Language of document : ECLI:EU:T:2016:478

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

15 settembre 2016 (*)

«REACH – Tariffa dovuta per la registrazione di una sostanza – Riduzione concessa alle micro, piccole e medie imprese – Errore nella dichiarazione relativa alle dimensioni dell’impresa – Raccomandazione 2003/361/CE – Decisione che impone un onere amministrativo – Richiesta di informazioni – Potere dell’ECHA – Proporzionalità»

Nella causa T‑392/13,

Leone La Ferla SpA, con sede in Melilli (Italia), rappresentata da G. Passalacqua, J. Occhipinti e G. Calcerano, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Di Paolo e K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

e

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata inizialmente da M. Heikkilä, A. Iber, E. Bigi, E. Maurage e J.-P. Trnka, successivamente da M. Heikkilä, E. Bigi, E. Maurage e J.-P. Trnka, in qualità di agenti, assistiti da C. Garcia Molyneux, avvocato,

convenute

avente ad oggetto, in primo luogo, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento di diversi atti della Commissione o dell’ECHA, in secondo luogo, una domanda diretta ad ottenere la condanna dell’ECHA al rimborso di somme che sarebbero state indebitamente riscosse e, in terzo luogo, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito dalla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, F. Dehousse (relatore) e A.M. Collins, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 novembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 5 e il 7 gennaio 2011, in seguito a una procedura avviata dalla ricorrente, Leone La Ferla SpA, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha proceduto alla registrazione di due sostanze a titolo del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1).

2        All’atto della procedura di registrazione, la ricorrente ha dichiarato di essere una «piccola impresa», ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU 2003, L 124, pag. 36). Tale dichiarazione le ha permesso di beneficiare di una riduzione della tariffa dovuta per ogni domanda di registrazione, quale prevista dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1907/2006. In conformità all’articolo 74, paragrafo 1, dello stesso regolamento, tale tariffa è stata definita dal regolamento (CE) n. 340/2008 della Commissione, del 16 aprile 2008, relativo alle tariffe e agli oneri pagabili all’Agenzia europea per le sostanze chimiche a norma del regolamento n. 1907/2006 (GU 2008, L 107, pag. 6). L’allegato I al regolamento n. 340/2008 contiene in particolare gli importi delle tariffe dovute per le domande di registrazione presentate in forza dell’articolo 6 del regolamento n. 1907/2006, nonché le riduzioni concesse alle microimprese e alle piccole e medie imprese (in prosieguo: le «PMI»). Peraltro, secondo l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, qualora una persona fisica o giuridica dichiari di avere diritto a una riduzione o esenzione ma non possa dimostrarlo, l’ECHA riscuote per intero le tariffe o gli oneri, nonché un onere amministrativo. A tale riguardo, il consiglio di amministrazione dell’ECHA ha adottato, il 12 novembre 2010, la decisione MB/D/29/2010, riguardante la classificazione dei servizi per i quali sono riscossi oneri (in prosieguo: la «decisione MB/D/29/2010»). All’articolo 2 e nella tabella 1 allegata a tale decisione, quale modificata dalla decisione MB/21/2012/D del consiglio di amministrazione dell’ECHA, del 12 febbraio 2013 (in prosieguo: la «decisione MB/21/2012/D»), è indicato che l’onere amministrativo di cui all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008 è pari a EUR 19 900 per una grande impresa, a EUR 13 900 per una media impresa e a EUR 7 960 per una piccola impresa.

3        Il 5 e il 7 gennaio 2011, l’ECHA ha emesso due fatture (n. 10026200 e n. 10026213), entrambe di importo pari a EUR 9 300. Tale importo corrispondeva, secondo l’allegato I al regolamento n. 340/2008, nella versione applicabile al momento dei fatti, alla tariffa dovuta da una piccola impresa nel contesto di una presentazione congiunta relativa a sostanze in quantitativo superiore a 1 000 tonnellate.

4        Il 20 febbraio 2012, la ricorrente è stata invitata dall’ECHA a fornire un certo numero di documenti al fine di verificare la dichiarazione con la quale essa aveva affermato di essere una piccola impresa.

5        Il 17 maggio 2013, dopo scambi di documenti e di messaggi di posta elettronica, l’ECHA ha adottato la decisione SME(2013) 1328. In tale decisione, l’ECHA ha affermato di non aver ricevuto le prove necessarie al fine di concludere che la ricorrente fosse una piccola impresa e che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione MB/D/29/2010, detta ricorrente era tenuta a versare la tariffa applicabile a una grande impresa. Ciò posto, l’ECHA ha informato la ricorrente che essa le avrebbe inviato, da un lato, una fattura a copertura della differenza tra la tariffa inizialmente versata e la tariffa effettivamente dovuta e, dall’altro, una fattura per un importo di EUR 19 900 per il pagamento dell’onere amministrativo.

6        In esecuzione della decisione SME(2013) 1328, l’ECHA ha inviato alla ricorrente, il 21 maggio 2013, una fattura n. 10040807 per un importo pari a EUR 13 950, una fattura n. 10040817 per un importo pari a EUR 13 950 e una fattura n. 10040824 per un importo pari a EUR 19 900.

7        Il 23 maggio 2013, l’ECHA ha inviato un messaggio di posta elettronica alla ricorrente in risposta a un analogo messaggio ricevuto il 21 maggio 2013. Tale messaggio di posta elettronica mirava a fornire alla ricorrente informazioni concernenti la decisione SME(2013) 1328.

8        Il 24 luglio 2013, l’ECHA ha inviato una lettera alla ricorrente in risposta a un messaggio di posta elettronica ricevuto il 10 luglio 2013. Tale lettera conteneva informazioni destinate alla ricorrente, concernenti la decisione SME(2013) 1328.

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 luglio 2013, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

10      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 ottobre 2013 a norma dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, la Commissione europea ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, in particolare in quanto il presente ricorso era diretto contro di essa.

11      Il 3 dicembre 2013 la ricorrente ha depositato le sue osservazioni su tale eccezione di irricevibilità.

12      L’8 gennaio 2015, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, le parti sono state invitate a presentare le loro osservazioni in merito all’eventuale rilevanza della sentenza del 2 ottobre 2014, Spraylat/ECHA (T‑177/12, EU:T:2014:849), rispetto alla presente controversia e a rispondere ad un quesito. Le parti hanno dato seguito a tale richiesta nel termine impartito.

13      Il 16 luglio ed il 15 settembre 2015, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha posto alle parti alcuni quesiti scritti, invitandole a rispondervi per iscritto. Le parti hanno ottemperato a tali domande nei termini impartiti.

14      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

15      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 12 novembre 2015.

16      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare i seguenti atti in tutte le loro parti o per quanto da esso ritenuto di giustizia e conforme all’interesse della ricorrente:

–        la decisione SME(2013) 1328 e i suoi allegati;

–        le fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824;

–        il messaggio di posta elettronica dell’ECHA datato 23 maggio 2013;

–        le decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D;

nonché, all’occorrenza:

–        il regolamento n. 340/2008, nella parte in cui include le informazioni relative ad imprese connesse alla ricorrente in sede di determinazione delle sue dimensioni ai fini dell’applicabilità delle tariffe e oneri ridotti;

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 254/2013 della Commissione, del 20 marzo 2013, che modifica il regolamento n. 340/2008 (GU 2013, L 79, pag. 7);

–        la lettera dell’ECHA alla ricorrente, datata 24 luglio 2013;

nonché ogni ulteriore atto connesso, presupposto o consequenziale, per quanto lesivo dell’interesse della ricorrente;

–        di conseguenza, condannare l’ECHA a restituire le somme indebitamente versate dalla ricorrente (come indicate nelle fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824), oltre agli interessi legali e dopo rivalutazione dalla data dei versamenti effettuati dalla ricorrente in favore dell’ECHA sino all’integrale pagamento delle somme dovute;

–        o, in via cumulativa o alternativa, condannare l’ECHA a risarcire la ricorrente del danno subito, pari alle suddette somme indebitamente percepite a carico della ricorrente, oltre agli interessi legali e dopo rivalutazione dalla data dei versamenti effettuati dalla ricorrente in favore dell’ECHA sino al pagamento integrale delle somme dovute.

17      L’ECHA chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso per quanto riguarda l’impugnazione delle fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824, del regolamento n. 340/2008, della lettera dell’ECHA alla ricorrente datata 24 luglio 2013 e di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale, per quanto lesivo dell’interesse della ricorrente;

–        respingere il ricorso nella sua interezza e confermare la legittimità degli atti impugnati dalla ricorrente;

–        condannare la ricorrente alle spese.

18      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere come irricevibile il ricorso proposto contro di essa;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

1.     Sulla ricevibilità del ricorso, nella parte in cui è proposto contro la Commissione

19      La Commissione rileva che, nel suo ricorso, la ricorrente sembra domandare l’annullamento di due atti regolamentari, ossia il regolamento n. 340/2008 e il regolamento di esecuzione n. 254/2013. Ebbene, in primo luogo, la Commissione sostiene che la ricorrente non è individualmente interessata da detti regolamenti, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Peraltro, il regolamento n. 340/2008, al pari del regolamento di esecuzione n. 254/2013, comporterebbe misure di esecuzione, quali quelle adottate dall’ECHA e che sono impugnate nel presente ricorso. La ricorrente non sarebbe pertanto legittimata ad agire in annullamento contro questi due regolamenti. In secondo luogo, la Commissione afferma che il ricorso non rispetterebbe il presupposto stabilito dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il quale prevede che il ricorso contenga «l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti». A questo proposito, la Commissione rileva che, pur sembrando chiedere l’annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013, la ricorrente non indicherebbe nei motivi a sostegno del ricorso le ragioni per le quali questi regolamenti sarebbero illegittimi. Per di più, la ricorrente non individuerebbe con precisione la parte dei regolamenti di cui si chiede l’annullamento. La sola disposizione presa eventualmente in considerazione alla luce delle memorie della ricorrente sarebbe l’articolo 12 del regolamento n. 340/2008, che riguarda le imprese collegate e i criteri di applicabilità delle riduzioni per le PMI. La Commissione non vede tuttavia quale parte di questa disposizione sarebbe illegittima né, soprattutto, per quale motivo. La Commissione non riesce pertanto a comprendere su quali fatti ed elementi di diritto si basi la domanda d’annullamento di una parte non precisata dei regolamenti precedentemente citati. In terzo luogo, la Commissione rileva che, poiché il ricorso deve essere proposto entro un termine di due mesi dalla pubblicazione dell’atto, conformemente all’articolo 263 TFUE, l’azione sarebbe in ogni caso prescritta.

