Language of document : ECLI:EU:C:2016:616

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

28 luglio 2016 (*)

«Ricorso di annullamento – Relazioni esterne dell’Unione europea – Accesso della Confederazione svizzera al mercato interno – Contributo finanziario della Confederazione svizzera alla coesione economica e sociale in un’Unione allargata – Memorandum d’intesa su un contributo finanziario della Confederazione svizzera destinato agli Stati divenuti membri in esito all’allargamento del 2004 – Allargamento dell’Unione alla Repubblica di Croazia – Addendum al memorandum d’intesa relativo al contributo finanziario svizzero in favore della Repubblica di Croazia – Firma dell’addendum da parte della Commissione europea in nome dell’Unione senza l’autorizzazione preventiva del Consiglio dell’Unione europea – Competenza – Articolo 13, paragrafo 2, articolo 16, paragrafi 1 e 6, nonché articolo 17, paragrafo 1, TUE – Principi di attribuzione delle competenze, di equilibrio istituzionale e di leale cooperazione»

Nella causa C‑660/13,

avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 13 dicembre 2013,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Elera-San Miguel Hurtado, E. Finnegan e P. Mahnič, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil, E. Ruffer e M. Hedvábná, in qualità di agenti,

Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze e B. Beutler, in qualità di agenti,

Repubblica ellenica, rappresentata da S. Chala e M. Tassapoulou, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues, D. Colas, F. Fize e N. Rouam, in qualità di agenti,

Repubblica di Lituania, rappresentata da D. Kriaučiūnas e J. Nasutavičienè, in qualità di agenti,

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e G. Szima, in qualità di agenti,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M. Bulterman, M. Gijzen e M. Noort, in qualità di agenti,

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

Repubblica di Finlandia, rappresentata da J. Heliskoski e H. Leppo, in qualità di agenti,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da J. Kraehling, C. Brodie, S. Behzadi-Spencer e E. Jenkinson, in qualità di agenti, assistiti da J. Holmes, barrister,

intervenienti,

contro

Commissione europea, rappresentata da S. Pardo Quintillán e T. Scharf, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen, T. von Danwitz (relatore), C. Toader e D. Šváby, presidenti di sezione, A. Rosas, E. Juhász, M. Safjan, M. Berger, A. Prechal, E. Jarašiūnas e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 giugno 2015,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 novembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il Consiglio dell’Unione europea chiede alla Corte l’annullamento della decisione C(2013) 6355 final della Commissione, del 3 ottobre 2013, concernente la firma dell’addendum al memorandum d’intesa relativo a un contributo finanziario della Confederazione svizzera (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        La Confederazione svizzera, dopo aver rifiutato, il 6 dicembre 1992, l’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), ha stipulato una serie di accordi bilaterali con l’Unione europea e i suoi Stati membri, in specifici settori. Nell’aprile 2003, il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato talune conclusioni che autorizzavano la Commissione europea a negoziare con la Confederazione svizzera gli adeguamenti all’accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone (GU 2002, L 114, pag. 6) necessari in vista dell’allargamento dell’Unione nel mese di maggio 2004. Inoltre, nelle medesime conclusioni, il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare un accordo relativo a un contributo finanziario alla coesione economica e sociale in un’Unione allargata in conformità alle direttive di negoziato allegate alle medesime conclusioni e in consultazione con il gruppo di lavoro Associazione europea di libero scambio (in prosieguo: il «gruppo di lavoro EFTA»).

3        Secondo tali direttive di negoziato, l’obiettivo era quello di negoziare «un contributo finanziario per ridurre le disparità economiche e sociali in un’[Unione] allargata». Nelle suddette direttive di negoziato, si affermava inoltre che «in cambio del libero accesso al mercato interno allargato, la [Confederazione svizzera] dovrebbe fornire un contributo finanziario alla coesione economica e sociale [all’interno dell’Unione] allargata in modo comparabile alla Norvegia, all’Islanda e al Liechtenstein».

