Language of document : ECLI:EU:T:2014:1037

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

9 dicembre 2014(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Eccesso di potere – Diritti della difesa – Infrazione unica e continuata – Ammende – Fissazione dell’importo di partenza – Circostanze attenuanti – Durata del procedimento amministrativo»

Nella causa T‑85/10,

Alfa Acciai SpA, con sede in Brescia (Italia), rappresentata da D. Fosselard, S. Amoruso e L. Vitolo, avvocati

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da R. Sauer e R. Striani, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato; riadozione), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, nella parte in cui essa constata una violazione dell’articolo 65 CA da parte della ricorrente e condanna quest’ultima ad un’ammenda di EUR 7,175 milioni, ovvero, in subordine, una domanda di riduzione dell’importo di tale ammenda,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), facente funzione di presidente, A. Popescu e G. Berardis, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 novembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni. Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione. I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA così disponeva:

«1. Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

(…)

4. Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5. Alle imprese che:

–      abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

–      abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

–      abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

–      abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1,

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Conformemente all’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

 Disposizioni del Trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE stabiliva quanto segue:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

 Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1. Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (...) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(...)».

8        L’articolo 14 del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«1. La Commissione consulta un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di qualsiasi decisione ai sensi degli articoli 7, 8, 9, 10, 23, dell’articolo 24, paragrafo 2 e dell’articolo 29, paragrafo 1.

2. Ai fini della discussione di casi individuali il comitato consultivo è composto da rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Per le riunioni in cui si discutono temi diversi da casi individuali può essere designato un ulteriore rappresentante degli Stati membri competente in materia di concorrenza. In caso di impedimento i rappresentanti possono essere sostituiti da altri rappresentanti.

3. La consultazione può essere effettuata nel corso di una riunione convocata e presieduta dalla Commissione, da tenersi non prima di quattordici giorni da quando viene inviata la convocazione, unitamente all’esposizione della questione, all’indicazione dei documenti più importanti della pratica e a un progetto preliminare di decisione. Per quanto riguarda le decisioni di cui all’articolo 8, la riunione può aver luogo sette giorni dopo l’invio della parte operativa di un progetto di decisione. Se la Commissione invia la convocazione della riunione con un termine di convocazione inferiore a quelli summenzionati, la riunione può svolgersi alla data proposta se non vi sono obiezioni da parte degli Stati membri. Il comitato consultivo emette per iscritto un parere sul progetto preliminare di decisione della Commissione. Il parere può essere formulato anche se alcuni dei membri sono assenti e non si sono fatti rappresentare. Su richiesta di uno o più membri le posizioni assunte nel parere sono motivate.

4. La consultazione può anche avere luogo mediante procedura scritta. Tuttavia, se uno Stato membro lo richiede, la Commissione convoca una riunione. In caso di procedura scritta la Commissione stabilisce un termine, non inferiore a quattordici giorni, entro il quale gli Stati membri devono formulare le loro osservazioni da trasmettere a tutti gli altri Stati membri. Per quanto riguarda le decisioni da prendere ai sensi dell’articolo 8, il termine di quattordici giorni è sostituito da quello di sette giorni. Se la Commissione fissa per la procedura scritta un termine inferiore a quelli summenzionati, si applica il termine proposto se non vi sono obiezioni da parte di nessuno Stato membro.

5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato consultivo. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere.

6. Se il parere del comitato consultivo è formulato per iscritto, esso è unito al progetto di decisione. Se il comitato consultivo ne raccomanda la pubblicazione, la Commissione provvede alla pubblicazione del parere tenendo debitamente conto dell’interesse legittimo delle imprese a che non vengano divulgati segreti aziendali.

7. Su richiesta dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro la Commissione iscrive all’ordine del giorno del comitato consultivo i casi che sono in corso di trattazione da parte dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato. La Commissione può agire in tal senso anche di propria iniziativa. Preventivamente, la Commissione ne informa l’autorità garante della concorrenza interessata.

La richiesta può essere avanzata in particolare dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro per i casi in cui la Commissione intende avviare il procedimento di cui all’articolo 11, paragrafo 6.

Il comitato consultivo non emette pareri su casi trattati dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Il comitato consultivo può anche discutere problemi generali riguardanti il diritto comunitario in materia di concorrenza».

9        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 così dispone:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE] (...)».

10      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 è del seguente tenore:

«Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento».

11      Ai sensi dell’articolo 33 del regolamento n. 1/2003, «[p]rima di pubblicare il progetto e di procedere all’adozione della misura la Commissione consulta il comitato consultivo sulle intese restrittive e le posizioni dominanti».

 Regolamento n. 773/2004

12      L’articolo 10 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 123, pag. 18), recita:

«1. La Commissione informa per iscritto le parti interessate sugli addebiti mossi nei loro confronti. La comunicazione degli addebiti è notificata ad ognuna di esse.

2. Nella comunicazione degli addebiti alle parti interessate la Commissione stabilisce il termine entro il quale le stesse possono presentare osservazioni scritte. La Commissione non è tenuta a tener conto delle osservazioni scritte pervenute oltre la scadenza di tale termine.

3. Nelle loro osservazioni scritte le parti possono esporre tutti i fatti loro noti che siano rilevanti per la difesa contro gli addebiti mossi dalla Commissione. Esse allegano gli eventuali documenti idonei a comprovare i fatti esposti. (...)».

13      L’articolo 14 del regolamento n. 773/2004 prevede quanto segue:

«1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere auditore.

2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all’audizione alla data da essa fissata.

3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri».

 Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

14      Il 18 giugno 2002, la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

15      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002 è precisato che essa si prefigge:

«(…)

–        (…) di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili,

–        (…) di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

16      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del trattato CECA, si applicherà il diritto CE (...)».

 Oggetto della controversia

17      La presente causa ha per oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa a una violazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione»), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione di modifica») (la prima decisione, come modificata dalla decisione di modifica, viene denominata in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella parte in cui constata una violazione dell’articolo 65 CA da parte della ricorrente e condanna quest’ultima ad un’ammenda di EUR 7,175 milioni, ovvero, in subordine, una domanda di riduzione dell’importo di tale ammenda.

18      Nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa» o la «ricorrente»);

–        Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi»);

–        Ferriere Nord SpA;

–        IRO Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: l’«IRO»);

–        Leali SpA e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: le «AFLL») (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente la «Leali-AFLL»);

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente la «Lucchini-SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente la «Valsabbia»).

 Fatti

19      La ricorrente è un’impresa con sede in Brescia (Italia), che opera nel settore del tondo per cemento armato in Italia dal 1986.

20      Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Essa ha anche indirizzato loro richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

21      Il 26 marzo 2002, la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). La ricorrente ha presentato osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti. Il 13 giugno 2002 si è svolta un’audizione (punto 118 della prima decisione).

22      Il 12 agosto 2002, la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), trasmessa ai destinatari della comunicazione degli addebiti. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962 13, pag. 204), la Commissione precisava la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per la presentazione delle loro osservazioni e, il 30 settembre 2002, si è svolta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri (punto 119 della prima decisione).

23      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), nella quale essa ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 121 della prima decisione). In tale decisione, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda dall’importo di EUR 7,175 milioni.

24      Il 5 marzo 2003 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 2002. Con sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, detta decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 101). Poiché tali disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 120).

25      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della propria intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha inoltre precisato che, tenuto conto della portata limitata della sentenza SP e a./Commissione, citata supra al punto 24, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le proprie osservazioni (punti 6 e 123 della prima decisione). La ricorrente ha presentato osservazioni.

 Prima decisione

26      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, la quale è stata notificata alla ricorrente con lettera del 2 ottobre 2009.

27      Nella prima decisione, la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 ed il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

28      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione, la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che la medesima decisione era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non era in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

29      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi, l’intesa si era concretizzata essenzialmente negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i «supplementi» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

30      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre portato immediatamente ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. Peraltro, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

31      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda la ricorrente, ai punti da 526 a 529 della prima decisione, la Commissione ha evidenziato che l’Alfa era un’impresa alla quale erano imputabili, oltre ai propri comportamenti, anche quelli dell’Alfa Acciai Srl, dell’Acciaieria Megara SpA (a partire dal 1996) e delle Acciaierie di Sicilia SpA.

32      In quarto luogo, la Commissione ha considerato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

33      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il massimale delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il massimale più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, conformemente a quanto da essa comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008, aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, essa aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

34      Anzitutto, la Commissione ha considerato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, essa ha tenuto conto, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della prima decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

35      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini-SP, l’Alfa, la Riva e la Leali-AFLL, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

36      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

37      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che quest’ultima si era protratta dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 (punto 606 della prima decisione).

38      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini‑ SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: EUR 3,58 milioni;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

39      Per quanto concerne poi le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione ad un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti elettrosaldate e ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

40      Da ultimo, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la Commissione ha indicato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le avevano consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le aveva concesso una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione ha considerato che le altre imprese interessate non avevano soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641 della prima decisione).

41      Il dispositivo della prima decisione è così formulato:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1, [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o [a] pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000.


Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–      [Alfa]: 7,175 milioni di EUR;

–      [Feralpi]: 10,25 milioni di EUR;

–      [Ferriere Nord]: 3,57 milioni di EUR;

–      [IRO]: 3,58 milioni di EUR;

–      [Leali e AFLL], solidalmente: 6,093 milioni di EUR;

–      [Leali]: 1,082 milioni di EUR;

–      [Lucchini e SP], solidalmente: 14,35 milioni di EUR;

–      [Riva]: 26,9 milioni di EUR;

–      [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: 10,25 milioni di EUR;

(...)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

42      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero la ricorrente, la Riva, la Feralpi, la Ferriere Nord, la Lucchini, la Ferriera Valsabbia, la Valsabbia Investimenti e l’IRO, hanno indicato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

43      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato tutti i destinatari della prima decisione che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata. I suddetti servizi hanno altresì precisato che i termini applicabili al pagamento dell’ammenda e ad un eventuale ricorso giurisdizionale avrebbero iniziato a decorrere dalla data di notifica della «decisione completa».

 Decisione di modifica

44      L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina. La decisione di modifica è stata notificata alla ricorrente il 9 dicembre 2009.

45      Il dispositivo della decisione di modifica recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

46      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 febbraio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

47      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1 della decisione impugnata, nella parte che la riguarda;

–        in subordine, annullare l’articolo 1 della decisione impugnata, nella parte in cui le imputa la partecipazione ad un’infrazione prima del 13 febbraio 1996;

–        annullare l’articolo 2 della decisione impugnata, nella parte che la riguarda;

–        in subordine, modificare l’articolo 2 della decisione impugnata allo scopo di annullare o ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda alla quale è stata condannata;

–        condannare la Commissione alle spese.

48      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

49      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale nella causa in esame e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, ha chiesto alle parti di produrre taluni documenti. Esse vi hanno ottemperato entro il termine impartito.

50      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 27 novembre 2013.

 In diritto

51      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce formalmente quattro motivi. Il primo verte su un eccesso di potere della Commissione. Il secondo verte su una violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003, degli articoli 10 e 14 del regolamento n. 773/2004 e dei suoi diritti della difesa. Il terzo motivo verte su una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e sull’errata interpretazione della nozione di infrazione unica e continuata. Infine, il quarto motivo verte su illegittimità commesse nella fissazione dell’importo dell’ammenda (fissazione dell’importo di partenza e mancato riconoscimento di circostanze attenuanti) e sulla durata eccessiva del procedimento amministrativo. In una parte introduttiva riguardante le «peculiarità della decisione [impugnata] da un punto di vista sostanziale», la ricorrente deduce altresì una potenziale violazione del principio di collegialità.

 Osservazioni preliminari

52      Va rilevato che, nell’ambito della sua esposizione dei fatti nella parte introduttiva del ricorso, la ricorrente formula varie censure nei confronti della decisione impugnata. Così, al punto 1.3 del ricorso, la ricorrente rileva presunte «gravi contraddizioni» di cui sarebbe viziata la decisione impugnata, sotto un primo profilo, per quanto riguarda l’estensione del mercato geografico rilevante e la motivazione della decisione impugnata relativa a tale questione, sotto un secondo profilo, per quanto attiene alla presunta continuità dell’intesa, sotto un terzo profilo, in considerazione della potenziale violazione del principio di collegialità nel procedimento di adozione della decisione impugnata e, sotto un quarto profilo, per quanto attiene alla determinazione dell’importo delle ammende alla luce della grave crisi che attraversa il settore interessato. Interrogata a tal riguardo in udienza, la ricorrente ha precisato che tali considerazioni integravano gli argomenti espressamente formulati nei corrispondenti motivi del ricorso.

53      Nelle sue memorie, la Commissione afferma che la ricorrente ha formulato, nella parte del ricorso rubricata «In fatto» rilievi critici nei confronti della decisione impugnata, senza tuttavia rilevare alcun vizio di legittimità. A giudizio della Commissione, tali rilievi non costituirebbero motivi di ricorso.

54      Va rammentato che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno (sentenza del Tribunale del 30 gennaio 2007, France Télécom/Commissione, T‑340/03, Racc. pag. II‑107, punto 166). Inoltre, il giudice dell’Unione ha dichiarato che occorreva ammettere che l’enunciazione dei motivi del ricorso poteva non attenersi alla terminologia e alla numerazione del regolamento di procedura e che l’indicazione della loro sostanza, anziché della loro qualificazione giuridica, poteva bastare a condizione che i motivi emergano con sufficiente chiarezza dal ricorso (v. ordinanza del Tribunale del 21 maggio 1999, Asia Motor France e a./Commissione, T‑154/98, Racc. pag. II‑1703, punto 55, e la giurisprudenza ivi citata).

55      A tal riguardo, va osservato che la ricorrente ha dedotto un motivo vertente sull’illegittimità della fissazione dell’importo dell’ammenda, che si fonda segnatamente sulla definizione del mercato rilevante e sulla grave crisi che attraversa il settore. Inoltre, nel ricorso la ricorrente deduce specificamente un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, per erronea interpretazione della nozione di infrazione unica e continuata. Infine, sebbene il punto intitolato «Potenziale violazione del principio di collegialità nel processo di adozione della Decisione» sia effettivamente contenuto nella parte del ricorso rubricata «In fatto», è sufficiente constatare che tale motivo emerge dal ricorso con sufficiente chiarezza.

56      Alla luce di tali considerazioni, le osservazioni formulate dalla ricorrente in merito al mercato geografico rilevante, all’assenza di continuità dell’intesa e alla grave crisi che avrebbe colpito il settore saranno esaminate nell’ambito del terzo e del quarto motivo. La presunta violazione del principio di collegialità viene esaminata in via preliminare.

 Sulla presunta violazione del principio di collegialità

57      La ricorrente osserva che la decisione notificatale il 2 ottobre 2009 era incompleta, in quanto priva di allegati, ciò che sarebbe stato riconosciuto dalla Commissione nella sua lettera del 27 novembre 2009. Avendo fondato il proprio convincimento su un testo incompleto, la Commissione avrebbe violato il principio di collegialità, il quale avrebbe implicato che i soggetti di diritto interessati dalle sue decisioni dovevano avere la certezza che tali decisioni erano state effettivamente adottate dal collegio e corrispondevano esattamente alla volontà di quest’ultimo. A questo proposito, l’adozione della decisione di modifica non avrebbe consentito di sanare il vizio procedurale consistente nella notifica di una decisione incompleta, né avrebbe permesso di garantire che al momento dell’adozione di tale atto il collegio dei membri della Commissione avesse esaminato il testo integrale dello stesso. Inoltre, la decisione impugnata farebbe sistematico riferimento alle tabelle omesse all’atto della notifica della prima decisione, le quali risulterebbero essenziali per valutare gli effetti della presunta intesa.

58      In via preliminare, si deve rilevare che la prima decisione non conteneva i propri allegati, fra cui figuravano varie tabelle alle quali veniva fatto riferimento ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle da 1 a 3), 516 (tabelle 9, da 11 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14), nonché alle note a piè di pagina nn. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione) della prima decisione. La Commissione afferma a questo proposito che le tabelle allegate alla decisione di modifica si limiterebbero ad illustrare in modo schematico e sintetico gli elementi già contenuti nella prima decisione.

59      Sotto un primo profilo, va ricordato che il principio di collegialità si fonda sull’eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all’adozione di una decisione e implica, in particolare, da un lato, che le decisioni siano deliberate in comune e, dall’altro, che tutti i membri del collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate (sentenze della Corte del 23 settembre 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione, 5/85, Racc. pag. 2585, punto 30, e del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, Racc. pag. I‑2555, punto 63). Inoltre, il dispositivo e la motivazione di una decisione, che dev’essere obbligatoriamente motivata ai sensi dell’articolo 15 CA, costituiscono un tutto inscindibile, di modo che spetta unicamente al collegio dei membri della Commissione, in forza del principio di collegialità, adottare nel contempo l’uno e l’altra, essendo di competenza esclusiva del collegio qualsiasi modifica della motivazione che non costituisca una correzione meramente ortografica e grammaticale (v., per analogia, sentenza Commissione/BASF e a., cit., punti da 66 a 68 e sentenza del Tribunale del 18 gennaio 2005, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, T‑93/02, Racc. pag. II‑143, punto 124).

60      Nel caso di specie occorre considerare, da un lato, che la ricorrente non afferma la mancata deliberazione in comune della decisione impugnata, né la responsabilità collettiva del collegio, sul piano politico, di tale decisione e, dall’altro, che la mancanza in allegato alla prima decisione delle tabelle menzionate al precedente punto 58 può comportare l’illegittimità della decisione impugnata solo qualora siffatta mancanza non avesse consentito al collegio di sanzionare la condotta di cui all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stato indotto in errore su un punto essenziale da inesattezze od omissioni (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742, e del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105).

61      In primo luogo, riguardo alle tabelle da 15 a 17, menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, si deve constatare che, secondo tale nota a piè di pagina, in esse sono riprodotti i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno della prima frase del punto 126 della prima decisione, formulato come segue:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione Industriale Bresciana]), i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, +15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, +20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

62      Si deve rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti dei prezzi degli «extra di dimensione» del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 nonché la loro data di entrata in vigore. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono indicati anche in tali tabelle (dato che esse riguardano il periodo dal 1989 al 2000), deve rilevarsi che esse non sono oggetto del capitolo 4.1 della prima decisione, al quale si riferisce il punto 126, relativo al comportamento delle imprese fra il 1989 e il 1992. In ogni caso, tali aumenti sono menzionati, fra l’altro, anche ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989-1992), 93 e 94 (per gli anni 1993‑1994), da 149 a 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

63      In secondo luogo, riguardo alle tabelle da 18 a 21, citate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A. e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

64      Occorre pertanto constatare che, pur richiamandosi a cinque pagine del fascicolo amministrativo, menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, la Commissione ha espressamente indicato, al suddetto punto, i prezzi base che erano stati fissati dalle imprese ivi menzionate, nonché la data a partire dalla quale essi erano applicati. Inoltre, si deve rilevare che, al punto 419 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il primo comportamento relativo alla fissazione del prezzo base si era verificato al più tardi il 16 aprile 1992. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle da 18 a 21 della prima decisione, relativi ai prezzi base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina della prima decisione, tra la «fine [del] 1989» e il 16 aprile 1992, sono dunque privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 131 della prima decisione.

65      In terzo luogo, riguardo alle tabelle 22 e 23, citate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 145 della prima decisione, così formulato:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

–        i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

–        i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

–        la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini‑SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

66      A tal riguardo, si deve sottolineare che le tabelle indicate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a sostegno della sua affermazione secondo cui «la Alfa Acciai S.R.L. [aveva] adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [avev]a adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [avev]a riconfermato il medesimo prezzo». Ora, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» a cui si faceva riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane al kilo (ITL/kg) indicato al primo trattino del suddetto punto. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle 22 e 23 della prima decisione, relative ai prezzi base per il periodo tra il 1993 e il 7 dicembre 1994 sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 145 della prima decisione.

