Language of document : ECLI:EU:C:2024:301

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

11 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2008/118/CE – Articolo 1, paragrafo 2 – Accise – Elettricità – Normativa nazionale che istituisce un’imposta addizionale all’accisa sull’energia elettrica – Assenza di finalità specifiche – Imposta addizionale ritenuta contraria alla direttiva 2008/118/CE dai giudici nazionali – Recupero dell’imposta indebitamente pagata consentito al consumatore finale nei confronti del solo fornitore – Articolo 288 TFUE – Effetto diretto – Principio di effettività»

Nella causa C‑316/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Como (Italia), con ordinanza del 28 aprile 2022, pervenuta in cancelleria l’11 maggio 2022, nel procedimento

Gabel Industria Tessile SpA,

Canavesi SpA

contro

A2A Energia SpA,

Energit SpA,

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, Z. Csehi, M. Ilešič (relatore), I. Jarukaitis e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza del 13 settembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo spagnolo, da A. Ballesteros Panizo e J. Rodríguez de la Rúa Puig, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia e F. Moro, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni presentate dall’avvocato generale all’udienza del 16 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE e sul principio di effettività.

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di due procedimenti riuniti dinanzi al giudice a quo che oppongono, da un lato, la Gabel Industria Tessile SpA alla A2A Energia SpA, e, dall’altro, la Canavesi SpA alla Energit SpA e all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Italia), in merito a domande volte a ottenere il rimborso delle somme versate dalla Gabel Industria Tessile e dalla Canavesi, nel corso degli anni 2010 e 2011, alla A2A Energia ed alla Energit, a titolo di un’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità, prevista dalla normativa italiana.

 Contesto giuridico

 Diritto dellUnione

3        La direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12), è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (GU 2020, L 58, pag. 4). Nondimeno, la direttiva 2008/118 rimane applicabile ratione temporis ai fatti di causa nei procedimenti principali.

4        L’articolo 1 di detta direttiva disponeva quanto segue:

«1.      La presente direttiva stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo dei seguenti prodotti (“prodotti sottoposti ad accisa”):

a)      prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE [del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU 2003, L 283, pag. 51)];

(…)

2.      Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni.

(…)».

5        L’articolo 9, secondo comma, della direttiva 2008/118 così stabiliva:

«L’accisa viene applicata e riscossa e, se del caso, è oggetto di rimborso o sgravio secondo le modalità stabilite da ciascuno Stato membro. (…)».

6        L’articolo 48, paragrafo 1, di detta direttiva aveva il seguente tenore:

«Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 1° gennaio 2010, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva a decorrere dal 1° aprile 2010. (…)».

 Diritto italiano

 Decretolegge n. 511/1988

7        Nella sua versione applicabile ai fatti oggetto dei procedimenti principali, e comunque fino al 31 marzo 2012, l’articolo 6 del decreto‑legge del 28 novembre 1988, n. 511 – Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale e locale (GURI n. 280 del 29 novembre 1988), come modificato dall’articolo 5 del decreto legislativo del 2 febbraio 2007, n. 26 – Attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (supplemento ordinario alla GURI n. 68 del 22 marzo 2007) (in prosieguo: il «decreto‑legge n. 511/1988»), era così formulato:

«1.      È istituita una addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui agli articoli 52, e seguenti, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, di seguito denominato: testo unico delle accise, nelle misure di:

a)      [EUR] 18,59 per mille kWh in favore dei comuni per qualsiasi uso effettuato nelle abitazioni, con esclusione delle seconde case e con esclusione delle forniture, con potenza disponibile fino a 3 kW, effettuate nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti, limitatamente ai primi 150 kWh di consumo mensili. Per i consumi superiori ai limiti di 150 kWh per le utenze fino a 1,5 kW e di 220 kWh per quelle oltre 1,5 e fino a 3 kW, si procede al recupero della relativa addizionale secondo i criteri stabiliti nel capitolo I, punto 2, della deliberazione n. 15 del 14 dicembre 1993 del Comitato interministeriale dei prezzi;

b)      [EUR] 20,40 per mille kWh in favore dei comuni, per qualsiasi uso effettuato nelle seconde case;

c)      [EUR] 9,30 per mille kWh in favore delle province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200 000 kWh di consumo al mese.