4        In sede di negoziati con la Confederazione svizzera, quest’ultima ha indicato che, a motivo di limitazioni interne ad essa, non avrebbe potuto essere concluso alcun accordo vincolante relativo a un siffatto contributo finanziario e che pertanto, al termine dei negoziati, si sarebbe dovuto elaborare un memorandum d’intesa che doveva essere seguito dalla conclusione di accordi bilaterali con ciascuno Stato membro beneficiario.

5        Il 27 febbraio 2006 il memorandum d’intesa è stato firmato dal Consiglio federale svizzero, dal presidente del Consiglio e dalla Commissione (in prosieguo: il «memorandum d’intesa»). Ai sensi del punto 1 di tale memorandum d’intesa, il presidente del Consiglio e il Consiglio federale svizzero hanno elaborato talune «linee direttrici» secondo cui quest’ultimo avrebbe negoziato con i dieci nuovi Stati membri elencati nel memorandum d’intesa accordi relativi a un contributo finanziario svizzero, per un periodo di cinque anni a decorrere dall’approvazione dello stanziamento corrispondente da parte del Parlamento svizzero, di importo complessivo pari a un miliardo di franchi svizzeri (CHF) (circa EUR 905 422 671,45).

6        Secondo il punto 8 di detto memorandum d’intesa, il Consiglio federale svizzero avrebbe proposto al Parlamento svizzero di approvare un contributo finanziario di un miliardo di CHF (circa EUR 905 422 671,45). A termini del punto 2 del memorandum d’intesa, attraverso tale contributo avrebbero potuto essere finanziati progetti nonché programmi regionali e nazionali. Il punto 5 del memorandum d’intesa ha previsto che il Consiglio federale svizzero e la Commissione s’impegnassero a informare periodicamente in merito all’attuazione del contributo finanziario svizzero. Inoltre, la Commissione si è impegnata a valutare la compatibilità dei progetti e dei programmi proposti con gli obiettivi dell’Unione e ad informarne il Consiglio federale svizzero.

7        Il 25 giugno 2008 il consigliere federale della Confederazione svizzera, il presidente del Consiglio e la Commissione hanno firmato un addendum al memorandum d’intesa negoziato dal presidente del Consiglio con l’assistenza della Commissione, avente ad oggetto l’adeguamento del contributo finanziario svizzero all’adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania all’Unione europea.

8        Il 20 dicembre 2012 il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato talune conclusioni nelle quali, in particolare, hanno preso atto dell’auspicio della Repubblica di Croazia di beneficiare di un contributo finanziario svizzero proporzionale agli importi concordati negli anni 2006 e 2008 per gli altri Stati membri. Inoltre, hanno invitato la Commissione, in stretta cooperazione con la presidenza del Consiglio, «ad avviare le discussioni necessarie» con il Consiglio federale svizzero ai fini del conseguimento di un contributo finanziario svizzero in favore della Repubblica di Croazia e a consultare periodicamente il gruppo di lavoro EFTA in merito allo stato di avanzamento delle discussioni (in prosieguo: le «conclusioni del 2012»).

9        Lo stesso giorno, la Commissione ha fatto una dichiarazione, trascritta nel verbale della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), esprimendo il suo parere secondo cui le predette conclusioni costituivano una decisione politica ai sensi dell’articolo 16 TUE, il quale conferisce al Consiglio il potere di definire le politiche dell’Unione, così che tali conclusioni dovevano essere considerate come una decisione politica del Consiglio e non degli Stati membri.

10      Il 25 luglio 2013 la Commissione ha informato il gruppo di lavoro EFTA che i negoziati con la Confederazione svizzera si erano conclusi con successo.

