Language of document : ECLI:EU:T:2015:654

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

18 settembre 2015 (*)

«Aiuti di Stato – Distribuzione della posta – Misure adottate dalle autorità tedesche a favore della Deutsche Post AG – Decisione di avvio del procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE – Interesse ad agire – Riapertura di un procedimento concluso – Effetti di una sentenza di annullamento»

Nella causa T‑421/07 RENV,

Deutsche Post AG, con sede in Bonn (Germania), rappresentata da J. Sedemund e T. Lübbig, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Martenczuk, T. Maxian Rusche e R. Sauer, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

UPS Europe NV/SA, con sede in Bruxelles (Belgio),

e

UPS Deutschland Inc. & Co. OHG, con sede in Neuss (Germania),

rappresentate da T. Ottervanger, avvocato,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione, del 12 settembre 2007, di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, (CE) per quanto riguarda l’aiuto di Stato concesso dalla Repubblica federale di Germania a favore della Deutsche Post AG [aiuto di Stato C 36/07 (ex NN 25/07)],

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen (relatore), presidente, I. Pelikánová e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: K. Andová, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 gennaio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 7 luglio 1994, la società di distribuzione di pacchi UPS Europe NV/SA ha presentato una denuncia alla Commissione delle Comunità europee nei confronti dell’impresa pubblica postale tedesca Deutsche Bundespost Postdienst (in prosieguo: la «DB‑Postdienst»), le cui attività sono state riprese, il 1° gennaio 1995, dalla ricorrente, la Deutsche Post AG. A tale denuncia, fondata sia sull’articolo 86 del Trattato CE (divenuto articolo 82 CE) sia sull’articolo 92 del Trattato CE (divenuto articolo 87 CE), ha fatto seguito un’altra denuncia proposta nel 1997 dall’associazione degli operatori privati di servizi espresso e corriere, il Bundesverband Internationaler Express‑ und Kurierdienste eV.

2        La UPS Europe e il Bundesverband Internationaler Express- und Kurierdienste contestavano alla DB‑Postdienst di condurre una politica di vendita sottocosto nel settore, aperto alla concorrenza, dei pacchi a domicilio, finanziata mediante entrate provenienti dal settore del trasporto postale, nel quale beneficiava di un monopolio legale ovvero di aiuti contrari all’articolo 87 CE.

3        Con lettera del 17 agosto 1999, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 23 ottobre 1999 (GU C 306, pag. 25), la Commissione ha informato la Repubblica federale di Germania della propria decisione di avviare il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE, riguardo a diverse misure in forza delle quali la ricorrente aveva beneficiato di fondi pubblici (in prosieguo: la «decisione di avvio del 1999»).

4        Il 19 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2002/753/CE, relativa a misure adottate dalla Repubblica federale di Germania a favore della ricorrente (GU L 247, pag. 27, in prosieguo: la «decisione del 2002»), il cui dispositivo è formulato nel seguente modo:

«Articolo 1

L’aiuto di Stato al quale la [Repubblica federale di] Germania ha dato esecuzione a favore [della ricorrente] per l’importo di 572 milioni di EUR (1 118,7 milioni di DEM) è incompatibile con il mercato comune.

Articolo 2

1. [La Repubblica federale di Germania] prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare [dalla ricorrente] l’aiuto di cui all’articolo 1, già posto illegalmente a sua disposizione.

(…)».

5        Con la sentenza del 1° luglio 2008 Deutsche Post/Commissione (T‑266/02, Racc., EU:T:2008:235; in prosieguo: la «sentenza di annullamento»), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. L’impugnazione proposta dalla Commissione nei confronti di detta sentenza è stata respinta con sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post (C‑399/08 P, Racc., EU:C:2010:481).

6        L’11 maggio 2004, la UPS Europe ha presentato una nuova denuncia alla Commissione, facendo valere che quest’ultima, nella decisione del 2002, non aveva esaminato tutte le misure pubbliche menzionate nella denuncia del 1994 e che i vantaggi di cui beneficiava la ricorrente superavano ampiamente l’importo di cui la Commissione aveva ordinato il recupero. A sua volta, il 16 luglio 2004, la TNT Post AG & Co. KG ha presentato una denuncia sostenendo che le tariffe dei servizi fatturati dalla ricorrente a una delle sue controllate erano eccessivamente basse e tali servizi erano finanziati mediante ricavi derivanti dal settore del trasporto postale.