67      In quarto luogo, riguardo alle tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota «i dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che è formulato come segue:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

–        si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

68      Deve quindi rilevarsi che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a prendere atto del contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. Al riguardo, la Commissione si è riferita alle tabelle 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Pertanto, le tabelle 24 e 25 risultano irrilevanti ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione di cui al punto 174 della prima decisione.

69      In quinto luogo, riguardo alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica (...), anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[’erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi […in particolare] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [era] stato riconfermato per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

70      Si deve pertanto constatare che, nonostante l’assenza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente citato, al punto 200 della stessa, il prezzo base del periodo in questione nonché il momento della loro entrata in vigore.

71      In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica (...), anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 216 della prima decisione, secondo cui:

«Comunque, la [Lucchini‑SP (…)], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“ACCORDO PREZZO-CONSEGNE” (…) “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (- 20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)».

72      Dalla formulazione del suddetto punto si evince quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il testo della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 216 della prima decisione.

73      In settimo luogo, riguardo alla tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 241 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (...) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL “170 bp [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 c.m. venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione”».

74      Risulta, pertanto, dalla stessa formulazione di tale punto che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. La tabella 28 appare dunque priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 241 della prima decisione.

75      In ottavo luogo, riguardo alle tabelle 29 e 30, citate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve costatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, che è così formulato:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “BENEFICI E LIMITI DELL’ACCORDO COMMERCIALE ANNO 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante il 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette”».

76      Risulta pertanto dalla formulazione del punto 276 della prima decisione che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione del 10 novembre 1999 ivi menzionato. L’assenza delle tabelle 29 e 30 è quindi priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 276 della prima decisione.

77      In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui, «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre constatare che esso [era] stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto (200)» e secondo cui, «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato era anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (Tabella n. 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato è ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (Tabella n. 13, in allegato)». Occorre pertanto constatare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti del prezzo base durante l’anno 1997, con la conseguenza che la suddetta tabella non risulta indispensabile ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione.

78      In decimo luogo, va rilevato che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 della prima decisione) la Commissione si è riferita globalmente alle «tabelle allegate alla presente decisione», al fine di sostenere l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione fa anche riferimento ai punti da 419 a 433 di questa, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». In proposito la Commissione ha precisato che, «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti 473-475)», che, «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione», e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». L’insieme delle tabelle allegate alla prima decisione non appare dunque indispensabile ai fini della comprensione dell’addebito formulato dalla Commissione.

79      In undicesimo luogo, per quanto riguarda i riferimenti alle tabelle da 1 a 3, 9, da 11 a 14 e 16 operati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, occorre sottolineare che i suddetti punti si inseriscono nella parte della prima decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che dall’analisi del loro contenuto risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere le cifre citate in tali punti, oppure non sono indispensabili ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione riguardo agli effetti dell’intesa.

80      Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, occorre considerare che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, il collegio dei membri della Commissione abbia avuto piena cognizione degli elementi su cui si fondava la misura stessa. Ne consegue che il collegio dei membri della Commissione ha sanzionato la condotta di cui all’articolo 1 della decisione impugnata con piena cognizione di causa.

81      Ne consegue che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente su un eccesso di potere da parte della Commissione

82      Con il presente motivo, la ricorrente deduce un eccesso di potere da parte della Commissione, in quanto questa non sarebbe stata competente a sanzionare la violazione dell’articolo 65 CA in seguito alla scadenza del Trattato CECA, utilizzando come base giuridica gli articoli 7, paragrafo 1, e 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

83      La ricorrente afferma che, in mancanza di una decisione contraria degli Stati membri, le disposizioni del Trattato CECA non potevano trovare applicazione dopo la scadenza di quest’ultimo, avvenuta il 23 luglio 2002. Applicando le disposizioni del Trattato CECA dopo la sua scadenza, la Commissione avrebbe violato l’articolo 97 CA, in base al quale le disposizioni del suddetto Trattato sono state concluse per una durata di 50 anni a far data dalla sua entrata in vigore senza che vengano previste misure transitorie specifiche.

84      Da un lato, nelle sue sentenze del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (T‑405/06, Racc. pag. II‑771), e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione (T‑24/07, Racc. pag. II‑2309), il Tribunale si sarebbe basato sulla propria sentenza del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione (T‑25/04, Racc. pag. II‑3121). Orbene, quest’ultimo caso sarebbe notevolmente diverso dalla presente fattispecie. Per procedere nella specie in modo conforme all’approccio adottato nel suddetto caso, la Commissione avrebbe dovuto sanzionare l’Alfa per una violazione dell’articolo 81 CE, mediante una decisione fondata su tale disposizione, all’esito di un procedimento condotto in conformità al regolamento n. 1/2003.

85      Dall’altro, in una sentenza del 19 gennaio 2010, la Cour d’appel de Paris sarebbe giunta ad una conclusione identica in una causa presentante analogie con il caso di specie. In tale causa, la Cour d’appel avrebbe affermato che, una volta venute a scadenza, le disposizioni del Trattato CECA non potevano più produrre alcun effetto. La Cour d’appel avrebbe sostenuto l’approccio dell’autorità francese garante della concorrenza, la quale avrebbe applicato l’articolo 81 CE a fatti verificatisi durante la vigenza del Trattato CECA, ma sanzionati dopo la scadenza di quest’ultimo.

86      Peraltro, la ricorrente fa valere che la Commissione non può utilizzare il regolamento n. 1/2003 come base giuridica per applicare l’articolo 65, paragrafo 1, CA. Tanto dai considerando del preambolo, quanto dal tenore letterale dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 risulterebbe che quest’ultimo conferisce alla Commissione il potere di infliggere ammende in caso di violazione degli articoli 81 CE e 82 CE, e non in caso di infrazione all’articolo 65 CA, sicché la Commissione sarebbe incorsa in un evidente sviamento di potere.

87      Sotto un primo profilo, sebbene certamente, secondo la ricorrente, l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza abbiano costituito uno degli obiettivi essenziali del Trattato CE e del Trattato CECA, nella sua sentenza SP e a./Commissione, citata supra al punto 24, il Tribunale avrebbe però affermato che l’interpretazione coerente delle disposizioni di diritto sostanziale dei vari trattati non aveva alcuna incidenza sulle competenze attribuite alle varie istituzioni dai singoli trattati, sicché sarebbe irrilevante l’argomento della Commissione relativo all’unicità dell’ordinamento giuridico cui appartenevano il Trattato CECA e il Trattato CE.

88      Sotto un secondo profilo, la natura di lex specialis del Trattato CECA, ricordata dalla Commissione, avrebbe come conseguenza che, alla scadenza di quest’ultimo, la lex generalis diventerebbe automaticamente applicabile. In materia di concorrenza, ne conseguirebbe che, dal 24 luglio 2002, i comportamenti delle imprese un tempo rientranti nell’ambito di applicazione del Trattato CECA a partire da tale data sono soggetti agli articoli 81 CE e 82 CE. Tuttavia, il presente motivo non verterebbe sull’applicazione dell’articolo 81 CE, bensì sulla competenza della Commissione a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA dopo la scadenza di questo trattato, sulla base di un regolamento del Consiglio dell’Unione europea che non menzionerebbe neppure la suddetta norma.

89      Sotto un terzo profilo, la Commissione non potrebbe fondarsi sulla continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento, né sul fatto che la distorsione della concorrenza risultante dall’inosservanza delle norme in materia di intese potrebbe estendere i propri effetti nel tempo fin dopo la scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE. Sarebbe infatti dubbio che gli effetti della presunta intesa alla quale avrebbe partecipato la ricorrente fino al 2001 si siano protratti fino al 2009. Al contrario, sarebbe più probabile che al momento dell’adozione della decisione impugnata tali effetti sarebbero venuti meno.

90      Sotto un quarto profilo, nell’ordinamento giuridico dell’Unione le istituzioni disporrebbero soltanto di competenze di attribuzione. Ne conseguirebbe che la Commissione avrebbe dovuto prevedere che talune decisioni in materia di intese sanzionabili sotto il regime CECA non potrebbero essere adottate in tempo utile sotto tale regime e che, di conseguenza, essa non disporrebbe della base giuridica adeguata per agire in tali casi. La Commissione avrebbe d’altronde adottato un approccio totalmente diverso in materia di lotta antidumping.

91      Va ricordato innanzitutto che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 1; del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pag. 1141, 1159; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 70, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 63).

92      Nell’ambito di tale ordinamento giuridico comunitario le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 64, e la giurisprudenza ivi citata).

93      Nel caso di specie, va constatato che il preambolo della decisione impugnata contiene riferimenti a disposizioni del Trattato CECA, ossia gli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, ossia del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

94      Si deve inoltre rilevare che, nella motivazione della decisione impugnata, al punto 1, la Commissione ha indicato che «[l]a presente decisione constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA] e [che essa era] adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [… essa] irroga[va] ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

95      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 rappresenta[vano] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[vano] ad adottare la presente decisione» e che «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l, [essa …] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della decisione impugnata).

96      In tale contesto, si deve ritenere che la decisione impugnata, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto un’ammenda alla ricorrente, trova la propria base giuridica nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 per l’accertamento dell’infrazione e nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, per l’irrogazione dell’ammenda.

97      Occorre poi ricordare che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 74), ciò che incontestabilmente vale per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della decisione impugnata.

98      Si deve inoltre sottolineare che i trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, nel cui contesto, come emerge dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 75, e la giurisprudenza ivi citata).

99      Il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

100    Ne consegue che, per quanto riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 99 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

101    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 100; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

102    In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 70 e 73).

103    Sebbene il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE abbia comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, quest’ultima si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze González y Díez/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

104    A questo proposito va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che è in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 81, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

105    In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratica concordata sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzioni a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché tale obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della Comunità europea (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 82, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 71 e 73).

106    La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la Comunità europea, in quanto subentrata alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano sia agli Stati membri che ai singoli, in forza del Trattato CECA e delle norme adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sotto la vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 72 e 73).

107    La Corte ha quindi altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicurava, al fine di garantire una libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti da 55 a 57 e 65).

108    Inoltre, emerge dalla giurisprudenza, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 63).

109    Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati sotto la vigenza del Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 64).

110    Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, essa ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 75).

111    Ciò premesso, sarebbe contrario alle finalità e alla coerenza dei Trattati nonché inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione che la Commissione non fosse abilitata a garantire l’uniforme applicazione delle norme connesse al Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche dopo la scadenza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, Racc. pag. I‑6199, punto 41).

112    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 84, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punti 72, 73 e 87). La ricorrente non può neppure affermare che, così facendo, la Commissione sarebbe incorsa in un evidente sviamento di potere.

113    Si deve in seguito rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente disciplinato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate prima della loro entrata in vigore, a meno che non emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79).

114    In questa ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza che, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione in quanto tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79; v. inoltre, in tal senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 96).

115    Nel caso in esame, per quanto riguarda le norme sostanziali, si deve osservare che la decisione impugnata riguarda una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, poiché il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 37 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella decisione impugnata, ove si ricorda che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni acquisite prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 79).

116    Peraltro, la decisione impugnata è stata adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito conformemente al regolamento n. 17 ed al regolamento n. 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della decisione impugnata rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza di cui al precedente punto 113. Dato che la decisione impugnata è stata adottata dopo la scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato norme contenute nel regolamento n. 1/2003 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 84 supra, punto 87, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 97 supra, punti 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 97 supra, punto 90; v. altresì, in tal senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 96).

117    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’argomento della ricorrente basato sulla sentenza della Cour d’appel de Paris del 19 gennaio 2010 non può essere accolto. In ogni caso, al pari della Commissione, occorre evidenziare che, in tale sentenza, la Cour d’appel de Paris ha espressamente riconosciuto che la questione che essa doveva risolvere era diversa da quelle sottoposte al Tribunale nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citate al punto 84 supra. Infatti, la Cour d’appel de Paris ha dichiarato, riferendosi segnatamente alle suddette sentenze, che le giurisdizioni europee «non [avevano] mai affrontato la questione precisa (…) di adire, a fini sanzionatori, un’autorità garante della concorrenza e ciò dopo il 23 luglio 2002, per comportamenti commessi o iniziati prima di tale data e continuati dopo» e che «a maggior ragione, i giudici europei non avevano mai rimesso in discussione il principio secondo cui una legge che non ha più oggetto perde la sua efficacia e tutti gli sviluppi di tale principio». A tal riguardo, è pacifico che nel caso di specie tutti i comportamenti costituenti infrazione hanno preso fine il 4 luglio 2000, ossia prima della scadenza del Trattato CECA.

118    Ne consegue che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa

 Sulla violazione dell’articolo 10 del regolamento n. 773/2004 per mancato invio di una nuova comunicazione degli addebiti

119    La ricorrente fa valere che la Commissione, omettendo di inviare alle imprese in questione una nuova comunicazione degli addebiti e limitandosi a inviare loro la lettera del 30 giugno 2008 per informarle della propria intenzione di riadottare la decisione del 2002, ha violato l’articolo 10 del regolamento n. 773/2004.

120    Nel caso di specie, la Commissione avrebbe adottato la decisione impugnata modificandone la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Poiché la base giuridica costituisce un elemento fondamentale di una decisione, la Commissione avrebbe dovuto inviare una nuova comunicazione degli addebiti. Inoltre, occorrerebbe evidenziare come, nella decisione impugnata, la Commissione abbia non solo corretto un vizio procedurale, ma anche effettuato nuove valutazioni in merito alla posizione delle parti relativamente all’ammenda, sicché sarebbe stato necessario dare alle medesime la possibilità di esercitare pienamente i propri diritti della difesa.

121    La ricorrente aggiunge che la natura giuridica della lettera del 30 giugno 2008 non sarebbe chiara, in quanto si tratterebbe di un atto che non è né disciplinato né menzionato nel regolamento n. 1/2003 o nel regolamento n. 773/2004. Avendo ritenuto che la ricezione di tale lettera anticipasse la trasmissione di una nuova comunicazione degli addebiti, la ricorrente avrebbe ridotto al minimo le proprie osservazioni in risposta alla lettera di cui sopra. Nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione della decisione del 2002, la Commissione avrebbe d’altronde riconosciuto la necessità di inviare la comunicazione degli addebiti supplementari alle imprese in questione per informarle che essa intendeva fondarsi su una base giuridica diversa per adottare tale decisione. La comunicazione degli addebiti supplementari sarebbe comunque insufficiente, in quanto essa avrebbe fatto riferimento all’inflizione di ammende ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 5, CA, mentre nella decisione impugnata la Commissione avrebbe esercitato il proprio potere sanzionatorio ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

122    Giova ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal proposito, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. Tale principio impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v. sentenze della Corte del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti 34 e 36, e la giurisprudenza ivi citata, e Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28).

123    In applicazione di detto principio, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 10 del regolamento n. 773/2004, prescrivono alla Commissione di muovere nella sua decisione finale solo gli addebiti sui quali le imprese e le associazioni di imprese interessate abbiano avuto modo di esprimere il proprio punto di vista.

124    Il rispetto dei diritti della difesa esige, infatti, che l’impresa interessata sia stata messa in condizione, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita sussistenza di un’infrazione a suo carico (v. sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 66, e la giurisprudenza ivi citata).

125    In via preliminare, va ricordato che, al punto 6 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che, considerata la portata limitata della sentenza SP e a., citata al punto 24 supra (la quale non affronta alcuna questione fattuale), la decisione impugnata si basava sugli elementi di prova già presentati nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari, tenendo conto nel contempo del giudizio del Tribunale in merito alla definizione della base giuridica che legittimava la Commissione ad agire e che i fatti descritti in tale decisione corrispondevano interamente alla descrizione fattane nella prima decisione, fatti salvi i recenti sviluppi relativi alla ristrutturazione di talune imprese.

126    In primo luogo, va sottolineato che, nel presente motivo, la ricorrente non fa valere che la decisione impugnata riguarderebbe comportamenti diversi da quelli su cui si è già espressa nella sue risposte alla comunicazione degli addebiti e alla comunicazione degli addebiti supplementari.

127    Sotto un primo profilo, la ricorrente afferma che la modifica, dopo l’annullamento della decisione del 2002 da parte del Tribunale, della base giuridica per l’adozione della decisione impugnata costituisce un elemento fondamentale di quest’ultima, che giustificava l’invio di una nuova comunicazione degli addebiti da parte della Commissione.

128    Tale argomento non può tuttavia essere accolto. Infatti, dev’essere sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione aveva già informato le imprese interessate delle conseguenze, segnatamente per quanto riguarda la scelta della base giuridica, che essa intendeva trarre dalla scadenza del Trattato CECA nella comunicazione degli addebiti supplementari e che la ricorrente ha avuto la possibilità di fare valere le proprie osservazioni in merito, ciò che essa ha d’altronde fatto nella sua risposta alla suddetta comunicazione. Inoltre, le considerazioni svolte in una decisione circa la base giuridica sui cui quest’ultima si fonda devono essere considerate estranee a qualsiasi nuovo addebito, in quanto non fanno riferimento a comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali le imprese hanno già potuto esprimersi (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 103, e sentenza del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punto 114).

129    Ad ogni modo, con la sua lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato le imprese di cui trattasi, in seguito all’annullamento della decisione del 2002 da parte del Tribunale, della sua intenzione di riadottare tale decisione nei confronti di tutte le parti per le quali il Tribunale l’aveva annullata. Essa ha nuovamente precisato alla ricorrente la base giuridica che l’autorizzava a riadottare la decisione nonché le disposizioni sostanziali e procedurali applicabili. La ricorrente ha avuto la possibilità di fare valere le proprie osservazioni, ciò che ha d’altronde fatto il 31 luglio 2008 in un documento di nove pagine.

130    Sotto un secondo profilo, la ricorrente afferma che la comunicazione degli addebiti deve mettere l’impresa in condizione di difendersi non solo contro la constatazione dell’infrazione ma anche contro l’irrogazione di un’ammenda. Proprio per tale motivo, una decisione della Commissione indica la base giuridica utilizzata per sanzionare le imprese destinatarie degli addebiti in essa contenuti. Orbene, le parti non sarebbero state informate riguardo alla base giuridica che la Commissione intendeva utilizzare per infliggere sanzioni alle imprese di cui trattasi.

131    Nemmeno un siffatto argomento può essere condiviso.

132    Come emerge dalla giurisprudenza, l’obbligo della Commissione in fase di comunicazione degli addebiti si limita ad esporre le censure mosse e ad enunciare, in modo chiaro, i fatti sui quali essa si fonda nonché la qualificazione che viene loro data affinché i destinatari possano difendersi utilmente. La Commissione non è tenuta ad esporre le conclusioni che essa trae da fatti, documenti e argomenti giuridici (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 453, e la giurisprudenza ivi citata).

133    D’altronde, la Corte ha già sottolineato che, quando, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all’illegittimità od alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 98).

134    Ne consegue che la Commissione non aveva l’obbligo, in seguito all’annullamento della decisione del 2002, di dare alle imprese di cui trattasi la possibilità di essere sentite sulla scelta della base giuridica utilizzata per infliggere loro ammende nella decisione impugnata.

135    Sotto un terzo profilo, la ricorrente fa valere che la Commissione non si è limitata a riadottare la decisione del 2002 ma ha anche esercitato nuovamente il suo potere sanzionatorio prendendo in considerazione elementi nuovi, che avrebbero portato a una diminuzione dell’importo finale dell’ammenda inflitta alla Lucchini‑SP.