(…)

3.      Le addizionali di cui al comma 1 sono dovute dai soggetti obbligati di cui all’articolo 53 del testo unico delle accise, al momento della fornitura dell’energia elettrica ai consumatori finali ovvero, per l’energia elettrica prodotta o acquistata per uso proprio, al momento del suo consumo. Le addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell’accisa sull’energia elettrica.

4.      Le addizionali di cui al comma 1 relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW sono versate direttamente ai comuni ed alle province nell’ambito del cui territorio sono ubicate le utenze. Le addizionali relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile superiore a 200 kW e quelle relative al consumo dell’energia elettrica, prodotta o acquistata per uso proprio, sono versate all’erario, ad eccezione di quelle riscosse nell’ambito della regione Valle d’Aosta [Italia] e delle province autonome di Trento [Italia] e di Bolzano [Italia] che sono versate direttamente ai comuni ed alle province stessi.

(…)».

 Decreto legislativo n. 504/1995

8        L’articolo 14 del decreto legislativo del 26 ottobre 1995, n. 504 – Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (supplemento ordinario alla GURI n. 279 del 29 novembre 1995) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 504/1995»), dispone quanto segue:

«1.      L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata; la disciplina dei rimborsi di cui al presente articolo si applica anche alle richieste relative alle agevolazioni accordate mediante restituzione, totale o parziale, dell’accisa versata ovvero mediante altra modalità prevista dalla disciplina relativa alla singola agevolazione.

2.      Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera e), e dall’articolo 10‑ter, comma 1, lettera d), il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento ovvero dalla data in cui il relativo diritto può essere esercitato.

(…)

4.      Qualora, al termine di un procedimento giurisdizionale, il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell’accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione delle somme».

9        L’articolo 16, comma 3, del citato decreto legislativo recita:

«I crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa e dai titolari di licenza per l’esercizio di depositi commerciali di prodotti energetici ad imposta assolta, verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno comunque corrisposto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa (…)».

10      L’articolo 53 del suddetto decreto legislativo così dispone:

«1.      Obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono:

a)       i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali (…);

(…)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

11      La Gabel Industria Tessile e la Canavesi sono due società di diritto italiano che hanno concluso, rispettivamente, con la A2A Energia e con la Energit contratti per la fornitura di elettricità ai loro siti di produzione.

12      Per gli anni 2010 e 2011, la Gabel Industria Tessile e la Canavesi hanno versato gli importi dovuti in forza di tali contratti, comprendenti un’imposta addizionale, la quale era prevista, prima di essere abrogata il 1° aprile 2012, dall’articolo 6 del decreto legge n. 511/1988 e che si aggiungeva all’accisa sull’elettricità.

13      Nel 2020 tali società hanno convenuto i loro fornitori dinanzi al Tribunale di Como (Italia), giudice del rinvio, al fine di ottenere, nell’ambito di due azioni civili riunite da tale giudice, il rimborso delle somme pagate a titolo di detta imposta addizionale, in quanto le disposizioni nazionali istitutive di tale imposta erano incompatibili con il diritto dell’Unione.

14      Detto giudice osserva che, a seguito della sentenza del 25 luglio 2018, Messer France (C‑103/17, EU:C:2018:587), la Corte suprema di cassazione (Italia) ha statuito che l’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità, prevista, prima di essere abrogata, dall’articolo 6 del decreto‑legge n. 511/1988, non aveva alcuna finalità specifica ed era dunque contraria all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118.

15      Il giudice del rinvio precisa che il decreto legislativo del 29 marzo 2010, n. 48 – Attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GURI n. 75 del 31 marzo 2010), non ha modificato l’articolo 6 del decreto‑legge n. 511/1988.