7        Con lettera del 12 settembre 2007, la Commissione ha notificato alla Repubblica federale di Germania la propria decisione di avviare il procedimento previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE per quanto riguarda l’aiuto di Stato concesso dalle autorità tedesche a favore della Deutsche Post [aiuto di Stato C 36/07 (ex NN 25/07)] (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La decisione impugnata è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 19 ottobre 2007 (GU C 245, pag. 21), nella lingua facente fede (il tedesco), preceduta da una sintesi nelle altre lingue ufficiali.

8        Nella decisione impugnata, la Commissione ha rammentato, in primo luogo, i procedimenti avviati dal 1994 nei confronti della ricorrente in forza dell’articolo 87 CE. Essa ha rilevato la necessità di condurre un’indagine complessiva sull’insieme delle distorsioni della concorrenza derivanti dai fondi pubblici concessi alla ricorrente e al suo predecessore e ha indicato che il procedimento aperto con la decisione di avvio del 1999 sarebbe stato completato per integrare le informazioni recentemente comunicate e adottare una posizione definitiva sulla compatibilità di tali fondi con il Trattato CE (considerando da 1 a 15 della decisione impugnata).

9        In secondo luogo, la Commissione ha sottolineato che l’«indagine complementare» cui essa intendeva procedere «non [avrebbe] assolutamente sostituito la decisione del 2002», secondo cui «aiuti di Stato pari a EUR 572 milioni erano stati utilizzati per il sovvenzionamento incrociato di attività commerciali, ma senza pronunciarsi sul problema generale se [la ricorrente e il suo predecessore] avessero ricevuto una compensazione eccessiva [per lo svolgimento del loro compito di servizio d’interesse economico generale] mediante fondi pubblici». La Commissione ha chiarito che essa intendeva determinare se vi fosse stata una compensazione eccessiva, al di là di tali EUR 572 milioni, e ha annunciato che avrebbe esaminato l’insieme delle misure pubbliche adottate a vantaggio di dette imprese tra il 1° luglio 1989, data di creazione della DB‑Postdienst, e il 31 dicembre 2007, data presunta di cessazione del compito di servizio di interesse economico generale della ricorrente (considerando 15 della decisione impugnata).

10      In terzo luogo, la Commissione ha menzionato tre misure pubbliche di cui la DB-Postdienst e la ricorrente avevano beneficiato (considerando da 25 a 32, 38, 39 e da 40 a 48 della decisione impugnata).

11      In quarto luogo, la Commissione ha affermato che le tre misure di cui al precedente punto 10 erano aiuti di Stato o, se non lo erano, rischiavano di esserlo (considerando da 76 a 78 della decisione impugnata).

12      In quinto luogo, la Commissione ha indicato che avrebbe esaminato in che misura la compensazione accordata alla ricorrente e al suo predecessore era necessaria per garantire l’esecuzione di un compito di servizio di interesse economico generale (considerando 80 e 81 della decisione impugnata).

13      Infine, in sesto luogo, la Commissione ha invitato la Repubblica federale di Germania a «trasmettere la propria posizione entro un mese a decorrere dalla ricezione [della decisione impugnata]» e «a comunicare tutte le informazioni utili per l’analisi giuridica delle misure citate alla luce delle disposizioni che disciplinano gli aiuti di Stato».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 novembre 2007, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata e la condanna della Commissione alle spese.

15      Il 6 febbraio 2008, la Commissione ha depositato un controricorso presso la cancelleria del Tribunale con cui ha chiesto al Tribunale di respingere il ricorso di cui era stato investito in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato, e di condannare la ricorrente alle spese.

16      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 febbraio 2008, la UPS Europe e la UPS Deutschland Inc. & Co. OHG (in prosieguo, congiuntamente: la «UPS») hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

17      Con ordinanza del 9 luglio 2008, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento della UPS.

18      Con sentenza dell’8 dicembre 2011, Deutsche Post/Commissione (T‑421/07, Racc., EU:T:2011:720), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile e ha condannato la ricorrente a sopportare le sue spese nonché quelle sostenute dalla Commissione. La UPS è stata condannata a sopportare le proprie spese.

19      Con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 13 febbraio 2012, la ricorrente ha proposto impugnazione avverso la sentenza del Tribunale, in forza dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

20      Con sentenza del 24 ottobre 2013, Deutsche Post/Commissione (C‑77/12 P, in prosieguo: la «sentenza sull’impugnazione», EU:C:2013:695), la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale, rinviato la causa dinanzi a quest’ultimo e riservato le spese.