136    Oltre al fatto che la ricorrente si limita ad invocare una diminuzione dell’importo dell’ammenda inflitta ad un’altra impresa, senza tuttavia fare valere una qualsivoglia disparità di trattamento, dalla giurisprudenza emerge che, qualora la Commissione indichi espressamente, nella sua comunicazione degli addebiti, che essa esaminerà se occorre infliggere ammende alle imprese interessate ed enunci i principali elementi di fatto e di diritto che possono portare all’imposizione di un’ammenda, quali la gravità e la durata dell’infrazione presunta e il fatto di avere commesso la medesima intenzionalmente o per negligenza, essa ottempera al suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese ad essere sentite. Così facendo, essa fornisce loro gli elementi necessari per difendersi non solo contro l’accertamento di un’infrazione, ma altresì contro l’inflizione di un’ammenda. La Commissione invece non è tenuta, qualora abbia indicato gli elementi di fatto e di diritto sui quali essa intenda fondare il suo calcolo dell’importo delle ammende, di precisare il modo in cui si servirebbe di ciascuno di tali elementi per la determinazione dell’entità dell’ammenda (v. sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, Wieland‑Werke e a./Commissione, T‑11/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 129 e 130, e la giurisprudenza ivi citata).

137    Orbene, la Commissione ha indicato tali elementi al punto 314 della comunicazione degli addebiti. In particolare, la Commissione ha ricordato che, nel fissare l’importo di ogni ammenda, essa doveva tenere conto di tutte le circostanze pertinenti, in particolare della gravità e della durata dell’infrazione. Essa ha aggiunto che, nella valutazione della gravità dell’infrazione, essa terrebbe conto dei fatti precedentemente descritti e valutati secondo il principio che un accordo o una pratica concordata, come un cartello di prezzi, e di ripartizione dei mercati costituiva un’infrazione molto grave al diritto dell’Unione. Inoltre, essa ha indicato che nel valutare la gravità dell’infrazione, essa terrebbe conto della natura, dell’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e dell’estensione del mercato geografico rilevante e che il ruolo svolto da ciascuna delle imprese partecipanti all’infrazione sarebbe valutato individualmente. Essa ha infine sottolineato che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere a ogni impresa, essa terrebbe conto di ogni circostanza aggravante e attenuante e proporrebbe di fissare le ammende a un livello tale da garantire loro un carattere sufficientemente dissuasivo.

138    Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda la lettera del 30 giugno 2008, occorre rilevare che, in tale lettera, in cui non vengono formulati addebiti nei confronti delle imprese destinatarie, la Commissione ha menzionato la sua intenzione di riadottare la decisione annullata con la sentenza SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, e ha specificamente indicato che, vista la portata limitata di tale sentenza, che non riguardava il merito della causa, la decisione riadottata si fonderebbe nuovamente sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Essa ha altresì invitato le imprese di cui trattasi a trasmetterle le loro eventuali osservazioni entro il termine di un mese dalla ricezione di tale lettera. La ricorrente non può quindi sostenere di aver ritenuto che la ricezione della lettera del 30 giugno 2008 anticipasse l’adozione di una nuova comunicazione degli addebiti.

139    In secondo luogo, è giocoforza constatare che la ricorrente non contesta che, al momento dell’annullamento della decisione del 2002, gli atti preparatori compiuti dalla Commissione consentivano un’analisi esaustiva del comportamento delle imprese di cui trattasi alla luce dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

140    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può ripartire dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 73; sentenza del Tribunale del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125).

141    Poiché, come ricordato al punto 24 supra, la decisione del 2002 è stata annullata in quanto l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA non era più in vigore il 23 luglio 2002 e la Commissione non poteva quindi più fondare la propria competenza sulle suddette disposizioni, estinte al momento dell’adozione della decisione in parola, per constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e per infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato alla suddetta infrazione, l’esecuzione della sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, imponeva alla Commissione di far ripartire il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, vale a dire dal momento dell’adozione della decisione del 2002. Pertanto, la Commissione non era tenuta ad indirizzare alla ricorrente una nuova comunicazione degli addebiti.

142    Ne consegue che il primo capo del presente motivo deve essere respinto.

 Sulla violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, a causa dell’impossibilità per la ricorrente di comunicare la sua posizione agli Stati membri

143    La ricorrente afferma che i suoi diritti della difesa sono stati violati perché la Commissione non ha dato al comitato consultivo previsto dall’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 la possibilità di esprimersi utilmente in merito all’adozione della decisione impugnata. Essa sostiene a tal riguardo che, in mancanza di una comunicazione degli addebiti alla quale avrebbero potuto rispondere, le parti sarebbero state private della possibilità di informare gli Stati membri in merito alla loro posizione riguardo alla riadozione della decisione del 2002, e segnatamente della possibilità di comunicare a questi ultimi argomenti decisivi ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, quali la lunghezza del procedimento e lo stato di crisi in cui versava il settore. A questo proposito, la ricorrente ignorerebbe se una copia della sua risposta alla lettera del 30 giugno 2008 sia stata fornita agli Stati membri e, dunque, a che titolo questi ultimi si sarebbero pronunciati.

144    In via preliminare, va rilevato, come indicato dalla Commissione al punto 382 della decisione impugnata, che non sussiste un nesso formale tra, da un lato, la consultazione del comitato consultivo previsto dagli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 e, dall’altro, lo svolgimento di un’audizione a norma dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004.

145    Infatti, mentre l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 prevede che la Commissione dia alle parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti la possibilità di esporre i loro argomenti durante un’audizione e l’articolo 14, paragrafo 3, del medesimo regolamento dispone che la Commissione inviti le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione, gli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 non riguardano lo svolgimento dell’audizione dinanzi al consigliere auditore, ma prevedono la consultazione da parte della Commissione di un comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti prima di prendere una decisione, in particolare in applicazione degli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003.

146    Per quanto riguarda la presunta violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, relativo allo svolgimento delle audizioni da parte del consigliere auditore, va ricordato che costituisce un elemento essenziale dei diritti della difesa il diritto delle imprese e delle associazioni di imprese interessate di fare conoscere il proprio punto di vista durante la fase scritta e la fase orale del procedimento amministrativo in merito agli addebiti mossi dalla Commissione (sentenza della Corte del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc. pag. 2859, punto 52, e sentenza del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 248).

147    Tuttavia, poiché, come emerge dai rilievi svolti ai punti da 122 a 142 supra, la Commissione non aveva l’obbligo di adottare una nuova comunicazione degli addebiti e le imprese di cui trattasi avevano già avuto la possibilità di essere sentite oralmente durante l’udienza del 13 giugno 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti e durante l’audizione del 30 settembre 2002, che aveva fatto seguito alla comunicazione degli addebiti supplementari, la Commissione non aveva l’obbligo di organizzare una nuova audizione.

148    Se è certamente vero, come sottolineato dalla ricorrente, che gli Stati membri non hanno partecipato all’audizione relativa al merito della causa, al precedente punto 113 è stato ricordato che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente disciplinato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo, poiché di norma si presume che le norme procedurali si applichino a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore. Orbene, le norme del Trattato CECA, allora in vigore, e segnatamente l’articolo 36 CA, non prevedevano una siffatta partecipazione, contrariamente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

149    Come sottolineato dalla Commissione, quest’ultima ha tuttavia pienamente informato e tenuto al corrente del procedimento gli Stati membri, inviando loro, prima dell’adozione della decisione del 2002, la comunicazione degli addebiti, la comunicazione degli addebiti supplementari, copia delle osservazioni scritte sulle due comunicazioni degli addebiti, una copia dello studio Lear (Laboratorio di Economia, Antitrust, Regolamentazione), intitolato «L’industria del tondo per cemento armato in Italia dal 1989 al 2000» (in prosieguo: lo «studio Lear»), commissionato dalle imprese Alfa, Feralpi, IRO, SP e Valsabbia, un sunto degli argomenti delle parti espressi durante l’audizione e la registrazione della medesima in inglese. Il 7 settembre 2009, la Commissione ha anche trasmesso alle autorità nazionali garanti della concorrenza le risposte delle imprese di cui trattasi alla lettera del 30 giugno 2008.

150    Per quanto concerne la presunta violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003, che prevedono la consultazione da parte della Commissione di un comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti prima dell’adozione di una decisione, segnatamente a norma degli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003, è sufficiente constatare che tale argomento non trova riscontro nei fatti poiché dal verbale della riunione della Commissione, nel corso della quale è stata adottata la prima decisione, emerge che il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti è stato consultato prima dell’adozione della decisione impugnata e dopo la trasmissione dei documenti più importanti riguardanti la presente causa ai suoi membri conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 (punto 383 della decisione impugnata), ha espresso il suo parere durante la sua riunione del 18 settembre 2009 riguardante un progetto di decisione nella presente causa.

151    A tal riguardo, emerge dal parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti formulato nella sua riunione del 18 settembre 2009, in relazione ad un progetto di decisione sul caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione (GU 2011, C 98, pag. 13), predisposto dalla Commissione, che il comitato consultivo concorda con la Commissione, in primo luogo, sull’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 come base giuridica, in secondo luogo, in merito al procedimento seguito per la riadozione della decisione, in terzo luogo, sull’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA come diritto sostanziale, nonostante sia scaduto, in quarto luogo, con la valutazione dei fatti costituenti accordi o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, in quinto luogo, con la valutazione effettuata dalla Commissione del prodotto e dell’estensione geografica del mercato interessato dall’intesa, in sesto luogo, con la conclusione della Commissione secondo cui il termine di prescrizione non era scaduto, in settimo luogo, in merito agli importi di base delle ammende, in ottavo luogo, in merito all’aumento dell’importo di base dovuto a una circostanza aggravante, in nono luogo, in merito all’importo della riduzione delle ammende ai sensi della comunicazione della Commissione sulla cooperazione del 1996 e, in decimo luogo, in merito all’ importo finale delle ammende. Il suddetto comitato ha anche raccomandato la pubblicazione del suo parere nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

152    Alla luce dei rilievi che precedono, occorre altresì respingere il presente capo del motivo, nonché il motivo nel suo insieme.

 Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA

153    La ricorrente sostiene che la Commissione ha erroneamente interpretato la nozione di infrazione unica e continuata e, così facendo, ha violato l’articolo 65, paragrafo 1, CA. Da un lato, diversi elementi suggerirebbero l’esistenza di due intese distinte ed autonome, una protrattasi dal 1989 al 1995 e l’altra dal 1996 al 2000. Dall’altro, vi sarebbe stata una netta ed evidente interruzione dei comportamenti descritti nella decisione impugnata nel 1995 e nel 1996, ma anche una serie di momenti di cesura nel corso di tutto il periodo interessato.

 Sulla natura unica dell’intesa

154    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata evidenzierebbe diversi elementi in contraddizione con le conclusioni della Commissione circa la natura unica dell’intesa. Vi sarebbero state due intese distinte, delle quali una si sarebbe svolta tra il 1989 e il 1995 e l’altra tra il 1996 e il 2000. Per dare fondamento a tale conclusione, la ricorrente fa riferimento all’evoluzione, a partire dal 1996, del numero di imprese coinvolte nell’intesa, al ruolo svolto da Federacciai, e infine, ai temi di discussione affrontati dai partecipanti.

155    Innanzitutto, giova ricordare che la nozione di infrazione unica riguarda una situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato o ripetuto avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, oppure da infrazioni singole tra loro collegate da un’identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate consapevoli di partecipare all’oggetto comune) (sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 257; del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 89; del 24 marzo 2011, Aalberts Industries e a./Commissione, T‑385/06, Racc. pag. II‑1223, punto 86, e del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 141).

156    Si deve poi osservare che una violazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di tale serie di atti o di tale comportamento continuato potrebbero anche costituire, di per sé stessi e presi isolatamente, una violazione della suddetta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza in seno al mercato interno, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 124 supra, punto 258; del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41, e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 49; sentenze del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 161; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 90; Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 87, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 142).

157    Inoltre, secondo giurisprudenza costante, la nozione di infrazione unica può riferirsi alla qualificazione giuridica di un comportamento anticoncorrenziale consistente nell’esistenza di accordi, pratiche concordate e decisioni di associazioni di imprese (sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punto 186; BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 159; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 91, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 143).

158    Va parimenti precisato che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata da un generico riferimento a una distorsione della concorrenza sul mercato interessato dall’infrazione, poiché il pregiudizio per la concorrenza costituisce, quale oggetto o effetto, un elemento inerente a qualsiasi comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di una parte del suo significato, nei limiti in cui avrebbe come conseguenza che più comportamenti riguardanti un settore economico, vietati dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, dovrebbero essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’infrazione unica. Pertanto, ai fini della qualificazione di comportamenti illeciti diversi come infrazione unica e continuata occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad un unico obiettivo. A tale riguardo, occorre tenere conto di qualsiasi circostanza che possa dimostrare o rimettere in discussione tale nesso, quale il periodo di applicazione, il contenuto, inclusi i metodi utilizzati e, correlativamente, l’obiettivo dei diversi comportamenti illeciti in questione (v., in tal senso e per analogia, sentenze BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punti da 179 a 181; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 92, e Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 88).

159    Infine, occorre ricordare che un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o di pratica concordata aventi un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere anche responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione a detta infrazione, dei comportamenti posti in essere da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione. Tale caso ricorre ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti d’infrazione degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio (v., in tal senso e per analogia, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punti 83 e 203; Commissione/Verhuizingen Coppens, cit. al punto 156 supra, punto 42; Team Relocations e a./Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 50; del Tribunale BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 156 supra, punto 160, e del 6 marzo 2012, UPM-Kymmene/Commissione, T‑53/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 52).

160    Alla luce delle suesposte considerazioni occorre esaminare il presente motivo.

161    Nella decisione impugnata la Commissione ha constatato, al punto 437, che i comportamenti riguardanti la fissazione del prezzo base e i termini di pagamento, succedutisi dal 16 aprile 1992 al 4 luglio 2000, si configuravano come momenti di attuazione di un unico e medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato. Infatti, ognuno di detti comportamenti (fatta eccezione solo per l’accordo iniziale dell’aprile 1992) si sarebbe concretizzato in modalità, più o meno simili nel tempo, mediante le quali è stato fissato il prezzo minimo concordato.

162    Al punto 444 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che siccome il prezzo base e gli «extra di dimensione» sono le due componenti principali del prezzo del tondo per cemento armato, i comportamenti tendenti alla fissazione dell’uno e degli altri non potevano considerarsi come costitutivi di due diverse intese ed essi erano, in realtà, le due parti, assolutamente complementari, della medesima intesa. Infatti, ciò che rileverebbe nel mercato sarebbe il prezzo complessivo, sicché i comportamenti tendenti alla fissazione di un prezzo base minimo e quelli tendenti all’uniformizzazione dei prezzi degli «extra di dimensione» sarebbero costitutivi di una sola infrazione, avente ad oggetto la fissazione del prezzo complessivo del tondo per cemento armato, anche mediante la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite.

163    Per quanto attiene a tale parte dell’intesa, al punto 458 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che, essendo funzionali all’attuazione di un unico e medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato, tutti i comportamenti riguardanti la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, succedutisi dal 13 giugno 1995 al 23 maggio 2000, si configuravano come momenti di attuazione di questo stesso disegno. Essa ha aggiunto che il fatto che ci siano stati comportamenti distinti, ossia, in primo luogo, contatti reciproci e incontri periodici fra concorrenti per discutere e definire le proprie politiche commerciali, in secondo luogo, intese periodiche sui prezzi base minimi o prezzi «obiettivo» (o i termini di pagamento) e sui prezzi degli «extra» di dimensione per la vendita del prodotto in Italia, in terzo luogo, intese riguardanti provvedimenti volti a facilitare l’attuazione di tali «prezzi-obiettivo», in quarto luogo, lo scambio di informazioni particolareggiate sui propri dati riservati relativi, in particolare, alla produzione o alle vendite, e in quinto luogo, la ripartizione del mercato italiano assegnando a ciascuna delle imprese coinvolte una quota di vendite, non impediva che si potesse definire tutti i summenzionati comportamenti come costitutivi di una sola infrazione.

164    Al punto 507 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che l’unità di scopi dei vari comportamenti adottati non dava adito ad alcun dubbio, poiché sia le intese sui prezzi base che quelle sugli extra avrebbero avuto per oggetto l’aumento del prezzo del tondo per cemento armato sul mercato italiano. Gli accordi o pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento avrebbero avuto lo stesso oggetto di quelli riguardanti la fissazione del prezzo base, poiché il fatto di rinunciare ad assegnare termini di pagamento più lunghi di quelli dei propri concorrenti, uniformando gli oneri finanziari che, in ragione di tali termini, i clienti erano tenuti a sopportare, equivarrebbe a sopprimere, o comunque, a ridurre possibili differenze tra i prezzi dei concorrenti. Nella misura in cui i comportamenti contestati avrebbero mirato per più di dieci anni al medesimo obiettivo, la Commissione sarebbe giunta alla conclusione che si trattava di un’infrazione unica.

165    In primo luogo, la ricorrente sostiene che numerosi documenti citati nella decisione impugnata quali elementi di prova dell’intesa asseritamente unica e continuata si riferiscono ad un numero di imprese in gran parte diverse da quelle sanzionate nella decisione impugnata. Viceversa, i documenti citati nella decisione impugnata come prove della presunta intesa svoltasi a partire dal 1996 riguarderebbero riunioni tenutesi in una cerchia molto ridotta rispetto alle imprese che avrebbero partecipato sin dal 1989 in ambito Federacciai, poiché solo otto delle undici imprese sarebbero rimaste coinvolte. Orbene, per considerare un’intesa come unica, occorrerebbe che le imprese coinvolte siano (in gran parte) le stesse, il che emergerebbe anche dalla prassi decisionale della Commissione. Poiché nel 1995, 22 produttori di tondo per cemento armato sarebbero stati membri della Federacciai, di cui solo undici sarebbero stati invitati alle riunioni organizzate dal dott. Leali, le iniziative promosse da quest’ultimo sarebbero risultate non connesse all’adesione alla Federacciai o alle attività di quest’ultima.

166    Un tale argomento non può essere accolto. Come ricordato ai punti 155 e 158 supra, la nozione di infrazione unica riguarda una situazione in cui varie imprese hanno partecipato ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato che persegue un unico fine economico volto a falsare la concorrenza o anche singole infrazioni tra loro collegate da un’identità di oggetto e di soggetti. Pertanto, ai fini della qualificazione di comportamenti illeciti diversi come infrazione unica e continuata occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano globale diretto ad un unico obiettivo.

167    Sebbene certamente l’identità delle imprese partecipanti all’infrazione costituisca un elemento pertinente da prendere in considerazione ai fini della valutazione del carattere unico di un’infrazione, rimane nondimeno vero che il criterio essenziale che consente di qualificare un’intesa come «unica» risiede nel fatto che le varie azioni sono riconducibili ad un piano d’insieme a causa del loro oggetto identico consistente nel falsare il gioco della concorrenza (v. punto 156 supra). A tal riguardo, il Tribunale ha già considerato che un’intesa non perdeva il suo carattere unico a causa della diminuzione di oltre la metà del numero dei suoi partecipanti. Il Tribunale ha quindi affermato che, sempreché l’obiettivo delle pratiche anticoncorrenziali sia rimasto lo stesso, il fatto che talune caratteristiche o che l’intensità delle pratiche di cui trattasi fossero cambiate, non era determinante (sentenza Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 155 supra, punti 103 e 105).

