Language of document : ECLI:EU:T:2007:214

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

11 luglio 2007 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo TOSCA BLU – Marchio nazionale denominativo anteriore TOSCA – Impedimenti relativi alla registrazione – Marchio notoriamente conosciuto ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94»

Nella causa T‑150/04,

Mülhens GmbH & Co. KG, con sede in Colonia (Germania), rappresentata dall’avv. T. Schulte-Beckhausen,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato inizialmente dalla sig.ra M. Capostagno e successivamente dal sig. O. Montalto, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) e interveniente dinanzi al Tribunale:

Minoronzoni Srl, con sede in Ponte San Pietro, rappresentata dagli avv.ti G. Floridia, F. Polettini e R. Floridia,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 18 febbraio 2004 (procedimento R 949/2001‑1), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Mülhens GmbH & Co. KG e la Minoronzoni Srl,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dal sig. J. Pirrung, presidente, dal sig. A.W.H. Meij e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 aprile 2004,

visto il controricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli), depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 ottobre 2004,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2004,

viste le misure di organizzazione del procedimento 14 dicembre 2005,

in seguito alla trattazione orale del 6 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 2 dicembre 1998 l’interveniente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI») una domanda di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        La domanda di marchio aveva ad oggetto la registrazione del marchio figurativo seguente:

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3        La richiesta era relativa ai prodotti di cui alle classi 18 e 25 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, corrispondenti alla descrizione seguente:

–        Classe 18: «Borse; borsette; valigie; zaini; portafogli; borsellini; cartelle; cartelle portadocumenti in pelle e in similpelle; borselli; bauli; pelle; articoli di pelle; cuoio e articoli di cuoio; imitazioni di pelle e di cuoio ed articoli fabbricati con tali materiali; ombrelli da sole; ombrelloni; ombrelli; bastoni da passeggio; finimenti ed altri articoli di selleria».

–        Classe 25: «Abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente: abiti in pelle; camicie; camicette; gonne; tailleurs; giacche; pantaloni; pantaloncini; maglie; magliette; pigiami; calze; canottiere; busti; reggicalze; mutande; reggiseni; sottovesti; cappelli; foulards; cravatte; impermeabili; soprabiti; cappotti, costumi da bagno; tute sportive; giacche a vento; pantaloni da sci; cinture; pellicce; sciarpe; guanti; vestaglie; calzature in genere, comprendenti: pantofole, scarpe, scarpe sportive, stivali e sandali».

4        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari 22 luglio 1999, n. 59.

5        Il 14 ottobre 1999 la ricorrente ha proposto opposizione contro la domanda di marchio comunitario, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), e n. 5, del regolamento n. 40/94.

6        A sostegno di tale opposizione, la ricorrente ha fatto valere il segno denominativo TOSCA, marchio non registrato, che ha sostenuto essere notoriamente conosciuto in Germania per i prodotti seguenti: «profumo, acqua di toeletta, acqua di Colonia, lozioni per il corpo, saponette, gel per doccia, ecc.».

7        L’opposizione era fondata sull’insieme dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, ed era diretta contro tutti i prodotti indicati nella domanda di marchio.

8        Con decisione 17 settembre 2001 la divisione di opposizione ha ritenuto che la ricorrente avesse dimostrato la notorietà del marchio anteriore, in Germania, per i prodotti seguenti: «prodotti di profumeria: acqua di Colonia, profumi». La divisione di opposizione ha tuttavia respinto l’opposizione in quanto, da un lato, non erano soddisfatte, per la diversità dei prodotti in questione, le condizioni di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e, dall’altro, non era applicabile la tutela di cui all’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, poiché l’opposizione era fondata su un marchio non registrato.

9        Il 6 novembre 2001 la ricorrente ha proposto un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione 18 febbraio 2004 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la commissione di ricorso ha respinto il ricorso, condannando la ricorrente alle spese.

11      La commissione di ricorso ha ritenuto che l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 richiedesse la prova di un’identità o di una somiglianza tra i segni e quella di un’identità o di una somiglianza tra i prodotti o i servizi contrassegnati. Sebbene sia stato ritenuto che i segni in conflitto mostrassero un’indiscutibile somiglianza, si è tuttavia considerato che i prodotti in questione presentavano nette differenze. La commissione di ricorso ha inoltre ritenuto che la notorietà di un marchio non consentisse di presumere esistente un rischio di confusione per il solo fatto dell’esistenza di un rischio di associazione in senso stretto. Per quanto riguarda l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’opposizione non potesse essere accolta ai sensi di tale norma, postulando quest’ultima la previa registrazione del marchio anteriore.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