 Procedimento e conclusioni successivi al rinvio

21      In seguito alla sentenza sull’impugnazione e conformemente all’articolo 118, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, la causa è stata attribuita, con decisione del presidente del Tribunale del 13 novembre 2013, alla Prima Sezione.

22      Conformemente all’articolo 119, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, la ricorrente e la Commissione hanno depositato memorie contenenti osservazioni scritte presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 23 dicembre 2013 e il 19 febbraio 2014. Il 17 aprile 2014, la UPS ha rinunciato alla presentazione di una memoria contenente osservazioni scritte.

23      Il Tribunale ha posto quesiti alle parti nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura del 2 maggio 1991 ai quali queste ultime hanno risposto entro il termine stabilito. In particolare, il Tribunale, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia e ai fini di una gestione ottimale delle tre cause dinanzi ad esso pendenti che oppongono la ricorrente alla Commissione, vale a dire, in primo luogo, la presente causa, in secondo luogo, la causa T‑388/11, Deutsche Post/Commissione, e, in terzo luogo, la causa T‑152/12, Deutsche Post/Commissione, ha chiesto di conoscere l’opinione delle parti su quali potrebbero o dovrebbero essere le priorità per quanto riguarda l’ordine di trattazione di tali cause e la possibilità di sospendere una o più cause nell’attesa della pronuncia nelle cause restanti. Nella causa T‑388/11, Deutsche Post/Commissione, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione della Commissione C (2011) 3081 definitivo, del 10 maggio 2011, di estendere il procedimento di indagine formale in corso, riguardante gli aiuti di Stato concessi dalla Germania alla ricorrente a titolo di compensazione relativa ai suoi obblighi di servizio universale, alle sovvenzioni erogate dalle autorità tedesche a favore della ricorrente per i costi delle pensioni dei lavoratori aventi lo status di funzionario [aiuto di Stato C 36/27 (ex NN 25/07)]. Nella causa T‑152/12, Deutsche Post/Commissione, la ricorrente chiede l’annullamento degli articoli 1, 2 e da 4 a 6 della decisione 2012/636/UE della Commissione, del 25 gennaio 2012, relativa alle misure C 36/07 (ex NN 25/07) cui la Germania ha dato esecuzione a favore della ricorrente (GU L 289, pag. 1).

24      A seguito delle osservazioni delle parti, con ordinanza del 15 settembre 2014 del presidente della Prima Sezione del Tribunale nella causa T‑388/11, Deutsche Post/Commissione, e del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale nella causa T‑152/12, Deutsche Post/Commissione, tali due cause sono state sospese nell’attesa di una pronuncia definitiva nella presente causa.

25      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 9 gennaio 2015.

26      Nella sua memoria contenente osservazioni del 23 dicembre 2013, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      All’udienza, la ricorrente ha parzialmente desistito dal ricorso. Essa ha rinunciato a chiedere l’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha avviato il procedimento di indagine formale relativamente a determinate garanzie pubbliche concesse al suo predecessore e a se medesima. Essa ha mantenuto il ricorso per la parte restante, quindi, per quanto riguarda l’avvio del procedimento di indagine formale nel caso delle altre misure pubbliche oggetto della decisione impugnata (in prosieguo: le «misure controverse»).

28      La Commissione, sostenuta dalla UPS, chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il non luogo a statuire sul ricorso;

–        in subordine, respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sull’interesse ad agire

29      Secondo giurisprudenza consolidata, l’interesse ad agire del ricorrente relativamente all’oggetto del ricorso si valuta, a pena di irricevibilità, alla data in cui il ricorso è proposto. Inoltre, l’interesse di tale ricorrente a ottenere soddisfazione deve perdurare sino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1963, Forges de Clabecq/Alta Autorità, 14/63, Racc. , EU:C:1963:60, pag. 703, in particolare pag. 732, e del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, Racc., EU:C:2007:322, punto 42).

30      Nelle sue osservazioni dopo il rinvio, la Commissione afferma che l’interesse ad agire della ricorrente avverso la decisione impugnata è venuto meno come conseguenza dell’annullamento della decisione del 2002 e chiede al Tribunale di constatare che non vi è più luogo a statuire sul ricorso.

