Language of document : ECLI:EU:T:2004:110

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

21 aprile 2004 (*)

«Marchio comunitario – Marchio figurativo contenente l’elemento denominativo “ECA” – Impedimento assoluto alla registrazione – Emblema di un’organizzazione internazionale intergovernativa – Art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento (CE) n. 40/94 – Art. 6 ter della convenzione di Parigi»

Nella causa T-127/02,

Concept – Anlagen u. Geräte nach «GMP» für Produktion u. Labor GmbH, con sede in Heidelberg (Germania), rappresentata dall’avv. G. Hodapp,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. G. Schneider, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso presentato contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 18 febbraio 2002 (procedimento R 466/2000-2), relativa ad una domanda di registrazione di un marchio figurativo contenente l’elemento denominativo «ECA» come marchio comunitario,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. Vilaras (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 novembre 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1       L’art. 7 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato, stabilisce:

«1.      Sono esclusi dalla registrazione:

(…)

h)      i marchi che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione ai sensi dell’art.6 ter della convenzione di Parigi;

(…)».

2       L’art. 6 ter della convenzione di Parigi 20 marzo 1883 per la protezione della proprietà industriale, come riveduta e modificata (in prosieguo: la «convenzione di Parigi»), stabilisce:

«1)a) I paesi dell’Unione [costituita dai paesi ai quali si applica la presente convenzione] convengono di rifiutare o di invalidare la registrazione e di vietare, con misure adeguate, l’utilizzazione non autorizzata dalle autorità competenti, sia come marchio di fabbrica o di commercio, sia come elementi di detti marchi, di stemmi, bandiere e altri emblemi di Stato dei paesi dell’Unione, di segni e di punzoni ufficiali di controllo e di garanzia da essi adottati, nonché di qualsiasi loro imitazione dal punto di vista araldico.

b)      Le disposizioni di cui alla precedente lettera a) si applicano ugualmente agli stemmi, alle bandiere e agli altri emblemi, sigle o denominazioni delle organizzazioni internazionali intergovernative di cui uno o più paesi dell’Unione siano membri, ad eccezione di stemmi, bandiere ed altri emblemi, sigle o denominazioni, che siano stati già oggetto di accordi internazionali in vigore destinati a garantirne la protezione.

c)      Nessun paese dell’Unione potrà essere tenuto ad applicare le disposizioni di cui alla precedente lettera b) a danno dei titolari dei diritti acquisiti in buona fede prima dell’entrata in vigore, in tale paese, della presente Convenzione. I paesi dell’Unione non sono tenuti ad applicare le disposizioni di cui sopra quando l’uso o la registrazione previsti dalla predetta lettera a) non sia tale da suggerire, nell’apprezzamento del pubblico, un nesso tra l’organizzazione in questione e gli stemmi, bandiere, emblemi, sigle o denominazioni o se questo uso o registrazione non sia verosimilmente tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra l’utente e l’organizzazione.

(…)

3)      (…)

b)      Le disposizioni di cui alla lett. b), primo comma, del presente articolo si applicano solo per quegli stemmi, bandiere e altri emblemi, sigle o denominazioni delle organizzazioni internazionali intergovernative che siano state comunicate dalle stesse ai paesi dell’Unione per mezzo dell’Ufficio internazionale.

(…)».

 Fatti

3       Il 16 marzo 1999 la ricorrente ha presentato, in forza del regolamento n. 40/94, una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).

4       Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo riportato qui di seguito:

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5       I prodotti e servizi per i quali la registrazione è stata chiesta rientrano nelle classi 9, 41 e 42 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957 relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di queste classi, alla descrizione seguente:

–       Classe 9: «Hardware, software, supporti per dati registrati»;

–       Classe 41: «Organizzazione di convegni, seminari, simposi, congressi e conferenze; istruzione, addestramento, formazione, consulenza in materia di formazione e aggiornamento»;

–       Classe 42: «Ideazione, aggiornamento e manutenzione di programmi per computer; elaborazione di programmi per computer; consulenza in materia di computer; noleggio di hardware e software per computer; noleggio di tempi di accesso a banche dati».

6       Con lettera 13 settembre 1999 l’esaminatrice ha comunicato alla ricorrente che il suo marchio non poteva essere registrato in forza dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94 in quanto conteneva un’imitazione del simbolo del Consiglio d’Europa (riportato qui di seguito). Essa riteneva che la corona di stelle caratteristica di questo simbolo conosciuto era riportata nel marchio richiesto e questo portava a credere che tale marchio designasse una sub-organizzazione del Consiglio d’Europa o un programma particolare che quest’ultimo ha disposto di organizzare o al quale coopera. Essa riteneva che la sigla «EC», che è l’abbreviazione di European Community e che appare nell’acronimo «ECA», contribuisce a corroborare questa impressione. Essa rilevava inoltre che l’emblema tutelato appare spesso solo in bianco e nero, su copie.