168    Nel caso di specie, va rilevato che dal dispositivo della decisione impugnata emerge che tutti i destinatari della medesima hanno partecipato all’infrazione dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000, ad eccezione, da un lato, della ricorrente che ha partecipato all’infrazione dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000 e, dall’altro, della Ferriere Nord, che ha partecipato all’intesa solamente dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, sussiste quindi identità tra le imprese nei confronti delle quali la Commissione ha constatato una partecipazione all’intesa durante il periodo successivo al 1996 e quelle per le quali la partecipazione è stata constatata dalla Commissione per il periodo precedente tale data.

169    Come affermato dalla ricorrente, è vero che numerosi documenti citati nella decisione impugnata, anteriori al 1996, riguardano imprese alle quali la Commissione non ha comunicato addebiti. Una siffatta circostanza, tuttavia, non rileva ai fini della qualificazione dell’intesa come infrazione unica, a maggior ragione in quanto nei confronti di tali imprese non è stata constatata alcuna infrazione. Ai punti 551 e 552 della decisione impugnata la Commissione ha quindi chiarito che le imprese coinvolte nel presente procedimento erano le più importanti del settore e quelle nei cui confronti le indagini avevano consentito di raccogliere maggiori prove. Essa ha altresì precisato che la maggior parte delle imprese italiane attive nel settore all’inizio del periodo in esame avevano nel frattempo cessato di operarvi. Secondo la Commissione, delle 22 imprese ancora in attività nel 1995, le nove destinatarie della decisione impugnata rappresentavano, nel 1998, una quota di mercato dell’86,9% del mercato italiano del tondo per cemento armato. La Commissione ha aggiunto di non essere stata in grado di dimostrare la partecipazione delle imprese non destinatarie della decisione impugnata all’intesa per i comportamenti posti in essere dalle più grandi imprese, poiché la Federacciai non li aveva resi noti all’insieme del settore.

170    Inoltre, quanto alla prassi decisionale invocata dalla ricorrente, deve essere ricordato che, secondo la giurisprudenza, le decisioni relative ad altri casi hanno un carattere meramente indicativo dell’esistenza eventuale di una discriminazione, essendo poco verosimile un’identità delle circostanze proprie di tali casi, come i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi di riferimento (v. sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

171    Peraltro, per quanto attiene alla decisione 2006/460/CE della Commissione, del 17 dicembre 2002, riguardante un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, contro SGL Carbon AG, Le Carbone-Lorraine S.A., Ibiden Co., Ltd, Tokai Carbon Co., Ltd, Toyo Tanso Co., Ltd, GrafTech International, Ltd, NSCC Techno Carbon Co., Ltd, Nippon Steel Chemical Co., Ltd, Intech EDM B.V. e Intech EDM AG (caso COMP/E-2/37.667 – Grafiti speciali) (sunto pubblicato in GU 2006, L 180, pag. 20), in cui, secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe constatato due infrazioni distinte basandosi sul fatto che i comportamenti relativi ad una prima intesa avrebbero coinvolto sei imprese, mentre la concertazione attuata in una seconda intesa avrebbe riguardato solo due di queste sei imprese, va rilevato che l’argomento della ricorrente si basa su una premessa erronea in quanto, come sottolineato giustamente dalla Commissione, si trattava di un caso caratterizzato da due mercati rilevanti, ossia il mercato dei grafiti speciali e il mercato dei grafiti isostatici. Per quanto riguarda la decisione 2002/742/CE della Commissione, del 5 dicembre 2001, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E-1/36.604 – Acido citrico) (GU 2002, L 239, pag. 18), e la sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione (T‑43/02, Racc. pag. II‑3435), pronunciata nell’ambito di un ricorso avente ad oggetto l’annullamento di tale decisione, anch’essa invocata dalla ricorrente, è giocoforza constatare che due intese distinte erano state parimenti accertate, da un lato, nel settore del gluconato di sodio, e dall’altro, nel settore dell’acido citrico (sentenza Jungbunzlauer/Commissione, cit., punti da 308 a 314). Nella presente causa invece, l’intesa è stata accertata soltanto sul mercato italiano del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli.

172    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che un altro elemento che dimostra la sussistenza di due fattispecie autonome e distinte è dato dal ruolo svolto dalla Federacciai, esclusivamente nel periodo dal 1989 al 1995, al fine di promuovere e coordinare la presunta intesa. Secondo la ricorrente, tale associazione non avrebbe più svolto alcun ruolo nell’ambito degli eventi del periodo dal 1996 al 2000. Nella prima parte dell’intesa, i documenti sarebbero stati inviati su carta intestata dell’associazione e sarebbero stati inviati all’attenzione dei produttori di tondo per cemento armato, mentre i documenti successivi al 1995 sarebbero stati inviati su carta intestata del dott. Leali a un numero ristretto di società, che avrebbero operato nel Nord e Nord-Est Italia.

173    Occorre tuttavia necessariamente constatare che un siffatto argomento, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 156 supra, è privo di rilevanza ai fini della qualificazione dell’intesa come infrazione unica, poiché ciò che rileva è che le diverse azioni rientrino in un «piano d’insieme», a causa del loro oggetto identico consistente nel falsare il gioco della concorrenza.

174    Peraltro, come giustamente rilevato dalla Commissione, la ricorrente non può affermare che la Federacciai non ha svolto più alcun ruolo nell’ambito degli eventi del periodo dal 1996 al 2000, poiché emerge dalla decisione del 2002, divenuta definitiva nei confronti della Federacciai, e segnatamente dai suoi punti 504 e 505, che la Federacciai ha partecipato all’intesa dal 6 dicembre 1989 al 24 luglio 1998. Per giunta, per quanto riguarda il periodo successivo al 1996, la Federacciai ha segnatamente organizzato dodici riunioni ovvero ha comunicato alle imprese i risultati di queste durante il periodo dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 (punto 200 della decisione impugnata). Inoltre, la Federacciai ha talvolta consultato le imprese e comunicato loro il risultato di tali consultazioni via telefax (punto 201 della decisione impugnata). Il 24 ottobre 1997, un telefax della Federacciai ha anche informato le imprese che «nella riunione dei Responsabili Commerciali delle aziende produttrici di tondo c.a. del 23.10 u.s. ”era“ stato unanimemente confermato il prezzo minimo di: ITL/Kg 300 base partenza Brescia» (punto 212 della decisione impugnata). Infine, il 20 luglio 1998, la Federacciai ha inviato alle imprese un telefax nel quale si constatava un livello di prezzo base (per il mese di luglio) di 210 ITL/kg. Lo stesso telefax faceva poi menzione di una riunione di conferma dei produttori prima delle vacanze estive per la verifica di tali situazioni (punto 240 della decisione impugnata).

175    Occorre ancora sottolineare che il carattere unico dell’infrazione risulta dal fatto che i comportamenti di cui trattasi si inseriscono in un piano globale che persegue un obiettivo comune. Pertanto, un siffatto carattere deriva dall’unicità dell’obiettivo perseguito da ciascun partecipante all’intesa e non dalle modalità della sua applicazione (sentenze Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punti 4027 e 4127, e BPB/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 255). Orbene, nelle circostanze del caso di specie, gli accordi e pratiche concordate si inserivano in un piano d’insieme riconducibile ad una serie di sforzi delle imprese di cui trattasi che perseguivano un solo fine economico, ossia influenzare l’evoluzione dei prezzi (v. punti da 161 a 164 supra).

176    In terzo luogo, la ricorrente afferma che, mentre le discussioni coordinate dalla Federacciai avrebbero riguardato il livello dei prezzi, le discussioni tenute durante le riunioni convocate dal dott. Leali avrebbero riguardato la possibilità di ridurre la produzione e sarebbero state destinate ad adottare soluzioni comuni per affrontare la crisi.

177    Anche tale argomento è privo di fondamento.

178    Sotto un primo profilo, dalla decisione impugnata e segnatamente dai suoi punti 183, da 184 a 186, 192, 199, 200, da 210 a 214, 218, 228, 269, 277, da 280 a 284, da 286 a 296, da 298 a 300 e 305 emerge che, anche dopo il 1995, l’intesa ha avuto ad oggetto la fissazione dei prezzi base e degli extra di dimensione, e varie riunioni a tal fine si erano d’altronde svolte nei locali della ricorrente a Brescia.

179    Sotto un secondo profilo, va ritenuto che la limitazione della produzione e le intese sui prezzi fossero strettamente connesse e mirassero ad influenzare l’evoluzione di questi ultimi.

180    Infatti, dal punto 183 della decisione impugnata, relativa a una riunione dell’8 febbraio 1996, emerge anzitutto che era apparso indispensabile un incontro dei titolari per valutare l’opportunità di prendere misure straordinarie (ad esempio, export alternativo a ulteriori fermate produttive) per fronteggiare il ripiegamento del prezzo del tondo per cemento armato a 210 ITL/kg.

181    In seguito, durante una riunione del 13 febbraio 1996, varie imprese, tra cui la ricorrente, si sono impegnate non soltanto a fermare la produzione dei laminatoi per più settimane e ad esportare una parte della produzione, ma anche a fissare il prezzo base a 230 ITL/kg (punto 183 della decisione impugnata).

182    Inoltre, al punto 207 della decisione impugnata, la Commissione si riferisce ad un documento interno della Lucchini in cui è scritto che «Le esportazioni effettuate da alcuni produttori (Feralpi, IRO, Valsabbia, Riva), unitamente alle fermate produttive da realizzarsi nel corso del mese di novembre da parte di altri produttori (Leali, Lucchini, Alfa Acciai, Darfo), dovrebbero stabilizzare il mercato del mese entrante e, quanto meno, contenere una probabile diminuzione dei prezzi».

183    Peraltro, al punto 231 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento ad un telefax datato 3 giugno 1998 del dott. Leali, che si riferisce segnatamente al fatto che «[era] evidente che gli effetti sul mercato non [potevano] essere ancora visibili e che probabilmente la riduzione della produzione per il periodo di marzo e aprile forse non [era] del tutto sufficiente».

184    Infine, un documento interno della Lucchini del mese di novembre 1999, citato dalla Commissione al punto 277 della decisione impugnata, si riferisce anche al fatto che «la fermata produttiva concordata tra i produttori non ha sortito l’effetto desiderato, ovvero un minimo incremento dei prezzi».

185    Alla luce di tutti questi elementi, la ricorrente non può sostenere che le discussioni coordinate dalla Federacciai e le riunioni convocate dal dott. Leali non avevano lo stesso oggetto.

186    Sotto un quarto profilo, la ricorrente sostiene che sarebbe giustificato considerare i fatti esaminati come due intese separate, poiché non sarebbe opportuno sanzionare, nel 2009, e per una serie di fatti compiuti da circa 40 imprese a partire dal 1989, solo otto delle imprese in questione che avrebbero rappresentato appena il 30% della produzione nazionale di tondo per cemento armato nel periodo in questione.

187    Un siffatto argomento è tuttavia manifestamente privo di qualsiasi rilevanza al fine di determinare il carattere unico dell’intesa.

188    Alla luce dei rilievi che precedono, si deve considerare che la Commissione ha constatato a buon diritto che l’intesa costituiva un’infrazione unica.

 Sulla natura continuata dell’intesa

189    La ricorrente fa valere che l’intesa è stata oggetto di «diversi momenti di interruzione di cui il più eclatante si è verificato alla fine del 1995». Pertanto, l’intesa gestita dalla Federacciai sarebbe entrata in crisi, per poi definitivamente cessare negli ultimi mesi del 1995. Tenuto conto della mancanza di continuità dell’intesa, i fatti anteriori al 1996 sarebbero prescritti.

190    Giova ricordare che dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 715/78/CECA della Commissione, del 6 aprile 1978, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la CECA (GU L 94, pag. 22), emerge che, per le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizioni inizia a decorrere dal giorno in cui l’infrazione ha preso fine.

191    Secondo la giurisprudenza, quando sorge una controversia in merito all’esistenza dell’infrazione, l’esigenza della certezza del diritto di cui devono godere gli operatori economici implica che la Commissione, la quale ha l’onere di provare le infrazioni da essa accertate, fornisca elementi probatori idonei a dimostrare sufficientemente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’infrazione. Per quanto concerne, più in particolare, l’asserita durata di un’infrazione, lo stesso principio di certezza del diritto impone che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione deduca quantomeno elementi probatori i quali si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che detta infrazione abbia avuto una durata ininterrotta tra due date precise (sentenze del Tribunale del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc. pag. II‑441, punto 79; del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, Racc. pag. II‑2707, punto 188, e del 29 giugno 2012, GDF Suez/Commissione, T‑370/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 138).

192    Come emerge dalla giurisprudenza, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza. Tali indizi e coincidenze consentono, considerati nel loro insieme, di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle norme sulla concorrenza (v. sentenza della Corte del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti 94 e 95, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale del 17 maggio 2013, MRI/Commissione, T‑154/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 191).

193    Con riferimento alla mancanza di prove circa l’esistenza di un accordo nel corso di alcuni periodi determinati o quantomeno riguardo alla sua esecuzione da parte di un’impresa nel corso di un dato periodo, si deve ricordare che il fatto che la prova dell’infrazione non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi obiettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi diversi, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inseriscano nel contesto di un’infrazione unica e continuata (sentenze della Corte Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit. al punto 192 supra, punti 97 e 98, e del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punto 169; v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 124 supra, punto 260, e sentenza MRI/Commissione, cit. al punto 192 supra, punto 193). Pertanto, nell’ambito di un accordo globale esteso su diversi anni, importa poco un intervallo di qualche mese tra le estrinsecazioni dell’intesa. È invece determinante il fatto che le diverse azioni rientrino in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 124, punto 260).

194    A tal riguardo, se il periodo che intercorre tra due manifestazioni di un comportamento costitutivo di un’infrazione costituisce un criterio pertinente per stabilire la continuità di un’infrazione, rimane comunque il fatto che la questione se tale periodo sia o meno sufficientemente lungo per costituire un’interruzione dell’infrazione non può essere esaminata in astratto. Al contrario, occorre valutarla nel contesto del funzionamento dell’intesa in questione (sentenze del Tribunale del 19 maggio 2010, causa T‑18/05, IMI e a./Commissione, Racc. pag. II‑1769, punti 89 e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 150).

195    Per quanto riguarda la sussistenza di un’infrazione continuata nel caso di specie, al punto 437 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la parte dell’oggetto dell’intesa riguardante la fissazione del prezzo base – e, fino al 30 settembre 1995, la fissazione dei termini di pagamento – presentava un carattere di «continuità», ovvero di un comportamento di infrazione reiterato nel tempo (dal 16 aprile 1992 al 4 luglio 2000) in esecuzione del medesimo disegno teso alla fissazione di un prezzo minimo concordato. Essa ha aggiunto che si trattava di un’infrazione unica che, alla luce della sua natura complessa e continuata, poteva essere definita come una sola infrazione realizzata attraverso un comportamento continuato costituito sia da accordi che da pratiche concordate. Al punto 442 della decisione impugnata, relativo alla parte dell’intesa sulla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione, essa ha rilevato che la continuità dell’infrazione «si evince, d’altronde, molto facilmente dalla completa identità dell’oggetto dei comportamenti di infrazione reiterati nel tempo (la fissazione di prezzi uniformi per gli “extra di dimensione”)», a conferma del fatto che tutti i comportamenti descritti erano l’esecuzione di un medesimo disegno, tendente, appunto, alla fissazione di prezzi uniformi fra tutti i concorrenti per i suddetti supplementi. Infine, al punto 458 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che la parte dell’intesa relativa al controllo o alla limitazione della produzione o delle vendite era, al pari della parte relativa ai prezzi, di natura complessa (accordo o pratica concordata) e continuata (attuazione del medesimo disegno anticoncorrenziale), e che si poteva concludere che tutti i comportamenti in questione costituivano un sola infrazione unica, complessa e continuata.

196    A tal riguardo, in risposta agli argomenti delle parti relativi alla mancanza di continuità dell’intesa, secondo i quali, da un lato, i comportamenti di cui trattasi sarebbero stati puntuali e di durata effimera e, dall’altro, questi stessi comportamenti non avrebbero avuto alcun effetto durante tutto il periodo in esame, ai punti 509 e 510 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che dal fascicolo emergeva che i medesimi comportamenti erano stati messi in atto in materia di prezzi base, di supplementi, di termini di pagamento e di controllo o limitazione della produzione o delle vendite, e ciò per lunghi anni. La Commissione ha quindi rilevato che sussistevano prove di riunioni di verifica dei comportamenti concordati, il che dimostrerebbe che la situazione sul mercato era continuamente monitorata e che nuove iniziative venivano adottate quando le imprese coinvolte lo ritenevano necessario. La Commissione ha inoltre notato che nell’intero periodo in esame nessuna impresa si era pubblicamente dissociata da tali comportamenti.

197    In via preliminare, da un lato, va respinto l’argomento della ricorrente, reiterato nell’ambito del presente capo, secondo cui i comportamenti delle otto imprese sanzionate costituirebbero, a partire dal 1996, un’«intesa diversa» rispetto a quella svoltasi nel periodo tra il 1989 e il 1995, così come gli argomenti della ricorrente, contenuti nella parte in fatto del ricorso e già formulati nell’ambito della contestazione da parte della ricorrente della natura unica dell’intesa riconosciuta dalla Commissione, per i motivi esposti ai punti da 165 a 188 supra.

198    Dall’altro, va considerato che, nell’ambito del presente capo, la ricorrente fa valere che è l’intesa nella sua globalità ad avere subito talune interruzioni e non la propria partecipazione ad essa.

199    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’intesa è stata interrotta tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996.

200    Per dimostrare tale interruzione, la ricorrente ricorda, anzitutto, che essa ha posto fine a qualsiasi tipo di rapporto con la Federacciai all’inizio del 1995 mentre la Valsabbia è rimasta associata alla Federacciai fino al 31 dicembre 1995. La fine della loro adesione alla Federacciai sarebbe stata seguita da una rottura totale con quest’ultima, anche per quanto attiene ai prezzi. Il 2 maggio 1995, l’Alfa avrebbe pubblicato un prezzo base del tondo per cemento armato inferiore all’obiettivo fissato dalla Federacciai e il prezzo dell’Alfa sarebbe aumentato una sola volta nell’agosto 1995, per poi diminuire progressivamente con quello degli altri produttori durante gli ultimi mesi del 1995. In seguito, dopo la sua comunicazione dell’agosto 1995, la Federacciai avrebbe cessato di raccomandare un prezzo base per almeno cinque mesi fino al febbraio 1996. Infatti, agli inizi di ottobre 1995, la Federacciai avrebbe affermato che la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile stabilire un riferimento preciso per il prezzo (punto 174 della decisione impugnata). Tale periodo sarebbe stato caratterizzato da una totale disomogeneità dei prezzi e dalla presa di coscienza che alcuni produttori non intendevano più cooperare (punto 172 della decisione impugnata), il che sarebbe decisivo e in contrasto con la tesi di un’infrazione unica e continuata. Infine, la ricorrente rileva la divergenza tra i prezzi pubblicati e i prezzi‑obiettivo, nel settembre e ottobre 1995, e si riferisce segnatamente al contenuto di una relazione della Ferriere Nord relativa all’anno 1998 in merito al fallimento di tutti i tentativi di coordinamento tra operatori del mercato. A tal riguardo, la ricorrente ricorda che su un periodo di circa dieci anni, tre imprese su quattro hanno cessato le proprie attività, in quanto, durante il periodo in cui sarebbe stata attuata la presunta intesa, i prezzi del tondo per cemento armato avrebbero subito un crollo dovuto ad una vera e propria guerra dei prezzi. Pertanto, anche se le parti avessero intrattenuto contatti, questi avrebbero avuto effetti meramente marginali e trascurabili sul funzionamento del mercato.