13      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

14      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Diritto

15      La ricorrente fa valere due motivi, con i quali invoca, rispettivamente, la violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e la violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

 Sul primo motivo, con il quale si fa valere la violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

16      La ricorrente sostiene l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. I marchi in conflitto presenterebbero un elevato grado di somiglianza sia dal punto di vista visivo che fonetico. Tale somiglianza deriverebbe dall’elemento caretterizzante «tosca», messo in particolare evidenza, mentre l’elemento complementare «blu» non sarebbe in grado di attirare l’attenzione del consumatore, stante il suo carattere descrittivo. Peraltro, il marchio anteriore TOSCA possiederebbe un forte carattere distintivo a causa della sua notorietà, il che richiederebbe che i prodotti indicati nella domanda di registrazione fossero nettamente diversi dai prodotti per i quali il marchio notoriamente conosciuto è tutelato.

17      La ricorrente afferma che i prodotti devono essere considerati simili quando il pubblico crede che gli stessi provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate. A suo giudizio, sulla base dei criteri sviluppati nella sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon (Racc. pag. I‑5507), i prodotti in esame dovrebbero essere considerati complementari e almeno parzialmente simili. Essi non potrebbero in alcun modo essere ritenuti del tutto diversi.

18      La ricorrente sostiene che numerose imprese del settore della moda o degli accessori concedono sui propri marchi licenze per la produzione e la commercializzazione di articoli di profumeria. Alcune di queste imprese, che erano originariamente attive nel settore della moda, come Gucci, Chanel o Rochas, sarebbero del resto ormai conosciute soltanto come produttrici di profumi. Il pubblico sarebbe quindi abituato al fatto che articoli di moda e di pelletteria siano offerti e commercializzati con marchi di profumi. Esisterebbe inoltre tutta una serie di stilisti che svolgono la propria attività sia nel settore dei profumi che in quello della moda, associando il proprio nome ad entrambi i tipi di prodotti. Non essendo di regola informato delle licenze che sono concesse, il pubblico interessato attribuirebbe alla stessa impresa i prodotti caratterizzati dal medesimo marchio.

19      Nelle proprie osservazioni in risposta ai quesiti del Tribunale, la ricorrente sostiene che numerosi marchi contraddistinguono prodotti di lusso differenti, come borse in pelle, calzature, articoli di abbigliamento e profumi. A tale proposito, essa richiama i marchi Yves Saint Laurent, Bulgari, Prada, Gucci, Lacoste, Cacharel, Chanel, Dior, Kenzo, Joop!, Davidoff, Armani, Hugo Boss, Bogner, Adidas.

20      In aggiunta, la ricorrente richiama la sentenza dell’Oberlandesgericht Köln (Corte d’appello di Colonia, Germania) 28 marzo 2003 (causa 6 U 113/02). Nelle proprie osservazioni in risposta ai quesiti del Tribunale essa indica anche altre decisioni di giudici nazionali in cui si tende ad ammettere che prodotti fisicamente e funzionalmente diversi, come i profumi e gli articoli di abbigliamento, possano tuttavia presentare una certa somiglianza a causa della loro distribuzione con marchi identici, quale conseguenza della pratica della concessione di licenze.

21      La ricorrente aggiunge che i prodotti in questione hanno in comune il fatto di essere importanti per l’immagine di una persona, il che sarebbe confermato dal fatto che, nelle riviste di moda come Vogue, la pubblicità riguarda quasi esclusivamente la moda, gli accessori di moda e gli articoli di profumeria. Tali prodotti dunque si completerebbero a vicenda, e sarebbero caratterizzati da un rapporto di complementarità in grado di suscitare nel consumatore l’idea che tali prodotti provengano da un unico soggetto di riferimento.

22      In risposta ai quesiti del Tribunale, la ricorrente sostiene infine che, per valutare il rischio di confusione tra un marchio anteriore ed uno più recente, non si deve considerare il modo in cui i produttori ampliano nel corso del tempo le proprie gamme di prodotti. Né l’art. 8 né le altre disposizioni del regolamento n. 40/94 consentono di valutare il rischio di confusione tenendo conto dell’ordine secondo il quale il titolare di un marchio crea il proprio assortimento.

23      L’UAMI e l’interveniente contestano la fondatezza del motivo.

 Giudizio del Tribunale

24      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Ai sensi dell’art. 8, n. 2, lett. c), si considerano marchi anteriori i marchi che, alla data di presentazione della domanda di registrazione del marchio comunitario, sono notoriamente conosciuti in uno Stato membro ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, del 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 828, n. 11847, pag. 108; in prosieguo: la «Convenzione di Parigi»).