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7       Con lettera 12 novembre 1999 la ricorrente ha presentato osservazioni sulle obiezioni dell’esaminatrice.

8       Con decisione 8 marzo 2000 l’esaminatrice ha respinto la domanda di registrazione sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94.

9       Il 5 maggio 2000 la ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, contro la decisione dell’esaminatrice.

10     Con decisione 18 febbraio 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la seconda commissione di ricorso ha respinto il ricorso. In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto che esistesse una notevole similitudine tra il cerchio di stelle del segno di cui trattasi e quello che figura sull’emblema utilizzato dal Consiglio d’Europa e dalla Comunità europea o dall’Unione europea (in prosieguo: l’«emblema europeo»), nonché tra le attività di queste istituzioni ed i prodotti e servizi cui si riferisce la domanda di registrazione, e che la combinazione del cerchio di stelle e della successione di lettere «E», «C» e «A» susciterebbe nell’animo del consumatore un’associazione di idee.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11     Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 aprile 2002, la ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

12     L’UAMI ha depositato la sua comparsa di risposta il 5 agosto 2002.

13     Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, l’UAMI è stato invitato a presentare un documento. Esso ha ottemperato a questa richiesta.

14     Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno presentato le loro risposte ai quesiti del Tribunale all’udienza del 26 novembre 2003.

15     La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata;

–       condannare l’UAMI alle spese.

16     L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

–       respingere il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità di taluni argomenti

17     In via preliminare, per quanto riguarda gli argomenti ai quali la ricorrente fa riferimento al punto 39 del suo ricorso, e che essa ha presentato nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Questa indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa da consentire alla parte convenuta di predisporre la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza corredo di altre informazioni (sentenze del Tribunale 5 luglio 2000, causa T‑111/99, Samper/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑135 e II‑611, punto 27, e 18 ottobre 2001, causa T‑333/99, X/BCE, Racc. pag. II‑3021, punto 114).

18     Si deve ricordare che, se il contenuto del ricorso può essere chiarito e completato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme sopra ricordate, devono figurare nel ricorso (sentenza X/BCE, cit. supra al punto 17, punto 115, e ordinanza del Tribunale 21 maggio 1999, causa T‑154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑1703, punto 49).

19     Nella fattispecie, la ricorrente si è limitata ad indicare nel suo ricorso (punto 39):

«Per evitare inutili ripetizioni e a complemento degli argomenti sopra svolti, si rinvia a tutti gli argomenti che sono stati esposti per iscritto fino a quel punto nel procedimento dinanzi all’[UAMI]. Questi argomenti fanno parte anche esplicitamente e integralmente del presente ricorso».

20     In tal modo, la ricorrente non identifica né i punti specifici del suo ricorso che intende completare con questo rinvio né gli allegati nei quali sarebbero esposti questi eventuali argomenti.

21     In tale contesto, il Tribunale non è tenuto a ricercare negli allegati gli argomenti ai quali la ricorrente potrebbe far riferimento né ad esaminarli, essendo tali argomenti irricevibili.

 Sul motivo unico, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94

22     La ricorrente sostiene, in sostanza, che la decisione impugnata è viziata da una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94, in quanto con essa si rifiuta la registrazione di un marchio che non rientra nel divieto previsto da questa disposizione. Gli argomenti della ricorrente possono essere divisi in due parti. La prima si riferisce ad una violazione dell’art. 6 ter, n. 1, lett. a) e b), della convenzione di Parigi e la seconda è relativa ad una violazione dell’art. 6 ter, n. 1, lett. c), della detta convenzione.

 Sulla prima parte, relativa alla violazione dell’art. 6 ter, n. 1, lett. a) e b), della convenzione di Parigi

–       Argomenti delle parti

23     La ricorrente fa valere che un rifiuto di registrazione basato sul combinato disposto dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94 e dell’art. 6 ter della convenzione di Parigi può essere preso in considerazione solo se nella fattispecie si tratta di un’imitazione dal punto di vista araldico.

24     La ricorrente constata che l’emblema europeo, che è tutelato in forza dell’art. 6 ter della convenzione di Parigi, è concepito con una forma precisa e nei dettagli. Essa fa riferimento alla descrizione geometrica dell’emblema europeo, secondo la quale:

«L’emblema è costituito da una bandiera blu di forma rettangolare, la cui base (il battente della bandiera) ha una lunghezza pari a una volta e mezza quella dell’altezza (il ghindante della bandiera). Dodici stelle dorate sono allineate ad intervalli regolari lungo un cerchio ideale il cui centro è situato nel punto d’incontro delle diagonali del rettangolo. Il raggio del cerchio è pari a un terzo dell’altezza del ghindante. Ogni stella ha cinque punte ed è iscritta a sua volta in un cerchio ideale, il cui raggio è pari a 1/18 dell’altezza del ghindante. Tutte le stelle sono disposte verticalmente, cioè con una punta rivolta verso l’alto e due punte appoggiate direttamente su una linea retta immaginaria perpendicolare all’asta. Le stelle sono disposte come le ore sul quadrante di un orologio e il loro numero è invariabile».