201    In primo luogo, va rilevato, al pari della Commissione, che la ricorrente non contesta l’effettività dei comportamenti illeciti addebitatile e non solleva alcuna obiezione in merito al punto 556 della decisione impugnata, in cui vengono riassunti tali comportamenti, e in merito a numerosi altri punti della decisione impugnata, ai quali questo fa riferimento e in cui i comportamenti anticoncorrenziali della ricorrente e delle altre imprese di cui trattasi sono descritti dettagliatamente.

202    In secondo luogo, per quanto riguardo la fine dell’adesione della ricorrente e della Valsabbia alla Federacciai, va sottolineato che tale circostanza di per sé, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 159 supra, non può dimostrare una qualsivoglia interruzione dell’intesa.

203    A tal proposito, la ricorrente non contesta la constatazione della Commissione secondo cui, nonostante la revoca della sua iscrizione alla Federacciai, essa ha continuato a ricevere le comunicazioni di tale associazione relative alla fissazione del prezzo base e degli extra di dimensione (punto 149 della decisione impugnata) e ha continuato ad applicare i prezzi degli extra di dimensione stabiliti dall’intesa (punto 150 della decisione impugnata).

204    Secondo i punti pertinenti della decisione impugnata, il cui contenuto non viene contestato dalla ricorrente, nonostante siffatta revoca, tale impresa ha risposto alla comunicazione inviatale dalla Leali, su indicazione della Federacciai, relativa all’attuazione di una delle decisioni (compattamento coordinato delle fermate di produzione) adottate nella riunione del 13 giugno 1995 (punti 152, 153, 157 e 158 della decisione impugnata).

205    La Commissione ha inoltre indicato, al punto 556 della decisione impugnata, che l’unica conseguenza della revoca, da parte della ricorrente, della sua adesione alla Federacciai è stata la mancata trasmissione a quest’ultima dei dati relativi alla sua attività, dal 23 gennaio 1995 al 31 dicembre 2000. Nonostante la mancata trasmissione di dati alla Federacciai, a partire dal 13 febbraio 1996 la ricorrente ha tuttavia anche partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite poiché, a tale data, essa ha aderito a un programma di fermate concordate di laminatoi, funzionale al concordato aumento del prezzo base, il che è stato reso possibile dall’emergere della Leali nel ruolo di coordinatore delle attività dell’intesa e, in particolare, della parte dell’intesa relativa al controllo o alla limitazione della produzione o delle vendite.

206    In terzo luogo, la ricorrente non può sostenere che l’intesa ha subito un’interruzione in quanto la Federacciai avrebbe cessato di raccomandare un prezzo base a partire dall’agosto 1995.

207    Da una parte, le imprese partecipanti all’intesa hanno continuato a ricevere, all’inizio del secondo semestre 1995, comunicazioni della Federacciai (da distruggere dopo presa visione) in particolare in data 4, 19 e 21 luglio 1995 (v. altresì il progetto di comunicazione della Federacciai del 31 luglio 1995, di cui al punto 167 della decisione impugnata), relative alla fissazione del prezzo base e, fino al 30 settembre 1995, ai termini di pagamento (punti 160, 163, 164 e 168 della decisione impugnata). L’Alfa ha anche continuato a partecipare alla pratica concordata e agli altri comportamenti collusivi relativi ai prezzi degli extra di dimensione (punti 162 e 177 della decisione impugnata). Essa ha anche adeguatamente sottoscritto il modulo contenente l’impegno relativo ai termini di pagamento concordati a partire dal 1° settembre 1995 (punti 164 e 165 della decisione impugnata). Il 29 agosto 1995, la Federacciai ha comunicato a tutti i suoi membri il contenuto di una riunione in pari data, nel corso della quale sono state adottate decisioni relative alla fissazione del prezzo base e ai termini di pagamento (punto 168 della decisione impugnata).

208    Dall’altra, è giocoforza constatare che, mentre secondo la ricorrente l’intesa si è interrotta tra i mesi di agosto 1995 e di febbraio 1996, essa stessa si riferisce ad una comunicazione della Federacciai del 13 settembre 1995, indirizzata al membro delegato del consiglio di amministrazione delle AFLL, relativa alla trasmissione degli ordini assunti in Italia e su tutti i mercati. Nella stessa comunicazione, il direttore generale facente funzione della Federacciai ha informato le AFLL che egli aveva contattato i maggiori produttori italiani di tondo per cemento armato ed aveva trasmesso loro la raccomandazione di «fare barriera», che il membro delegato del consiglio di amministrazione delle AFLL gli aveva trasmesso (punto 172 e nota a piè di pagina n. 260 della decisione impugnata).

209    In un telefax della Federacciai del 25 settembre 1995, quest’ultima ha anche richiesto alle imprese di cui trattasi, di fornirle i dati relativi agli ordini assunti in settembre in Italia e su tutti i mercati esteri, i quali le sono stati comunicati da undici imprese (punto 173 della decisione impugnata).

210    Inoltre da un documento in possesso della Federacciai, citato al punto 174 della decisione impugnata, emerge che, anzitutto, la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti), in seguito, dalla settimana precedente, il prezzo del tondo per cemento armato era sceso ancora di 5/10 ITL/kg, collocandosi quindi tra le 260/270 ITL/kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/kg fuori di detta zona, inoltre, la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile il compito di dare cifre precise per il prezzo e, infine, si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana.

211    Al punto 177 della decisione impugnata, la Commissione ha infine menzionato un telefax inviato dal direttore generale facente funzione della Federacciai alle imprese partecipanti all’intesa per informarle, facendo riferimento a un precedente telefax della stessa Federacciai del lunedì 16 ottobre 1995, relativo ad una proposta di modifica degli extra di dimensione, che la proposta aveva diviso gli operatori e non aveva ottenuto una maggioranza ampia o qualificata. L’esame di tale proposta e l’eventuale decisione derivatane erano perciò rinviate a una discussione in sede di riunione futura degli operatori.

212    In quarto luogo, al fine di dimostrare la mancanza di continuità dell’intesa, la ricorrente non può basarsi sulla presunta totale disomogeneità dei prezzi e sulla presa di coscienza che taluni produttori non intendevano più cooperare o ancora sul fatto che essa si sarebbe opposta alla proposta di modifica degli extra di dimensione.

213    Come ricordato dalla Commissione al punto 504 della decisione impugnata, secondo la giurisprudenza, il mancato rispetto dei prezzi concordati da parte dell’impresa di cui trattasi non è tale da escludere lo scopo anticoncorrenziale delle riunioni e, di conseguenza, la partecipazione della ricorrente alle intese, ma potrebbe al massimo dimostrare che essa non ha attuato gli accordi in questione (v. sentenza del Tribunale del 6 aprile 1995, Tréfilunion/Commissione, T‑148/89, Racc. pag. II‑1063, punto 79, e la giurisprudenza ivi citata). Peraltro, dalla giurisprudenza emerge che l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta ogni accordo che «tenda» a impedire, limitare o alterare il normale gioco della concorrenza. Ne consegue che è vietato, ai sensi di detta disposizione, un accordo che abbia lo scopo di restringere la concorrenza, ma i cui effetti anticoncorrenziali non siano stati dimostrati (sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, Racc. pag. I‑11111, punti 59 e 60, e sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 277) (v. anche punto 463 della decisione impugnata).

214    In tale contesto va respinto l’argomento della ricorrente secondo cui, se un’impresa decide di pubblicare una tariffa CECA contenente prezzi diversi dai prezzi concordati o suggeriti nell’ambito dell’intesa, essa si distanzierebbe da essa. Infatti, per giurisprudenza costante, la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati di riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto di tali riunioni (v. anche punto 481 della decisione impugnata). Inoltre, spetta all’impresa di cui trattasi dimostrare di avere preso le distanze dall’intesa fornendo la prova che la sua partecipazione alle riunioni era priva di ogni finalità anticoncorrenziale e dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro. Ne consegue che la nozione di pubblica presa di distanze, in quanto causa di esonero da responsabilità, deve essere interpretata in modo restrittivo. Nel contesto di un’intesa, solo l’impresa che dimostra di avere manifestato fermamente e chiaramente il suo disaccordo con le iniziative vietate adottate nell’ambito della medesima può soddisfare il criterio della pubblica presa di distanze come richiesto dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Adriatica di Navigazione/Commissione, T‑61/99, Racc. pag. II‑5349, punti 135 e 137, e la giurisprudenza ivi citata). La pubblicazione di una tariffa CECA contenente prezzi diversi dai prezzi concordati o suggeriti nell’ambito dell’intesa non può essere sufficiente a tal riguardo.

215    In quinto luogo, va respinto l’argomento della ricorrente secondo cui, per quanto concerne il 1996, sarebbe «dubbio» che le imprese abbiano concluso nuove intese. A tal riguardo, la ricorrente osserva che il primo semestre del 1996 sarebbe stato caratterizzato da un tentativo fallito del dott. Leali di allineare un numero ridotto di imprese. I presunti accordi sarebbero stati tuttavia ignorati.

216    A giudizio della ricorrente, l’invito del 4 gennaio 1996 avrebbe riguardato una «riunione conviviale» e solo un gruppo limitato di imprese avrebbe confermato la sua partecipazione a tale riunione. In esito alla riunione, non sarebbe stata formulata alcuna raccomandazione, né sui prezzi né sui quantitativi. Una seconda riunione, che si sarebbe svolta a metà gennaio 1996, in modo analogo non avrebbe condotto ad alcuna raccomandazione. Una nuova riunione sarebbe stata prevista all’inizio di febbraio 1996, ma sembrerebbe non avere prodotto risultati (punto 181 della decisione impugnata). L’8 febbraio 1996, le imprese avrebbero constatato un calo dei prezzi e la necessità di un incontro tra gestori. In seguito ad una riunione in data 13 febbraio 1996, sarebbero state previste alcune misure di contingentamento della produzione che avrebbero avuto un’adesione sostanziale e non unanime, secondo quanto affermato dalla Commissione al punto 185 della decisione impugnata. La ricorrente aggiunge che, anche se dal febbraio 1996 la Federacciai aveva ripreso nuovamente ad indicare prezzi‑obiettivo, le imprese li avrebbero ignorati o li avrebbero seguiti solo per qualche giorno. A fine febbraio 1996, il dott. Leali sarebbe stata costretto ad ammettere che i prezzi sul mercato erano diversi da quelli che nel suo promemoria venivano indicati come «decisi» (punto 187 della decisione impugnata). Il punto 188 della decisione impugnata si riferirebbe ad una riunione urgente del 5 marzo 1996. Il dott. Leali non avrebbe tuttavia fornito indicazioni di prezzo per tutto il mese di marzo 1996 e, in seguito a siffatte indicazioni in aprile, le imprese non vi avrebbero dato alcun seguito.

217    A tal proposito, per quanto concerne la presunta interruzione dell’intesa fino al febbraio 1996, deve rilevarsi anzitutto che, il 28 dicembre 1995, le AFLL hanno invitato i «titolari» delle principali imprese, tra cui la ricorrente, a partecipare a una riunione il 4 gennaio 1996 (punto 178 della decisione impugnata) e che la ricorrente non contesta le constatazioni della Commissioni secondo cui essa ha partecipato ai vari aspetti con cui si presentava il sempre operante sistema collusivo (punti 178, da 180 a 183 della decisione impugnata). Infatti, essa ha partecipato alla riunione organizzata dalla Leali per il 4 gennaio 1996 (punto 180 della decisione impugnata).

218    Per quanto riguarda l’oggetto di tale riunione, dal telefax di conferma inviato il giorno prima dal dott. Leali alla ricorrente e alle altre imprese si evince che quest’ultimo raccomandava alle imprese di portare il bilancio della produzione di tondo per cemento armato nel 1995 e la previsione per il 1996, sicché, se tutti erano d’accordo, si sarebbero potute fare alcune considerazioni su dati concreti. Tale telefax menziona anche che gli unici assenti erano il rappresentante della Ferriere Nord, il quale aveva preventivamente dato la sua adesione alle iniziative da decidersi all’unanimità, e un rappresentante della Riva. Tale riunione non può quindi essere qualificata come semplice riunione «conviviale».

219    Peraltro, la ricorrente è stata invitata dalla Leali alle riunioni del 18 gennaio, 5 e 13 febbraio 1996. Essa ha altresì ricevuto la comunicazione del 20 febbraio 1996 della Leali, che menzionava l’unanimità delle adesioni al programma di limitazione della produzione (punto 185 della decisione impugnata), e la nota del 23 febbraio 1996 della Leali riguardante segnatamente l’applicazione del prezzo base concordato (punto 186 della decisione impugnata), nonché le altre comunicazioni successive della Leali inviate alle imprese partecipanti attivamente all’intesa (punti da 187 a 190 della decisione impugnata).

220    Infine, va sottolineato che la ricorrente fa parte delle imprese che, in una convocazione a una riunione del 7 gennaio 1997, la Leali ha ringraziato «della collaborazione e disponibilità manifestata nel corso del 1996 per mantenere una situazione di mercato ordinata» (punto 202 della decisione impugnata).

221    In secondo luogo, la ricorrente rileva che dalle tabelle relative agli anni 1997 e 1998 emerge che la Leali raccomandava raramente un prezzo obiettivo e che un siffatto obiettivo era comunque sistematicamente ignorato dal mercato. L’esistenza di un’intesa sui prezzi base dopo il 1996 non apparirebbe chiaramente, poiché l’unico anno in cui i prezzi sembrerebbero corrispondere ai livelli praticati dalla Leali sarebbe il 2000. A tal riguardo, le tariffe pubblicate in forza della normativa CECA sarebbero ampiamente diffuse, sicché non sarebbe possibile che i concorrenti di un’impresa possano ignorare la decisione della medesima di non seguire la politica dei prezzi eventualmente concordata, il che equivarrebbe ad una presa di distanza da parte dell’impresa rispetto all’intesa.

222    Un argomento del genere deve essere a sua volta respinto. Oltre al fatto che la ricorrente non afferma neppure che l’intesa ha subito un’interruzione tra il 1997 e il 1998, è giocoforza constatare, da un lato, che essa non contesta la realtà dei comportamenti, relativi segnatamente agli anni 1997 e 1998, di cui al punto 556 della decisione impugnata (v. punto 201 supra) e, dall’altro, che gli elementi dedotti dalla ricorrente non possono comunque dimostrare una siffatta interruzione, per i motivi esposti al punto 213 supra.

223    Alla luce dei rilievi che precedono, il motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo vertente sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione nella valutazione della condotta della ricorrente e nella fissazione dell’importo dell’ammenda

224    Nell’ambito del presente motivo, la ricorrente contesta la fissazione dell’importo dell’ammenda. In primo luogo, la fissazione dell’importo di partenza si baserebbe su una definizione errata del mercato geografico e su una sopravvalutazione degli effetti, potenziali o concreti, dell’infrazione. Nel valutare la gravità dell’infrazione, la Commissione avrebbe altresì omesso di prendere in considerazione vari elementi importanti, quali la pressione concorrenziale esercitata dai prodotti sostituibili con il tondo per cemento armato, la variazione della natura dell’intesa nel tempo nonché la grave crisi in cui versava il settore interessato. In secondo luogo, la Commissione avrebbe errato nella valutazione del peso specifico della ricorrente sul mercato. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe tenuto debitamente conto di alcune circostanze attenuanti. In quarto luogo, la ricorrente censura la durata eccessiva del procedimento. Infine, in quinto luogo, la ricorrente sostiene che l’importo dell’ammenda deve essere ridotto in considerazione della mancanza di continuità dell’infrazione e della prescrizione dei fatti anteriori al 1996.

 Osservazioni preliminari

225    Occorre rammentare che per giurisprudenza costante la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’importo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità con il disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 112, e la giurisprudenza ivi citata).

226    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di numerosi elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze della causa, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 54).

227    Come esposto al punto 33, supra, nella fattispecie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

228    Sebbene gli orientamenti del 1998 non possano essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio della parità di trattamento (v. sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 209, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

229    Adottando siffatte regole di condotta ed annunciando, con la loro pubblicazione, che essa le applicherà da quel momento in avanti ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali regole, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali di diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 211, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 71).

230    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale ed astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 228 supra, punti 211 e 213).

231    Secondo gli orientamenti del 1998, la metodologia applicabile per il calcolo dell’importo dell’ammenda si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano maggiorazioni, per tener conto delle circostanze aggravanti, e diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

232    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base viene determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

233    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998, al punto 1 A, primo e secondo comma, indicano quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

234    Dagli orientamenti del 1998 emerge che le infrazioni poco gravi possono, per esempio, consistere in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa indica del pari che potrebbe «trattarsi di abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Per quanto riguarda le infrazioni molto gravi, la Commissione precisa che «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

235    La Commissione precisa altresì, da un lato, che nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie cosiddette «gravi» e «molto gravi», la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse e, dall’altro, che è necessario valutare l’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

236    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza prevedibile delle ammende è di oltre EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», esso può oscillare da EUR 1 milione a EUR 20 milioni; infine, per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza prevedibile delle ammende è compreso fra EUR 1 000 e EUR 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo a terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

237    Per quanto concerne la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione in modo da distinguere:

–        le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno), per le quali non è prevista nessuna maggiorazione;

–        le infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni), per le quali la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni), per le quali la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

238    Infine, come ricordato dalla Corte nelle sue sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129), e dell’8 dicembre 2011, KME e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), spetta al giudice dell’Unione effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente in base agli elementi forniti dalla ricorrente a sostegno dei motivi dedotti. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti del 1998 né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in diritto quanto in fatto.

239    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

 Sulla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda

240    La ricorrente sostiene che concentrandosi sull’oggetto dell’intesa, senza svolgere un’effettiva indagine su tutti gli altri criteri di valutazione dell’impatto di un’intesa anticoncorrenziale, la Commissione ha dato un’interpretazione molto restrittiva agli orientamenti del 1998 e ha ignorato la giurisprudenza della Corte. Ne conseguirebbe un danno per tutte le imprese interessate, le quali subirebbero una condanna ad ammende molto elevate e sproporzionate rispetto alle caratteristiche della fattispecie.

–       Sull’estensione geografica del mercato interessato

241    La ricorrente sostiene che la Commissione afferma, in maniera succinta e indimostrata, che sulla valutazione della gravità dell’infrazione non può influire il fatto che i suoi effetti sarebbero limitati al solo territorio italiano. La conclusione figurante a tal riguardo al punto 592 della decisione impugnata sarebbe priva di motivazione adeguata e non potrebbe essere condivisa.

242    Ai punti da 47 a 60 della decisione impugnata, la Commissione ha definito il mercato geografico rilevante del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli come corrispondente al territorio dell’Italia. Ai fini della definizione del mercato geografico, la Commissione si è riferita al fatto che il prodotto proveniente da altre aree geografiche ha rappresentato, in base ai dati dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) (punto 26 della decisione impugnata), tra lo 0 e il 6% del totale delle vendite sul territorio italiano, sicché i flussi di prodotto verso l’Italia sono stati molto limitati nel periodo di cui trattasi. Essa ha anche fatto riferimento alla mancanza strutturale di interesse economico per le imprese degli altri Stati membri a vendere tondo per cemento armato in Italia (punto 50 della decisione impugnata).

243    Per quanto riguarda le conseguenze della limitazione degli effetti dell’intesa al solo territorio italiano, la Commissione ha indicato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto dell’Unione. Essa ha aggiunto che, tuttavia, l’intesa aveva prodotto effetti su una parte limitata del mercato comune, nella fattispecie, la totalità del territorio dell’Italia (punto 591 della decisione impugnata).