31      La Commissione ricorda che, nella sua sentenza sull’impugnazione, la Corte ha giudicato che il ricorso doveva essere considerato ricevibile al momento della sua presentazione, il 22 novembre 2007, nonostante l’annullamento della decisione del 2002, poiché, a tale data, detto annullamento non era ancora intervenuto. Tuttavia, la Corte non si sarebbe pronunciata sulla questione di sapere se, tenuto conto di tale annullamento, il ricorso era diventato successivamente privo di oggetto. A tale proposito, la Commissione rileva, da un lato, che il procedimento di indagine formale avviato dalla decisione di avvio del 1999 riguardava le misure controverse e, dall’altro, che l’unico effetto giuridico della decisione impugnata, vale a dire l’obbligo per la Repubblica federale di Germania di sospendere le misure controverse in corso di esecuzione, derivava già dalla decisione di avvio del 1999. Orbene, a causa dell’annullamento, il 1° luglio 2008, della decisione del 2002, il procedimento formale di indagine avviato dalla decisione di avvio del 1999 sarebbe stato integralmente riaperto. Peraltro, la Commissione rileva che, a seguito dell’annullamento della decisione del 2002, essa era tenuta, in forza dell’articolo 233 CE, a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comportava, compresa la chiusura, mediante decisione definitiva, del procedimento formale di indagine avviato. La Commissione conclude pertanto che l’annullamento della decisione impugnata non può più procurare un vantaggio alla ricorrente in quanto, da un lato, il procedimento di indagine formale rimarrebbe aperto e dovrebbe essere chiuso mediante una decisione definitiva e, dall’altro, l’obbligo di sospensione delle misure in corso di esecuzione continuerebbe a sussistere.

32      La ricorrente contesta gli argomenti della Commissione e afferma conservare un interesse ad agire avverso la decisione impugnata.

33      A tale proposito, occorre ricordare che l’interesse ad agire di cui alla giurisprudenza menzionata al precedente punto 29 costituisce una condizione di ricevibilità che deve altresì perdurare in caso di impugnazione fino alla pronuncia di merito. Secondo la giurisprudenza della Corte, un siffatto interesse esiste fintantoché l’impugnazione, con il suo esito, può procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta (sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, C‑550/07 P, Racc., EU:C:2010:512, punti 22 e 23).

34      Orbene, dal momento che, da un lato, l’annullamento della decisione del 2002 è intervenuto il 1° luglio 2008, prima, quindi, della pronuncia della sentenza sull’impugnazione e che, dall’altro, la Corte ha menzionato tale annullamento nella sua sentenza e non poteva pertanto ignorarne gli effetti, si deve constatare che, accogliendo l’impugnazione proposta dalla ricorrente, essa ha, implicitamente, ma necessariamente, considerato che la ricorrente conservasse un interesse ad agire avverso la decisione impugnata anche dopo l’annullamento della decisione del 2002.

35      A tale proposito, si deve peraltro considerare che la ricorrente conserva un interesse ad agire avverso la decisione impugnata tenuto conto delle circostanze particolari del caso di specie, vale a dire l’esistenza di plurime decisioni successive adottate dalla Commissione a partire dal 1999 riguardanti le misure adottate a suo favore e, in particolare, della circostanza che accogliere determinati argomenti invocati dalla ricorrente, riguardanti il rispetto del termine ragionevole, nell’ambito del presente ricorso, potrebbe comportare come conseguenza non solo l’annullamento della decisione impugnata, ma avere anche effetti sull’obbligo della Commissione di tenerne conto per quanto riguarda l’esame successivo di tali misure.

36      La domanda di non luogo a statuire presentata dalla Commissione deve, di conseguenza, essere respinta.

 Nel merito

37      A sostegno della sua domanda di annullamento parziale della decisione impugnata, la ricorrente solleva tre motivi che la Commissione, sostenuta dalla UPS, contesta. Il primo motivo verte su una violazione dei principi fondamentali del procedimento; il secondo, su una violazione dell’obbligo di motivazione; il terzo, su una violazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE e dell’articolo 88 CE.

38      Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente solleva plurime censure. Con la prima di tali censure, che occorre esaminare immediatamente, essa pone in discussione la possibilità, per la Commissione, di avviare il procedimento di indagine formale relativo alle misure controverse poiché queste ultime sono già state oggetto di un procedimento di indagine formale che si è concluso e il termine ragionevole per effettuare la necessaria indagine è stato superato. Da un lato, essa sostiene che, conformemente alla giurisprudenza, al fine di preservare il principio di tutela del legittimo affidamento, la Commissione non può esigere il recupero di un aiuto illegale dopo un periodo eccessivo di inattività. Dall’altro, il regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), nonché i principi generali del procedimento, in particolare il principio della certezza del diritto, impedirebbero la riapertura di un procedimento concluso.