25     La ricorrente fa riferimento anche alla descrizione della riproduzione monocroma dell’emblema europeo, secondo la quale: «[s]e si ha a disposizione solo il nero, [occorre] delimitare con un filetto di tale colore l’area del rettangolo e inserire le stelle nere in campo bianco».

26     La ricorrente fa valere che il marchio richiesto non è identico a questo emblema. Di conseguenza, il rigetto opposto dalla commissione di ricorso sarebbe al limite giustificato solo se questo marchio costituisse un’imitazione dal punto di vista araldico dell’emblema europeo, il che non avverrebbe.

27     Secondo la ricorrente, il termine «araldico» significa «relativo ai blasoni». Dovrebbe quindi trattarsi di un’imitazione relativa ai blasoni. La scienza araldica imporrebbe precisamente che i blasoni non contengano alcun elemento denominativo, ma esclusivamente elementi colorati e figurativi («Heraldik», Brockhaus Enzyklopädie in 24 Bänden, 19ª edizione, f.a. Brockhaus, Mannheim, 1989, volume 9, pag. 696).

28     La ricorrente fa valere che, poiché il marchio richiesto contiene l’elemento denominativo «ECA» e la presenza di elementi verbali al centro di blasoni è sconosciuta nella scienza araldica, il marchio richiesto non può costituire un’imitazione dal punto di vista araldico. La ricorrente fa riferimento alla dottrina secondo cui esiste un’imitazione dal punto di vista araldico solo se il marchio conserva, nonostante la modifica dell’emblema di Stato o di qualsiasi altro segno, il carattere di un blasone ed è percepito nel commercio come un emblema di Stato o come un segno distintivo di un’organizzazione internazionale intergovernativa. L’impressione araldica di un emblema utilizzato come marchio (lo stile araldico) scomparirebbe allorché il blasone o il sigillo, ad esempio, vengono ritirati. In quanto tale, il motivo di un emblema di Stato potrebbe essere liberamente utilizzato, ma la rappresentazione del motivo non dovrebbe costituire l’imitazione dell’emblema dello Stato (K.H. Fezer, Beck’scher Kommentar zum Markenrecht, Monaco, 2001). Secondo la ricorrente, se la bandiera rettangolare, simbolizzata dal fondo rettangolare, viene soppressa, l’impressione araldica dell’emblema scompare.

29     La ricorrente fa riferimento anche ad un progetto di articolo redatto dal congresso degli esperti della Società delle nazioni in occasione dell’inserimento della nozione di «imitazione di un emblema di Stato» nella convenzione di Parigi che conteneva il testo seguente:

«Ai sensi del primo paragrafo [dell’articolo 6 ter della convenzione di Parigi], sono considerate imitazioni di emblemi di Stato o di stemmi solo le riproduzioni che si distinguono dall’originale dal punto di vista araldico solo per caratteristiche secondarie».

30     Secondo la ricorrente, l’intento del legislatore era di prendere in considerazione un’imitazione secondo i principi del protocollo finale della convenzione di Parigi solo se esiste dal punto di vista araldico, quindi sotto l’aspetto del blasone, una differenza irrilevante rispetto all’emblema. Tale non sarebbe il caso nella fattispecie.

31     Per il resto, la corona di stelle del marchio richiesto non sarebbe identica a quella dell’emblema europeo. Infatti, secondo la ricorrente, le misure delle stelle, i raggi delle corone di stelle nonché il rapporto del raggio di ciascuna stella rispetto a quello della corona di stelle sarebbero chiaramente differenti.

32     Inoltre, la ricorrente fa valere che, dal punto di vista araldico, è essenziale che una bandiera abbia sempre una forma rettangolare. Ora, il marchio richiesto possiede un fondo quadrato che non ricorderebbe il fondo rettangolare abituale di una bandiera. Inoltre, le bandiere non possiederebbero un elemento denominativo.

33     La ricorrente fa valere che il marchio richiesto non si distingue dall’emblema europeo, dal punto di vista araldico, solo per caratteristiche secondarie, ma per un elemento essenziale rispetto a quelli che caratterizzano abitualmente una bandiera o un simbolo nazionale. L’elemento denominativo del marchio richiesto sarebbe precisamente quell’elemento che, in quanto parola chiave semplice e facilmente memorizzabile, caratterizza normalmente un marchio più nettamente rispetto a qualsiasi rappresentazione grafica come qualunque corona di stelle.

