Language of document : ECLI:EU:T:2012:422

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

13 settembre 2012 (*)

«Aiuti di Stato – Esenzione dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre – Decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune e ordina il recupero degli aiuti erogati – Obbligo di motivazione – Carattere selettivo – Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri – Lesione della concorrenza – Direttiva 92/81/CEE – Direttiva 2003/96/CE – Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente»

Nella causa T‑379/09,

Repubblica italiana, rappresentata da F. Arena, G. Palmieri e F. Varrone, avvocati dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Stromsky e D. Grespan, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione 2009/944/CE della Commissione, del 13 luglio 2009, relativa ai regimi di aiuti di Stato C 6/2004 (ex NN 70/01) e C 5/2005 (ex NN 71/04) a cui l’Italia ha dato esecuzione a favore dei serricoltori (esenzione dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre) (GU L 327, pag. 6),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto dal sig. A. Dittrich, presidente, dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka (relatore) e dal sig. M. Prek, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 marzo 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Disposizioni contestate

1        L’articolo 5, comma 5, del decreto legge n. 268, recante misure urgenti in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di accise, del 30 settembre 2000 (GURI n. 230, del 2 ottobre 2000, pag. 4; in prosieguo il «decreto legge n. 268/2000») prevede che, per il periodo 3 ottobre‑31 dicembre 2000, le accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre rappresentino il 5% di quelli applicabili al gasolio utilizzato come carburante.

2        L’articolo 24, comma 3, della legge n. 388, sulle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), del 23 dicembre 2000 (supplemento ordinario n. 219/L alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2000; in prosieguo: la «legge n. 388/2000»), l’articolo 13, comma 3, della legge n. 448, sulle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002), del 21 dicembre 2001 (supplemento ordinario n. 285/L alla GURI n. 301, del 29 dicembre 2001; in prosieguo: la «legge n. 448/2001»), l’articolo 19, comma 4, della legge n. 289, sulle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), del 27 dicembre 2002 (supplemento ordinario n. 240/L alla GURI n. 305, del 31 dicembre 2002; in prosieguo: la «legge n. 289/2002») e l’articolo 2, comma 4, della legge n. 350, sulle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004), del 24 dicembre 2003 (supplemento ordinario n. 196/L alla GURI n. 299, del 27 dicembre 2003; in prosieguo: la «legge n. 350/2003»), stabiliscono tutti un’esenzione totale dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre riguardo, rispettivamente, al periodo 1° gennaio‑30 giugno 2001 e agli anni 2002, 2003 e 2004.

 Procedimento amministrativo e decisione impugnata

3        Con lettere del 28 settembre e del 17 ottobre 2000 la Commissione delle Comunità europee, in considerazione di determinate informazioni di cui disponeva, ha chiesto alla Repubblica italiana precisazioni sull’esenzione parziale dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre, prevista dall’articolo 5, comma 5, del decreto legge n. 268/2000.

4        Con lettera del 2 agosto 2001, in base alle informazioni raccolte, la Commissione ha comunicato l’apertura di un fascicolo di aiuto di Stato non notificato, con protocollo NN 70/01, e ha chiesto alla Repubblica italiana nuove informazioni.

5        Con lettera del 18 febbraio 2004, dopo aver effettuato un esame dell’articolo 5, comma 5, del decreto legge n. 268/2000, la Commissione, reputando che detta disposizione sembrasse implicare un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, ha comunicato alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, decisione pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nella lingua facente fede, ossia l’italiano, e preceduta da una sintesi nelle altre lingue ufficiali (GU 2004, C 69, pag. 8).

6        In seguito all’avvio di tale procedimento la Repubblica italiana e taluni interessati hanno presentato le proprie osservazioni.

7        Con telefax del 10 giugno 2004, in seguito alle nuove informazioni trasmesse alla Commissione secondo cui i serricoltori, di fatto, beneficerebbero di un’esenzione totale dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle loro serre, la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana di fornirle informazioni su detta esenzione totale.

8        Con lettera del 28 luglio 2004 la Repubblica italiana ha risposto alla Commissione che tale esenzione totale era stata prevista da svariate leggi italiane: dall’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000; dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001; dall’articolo 19, comma 4, della legge n. 289/2002 e dall’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003.

9        Sulla base di queste informazioni la Commissione ha deciso di aprire un nuovo fascicolo per l’aiuto di Stato non notificato, con protocollo NN 71/04, al fine di esaminare la compatibilità di tale esenzione totale con il mercato comune.

10      Con lettera del 19 gennaio 2005, dopo aver effettuato un esame dell’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000, dell’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001, dell’articolo 19, comma 4, della legge n. 289/2002 e dell’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003, la Commissione, reputando che tali disposizioni sembrassero implicare un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, ha comunicato alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento di indagine formale, di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale nella lingua facente fede, l’italiano, e preceduta da una sintesi nelle altre lingue ufficiali (GU 2005, C 101, pag. 17).

11      In seguito alla decisione della Commissione di avviare il procedimento di indagine formale ex articolo 88, paragrafo 2, CE la Repubblica italiana ha presentato alcune osservazioni.

12      In data 13 luglio 2009 la Commissione ha adottato la decisione 2009/944/CE, relativa ai regimi di aiuti di Stato C 6/2004 (ex NN 70/01) e C 5/2005 (ex NN 71/04) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore dei serricoltori (esenzione dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre) (GU L 327, pag. 6; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

13      Ai punti 57‑69 della decisione impugnata la Commissione ha valutato se le esenzioni dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre, previste dalla normativa italiana (in prosieguo: le «esenzioni dalle accise di cui trattasi»), contenessero caratteristiche di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE. Al riguardo essa ha rilevato, in particolare, che tali esenzioni erano «finanziat[e] con risorse statali (concedendo esenzioni da accise lo Stato rinuncia a determinate entrate che potrebbe altrimenti riscuotere)», che le stesse «favori[vano] talune imprese (le aziende del settore dell’agricoltura e, al suo interno, quelle che coltivano sotto serra)» e che esse potevano «incidere sugli scambi e falsare la concorrenza vista la posizione occupata dall’Italia nella produzione agricola sotto serra» (v. punto 59 della decisione impugnata). La Commissione ne ha concluso che le esenzioni dalle accise di cui trattasi rispondevano alla definizione di aiuto di Stato.