39      La Commissione replica che il termine trascorso prima dell’adozione della decisione impugnata è ragionevole, tenuto conto, da un lato, della complessità dell’esame dei costi e dei ricavi della DB‑Postdienst e della ricorrente per più di 20 anni e, dall’altro, del fatto che, dopo aver adottato la decisione del 2002, essa aveva ricevuto informazioni che sollevavano nuovi quesiti. Peraltro, l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 prevedrebbe un termine di prescrizione di dieci anni per gli aiuti illegali e il legittimo affidamento non si fonda sul decorso dei termini laddove sia previsto un termine di prescrizione esplicito. Inoltre, la Commissione rammenta che essa era tenuta a riassumere il procedimento formale di indagine dopo l’annullamento della decisione del 2002, riassunzione che la decisione impugnata avrebbe semplicemente anticipato e che, poiché una decisione finale può essere revocata in forza dell’articolo 9 del regolamento n. 659/1999, essa non avrebbe necessariamente carattere definitivo.

40      Innanzitutto, si deve esaminare se, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia violato il regolamento n. 659/1999 nonché il principio di certezza del diritto.

41      In primo luogo, occorre rilevare che la Commissione, nelle sue osservazioni relative alla sentenza sull’impugnazione, e la ricorrente, nella sua risposta riguardante le misure di organizzazione del procedimento del Tribunale di cui al precedente punto 23 nonché al momento dell’udienza hanno confermato che le misure controverse erano già oggetto del procedimento di indagine formale avviato dalla decisione di avvio del 1999, come il Tribunale aveva già constatato ai punti da 56 a 60 della sentenza Deutsche Post/Commissione, punto 18 supra (EU:T:2011:720), senza che la Corte abbia rilevato nella sentenza sull’impugnazione l’esistenza di un qualsiasi errore su questo punto.

42      Si deve pertanto considerare che il procedimento di indagine formale relativo alle misure controverse è stato avviato nel 1999.

43      In secondo luogo, occorre rammentare, da un lato che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, applicabile al procedimento relativo agli aiuti illegali in forza dell’articolo 13, paragrafo 1, di detto regolamento, il procedimento di indagine formale si conclude con una decisione a norma dei paragrafi da 2 a 5 del medesimo articolo 7, salvo i casi di ritiro della notifica da parte dello Stato membro interessato e, dall’altro, che la Corte ha giudicato nella sentenza sull’impugnazione che, con la decisione del 2002, la Commissione aveva completamente chiuso il procedimento di indagine formale avviato nel 1999 (sentenza sull’impugnazione, punti da 56 a 64).

44      La decisione impugnata deve pertanto essere considerata, rispetto alle misure controverse, quale una decisione di riapertura di un procedimento di indagine formale.

45      In terzo luogo, occorre rilevare che l’articolo 9 del regolamento n. 659/1999 consente di revocare una decisione che ha chiuso il procedimento formale di indagine nel solo caso in cui essa si basi su informazioni inesatte fornite nel corso del procedimento e determinanti. Tale articolo indica altresì che, prima di revocare tale decisione e di adottarne una nuova, si deve avviare il procedimento di indagine formale.

46      L’articolo 9 del regolamento n. 659/1999 non costituisce, certamente, la sola possibilità, per la Commissione, di modificare una decisione di conclusione del procedimento di indagine formale.

47      Tale disposizione è, infatti, solo una manifestazione specifica del principio giuridico generale secondo cui è ammessa la revoca retroattiva di un atto amministrativo illegittimo che ha creato diritti soggettivi in particolare qualora l’atto amministrativo di cui trattasi sia stato adottato sulla base di indicazioni false o incomplete fornite dall’interessato. La possibilità di revocare retroattivamente un atto amministrativo illegittimo che ha creato diritti soggettivi non è tuttavia limitata a questa unica circostanza, poiché una siffatta revoca può essere sempre operata purché l’istituzione da cui l’atto promana rispetti le condizioni relative all’osservanza di un termine ragionevole e al rispetto del legittimo affidamento del beneficiario dell’atto che ha potuto fare affidamento sulla legittimità di quest’ultimo (v. sentenza del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione, T‑25/04, Racc., EU:T:2007:257, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

48      Tuttavia, come riconosce nelle sue memorie, la Commissione non ha mai preso in considerazione la possibilità di revocare o ritirare la decisione del 2002, né ha sostenuto che tale decisione fosse stata fondata su informazioni inesatte, ma ha giustificato l’avvio di un nuovo procedimento di indagine formale con la necessità di completare il procedimento avviato nel 1999 per integrare informazioni comunicate recentemente (considerando 14 della decisione impugnata). Peraltro, al considerando 15 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che tale decisione non sostituiva la decisione del 2002 (v. punto 9 supra).