34     Pertanto, il marchio richiesto presenterebbe forti tratti caratteristici individuali che si distinguerebbero nettamente da quelli dell’emblema europeo. Secondo la ricorrente, il marchio richiesto non rappresenta l’emblema europeo in sé, non contiene l’emblema europeo in sé e non costituisce nemmeno un’imitazione dal punto di vista araldico. Il marchio richiesto costituirebbe, per contro, un segno elaborato in maniera del tutto diversa, che l’UAMI associa all’emblema europeo semplicemente perché contiene anche una corona di dodici stelle. Ora, né il Consiglio d’Europa né le Comunità europee godrebbero di una protezione per quanto riguarda la riproduzione di una corona di stelle. La protezione riguarderebbe esclusivamente la rappresentazione della bandiera descritta con esattezza sulla pagina Internet dell’Unione europea, ossia un rettangolo con una corona di stelle apposta al suo centro, senza elemento denominativo, e che ha misure precise.

35     L’UAMI fa riferimento alla dottrina tedesca, secondo la quale vi può essere un’imitazione dal punto di vista araldico solo nel caso di un marchio che, nonostante una modifica dell’emblema di uno Stato o di un altro segno di questo genere, conserva il carattere di stemma ed è percepito dal pubblico come l’emblema di uno Stato o l’emblema di un’organizzazione internazionale intergovernativa (K.H. Fezer, Beck’scher Kommentar zum Markenrecht, Monaco, 1999).

36     Pertanto, l’UAMI ritiene che «dal punto di vista araldico» significa che occorre esaminare unicamente l’eventuale presenza di una similitudine degli elementi araldici e non valutare la similitudine dei segni ai livelli geometrico o grafico. Secondo l’UAMI, due segni possono essere diversi dal punto di vista visivo, ma risultare identici dal punto di vista araldico. Ad esempio, l’elemento araldico di un caduceo potrebbe assumere, agli occhi dell’osservatore, forme differenti perfettamente dissociabili. Per contro, taluni segni potrebbero sembrare simili dal punto di vista visivo, mentre non presenterebbero alcuna similitudine dal punto di vista puramente araldico, come avverrebbe ad esempio per la rappresentazione dei grifoni e delle aquile.

37     Per quanto riguarda la valutazione del marchio richiesto, l’UAMI ritiene che la commissione di ricorso ha confermato giustamente il rifiuto di registrarlo, poiché il marchio richiesto rischia di essere percepito come segno di un’organizzazione dell’Unione europea o del Consiglio d’Europa.

38     L’UAMI si richiama alla descrizione araldica dell’emblema europeo, che è la seguente: «[u]n cerchio composto da dodici stelle dorate a cinque punte, non contigue, in campo azzurro». Esso fa valere che il marchio figurativo richiesto, che è costituito da un cerchio composto da dodici stelle non contigue, si distingue, dal punto di vista araldico, dalla descrizione araldica dell’emblema europeo solo in quanto il cerchio di stelle è rappresentato in bianco su campo nero e contiene un elemento denominativo. Il fatto che il cerchio di stelle del marchio richiesto sia rappresentato su un campo quadrato non avrebbe importanza, dato che la descrizione araldica menzionata non specifica la forma del campo, ma il colore del campo (azzurro). Dal punto di vista araldico, lo stesso varrebbe per la distanza tra le stelle. Quello che importa, secondo l’UAMI, è che si tratta di stelle a cinque punte nei due segni. L’UAMI ne conclude che sussiste una notevole similitudine tra i due segni, di modo che si può ritenere che la rappresentazione grafica del marchio richiesto costituisca un’imitazione dal punto di vista araldico.

–       Giudizio del Tribunale

39     Occorre constatare che l’art. 6 ter, n. 1, lett. a), della convenzione di Parigi ha come scopo di escludere la registrazione e l’utilizzazione di marchi di fabbrica o di commercio che sarebbero identici ad emblemi di Stato o che presenterebbero talune similitudini con essi. Infatti, una tale registrazione o una tale utilizzazione lederebbe il diritto dello Stato di controllare l’uso dei simboli della sua sovranità e potrebbe inoltre indurre il pubblico in errore circa l’origine dei prodotti ai quali tali marchi verrebbero applicati. Questa protezione si estende, in forza dell’art. 6 ter, n. 1, lett. b), della convenzione di Parigi, agli stemmi, alle bandiere e agli altri emblemi, sigle o denominazioni delle organizzazioni internazionali intergovernative.

40     Occorre constatare che gli emblemi di Stato e di organizzazioni internazionali intergovernative sono protetti non solo contro la registrazione e l’utilizzazione di marchi che sono identici a loro o che li comprendono, ma anche contro l’inserimento in questi marchi di qualsiasi imitazione degli emblemi dal punto di vista araldico.

41     Pertanto, occorre rilevare che, nella fattispecie, il fatto che il marchio richiesto contenga anche un elemento denominativo non impedisce di per sé l’applicazione del detto articolo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente. Nella fattispecie è importante accertare se il marchio richiesto contenga un elemento che possa essere considerato come l’emblema europeo o un’imitazione di quest’ultimo dal punto di vista araldico. Questo elemento non deve necessariamente essere identico all’emblema di cui trattasi. Il fatto che l’emblema di cui trattasi sia stilizzato, o che solo una parte dell’emblema sia utilizzata, non impedisce che si tratti di un’imitazione dal punto di vista araldico.