16      Il giudice del rinvio aggiunge che le due controversie di cui esso è investito si iscrivono in una serie di controversie pendenti, riguardanti la sorte delle somme indebitamente pagate durante il periodo compreso tra la scadenza del termine concesso agli Stati membri per conformarsi alla direttiva 2008/118 e l’abrogazione, da parte del legislatore italiano, dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità.

17      A questo proposito, i giudici di merito italiani hanno adottato due orientamenti differenti.

18      Secondo un primo orientamento giurisprudenziale – che, se fosse seguito, comporterebbe il rigetto delle domande di rimborso di detta imposta – in una controversia tra privati, il giudice non può disapplicare una disposizione nazionale incompatibile con una direttiva dell’Unione, pena il riconoscimento a quest’ultima di un «effetto diretto orizzontale» negato dalla Corte.

19      Il secondo orientamento giurisprudenziale – che, se fosse condiviso, comporterebbe l’accoglimento di dette domande – fa leva sull’obbligo di interpretare il diritto interno, a partire dalla data di scadenza del termine di trasposizione della direttiva di cui trattasi, alla luce del testo e della finalità di quest’ultima, al fine di raggiungere i risultati perseguiti dalla direttiva medesima. Secondo tale orientamento, detto obbligo condurrebbe a ritenere che il principio dell’effetto diretto soltanto verticale delle direttive non osta a constatare il carattere indebito di un pagamento in un rapporto orizzontale «di rivalsa», in virtù del collegamento di tale rapporto con il rapporto tributario, in cui il divieto posto dal diritto dell’Unione opera direttamente.

20      Alla luce di tali circostanze, il Tribunale di Como ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in generale, il sistema delle fonti del diritto dell’Unione europea e, nello specifico, l’articolo 288, terzo comma, TFUE ostino alla disapplicazione, da parte del giudice nazionale, in una controversia tra privati, di una disposizione del diritto interno in contrasto con una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non recepita o non correttamente recepita, con la conseguenza di imporre un obbligo aggiuntivo a un singolo, qualora ciò costituisca, secondo il sistema normativo nazionale (articolo 14, quarto comma, [del decreto legislativo] n. 504/1995), il presupposto perché quest’ultimo possa far valere contro lo Stato i diritti attribuitigli da tale direttiva.

2)      Se il principio di effettività osti a una normativa nazionale (articolo 14, quarto comma, [del decreto legislativo] n. 504/1995) che non consente al consumatore finale di chiedere il rimborso dell’imposta indebita direttamente allo Stato, bensì gli riconosce soltanto la facoltà di esperire un’azione civilistica per la ripetizione nei confronti del soggetto passivo, unico legittimato a ottenere il rimborso dall’Amministrazione finanziaria, laddove l’unica ragione d’illegittimità dell’imposta – ossia la contrarietà a una direttiva [dell’Unione] – possa essere fatta valere esclusivamente nel rapporto tra il soggetto obbligato al pagamento e l’Amministrazione Finanziaria, ma non in quello tra il primo e il consumatore finale, così impedendo, di fatto, l’operatività del rimborso o se, per garantire il rispetto dell’indicato principio, debba riconoscersi, in un caso siffatto, la legittimazione diretta del consumatore finale nei confronti dell’Erario, quale ipotesi di impossibilità o eccessiva difficoltà di conseguire dal fornitore il rimborso dell’imposta indebitamente pagata».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

21      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 288, terzo comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un’imposta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta.

22      A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, il carattere vincolante di una direttiva, sul quale si fonda la possibilità di invocare quest’ultima, sussiste solo nei confronti dello «Stato membro cui è rivolta». Ne consegue, secondo costante giurisprudenza, che una direttiva non può di per sé creare obblighi in capo a un singolo e non può quindi essere invocata, in quanto tale, nei confronti di quest’ultimo dinanzi a un giudice nazionale (sentenza del 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C‑383/21 e C‑384/21, EU:C:2022:1022, punto 36 nonché la giurisprudenza ivi citata).