14      Ai punti 70‑114 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non potessero essere dichiarate compatibili con il mercato comune in base alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafi 2 e 3, CE.

15      A tal riguardo la Commissione ha considerato in particolare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non soddisfacessero né i requisiti pertinenti degli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale 2007‑2013 (GU 2006, C 319, pag. 1; in prosieguo: gli «orientamenti agricoli del 2007») (v. punti 76‑82 della decisione impugnata), né quelli degli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo (GU 2000, C 28, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti agricoli del 2000») (v. punti 83‑89 della decisione impugnata), né quelli della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente del 1994 (GU C 72, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 1994») (v. punti 90‑96 della decisione impugnata), né quelli della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente del 2001 (GU C 37, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 2001») (v. punti 90, 91 e 97‑114 della decisione impugnata).

16      Il dispositivo della decisione impugnata prevede quanto segue:

«Articolo 1

Il regime di aiuti sotto forma di esenzione dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre, applicato illegittimamente dalla [Repubblica italiana] nel periodo dal 3 ottobre 2000 al 30 giugno 2001, nonché negli anni 2002, 2003 e 2004, è incompatibile con il mercato comune.

Articolo 2

1. [La Repubblica italiana] è tenuta a recuperare presso [i] beneficiari gli aiuti incompatibili concessi nell’ambito del regime di cui all’articolo 1.

2. Le somme da recuperare producono interessi dalla data in cui sono state poste a disposizione dei beneficiari alla data del loro effettivo recupero.

3. Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto, a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004.

Articolo 3

Il recupero degli aiuti concessi nell’ambito del regime di cui all’articolo 1 deve essere immediato ed effettivo.

[La Repubblica italiana] provvede affinché la presente decisione sia eseguita nei quattro mesi successivi alla data della notifica.

(…)

Articolo 5

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 settembre 2009, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

18      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali loro rivolti dal Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 23 marzo 2012.

19      La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

–      annullare la decisione impugnata;

–      condannare la Commissione alle spese.

20      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–      respingere il ricorso;

–      condannare la Repubblica italiana alle spese.

 In diritto

21      A sostegno del proprio ricorso la Repubblica italiana deduce cinque motivi. Il primo verte sulla violazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, in quanto le esenzioni dalle accise di cui trattasi non sono selettive. Il secondo verte sulla violazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, in quanto le esenzioni dalle accise di cui trattasi non sono idonee a falsare la concorrenza. Il terzo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 8 della direttiva 92/81/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (GU L 316, pag. 12), dell’articolo 15 della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283, pag. 51), dell’articolo 33 CE, dell’articolo 36 CE e dell’articolo 87 CE. Il quinto motivo verte sulla violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e sulla scorretta applicazione della disciplina del 2001.

22      Si deve esaminare in primo luogo il terzo motivo. Inoltre, poiché il primo e il secondo motivo vertono sulla violazione dell’articolo 87, paragrafo, 1, CE, occorre esaminarli congiuntamente.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

23      La Repubblica italiana afferma, in sostanza, che la decisione impugnata sarebbe motivata in modo insufficiente per quanto riguarda la condizione relativa alla distorsione della concorrenza prevista dall’articolo 87, paragrafo 1, CE. In proposito essa fa valere che la Commissione, nella decisione impugnata, non avrebbe confutato l’argomento secondo cui potevano essere assegnati fino ad un massimo di l 2 di gasolio per metro cubo di serra, il che avrebbe contribuito a dimostrare l’inidoneità delle esenzioni dalle accise di cui trattasi ad influenzare la concorrenza.

24      La Commissione conclude per il rigetto degli argomenti della Repubblica italiana.

25      La motivazione prescritta dall’articolo 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie. Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 253 CE va risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. In particolare, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v. sentenza del Tribunale del 4 marzo 2009, Italia/Commissione, T‑424/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 53, e giurisprudenza ivi citata).

26      Nel caso di specie va rilevato che la Commissione ha dedicato i punti 59 e 64 della decisione impugnata all’esame dell’effetto delle esenzioni dalle accise di cui trattasi sulla concorrenza.

27      Da un lato, al punto 59 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che le esenzioni dalle accise di cui trattasi «[potevano] incidere sugli scambi e falsare la concorrenza vista la posizione occupata dall’Italia nella produzione agricola sotto serra (ad esempio, in termini di superficie delle serre dedite alla produzione di ortaggi freschi, nel 2000 e nel 2003 l’Italia occupava il secondo posto tra i paesi produttori dell’Unione [europea]; nel 2000 [e] nel 2001 l’Italia è stata il primo produttore di ortaggi dell’Unione e infine, nel periodo a cui si riferiscono i procedimenti aperti, l’Italia era il secondo paese europeo in termini di superficie dedita alle coltivazioni sotto serra)».

28      D’altro lato, al punto 64 della decisione impugnata, la Commissione ha ribattuto taluni argomenti della Repubblica italiana diretti a provare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non comporterebbero distorsioni della concorrenza.

29      Riguardo all’argomento della Repubblica italiana, esposto al punto 54 della decisione impugnata, secondo il quale «in base ad uno studio dell’Enama (Ente nazionale per la meccanizzazione agricola) sul consumo di gasolio in 14 delle 20 Regioni italiane, il gasolio utilizzato in serra (167 436 001 litri) ha rappresentato solo l’11,77% del consumo di gasolio agricolo nel 2002 e il 10,67% nel 2003», al punto 64 della decisione impugnata si enuncia quanto segue:

«(…) I dati indicati nel punto 54 della presente motivazione non sono completi (14 Regioni su 20) e non c’è nulla che permetta di concludere che siano rappresentativi: non è possibile dedurre, infatti, se le Regioni per le quali sono stati forniti i dati corrispondano alle Regioni in cui le coltivazioni in serra sono più diffuse; inoltre i dati relativi al consumo nel settore agricolo indicano piuttosto che il gasolio costituisce un importante mezzo di produzione agricola. In ogni caso è sufficiente che l’aiuto rafforzi la posizione concorrenziale di un’impresa rispetto a quella di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari perché il medesimo aiuto sia tale da comportare distorsioni di concorrenza e da alterare gli scambi intracomunitari (...). Questo avviene nel caso in esame, giacché l’esenzione concessa favorisce le imprese italiane che coltivano prodotti agricoli sotto serra rispetto alle imprese operanti nello stesso settore negli altri Stati membri».