20      La ricorrente rileva che l’eccezione di irricevibilità della Commissione riguarda solo una parte del suo ricorso, ossia quella concernente il regolamento n. 340/2008 e il regolamento di esecuzione n. 254/2013. A tal proposito, la ricorrente sostiene che l’articolo 263 TFUE consente indubbiamente la presentazione di ricorsi avverso atti regolamentari. Di conseguenza, e a titolo cautelativo, compreso ai sensi dell’articolo 277 TFUE, la ricorrente avrebbe voluto impugnare anche i regolamenti precedentemente citati. Questa facoltà sarebbe stata riconosciuta dalla sentenza del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commission (92/78, EU:C:1979:53). L’articolo 263 TFUE avrebbe ulteriormente ampliato le facoltà offerte ai soggetti che intendono impugnare atti di portata generale, adottati dalle istituzioni europee. Se non fosse consentito alle persone fisiche e giuridiche di impugnare gli atti regolamentari, nonostante la scadenza del termine di due mesi dalla loro pubblicazione, contemporaneamente alle misure che costituiscono esecuzione di detti atti regolamentari, il diritto dell’Unione europea presenterebbe un’inammissibile lacuna. La ricorrente aggiunge di avere prefigurato l’eventualità che, anche se le decisioni dell’ECHA fossero conformi alle disposizioni di detti regolamenti, sarebbero allora questi regolamenti ad essere contrari ai trattati e ai principi consolidati della giurisprudenza. La condotta della Commissione sarebbe allora criticabile in quanto quest’ultima avrebbe tollerato che l’ECHA eserciti poteri discrezionali in violazione delle competenze ad essa attribuite e attribuibili. In considerazione di questi elementi, il Tribunale dovrebbe innanzitutto verificare se le decisioni individuali impugnate dalla ricorrente siano illegittime in quanto tali per i motivi indicati nel ricorso. Se il Tribunale non dovesse accertare detta illegittimità, dovrebbe parimenti verificare se non sia la Commissione ad essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti di controllo sull’applicazione fatta dall’ECHA dei regolamenti in questione.

21      Occorre innanzitutto ricordare che, ai termini dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale per effetto dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto medesimo, e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti.

22      Secondo una costante giurisprudenza, tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa ed al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto ed una buona amministrazione della giustizia occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, quanto meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso (v. sentenza del 20 maggio 2009, VIP Car Solutions/Parlamento, T‑89/07, EU:T:2009:163, punto 96 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, ordinanze del 25 novembre 2003, IAMA Consulting/Commissione, T‑85/01, EU:T:2003:309, punto 58 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 gennaio 2012, Groupe Partouche/Commissione, T‑315/10, non pubblicata, EU:T:2012:21, punto 19).

23      Peraltro, nel caso in cui un ricorrente non deduca alcun motivo a sostegno di un capo delle conclusioni, non sussiste la condizione di cui all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, secondo cui i motivi dedotti devono essere oggetto di un’esposizione sommaria (sentenze del 12 aprile 2013, Koda/Commissione, T‑425/08, non pubblicata, EU:T:2013:183, punto 71, e del 16 settembre 2013, Dornbracht/Commissione, T‑386/10, EU:T:2013:450, punto 44).

24      Infine, è il ricorrente a dover scegliere il fondamento giuridico del proprio ricorso e non il giudice dell’Unione a individuare personalmente il fondamento normativo più appropriato (sentenza del 15 marzo 2005, Spagna/Eurojust, C‑160/03, EU:C:2005:168, punto 35, e ordinanza del 26 febbraio 2007, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑205/05, non pubblicata, EU:T:2007:59, punto 38).

25      È alla luce delle precedenti considerazioni che occorre esaminare se il ricorso contenga l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti, in modo tale da soddisfare i requisiti di chiarezza e precisione previsti dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

26      In primo luogo, come indicato nella parte introduttiva del ricorso, la ricorrente ha depositato dinanzi al Tribunale un «[r]icorso in annullamento ex art. 263 TFUE».

27      In secondo luogo, la parte introduttiva del ricorso riguarda sette atti, adottati dalla Commissione oppure dall’ECHA. I soli atti adottati dalla Commissione sono il regolamento n. 340/2008 nonché il regolamento di esecuzione n. 254/2013.

28      In terzo luogo, il ricorso proposto dalla ricorrente si fonda su quattro motivi. Il primo motivo è così intitolato: «Con particolare riferimento: alla Decisione ECHA n. SME(2013) 1328 del 17 maggio 2013 da ultimo confermata con provvedimento ECHA in data 24 luglio 2013, Ref. n. SME(2013) 2950; alle fatture ECHA n. 10040807 del 21 maggio 2013; n. 10040817 del 21 maggio 2013 e n. 10040824 del 21 maggio 2013, nonché con particolare riferimento alla comunicazione ECHA via [messaggio di posta elettronica] in data 23 maggio 2013: illegittimità per carenza di potere/sviamento di potere ed eccesso di delega d[ell’]ECHA nell’adozione della Decisione ECHA n. SME(2013) 1328 del 17 maggio 2013». Il secondo motivo è formulato come segue: «Con particolare riferimento alla Decisione ECHA n. SME(2013) 1328 del 17 maggio 2013 da ultimo confermata con provvedimento ECHA in data 24 luglio 2013, Ref. n. SME(2013) 2950; alle fatture ECHA n. 10040807 del 21 maggio 2013; n. 10040817 del 21 maggio 2013 e n. 10040824 del 21 maggio 2013, nonché con particolare riferimento alla comunicazione ECHA via [messaggio di posta elettronica] in data 23 maggio 2013: illegittimità per falsa ed erronea applicazione dei criteri di determinazione delle dimensioni delle PMI contenute nella Raccomandazione della Commissione (2003/361/CE), violazione del principio di proporzionalità». Il terzo motivo è così formulato: «Con particolare riferimento alla Decisione ECHA n. SME(2013) 1328 del 17 maggio 2013 da ultimo confermata con provvedimento ECHA in data 24 luglio 2013, Ref. n. SME(2013) 2950; alle fatture ECHA n. 10040807 del 21 maggio 2013; n. 10040817 del 21 maggio 2013 e n. 10040824 del 21 maggio 2013, nonché con particolare riferimento alla comunicazione ECHA via [messaggio di posta elettronica] in data 23 maggio 2013: illegittimità per carenza ed abuso di potere del Direttore Esecutivo nel sottoscrivere la Decisione ECHA n. SME(2013) 1328 del 17 maggio 2013». Il quarto motivo è intitolato come segue: «Con particolare riferimento alla decisione MB/D/29/2010 ed alla Decisione MB/D/21/2012/D: illegittimità per eccesso, carenza e travisamento di potere d[ell’]ECHA nell’adozione delle predette decisioni, nonché violazione del principio di attribuzione dell’art. 5 del TUE, per aver [l’]ECHA adottato la Decisione MB/D/29/2010 e la Decisione MB/21/2012/D, il cui importo risulta nell[a] Fattura ECHA n. 10040824 del 21 maggio 2013».

29      In quarto luogo, tra i propri capi delle conclusioni, la ricorrente chiede in particolare che il Tribunale voglia «disporre l’annullamento degli atti impugnati e in epigrafe indicati». Gli altri capi delle conclusioni sono volti all’ottenimento di una restituzione o di un rimborso da parte dell’ECHA.

30      Da quanto precede risulta che il ricorso contiene l’oggetto della controversia, ossia la domanda di annullamento dei sette atti impugnati nonché una domanda di restituzione ed una domanda di rimborso, ed i motivi dedotti.

31      Tuttavia, nella parte in cui il ricorso viene proposto contro la Commissione, quest’ultimo manca manifestamente di chiarezza e di precisione.

32      In primo luogo, occorre rilevare che la ricorrente, nelle proprie osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, sembra suggerire che il presente ricorso sia proposto contro la Commissione, in quanto tale istituzione ha adottato il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013.

33      A tale riguardo, occorre sottolineare che il regolamento n. 340/2008 rientra tra gli atti impugnati soltanto nella parte «in cui include le informazioni relative ad imprese connesse e al partner del richiedente nella determinazione delle dimensioni ai fini dell’applicabilità delle tariffe ed oneri ridotti», senza alcuna ulteriore precisazione. Per quanto riguarda il regolamento di esecuzione n. 254/2013, non viene indicata alcuna disposizione specifica.

34      Inoltre, i titoli dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso non fanno riferimento né alla Commissione, né al regolamento n. 340/2008 ed al regolamento di esecuzione n. 254/2013.

35      Peraltro, l’esposizione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso non precisa in quale misura il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013 sarebbero viziati da illegittimità. Tali motivi non attribuiscono alla Commissione neppure un qualsivoglia comportamento illegittimo.

36      Più precisamente, nell’ambito del suo primo motivo, come formulato nel ricorso, la ricorrente sostiene che non spetta all’ECHA «fissare o individuare criteri integrativi di valutazione della natura di PMI delle società richiedenti» e che, «abusando della delega di funzioni ricevuta dalla Commissione, [l’ECHA] ha di fatto delineato una propria, illegittima nozione di PMI, oltremodo stringente». Tale motivo non attribuisce alla Commissione o agli atti da essa adottati una qualsivoglia illegittimità. Nell’ambito del suo secondo motivo, la ricorrente ritiene che l’ECHA abbia applicato in maniera illegittima ed erronea la raccomandazione 2003/361 al caso di specie, senza muovere alcuna censura nei confronti della Commissione o degli atti adottati da quest’ultima. Nell’ambito del suo terzo motivo, che è collegato al primo, la ricorrente sostiene che il direttore esecutivo dell’ECHA non poteva adottare decisioni in merito alle dimensioni delle imprese registrate. Infine, nell’ambito del suo quarto motivo, nel quale viene invocata, in particolare, la carenza di potere dell’ECHA al momento dell’adozione della decisione MB/D/29/2010 e della decisione MB/21/2012/D, la ricorrente si limita a far valere che il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013 «non cont[engono] alcuna voce specifica che riguardi quell’onere [amministrativo], o che sia ad esso comunque applicabile». La ricorrente aggiunge che, per quanto riguarda la fissazione dell’importo dell’onere amministrativo nel caso in cui una persona fisica o giuridica non riesca a dimostrare di aver diritto alla riduzione tariffaria per le PMI, «tale compito spetta alla Commissione che – peraltro – pare allo stato avervi rinunciato». Tale motivo non attribuisce alla Commissione o agli atti da essa adottati una qualsivoglia illegittimità.