23      Ciò premesso, occorre, in primo luogo, ricordare che il diritto dell’Unione non osta a che uno Stato membro eserciti la propria competenza riguardo alla forma e ai mezzi per raggiungere i risultati stabiliti dalla direttiva in questione prevedendo, nella propria normativa nazionale, che, scaduto il termine di trasposizione, le disposizioni chiare, precise e incondizionate di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta entrino a far parte del suo ordinamento giuridico interno e che, di conseguenza, tali disposizioni possano essere fatte valere da un singolo nei confronti di un altro singolo. Infatti, in tale situazione, l’obbligo così imposto ai singoli non deriva dal diritto dell’Unione, bensì dal diritto nazionale, e non costituisce, pertanto, un obbligo aggiuntivo rispetto a quelli previsti da tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

24      Di conseguenza, se, sulla base del diritto dell’Unione, una direttiva non può, di per sé, creare obblighi a carico di un singolo e dunque essere invocata, in quanto tale, nei confronti di quest’ultimo dinanzi ad un giudice nazionale, uno Stato membro può tuttavia conferire ai giudici nazionali il potere di disapplicare, sulla base del suo diritto interno, qualsiasi disposizione del diritto nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione priva di effetto diretto (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 33).

25      Pertanto, malgrado l’assenza di effetto diretto orizzontale di una direttiva, un giudice nazionale può permettere ad un singolo di far valere l’illegittimità di un’imposta che sia stata indebitamente ripercossa su di lui da un venditore, conformemente ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, al fine di ottenere la neutralizzazione dell’onere economico supplementare che esso ha, in definitiva, dovuto sopportare, qualora tale possibilità sia prevista dalla normativa nazionale, aspetto questo che spetta al giudice del rinvio verificare nella controversia di cui ai procedimenti principali.

26      In secondo luogo, la Corte ha ammesso che disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva possono essere invocate dai singoli non soltanto nei confronti di uno Stato membro e di tutti gli organi della sua amministrazione, ma anche nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati (v., in tal senso, sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell, C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, spetterà al giudice del rinvio procedere alle verifiche necessarie per stabilire se i fornitori interessati rientrino in una di tali categorie.

27      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un’imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo che il diritto interno disponga diversamente o che l’ente nei confronti del quale venga fatta valere la contrarietà di detta imposta sia soggetto all’autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati.

 Sulla seconda questione

28      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di effettività debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell’imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell’ambito di tale azione, in ragione dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati.

29      A questo proposito, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti in violazione del diritto dell’Unione, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è, in effetti, la conseguenza e il complemento dei diritti conferiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer‑Danfoss, C‑94/10, EU:C:2011:674, punto 20 nonché la giurisprudenza ivi citata).

30      Tuttavia, in deroga al principio del rimborso di tributi incompatibili con il diritto dell’Unione, la restituzione di importi indebitamente percepiti può essere negata nell’ipotesi in cui essa comporterebbe un arricchimento senza causa degli aventi diritto, vale a dire quando sia accertato che la persona tenuta al pagamento di detti importi ne ha effettivamente traslato l’onere direttamente su un altro soggetto (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer‑Danfoss, C‑94/10, EU:C:2011:674, punto 21 nonché la giurisprudenza ivi citata).

31      Infatti, in una tale situazione, l’onere dell’imposta indebitamente percepita è stato sopportato non dal soggetto passivo, bensì dal consumatore finale sul quale l’onere è stato ripercosso. Pertanto, rimborsare al soggetto passivo l’importo dell’imposta che egli ha già percepito dal consumatore finale equivarrebbe, per tale soggetto passivo, a ricevere un doppio pagamento qualificabile come arricchimento senza causa, senza tuttavia porre rimedio alle conseguenze dell’illegittimità dell’imposta per il consumatore finale (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer‑Danfoss, C‑94/10, EU:C:2011:674, punto 22 nonché la giurisprudenza ivi citata).