30      La Commissione ha difatti fornito, al punto 59 della decisione impugnata, dati relativi al posto occupato dall’Italia nell’Unione europea nella produzione agricola sotto serra e ha rimesso in discussione, al punto 64 della decisione impugnata, la rappresentatività di taluni dati forniti dalla Repubblica italiana e diretti a dimostrare la scarsa incidenza delle esenzioni dalle accise di cui trattasi sulla concorrenza.

31      Dai punti 59 e 64 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha sufficientemente illustrato le ragioni in base a cui ha ritenuto che le esenzioni dalle accise di cui trattasi fossero tali da falsare o minacciare di falsare la concorrenza.

32      È d’uopo aggiungere che, come risulta dalla giurisprudenza citata nel precedente punto 25, non incombeva alla Commissione prendere posizione nella decisione impugnata su tutti gli argomenti dedotti dinanzi ad essa dalla Repubblica italiana.

33      Da quanto precede risulta che il terzo motivo deve essere respinto.

 Sul primo e sul secondo motivo, relativi alla violazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE

34      Si deve rammentare preliminarmente che, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, per qualificare un provvedimento come aiuto è necessario che tutti i presupposti previsti da tale disposizione siano soddisfatti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato, oppure mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00, Racc. pag. I‑7747, punti 74 e 75, e del 3 marzo 2005, Heiser, C‑172/03, Racc. pag. I‑1627, punto 27).

35      Con il primo e il secondo motivo la Repubblica italiana fa valere che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non possono essere qualificate come aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE poiché, da un lato, non presenterebbero carattere selettivo e, dall’altro, non inciderebbero sulla concorrenza.

 Sulla selettività delle esenzioni dalle accise di cui trattasi

36      La Repubblica italiana asserisce che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non sarebbero selettive. In proposito, da un lato, sostiene che esse sono rivolte non già a particolari categorie di imprese aventi determinati requisiti o caratteristiche ma, al contrario, a tutti gli agricoltori che hanno scelto la coltivazione sotto serra anziché quella a cielo aperto. D’altro lato, afferma che l’agricoltore che decide di coltivare a cielo aperto e colui che coltiva sotto serra non si trovano in una situazione giuridica e fattuale analoga e che pertanto non sussistono discriminazioni. In proposito essa fa presente che i serricoltori devono sostenere un costo, per il riscaldamento delle serre, di cui gli agricoltori che coltivano a cielo aperto non sono gravati.

37      La Commissione conclude per il rigetto degli argomenti della Repubblica italiana.

38      In merito alla valutazione del requisito della selettività, che è un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato, dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 87, paragrafo 1, CE richiede di stabilire se, nell’ambito di un dato regime giuridico, un provvedimento nazionale possa favorire talune imprese rispetto ad altre che si trovino in una situazione di fatto e di diritto analoga, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da detto regime (v. sentenza del Tribunale del 4 settembre 2009, Italia/Commissione, T‑211/05, Racc. pag. II‑2777, punto 119, e giurisprudenza ivi citata).

39      Inoltre, la determinazione del contesto di riferimento assume un’importanza maggiore nel caso di misure fiscali, dal momento che l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza della Corte del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, Racc. pag. I‑7115, punto 56).

40      Nel caso di specie si deve rammentare che l’articolo 5, comma 5, del decreto legge n. 268/2000 dispone che, per il periodo 3 ottobre‑31 dicembre 2000, le accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre rappresentano il 5% di quelle applicabili al gasolio utilizzato come carburante. Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 1, dello stesso prevede che, per il medesimo periodo, le accise sul gasolio utilizzato in agricoltura rappresentino il 22% di quelle applicabili al gasolio usato come carburante. Occorre parimenti ricordare che l’articolo 24, comma 3, della legge n. 388/2000, l’articolo 13, comma 3, della legge n. 448/2001, l’articolo 19, comma 4, della legge n. 289/2002 e l’articolo 2, comma 4, della legge n. 350/2003 stabiliscono tutti un’esenzione totale dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre riguardo, rispettivamente, al periodo 1° gennaio‑30 giugno 2001 e agli anni 2002, 2003 e 2004.

41      Si deve pertanto considerare che l’imposizione detta «normale» sul gasolio consiste in accise applicabili a tutti gli operatori che utilizzano tale carburante. Siffatte accise sono finalizzate al gettito fiscale e possono anche avere un obiettivo ambientale (v. punto 41 della decisione impugnata).

42      Le esenzioni dalle accise sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre hanno favorito esclusivamente i serricoltori. La Repubblica italiana non contesta che i serricoltori, nel periodo interessato dalle esenzioni dalle accise di cui trattasi, abbiano avuto esenzioni dalle accise sul gasolio superiori a quelle concesse agli agricoltori a cielo aperto.

43      Orbene, gli agricoltori a cielo aperto, alla luce degli obiettivi perseguiti con il regime delle accise sul gasolio, della produzione di gettito fiscale e dell’obiettivo ambientale, si trovano in una situazione analoga a quella dei serricoltori, dato che, sebbene non utilizzino il gasolio per il riscaldamento delle serre, lo utilizzano comunque nella loro produzione.

44      Risulta infatti dalle cifre, fornite dalla Repubblica italiana e riportate al punto 54 della decisione impugnata, sul consumo di gasolio in 14 delle 20 regioni italiane, che il gasolio utilizzato in serra rappresenta solo dal 10 al 12% del consumo di gasolio agricolo nel 2002 e nel 2003 in dette regioni. Ciò dimostra che, nel settore agricolo, il gasolio è utilizzato per svariati altri usi diversi dal riscaldamento delle serre.

45      Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza citata nel precedente punto 38, la Commissione ha correttamente valutato, al punto 59 della decisione impugnata, che le esenzioni dalle accise di cui trattasi fossero selettive.

46      Siffatta conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica italiana in base al quale le esenzioni dalle accise di cui trattasi sarebbero rivolte non già a particolari categorie di imprese aventi determinati requisiti o caratteristiche ma, al contrario, a tutti gli agricoltori che avessero deciso di svolgere la propria attività agricola sotto serra.