37      La ricorrente obbliga in tal modo la Commissione e il Tribunale a basarsi su congetture riguardo ai ragionamenti e alle circostanze precise – di fatto e di diritto – che potrebbero aver legittimato le sue domande di annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013. Ebbene, è proprio una situazione di questo tipo, fonte di incertezza del diritto e incompatibile con il principio della corretta amministrazione della giustizia, che l’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991 intende evitare (v., in tal senso, ordinanza del 19 maggio 2008, TF1/Commissione, T‑144/04, EU:T:2008:155, punto 57).

38      In ogni caso, anche supponendo che i motivi dedotti dalla ricorrente siano riconducibili alla sua domanda volta all’annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013, rispettando in tal modo l’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, è sufficiente rilevare che il ricorso di annullamento sarebbe a tale riguardo manifestamente irricevibile alla luce delle disposizioni dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come correttamente sostenuto dalla Commissione. Infatti, da un lato, il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013, dei quali la ricorrente non è destinataria, non la riguardano a causa di sue determinate qualità personali o di una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a qualsiasi altro soggetto e, quindi, la distingue in modo analogo ai destinatari (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro, il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013 comportano misure di esecuzione, ossia, in particolare, gli atti adottati dall’ECHA e che sono impugnati dalla ricorrente nella presente causa.

39      Gli argomenti dedotti dalla ricorrente nella fase delle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, secondo le quali essa «avrebbe inteso» impugnare il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013, «anche ai sensi dell’art. 277 TFUE», non possono modificare tale conclusione.

40      Anche supponendo che la domanda della ricorrente volta all’annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013 possa essere interpretata come volta, in realtà, a far dichiarare inapplicabili detti regolamenti, occorre ricordare che la facoltà di invocare l’inapplicabilità di un atto a carattere generale in forza dell’articolo 277 TFUE non costituisce un autonomo diritto d’azione e non può essere esercitata se non in via incidentale (v. ordinanza dell’8 luglio 1999, Area Cova e a./Consiglio, T‑194/95, EU:T:1999:141, punto 78 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, la mera deduzione di un’eccezione di illegittimità nei confronti di un regolamento adottato dalla Commissione non può consentire di convenire tale istituzione dinanzi al Tribunale. Qualsiasi altra interpretazione equivarrebbe a rimettere in discussione il fatto che la facoltà di invocare l’inapplicabilità di un atto a carattere generale in forza dell’articolo 277 TFUE non costituisce un autonomo diritto d’azione.

41      Inoltre, e ad abundantiam, dal ricorso non risulta che la ricorrente abbia sollevato, sulla base dell’articolo 277 TFUE, un’eccezione di illegittimità nei confronti del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013. Occorre ricordare, a tale riguardo, che la controversia è determinata nell’atto introduttivo del ricorso e che l’eccezione d’illegittimità è irricevibile qualora venga sollevata in una fase successiva del procedimento (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2005, Common Market Fertilizers/Commissione, T‑134/03 e T‑135/03, EU:T:2005:339, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Ebbene, nel caso di specie, risulta dall’atto introduttivo che la ricorrente ha presentato un ricorso basato sull’articolo 263 TFUE, nel quale chiede al Tribunale «[di] disporre l’annullamento degli atti impugnati e in epigrafe indicati», tra i quali sono compresi il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013. L’articolo 277 TFUE non fa parte delle disposizioni invocate nell’atto introduttivo a sostegno del ricorso, circostanza questa che è stata ammessa dalla ricorrente in udienza. Peraltro, non vi è alcun elemento che avvalori la tesi della ricorrente secondo la quale quest’ultima avrebbe sollevato, nell’atto di ricorso, un’eccezione di illegittimità nei confronti di tali due regolamenti. In particolare, come è stato precedentemente rilevato, l’esposizione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso, contenuta nell’atto introduttivo, non precisa in quale misura il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013 sarebbero viziati da illegittimità. Inoltre, l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente nella fase delle osservazioni sull’eccezione di irricevibilità non si basa su alcun elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento.

42      Peraltro, per poter decidere in merito alla facoltà della ricorrente di far valere, a sostegno del ricorso contro un atto individuale, l’irregolarità di un atto a carattere generale, è necessario stabilire se la ricorrente invochi contro detto atto uno dei quattro motivi di annullamento di cui all’articolo 263, secondo comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2012, Sina Bank/Consiglio, T‑15/11, EU:T:2012:661, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Ebbene, dalla lettura delle memorie della ricorrente non è possibile determinare quali siano i motivi o le censure, previsti all’articolo 263, secondo comma, TFUE, sui quali si fondano specificamente le eccezioni di illegittimità sollevate nei confronti del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013.

43      Si deve pertanto ritenere ad adbundantiam che, in quanto sollevata dalla ricorrente nella fase delle osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, l’eccezione di illegittimità nei confronti del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013 è irricevibile.

44      In secondo luogo, anche supponendo che il ricorso, nella parte in cui è diretto all’annullamento delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D, sia validamente diretto nei confronti della Commissione in quanto, in forza dell’articolo 11, paragrafo 5, del regolamento n. 340/2008, dette decisioni potevano essere adottate soltanto dopo aver ricevuto un «parere favorevole» da parte di quest’ultima, esso sarebbe manifestamente irricevibile, come correttamente sostenuto dalla Commissione nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del 16 luglio 2015 (punto 13 supra). Infatti, oltre al fatto che il ricorso manca manifestamente di chiarezza e di precisione a tale riguardo, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, nessun elemento consente di ritenere che la ricorrente sarebbe individualmente interessata da dette decisioni. Inoltre, anche supponendo che tali decisioni possano essere qualificate come atti regolamentari, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, esse comportano misure di esecuzione, come dimostra l’adozione della decisione SME(2013) 1328. Inoltre, poiché le decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D sono state adottate, rispettivamente, il 12 novembre 2010 ed il 12 febbraio 2013, e poiché la ricorrente ne ha avuto conoscenza, al più tardi, il 26 febbraio 2013 mediante lettera inviata dall’ECHA, il ricorso depositato il 25 luglio 2013 è stato presentato tardivamente. Infine, si devono respingere gli argomenti della ricorrente, sollevati nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del 16 luglio 2015 (punto 13 supra), secondo i quali il Tribunale non poteva sollevare d’ufficio la questione della ricevibilità del ricorso, nella parte in cui era diretto all’annullamento delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D. Infatti, essendo i presupposti per la ricevibilità di un ricorso di ordine pubblico, il Tribunale deve esaminarli d’ufficio ed il suo sindacato, a tale riguardo, non è limitato alle sole eccezioni di irricevibilità sollevate dalle parti (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2015, SV Capital/ABE, T‑660/14, EU:T:2015:608, punti 45 e 50).

45      Peraltro, anche supponendo che la ricorrente abbia inteso, con il suo quarto motivo, sollevare un’eccezione di illegittimità nei confronti delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D, ciò non può giustificare la presentazione di un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, nei confronti della Commissione, né permettere di ritenere che tale istituzione sia tenuta a difendersi dinanzi al Tribunale in tale contesto (v. punto 40 supra e giurisprudenza ivi citata).

46      Alla luce di tutti questi elementi, si deve ritenere che il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la Commissione.

2.     Sulla ricevibilità di taluni capi delle conclusioni del ricorso di annullamento proposto contro l’ECHA

47      In primo luogo, l’ECHA sostiene che il ricorso, nella parte in cui è diretto all’annullamento delle fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824, è irricevibile in quanto dette fatture non sono atti impugnabili. Queste fatture non produrrebbero effetti giuridici distinti da quelli della decisione SME(2013) 1328. Esse non modificherebbero la situazione giuridica della ricorrente poiché si limiterebbero a perseguire l’esecuzione della decisione SME(2013) 1328.

48      In secondo luogo, l’ECHA ritiene che il ricorso sia irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento della sua lettera del 24 luglio 2013. In tale lettera, l’ECHA avrebbe semplicemente risposto agli argomenti dedotti dalla ricorrente senza per questo modificare la sua posizione giuridica. Nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del 15 settembre 2015 (v. punto 13 supra), l’ECHA afferma che lo stesso vale per il suo messaggio di posta elettronica del 23 maggio 2013. Il ricorso sarebbe quindi parimenti irricevibile sotto tale profilo.

49      In terzo luogo, il ricorso sarebbe irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento del regolamento n. 340/2008 e di qualsiasi atto connesso, presupposto o consequenziale, in quanto un atto di tal genere sarebbe lesivo degli interessi della ricorrente. A tale riguardo, l’ECHA sostiene che il ricorso non specifica in modo sufficientemente chiaro i motivi dedotti, né l’oggetto della controversia.

50      La ricorrente sostiene che le fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824, così come la lettera dell’ECHA del 24 luglio 2013, producono effetti giuridici nei suoi confronti e che, pertanto, esse possono essere oggetto di ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Peraltro, poiché la ricevibilità dei capi delle conclusioni riguardanti gli atti indicati nell’introduzione del ricorso non è contestata, la ricevibilità del ricorso avverso le tre fatture precedentemente citate e la lettera dell’ECHA del 24 luglio 2013 sarebbe irrilevante poiché questi atti dovrebbero comunque essere dichiarati nulli qualora la domanda d’annullamento dovesse essere accolta. Inoltre, per quanto riguarda il messaggio di posta elettronica dell’ECHA del 23 maggio 2013, la ricorrente sostiene nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del 15 settembre 2015 (v. punto 13 supra) che è attraverso tale messaggio di posta elettronica che essa ha potuto avere conoscenza dei motivi per i quali l’ECHA le negava lo status di PMI.

51      Per quanto riguarda il ricorso, nella parte in cui concerne il regolamento n. 340/2008, la ricorrente afferma nella replica che esso sarebbe stato adeguatamente circostanziato nell’atto introduttivo. Mediante il suo ricorso, la ricorrente avrebbe impugnato, in via subordinata, detto regolamento il quale costituirebbe il presupposto giuridico degli atti impugnati in via principale. Il regolamento di procedura non obbligherebbe un ricorrente a ripetere per ciascun atto impugnato il complesso dei motivi dedotti a sostegno del ricorso.