42     La ricorrente fa riferimento alla descrizione geometrica e alla riproduzione monocroma dell’emblema europeo per far valere che il marchio richiesto non è identico all’emblema europeo.

43     Tuttavia, occorre constatare che la ricorrente prescinde dalla descrizione araldica data dal Consiglio d’Europa, che è la seguente:

«Un cerchio composto da dodici stelle dorate a cinque punte, non contigue, in campo azzurro».

44     Occorre rilevare che, all’atto del confronto dal «punto di vista araldico», si deve far riferimento alla descrizione araldica e non alla descrizione geometrica, che è, per sua natura, molto più dettagliata. Ora, il marchio richiesto si distingue, dal punto di vista araldico, dalla descrizione araldica dell’emblema europeo solo in quanto il cerchio di stelle del marchio richiesto è rappresentato in bianco in campo nero.

45     A tal riguardo, dato che la domanda di registrazione non menziona i colori del marchio richiesto, quest’ultimo potrebbe essere rappresentato con qualunque combinazione di colori e quindi anche in campo azzurro e con stelle gialle o dorate. Pertanto, la parte della descrizione araldica che riguarda i colori non ha rilevanza nel caso di specie.

46     Per il resto, occorre rilevare che l’emblema europeo appare spesso nelle riproduzioni in bianco e nero, nelle quali il campo azzurro e le stelle dorate non appaiono a colori.

47     Pertanto, i segni da comparare sono i seguenti:

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48     Per quanto riguarda il cerchio di stelle, la ricorrente fa valere che il cerchio di stelle del marchio richiesto non è identico a quello dell’emblema europeo, dato che le misure delle stelle, i raggi delle corone di stelle nonché il rapporto tra il raggio di ciascuna stella e quello della corona di stelle sono chiaramente differenti.

49     Ma la commissione di ricorso ha constatato, giustamente, al punto 20 della decisione impugnata, che il «cerchio di stelle protetto e il marchio figurativo richiesto contengono entrambi dodici stelle» e che, per di più, «le stelle sono dello stesso genere, poiché si tratta di stelle uniformi, della stessa dimensione e a cinque punte di cui una è rivolta verso l’alto». Infatti, poco importa che il cerchio di stelle del marchio richiesto non sia identico a quello dell’emblema europeo, in quanto il pubblico interessato può avere l’impressione che si tratta di un’imitazione, dal punto di vista araldico, di questo cerchio. Il fatto che le stelle non siano esattamente della stessa dimensione non è quindi determinante. Pertanto, occorre respingere l’argomento della ricorrente.

50     Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il fatto che il marchio richiesto possiede un fondo quadrato lo distingue dall’emblema europeo, che possiede un fondo rettangolare, come le bandiere, occorre constatare, come ha fatto giustamente l’UAMI, che questa asserita differenza non è pertinente, dato che la descrizione araldica non specifica la forma del fondo dell’emblema europeo. Per di più, quello che prevale è il cerchio di stelle piuttosto che il fondo. Inoltre, benché all’origine si sia trattato della bandiera del Consiglio d’Europa, il cerchio di stelle non è solo considerato come una bandiera ma come il simbolo, l’emblema, dell’Unione europea. Pertanto, questo argomento della ricorrente non può avere successo.

51     In tale contesto, si deve considerare che il marchio richiesto costituisce un’imitazione dal punto di vista araldico dell’emblema europeo. Pertanto, la prima parte del motivo non è fondata.

 Sulla seconda parte, relativa alla violazione dell’art. 6 ter, n. 1, lett. c), della convenzione di Parigi

–       Argomenti delle parti

52     La ricorrente fa valere che l’UAMI non ha usato il potere discrezionale conferito dall’art. 6 ter, n. 1, lett. c), seconda frase, della convenzione di Parigi. Infatti, anche nel caso in cui vi fosse un’imitazione dal punto di vista araldico dell’emblema europeo, questa disposizione non imporrebbe un rifiuto di registrazione del marchio richiesto. Secondo la ricorrente, è essenziale nella fattispecie il fatto che il marchio richiesto riguarda prodotti e servizi che differiscono nettamente sia dai compiti originari del Consiglio d’Europa sia da quelli dell’Unione europea. Non esisterebbe similitudine di prodotti o di servizi tra i compiti originari di pubblica utilità ed i servizi collegati che ne derivano come l’assistenza finanziaria.