47      Infatti, il carattere selettivo di una misura si valuta rispetto alla totalità delle imprese, e non rispetto alle imprese beneficiarie di un medesimo vantaggio all'interno di uno stesso gruppo (sentenza del Tribunale dell'11 giugno 2009, Italia/Commissione, T-222/04, Racc. pag. II-1877, punto 66). Inoltre, il solo fatto che di una misura possano beneficiare tutti gli operatori che soddisfano le condizioni richieste, ossia che essa determini la propria sfera di applicazione sulla base di criteri obiettivi, non conferisce di per sé carattere generale alla suddetta misura e non impedisce che essa rivesta carattere selettivo (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2009, Italia/Commissione, punto 25 supra, punto 126, e giurisprudenza ivi citata).

48      Di conseguenza, benché le esenzioni dalle accise di cui trattasi si rivolgano a tutte le imprese che scelgano la coltura sotto serra, e dunque determinino il loro ambito di applicazione sulla base di criteri oggettivi, ciò non è sufficiente al fine di dimostrare il carattere generale di tali esenzioni e non osta a che rivestano un carattere selettivo.

49      Peraltro, sebbene, con l’argomento secondo il quale i serricoltori devono sostenere un costo che non grava sugli agricoltori a cielo aperto, la Repubblica italiana non si proponga di contestare il carattere selettivo delle esenzioni dalle accise di cui trattasi, ma di giustificarlo, detto argomento va altresì respinto.

50      Una misura in deroga rispetto all’applicazione del sistema fiscale generale può, infatti, essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario qualora lo Stato membro interessato possa dimostrare che tale misura discende direttamente dai principi informatori o basilari del suo sistema tributario. In proposito occorre distinguere tra, da un lato, gli obiettivi che persegue un determinato regime tributario e che sono ad esso estranei e, dall’altro, i meccanismi inerenti al sistema tributario stesso, che sono necessari per il raggiungimento di tali obiettivi (sentenza Portogallo/Commissione, punto 39 supra, punto 81).

51      La concessione delle esenzioni dalle accise di cui trattasi è diretta ad attenuare l’impatto delle variazioni del prezzo del petrolio sui prezzi al consumo, come risulta dall’articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 268/2000. Dette esenzioni sono quindi, in sostanza, finalizzate alla tutela della competitività dei serricoltori, consumatori di prodotti petroliferi. Orbene, un siffatto obiettivo è estraneo al sistema fiscale italiano. Esso non può pertanto giustificare il carattere selettivo delle esenzioni dalle accise di cui trattasi.

 Sull’incidenza delle esenzioni dalle accise di cui trattasi sulla concorrenza

52      Secondo la Repubblica italiana le esenzioni dalle accise di cui trattasi non costituiscono aiuti di Stato, in quanto non sarebbero idonee a falsare la concorrenza. In proposito essa fa valere che, al punto 32 della decisione C (2008) 1105 def., del 2 aprile 2008, relativa alla riduzione dell’accisa sui prodotti energetici nel settore agricolo, e al punto 167 degli orientamenti agricoli del 2007, la Commissione ha escluso l’idoneità a falsare la concorrenza di misure dirette ad agevolare l’utilizzo di carburanti nell’ambito dell’attività di produzione agricola primaria, in considerazione della scala ridotta delle strutture delle aziende agricole nell’Unione. Essa aggiunge che, poiché in Italia, oltre l’80% delle aziende agricole ha una superficie agricola utilizzata inferiore a 5 ettari, le esenzioni dalle accise di cui trattasi non sono idonee a falsare la concorrenza.

53      La Commissione conclude per il rigetto degli argomenti della Repubblica italiana.

54      È d’uopo rammentare che, al punto 59 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che le esenzioni dalle accise di cui trattasi potevano incidere sugli scambi e falsare la concorrenza vista la posizione occupata dall’Italia nella produzione agricola sotto serra.

55      Secondo una costante giurisprudenza la concorrenza è falsata quando un provvedimento alleggerisce gli oneri dell’impresa beneficiaria e rafforza così la sua posizione rispetto ad altre imprese concorrenti (v. sentenza della Corte del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, Racc. pag. I‑5479, punto 131, e giurisprudenza ivi citata).

56      La Commissione è tenuta non a dimostrare un’incidenza effettiva di tale misura sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve soltanto esaminare se la misura sia idonea a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑372/97, Racc. pag. I‑3679, punto 44).

57      Inoltre, la consistenza relativamente esigua di un aiuto o la dimensione relativamente modesta dell’impresa beneficiaria non escludono a priori l’eventualità che si abbiano ripercussioni sugli scambi tra Stati membri o che ne risulti falsata la concorrenza (v. sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Grecia/Commissione, C‑278/00, Racc. pag. I‑3997, punto 69, e giurisprudenza ivi citata).

58      Altri elementi possono infatti svolgere un ruolo determinante nella valutazione dell’effetto di un aiuto, in particolare il carattere cumulativo dell’aiuto nonché la circostanza che le imprese beneficiarie operano in un settore particolarmente esposto alla concorrenza (v. sentenza Grecia/Commissione, punto 57 supra, punto 70, e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha confermato che il settore dell’agricoltura rientra in quest’ultima categoria e che, in detto settore, esiste una vivace concorrenza tra i produttori degli Stati membri i cui prodotti sono oggetto di scambi intracomunitari (sentenza della Corte del 19 settembre 2002, Spagna/Commissione, C‑114/00, Racc. pag. I‑7657, punto 47).

59      Nel caso di specie le esenzioni dalle accise di cui trattasi alleggeriscono gli oneri dei serricoltori italiani e, in tal modo, rafforzano così la loro posizione concorrenziale rispetto agli agricoltori a cielo aperto e ai serricoltori degli altri Stati membri.

60      Dalla giurisprudenza citata nei precedenti punti 57 e 58 risulta che, essendo il settore agricolo esposto ad un’intensa concorrenza fra i produttori dei vari Stati membri, la concessione di esenzioni dalle accise in tale settore, benché a imprese di modeste dimensioni, è idoneo a falsare la concorrenza.

61      La Commissione ha pertanto correttamente concluso, nella decisione impugnata, che le esenzioni dalle accise di cui trattasi potevano falsare la concorrenza.