52      Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, soltanto i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la situazione giuridica dello stesso, costituiscono atti che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE (sentenza dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 9; ordinanza del 4 ottobre 1991, Bosman/Commissione, C‑117/91, EU:C:1991:382, punto 13, e sentenza del 15 gennaio 2003, Philip Morris International/Commissione, T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, EU:T:2003:6, punto 77).

53      Occorre avere riguardo alla natura dell’atto del quale è chiesto l’annullamento per accertare se esso possa formare oggetto di un ricorso, essendo a tal proposito in linea di massima irrilevante la forma nella quale lo stesso è stato adottato (sentenze dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 9; del 28 novembre 1991, Lussemburgo/Parlamento, C‑213/88 e C‑39/89, EU:C:1991:449, punto 15, e del 24 marzo 1994, Air France/Commissione, T‑3/93, EU:T:1994:36, punti 43 e 57).

54      Peraltro, una decisione meramente confermativa di una decisione precedente non è un atto impugnabile, cosicché è irricevibile un ricorso diretto contro una siffatta decisione (sentenze del 25 ottobre 1977, Metro SB-Großmärkte/Commissione, 26/76, EU:C:1977:167, punto 4, e del 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione, C‑180/96, EU:C:1998:192, punti 27 e 28; v., anche, ordinanza del 10 giugno 1998, Cementir/Commissione, T‑116/95, EU:T:1998:120, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

55      Per quanto riguarda la nozione di atto confermativo, risulta dalla giurisprudenza che un atto è considerato meramente confermativo di una decisione precedente qualora non contenga nessun elemento nuovo rispetto alla decisione precedente e non sia stato preceduto da un riesame della situazione del destinatario della decisione medesima (sentenza del 7 febbraio 2001, Inpesca/Commissione, T‑186/98, EU:T:2001:42, punto 44, e ordinanza del 29 aprile 2004, SGL Carbon/Commissione, T‑308/02, EU:T:2004:119, punto 51).

56      In primo luogo, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento delle fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824, occorre rilevare che, a differenza delle circostanze della causa che ha dato luogo alla sentenza del 2 ottobre 2014, Spraylat/ECHA (T‑177/12, EU:T:2014:849), nella decisione SME(2013) 1328 viene fatto espresso riferimento alla decisione MB/D/29/2010, come modificata dalla decisione MB/21/2012/D, e che viene precisato che l’«ECHA emetterà [...] una fattura per un onere amministrativo dell’importo di EUR 19 000». Viene inoltre indicato che l’ECHA avrebbe emesso una fattura complementare al fine di coprire la differenza tra la tariffa inizialmente versata e la tariffa prevista dal regolamento n. 340/2008 per una grande impresa, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione MB/D/29/2010. Ne consegue che la decisione SME(2013) 1328 conteneva gli elementi essenziali degli obblighi della ricorrente nei confronti dell’ECHA. Pertanto, le fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824 hanno carattere di atti di esecuzione di tale decisione e costituiscono atti confermativi ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 55 (v., per analogia, ordinanza del 30 giugno 2009, CPEM/Commissione, T‑106/08, non pubblicata, EU:T:2009:228, punto 32). Di conseguenza, il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento delle fatture n. 10040807, n. 10040817 e n. 10040824.

57      In secondo luogo, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento del messaggio di posta elettronica dell’ECHA del 23 maggio 2013, è sufficiente rilevare che tale messaggio era volto a rispondere alla domanda di chiarimenti relativa alla decisione SME(2013) 1328, inviata dalla ricorrente il 21 maggio 2013, senza tuttavia produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi della ricorrente, modificando in misura rilevante la situazione giuridica della stessa. In particolare, tale messaggio di posta elettronica indicava che la ricorrente avrebbe dovuto fornire i dati relativi all’impresa Calme Lux SA, e ciò in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361, e che, in mancanza della consegna di tali dati, l’ECHA non era nelle condizioni di stabilire che la ricorrente era effettivamente una PMI. Il messaggio di posta elettronica del 23 maggio 2013 non faceva quindi altro che ripetere quanto già indicato alla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo che ha portato all’adozione della decisione SME(2013) 1328, in particolare con lettera del 26 febbraio 2013 e con i messaggi di posta elettronica del 14 maggio, 19 giugno, 4 luglio e 8 agosto 2012 e del 4 marzo 2013. Pertanto, il ricorso è irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento del messaggio di posta elettronica dell’ECHA del 23 maggio 2013.

58      In terzo luogo, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento della lettera dell’ECHA del 24 luglio 2013, è sufficiente rilevare che tale lettera era volta a rispondere alla domanda di chiarimenti relativa alla decisione SME(2013) 1328, inviata dalla ricorrente il 10 luglio 2013, senza tuttavia produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sui suoi interessi, modificando in misura rilevante la situazione giuridica della stessa. In particolare, tale lettera si limitava a richiamare il contesto normativo pertinente, a rinviare alla decisione SME(2013) 1328 ed a precisare alla ricorrente che tutti i suoi argomenti erano stati debitamente presi in considerazione prima dell’adozione di detta decisione. Il ricorso è pertanto irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento della lettera dell’ECHA del 24 luglio 2013.

59      In quarto luogo, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento di «ogni ulteriore atto connesso, presupposto o consequenziale, per quanto lesivo dell’interesse della ricorrente», si deve ricordare che, a termini dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale per effetto dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto medesimo, e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Nel caso di specie, è sufficiente constatare che la domanda della ricorrente non è sufficientemente precisa e non consente al Tribunale di identificare gli atti di cui è chiesto l’annullamento. Il ricorso è pertanto irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento di «ogni ulteriore atto connesso, presupposto o consequenziale, per quanto lesivo dell’interesse della ricorrente».

60      Infine, per motivi identici a quelli esposti ai precedenti punti 38 e 44, si deve rilevare che il ricorso di annullamento è irricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013, nonché delle decisioni MB/D/29/2010 et MB/21/2012/D. Inoltre, per quanto riguarda il ricorso di annullamento del regolamento n. 340/2008 e del regolamento di esecuzione n. 254/2013, e anche supponendo che sia diretto nei confronti dell’ECHA, esso sarebbe manifestamente irricevibile in quanto, in linea di principio, i ricorsi devono essere presentati contro l’autore dell’atto impugnato, vale a dire l’istituzione o l’organismo dell’Unione da cui proviene la decisione (sentenza dell’8 ottobre 2008, Sogelma/AER, T‑411/06, EU:T:2008:419, punto 49). Infine, anche supponendo che, quando la ricorrente indica, nella replica, di aver impugnato «in via subordinata» il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013, che costituirebbero «il presupposto giuridico» degli atti adottati dall’ECHA, essa sollevi in realtà un’eccezione di illegittimità nei confronti di detti regolamenti, tale eccezione dovrebbe essere dichiarata irricevibile per motivi identici a quelli esposti ai precedenti punti da 41 a 43.

61      Alla luce di quanto precede, occorre limitare l’esame del ricorso presentato contro l’ECHA alla domanda di annullamento della decisione SME(2013) 1328.

3.     Nel merito

62      Occorre ricordare che, nella decisione SME(2013) 1328, l’ECHA ha affermato di non aver ricevuto le prove necessarie al fine di concludere che la ricorrente fosse una piccola impresa e che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione MB/D/29/2010, detta ricorrente era tenuta a versare la tariffa applicabile a una grande impresa. Come emerge dagli elementi presentati al dibattimento, l’ECHA ha ritenuto, in seguito all’esame di diverse informazioni complementari fornite dalla ricorrente, che quest’ultima doveva essere considerata collegata a due imprese, nella fattispecie la Saced SpA e la Cogefin Srl, nonché associata di due altre imprese, nella fattispecie la Premix SpA e la Sicical SpA. Peraltro, l’ECHA ha ritenuto che un’altra impresa, la Calme Lux, dovesse essere considerata collegata alla Sicical. In tale contesto, l’ECHA ha più volte chiesto alla ricorrente di fornirle informazioni relative alla Calme Lux. L’ECHA non ha ricevuto tali informazioni.

63      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo motivo si basa su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega dell’ECHA nell’ambito dell’adozione della decisione SME(2013) 1328. Il secondo motivo si fonda su un errore nell’applicazione della raccomandazione e su una violazione del principio di proporzionalità. Con il suo terzo motivo, la ricorrente lamenta un vizio ed un abuso di potere del direttore esecutivo dell’ECHA. Il quarto motivo riguarda una carenza, uno sviamento ed un eccesso di potere dell’ECHA nel quadro dell’adozione delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D.

 Sui capi della domanda di annullamento

 Osservazioni preliminari sulla motivazione della decisione SME(2013) 1328

64      Nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del 15 settembre 2015 (punto 13 supra), la ricorrente ha affermato che la decisione SME(2013) 1328 era «in sé considerata del tutto priva di motivazione». In particolare, la ricorrente ha precisato che tale decisione conteneva soltanto un elenco della normativa applicabile, delle comunicazioni tra le parti e di documenti inviati all’ECHA, nonché un’enumerazione dei documenti allegati.

65      La ricorrente deduce così un motivo nuovo. Tuttavia, il difetto o l’insufficienza di motivazione rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263 TFUE, e costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34).

66      Conformemente ad una costante giurisprudenza, da una parte, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità. Dall’altra parte, l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto in questione, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o qualsiasi altra persona, che detto atto concerna direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 93 e 94 e giurisprudenza ivi citata).

67      Nel caso di specie, tenuto conto delle disposizioni normative richiamate nella decisione SME(2013) 1328 e degli scambi di comunicazioni e di documenti tra l’ECHA e la ricorrente, come ricordati nella decisione SME(2013) 1328, la ricorrente era perfettamente in grado di comprendere che la decisione dell’ECHA era basata sulla mancata trasmissione dei dati rilevanti. In particolare, l’ECHA ha più volte chiesto alla ricorrente di fornirle informazioni relative alla Calme Lux, in particolare ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361. Tale disposizione riguarda la presa in considerazione dei dati delle imprese collegate alle imprese associate all’impresa in questione, ed è questo il caso della Calme Lux, come ha riconosciuto la ricorrente in udienza. Pertanto, si deve giudicare che la decisione SME(2013) 1328 soddisfa i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE.