53     Per quanto riguarda l’elemento denominativo «ECA», che figura in primo piano nel marchio richiesto, esso, secondo la ricorrente, non ha alcun senso per il commercio. Questo elemento denominativo non costituirebbe un’abbreviazione corrente o usuale e sarebbe conosciuto tutt’al più con significati diversi. La combinazione delle lettere «E», «C» e «A» sarebbe così l’abbreviazione di «Economic Cooperation Administration», denominazione della precedente autorità di esecuzione del piano Marshall, che non ha alcun rapporto con l’Unione europea. La ricorrente menziona altri significati possibili, quali «Early Compatibility Analysis», «Earth Coverage Antenna», «Economic Commission for Africa», «Electrical Contractors Association», «Export Credit Agency» e «European Crystallographic Association», e rinvia a siti Internet e ad estratti allegati al suo ricorso. Dato che la sigla «ECA» verrebbe utilizzata in tutta Europa per le più diverse ragioni sociali, il commercio non sarebbe esposto a una qualsiasi confusione con organizzazioni statali e ancor meno con la Comunità europea o la Commissione europea.

54     Inoltre, la ricorrente presenta, in allegato al suo ricorso, marchi registrati che contengono una corona di dodici stelle ed elementi verbali e fa valere che questi marchi non possono essere confusi con l’emblema europeo. Essa presenta anche, in allegato al suo ricorso, marchi tedeschi che contengono una corona di stelle i quali, a causa di loro elementi verbali o figurativi aggiuntivi, rinviano all’Unione europea più di quanto non lo faccia il marchio richiesto. La ricorrente precisa che il Markengesetz (legge tedesca sui marchi) contiene disposizioni identiche a quelle del regolamento n. 40/94.

55     La ricorrente fa valere che la registrazione di questi marchi nazionali o internazionali dimostra, in primo luogo, che l’uso di una corona di stelle in un marchio figurativo in campo colorato e con un altro elemento denominativo non è considerato incompatibile con l’art. 6 ter, n. 1, lett. b), della convenzione di Parigi e, in secondo luogo, che, anche nel caso in cui si potesse ammettere una similitudine, tutti gli uffici di brevetti e di marchi europei esercitano, in forza dell’art. 6 ter, n. 1, lett. c), della convenzione di Parigi, il loro potere discrezionale ritenendo che marchi concepiti come il marchio richiesto non sono tali da suggerire, nell’apprezzamento del pubblico, un nesso tra l’organizzazione di cui trattasi e gli stemmi, bandiere, emblemi, sigle o denominazioni. Secondo la ricorrente, secondo tutti questi uffici, l’uso o la registrazione non è verosimilmente tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra l’utente e l’organizzazione.

56     La ricorrente conclude che il marchio richiesto non è tale da suggerire, nell’apprezzamento del pubblico, un nesso tra l’organizzazione di cui trattasi e gli emblemi, sigle o denominazioni. Esso non è nemmeno tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra la ricorrente e questa organizzazione.

57     L’UAMI sottolinea che l’art. 6 ter, n. 1, lett. c), della convenzione di Parigi non si ricollega affatto alla presenza di un rischio di confusione ai sensi del diritto dei marchi. A causa della necessità particolare di proteggere la categoria specifica dei segni che raggruppano gli emblemi degli Stati e degli organismi internazionali, l’esistenza di una similitudine o di un’identità dei prodotti e servizi non costituirebbe una condizione d’applicazione della norma. Occorrerebbe solo determinare se il pubblico possa essere tratto in inganno circa l’esistenza di un nesso tra il titolare del marchio e il titolare dell’emblema di Stato o internazionale. Secondo l’UAMI, tale non è il caso allorché in considerazione dei prodotti e servizi richiesti e del settore di attività dell’organizzazione internazionale può essere esclusa l’eventualità che un consumatore possa pensare che esista un nesso tra i detti prodotti e servizi e l’organizzazione. La flagrante disparità tra i settori di attività del titolare del marchio e dell’organizzazione internazionale potrebbe anche essere utilizzata come argomento a favore dell’assenza di nesso potenziale, nell’apprezzamento del pubblico, tra il detto titolare del marchio e la detta organizzazione internazionale.

58     Pertanto, secondo l’UAMI, occorre determinare se l’aggiunta di un elemento denominativo e la rappresentazione che associa i colori nero e bianco sia sufficiente per escludere l’applicazione dell’art. 6 ter della convenzione di Parigi in quanto l’utilizzazione o la registrazione non è manifestamente tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra l’utente e l’organizzazione.

59     Al riguardo l’UAMI fa valere che non occorre determinare se l’acronimo «ECA» possa rivestire diversi significati, ma stabilire se il marchio sia tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra l’utente e l’organizzazione.

60     Per il resto, l’UAMI contesta l’argomento della ricorrente secondo cui l’uso di un cerchio di stelle in campo colorato accompagnato da un elemento denominativo non è considerato una violazione dell’art. 6 ter, n. 1, lett. b), della convenzione di Parigi in forza della prassi degli uffici nazionali dei marchi.

61     L’UAMI sottolinea che ha anche rifiutato la registrazione di diversi marchi a causa della loro similitudine con l’emblema europeo. Gli esempi che l’UAMI ha allegato nella sua comparsa di risposta attesterebbero che ciascuna di queste decisioni si basava sull’esistenza di un rischio di associazione.

