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Ricorso proposto il 27 febbraio 2023 – Medel e a./Commissione

(Causa T-116/23)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrenti: Magistrats européens pour la démocratie et les libertés (Medel) (Strasburgo, Francia), International Association of Judges (Roma, Italia), Association of European Administrative Judges (Treviri, Germania), Stichting Rechters voor Rechters (L’Aia, Paesi Bassi) (rappresentanti: C. Zatschler, SC, E. Egan McGrath, barrister-at-Law, A. Bateman e M. Delargy, solicitors)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare l’accordo di finanziamento tra la Commissione e la Repubblica di Polonia concluso in conformità all’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento 2021/241 e datato 24 agosto 2022;

annullare l’accordo di prestito tra la Commissione e la Repubblica di Polonia, concluso in conformità all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 2021/241 e datato 24 agosto 2022; e

condannare la Commissione a sopportare le proprie spese e quelle dei ricorrenti.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono sei motivi.

Primo motivo, vertente sull’invalidità della decisione di esecuzione del Consiglio del 17 giugno 2022, relativa all’approvazione della valutazione del piano di ripresa e di resilienza per la Polonia (in prosieguo: la «decisione di esecuzione del Consiglio»), sulla base della quale sono stati stipulati dalla Commissione i contratti di finanziamento e di prestito summenzionati (in prosieguo: i «contratti di finanziamento e di prestito controversi»), in quanto il Consiglio avrebbe ignorato la giurisprudenza della Corte di giustizia derivante dalla sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C-585/18, C-624/18 e C-625/18, EU:C:2019:982), dalla sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C-791/19, EU:C:2021:596), dall’ordinanza dell’8 aprile 2020, Commissione/Polonia (C-791/19 R, EU:C:2020:277) e dall’ordinanza della vicepresidente della Corte del 14 luglio 2021, Commissione/Polonia (C-204/21 R, EU:C:2021:593), e avrebbe violato gli articoli 2 e 13, paragrafo 2, TUE.

I ricorrenti sostengono, inoltre, nell’ambito di tale motivo, che il Consiglio avrebbe ecceduto la propria competenza nei limiti in cui ha inteso stabilire in che modo la Polonia dovesse conformarsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alla Sezione disciplinare della Corte suprema della Polonia (in prosieguo: la «Sezione disciplinare»).

Secondo motivo, vertente sull’invalidità della decisione di esecuzione del Consiglio per violazione degli articoli 2 e 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «Carta»), come autorevolmente interpretati dalla Corte di giustizia.

A sostegno di tale motivo, i ricorrenti affermano che le tappe su cui si fonda la decisione di esecuzione del Consiglio violerebbero gli articoli 2 e 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 47 della Carta, in quanto essi:

attribuiscono effetti giuridici alle decisioni della Sezione disciplinare anziché considerarle nulle,

impongono oneri procedurali aggiuntivi, incertezza e ritardi ai giudici interessati da decisioni illegittime della Sezione disciplinare esigendo che i giudici in questione avviino un nuovo procedimento dinanzi a una sezione di nuova costituzione della Corte suprema per riabilitare la propria reputazione; e

non prevedono, inoltre, che i giudici in questione siano quanto meno provvisoriamente reintegrati in attesa dell’esito del procedimento di riesame.

Terzo motivo, vertente sull’invalidità della decisione di esecuzione del Consiglio in quanto le tappe F1G, F2G e F3G previste nella decisione di esecuzione del Consiglio sarebbero insufficienti a ristabilire una tutela giurisdizionale effettiva in Polonia, che è un requisito essenziale per il funzionamento di un sistema di controllo interno. I ricorrenti sostengono che la decisione di esecuzione del Consiglio violerebbe, pertanto, gli articoli 20, paragrafo 5, lettera e), e 22 del regolamento (UE) n. 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU 2021, L 57, pag. 17), nonché l’articolo 325 TFUE, che impongono controlli interni efficaci ed efficienti.

Quarto motivo, vertente sull’invalidità della decisione di esecuzione del Consiglio, in quanto quest’ultimo sarebbe incorso in un errore di diritto e/o avrebbe commesso errori manifesti di valutazione applicando l’articolo 19, paragrafo 3, del regolamento 2021/241 per approvare le tappe in quanto «modalità adeguate» per prevenire, individuare e rettificare la corruzione in Polonia.

Quinto motivo, vertente sull’invalidità della decisione di esecuzione del Consiglio, in quanto quest’ultimo non l’avrebbe adeguatamente motivata, violando così l’articolo 296 TFUE, l’articolo 41 della Carta e i principi del diritto dell’Unione.

Sesto motivo, vertente sul fatto che gli accordi di finanziamento e di prestito controversi stipulati dalla Commissione eccederebbero i poteri conferiti alla Commissione ai sensi della decisione di esecuzione del Consiglio e del regolamento (UE) n. 2021/241, e pertanto violerebbero il diritto dell’Unione europea in quanto gli articoli 6, paragrafo 5, e 18, paragrafo 1, dell’accordo di finanziamento e gli articoli 7, paragrafo 5, e 28, paragrafo 1, dell’accordo di prestito prevedono la possibilità di erogare i finanziamenti anche senza che siano state raggiunte le tappe fondamentali dello Stato di diritto F1G, F2G e F3G, previste dalla decisione di esecuzione del Consiglio.

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