11      Il 3 ottobre 2013 la Commissione ha adottato, sulla base dell’articolo 17 TUE, la decisione impugnata, il cui punto 8 enuncia che «[l]’addendum proposto non fa sorgere né è destinato a far sorgere obblighi vincolanti o giuridici per alcuna delle parti ai sensi del diritto nazionale o internazionale». L’articolo unico di tale decisione prevede che la Commissione approvi l’addendum al [memorandum d’intesa] relativo al contributo finanziario svizzero in favore della Repubblica di Croazia (in prosieguo: l’«addendum del 2013») e che la Commissione autorizzi il suo vicepresidente incaricato delle relazioni esterne e il suo membro responsabile per la politica regionale a firmare tale addendum in nome dell’Unione.

12      Nel corso delle riunioni del gruppo di lavoro EFTA del 15 e 23 ottobre 2013, gli Stati membri e il Consiglio hanno contestato la decisione della Commissione di firmare l’addendum del 2013 senza l’autorizzazione preventiva del Consiglio. Essi hanno affermato che la Commissione non aveva tenuto conto del ruolo degli Stati membri a tal riguardo. Nel corso della riunione del 31 ottobre 2013, detto gruppo di lavoro ha redatto un progetto di conclusioni, al fine di sottoporlo al Consiglio e ai rappresentanti dei governi degli Stati membri, nel quale si incaricava il presidente del Consiglio di firmare l’addendum del 2013 e si confermava che il mandato conferito alla Commissione era quello di esercitare funzioni di coordinamento e di supervisione nonché di firmare tale addendum. Durante questa riunione, il servizio europeo per l’azione esterna ha fatto presente che la Commissione aveva espresso il proprio dissenso in merito alle conclusioni previste.

13      Il 7 novembre 2013 il vicepresidente della Commissione incaricato delle relazioni esterne e il membro responsabile per la politica regionale hanno firmato l’addendum del 2013 in nome dell’Unione.

14      Ai sensi di tale addendum, il Consiglio federale svizzero accetta di negoziare con la Repubblica di Croazia un accordo relativo a un contributo finanziario di CHF 45 milioni (circa EUR 40 744 020,22) per un periodo di cinque anni a decorrere dall’approvazione dello stanziamento da parte del Parlamento svizzero ed esprime la propria volontà di impegnarsi a versare detto contributo fino al 31 maggio 2017. Inoltre, il Consiglio federale svizzero accetta di proporre al Parlamento svizzero di approvare tale contributo.

15      Il 19 novembre 2013 il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno formalmente adottato le conclusioni del Consiglio nelle quali si incaricava il presidente di quest’ultimo di firmare l’addendum del 2013 e si conferiva alla Commissione il mandato ad esercitare funzioni di coordinamento e di supervisione. Il 9 dicembre 2013 il Consiglio ha adottato una posizione in cui esprimeva, in particolare, il proprio dissenso sul modo in cui la Commissione aveva agito.

16      Il 30 giugno 2015 la Confederazione svizzera e la Repubblica di Croazia hanno firmato un accordo quadro bilaterale riguardante l’attuazione del Programma di cooperazione svizzero-croato per la riduzione delle disparità economiche e sociali nell’ambito dell’Unione allargata.

 Conclusioni delle parti e procedura dinanzi alla Corte

17      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        mantenere gli effetti di quest’ultima sino alla sua sostituzione, e

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso e

–        condannare il Consiglio alle spese.

19      La Repubblica ceca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, la Repubblica di Lituania, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Finlandia nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Il Regno dei Paesi Bassi non ha tuttavia preso parte ad alcuna fase del presente procedimento.

 Sul ricorso

20      A sostegno del suo ricorso, il Consiglio solleva due motivi. Il primo è basato su una violazione del principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché del principio dell’equilibrio istituzionale. Il secondo verte su una violazione del principio di leale cooperazione sancito da questa stessa disposizione.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

21      Secondo il Consiglio, sostenuto dall’insieme degli Stati membri intervenienti, l’adozione, da parte della Commissione, della decisione impugnata e la firma dell’addendum del 2013 in assenza di autorizzazione preventiva del Consiglio integrano una violazione del principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE e, di conseguenza, del principio dell’equilibrio istituzionale.

