constatare che tale argomento è inconferente in quanto il ragionamento seguito dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata non è affatto fondato su tale constatazione. Quanto al presunto errore del Tribunale della funzione pubblica in merito alla possibilità, per la Commissione, di obbligare il ricorrente a prendere contatto con il medico da essa designato, a pena di archiviazione della sua istanza, tale affermazione è parimenti inconferente, poiché il Tribunale della funzione pubblica, senza commettere un errore di diritto, è giunto alla conclusione che non era stata adottata alcuna decisione di archiviazione.

 Sul motivo vertente su vizi di procedura nel procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica

 Argomenti delle parti

39      Il ricorrente si duole, in sostanza, che il Tribunale della funzione pubblica abbia adottato l’ordinanza impugnata mentre era in corso un tentativo di composizione amichevole della controversia. A detta del ricorrente, tale intempestiva archiviazione del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, mentre la controversia era in sospeso, lo ha privato della possibilità di difendersi efficacemente dinanzi al detto giudice. Tale procedimento sarebbe quindi viziato da un errore di procedura talmente grave da incidere irrimediabilmente sui diritti del ricorrente. Detto errore determinerebbe quindi una violazione delle norme sostanziali. Il ricorrente deduce infine che il suddetto tentativo di composizione amichevole presuppone necessariamente che il Tribunale della funzione pubblica non considerava il ricorso privo di qualsiasi fondamento giuridico o irricevibile.

40      Secondo la Commissione, quest’ultimo motivo è infondato, in quanto la censura mossa dal ricorrente all’intervento del Tribunale della funzione pubblica nel quadro del tentativo di composizione amichevole non è corroborata da alcuna argomentazione giuridica. In particolare, il ricorrente non avrebbe precisato le norme asseritamente violate da tale giudice, che nel caso di specie avrebbe invece correttamente applicato l’art. 111 del regolamento di procedura.

 Giudizio del Tribunale

41      A tale proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura, applicabile al Tribunale della funzione pubblica all’epoca dell’adozione dell’ordinanza impugnata, quando il ricorso è manifestamente irricevibile, il Tribunale può respingerlo senza proseguire il procedimento, statuendo con ordinanza motivata. Siffatta ordinanza può essere adottata purché siano soddisfatte le condizioni poste dell’art. 111 del regolamento di procedura. La Corte ha quindi statuito che il ricorso a misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura non era di per sé idoneo ad ostacolare l’adozione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 111 dello stesso regolamento (sentenza della Corte 19 gennaio 2006, causa C‑547/03 P, AIT/Commissione, Racc. pag. I‑845, punto 30).

42      Orbene, è stato dichiarato sopra che il Tribunale della funzione pubblica ha correttamente statuito che nella fattispecie non era stato adottato nessun atto che arreca pregiudizio e che pertanto il ricorso di annullamento presentato dal ricorrente era manifestamente irricevibile. Dato che il tentativo di composizione amichevole della controversia non poteva avere alcuna incidenza sull’irricevibilità del ricorso accertata dal Tribunale della funzione pubblica, esso non può rimettere in discussione la legittimità dell’ordinanza impugnata.

43      Ne consegue che il Tribunale della funzione pubblica poteva legittimamente adottare l’ordinanza impugnata che ha dichiarato il ricorso manifestamente irricevibile, senza proseguire il procedimento, nonostante lo stato del procedimento dinanzi ad esso pendente per quanto riguarda il tentativo di composizione amichevole della controversia. Di conseguenza, il presente motivo d’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

 Sulle spese

44      In conformità all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta il Tribunale statuisce sulle spese.

45      A norma dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 144 di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, la Commissione chiede che il ricorrente sia condannato alle spese del procedimento, comprese quelle sostenute in occasione del procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

46      In conformità all’art. 88 del detto regolamento, le spese sostenute dalle istituzioni nelle controversie tra le Comunità e i loro agenti restano a loro carico. Tuttavia, in virtù dell’art. 148, secondo comma, dello stesso regolamento, l’art. 88 non si applica nelle impugnazioni proposte da un funzionario o da altro agente di un’istituzione contro di essa. Il ricorrente, poiché è risultato soccombente, dev’essere condannato alle spese del presente procedimento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporta le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente procedimento.



Jaeger

Vilaras

Forwood

Martins Ribeiro

 

       Czúcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 ottobre 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l'italiano.