62     Ne deriva, secondo l’UAMI, che una violazione del principio di non discriminazione non può costituire oggetto di un ricorso [v. sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 66]. Dato che si tratta di una decisione che rientra in una competenza collegata, decisioni precedenti non potrebbero essere prese come base di riferimento. Infatti, se le decisioni precedenti erano conformi al diritto e si tratta effettivamente di casi simili, la decisione impugnata potrebbe essere annullata solo a causa di un’erronea applicazione del diritto, e non a causa di una qualsiasi violazione del principio di non‑discriminazione.

–       Giudizio del Tribunale

63     Occorre ricordare che l’art. 6 ter, n. 1, lett. c), seconda frase, della convenzione di Parigi prevede la possibilità, per quanto riguarda l’emblema di un’organizzazione internazionale, di non vietare la registrazione di un marchio, se esso non è tale da suggerire, nell’apprezzamento del pubblico, un nesso tra l’organizzazione di cui trattasi e gli stemmi, bandiere, emblemi, sigle o denominazioni o se questa registrazione non è verosimilmente tale da trarre in inganno il pubblico sull’esistenza di un nesso tra l’utente e l’organizzazione.

64     Ingiustamente la ricorrente sostiene che l’UAMI non ha esercitato il potere discrezionale derivante dalla detta disposizione. Infatti, al punto 24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha constatato quanto segue:

«Al fine di stabilire se il pubblico da prendere in considerazione opererà un collegamento tra il marchio figurativo e le organizzazioni intergovernative interessate o se un ravvicinamento che esso farebbe tra la ricorrente e le dette organizzazioni intergovernative possa indurlo in errore allorché si trova confrontato al marchio figurativo nel contesto dei prodotti e dei servizi che esso designa, occorre valutare l’impressione d’insieme prodotta dal marchio. Per risolvere tale questione affermativamente occorre che il pubblico interessato, allorché si trova confrontato al marchio nel suo insieme, ossia allorché è in presenza dei suoi elementi grafici e verbali, lo consideri come un riferimento al segno protetto oppure alle organizzazioni che lo utilizzano. In questa valutazione si deve tenere conto anche dell’elenco di prodotti e di servizi specificato nella domanda».

65     Dal punto citato, nonché dai punti 25‑29 della decisione impugnata, risulta che la commissione di ricorso, benché non faccia riferimento esplicitamente all’art. 6 ter, n. 1, lett. c), della convenzione di Parigi, ha esaminato se il marchio richiesto non fosse tale da suggerire, nell’apprezzamento del pubblico, un nesso tra il detto marchio ed il Consiglio d’Europa o la Comunità europea o se esso non fosse tale da ingannare il pubblico sull’esistenza di un nesso tra la ricorrente ed il Consiglio d’Europa o la Comunità europea. Essa ha concluso che, infatti, la registrazione e l’utilizzazione del marchio richiesto si prestano a suscitare, nell’apprezzamento del pubblico da prendere in considerazione, l’impressione che esista un nesso tra il marchio richiesto e il Consiglio d’Europa o la Commissione europea.

66     A tal riguardo, la commissione di ricorso ha ritenuto, in considerazione dei prodotti e servizi per i quali la ricorrente ha chiesto la registrazione, che il pubblico interessato fosse sia il grande pubblico sia il pubblico specializzato. Infatti, determinati corsi, per esempio, potranno essere indirizzati ad un pubblico specializzato ben definito o al grande pubblico, a seconda del modo in cui sono dati e a seconda delle materie che trattano.

67     Per il resto, la commissione di ricorso ha constatato, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, che vi erano intersezioni tra l’elenco dei prodotti e dei servizi di quest’ultima e le attività del Consiglio d’Europa e della Comunità europea o dell’Unione europea. La commissione di ricorso ha fatto riferimento in particolare alla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, che è disponibile su CD‑ROM, ossia su un supporto di dati registrato, a pagamento, ai seminari, ai programmi di formazione e conferenze proposti dal Consiglio d’Europa e dalla Comunità europea nei settori più disparati, nonché a un gran numero di base dati messe a disposizione del pubblico da queste istituzioni, in particolare EUR‑Lex.

68     Occorre rilevare che, dato che la grande varietà dei servizi e dei prodotti che possono offrire il Consiglio d’Europa e l’Unione europea o la Comunità europea, la natura dei prodotti o servizi per i quali la registrazione è stata chiesta non esclude la possibilità per il pubblico interessato di credere che esista un nesso tra la ricorrente e questa istituzione. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente concluso che la registrazione del marchio richiesto poteva suscitare, nell’apprezzamento del pubblico, l’impressione che esista un nesso tra il marchio richiesto e le istituzioni in questione.