32      Per contro, in questa situazione occorre evitare che lo Stato membro interessato ottenga un beneficio dalla violazione del diritto dell’Unione. In particolare, dato che tale ripercussione è stata operata in base ad una facoltà che la normativa nazionale riconosce ai fornitori e che, di conseguenza, il consumatore finale ha, in definitiva, indebitamente sopportato detto onere economico supplementare, tale consumatore deve avere la possibilità di ottenere il rimborso di tale onere direttamente da tale Stato membro o dal soggetto passivo venditore. In quest’ultimo caso, tale soggetto passivo deve dunque avere la possibilità di chiedere a detto Stato membro la compensazione del rimborso che ha dovuto effettuare.

33      Precisato ciò, occorre ricordare che, conformemente a una consolidata giurisprudenza, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le precise modalità procedurali secondo le quali deve essere esercitato il diritto di ottenere il rimborso del suddetto onere economico (v., per analogia, sentenza del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punto 37), restando inteso che tali modalità devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, sentenze del 17 giugno 2004, Recheio – Cash & Carry, C‑30/02, EU:C:2004:373, punto 17, e del 6 ottobre 2005, MyTravel, C‑291/03, EU:C:2005:591, punto 17).

34      In particolare, qualora tale rimborso si rivelasse impossibile o eccessivamente difficile da ottenere rivolgendosi ai fornitori interessati, il principio di effettività esigerebbe che il consumatore finale sia in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente allo Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C‑35/05, EU:C:2007:167, punto 41, e del 26 aprile 2017, Farkas, C‑564/15, EU:C:2017:302, punto 53).

35      Nel caso di specie, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che, conformemente all’articolo 53 del decreto legislativo n. 504/1995, l’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità doveva essere corrisposta dai fornitori di elettricità, ma che quest’ultimi l’hanno in seguito ripercossa sui consumatori finali, conformemente alla facoltà riconosciuta loro dall’articolo 16, comma 3, del citato decreto legislativo n. 504/1995. Orbene, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, tale decreto legislativo stabilisce che i consumatori finali non possono chiedere direttamente allo Stato membro interessato il rimborso dell’onere economico supplementare che essi hanno così indebitamente sopportato, ma devono presentare tale domanda di rimborso esclusivamente ai fornitori in questione.

36      Poiché, come risulta dal punto 22 della presente sentenza, una disposizione di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, seppur chiara, precisa e incondizionata, non può di per sé creare in capo ad un singolo un obbligo aggiuntivo a quelli previsti dalla normativa nazionale, e che essa non può dunque essere invocata in quanto tale contro detto singolo, ne consegue che, in una situazione come quella di cui ai procedimenti principali, i consumatori finali si trovano giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l’incompatibilità dell’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità con le disposizioni della direttiva 2008/118 e, di conseguenza, a ottenere il rimborso dell’onere economico supplementare generato da tale imposta che essi hanno dovuto sopportare a causa della scorretta trasposizione di tale direttiva da parte della Repubblica italiana.

37      Pertanto, occorre constatare, alla luce delle informazioni fornite alla Corte in merito alle caratteristiche della normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, e fatta salva la loro verifica da parte del giudice del rinvio, che tale normativa viola il principio di effettività, in quanto non permette ad un consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che detto fornitore ha lui stesso indebitamente versato al suddetto Stato membro.

38      Risulta da quanto sopra esposto che occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell’imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell’ambito di tale azione, in ragione dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati.

 Sulle spese

39      Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un’imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo che il diritto interno disponga diversamente o che l’ente nei confronti del quale venga fatta valere la contrarietà di detta imposta sia soggetto all’autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati.

2)      Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell’onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un’imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell’imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell’ambito di tale azione, in ragione dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati.

Regan

Csehi

Ilešič

Jarukaitis

 

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 aprile 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

E. Regan


*      Lingua processuale: l’italiano.