62      Detta conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica italiana secondo cui la Commissione, nel caso di specie, avrebbe dovuto considerare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non potevano falsare la concorrenza come esposto al punto 32 della decisione C (2008) 1105 def. e al punto 167 degli orientamenti agricoli del 2007.

63      Infatti, nella decisione C (2008) 1105 def., la Commissione ha concluso che le riduzioni dell’imposta controverse nel caso in parola costituivano un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, il che presupponeva che fossero idonee a falsare la concorrenza. È solamente al momento dell’esame della compatibilità di detto aiuto sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE che, al punto 32 della decisione C (2008) 1105 def., la Commissione ha osservato che, in considerazione della struttura in scala ridotta delle aziende agricole all’interno dell’Unione, talune riduzioni dell’imposta sui carburanti utilizzati per la produzione agricola primaria non falsavano indebitamente la concorrenza.

64      Negli orientamenti agricoli del 2007 la Commissione, da un lato, ha sottolineato, al punto 163 degli stessi, che i provvedimenti di esenzione o riduzione fiscale di cui alla direttiva 2003/96 potevano costituire aiuti di Stato a causa, segnatamente, della circostanza che «possono creare o minacciare di creare distorsioni della concorrenza in un settore sensibile come l’agricoltura, in cui i flussi commerciali sono molto intensi». Dall’altro, la Commissione ha ritenuto, al punto 164 degli orientamenti agricoli del 2007, che per valutare la compatibilità di tali misure con l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE fosse necessario stabilire una serie di regole. È in siffatto contesto che, al punto 167 di tali orientamenti, la Commissione ha stimato che, in considerazione della scala ridotta delle strutture delle aziende agricole nell’Unione, determinate esenzioni o riduzioni dell’imposta sui carburanti utilizzati per la produzione agricola primaria non falsavano indebitamente la concorrenza.

65      Da quanto sopra esposto risulta che il primo e il secondo motivo devono essere respinti.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’articolo 8 della direttiva 92/81, dell’articolo 15 della direttiva 2003/96, dell’articolo 33 CE, dell’articolo 36 CE e dell’articolo 87 CE

66      La Repubblica italiana lamenta una violazione dell’articolo 8 della direttiva 92/81, dell’articolo 15 della direttiva 2003/96, dell’articolo 33 CE, dell’articolo 36 CE e dell’articolo 87 CE. Essa contesta, censurando la violazione di dette disposizioni, la qualifica di aiuti di Stato attribuita alle esenzioni dalle accise di cui trattasi e presente ai punti 66 e 67 della decisione impugnata. A suo avviso dette esenzioni non costituiscono aiuti di Stato, dal momento che la possibilità di concedere esenzioni di tal genere era prevista dall’articolo 8 della direttiva 92/81, successivamente dall’articolo 15 della direttiva 2003/96 e che dette esenzioni rispettano gli obiettivi della politica agricola comune enunciati all’articolo 33 CE i quali, in forza dell’articolo 36 CE, prevalgono sulle norme in materia di aiuti di Stato.

67      La Commissione fa valere che il motivo in parola deve essere dichiarato irricevibile, in forza del combinato disposto dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, poiché gli argomenti relativi alla violazione dell’articolo 8 della direttiva 92/81, dell’articolo 15 della direttiva 2003/96, dell’articolo 33 CE e dell’articolo 36 CE non erano stati minimamente approfonditi nel ricorso, e quindi la Commissione non era in grado di preparare utilmente la propria difesa.

68      Occorre rilevare, a questo proposito, che dall’analisi del ricorso (v. punto 66 supra) il presente motivo risulta esposto con sufficiente chiarezza e precisione. La Commissione non può pertanto legittimamente asserire di non essere in grado di preparare la propria difesa. Del resto, nel controricorso ha risposto al complesso degli argomenti presentati dalla Repubblica italiana nell’ambito di detto motivo in modo dettagliato.

69      Relativamente alla fondatezza dell’argomentazione della Repubblica italiana va rammentato che l’articolo 36 CE così prevede:

«Le disposizioni del capo relativo alle regole di concorrenza sono applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli soltanto nella misura determinata dal Consiglio, nel quadro delle disposizioni e conformemente alla procedura di cui all’articolo 37, paragrafi 2 e 3 [CE], avuto riguardo agli obiettivi enunciati nell’articolo 33 [CE]».

70      Ai sensi dell’articolo 36 CE i prodotti agricoli possono sottrarsi all’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE se un atto che circoscrive l’applicazione della disposizione in parola a siffatti prodotti è adottato dal Consiglio conformemente alla procedura di cui all’articolo 37, paragrafi 2 e 3, CE, avuto riguardo agli obiettivi enunciati nell’articolo 33 CE. Orbene, la direttiva 92/81 e la direttiva 2003/96, le quali prevedono la possibilità di concedere esenzioni o aliquote ridotte delle accise sugli idrocarburi utilizzati per lavori nei settori dell’agricoltura, non sono state adottate dal Consiglio conformemente alla procedura di cui all’articolo 37 CE e, come sottolineato dalla Commissione ai punti 66 e 67 della decisione impugnata, non escludono l’applicazione delle previsioni del Trattato CE in materia di aiuti di Stato alle esenzioni o alle aliquote ridotte di accisa concesse in conformità delle menzionate direttive. Si deve infine rilevare che dall’articolo 36 CE non risulta che la sola circostanza per cui le misure rispettano gli obiettivi della politica agricola comune, di cui all’articolo 33 CE, sia sufficiente allo scopo di sottrarre dette misure alla qualifica di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

71      Pertanto, né gli articoli 36 CE e 33 CE, né la direttiva 92/81 e la direttiva 2003/96 consentono di escludere la qualifica di aiuti di Stato delle esenzioni dalle accise di cui trattasi.

72      Peraltro, quanto all’argomento della Repubblica italiana secondo cui la Commissione avrebbe essa stessa riconosciuto, al punto 162 degli orientamenti agricoli del 2007, che «[l]a possibilità di concedere agevolazioni ed esenzioni fiscali al settore agricolo esiste[va] nella legislazione comunitaria dal 1993 [e che] [f]inora non sono stati fissati orientamenti precisi circa la compatibilità di questo tipo di misure con le regole in materia di aiuti di Stato», occorre constatare che il citato punto degli orientamenti agricoli del 2007 non esclude che le misure interessate possano essere qualificate come aiuti di Stato. Al contrario, esso richiama i termini dell’articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 2003/96, secondo cui tali misure «possono configurarsi come aiuti di Stato».