22      Il memorandum d’intesa che prevede il contributo finanziario svizzero e i suoi addenda costituirebbero accordi non vincolanti che contengono un impegno politico delle parti. Non sarebbe dunque applicabile l’articolo 218 TFUE e il Trattato FUE non prevederebbe alcuna procedura specifica relativa ai loro negoziati e alla loro conclusione. Nondimeno, detta disposizione sarebbe pertinente in quanto rifletterebbe la ripartizione generale delle competenze tra le istituzioni, quale sancita agli articoli 16 e 17 TUE.

23      Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte derivante dalla sentenza del 23 marzo 2004, Francia/Commissione (C‑233/02, EU:C:2004:173, punto 40), il Consiglio deduce che il fatto che un atto sia privo di forza vincolante non è sufficiente ad investire la Commissione della competenza ad adottarlo. Infatti, tale istituzione, ai sensi dell’articolo 17 TUE, non disporrebbe della competenza di firmare un accordo internazionale non vincolante, quale l’addendum del 2013, in nome dell’Unione senza l’autorizzazione preventiva del Consiglio. Pertanto, la Commissione si sarebbe arrogata il potere di decisione sulla politica dell’Unione e avrebbe violato il principio di attribuzione delle competenze sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, prima frase, TUE e, di conseguenza, il principio dell’equilibrio istituzionale.

24      Così, la Commissione avrebbe deciso la politica dell’Unione disponendo unilateralmente di autorizzare la firma dell’addendum del 2013 e, quindi, di accettarne il contenuto senza che il Consiglio avesse avuto la possibilità di definire la sua posizione a tal riguardo. Inoltre, la Commissione avrebbe deciso la politica dell’Unione stabilendo di trattare l’addendum del 2013 come rientrante nell’ambito della competenza esclusiva dell’Unione e di cambiare i firmatari di tale addendum firmandolo essa soltanto in nome dell’Unione. Procedendo alla firma dell’addendum del 2013, la Commissione avrebbe agito in contrasto con la posizione esplicitamente espressa dal Consiglio.

25      La Commissione condivide la posizione espressa dal Consiglio e dagli Stati membri secondo cui il memorandum d’intesa così come gli addenda a quest’ultimo sono atti non vincolanti, posizione che sarebbe condivisa anche dalla Confederazione svizzera. Come il Consiglio, la Commissione sostiene che la procedura di cui all’articolo 218 TFUE non si applichi dunque al caso di specie, e che pertanto si debba rispettare il principio di attribuzione delle competenze sancito all’articolo 13, paragrafo 2, all’articolo 16, paragrafo 1, ed all’articolo 17, paragrafo 1, TUE. Il disaccordo interistituzionale verterebbe unicamente sulla procedura da seguire per l’approvazione e la firma di tali atti.

26      A tal proposito, la Commissione afferma che, conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, TUE, spetta al Consiglio definire la politica dell’Unione e assicurare la coerenza dell’azione esterna dell’Unione. La Commissione, dal canto suo, deve dare esecuzione a tale politica e assicurare la rappresentanza esterna dell’Unione. Il ruolo ad essa conferito dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE a tal riguardo implicherebbe che essa goda di una certa autonomia. Tale disposizione l’abiliterebbe direttamente a dare esecuzione ad una politica dell’Unione e a firmare atti non vincolanti di natura politica in nome dell’Unione, dato che essi riflettono una posizione stabilita dal Consiglio, senza che occorra una autorizzazione preventiva da parte di quest’ultimo. Inoltre, la firma di un atto non vincolante, quale l’addendum del 2013, sarebbe un atto di rappresentanza esterna, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di una posizione politica previamente fissata dal Consiglio. Come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte derivante dalla sentenza del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia (C‑246/07, EU:C:2010:203, punto 77), non sarebbe indispensabile che una posizione comune rivesta una forma determinata per esistere.