 Sul primo motivo, vertente su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega dell’ECHA nell’ambito dell’adozione della decisione SME(2013) 1328.

68      La ricorrente rileva che, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1907/2006, l’ECHA può negare una registrazione solo qualora la documentazione fornita dall’impresa dichiarante sia incompleta. Le competenze dell’ECHA sarebbero competenze di ordine consultivo, esecutivo e di gestione, trattandosi del controllo dei fascicoli e dell’istruzione delle attività di verifica scientifiche, tecniche o amministrative. La ripartizione dei compiti tra la Commissione e l’ECHA si riscontrerebbe nella determinazione dei criteri di verifica della natura giuridica delle PMI, dato che l’ECHA non può sovrapporre le proprie regole o i propri orientamenti in modo discrezionale a quelli della Commissione. Pertanto, l’ECHA non potrebbe attribuire al suo segretariato la competenza esclusiva a pronunciarsi in modo autonomo sull’applicazione della raccomandazione 2003/361 nel quadro delle domande di registrazione.

69      Peraltro, la ricorrente sottolinea che la Commissione farebbe riferimento alla nozione di PMI, quale risulta dalla raccomandazione 2003/361, senza con ciò introdurre o integrare le disposizioni di questa raccomandazione in un atto di carattere vincolante e generale. Ad ogni modo, il mero rinvio effettuato alla raccomandazione 2003/361 proverebbe l’intenzione della Commissione di concedere ampiamente il beneficio della tariffa ridotta di registrazione. Nel caso di specie, L’ECHA avrebbe al contrario imposto alla ricorrente di fornire giustificazioni riguardanti un numero elevato di dati relativi alle sue attività, e ciò su un lungo periodo, o a quelle di società terze. A questo riguardo, l’ECHA avrebbe deciso di applicare i sottocriteri indicati nell’allegato alla raccomandazione 2003/361 (in particolare, l’esistenza di un collegamento con un’altra società) senza limitarsi all’applicazione della semplice definizione di PMI derivante da detta raccomandazione. Ebbene, il mero rinvio effettuato nel regolamento n. 340/2008 ai sottocriteri indicati nell’allegato alla raccomandazione 2003/361 si troverebbe nell’articolo 12 di detto regolamento e riguarderebbe unicamente le imprese stabilite all’esterno dell’Unione. L’ECHA avrebbe pertanto effettuato un’interpretazione errata del regolamento n. 340/2008. Pertanto l’ECHA avrebbe abusato della competenza delegata ricevuta dalla Commissione, stabilendo una sua propria nozione di PMI, che sarebbe restrittiva. Chiedendo alla ricorrente dati provenienti da una società terza, con la quale essa ha rapporti di partenariato, e che non è stata in grado di produrre, l’ECHA avrebbe sostituito e aggiunto in modo discrezionale i suoi propri criteri di valutazione e di procedura a quelli indicati dalla Commissione. Andando al di là della semplice verifica della completezza della domanda, l’ECHA avrebbe violato i limiti della propria competenza. La sola spiegazione plausibile della condotta dell’ECHA consistente nel chiedere un numero elevato di documenti alla ricorrente sarebbe ravvisabile in uno sviamento di potere, diretto a dimostrare che la ricorrente non soddisfaceva i criteri stabiliti dalla raccomandazione 2003/361, malgrado le prove in senso contrario prodotte. In tale contesto, la ricorrente aggiunge che l’ECHA ha agito in malafede nei suoi confronti e non le ha fornito nessun aiuto adeguato nel corso della procedura di registrazione e di verifica. Solo nella fase del procedimento dinanzi al Tribunale l’ECHA avrebbe formulato critiche nei confronti della ricorrente, versando nel contempo agli atti documenti che essa si sarebbe procurati dopo la presentazione del ricorso.

70      Inoltre, in sede di replica, la ricorrente sostiene che l’ECHA basa la sua difesa su una competenza «implicita» che le consentirebbe di verificare le dimensioni delle imprese dichiaranti. Ebbene, l’attribuzione di competenze dovrebbe derivare da un atto espresso. L’ECHA farebbe confusione tra il fatto di «richiedere» informazioni complementari e il fatto di «valutare» dette informazioni. La difesa dell’ECHA sarebbe del resto in contraddizione con la sua lettera del 24 luglio 2013, nella quale l’ECHA avrebbe ritenuto che la sua competenza derivasse direttamente dalla raccomandazione 2003/361. L’articolo 59 del regolamento (CE, Euratom) n. 2343/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, che reca regolamento finanziario quadro degli organismi di cui all’articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 357, pag. 72), stabilirebbe del resto una distinzione tra le tariffe e le tasse stabilite integralmente dalla legislazione e gli importi che possono essere stabiliti con decisioni dei consigli di amministrazione degli organismi dell’Unione. La competenza delegata attribuita all’ECHA in materia finanziaria sarebbe limitata ai diritti percepiti per i servizi forniti su domanda di parte, di cui all’articolo 11 del regolamento n. 340/2008. Questa delega non comprenderebbe l’onere amministrativo, previsto dall’articolo 13 del regolamento n. 340/2008, che sarebbe disciplinato, per quanto lo concerne, dall’articolo 74, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1907/2006 e dovrebbe essere fissato in un regolamento della Commissione. L’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008 non consentirebbe all’ECHA di stabilire l’importo dell’onere amministrativo. Inoltre, la Commissione sarebbe venuta meno all’obbligo di controllo ad essa incombente, tollerando che, di fatto, l’ECHA si attribuisca poteri in mancanza di una delega espressa in tal senso.

71      L’ECHA contesta gli argomenti esposti dalla ricorrente.

72      Si deve rilevare che il primo motivo si basa, in sostanza, su tre parti. La prima parte riguarda la competenza dell’ECHA consistente nel valutare le dimensioni delle imprese dichiaranti. La seconda parte sottolinea un eccesso di delega, se non uno sviamento di potere, da parte dell’ECHA nell’applicazione della raccomandazione 2003/361. La terza parte si basa su un eccesso di delega, se non uno sviamento di potere, da parte dell’ECHA per quanto riguarda le informazioni richieste alla ricorrente.

–       Sulla prima parte del primo motivo, vertente in sostanza sul difetto di competenza dell’ECHA ai fini della valutazione delle dimensioni delle imprese dichiaranti

73      Con la prima parte del primo motivo, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’ECHA non dispone della competenza necessaria per valutare le dimensioni delle imprese dichiaranti nell’ambito della determinazione della tariffa applicabile alla registrazione di cui trattasi. Tale competenza sarebbe attribuita alla Commissione alla stregua di quanto previsto per la fissazione delle tariffe.

74      Ebbene, la premessa della ricorrente si fonda su una lettura erronea dei testi pertinenti. Occorre sottolineare che uno degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1907/2006 è di far sì che l’ECHA assicuri una gestione efficace degli aspetti tecnici, scientifici e amministrativi di detto regolamento e che svolga un ruolo centrale nella sua attuazione, in particolare concedendole un elevato livello di competenza normativa (considerando 15 e 95 del regolamento n. 1907/2006). Spetta in particolare all’ECHA, nell’ambito delle funzioni di esecuzione di bilancio che le sono assegnate, di assicurare la riscossione di tutte le entrate che le spettano, tra le quali figurano le tariffe versate dalle imprese (articoli 96 e 97 del regolamento n. 1907/2006). Inoltre, risulta espressamente dall’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 340/2008 che l’ECHA «può richiedere in qualunque momento le prove dell’applicabilità delle condizioni di riduzione delle tariffe e degli oneri o di esenzione». Peraltro, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, è l’ECHA a riscuotere per intero le tariffe o gli oneri, nonché un onere amministrativo, «[q]ualora una persona fisica e giuridica dichiari di avere diritto a una riduzione o esenzione ma non possa dimostrarlo». Ne consegue che l’ECHA dispone della competenza necessaria per verificare che siano soddisfatte le condizioni richieste affinché un’impresa dichiarante possa beneficiare di una riduzione delle tariffe o degli oneri oppure di un’esenzione dal pagamento delle tariffe.

75      L’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1907/2006, invocato dalla ricorrente, non può modificare tale conclusione in quanto detto articolo risponde ad una finalità diversa, ossia quella di assicurarsi che i fascicoli di registrazione depositati dalle imprese dichiaranti siano completi. Tale disposizione non può quindi rimettere in discussione la competenza di cui dispone l’ECHA per verificare che siano soddisfatte le condizioni richieste affinché un’impresa dichiarante possa beneficiare di una riduzione delle tariffe o degli oneri oppure di un’esenzione dal pagamento delle tariffe.

76      Alla luce di tali elementi, la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sulla seconda parte del primo motivo, vertente in sostanza su un eccesso di delega o su uno sviamento di potere nell’applicazione della raccomandazione 2003/361

77      Con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente afferma in sostanza che l’ECHA avrebbe dovuto limitarsi ad applicare la definizione delle categorie di imprese contenuta all’articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione 2003/361, senza applicare gli altri criteri menzionati in detto allegato e, in particolare, quelli contenuti al suo articolo 3, relativo ai «[t]ipi di imprese considerati ai fini del calcolo degli effettivi e degli importi finanziari». Di conseguenza, l’ECHA non avrebbe potuto chiedere alla ricorrente elementi di informazione relativi a talune società partner o collegate.

78      In via preliminare, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, rilevanti e concordanti, risulti essere stato adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenza del 10 marzo 2005, Spagna/Consiglio, C‑342/03, EU:C:2005:151, punto 64).

79      Nel caso di specie, occorre rilevare che sia il regolamento n. 1907/2006, al suo articolo 3, sia il regolamento n. 340/2008, al suo considerando 9 ed all’articolo 2, rinviano alla raccomandazione 2003/361 ai fini della definizione delle PMI. Secondo il considerando 1 della raccomandazione 2003/361, quest’ultima mira ad assicurare il rispetto della stessa definizione di PMI a livello dell’Unione. Tale definizione è utilizzata, ai sensi dell’articolo 1 della raccomandazione 2003/361, nelle politiche dell’Unione.