49      La decisione impugnata non può quindi essere considerata una decisione di ritiro o di revoca dell’adottata decisione del 2002 o in forza dell’articolo 9 del regolamento n. 659/1999 o in applicazione del principio generale del diritto secondo cui la revoca retroattiva di un atto amministrativo illegittimo è ammessa in determinate circostanze.

50      In quarto luogo, si deve rilevare che nessuna disposizione del regolamento n. 659/1999 attribuisce alla Commissione la facoltà di riaprire un procedimento di indagine formale concluso e di adottare una nuova decisione senza revocare o ritirare la decisione di chiusura.

51      Vero è che il regolamento n. 659/1999 non vieta esplicitamente una tale riapertura. Tuttavia, essa sarebbe contraria al principio di certezza del diritto nonché alla ratio di detto regolamento il cui considerando 3 mostra che la necessità di accrescere la certezza del diritto è stato uno dei motivi della sua adozione e il cui considerando 9 indica che il procedimento di indagine formale è chiuso mediante una decisione «finale».

52      Infatti, da un lato, una tale riapertura implicherebbe la coesistenza, nell’ordinamento giuridico, di due decisioni incompatibili tra loro. Dall’altro, ammettere la possibilità, per la Commissione, di riaprire un procedimento di indagine formale concluso e di adottare una nuova decisione senza previamente revocare o ritirare la decisione di chiusura consentirebbe alla Commissione di ritornare in qualsiasi momento su tale decisione, impedendo alle parti coinvolte nel procedimento di indagine concluso di conseguire una qualche certezza sulla propria situazione giuridica.

53      Alla luce di quanto precede, si deve concludere nel senso che la decisione impugnata è stata adottata in violazione del regolamento n. 659/1999 e del principio di certezza del diritto in quanto ha riaperto il procedimento di indagine formale interamente chiuso dalla decisione del 2002, senza che quest’ultima fosse revocata o ritirata, affinché fosse adottata una nuova decisione.

54      All’udienza, la Commissione ha riconosciuto che la riapertura di un procedimento di indagine formale interamente concluso, come quello del caso di specie, era illegale in assenza di revoca o di ritiro della decisione di chiusura. Tuttavia, secondo la Commissione, si deve prendere in considerazione, nel caso di specie, la circostanza che l’annullamento della decisione del 2002 ha avuto come effetto di eliminare retroattivamente dall’ordinamento giuridico la decisione di conclusione del procedimento di indagine formale avviato nel 1999. La decisione impugnata sarebbe pertanto legittima.

55      Al riguardo, occorre rammentare che la legittimità di un atto deve essere valutata al momento dell’adozione dell’atto (sentenza del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione, 15/76 e 16/76, Racc., EU:C:1979:29, punto 7). Orbene, al momento dell’adozione della decisione impugnata, nel 2007, la sentenza di annullamento, pronunciata nel 2008, non esisteva ancora e la Commissione non poteva prenderla in considerazione. Peraltro, il successivo annullamento retroattivo della decisione del 2002 non osta a che si tenga conto della sua esistenza al momento della valutazione della situazione processuale esistente prima di detto annullamento, come emerge dalla sentenza sull’impugnazione in cui la Corte ha indicato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la decisione del 2002 faceva ancora parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea ed era ancora in vigore (sentenza sull’impugnazione, punti 65 e 66).

56      Inoltre, occorre rilevare che la decisione impugnata è stata adottata sulla premessa secondo cui la decisione del 2002 non aveva interamente chiuso il procedimento e che, di conseguenza, la prosecuzione del procedimento che ha condotto alla decisione impugnata ha costituito una «integrazione dell’indagine» (v. precedente punto 9). Orbene, come la Corte ha giudicato nella sentenza sull’impugnazione, tale premessa era errata e la Commissione non era legittimata ad adottare la decisione impugnata basandosi su tale premessa (v. precedente punto 53).