73      Da quanto sin qui esposto si evince che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo, relativo alla violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE e all’errata applicazione della disciplina del 2001

74      La Repubblica italiana contesta la valutazione della Commissione secondo cui le esenzioni dalle accise di cui trattasi sarebbero incompatibili con il mercato comune. Il presente motivo si suddivide in due parti. La prima parte verte sulla violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE; la seconda è relativa all’errata applicazione della disciplina del 2001.

 Sulla prima parte, relativa alla violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE

75      La Repubblica italiana sostiene che la Commissione avrebbe dovuto considerare che le condizioni esposte all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, secondo cui possono essere dichiarati compatibili con il mercato comune «gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse», erano soddisfatte e che le esenzioni dalle accise di cui trattasi dovevano essere dichiarate compatibili con il mercato comune su tale unico fondamento.

76      La Commissione fa valere che, avendo definito le regole per la valutazione della compatibilità di aiuti quali l’esenzione dalle accise di cui trattasi negli orientamenti agricoli del 2000 ed essendosi impegnata a rispettarle, non poteva valutare la compatibilità dell’esenzione direttamente sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE. Pur constatando che la prima parte del presente motivo può già essere respinta solamente in base alla suddetta ragione, essa sostiene che, in ogni caso, la Repubblica italiana non ha dimostrato che le condizioni esposte all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE fossero soddisfatte.

77      In proposito occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, CE, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale, il cui esercizio comporta complesse valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario. Il controllo giurisdizionale applicato all’esercizio di tale potere discrezionale si limita alla verifica del rispetto delle norme di procedura e di motivazione, nonché al controllo dell’esattezza materiale dei fatti presi in considerazione e dell’assenza di errori di diritto, di errori manifesti nella valutazione dei fatti o di sviamento di potere (sentenze della Corte del 26 settembre 2002, Spagna/Commissione, C‑351/98, Racc. pag. I‑8031, punto 74, e del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, punto 56 supra, punto 83).

78      La Commissione si autolimita nell’esercizio di detto potere discrezionale adottando norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che essa le applicherà ai casi cui si riferiscono. Pertanto, nell’ambito specifico degli aiuti di Stato, la Commissione è vincolata dalle discipline e dalle comunicazioni da essa emanate, nei limiti in cui non derogano a norme del Trattato (sentenza della Corte del 2 dicembre 2010, Holland Malt/Commissione, C‑464/09 P, Racc. pag. I‑12443, punti 46 e 47).

79      Nel caso di specie le esenzioni dalle accise di cui trattasi rientrano nella sfera di applicazione degli orientamenti agricoli del 2000 e della disciplina del 2001, circostanza non contestata dalla Repubblica italiana. Di conseguenza la Commissione ha, correttamente, esaminato la compatibilità delle esenzioni dalle accise di cui trattasi alla luce dei testi menzionati.

80      In ogni caso, gli argomenti della Repubblica italiana non consentono di dimostrare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi avrebbero potuto essere dichiarate compatibili con il mercato comune direttamente sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE.

81      In via preliminare si deve osservare che, secondo la giurisprudenza, una volta che la decisione di avviare il procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, CE contiene un sufficiente esame preliminare della Commissione che espone le ragioni per cui essa nutre dubbi riguardo alla compatibilità degli aiuti di cui trattasi con il mercato comune, spetta allo Stato membro interessato e, se del caso, al beneficiario degli aiuti fornire elementi idonei a dimostrare che tali aiuti sono compatibili con il mercato comune (v. sentenza del Tribunale del 14 gennaio 2004, Fleuren Compost/Commissione, T‑109/01, Racc. pag. II‑127, punto 45, e giurisprudenza ivi citata).

82      Ne consegue che, nel caso di specie, a seguito della decisione di avviare il procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, CE, spettava alla Repubblica italiana fornire gli elementi idonei a dimostrare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi erano compatibili con il mercato comune.

83      Relativamente alla prima condizione di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, secondo la quale gli aiuti devono agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, la Repubblica italiana fa valere che le esenzioni dalle accise di cui trattasi hanno segnatamente l’effetto di agevolare il conseguimento degli scopi della politica agricola comune di cui all’articolo 33 CE, essendo in effetti destinate allo sviluppo delle attività nell’ambito del settore agricolo. La Repubblica italiana sostiene che le esenzioni in parola sono finalizzate ad assicurare un tenore di vita equo a coloro che avrebbero avuto serie difficoltà a far fronte ai bruschi innalzamenti del costo del carburante, che dette esenzioni dovrebbe essere ritenute idonee a stabilizzare i mercati consentendo l’approvvigionamento di prodotti agricoli tutto l’anno e, infine, che tali esenzioni hanno un effetto immediato e diretto sui prezzi dei prodotti agricoli.

84      In proposito basti rilevare, da un lato, che la Repubblica italiana non presenta elementi probatori atti a dimostrare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi consentano di garantire la stabilità dei mercati e che abbiano un effetto immediato e diretto sui prezzi dei prodotti agricoli, considerato che le incombe l’onere della prova in base alla giurisprudenza citata nel precedente punto 81, e, dall’altro, che la circostanza che le esenzioni dalle accise di cui trattasi contribuiscano a migliorare la qualità di vita di taluni agricoltori non dimostra che le esenzioni in discussione agevolino lo sviluppo dell’attività agricola.

85      Ne discende che l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la prima condizione di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE sarebbe soddisfatta, deve essere respinto.

86      Relativamente alla seconda condizione di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, secondo cui gli aiuti non devono alterare le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse, la Repubblica italiana si limita ad affermare che la Commissione non ha dimostrato che tale condizione non fosse soddisfatta.

87      Tuttavia, alla luce della giurisprudenza citata nel precedente punto 81, spettava alla Repubblica italiana apportare gli elementi idonei a dimostrare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non alteravano le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

88      Peraltro, riguardo all’argomento della Repubblica italiana secondo il quale le condizioni riportate all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE avrebbero dovuto ritenersi soddisfatte, nella misura in cui la direttiva 92/81 e la direttiva 2003/96 autorizzano espressamente le esenzioni dalle accise sul gasolio nel settore agricolo, è sufficiente rispondere, come indicato nel precedente punto 70, che l’applicazione delle direttive in parola non esclude l’applicazione delle regole del Trattato CE in materia di aiuti di Stato.