27      Nel caso di specie, le conclusioni del 2012 costituirebbero una decisione politica dell’Unione, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE, mediante la quale il Consiglio avrebbe determinato, nel contesto della politica consolidata dell’Unione, che il contributo finanziario svizzero in favore della Repubblica di Croazia doveva corrispondere agli stessi criteri di calcolo utilizzati e concordati nel memorandum d’intesa e nell’addendum firmato il 25 giugno 2008. La decisione impugnata non si sarebbe discostata da siffatta posizione, circostanza che il Consiglio, del resto, non ha dedotto. Inoltre, il Consiglio non avrebbe sollevato alcuna obiezione né per quanto riguarda l’esito dei negoziati con la Confederazione svizzera né per quanto riguarda la sostanza della decisione impugnata, essendo le sue obiezioni esclusivamente di natura procedurale.

28      Inoltre, la firma dell’addendum del 2013 rientrerebbe nelle funzioni di esecuzione e di gestione che la Commissione si è impegnata ad assumere nell’ambito del memorandum d’intesa e degli addenda ad essi relativi. Tali funzioni di esecuzione e di gestione sarebbero altresì conferite alla Commissione in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE.

29      Infine, la Commissione deduce che l’argomento del Consiglio riguardante il contenuto dell’addendum del 2013 e il fatto che quest’ultimo non corrisponda alle conclusioni del 2012 è irricevibile, in quanto sarebbe stato invocato per la prima volta nella memoria di replica. In ogni caso, siffatto argomento non atterrebbe alle competenze di quest’ultimo, bensì alla natura dell’addendum del 2013 e, pertanto, non troverebbe alcun fondamento nell’articolo 16 TUE.

 Giudizio della Corte

30      Con il suo primo motivo, il Consiglio, sostenuto dall’insieme degli Stati membri intervenienti, deduce sostanzialmente che la Commissione era incompetente, in assenza di autorizzazione preventiva del Consiglio, ad adottare la decisione impugnata, recante autorizzazione a firmare l’addendum del 2013 in nome dell’Unione, e che, di conseguenza, nell’adottare tale decisione essa ha violato il principio di attribuzione delle competenze ex articolo 13, paragrafo 2, TUE e il principio dell’equilibrio istituzionale.

31      A tal riguardo, occorre ricordare che i Trattati hanno instaurato un sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione, secondo il quale ciascuna svolge una propria specifica funzione nella struttura istituzionale dell’Unione e nella realizzazione dei compiti ad essa affidati (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 1990, causa C‑70/88, Parlamento/Consiglio, EU:C:1990:217, punto 21).

32      In tal senso, l’articolo 13, paragrafo 2, TUE prevede che ciascuna istituzione dell’Unione agisca nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai Trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Tale disposizione traduce il principio dell’equilibrio istituzionale, che caratterizza la struttura istituzionale dell’Unione, il quale comporta che ogni istituzione eserciti le proprie competenze nel rispetto di quelle delle altre istituzioni (sentenze del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punto 64, e del 6 ottobre 2015, Consiglio/Commissione, C‑73/14, EU:C:2015:663, punto 61).

33      Relativamente ai poteri del Consiglio, l’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, TUE prevede che esso eserciti funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati. Per quanto riguarda, in particolare, l’azione esterna dell’Unione, l’articolo 16, paragrafo 6, terzo comma, TUE dispone che il Consiglio Affari esteri elabori l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicuri la coerenza dell’azione dell’Unione.

34      In merito ai poteri della Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, prima, quinta e sesta frase, TUE, quest’ultima promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine, esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati ed assicura la rappresentanza esterna dell’Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati.

35      La Commissione sostiene che la firma di un atto non vincolante costituisce un atto di rappresentanza esterna dell’Unione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, purché tale accordo non vincolante rifletta una posizione o una politica dell’Unione già fissata dal Consiglio. In una simile ipotesi, la firma di un tale atto non vincolante non necessiterebbe dell’autorizzazione preventiva del Consiglio. Nel caso di specie, quest’ultimo avrebbe stabilito, nelle conclusioni del 2012, una «posizione dell’Unione». Poiché l’addendum del 2013 sarebbe conforme a tale posizione, la Commissione poteva, a suo avviso, procedere alla firma del medesimo addendum senza ottenere l’autorizzazione preventiva del Consiglio a tal fine.