57      È certamente corretto ritenere che, in forza dell’articolo 231, primo comma, CE quando un ricorso di annullamento è fondato, il giudice dell’Unione dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato. Secondo giurisprudenza consolidata ne deriva che la decisione di annullamento del giudice dell’Unione elimina retroattivamente l’atto impugnato nei confronti di tutti gli amministrati [sentenze del 1° giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, C‑442/03 P e C‑471/03 P, Racc., EU:C:2006:356, punto 43, e del 12 febbraio 2008, CELF e ministre de la Culture et de la Communication, C‑199/06, Racc., EU:C:2008:79, punto 61]. Pertanto, a partire dalla sentenza di annullamento, la decisione del 2002 è stata eliminata retroattivamente.

58      L’annullamento della decisione del 2002, mediante la sentenza di annullamento, ha imposto alla Commissione di adottare i provvedimenti che l’esecuzione di tale sentenza comporta, conformemente all’articolo 233 CE. A tal fine, essa deve tener conto del fatto che tale decisione è stata eliminata retroattivamente.

59      In merito a quest’ultimo punto, occorre ricordare che l’istituzione da cui emana l’atto annullato, per conformarsi alla sentenza e dare ad essa piena esecuzione, è tenuta a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultimo discende e che ne costituisce il sostegno necessario nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo. Infatti, è questa motivazione che, in primo luogo, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, in secondo luogo, evidenzia le ragioni esatte dell’illegittimità accertata nel dispositivo e che l’istituzione interessata deve prendere in considerazione nel sostituire l’atto annullato (sentenza del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Racc., EU:C:1988:199, punto 27).

60      Pertanto, nel caso della riapertura di un procedimento di indagine formale concluso, si deve ritenere che, laddove la Commissione riapra un tale procedimento a seguito dell’annullamento della decisione di conclusione, essa si trovi giuridicamente in una situazione diversa da quella in cui si trovava al momento dell’adozione della decisione impugnata, che non si fondava sull’inesistenza della decisione del 2002.

61      Di conseguenza, la Commissione non può invocare validamente la sentenza di annullamento per sostenere la legittimità della decisione impugnata quando quest’ultima è stata adottata tenendo conto della decisione del 2002 che è stata annullata da tale sentenza. In tali circostanze, la decisione impugnata non può neppure costituire, contrariamente a quanto afferma la Commissione, una «anticipazione» della sentenza di annullamento.

62      Infine, l’annullamento della decisione di conclusione di un procedimento di indagine formale deve essere considerato, in assenza del ritiro o della revoca di tale decisione, un requisito formale necessario che precede la riapertura di detto procedimento. Le parti coinvolte nel procedimento di indagine formale sarebbero altrimenti poste in una situazione di incertezza in merito alla natura della decisione di riapertura, incompatibile con la necessità di accrescere la certezza del diritto che è uno dei motivi dell’adozione del regolamento n. 659/1999 (v. punto 51 supra).

63      Dalle considerazioni che precedono deriva che la Commissione non era legittimata ad adottare la decisione impugnata prima dell’annullamento della decisione del 2002. Pertanto, la prima censura sollevata dalla ricorrente nell’ambito del primo motivo è fondata.

64      Poiché il primo motivo deve essere accolto, la decisione impugnata deve essere annullata senza che sia necessario esaminare gli altri motivi, censure e argomenti presentati dalla ricorrente a sostegno delle sue conclusioni.

 Sulle spese

65      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese sostenute a titolo del ricorso di annullamento, ivi comprese quelle sostenute nel procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

66      La UPS sopporterà le proprie spese in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione del 12 settembre 2007 di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE per quanto riguarda l’aiuto di Stato concesso dalla Repubblica federale di Germania a favore della Deutsche Post AG [aiuto di Stato C 36/07 (ex NN 25/07)] è annullata nella parte in cui ha avviato il procedimento di indagine formale relativo alle misure pubbliche in questione, fatta eccezione per le garanzie di Stato concesse a favore della Deutsche Bundespost Postdienst e della Deutsche Post.

2)      La Commissione europea è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Deutsche Post a titolo del ricorso di annullamento, comprese quelle sostenute nel procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte.

3)      La UPS Europe NV/SA e la UPS Deutschland Inc. & Co. OHG sopporteranno le proprie spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 settembre 2015.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.