80      In particolare, secondo l’articolo 3, punto 36, del regolamento n. 1907/2006, le PMI sono piccole e medie imprese «quali definite nella raccomandazione [2003/361]». Secondo l’articolo 2 del regolamento n. 340/2008, una piccola impresa è parimenti «un’impresa di piccole dimensioni ai sensi della raccomandazione [2003/361]». Un rinvio simile viene effettuato all’articolo 2 del regolamento n. 340/2008 per quanto riguarda la definizione delle microimprese e delle medie imprese. Pertanto, la normativa pertinente opera un rinvio espresso alla raccomandazione 2003/361 al fine di definire cosa debba intendersi, in particolare, per «piccola impresa». Contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, non può escludersi, in linea di principio, che le disposizioni di una raccomandazione possano trovare applicazione tramite un rinvio esplicito di un regolamento alle disposizioni di quest’ultima, fermo restando il rispetto dei principi generali del diritto e, in particolare, del principio della certezza del diritto (v., per analogia, sentenza del 17 gennaio 2008, Viamex Agrar Handel e ZVK, C‑37/06 e C‑58/06, EU:C:2008:18, punto 28). Ebbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha addotto alcun elemento tale da far ritenere che il rinvio effettuato dai regolamenti n. 1907/2006 e 340/2008 sia contrario ai principi generali del diritto. Inoltre, detto rinvio ha come obiettivo quello di garantire, mediante l’applicazione delle disposizioni pertinenti della raccomandazione 2003/361, l’applicazione della stessa definizione di PMI nell’ambito delle politiche dell’Unione, il che corrisponde all’obiettivo di detta raccomandazione.

81      Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non vi sono elementi che consentano di ritenere, in mancanza di un’indicazione in tal senso, che il rinvio espresso effettuato dai regolamenti pertinenti riguardi solamente una parte della definizione di PMI contenuta nella raccomandazione 2003/361, escludendo alcuni dei criteri indicati nell’allegato a detta raccomandazione. Occorre rilevare, a tale riguardo, che il titolo I dell’allegato alla raccomandazione 2003/361 è intitolato «Definizione delle microimprese, piccole imprese e medie imprese adottata dalla Commissione» e che l’articolo 3, punto 36, del regolamento n. 1907/2006 rinvia precisamente alla definizione di PMI contenuta nella raccomandazione 2003/361. Tale definizione, quale prevista dal titolo I dell’allegato alla raccomandazione 2003/361, include non soltanto gli effettivi e le soglie finanziarie che consentono di definire le categorie di imprese (articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione 2003/361), ma anche, in particolare, i tipi di imprese considerati ai fini del calcolo degli effettivi e degli importi finanziari (articolo 3 dell’allegato alla raccommandazione 2003/361). Inoltre, l’esclusione suggerita dalla ricorrente avrebbe l’effetto di privare la raccomandazione 2003/361 della sua efficacia pratica, ossia il rispetto della stessa definizione di PMI nell’ambito dell’attuazione delle politiche dell’Unione. Inolte, occorre impedire che la definizione di PMI venga aggirata sulla base di ragioni puramente formali (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Infine, l’invocazione da parte del ricorrente dell’articolo 12 del regolamento n. 340/2008 non può modificare tale conclusione, in quanto detto articolo intende trattare la situazione specifica, che non è quella di cui al caso di specie, della rappresentazione esclusiva del fabbricante, del fabbricante di un preparato o del produttore di un articolo non stabiliti nell’Unione.

82      Tenuto conto di quanto precede, non vi è alcun elemento che faccia ritenere che l’ECHA, decidendo di applicare tutti i criteri contenuti nell’allegato alla raccomandazione 2003/361, sia incorsa in un eccesso di delega, o addirittura in uno sviamento di potere.

83      Pertanto, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sulla terza parte del primo motivo, vertente in sostanza su un eccesso di delega o su uno sviamento di potere per quanto riguarda le informazioni richieste alla ricorrente

84      Con la terza parte del primo motivo, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’ECHA sia incorsa in un eccesso di delega, se non in uno sviamento di potere, quando le ha domandato un numero elevato di informazioni relative alle sue attività, e ciò su un lungo periodo, o a quelle di società terze.

85      In via preliminare, occorre sottolineare che spetta all’impresa dichiarante, su richiesta dell’ECHA, dimostrare di avere diritto ad una riduzione o ad un’esenzione dal pagamento delle tariffe (articolo 13, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 340/2008). Peraltro, come risulta dall’analisi della seconda parte del primo motivo, l’ECHA poteva chiedere alla ricorrente di fornire elementi di prova secondo i quali essa era effettivamente una «piccola impresa» ai sensi della raccomandazione 2003/361, comprese informazioni relative ad eventuali imprese partner o collegate.

86      Nel caso di specie, occorre constatare, come rileva l’ECHA nelle proprie memorie, che, con lettere del 20 febbraio e del 20 marzo 2012, la ricorrente è stata invitata a fornire informazioni concernenti il numero di dipendenti ed i bilanci dei due ultimi esercizi contabili precedenti le registrazioni, nonché informazioni sulla sua struttura proprietaria al momento della presentazione dei fascicoli di registrazione, comprese informazioni sulle imprese collegate alla ricorrente o partner della medesima. Per quanto riguarda la richiesta relativa al numero di dipendenti ed ai bilanci dei due ultimi esercizi contabili, essa trovava giustificazione alla luce, in particolare, dell’articolo 4, paragrafo 2, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361. Secondo tale disposizione, «[s]e un’impresa, alla data di chiusura dei conti, constata di aver superato, nell’uno o nell’altro senso e su base annua, le soglie degli effettivi o le soglie finanziarie di cui all’articolo 2 essa perde o acquisisce la qualifica di media, piccola o microimpresa solo se questo superamento avviene per due esercizi consecutivi». Peraltro, come indicato dai diversi scambi di messaggi e di messaggi di posta elettronica tra l’ECHA e la ricorrente, le richieste dell’ECHA riguardanti la struttura proprietaria della ricorrente e le informazioni relative a società considerate partner o collegate si basavano anche su informazioni trasmesse dalla ricorrente e, in particolare, gli stati finanziari verificati da quest’ultima. L’ECHA ha in particolare potuto constatare, in un messaggio di posta elettronica inviato alla ricorrente il 4 marzo 2013, che la ricorrente doveva essere considerata collegata a due imprese, nella fattispecie la Saced e la Cogefin, e partner di due altre imprese, nella fattispecie la Premix e la Sicical. Peraltro, l’ECHA ha ritenuto che un’altra impresa, la Calme Lux, dovesse essere considerata collegata alla Sicical. È su tale base, ed in considerazione dell’articolo 6, paragrafo 3, primo comma, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361, che l’ECHA ha in particolare chiesto alla ricorrente informazioni relative alla Calme Lux. Tale articolo prevede infatti che «i dati delle imprese associate dell’impresa in questione risultano dai conti e da altri dati, consolidati se disponibili in tale forma, ai quali si aggiunge il 100% dei dati relativi alle imprese collegate a tali imprese associate, a meno che i loro dati non siano già stati ripresi tramite il consolidamento». La ricorrente ha confermato, in udienza, che la Calme Lux poteva essere considerata un’impresa collegata a una delle sue imprese partner, nella fattispecie la Sicical. Da tali elementi risulta che la richiesta dell’ECHA volta ad ottenere informazioni, in particolare nei confronti della Calme Lux, tenuto conto dei criteri stabiliti dalla raccomandazione 2003/361 e dei documenti forniti dalla ricorrente, non può essere considerata eccessiva. Inoltre, la ricorrente non ha addotto alcun elemento circostanziato che faccia ritenere che le informazioni richieste dall’ECHA non potessero esserle trasmesse. In particolare, la ricorrente si è limitata ad indicare, in sostanza, che non poteva trasmettere all’ECHA informazioni relative ad una società terza. Ebbene, detta circostanza, in quanto tale, non può dimostrare che la ricorrente si trovasse di fronte ad un’impossibilità reale di fornire all’ECHA le informazioni richieste. Peraltro, l’ECHA ha più volte indicato alla ricorrente che la Calme Lux poteva fornirle direttamente le informazioni in questione, come risulta in particolare dai messaggi di posta elettronica, inviati alla ricorrente, del 19 giugno, 4 luglio e 8 agosto 2012 e del 4 marzo 2013. La ricorrente ha mancato di dimostrare che tale possibilità non avrebbe potuto essere attuata nel caso di specie.

87      Per quanto riguarda il fatto che l’ECHA avrebbe agito in malafede nel corso del procedimento amministrativo, e supponendo che tale argomento della ricorrente, dedotto in fase di replica, sia ricevibile e che debba essere inteso come avente ad oggetto una violazione dell’obbligo di diligenza o di buon andamento dell’amministrazione che è a carico dell’ECHA, esso appare in ogni caso manifestamente infondato. Infatti, alla luce degli elementi presentati al dibattimento e, in particolare, delle lettere e dei messaggi di posta elettronica inviati dall’ECHA, risulta che la ricorrente è stata tenuta informata, nel corso del procedimento amministrativo, delle informazioni che essa doveva fornire e delle motivazioni alla base delle richieste dell’ECHA.

88      Tenuto conto di quanto precede, non vi è alcun elemento che faccia ritenere che l’ECHA, in particolare richiedendo informazioni riguardanti la Calme Lux, sia incorsa in un eccesso di delega, o addirittura in uno sviamento di potere.

89      Pertanto, la terza parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sugli argomenti complementari sviluppati in fase di replica

90      La ricorrente sviluppa, in fase di replica, argomenti che integrano quelli già precedentemente esaminati, volti a sostenere che la competenza dell’ECHA non comprenderebbe l’onere amministrativo di cui all’articolo 13 del regolamento n. 340/2008, il quale rientrerebbe nella competenza della Commissione. La ricorrente contesta inoltre alla Commissione di essere venuta meno all’obbligo di controllo ad essa incombente, tollerando che l’ECHA si attribuisca, di fatto, poteri in mancanza di una delega espressa in tal senso.