69     Per quanto riguarda l’elemento denominativo «ECA», occorre rilevare che la presenza dell’acronimo «ECA» al centro del segno del marchio richiesto corrobora l’impressione che esiste un nesso tra la ricorrente e l’Unione europea o la Comunità europea. Infatti, e come ha constatato l’UAMI, l’abbreviazione «EC» rinvia direttamente alla Comunità europea (European Community), quanto meno nella parte anglofona dell’Unione europea. Questo acronimo è conosciuto, anche al di fuori del Regno Unito, nel senso che rappresenta la Comunità europea. Inoltre, l’acronimo «ECA» può rinviare alla Corte dei Conti (European Court of Auditors). Il fatto di aggiungere l’elemento denominativo «ECA» all’interno del cerchio di stelle non elimina l’impressione di un nesso tra la ricorrente e l’Unione europea o la Comunità europea, anzi vale il contrario. Questa impressione viene creata dal cerchio di stelle, di modo che, aggiungendo un elemento denominativo che comincia con EC o CE, che potrebbe designare qualunque agenzia, organismo o programma dell’Unione europea o della Comunità europea, questa impressione rimane. Pertanto, l’argomento della ricorrente relativo all’elemento denominativo «ECA» non è fondato.

70     Per quanto riguarda le registrazioni nazionali precedenti, fatte valere dalla ricorrente, occorre ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza, il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un complesso di regole e persegue obiettivi specifici, in quanto la sua applicazione è indipendente da ogni sistema nazionale [sentenza del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T‑32/00, Messe München/UAMI (electronica), Racc. pag. II‑3829, punto 47]. Di conseguenza, il carattere registrabile di un segno in quanto marchio comunitario dev’essere valutato soltanto sul fondamento della normativa comunitaria pertinente. Pertanto, l’UAMI e, se del caso, il giudice comunitario non sono vincolati da una decisione intervenuta a livello di uno Stato membro, o di un paese terzo, che ha ammesso il carattere registrabile di questo stesso segno in quanto marchio nazionale [sentenza del Tribunale 7 febbraio 2002, causa T‑88/00, Mag Instrument/UAMI (Forma di lampade tascabili), Racc. pag. II‑467, punto 41]. Le registrazioni effettuate fino a questo momento in taluni Stati membri rappresentano quindi un elemento che, pur non essendo determinante, può soltanto essere preso in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario [sentenze del Tribunale 16 febbraio 2000, causa T‑122/99, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), Racc. pag. II‑265, punto 61; 31 gennaio 2001, causa T‑24/00, Sunrider/UAMI (VITALITE), Racc. pag. II‑449, punto 33; 19 settembre 2001, causa T‑337/99, Henkel/UAMI (Pasticca rotonda rossa e bianca), Racc. pag. II‑2597, punto 58, e 5 marzo 2003, causa T‑194/01, Unilever/UAMI (Pasticca ovoidale), Racc. pag. II‑0383, punto 68]. Le stesse considerazioni valgono a fortiori per le registrazioni di marchi diversi da quello richiesto nella fattispecie.

71     Per quanto riguarda la prassi dell’UAMI stesso, dalla giurisprudenza risulta che le decisioni riguardanti la registrazione di un segno come marchio comunitario, che le commissioni di ricorso devono adottare in forza del regolamento n. 40/94, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità delle decisioni di tali commissioni dev’essere valutata unicamente sulla base di tale ragionamento, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse commissioni [sentenza STREAMSERVE, cit. supra al punto 62, punto 66; sentenze 20 novembre 2002, cause riunite T‑79/01 e T‑86/01, Bosch/UAMI (Kit Pro e Kit Super Pro), Racc. pag. II‑4881, punto 32, e 30 aprile 2003, cause riunite T‑324/01 e T‑110/02, Axions e Belce/UAMI (Forma di sigaro di colore bruno e forma di lingotto d’oro), Racc. pag. II‑1897, punto 51].

72     In ogni caso, occorre osservare che, anche se è certamente ammesso che considerazioni di fatto o di diritto contenute in una decisione precedente possano costituire argomenti a sostegno di un motivo relativo alla violazione di una disposizione del regolamento n. 40/94 (sentenze STREAMSERVE, cit. supra al punto 62, punto 69, e Kit Pro e Kit Super Pro, cit. supra al punto 71, punto 33), è giocoforza constatare che, nella fattispecie, la ricorrente non ha fatto valere la presenza, nelle decisioni anteriori delle commissioni di ricorso che essa richiama, di ragioni che possano mettere in discussione la valutazione espressa sopra, riguardo al motivo basato sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. h), del regolamento n. 40/94 (sentenza Forme di sigaro di colore bruno e forma di lingotto d’oro, cit. supra al punto 71, punto 52).

73     Pertanto, gli argomenti della ricorrente relativi alla sola esistenza delle registrazioni effettuate in Germania, in altri paesi nonché a livello comunitario sono inoperanti.

74     Pertanto, la seconda parte del motivo non è fondata.

75     Di conseguenza, il ricorso dev’essere respinto nel suo insieme.

 Sulle spese

76     Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fata domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, va condannata alle spese sostenute dall’UAMI, conformemente alla domanda di questo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Legal

Tiili

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 aprile 2004.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      H. Legal


* Lingua processuale: il tedesco.