89      Si aggiunga che occorre inoltre rilevare che, poiché le esenzioni dalle accise di cui trattasi alleggeriscono i costi normalmente sostenuti dai serricoltori, la Commissione ha correttamente ritenuto che siffatte esenzioni costituissero aiuti al funzionamento. Del resto la Repubblica italiana non contesta la qualifica di aiuti al funzionamento delle esenzioni dalle accise di cui trattasi. Orbene, in forza della giurisprudenza, aiuti di tal genere non rientrano in via di principio nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE (v. sentenza del Tribunale del 27 novembre 2003, Regione Siciliana/Commissione, T‑190/00, Racc. pag. II‑5015, punto 130, e giurisprudenza ivi citata).

90      Da quanto precede consegue che la presente parte del motivo va respinta.

 Sulla seconda parte, relativa all’errata applicazione della disciplina del 2001

91      La Repubblica italiana sostiene che le esenzioni dalle accise di cui trattasi avrebbero dovuto essere autorizzate sulla base della disciplina del 2001. Essa non contesta la conclusione della Commissione secondo cui le accise oggetto delle esenzioni in causa sono imposte vigenti ai sensi della disciplina del 2001. Ciò nondimeno essa sostiene che la Commissione avrebbe a torto considerato che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non soddisfacessero le condizioni di compatibilità previste dalla menzionata disciplina per le esenzioni da imposte vigenti.

92      La Commissione conclude per il rigetto degli argomenti della Repubblica italiana.

93      Va preliminarmente rilevato che, nell’ambito della presente parte, la Repubblica italiana deduce soltanto la violazione della disciplina del 2001 e non quella della disciplina del 1994.

94      Si rammenti che dall’articolo 1° del dispositivo della decisione impugnata e dai punti 25 e 27 della stessa decisione deriva che le esenzioni dalle accise di cui trattasi sono state concesse a partire dal 3 ottobre 2000 fino al 30 giugno 2001, nonché per gli anni 2002, 2003 e 2004 e che dette esenzioni erano parziali dal 3 ottobre al 31 dicembre 2000 e totali dal 1° gennaio al 30 giugno 2001 e per gli anni 2002, 2003 e 2004.

95      Al punto 91 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che le esenzioni dalle accise di cui trattasi rientrassero, per il periodo dal 3 ottobre 2000 al 2 febbraio 2001, nell’ambito di applicazione della disciplina del 1994 e, per il periodo dal 3 febbraio 2001 al 31 dicembre 2004, nell’ambito di applicazione della disciplina del 2001.

96      Si deve pertanto considerare che la Repubblica italiana, nella presente parte, contesta solo la valutazione operata dalla Commissione relativamente alla compatibilità delle esenzioni dalle accise di cui trattasi per il periodo dal 3 febbraio 2001 al 31 dicembre 2004.

97      Dal paragrafo 51, punto 2, della disciplina del 2001 risulta che esenzioni da imposte vigenti possono essere autorizzate qualora siano soddisfatte le condizioni applicabili alle esenzioni da nuove imposte di cui al paragrafo 51, punto 1, della medesima disciplina purché soddisfino le condizioni di cui al paragrafo 51, punto 2, lettere a) e b), della disciplina in parola. Tali due condizioni cumulative sono le seguenti:

« a)  l’imposta deve avere un significativo effetto positivo in termini di tutela dell’ambiente;

b)       le deroghe a favore delle imprese interessate devono essere state decise al momento dell’adozione dell’imposta, o devono rendersi necessarie a causa di un mutamento significativo delle condizioni economiche che ponga le imprese in una situazione concorrenziale particolarmente difficile. In quest’ultima ipotesi l’importo della riduzione fiscale non può superare l’aumento degli oneri derivanti dal mutamento delle condizioni economiche. Quando tale aumento degli oneri viene meno, deve cessare anche lo sgravio fiscale».

98      Al punto 100 della decisione impugnata la Commissione ha riconosciuto che la condizione ex paragrafo 51, punto 2, lettera a), della disciplina del 2001, secondo cui «l’imposta deve avere un significativo effetto positivo in termini di tutela dell’ambiente», poteva considerarsi soddisfatta.

99      Ciò nondimeno, ai punti 100‑103 della decisione impugnata, la Commissione ha reputato che le esenzioni dalle accise di cui trattasi non soddisfacessero nessuna delle due condizioni alternative esposte al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001, ossia essere decise al momento dell’adozione dell’imposta o essersi rese necessarie a causa di un mutamento significativo delle condizioni economiche, che ponga le imprese in una situazione concorrenziale particolarmente difficile.

100    Poiché ha ritenuto che nessuna delle due condizioni alternative esposte al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001 fosse soddisfatta, nella decisione impugnata la Commissione ha reputato superfluo verificare se le condizioni di cui paragrafo 51, punto 1, della disciplina in parola fossero applicabili nel caso di specie. In via subordinata, ai punti 104‑106 della decisione impugnata, essa ha fatto presente che, in ogni caso, le esenzioni dalle accise di cui trattasi non soddisfacevano le condizioni esposte al paragrafo 51, punto 1, della menzionata disciplina.

101    La Repubblica italiana sostiene che la Commissione avrebbe dovuto applicare la medesima soluzione adottata nella decisione C (2005) 4436 del 7 dicembre 2005, relativa all’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna cui hanno dato esecuzione la Francia, l’Irlanda e l’Italia rispettivamente (GU 2006, L 119, pag. 12), e quindi, come nella citata decisione, considerare soddisfatta la prima condizione alternativa di cui al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001, secondo la quale «le deroghe a favore delle imprese interessate devono essere state decise al momento dell’adozione dell’imposta». Nella decisione C (2005) 4436 la Commissione avrebbe ritenuto soddisfatta detta condizione, non perché tali esenzioni fossero state decise al momento dell’adozione dell’imposta, ma in quanto adottate in epoca precedente all’entrata in vigore della disciplina del 2001.