244    La Commissione ha però ritenuto che la limitazione degli effetti dell’intesa al solo mercato italiano non consentisse di ridurre la gravità dell’infrazione da «molto grave» a «grave», in quanto occorrerebbe tenere conto dell’importanza della produzione italiana. Infatti, l’Italia sarebbe stato il primo paese produttore di tondo per cemento armato della Comunità. Inoltre, il fatturato delle imprese destinatarie della presente decisione avrebbe rappresentato più dell’80% del mercato nel 2000 e si sarebbe aggirato intorno a EUR 900 milioni nel 2000-2001. Infine, l’affermazione delle parti secondo cui l’intesa non aveva avuto alcun effetto non avrebbe potuto essere condivisa (punto 592 della decisione impugnata). La Commissione ha infine indicato che il fatto che l’intesa abbia avuto un oggetto anticoncorrenziale doveva, in ogni caso, avere un maggior peso nella qualifica dell’infrazione rispetto alla mancata constatazione di effetti (punto 595 della decisione impugnata).

245    Nonostante quanto precede, al punto 599 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, fermo restando il carattere molto grave dell’infrazione, nel determinare l’importo di partenza dell’ammenda, essa ha tenuto conto delle caratteristiche specifiche del presente caso, e nella specie del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, a una particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata.

246    In via preliminare, occorre sottolineare che la ricorrente contesta unicamente la definizione del mercato geografico rilevante ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e della fissazione dell’importo dell’ammenda.

247    In primo luogo, per quanto attiene ai rilievi svolti a tal riguardo nella decisione impugnata (v. punti da 242 a 245 supra), va respinta la censura della ricorrente vertente su una presunta carenza di motivazione in ordine alla presa in considerazione dell’estensione del mercato geografico rilevante ai fini della determinazione della gravità dell’infrazione.

248    In secondo luogo, la ricorrente adduce vari argomenti volti a dimostrare che il mercato del tondo per cemento armato ha una dimensione comunitaria nel quale le imprese di cui trattasi non avrebbero mai detenuto una quota di mercato superiore al 25%. Di conseguenza, in base ad una definizione errata del mercato geografico ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione, la Commissione avrebbe sopravvalutato gli effetti concreti o potenziali dell’intesa (punto 593 della decisione impugnata).

249    Va ricordato al riguardo che da una costante giurisprudenza risulta che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione. Elementi riconducibili all’aspetto intenzionale possono avere maggiore rilevanza di quelli relativi ai suoi effetti soprattutto qualora riguardino infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi (v. sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 96, e sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, General Technic-Otis e a./Commissione, T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07, Racc. pag. II‑4977, punto 159, e la giurisprudenza ivi citata).

250    La natura dell’infrazione svolge quindi un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi fornita dagli orientamenti del 1998 emerge che gli accordi o le pratiche concordate dirette in particolare, come nel caso in esame, alla fissazione dei prezzi possono comportare, solo per la loro stessa natura, la qualifica di «molto gravi», senza che occorra valutare tali comportamenti in funzione di un impatto o di un’estensione geografica particolari (v., in tal senso, sentenze della Corte Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 75, e del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 103). Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, sebbene nella descrizione delle infrazioni gravi si menzionino espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non è menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (v. sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 249 supra, punto 160, e la giurisprudenza ivi citata).

251    Di conseguenza, in considerazione del loro oggetto, le infrazioni sulle quali verte la decisione impugnata sono, per loro natura, molto gravi, anche se dovesse essere accertato che le imprese di cui trattasi hanno detenuto una quota di mercato inferiore al 25% sul mercato comunitario del tondo per cemento armato. Gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare la dimensione nazionale del mercato rilevante sono dunque inconferenti nel caso di specie al fine di contestare la qualifica dell’infrazione come «molto grave».

252    In terzo luogo, la ricorrente afferma che, anche supponendo che la definizione nazionale del mercato sia corretta, le conclusioni della Commissione in merito alla gravità dell’infrazione si porrebbero in contrasto con la sua stessa prassi decisionale, secondo cui essa qualificherebbe come meramente «gravi» infrazioni anche molto rilevanti, quali restrizioni orizzontali, per oggetto nel caso in cui si realizzino in un contesto limitato o non abbiano comunque effetti sul funzionamento del mercato interno. La ricorrente si riferisce a tal riguardo alla decisione 1999/210/CE della Commissione, del 14 ottobre 1998, relativa ad una procedura a norma dell’articolo [81 CE] (IV/F‑3/33.708 British Sugar Plc, IV/F‑3/33.709 Tate & Lyle Plc, IV/F‑3/33.710 Napier Brown & Company Ltd, IV/F‑3/33.711 James Budgett Sugars Ltd) (GU 1999, L 76, pag. 1), alla decisione 2003/25/CE della Commissione, dell’11 dicembre 2001, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] (caso COMP/E-1/37.919 (ex. 37.391) – Spese bancarie per il cambio delle valute della zona euro – Germania) (GU 2003, L 15, pag. 1), e al comunicato stampa IP/02/1139 del 24 luglio 2002, relativo al caso che ha in seguito formato oggetto della decisione 2003/355/CE della Commissione, del 9 aprile 2003, che modifica la decisione 2003/207/CE relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (caso COMP/E-3/36.700 – Gas tecnici e medicali) (GU L 123, pag. 49).

253    Un argomento simile non può essere tuttavia accolto.

254    Da una giurisprudenza costante risulta infatti che una prassi decisionale della Commissione non può servire da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenze della Corte del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punti 201 e 205, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 170 supra, punto 60; sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 249 supra, punto 163).

255    Peraltro, emerge altresì dalla giurisprudenza che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai sensi degli orientamenti del 1998 ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Per contro, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti vari Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998 e neppure la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali. Inoltre, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo rispetto agli altri Stati membri, costituisce ad ogni modo una parte sostanziale del mercato comune (sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 28; sentenze del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 311, e General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 249 supra, punto 164). Poiché l’intesa in questione riguardava l’intero territorio dell’Italia, si deve ritenere che essa rappresentasse una parte sostanziale del mercato comune.

256    A tal riguardo, la ricorrente non può sostenere che «[q]uanto alla richiamata importanza della produzione italiana, non sembra tanto rilevante la quota della produzione comunitaria rappresentata dalle imprese italiane; ciò che occorre valutare è piuttosto la rilevanza del mercato italiano nel contesto comunitario», che non corrisponderebbe a quella descritta dalla Commissione, fermo restando che le parti avrebbero esportato fino al 30% della loro produzione, un dato per nulla comprovato e ad ogni modo irrilevante.

257    Essa non può neppure basarsi sul fatturato asseritamente superiore delle imprese di cui trattasi nelle decisioni della Commissione menzionate al punto 252 supra, né sul fatto che i mercati nazionali in esame in tali decisioni rappresenterebbero anche una parte significativa del mercato comune, per i motivi esposti al punto 254 supra.

258    Ne consegue che la ricorrente ha affermato a torto che la Commissione avrebbe dovuto qualificare l’intesa come meramente «grave».

259    Alla stregua di tutti i rilievi che precedono occorre respingere la presente censura del primo capo del presente motivo.

–       Sull’impatto dell’intesa sul mercato

260    La ricorrente fa valere che la Commissione non ha correttamente valutato gli effetti dell’intesa sul mercato.

261    In via preliminare, per quanto riguarda l’obbligo o meno per la Commissione di provare, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, occorre ricordare che, se anche tale impatto è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, si tratta di uno tra più criteri, quali la natura propria dell’infrazione e l’estensione del mercato geografico. Del pari, dal punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998 emerge che tale impatto deve essere preso in considerazione unicamente quando è misurabile (sentenze della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 125, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 74; sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, T‑224/00, Racc. pag. II‑2597, punto 184, e del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs e a./Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 207).

262    Per quanto riguarda la presa in considerazione degli effetti dell’intesa per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle imprese di cui trattasi, in primo luogo, la Commissione ha ricordato, ai punti 589 e 595 della decisione impugnata, che l’effetto che ha potuto avere un accordo o una pratica concordata sul normale gioco della concorrenza non era un criterio determinante nella valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda e che elementi riconducibili all’aspetto intenzionale, e quindi allo scopo di un comportamento, possono di fatto avere maggiore rilevanza di quelli relativi ai suoi effetti, soprattutto qualora riguardino infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati. Orbene, l’infrazione riscontrata nel caso di specie costituirebbe un’infrazione particolarmente grave al diritto dell’Unione (punto 591 della decisione impugnata).

263    In secondo luogo, la Commissione ha considerato, al punto 520 della decisione impugnata, che non poteva essere accolta l’affermazione delle parti secondo cui l’intesa non aveva avuto alcun effetto. A tal riguardo, la Commissione si è riferita ai punti da 513 a 524 della decisione impugnata, in cui ha esaminato gli effetti concreti dell’intesa ed è giunta alla conclusione che questa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre prodotto immediatamente i risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. La Commissione ha parimenti rilevato che l’insufficiente incidenza di alcune iniziative riguardanti i prezzi aveva anche indotto le imprese in questione a combinarle con altre misure sui volumi o a modificare quelle prese sui prezzi. Peraltro, la Commissione ha sottolineato che le imprese in questione rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, rendendo sempre più rilevante l’effetto sul mercato di aumenti di prezzo concordati. Infine, la Commissione ha aggiunto che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti nei primi anni dell’intesa (punto 519 della decisione impugnata).

264    In terzo luogo, la Commissione ha sottolineato che la circostanza che l’intesa avesse prodotto effetti su una parte limitata del mercato comune, nella specie la totalità del territorio italiano, non attenuava la gravità dell’infrazione, in considerazione dell’importanza della produzione italiana (punto 592 della decisione impugnata).

265    La Commissione ha tuttavia tenuto conto, in sede di determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, del fatto che l’intesa avesse riguardato un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, ad una particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese interessate rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della decisione impugnata).

266    In primo luogo, la ricorrente afferma che durante il procedimento amministrativo essa ha prodotto dati di natura tecnico-economica, non contestati dalla Commissione, a dimostrazione di circostanze che incidono notevolmente sulla valutazione dell’effettivo impatto della presunta intesa sul mercato. Tali dati riguarderebbero le variazioni di prezzo del tondo per cemento armato in Italia, che sarebbero state conformi alle variazioni registrate in altri mercati dell’Unione, la drastica riduzione degli operatori sul mercato, la differenza dei prezzi praticati sul mercato da parte delle imprese di cui trattasi e la diminuzione del 32% dei prezzi del tondo per cemento armato sul mercato italiano nel periodo dal 1989 al 2000, malgrado costi di produzione praticamente invariati.

267    In via preliminare, va rilevato che, nel suo ricorso, la ricorrente si riferisce a presunti dati di natura tecnico-economica che non sarebbero stati contestati dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, senza tuttavia precisare o produrre i dati di cui trattasi o corroborare il suo argomento. Sebbene certamente nella sua replica la ricorrente rinvii allo studio Lear, «già citato in precedenza», è giocoforza constatare che, nel ricorso, gli unici rinvii globali a tale studio compaiono, da un lato, nella parte in fatto della medesima, che riguarda specificamente l’estensione del mercato geografico rilevante, per suffragare l’affermazione della ricorrente secondo cui, durante il periodo in esame, i prezzi italiani del tondo per cemento armato avrebbero avuto la stessa evoluzione che negli altri Stati membri e, dall’altro, nel capo del presente motivo relativo all’estensione geografica del mercato rilevante, relativo alla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda alla luce dell’estensione geografica del mercato rilevante. Lo studio Lear non è dunque stato invocato al fine di provare le circostanze invocate dalla ricorrente, menzionate al punto 266 supra. Peraltro, un siffatto rinvio non può ovviare alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, che devono figurare nel ricorso (sentenza della Corte del 31 marzo 1992, Commissione/Danimarca, C‑52/90, Racc. pag. I‑2187, punto 17; ordinanze del Tribunale del 29 novembre 1993, Koelman/Commissione, T‑56/92, Racc. pag. II‑1267, punto 21, e Asia Motor France e a./Commissione, cit. al punto 54 supra, punto 49), e, inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi ed argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del Tribunale del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, Racc. pag. II‑2081, punto 34, e del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, Racc. pag. II‑2085, punto 154).

268    Ad ogni modo, sotto un primo profilo, la ricorrente non può sostenere che la Commissione non ha contestato i dati che essa avrebbe prodotto nell’ambito del procedimento amministrativo. Occorre sottolineare che la Commissione ha tenuto conto dello studio Lear ai punti da 50 a 53, 62, 513, 521 e 585 della decisione impugnata. Nell’ambito della sua valutazione essa ha segnatamente indicato che lo studio Lear non inficiava la sua posizione secondo cui non era conveniente per le imprese degli altri Stati membri esportare in Italia (punto 50 della decisione impugnata), e che la teoria dei flussi prospettata dallo studio Lear si basava «su teorie economiche e non su considerazioni di fatto» (punto 51 della decisione impugnata).

269    Per quanto riguarda, in particolare, le conclusioni dello studio Lear sugli effetti dell’intesa, al punto 513 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato quanto segue:

«[…L]a Commissione, prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dicembre 1989-gennaio 1990 e maggio-giugno 2000 (...) stima un aumento del prezzo degli extra di circa 40% in termini reali. Ciò significa che anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembrano supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali. Del resto, lo studio Lear si basa su ipotesi necessarie alla ricostruzione di una parte dei dati (relativi al periodo iniziale) che non erano disponibili».

270    Orbene, nel presente ricorso, la ricorrente non adduce alcun elemento al fine di contraddire siffatte affermazioni. Inoltre, in risposta all’argomento delle parti secondo cui lo studio Lear sarebbe giunto alla conclusione che i comportamenti in esame non avevano alcun effetto sul mercato, al punto 521 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato la giurisprudenza del Tribunale secondo cui un’analisi economica non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile consistente in prove documentali (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 1088).

271    Sotto un secondo profilo, è giocoforza constatare, al pari della Commissione, che la ricorrente non adduce alcun elemento di prova a sostegno della sua affermazione secondo cui il prezzo del tondo per cemento armato in Italia sarebbe variato in modo perfettamente conforme alle variazioni registrate in altri mercato dell’Unione, ad eccezione di un rinvio globale allo studio Lear, compiuto a sostegno di un argomento che non riguarda le variazioni del prezzo del tondo per cemento armato in Italia rispetto agli altri Stati membri (v. punto 267 supra).

272    Sotto un terzo profilo, neppure la presunta chiusura, asserita ma non comprovata, di numerosi impianti di produzione, che avrebbe comportato la drastica riduzione del numero di operatori sul mercato consente di dimostrare l’assenza di effetti dell’intesa sul mercato. A tal riguardo, non può essere condiviso l’argomento della ricorrente secondo cui sarebbe difficile ipotizzare l’esistenza di un’intesa efficiente in presenza di una rapida e significativa riduzione del numero di imprese attive sul mercato in un periodo di tempo limitato, poiché, come sottolineato dalla Commissione, la riduzione del numero di imprese in un settore può derivare da un ampio numero di fattori diversi dalla presunta mancanza di effetti sul mercato di pratiche anticoncorrenziali alle quali esse avrebbero partecipato.

273    Sotto un quarto profilo, la ricorrente afferma che le tabelle allegate alla decisione e il «rapporto economico» indicano chiaramente che i prezzi praticati dalle imprese erano molto spesso completamente differenti, il che risulterebbe dalle fatture trasmesse dalla ricorrente alla Commissione durante il procedimento amministrativo.

274    Un argomento simile non può essere tuttavia accolto.

275    Oltre al fatto che neppure tale argomento viene corroborato, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, si deve presumere, fatta salva la prova contraria che deve essere fornita dagli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono attive sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento su tale mercato. Ciò vale tanto più quando la concertazione abbia luogo regolarmente per un lungo periodo (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 159 supra, punto 121; v. anche, in tal senso, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 162, e la giurisprudenza ivi citata).

276    Peraltro, le fatture eventualmente prodotte dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo non possono costituire la prova del fatto che la ricorrente non ha tenuto conto delle informazioni scambiate con gli altri operatori, poiché, come ha rilevato la Commissione al punto 494 della decisione impugnata, sulla base di campioni di fatture, non è possibile verificare se il prezzo medio praticato corrispondesse o divergesse da quello dei listini, non sapendo, per esempio, quali fatture corrispondono a clienti normali o preferenziali. Pertanto, si può soltanto affermare che per le transazioni documentate il prezzo era divergente ma ciò non dimostra affatto che il prezzo praticato per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero diversi da quelli dei listini.

277    Sotto un quinto profilo, la ricorrente afferma che, nel periodo in esame, nonostante i costi di produzione rimasti invariati, il prezzo del tondo per cemento armato ha subito una diminuzione del 32%.

278    Oltre al fatto che tale argomento non è a sua volta corroborato, deve rilevarsi che le conclusioni dello studio Lear al quale si riferisce la ricorrente, sono state respinte dalla Commissione ai punti 513, 514, da 521 a 523 e 585 della decisione impugnata, ove quest’ultima ha rilevato che i dati non sembravano avvalorare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali (v. altresì punto 268 supra).

279    A tal riguardo, nella sua replica, la ricorrente ha affermato quanto segue senza ulteriori spiegazioni:

«[U]tilizzando le tabelle allegate alla Decisione. si nota quanto segue. Il 1° gennaio 1990 si registrava un prezzo dell’extra di diametro per un tondo di 16“ di circa 125 lire/kg, mentre il prezzo base era di circa 320 lire/kg, per un totale di 445 lire/kg. Rivalutando il prezzo in questione al 30 giugno 2000 (ovvero all’epoca della fine dell’infrazione), si arriva ad un ammontare di circa 655 lire/kg. Viceversa, sempre sulla base delle tabelle allegate alla Decisione, il prezzo dell’extra per lo stesso prodotto era salito a 290 lire, mentre il prezzo base era di sole 210 lire, per un totale di 500 lire/kg circa. La differenza è di circa 24% rispetto al prezzo rivalutato. Questo dato, basato sui dati della tabella allegata alla Decisione, anche se molto approssimativo, non è lontano dai dati proposti dallo Studio Lear e dimostra che la riduzione del prezzo base è stata talmente importante da annullare la rilevanza di qualsiasi conteggio fatto eventualmente sull’aumento degli extra».

280    A tal riguardo, dall’affermazione della ricorrente emerge che il prezzo del supplemento per un diametro di 16 pollici è passato da 125 ITL/kg nel 1989 a 290 nel 2000, il che sembra piuttosto confermare la constatazione, di cui al punto 515 della decisione impugnata, secondo cui, tra il 1989 e il 2000, il livello dei prezzi degli extra di dimensione è stato moltiplicato all’incirca per due. In udienza, la ricorrente ha certamente indicato che l’aumento del prezzo dei supplementi era stato neutralizzato da una notevole diminuzione del prezzo base. Tuttavia, come indicato al punto 490 della decisione impugnata, poiché il prezzo totale del tondo era composto dal prezzo base e dal supplemento, e poiché quest’ultimo è considerato estraneo alla concorrenza o non negoziabile, l’aumento del supplemento si traduceva in una riduzione della variabilità del prezzo totale e quindi in una riduzione del margine d’incertezza di detto prezzo.

281    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha riconosciuto, al punto 476 della decisione impugnata, che su 20 casi di raccomandazioni di prezzo da parte della Federacciai o della Leali, le imprese avrebbero rispettato le indicazioni ricevute soltanto in 12 casi, il che emergerebbe anche dalle tabelle allegate alla decisione impugnata. Per le altre, la Commissione si baserebbe su dichiarazioni di terzi per sostenere che le raccomandazioni avrebbero avuto un impatto sulle decisioni degli operatori. Orbene, per fornire la prova degli effetti dell’intesa, la Commissione avrebbe dovuto procedere a una verifica dettagliata dei dati di mercato al fine di determinare se le imprese interessate avessero effettivamente seguito i prezzi raccomandati.