36      In proposito, va rilevato che la mera circostanza che la Commissione disponga di un potere di rappresentanza esterna dell’Unione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, non è sufficiente per rispondere all’interrogativo, sollevato dal primo motivo del Consiglio, se il rispetto del principio di attribuzione delle competenze sancito all’articolo 13, paragrafo 2, TUE esigesse che la firma dell’addendum del 2013 da parte della Commissione, in nome dell’Unione, fosse autorizzato preventivamente dal Consiglio (v. per analogia, relativamente all’articolo 335 TFUE, sentenza del 6 ottobre 2015, Consiglio/Commissione, C‑73/14, EU:C:2015:663, punti 59 e 60).

37      Per quanto riguarda le conclusioni del 2012, benché esse autorizzino la Commissione «ad avviare le discussioni necessarie» con il Consiglio federale svizzero ai fini del conseguimento di un contributo finanziario svizzero in favore della Repubblica di Croazia, esse non contengono tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 115 delle sue conclusioni, autorizzazioni che consentano alla Commissione di firmare, in nome dell’Unione, l’addendum scaturito da tali negoziati. A tal riguardo, la Commissione non ha nemmeno dedotto elementi atti a far considerare che il Consiglio le abbia accordato, nelle conclusioni del 2012, il potere di firmare l’addendum del 2013.

38      Ciò posto, non si può ritenere che la Commissione sia stata abilitata, in forza del suo potere di rappresentanza esterna ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, a firmare un accordo non vincolante frutto di negoziati condotti con un paese terzo.

39      Infatti, la circostanza che la decisione recante la firma di un accordo con un paese terzo rientri nell’ambito delle competenze dell’Unione, indipendentemente dal fatto che tale accordo sia o meno vincolante, comporta la necessità di valutare, nel rispetto delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo nonché dei principi e degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati all’articolo 21, paragrafi 1 e 2, TUE, gli interessi dell’Unione nell’ambito delle relazioni con il paese terzo interessato e di operare ponderazioni tra gli interessi divergenti rientranti nell’ambito di tali relazioni.

40      Quindi, una decisione recante firma di un accordo non vincolante come quello oggetto del presente caso fa parte degli atti di definizione delle politiche dell’Unione e di elaborazione dell’attività esterna di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, seconda frase, e paragrafo 6, terzo comma, TUE.

41      Il fatto che il Consiglio abbia già espresso una valutazione degli interessi dell’Unione al momento dell’adozione della decisione volta all’avvio dei negoziati che sono sfociati nell’elaborazione di un accordo non vincolante non può rimettere in discussione tale analisi.

42      Infatti, la firma di un accordo non vincolante implica la valutazione, da parte dell’Unione, della questione di sapere se tale accordo corrisponda sempre al suo interesse, quale definito dal Consiglio in particolare nella decisione recante avvio dei negoziati relativi alla conclusione dell’accordo.

43      Detta valutazione esige una verifica, in particolare, del contenuto concreto dell’accordo non vincolante scaturito dai negoziati condotti con un paese terzo, quale l’addendum del 2013, contenuto che non può essere né prestabilito né previsto al momento della decisione di avviare tali negoziati. Così, il mero fatto che il contenuto di un accordo non vincolante negoziato dalla Commissione con un paese terzo corrisponda al mandato di negoziazione conferito dal Consiglio non può essere sufficiente ad investire la Commissione del potere di firmare un simile atto non vincolante senza l’autorizzazione preventiva del Consiglio, adducendo che tale autorizzazione sarebbe insita in una posizione già espressa da quest’ultimo.