91      A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi non si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Un motivo che costituisca un ampliamento di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, e che sia strettamente connesso con questo, va considerato ricevibile (v. sentenza del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, EU:T:2011:560, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

92      Ebbene, nel caso di specie, il primo motivo vertente su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega da parte dell’ECHA nell’ambito dell’adozione della decisione SME(2013) 1328 mirava a mettere in discussione la competenza dell’ECHA a procedere alla verifica delle dimensioni delle imprese dichiaranti. Tale motivo, diretto nei confronti della decisione SME(2013) 1328, come espresso nell’atto introduttivo del ricorso, non mirava a mettere in discussione la competenza dell’ECHA ad adottare un onere amministrativo. Pertanto, gli argomenti sviluppati dalla ricorrente in fase di replica devono essere interpretati come un motivo nuovo. Peraltro, tale motivo nuovo non si basa su elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento. In particolare, l’interpretazione effettuata dalla ricorrente dell’argomentazione in difesa dell’ECHA, secondo la quale quest’ultima avrebbe affermato di essere in possesso di una competenza «implicita» ai fini di verificare le dimensioni delle imprese dichiaranti, è manifestamente infondata in quanto l’ECHA ha ripetutamente rilevato nelle sue memorie che tale competenza le derivava dai testi pertinenti. Inoltre, la parte dell’argomento di difesa dell’ECHA, avanzato dalla ricorrente, riguardava la competenza che consente di verificare le dimensioni delle imprese dichiaranti e non quella che consente di adottare un onere amministrativo. Pertanto, si devono respingere in quanto irricevibili gli argomenti dedotti dalla ricorrente in fase di replica.

93      In ogni caso, gli argomenti dedotti dalla ricorrente sono infondati. Infatti, come risulta dall’articolo 11, paragrafo 5, del regolamento n. 340/2008, al quale rinvia l’articolo 13, paragrafo 4, del medesimo regolamento, «[u]na classificazione dei servizi e degli oneri deve essere redatta dal consiglio di amministrazione dell’[ECHA] e adottata, previo parere favorevole della Commissione». Occorre rilevare, a tale riguardo, che l’obiettivo dell’articolo 11 del regolamento n. 340/2008 è quello di consentire all’ECHA, a determinate condizioni, di riscuotere un onere per servizi non coperti da un’altra tariffa o da un altro onere previsti da detto regolamento. Pertanto, la classificazione effettuata dal consiglio di amministrazione dell’ECHA comprende necessariamente la fissazione dell’importo degli oneri in questione, con riserva del parere favorevole della Commissione, pena la privazione di detto articolo 11 della sua efficacia pratica. Poiché l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, che riguarda specificamente l’onere amministrativo, rinvia al procedimento di cui all’articolo 11, paragrafo 5, del medesimo regolamento, nessuno degli elementi fatti valere dalla ricorrente consente di ritenere che l’ECHA non disponesse della competenza necessaria ai fini della determinazione dell’importo di detto onere.

94      Per quanto riguarda l’articolo 59 del regolamento n. 2343/2002, invocato dalla ricorrente, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 99 del regolamento n. 1907/2006, il regolamento finanziario applicabile all’ECHA non può discostarsi dal regolamento n. 2343/2002. A tale riguardo, l’articolo 5, lettera a), del regolamento n. 2343/2002 prevede che il bilancio di un organismo dell’Unione, quale l’ECHA, comprende in particolare «entrate proprie in cui rientrano tutti i canoni e le tasse che l’organismo comunitario è autorizzato a percepire in virtù dei compiti ad esso affidati, nonché altre eventuali entrate». L’articolo 59 del regolamento n. 2343/2002 evoca, dal canto suo, la situazione in cui «le tasse e i canoni sono determinate interamente dalla legislazione o dalle decisioni del consiglio di amministrazione». Contrariamente a quanto suggerisce la ricorrente, da tale ultima disposizione non può dedursi che i consigli di amministrazione degli organismi dell’Unione non possano disporre, se del caso, della competenza necessaria per determinare tasse o canoni. Ebbene, nel caso di specie, una competenza di tal genere, per quanto riguarda l’onere amministrativo, è stata conferita al consiglio di amministrazione dell’ECHA dall’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, previo parere favorevole della Commissione.

95      Alla luce di tutti questi elementi, si deve respingere il primo motivo dedotto dalla ricorrente in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, vertente su un errore nell’applicazione della raccomandazione 2003/361 e su una violazione del principio di proporzionalità

96      La ricorrente sostiene che, anche qualora i sottocriteri della raccomandazione 2003/361 dovessero essere ritenuti applicabili al caso di specie, l’ECHA li avrebbe applicati in modo errato. Infatti, nel caso di specie si sarebbe tenuto conto dei rapporti che la ricorrente intrattiene con imprese operanti su mercati differenti, ossia in settori esclusi dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1907/2006. Pertanto, non ci sarebbe nessuna ragione legittima e ragionevole per chiedere alla ricorrente di dar conto dei suoi rapporti con queste imprese. Ciò sarebbe particolarmente vero per la ricorrente, la quale sarebbe un’impresa produttrice e non importatrice. Queste due attività sarebbero molto diverse e occorrerebbe non assoggettarle alla medesima disciplina. La linea di condotta adottata dall’ECHA porterebbe a far versare uno stesso importo di oneri ad imprese aventi livelli di produzione e fatturati assai diversi. Ciò condurrebbe a trattare in modo uguale situazioni economiche diverse. La raccomandazione 2003/361 prevederebbe tre criteri principali al fine di definire la nozione di PMI. I sottocriteri di cui a detta raccomandazione, che obbediscono a finalità diverse, prevederebbero tuttavia che le imprese per le quali esiste una relazione tramite una persona fisica o un gruppo di persone fisiche possano essere considerate collegate solo qualora operino sul medesimo mercato o su mercati contigui. Ebbene, nel caso di specie, la ricorrente rientrerebbe in un «gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto». L’ECHA avrebbe pertanto dovuto escludere dal suo esame i rapporti che la ricorrente potrebbe avere con le società terze in questione che non operano sullo stesso mercato o su un mercato contiguo. La decisione dell’ECHA di applicare restrittivamente le regole previste dalla raccomandazione 2003/361 violerebbe parimenti il principio di proporzionalità. La ricorrente sottolinea infine che l’ECHA non avrebbe verificato l’esistenza o la mancanza di un controllo effettivo dei diritti di voto.

97      L’ECHA contesta gli argomenti esposti dalla ricorrente.

98      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente volto ad escludere dalla definizione di PMI, nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 340/2008, le relazioni che possono esistere tra imprese operanti su mercati differenti, ossia in settori esclusi dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1907/2006, esso non si basa su alcun fondamento giuridico. Peraltro, come risulta dal considerando 9 della raccomandazione n. 2003/361, alla quale rinvia il regolamento n. 340/2008, l’analisi delle relazioni che possono esistere tra imprese diverse è volta ad escludere dalla definizione di PMI i gruppi di imprese il cui potere economico supererebbe quello di una PMI. Tale potere economico, salvo indicazione contraria, non può essere limitato a gruppi di imprese che opererebbero nei medesimi mercati, ossia in settori che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1907/2006. Qualsiasi altra interpretazione equivarrebbe a svuotare di significato la definizione di PMI contenuta nella raccomandazione 2003/361 ed applicabile, per rinvio esplicito, nell’ambito del regolamento n. 1907/2006. Lo stesso vale per la distinzione operata dalla ricorrente tra le imprese «produttrici» e le imprese «importatrici».

99      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale essa rientrerebbe in un «gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto», ai sensi della raccomandazione 2003/361, esso è manifestamente infondato. Occorre rilevare, a tale riguardo, che l’articolo 3, paragrafo 3, quarto comma, dell’allegato alla raccomandazione 2003/361 prevede che «le imprese fra le quali sussiste una [delle relazioni enumerate all’articolo 3, paragrafo 3, primo comma, lettere da a) a d), del medesimo allegato] attraverso una persona fisica o un gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto sono anch’esse considerate imprese collegate, a patto che esercitino le loro attività o una parte delle loro attività sullo stesso mercato in questione o su mercati contigui». Ebbene, la ricorrente intrattiene direttamente con le imprese Saced e Cogefin, e non attraverso una persona fisica o un gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto, relazioni come quelle enumerate all’articolo 3, paragrafo 3, primo comma, lettera a), dell’allegato alla raccomandazione 2003/361, in quanto essa detiene più del 50% del capitale di queste ultime e poiché pertanto esiste, come correttamente sostiene l’ECHA nelle sue memorie, una presunzione che essa disponga della maggioranza dei diritti di voto all’interno di tali imprese. La ricorrente ha omesso di dimostrare che non era questo il caso, mentre è tenuta a dimostrare, su richiesta dell’ECHA, che essa ha diritto ad una riduzione o ad un’esenzione (articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008). Il fatto che le quote di capitale della ricorrente siano detenute da persone fisiche non può modificare tale conclusione.

100    In terzo luogo, per quanto riguarda l’invocazione da parte della ricorrente della violazione del principio di proporzionalità, essa si basa su un’applicazione erronea, da parte dell’ECHA, della raccomandazione 2003/361. Dal momento che, per le ragioni appena esposte, l’ECHA non ha commesso errori nell’applicazione della raccomandazione 2003/361, anche l’argomento della ricorrente, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, deve essere respinto.

101    Alla luce di quanto precede, si deve respingere il secondo motivo dedotto dalla ricorrente in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente su un vizio ed un abuso di potere del direttore esecutivo dell’ECHA.

102    La ricorrente sostiene, sulla scia del primo motivo, che il direttore esecutivo dell’ECHA non è competente ad adottare o firmare una decisione concernente le dimensioni delle imprese registrate, né a decidere se occorra applicare la tariffa integrale al posto della tariffa ridotta ed imporre un onere amministrativo. La sola funzione del direttore esecutivo sarebbe la correzione di una decisione dell’ECHA a seguito di un ricorso. La decisione SME(2013) 1328 sarebbe pertanto affetta da un vizio di nullità.

103    L’ECHA contesta gli argomenti esposti dalla ricorrente.

104    A tale riguardo, è sufficiente constatare, come ha correttamente rilevato l’ECHA nelle proprie memorie, che l’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento n. 1907/2006 prevede che il direttore esecutivo è il «rappresentante legale» dell’ECHA. In tale contesto, il direttore esecutivo provvede in particolare all’«amministrazione corrente» dell’ECHA [articolo 83, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1907/2006]. Peraltro, a norma dell’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento n. 1907/2006, l’ECHA «è rappresentata dal suo direttore esecutivo». Inoltre, nell’ambito dell’esecuzione del bilancio dell’ECHA, del quale è incaricato, il direttore esecutivo esercita le funzioni di ordinatore (articolo 97 del regolamento n. 1907/2006). Poiché l’ECHA disponeva della competenza necessaria per procedere alla verifica delle dimensioni delle imprese dichiaranti, come è stato menzionato in sede di esame del primo motivo della ricorrente, e, di conseguenza, per chiedere il pagamento delle tariffe e degli oneri amministrativi che erano dovuti, la firma della decisione SME(2013) 1328 da parte del direttore esecutivo dell’ECHA non è viziata da alcuna illegittimità.