282    Sotto un primo profilo, deve essere rilevato che il punto 476 della decisione impugnata non ha il contenuto che gli attribuisce la ricorrente, poiché recita «[n]ella (...) sentenza Thyssen Stahl, il Tribunale ha constatato: “Le parti [avevano] quindi espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in una determinata maniera in materia di prezzi, vale a dire, di far sì che fossero raggiunti o mantenuti i prezzi concordati nelle riunioni di cui trattasi. Il Tribunale ritiene che tale concorso di volontà costitui[sse] un “accordo” ai sensi dell’art. 65, n. 1 del Trattato”». Nel suddetto punto viene peraltro indicato che «[l]’affermazione del Tribunale si applica mutatis mutandis alle circostanze in cui le imprese hanno espresso la loro comune volontà relativamente ai termini di pagamenti e al controllo/limitazione della produzione o delle vendite». Orbene, nonostante un’osservazione della Commissione in tal senso, ai punti 176 e 177 del controricorso, la ricorrente non ha formulato la minima rettifica su tale punto nella replica.

283    Sotto un secondo profilo, la ricorrente non precisa le presunte dichiarazioni di terzi che sarebbero state utilizzate dalla Commissione per sostenere che le raccomandazioni avrebbero avuto un impatto sulle decisioni degli operatori. Essa non menziona neppure i punti pertinenti della decisione impugnata, circostanza d’altronde rilevata parimenti dalla Commissione nel suo controricorso senza che la ricorrente vi rispondesse nella replica. Ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno (sentenza France Télécom/Commissione, cit. al punto 54 supra, punto 166). Ne consegue che tale censura della ricorrente è irricevibile.

284    Sotto un terzo profilo, la ricorrente non può sostenere che, per fornire la prova degli effetti dell’intesa, la Commissione avrebbe dovuto procedere a una verifica dettagliata dei dati di mercato al fine di determinare se le imprese interessate avessero effettivamente seguito i prezzi raccomandati. Secondo la giurisprudenza, è legittimo che la Commissione desuma che l’infrazione abbia prodotto effetti dal fatto che i partecipanti all’intesa avevano adottato provvedimenti per applicare i prezzi concordati, per esempio annunciandoli ai clienti, dando ai propri dipendenti istruzione di utilizzarli come base delle trattative e vigilando sull’applicazione degli stessi da parte dei propri concorrenti e dei propri servizi di vendita. Infatti, per concludere nel senso di un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi concordati abbiano servito da base per la fissazione dei prezzi di transazione individuali, limitando così il margine di negoziazione dei clienti (sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, T‑7/89, Racc. pag. II‑1711, punti 340 e 341; del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 146 supra, punti da 743 a 745, e Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 255 supra, punto 285).

285    Per contro, una volta accertata l’attuazione di un’intesa, non si può esigere che la Commissione dimostri in modo sistematico che gli accordi hanno effettivamente permesso alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che si sarebbe imposto in mancanza dell’intesa (sentenze del Tribunale Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 255 supra, punto 286, e del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 129).

286    In terzo luogo, durante il procedimento amministrativo l’associazione nazionale sagomatori ferro (in prosieguo: l’«Ansfer») avrebbe segnalato che il mercato italiano era sempre stato caratterizzato da un’effettiva e forte concorrenza e che essa non avrebbe mai riscontrato comportamenti anticoncorrenziali sul mercato italiano del tondo per cemento armato.

287    Un siffatto argomento deve essere respinto in quanto, come sottolineato dalla Commissione al punto 524 della decisione impugnata, la dichiarazione dell’Ansfer non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile, consistente in prove documentali dell’infrazione.

288    Alla luce delle considerazioni svolte, occorre respingere la presente censura del primo capo del presente motivo.

–       Sulla pressione concorrenziale esercitata dagli altri produttori sul mercato del tondo per cemento armato

289    La ricorrente sostiene che, nella valutazione degli effetti dell’intesa sul mercato, la Commissione ha totalmente trascurato la pressione concorrenziale esercitata dai prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato. Dalla decisione 89/515/CEE della Commissione, del 2 agosto 1989, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV 31.553‑ Rete metallica elettrosaldata) (GU L 260, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Rete metallica elettrosaldata»), emergerebbe che altri prodotti, non appartenenti al mercato del tondo per cemento armato, hanno esercitato sui prezzi pressioni talmente forti da impedire che le misure adottate avessero un effetto significativo sul mercato. Ai fini della determinazione della sanzione, occorrerebbe determinare la capacità potenziale dell’intesa di nuocere ai consumatori, in particolare considerazione dell’esistenza di prodotti alternativi.

290    Nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato che il mercato del prodotto rilevante è quello del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli, in quanto costituisce un mercato distinto da quello degli altri prodotti lunghi di acciaio (punto 28 della decisione impugnata). A tal proposito, la Commissione ha aggiunto che, per quanto riguarda specificamente la rete metallica elettrosaldata, «pur essendo utilizzata nello stesso settore del tondo per cemento armato nervato (l’edilizia), non è un prodotto per l’armatura di strutture portanti, ma un prodotto di rinforzo che solo in alcuni limitati impieghi (per esempio: armatura dei solai e delle pareti non portanti) può sostituire e generalmente sostituisce (in quanto consente un risparmio di tempo e di manodopera e minori sfridi) il cosiddetto “tondino di rinforzo”» (punto 29 della decisione impugnata).

291    Per quanto riguarda la presunta pressione concorrenziale esercitata dalla rete metallica elettrosaldata, ai punti 594 e 595 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato quanto segue:

«[A]l di là di dichiarazioni generiche, in particolare per quanto riguarda il riferimento alla decisione rete elettrosaldata, le parti non hanno dimostrato che altri prodotti, non appartenenti allo stesso mercato del tondo per cemento armato, hanno esercitato pressioni così forti sul prezzo del tondo, tali da impedire le misure adottate dall’avere un impatto significativo sul mercato. Anche trascurando il fatto che risulta alla Commissione che l’intesa ha avuto un effetto restrittivo della concorrenza, il fatto che essa abbia avuto un oggetto anticoncorrenziale che è intrinsecamente molto grave deve, in ogni caso, avere un maggior peso nella qualifica dell’infrazione quale molto grave rispetto alla constatazione degli effetti (…)».

292    In via preliminare, occorre sottolineare che mentre la ricorrente afferma che, all’atto della fissazione delle ammende, la Commissione ha totalmente trascurato la pressione concorrenziale esercitata dai prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato, essa non contesta la definizione del mercato dei prodotti di cui ai punti da 28 a 46 della decisione impugnata. Orbene, come emerge segnatamente dal paragrafo 2 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5), la definizione del mercato consente di individuare e di definire il perimetro all’interno del quale si svolge la concorrenza tra le imprese e di determinare se esistono concorrenti reali, capaci di pesare sul comportamento delle imprese di cui trattasi o di impedire loro di agire indipendentemente dalle pressioni esercitate da un’effettiva concorrenza.

293    Peraltro, la ricorrente si limita a invocare in modo specifico la pressione concorrenziale che verrebbe esercitata dalla rete metallica elettrosaldata e ciò al solo fine di dimostrare che l’intesa non ha avuto gli effetti constatati nella decisione impugnata. Orbene, un’argomentazione del genere può essere condivisa solo se, nell’ipotesi in cui una siffatta pressione concorrenziale della rete metallica elettrosaldata risultasse accertata, la Commissione fosse stata indotta a constatare che l’intesa non aveva avuto alcun impatto sul mercato da essa esaminato. Invero, solo una siffatta dimostrazione è tale da inficiare la valutazione dell’importo dell’ammenda effettuata dalla Commissione in funzione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione, T‑329/01, Racc. pag. II‑3255, punti da 229 a 231).

294    Sotto un primo profilo, va sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non ha «totalmente trascurato» l’eventuale pressione concorrenziale esercitata dai prodotti sostitutivi del tondo per cemento armato e in particolare della rete metallica elettrosaldata (v. punti 290 e 291 supra).

295    Sotto un secondo profilo, è giocoforza constatare che la ricorrente non fornisce il minimo elemento diretto a dimostrare che, nel corso del periodo dell’infrazione nella presente causa, altri prodotti, pur non appartenenti al mercato del tondo per cemento armato, abbiano esercitato sui prezzi pressioni talmente forti da impedire che le misure adottate avessero un effetto significativo sul mercato.

296    Invero, la ricorrente si limita ad affermare che la Commissione avrebbe tenuto conto dell’interdipendenza del tondo per cemento armato e della rete metallica elettrosaldata ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda nella decisione Rete metallica elettrosaldata. Orbene, come rammentato al precedente punto 254, secondo una giurisprudenza costante, la prassi decisionale della Commissione non può servire da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. Nell’ambito della fissazione delle ammende, essa dispone di un ampio potere discrezionale e non è vincolata alle valutazioni da essa effettuate precedentemente (v. sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 123, e la giurisprudenza ivi citata).

297    Ne consegue che il fatto che la Commissione abbia potuto tenere conto, in una decisione precedente, riguardante un altro periodo dell’infrazione (nella decisione Rete metallica elettrosaldata, il periodo dell’infrazione si era protratto dal 27 maggio 1980 al 5 novembre 1985), ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, dell’interdipendenza della rete metallica elettrosaldata e del tondo per cemento armato non le imponeva, anche supponendo che una siffatta interdipendenza fosse esistita nel periodo dell’infrazione nella presente fattispecie, il che non viene neppure sostenuto, di tenere conto di tale elemento nella fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nel caso di specie, a maggior ragione in quanto, nella decisione Rete metallica elettrosaldata, la Commissione aveva già sottolineato che la rete metallica elettrosaldata non poteva sostituire completamente il tondo per cemento armato (punto 202 della decisione Rete metallica elettrosaldata).

298    Ad ogni modo, va constatato che dal sistema comunitario delle sanzioni per violazione delle norme in materia di concorrenza, quale delineato dal regolamento n. 1/2003 ed interpretato dalla giurisprudenza, risulta che le intese meritano, a causa della loro natura, le ammende più severe. Il loro eventuale impatto concreto sul mercato, segnatamente la questione in che misura la restrizione della concorrenza abbia determinato un prezzo di mercato superiore a quello che si sarebbe imposto nell’ipotesi di assenza del cartello, non costituisce un criterio decisivo per la determinazione del livello delle ammende. Si deve aggiungere che dagli orientamenti del 1998 emerge come gli accordi o le pratiche concordate che, come nel caso di specie, sono diretti in particolare alla fissazione dei prezzi possano, solo per la loro stessa natura, essere qualificati come «molto gravi» senza che occorra qualificare tali comportamenti in funzione di un impatto o di un’estensione geografica particolari. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni «gravi» menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su ampie zone del mercato comune, quella delle infrazioni «molto gravi», viceversa, non indica alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare (v. sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, Racc. pag. II‑1167, punti 65 e 66, e la giurisprudenza ivi citata).

299    Nel caso di specie, l’intesa in esame aveva per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, e poteva dunque essere qualificata come infrazione molto grave senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto della medesima sul mercato.

300    Ne consegue che la presente censura del primo capo del motivo in esame deve essere respinta.

–       Sul cambiamento della natura dell’intesa nel corso del tempo

301    La ricorrente afferma che, al punto 597 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che, prima del 1995, l’intesa era stata relativamente meno grave. Orbene, la Commissione avrebbe erroneamente applicato lo stesso tasso di maggiorazione dell’importo dell’ammenda per ogni anno di funzionamento della presunta intesa (punto 607 della decisione impugnata), il che costituirebbe una violazione del principio di non discriminazione, nonché un inadempimento dell’obbligo di fornire, nella decisione impugnata, una motivazione adeguata della sua scelta.

302    Nella decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, sebbene prima del 1995 si potesse certamente considerare che l’intesa fosse «relativamente meno grave» in quanto i comportamenti erano meno strutturati e quindi relativamente meno pericolosi per la concorrenza, la gravità dell’infrazione era aumentata successivamente, quando sono state introdotte nuove misure restrittive, quali il controllo o la riduzione della produzione o delle vendite. Ad avviso della Commissione, tale comportamento, che nei fatti era sempre collegato all’aumento del prezzo, ha reso l’intesa ancora più strutturata (punto 597 della decisione impugnata).

303    La Commissione ha altresì indicato che l’infrazione era durata più di dieci anni e mezzo per tutte le imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, per la quale la durata dell’infrazione era stata di oltre sette anni e che, pertanto, l’importo dell’ammenda sarebbe stato incrementato del 105% per tutte le imprese, salvo per la Ferriere Nord per la quale andrebbe incrementato del 70% (punto 607 della decisione impugnata).

304    In primo luogo, va ricordato che gli orientamenti del 1998 tracciano una distinzione fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza fissato in funzione della gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in genere da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

305    Dai punti da 153 a 222 supra risulta che la ricorrente ha partecipato ad un’intesa unica e continuata dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000, ovvero un periodo dell’infrazione di oltre dieci anni e sei mesi, corrispondenti ad un’infrazione di lunga durata.

306    È quindi in applicazione delle norme che essa si è imposta negli orientamenti del 1998 e senza violare il principio di non discriminazione che la Commissione ha aumentato del 105%, ovvero del 10% per ogni anno completo, l’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione (v. sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 249 supra, punto 229, e la giurisprudenza ivi citata).

307    In sostanza, l’argomentazione della ricorrente conduce a confondere il criterio della gravità con quello della durata, previsti dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Infatti, con la sua argomentazione, essa rimette in discussione l’aumento dell’importo di partenza dell’ammenda del 10% all’anno richiamandosi ad elementi connessi alla valutazione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza General Technic-Otis e a./Commissione, cit. al punto 249 supra, punto 230).

308    In secondo luogo, come ricordato al punto 235 supra, la forcella delle sanzioni previste dalla Commissione consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese secondo la natura delle infrazioni commesse. Orbene, nel caso di specie, la Commissione ha reputato opportuno fissare l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente in EUR 3,5 milioni, ossia meno di un quinto della soglia minima di EUR 20 milioni normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per tale tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

309    In terzo luogo, poiché, al punto 579 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che essa applicherebbe gli orientamenti del 1998 per il calcolo dell’importo delle ammende ed essa ha menzionato, al punto 597 della decisione impugnata, che l’infrazione commessa dalla ricorrente era durata oltre dieci anni e mezzo e che, per tale ragione, l’importo dell’ammenda sarebbe aumentato del 105%, si deve ritenere che la decisione sia sufficientemente motivata.

310    Ne consegue che occorre respingere la presente censura del primo capo del presente motivo.

–       Sulla mancata riduzione dell’importo dell’ammenda a causa della grave crisi in cui versa il settore

311    Da un lato, la ricorrente afferma che alla luce della sua prassi decisionale è sorprendente che la Commissione non abbia riconosciuto alcuna rilevanza, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, all’esistenza di una gravissima crisi del settore del tondo per cemento armato nel periodo dell’infrazione e non abbia minimamente motivato tale scelta. La domanda sul mercato italiano del tondo per cemento armato sarebbe diminuita di un terzo nel periodo dal 1989 al 1999, comportando un’accesa concorrenza con un calo vertiginoso dei prezzi e la chiusura di un numero elevato di impianti di produzione. Dall’altro, la ricorrente afferma che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione non avrebbe tenuto conto delle condizioni straordinarie in cui versavano in quel momento le imprese condannate.

312    In primo luogo, come ricordato al punto 254 supra, da una giurisprudenza costante risulta che la prassi decisionale della Commissione non può servire da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. Gli argomenti della ricorrente fondati su precedenti decisioni della Commissione sono quindi irrilevanti.

313    In secondo luogo, per quanto riguarda l’esistenza di un contesto di crisi nel corso del periodo dell’infrazione, deve rilevarsi che la Commissione ha indicato, al punto 64 della decisione impugnata, che essa conosceva il contesto economico del settore dell’acciaio nell’Unione e del tondo per cemento armato in particolare. Al punto 68 della decisione impugnata, la Commissione ha anche dichiarato, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che, per quanto riguarda le condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, il tondo per cemento armato, che dal 1° gennaio 1986 non rientrava più nell’ambito d’applicazione del sistema di quote, era stato escluso dal «regime di sorveglianza» in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi che non conoscevano, normalmente, difficoltà. Orbene, la ricorrente non fornisce elementi che consentono di rimettere in discussione tale conclusione.

314    Non si può considerare che la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione in ordine alle conseguenze da trarre dal contesto asseritamente difficile del mercato. Invero, il fatto che un mercato in un determinato momento conosca difficoltà economiche non significa affatto che l’infrazione non possa essere qualificata come molto grave (sentenza UPM-Kymmene/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 147).

315    In terzo luogo, la ricorrente invoca le condizioni straordinarie in cui avrebbero versato le imprese condannate al momento dell’adozione della decisione impugnata, senza tuttavia comprovare una siffatta affermazione. Sul punto occorre rilevare che un simile argomento è d’altronde irrilevante al fine di determinare la gravità dell’infrazione e di fissare l’importo di partenza dell’ammenda.

316    Di conseguenza, occorre respingere la quinta censura del primo capo del presente motivo, nonché il primo capo nel suo complesso.

 Sull’illegittima determinazione della sanzione inflitta alla ricorrente e sull’erronea determinazione del peso specifico della ricorrente sul mercato

317    La ricorrente contesta la ripartizione delle imprese, di cui trattasi, in categorie ai fini della fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda. Essa fa valere che le differenze fra le quote di mercato storiche sono paradossalmente superiori tra le imprese appartenenti ad una medesima categoria che tra le diverse categorie, con conseguenti evidenti distorsioni in termini di sanzioni. Gli orientamenti del 1998 prescriverebbero di applicare un trattamento differenziato in caso di disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, circostanza che non ricorrerebbe nel caso di specie. Nella specie, la quota di mercato della ricorrente sarebbe superiore del 2,9% a quella dell’IRO. Orbene, ad essa sarebbe stata inflitta un’ammenda superiore del 50% rispetto a quella di tale operatore. Ne conseguirebbe una disparità di trattamento e una violazione del principio di proporzionalità. Infatti, la Commissione avrebbe dovuto fissare per tutte le imprese (salvo forse per la Ferriere Nord) un importo di partenza equivalente all’importo di partenza fissato per l’IRO.

318    Sotto un primo profilo, dagli orientamenti del 1998 emerge che essi prevedono la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla cui base può essere fissato un importo di partenza generale (punto 1 A, secondo comma, degli orientamenti del 1998). Sotto un secondo profilo, la gravità è esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un importo di partenza specifico (punto 1 A, dal terzo al settimo comma, degli orientamenti del 1998).

319    Occorre anche rammentare che, nell’ambito del calcolo dell’importo delle ammende inflitte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Invero, nell’ambito del suo margine di discrezionalità, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 109; Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 170 supra, punto 44, e del 18 luglio 2013, The Dow Chemical Company e a./Commissione, C‑499/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 87).

320    Infatti, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale delle ammende per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso, e dunque dell’impatto reale, sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma, degli orientamenti del 1998). In particolare, è necessario valutare l’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori (punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998).

321    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998).

322    Di conseguenza, per verificare se una ripartizione in categorie dei partecipanti di un’intesa sia conforme ai principi di parità di trattamento e di proporzionalità, occorre verificare se la ripartizione operata dalla Commissione sia coerente ed obiettivamente giustificata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale CMA CGM e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punti 406 e 416; del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 157, e dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T‑69/04, Racc. pag. II‑2567, punto 184).