102    In proposito va ricordato che, secondo la giurisprudenza, una decisione della Commissione non può costituire, di per se stessa, una prassi decisionale che vincoli la Commissione (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’8 maggio 2008, Ferriere Nord/Commissione, C‑49/05 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 125). Inoltre, è soltanto nell’ambito dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE che deve essere valutata la legittimità di una decisione della Commissione che rileva che un nuovo aiuto non soddisfa le condizioni di applicazione di tale deroga, e non in base a una prassi decisionale precedente della Commissione, anche ammettendo che quest’ultima sia dimostrata (v. sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, Racc. pag. II‑2123, punto 177, e giurisprudenza ivi citata).

103    Ad abundantiam si rilevi che la Commissione ha constatato che le circostanze del caso di specie erano diverse da quelle del caso all’origine della decisione C (2005) 4436. Al punto 101 della decisione impugnata la Commissione ha sottolineato che le conclusioni della decisione C (2005) 4436 erano basate sul fatto che le esenzioni contestate erano state decise ben prima che entrasse in vigore la disciplina del 2001, mentre, nel caso di specie, le prime esenzioni in causa risalgono all’ottobre 2000, poco tempo prima che tale disciplina divenisse applicabile. Risulta, infatti, dal paragrafo 81 della disciplina del 2001 che questa è applicabile a partire dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, ossia dal 3 febbraio 2001. Orbene, le esenzioni dalle imposte in discussione nella decisione C (2005) 4436, concesse dal 1990 al 2003, sono state adottate, rispettivamente, nel 1983, nel 1993 e nel 1997, mentre le esenzioni dalle accise di cui trattasi sono state decise con il decreto legge n. 268/2000, del 30 settembre 2000, e con le leggi nn. 388/2000, 448/2001, 289/2002 e 350/2003, datate, rispettivamente, 23 dicembre 2000, 21 dicembre 2001, 27 dicembre 2002 e 24 dicembre 2003. Non sono analoghe le situazioni in cui, da un lato, esenzioni dalle imposte in discussione sono tutte decise svariati anni prima dell’entrata in vigore delle norme applicabili e, dall’altro, esenzioni da imposte sono decise per la maggior parte successivamente all’entrata in vigore delle norme applicabili e soltanto parzialmente alcuni mesi prima dell’entrata in vigore delle norme menzionate.

104    Di conseguenza l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la Commissione avrebbe dovuto considerare che la prima condizione alternativa esposta al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001 fosse soddisfatta, deve essere respinto.

105    La Repubblica italiana sostiene altresì che, in ogni caso, la Commissione avrebbe dovuto considerare che la seconda condizione alternativa di cui al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001 fosse soddisfatta. A suo parere le esenzioni dalle accise in parola sono divenute necessarie a causa di un mutamento significativo delle condizioni economiche, che ha posto i serricoltori in una situazione concorrenziale particolarmente difficile. In proposito essa fa valere che l’aumento del prezzo del petrolio del 38% nel periodo 1999‑2000 ha comportato un aumento del prezzo del gasolio del 26% fra il 1999 e il 2002. Inoltre, secondo la Repubblica italiana, l’importo delle esenzioni dalle accise di cui trattasi non ha superato l’aumento degli oneri derivanti dal mutamento delle condizioni economiche.

106    Occorre ricordare che, al punto 102 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la Repubblica italiana non avesse fornito elementi i quali dimostrassero un mutamento significativo delle condizioni economiche, che avesse posto i serricoltori italiani in una situazione concorrenziale particolarmente difficile. Essa ha in particolare sottolineato che i dati forniti dalla Repubblica italiana non contenevano alcun elemento comparativo, non consentendo quindi di evidenziare un qualsivoglia degrado della situazione concorrenziale dei serricoltori italiani. Infine, la Commissione ha osservato che la lievitazione dei prezzi dei prodotti petroliferi aveva colpito l’intera Europa e non solo l’Italia.

107    È d’uopo fare presente che né i dati forniti dalla Repubblica italiana alla Commissione (riportati ai punti 42 e 46 della decisione impugnata) né quelli forniti in allegato al ricorso sono idonei a dimostrare che le esenzioni dalle accise di cui trattasi si siano rese necessarie a causa di un mutamento significativo delle condizioni economiche, il quale abbia posto i serricoltori in una situazione concorrenziale particolarmente difficile. I dati forniti dalla Repubblica italiana, infatti, mostrano unicamente le variazioni del prezzo al consumo del gasolio da riscaldamento fra il 1999 e il 2004 e le variazioni dell’importo delle accise sul gasolio nel medesimo periodo. Tali dati non provano che l’aumento del prezzo del gasolio abbia posto i serricoltori italiani in una situazione concorrenziale particolarmente difficile rispetto ai loro concorrenti, in particolare ai serricoltori degli altri Stati membri.

108    Poiché la Repubblica italiana non ha dimostrato che le esenzioni dalle accise di cui trattasi si fossero rese necessarie a causa di un mutamento significativo delle condizioni economiche, che abbia posto i serricoltori in una situazione concorrenziale particolarmente difficile, non occorre verificare se, come sostenuto dalla Repubblica italiana, la Commissione abbia scorrettamente considerato che l’importo delle esenzioni dalle accise di cui trattasi sia stato superiore all’aumento delle accise sul gasolio risultante dal mutamento delle condizioni economiche.

109    Di conseguenza, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la Commissione avrebbe dovuto considerare che la seconda condizione alternativa riportata al paragrafo 51, punto 2, lettera b), della disciplina del 2001 fosse soddisfatta, deve essere respinto.

110    Poiché le condizioni di cui al paragrafo 51, punto 2, della disciplina del 2001 non sono soddisfatte, e dato che tali condizioni e le condizioni di cui al paragrafo 51, punto 1, della citata disciplina sono cumulative, non occorre prendere in esame gli argomenti della Repubblica italiana fatti valere avverso la conclusione della Commissione, secondo la quale neppure le condizioni di cui al paragrafo 51, punto 1, della disciplina in parola sarebbero soddisfatte.

111    La Repubblica italiana non ha pertanto dimostrato che la Commissione abbia applicato erroneamente la disciplina del 2001.

112    Da quanto precede risulta che la seconda parte deve essere respinta e, di conseguenza, il quinto motivo nel complesso.

113    Ne consegue che il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

114    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Dittrich

Wiszniewska-Białecka

Prek

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.