105    Pertanto, si deve respingere il terzo motivo dedotto dalla ricorrente in quanto infondato.

 Sul quarto motivo, vertente su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega dell’ECHA, nonché su una violazione dell’articolo 5 TUE, nell’ambito dell’adozione delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D.

106    La ricorrente ricorda che, nel quadro della riscossione delle tariffe, la competenza dell’ECHA si limita ad un ruolo esecutivo. L’unica funzione attribuita al consiglio di amministrazione dell’ECHA consisterebbe nella classificazione degli oneri. Spetterebbe alla Commissione stabilirne gli importi, conformemente alla norma prevista dall’articolo 74, paragrafo 1, del regolamento n. 1907/2006. Inoltre, l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008 parlerebbe di un «onere amministrativo», al singolare, circostanza che escluderebbe la fissazione di oneri differenti in funzione delle dimensioni delle imprese, contrariamente a quanto fatto nel caso di specie. Peraltro, l’ECHA non avrebbe potuto determinare l’importo dell’onere amministrativo che è destinato a confluire nel suo bilancio. Infine, il regolamento n. 340/2008 ed il regolamento di esecuzione n. 254/2013 non conterrebbero nessuna disposizione specifica relativa all’onere amministrativo o, quanto meno, alla sua applicazione. Pertanto, la Commissione avrebbe preferito rinunciarvi per il momento. L’ECHA non avrebbe potuto quindi stabilire, mediante le decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D, l’importo dell’onere amministrativo. L’ECHA si sarebbe sostituita alle autorità nazionali, in violazione dell’articolo 5 TUE, introducendo una sanzione economica mascherata sotto forma di onere amministrativo. La ricorrente aggiunge che la tesi dell’ECHA, secondo la quale l’onere amministrativo avrebbe lo scopo di far fronte ai costi sostenuti, è in contraddizione con il fatto che talune imprese controllate non dovrebbero sostenere detto onere qualora la loro dichiarazione sia considerata corretta, in esito a un esame. Se la finalità degli oneri amministrativi fosse quella di far fronte ai costi sostenuti dall’ECHA, questi costi avrebbero dovuto essere equamente ripartiti tra tutte le imprese richiedenti una registrazione.

107    L’ECHA contesta gli argomenti esposti dalla ricorrente.

108    In via preliminare, si deve rilevare che il quarto motivo di ricorso riguarda proprio le decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D.

109    Ebbene, occorre ricordare che il ricorso di annullamento, nella parte in cui è diretto contro le decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D, è irricevibile (v. punti 44 e 60 supra).

110    Volendo supporre che il quarto motivo possa essere interpretato nel senso che solleva, in realtà, un’eccezione di illegittimità nei confronti delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D, esso sarebbe in ogni caso infondato.

111    In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente volti a rimettere in discussione la competenza dell’ECHA a stabilire l’importo dell’onere amministrativo ed a determinare l’importo dell’onere amministrativo destinato a confluire nel suo bilancio, essi si ricongiungono, in sostanza, a quelli sviluppati a titolo complementare nell’ambito del primo motivo e diretti nei confronti della decisione SME(2013) 1328. Per motivi identici a quelli menzionati ai precedenti punti 93 e 94, si devono respingere gli argomenti dedotti dalla ricorrente a tale riguardo.

112    In secondo luogo, per quanto riguarda il fatto che, in violazione dell’articolo 5 TUE, l’ECHA si sarebbe sostituita alle autorità nazionali introducendo una sanzione economica mascherata sotto forma di onere amministrativo, esso è infondato. Occorre ricordare, a tale riguardo, che il considerando 11 del regolamento n. 340/2008 precisa che «[l]a presentazione di informazioni false va contrastata mediante l’imposizione di un onere amministrativo da parte dell’[ECHA] e, se del caso, di una pena pecuniaria dissuasiva da parte degli Stati membri». Da tale considerando risulta che l’imposizione di un onere amministrativo rientra nell’obiettivo di disincentivare la presentazione di informazioni false da parte delle imprese. Da tale considerando risulta anche che l’onere amministrativo non può assomigliare a una pena pecuniaria (sentenza del 2 ottobre 2014, Spraylat/ECHA, T‑177/12, EU:T:2014:849, punto 34). Tuttavia, la ricorrente ha omesso di fornire elementi che consentano di ritenere che l’onere amministrativo impostole nel caso di specie assomigli ad un’ammenda. In particolare, l’argomento della ricorrente si basa essenzialmente sul fatto che l’importo dell’onere amministrativo sarebbe stato calcolato sulla base dei costi di verifica sostenuti dall’ECHA, compresi i costi che, in definitiva, non saranno sostenuti dalle imprese che hanno correttamente fornito informazioni in merito alle loro dimensioni. Ebbene, detta circostanza, in quanto tale, non può portare alla conclusione che l’importo dell’onere amministrativo, quale imposto alla ricorrente nel caso di specie, assomigli ad un’ammenda, in quanto l’onere amministrativo partecipa anche all’obiettivo volto a scoraggiare la presentazione di informazioni false da parte delle imprese. Inoltre, a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, qualora una persona fisica o giuridica dichiari di avere diritto a una riduzione o esenzione ma non possa dimostrarlo, l’ECHA riscuote per intero le tariffe o gli oneri, nonché un onere amministrativo. Ne consegue che soltanto le persone fisiche o giuridiche che non possono dimostrare di avere diritto ad una riduzione o ad un’esenzione sono tenute al pagamento di un onere amministrativo presso l’ECHA.

113    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento avanzato dalla ricorrente secondo il quale l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008 escluderebbe la fissazione di oneri differenti in funzione delle dimensioni delle imprese, esso si basa su un’interpretazione erronea dell’utilizzo al singolare dell’espressione «onere amministrativo» da parte della normativa pertinente. Infatti, l’uso al singolare di tale espressione, nell’ambito dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, significa che, qualora una persona fisica o giuridica non possa dimostrare di avere diritto alla riduzione richiesta, l’ECHA le impone un onere amministrativo. Ciò non può tuttavia significare che l’importo di tale onere amministrativo debba essere identico per tutte le imprese dichiaranti, indipendentemente dalle loro dimensioni. In particolare, occorre rilevare che uno degli obiettivi del regolamento n. 1907/2006 è di tenere conto della situazione particolare delle PMI, come risulta in particolare dal considerando 8 e dall’articolo 74, paragrafo 3, di detto regolamento. Peraltro, e più specificamente, il considerando 9 del regolamento n. 340/2008 afferma che «[t]ariffe e oneri ridotti vanno applicati (...) alle [PMI]». Inoltre, si deve ricordare che l’imposizione di un onere amministrativo partecipa all’obiettivo volto a scoraggiare la presentazione di informazioni false da parte delle imprese, come risulta dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 112. Il perseguimento di tale obiettivo può comportare, se del caso, la presa in considerazione delle dimensioni reali delle imprese dichiaranti.

114    Alla luce di tutti questi elementi, si deve respingere il quarto motivo dedotto dalla ricorrente e, pertanto, il ricorso nella parte in cui è diretto all’annullamento della decisione SME(2013) 1328.

 Sui capi delle conclusioni volti all’ottenimento di una restituzione o di un rimborso da parte dell’ECHA

115    Con i suoi ultimi due capi delle conclusioni, la ricorrente chiede, da un lato, il rimborso delle somme asseritamente percepite in maniera indebita dall’ECHA oppure, dall’altro, la condanna dell’ECHA a risarcirla del danno subìto.

116    A tale riguardo, e senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità di tali due capi delle conclusioni, è sufficiente constatare che essi sono strettamente connessi alla domanda in via principale, volta all’annullamento degli atti oggetto del ricorso, e non si basano su motivi differenti da quelli esaminati nell’ambito del ricorso di annullamento. Poiché detti motivi sono stati respinti in quanto infondati, si devono parimenti respingere i capi delle conclusioni volti all’ottenimento di una restituzione o di un rimborso da parte dell’ECHA.

 Sulle spese

117    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della Commissione e dell’ECHA.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso, nella parte in cui è proposto contro la Commissione europea, è respinto in quanto irricevibile.

2)      Il ricorso, nella parte in cui è proposto contro l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), è respinto in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondato.

3)      La Leone La Ferla SpA è condannata alle spese.

Frimodt Nielsen

Dehousse

Collins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulla ricevibilità del ricorso, nella parte in cui è proposto contro la Commissione

2.  Sulla ricevibilità di taluni capi delle conclusioni del ricorso di annullamento proposto contro l’ECHA

3.  Nel merito

Sui capi della domanda di annullamento

Osservazioni preliminari sulla motivazione della decisione SME(2013) 1328

Sul primo motivo, vertente su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega dell’ECHA nell’ambito dell’adozione della decisione SME(2013) 1328.

–  Sulla prima parte del primo motivo, vertente in sostanza sul difetto di competenza dell’ECHA ai fini della valutazione delle dimensioni delle imprese dichiaranti

–  Sulla seconda parte del primo motivo, vertente in sostanza su un eccesso di delega o su uno sviamento di potere nell’applicazione della raccomandazione 2003/361

–  Sulla terza parte del primo motivo, vertente in sostanza su un eccesso di delega o su uno sviamento di potere per quanto riguarda le informazioni richieste alla ricorrente

–  Sugli argomenti complementari sviluppati in fase di replica

Sul secondo motivo, vertente su un errore nell’applicazione della raccomandazione 2003/361 e su una violazione del principio di proporzionalità

Sul terzo motivo, vertente su un vizio ed un abuso di potere del direttore esecutivo dell’ECHA.

Sul quarto motivo, vertente su una carenza di potere, uno sviamento di potere ed un eccesso di delega dell’ECHA, nonché su una violazione dell’articolo 5 TUE, nell’ambito dell’adozione delle decisioni MB/D/29/2010 e MB/21/2012/D.

Sui capi delle conclusioni volti all’ottenimento di una restituzione o di un rimborso da parte dell’ECHA

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.