323    Come rilevato al punto 35 supra, nella decisione impugnata la Commissione ha individuato tre gruppi di imprese in base alle quote medie di mercato nel periodo dal 1990 al 1999, le quali sono state calcolate nel seguente modo (punti 79, 82, 85, 87, 89, 94, da 98 a 100, 104, 107, da 599 a 602 della decisione impugnata): la Feralpi (10,31%) e la Valsabbia (10,03%) sono state collocate nel primo gruppo, la Lucchini (7,92%), l’Alfa (7,87%), la Riva (7%) e la Leali (6,4%) sono state collocate nel secondo gruppo; l’IRO (4,99%) e la Ferriere Nord (3,65%) sono state collocate nel terzo gruppo.

324    La ricorrente fa valere che la quota media di mercato della Ferriere Nord è del 2,9% e non del 3,65%, come indicato nella decisione impugnata. Per calcolare quest’ultima quota di mercato, la Commissione avrebbe usato un periodo (dal 1992 al 1999) di una durata diversa da quella utilizzata per calcolare le quote delle altre imprese (periodo dal 1990 al 1999).

325    Dal punto 87 della decisione impugnata risulta che la Ferriere Nord è attiva nel settore del tondo per cemento armato dall’aprile 1992 e ha iniziato a partecipare all’infrazione soltanto dal 1° aprile 1993. Orbene, la ponderazione dell’importo di partenza generale mira a determinare un importo di partenza specifico tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale, del comportamento d’infrazione di ciascuna impresa sulla concorrenza (v. punto 320 supra). A giusto titolo, la Commissione non ha dunque calcolato la quota media di mercato della Ferriere Nord in base al periodo dal 1990 al 2000, a pena di attribuire a quest’ultima impresa un peso relativo artificiosamente attenuato.

326    Poiché tale impresa ha iniziato a partecipare all’infrazione soltanto dal 1° aprile 1993, occorre ritenere che la Commissione abbia erroneamente calcolato la quota media di mercato della Ferriere Nord sul periodo dal 1992 al 2000 (dato che emerge da una lettura congiunta dei punti 87 e 601 della decisione impugnata). Infatti, essa avrebbe dovuto calcolare la quota media di mercato di tale società sul periodo dal 1993 al 2000, il che avrebbe condotto ad una quota media di mercato di tale impresa del 3,12% nel corso di tale periodo.

327    Alla luce di siffatta considerazione, la ricorrente sostiene a giusto titolo che la quota media di mercato del terzo gruppo non equivale al 35% della quota media di mercato del primo gruppo, come indicato al punto 601 della decisione impugnata, e durante l’udienza la Commissione ha d’altronde riconosciuto un errore. La quota media del terzo gruppo è pari al 4,06% [4,99 (IRO) + 3,12 (Ferriere Nord – v. punto 326 supra) / 2 = 4,06% della quota media di mercato per la terza categoria], ovvero 39,4% della quota media di mercato del primo gruppo [pari al 10,17%]. Tuttavia, non è necessario, come suggerisce la ricorrente, riequilibrare l’importo delle ammende inflitte applicando un criterio di proporzionalità secondo il quale la maggiorazione inflitta al secondo gruppo rispetto al terzo sarebbe solo del 70% e non del 100%, arrivando ad una sanzione di circa EUR 3 milioni anziché di EUR 3,5 milioni inflitti nella decisione impugnata.

328    Invero, oltre al fatto che, come evidenziato al punto 321 supra, conformemente al punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998, la differenziazione tra imprese che hanno partecipato alla stessa infrazione non deve derivare da un calcolo rigorosamente aritmetico (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 266, e sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 322 supra, punto 149), dal punto 601 della decisione impugnata emerge che, in quest’ultima, gli importi di partenza delle sanzioni inflitte alle imprese del secondo e terzo gruppo sono stati calcolati in percentuale alla quota media di mercato delle imprese del primo gruppo. L’errore commesso nel calcolo della quota media di mercato della terza categoria è quindi ininfluente sull’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

329    In ogni caso, si deve constatare che la prima categoria comprende le imprese con una quota media di mercato superiore al 10%; la seconda categoria comprende le imprese con una quota media di mercato tra il 6 e l’8%; infine, la terza categoria comprende le imprese con una quota di mercato inferiore al 5%. La ripartizione operata dalla Commissione risulta quindi coerente e oggettivamente giustificata.

330    Ne consegue che il secondo capo del presente motivo dev’essere respinto.

 Sull’esistenza di circostanze attenuanti

331    La ricorrente ricorda che, secondo gli orientamenti del 1998, la Commissione può applicare una diminuzione dell’importo di base dell’ammenda per circostanze attenuanti particolari quali il ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione o anche la non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite.

332    Va ricordato che, in base al punto 3 degli orientamenti del 1998, il ruolo esclusivamente passivo o emulativo di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione costituisce, ove accertato, una circostanza attenuante, fermo restando che tale ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa interessata di un «basso profilo», vale a dire la mancanza di una partecipazione attiva all’elaborazione del o degli accordi anticoncorrenziali. Possono essere presi in considerazione, tra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, del pari il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa, o anche l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 167 e 168; del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 148 e 149, e del 27 giugno 2012, Berning & Söhne/Commissione, T‑445/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 217).

333    Inoltre, gli orientamenti del 1998 prevedono anche, al loro punto 3, che la non applicazione di fatto degli accordi possa altresì costituire una circostanza attenuante. A tale scopo, va verificato se le circostanze dedotte dalla ricorrente possano provare che, nel periodo in cui essa ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o quantomeno che essa abbia chiaramente e notevolmente violato gli obblighi miranti ad attuare tale intesa, al punto di aver perturbato lo stesso funzionamento della medesima (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 238 supra, punti 93 e 96; sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, Racc. pag. II‑2395, punto 292; del 15 marzo 2006, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, T‑26/02, Racc. pag. II‑713, punto 113, e Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 196).

334    A tal riguardo, un’impresa che, nonostante la concertazione con i suoi concorrenti, segua una politica più o meno indipendente sul mercato può semplicemente tentare di sfruttare l’intesa a proprio vantaggio. Se in tal caso fossero riconosciute circostanze attenuanti, sarebbe troppo semplice per le imprese minimizzare il rischio di dover pagare un’ammenda ingente poiché potrebbero approfittare di un’intesa illecita e beneficiare in seguito di una riduzione dell’importo dell’ammenda per il fatto di aver svolto solo un ruolo limitato nell’attuazione dell’infrazione, mentre il loro atteggiamento aveva istigato altre imprese a comportarsi in maniera più dannosa per la concorrenza (sentenza KME Germany e a./Commissione, cit. al punto 238 supra, punti 94 e 96; sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punti 277 e 278, e Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 255 supra, punto 491).

335    In primo luogo, nella decisione impugnata (punto 176 e nota a piè di pagina n. 303), la ricorrente sostiene che la Commissione sembra riconoscere che essa non ha fornito i dati richiesti dalla Federacciai e dalla Leali per mettere a punto un sistema di controllo della produzione, rifiutandosi di fornire i propri dati individuali dall’ottobre 1995 al settembre 1996. Inoltre, la ricorrente avrebbe abbandonato la Federacciai nel 1995. Peraltro, essa avrebbe dimostrato nel corso del procedimento, senza essere smentita dalla Commissione, di aver applicato i prezzi indicati dalla Federacciai e dalla Leali se non in rarissime occasioni e di essersi invece dissociata dalle attività della Federacciai o della Leali pubblicando listini con prezzi più bassi di quelli raccomandati, di avere costantemente aumentato la sua produzione e le sue vendite almeno fino al 1999, nonché di aver investito nell’apparato produttivo al fine di rafforzare la sua posizione competitiva e di incrementare la sua produzione. Orbene, la Commissione non avrebbe tenuto conto di tali elementi nella decisione impugnata e non avrebbe illustrato i motivi di tale scelta.

336    Anzitutto, la ricorrente non può fondarsi sul fatto che essa non avrebbe fornito i dati richiesti dalla Federacciai e dalla Leali per la messa a punto di un sistema di controllo della produzione, né sulla fine della sua adesione alla Federacciai nel 1995 per beneficiare di una circostanza attenuante in considerazione del suo comportamento asseritamente passivo.

337    Da un lato, non è sufficiente che, durante taluni periodi dell’intesa, o rispetto a talune parti di quest’ultima, l’impresa in questione abbia adottato un «basso profilo» (v., in tal senso, sentenze Jungbunzlauer/Commissione, cit. al punto 171 supra, punto 254, e Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 179). Pertanto, l’approccio consistente nel separare la valutazione dell’atteggiamento di un’impresa a seconda dello scopo degli accordi o delle pratiche concordate di cui trattasi risulta quantomeno teorico quando questi ultimi rientrano in una strategia generale, che determina gli orientamenti dei partecipanti all’intesa sul mercato e limita la loro libertà commerciale, mirante a perseguire, come nel caso di specie, uno scopo anticoncorrenziale identico e uno scopo economico unico, vale a dire falsare l’andamento normale dei prezzi e restringere la concorrenza sul mercato di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 228 supra, punto 180).

338    Dall’altro, come già rilevato al punto 203 supra, nonostante la fine dell’adesione della ricorrente alla Federacciai e la mancata trasmissione di dati alla medesima, a partire dal 13 febbraio 1996 la ricorrente ha anche partecipato alla parte dell’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, poiché, a tale data, essa ha aderito a un programma di fermate concordate dei laminatoi, finalizzata all’aumento concordato del prezzo base, risultato possibile con l’emergere della Leali nel ruolo di coordinatore delle attività dell’intesa, e segnatamente della parte dell’intesa relativa al controllo o alla limitazione della produzione o delle vendite.

339    La ricorrente non può poi invocare, al fine di ottenere una riduzione dell’importo della sua ammenda, che essa si sarebbe dissociata dalle altre imprese varie volte. Infatti, quando un’impresa ha partecipato, pur senza svolgervi un ruolo attivo, ad una o più riunioni aventi un obiettivo anticoncorrenziale, si deve considerare che abbia partecipato all’intesa, a meno che non dimostri di aver chiaramente preso le distanze dalla concertazione illecita. Infatti, con la sua presenza alle riunioni, l’impresa aderisce, o induce quantomeno gli altri partecipanti a credere che essa aderisce, in via di principio, all’oggetto degli accordi anticoncorrenziali ivi conclusi (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T‑54/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 767, e la giurisprudenza ivi citata) (v. altresì punto 214 supra).

340    A tal riguardo, la circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione con i suoi concorrenti sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con i suoi concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione come circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere. Infatti, come ricordato ai punti 333 e 334 supra, un’impresa che segua, nonostante la concertazione con i suoi concorrenti, una politica più o meno indipendente sul mercato può semplicemente tentare di utilizzare l’intesa a proprio vantaggio. L’argomento della ricorrente vertente sul presunto aumento della sua produzione deve quindi essere a sua volta respinto.

341    In secondo luogo, la ricorrente sarebbe un’impresa a conduzione familiare che non dispone né di un ufficio legale né di un’infrastruttura giuridico-economica che le consenta di valutare meglio il carattere illecito del suo comportamento e le conseguenze che ne derivano dal punto di vista del diritto della concorrenza.

342    Tuttavia, come sottolineato dalla Commissione al punto 596 della decisione impugnata, dopo la fine dello stato di crisi manifesta, gli operatori del settore siderurgico non potevano nutrire alcun ragionevole dubbio sulle conseguenze dei comportamenti restrittivi della concorrenza da essi posti in atto, soprattutto in quanto talune comunicazioni della Federacciai già nel 1995 recavano la menzione «Da distruggere dopo presa visione», il che lascia pochi dubbi circa la loro illiceità.

343    Sulla scorta delle considerazioni che precedono, occorre respingere il terzo capo del presente motivo.

 Sulla durata del procedimento

344    La ricorrente ricorda che l’osservanza da parte della Commissione di un termine ragionevole nell’adozione di decisioni in esito a procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, del quale il giudice dell’Unione assicura il rispetto. Nel caso di specie, il procedimento in esito al quale è stata adottata la decisione impugnata sarebbe stato estremamente lungo. Anzitutto, l’esame del ricorso di annullamento della decisione del 2002 avrebbe richiesto cinque anni. In seguito a tale sentenza la Commissione avrebbe impiegato due anni per riadottare la decisione, mentre essa si sarebbe fondata sulle stesse motivazioni, avrebbe irrogato le stesse ammende e non avrebbe consentito alle parti di rispondere a una nuova comunicazione degli addebiti. Tale durata eccessiva avrebbe leso il diritto della concorrente di ottenere un giudizio imparziale in tempi congrui. Nella sua replica, la ricorrente ha affermato che è la durata eccessiva del procedimento, amministrativo e giudiziario, nel suo complesso ad essere imputabile alla Comunità, nel senso dell’insieme delle sue istituzioni, nei limiti in cui essa non sarebbe stata in grado di garantire alle parti l’adozione di una decisione entro termini ragionevoli.

345    Interrogata sul punto in udienza, la ricorrente ha indicato che il suo motivo riguardava unicamente la durata del procedimento amministrativo.

346    Va ricordato che da una giurisprudenza costante emerge che l’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione del procedimento amministrativo in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, espressamente menzionato all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, di cui gli organi giurisdizionali dell’Unione garantiscono il rispetto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 19 dicembre 2012, Bavaria/Commissione, C‑445/11 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata e sentenza del Tribunale del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, T‑235/07, Racc. pag. II‑3229, punto 316).

347    Secondo una giurisprudenza consolidata, inoltre, il carattere ragionevole della durata di un procedimento amministrativo si valuta alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso e, in particolare, del contesto in cui esso si inserisce, delle varie fasi procedurali espletate, della complessità del caso nonché degli interessi delle diverse parti interessate (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 187; sentenze del Tribunale del 16 settembre 1999, Partex/Commissione, T‑182/96, Racc. pag. II‑2673, punto 177, e del 30 settembre 2003, Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, T‑196/01, Racc. pag. II‑3987, punto 230).

348    Inoltre, si deve ricordare che il superamento di un termine ragionevole, ammettendo che sia dimostrato, non giustifica necessariamente l’annullamento della decisione. Infatti, quanto all’applicazione delle norme sulla concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo nel caso di una decisione che constati infrazioni, qualora sia stato provato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale ipotesi specifica, l’inosservanza dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17 e del regolamento n. 1/2003 (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 49, e Technische Unie/Commissione, cit. al punto 193 supra, punti 47 e 48; sentenza del Tribunale del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione, T‑410/03, Racc. pag. II‑881, punto 227).

349    Una violazione del genere può tuttavia indurre il Tribunale a ridurre l’importo dell’ammenda inflitta (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, cit. al punto 346 supra, punto 340).

350    Nel caso di specie, la comunicazione degli addebiti è stata inviata alla ricorrente il 26 marzo 2002, ossia circa 20 mesi dopo la fine dell’infrazione, nel luglio 2000, e 17 mesi dopo l’inizio dell’indagine, nell’ottobre 2000. La Commissione ha adottato la comunicazione degli addebiti supplementari il 12 agosto 2002, ovvero cinque mesi più tardi. Quanto alla decisione del 2002, essa è intervenuta il 17 dicembre 2002, ovvero nove mesi dopo la comunicazione degli addebiti e quattro mesi dopo la comunicazione degli addebiti supplementari.

351    Nelle circostanze del caso di specie, una simile durata non può essere considerata eccessiva. È sufficiente rilevare, a tal riguardo, che si trattava di un’indagine che coinvolgeva varie imprese e richiedeva l’esame di un numero considerevole di questioni di fatto e di diritto, relative segnatamente alla scadenza del Trattato CECA.

352    Per quanto concerne il procedimento giurisdizionale avviato con il ricorso della ricorrente avverso la decisione del 2002, va rilevato che il periodo durante il quale il giudice dell’Unione ha esaminato la legittimità della decisione del 2002 non può essere preso in considerazione per determinare la durata del procedimento dinanzi alla Commissione (v., in tal senso, sentenze del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 146 supra, punto 123, e Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 140 supra, punto 102).

353    Per quanto concerne infine il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, il 25 ottobre 2007, e l’adozione della prima decisione, il 30 settembre 2009, modificata l’8 dicembre 2009, ovvero una durata di quasi due anni, è giocoforza constatare che essa non supera il termine ragionevole. Sebbene certamente la Commissione si sia basata sugli stessi addebiti nella decisione del 2002 e nella decisione impugnata, essa ha, in seguito alla sentenza SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, completato la sua decisione con una valutazione giuridica dettagliata delle conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA alla luce delle sentenze SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citata al punto 84 supra (punti da 342 a 398 della decisione impugnata).

354    Il 30 giugno 2008, essa ha anche inviato alle imprese di cui trattasi una lettera al fine di informarle della propria intenzione di riadottare la decisione del 2002 previa correzione della base giuridica, invitando al contempo le parti a presentare eventuali osservazioni entro il termine di un mese (punto 123 della decisione impugnata).

355    Dopo avere esaminato tutte le osservazioni delle imprese coinvolte, la Commissione ha altresì trasmesso loro, tra i mesi di luglio e di settembre 2008, richieste di informazioni, e l’ultima risposta da parte delle imprese le è giunta nel settembre 2008. Nuove richieste di informazioni sono state rivolte alle imprese tra i mesi di giugno e di luglio 2009. Il comitato consultivo è stato infine consultato nel settembre 2009.

356    Alla luce di tutti i suddetti elementi, la durata del procedimento amministrativo nelle circostanze della presente fattispecie non può essere considerata eccessiva.

357    Ne consegue che il presente capo deve essere respinto al pari del presente motivo.

358    Alla luce di quanto precede, vanno respinte le domande di annullamento nel loro insieme. Inoltre, per quanto riguarda la domanda, presentata in via subordinata, intesa alla modifica dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, non sussistono, segnatamente alla luce delle suesposte considerazioni, i presupposti perché il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, accolga tale domanda.

 Sulle spese

359    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

360    La ricorrente, essendo rimasta soccombente, va condannata alle spese della presente causa, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Alfa Acciai SpA è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Popescu

Berardis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2014.

Firme

Indice


Contesto normativo

Disposizioni del Trattato CECA

Disposizioni del Trattato CE

Regolamento (CE) n. 1/2003

Regolamento n. 773/2004

Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto della controversia

Fatti

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Osservazioni preliminari

Sulla presunta violazione del principio di collegialità

Sul motivo vertente su un eccesso di potere da parte della Commissione

Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa

Sulla violazione dell’articolo 10 del regolamento n. 773/2004 per mancato invio di una nuova comunicazione degli addebiti

Sulla violazione degli articoli 14 e 33 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 14 del regolamento n. 773/2004, a causa dell’impossibilità per la ricorrente di comunicare la sua posizione agli Stati membri

Sul motivo vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA

Sulla natura unica dell’intesa

Sulla natura continuata dell’intesa

Sul motivo vertente sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione nella valutazione della condotta della ricorrente e nella fissazione dell’importo dell’ammenda

Osservazioni preliminari

Sulla fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda

– Sull’estensione geografica del mercato interessato

– Sull’impatto dell’intesa sul mercato

– Sulla pressione concorrenziale esercitata dagli altri produttori sul mercato del tondo per cemento armato

– Sul cambiamento della natura dell’intesa nel corso del tempo

– Sulla mancata riduzione dell’importo dell’ammenda a causa della grave crisi in cui versa il settore

Sull’illegittima determinazione della sanzione inflitta alla ricorrente e sull’erronea determinazione del peso specifico della ricorrente sul mercato

Sull’esistenza di circostanze attenuanti

Sulla durata del procedimento

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.