44      Nel caso di specie, va aggiunto che, certamente, come sostenuto dalla Commissione, il contributo aggiuntivo della Confederazione svizzera menzionato nell’addendum del 2013 necessitava dell’approvazione del relativo stanziamento da parte del Parlamento svizzero. Inoltre, le modalità di erogazione di tale contributo dovevano essere oggetto di ulteriori negoziati tra la Confederazione svizzera e la Repubblica di Croazia.

45      Tuttavia, oltre a quanto osservato ai punti da 39 a 43 della presente sentenza, gli elementi, menzionati al punto 1 di detto addendum, relativi all’importo stesso di detto contributo, segnatamente CHF 45 milioni (circa EUR 40 744 020,22), e alla durata di quest’ultimo costituiscono aspetti essenziali della definizione della politica dell’Unione nell’ambito dell’adeguamento del contributo finanziario svizzero in seguito all’accesso della Confederazione svizzera a un mercato interno allargato in seguito all’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione.

46      Da quanto precede risulta che la firma da parte della Commissione, in nome dell’Unione, dell’addendum del 2013 necessitava dell’autorizzazione preventiva del Consiglio. Pertanto, quando ha firmato l’addendum del 2013 in nome dell’Unione senza autorizzazione preventiva del Consiglio, la Commissione ha violato il principio di attribuzione delle competenze di cui all’articolo 13, paragrafo 2, TUE nonché il principio dell’equilibrio istituzionale.

47      Ne consegue che il primo motivo è fondato.

48      Occorre dunque annullare la decisione impugnata, senza che occorra esaminare il secondo motivo dedotto dal Consiglio a sostegno del suo ricorso.

 Sulla domanda di mantenimento degli effetti della decisione impugnata

49      Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica francese, dall’Ungheria nonché dalla Repubblica di Finlandia, chiede alla Corte, in caso di annullamento della decisione impugnata, di mantenere gli effetti di quest’ultima sino all’adozione di una nuova decisione.

50      Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte, ove lo reputi necessario, può precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

51      A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in considerazione di motivi di certezza del diritto, gli effetti di un tale atto possono essere mantenuti in particolare quando gli effetti immediati del suo annullamento comporterebbero conseguenze negative gravi per i soggetti interessati e la legittimità dell’atto impugnato sia contestata non a causa della sua finalità o del suo contenuto, ma per motivi attinenti all’incompetenza del suo autore o alla violazione di forme sostanziali (sentenza del 26 novembre 2014, Parlamento e Commissione/Consiglio, C‑103/12 e C‑165/12, EU:C:2014:2400, punto 90, nonché giurisprudenza citata).

52      Nella fattispecie, si deve osservare che la decisione impugnata ha reso possibile la firma dell’addendum del 2013 mediante il quale la Commissione ha approvato, in nome dell’Unione, l’esito dei negoziati tra essa e la Confederazione svizzera e l’impegno politico di quest’ultima contenuto in detto addendum.

53      L’annullamento della decisione impugnata senza mantenerne gli effetti potrebbe generare conseguenze negative riguardo alle relazioni dell’Unione con la Confederazione svizzera.

54      Di conseguenza, è necessario che la Corte eserciti il potere conferitole dall’articolo 264, secondo comma, TFUE e mantenga gli effetti della decisione impugnata sino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova decisione destinata a sostituirla.

 Sulle spese

55      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

56      Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la Repubblica ceca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, la Repubblica di Lituania, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Finlandia nonché il Regno Unito, intervenuti nella presente controversia, sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2013) 6355 final della Commissione, del 3 ottobre 2013, concernente la firma dell’addendum al memorandum d’intesa relativo a un contributo finanziario della Confederazione svizzera, è annullata.

2)      Gli effetti della decisione C(2013) 6355 final della Commissione sono mantenuti sino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova decisione destinata a sostituirla.

3)      La Commissione europea è condannata alle spese.

4)      La Repubblica ceca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, la Repubblica di Lituania, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Finlandia nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.