25      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce rischio di confusione il rischio che il pubblico possa ritenere i prodotti o i servizi in questione provenienti dalla medesima impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate.

26      Secondo la medesima giurisprudenza il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, sulla base della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, tenendo altresì conto di tutti gli elementi rilevanti nel caso, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi contrassegnati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33 e giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza del Tribunale 22 giugno 2004, causa T‑185/02, Ruiz-Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), Racc. pag. II‑1739, punti 49 e 50].

27      Risulta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 che un rischio di confusione ai sensi di tale disposizione presuppone un’identità o una somiglianza dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui sussista identità del segno richiesto con un marchio il cui carattere distintivo è particolarmente forte, è pur sempre necessario dimostrare che sussiste una somiglianza tra i prodotti o i servizi designati dai marchi in conflitto [sentenza del Tribunale 15 febbraio 2005, causa T‑296/02, Lidl Stiftung/UAMI – REWE-Zentral (LINDENHOF), Racc. pag. II‑563, punto 48; v. anche, per analogia, sentenza Canon, cit., punto 22].

28      Poiché la decisione impugnata ha negato l’esistenza di un rischio di confusione sulla base della mancata dimostrazione della somiglianza dei prodotti contrassegnati dai marchi di cui è causa, per esaminare la fondatezza del primo motivo è sufficiente affrontare la questione della somiglianza tra i prodotti di cui trattasi.

29      Per valutare la somiglianza fra i prodotti in questione si deve tener conto di tutti i fattori rilevanti che caratterizzano il rapporto fra tali prodotti. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (sentenza LINDENHOF, cit., punto 49; v. anche, per analogia, sentenza Canon, cit., punto 23).

30      Nel presente caso, risulta dalla decisione impugnata, non contestata su tale punto, che i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore corrispondono alla descrizione seguente: «prodotti di profumeria: acque di Colonia, profumi». I prodotti contrassegnati dal marchio richiesto sono i prodotti delle classi 18 e 25 indicati supra, al punto 3.

31      Si deve rilevare che, di per sé, i prodotti di profumeria e i prodotti in pelle della classe 18 non possono essere considerati simili. Infatti i prodotti di profumeria e i prodotti in pelle sono chiaramente diversi sia per natura che per destinazione o uso. Né alcun elemento consente di ritenere che gli stessi siano concorrenti o complementari dal punto di vista funzionale.

32      Un’identica conclusione si impone per quanto riguarda il confronto tra i prodotti di profumeria e gli articoli di abbigliamento della classe 25. Anch’essi si differenziano, di per sé, sia per natura che per destinazione o uso. Anche in questo caso, nessun elemento consente di ritenere che gli stessi siano concorrenti o complementari.

33      La ricorrente sostiene tuttavia che i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto possiedono un certo grado di somiglianza, poiché, a causa delle licenze che le imprese del settore della moda concederebbero sui loro marchi per la commercializzazione di articoli di profumeria, il pubblico è abituato al fatto che taluni articoli di moda siano commercializzati con marchi di profumi e ricollega tali prodotti alla medesima impresa.

34      Si deve in proposito evidenziare che, come risulta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, un rischio di confusione tra due marchi identici o simili può essere riconosciuto soltanto nei limiti del principio di specialità, cioè qualora i prodotti o servizi in questione siano percepiti dal pubblico di riferimento come identici o simili, e ciò, come è stato ricordato più sopra al punto 27, indipendentemente dal carattere distintivo di cui gode il marchio anteriore per la conoscenza che di esso può avere il pubblico interessato.

35      Ciò posto, non si può escludere che, in particolare nei settori della moda e dei prodotti destinati alla cura dell’immagine, al di là di una complementarità funzionale possa nascere, nella percezione del pubblico di riferimento, una complementarità di tipo estetico fra prodotti aventi natura, destinazione ed utilizzo differenti.

36      Per creare un certo grado di somiglianza ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tale complementarità estetica deve consistere in un vero bisogno estetico, nel senso che un prodotto sia indispensabile o importante per l’uso dell’altro e che i consumatori ritengano abituale e normale utilizzare tali prodotti insieme [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 1° marzo 2005, causa T‑169/03, Sergio Rossi/UAMI – Sissi Rossi (SISSI ROSSI), Racc. pag. II‑685, punti 60 e 62].

37      Occorre tuttavia evidenziare che l’esistenza, fra i prodotti in questione, di una complementarità estetica come quella di cui al punto precedente non basta per affermare che esiste una somiglianza tra gli stessi. A tal fine è anche necessario che i consumatori ritengano normale che i prodotti siano commercializzati con il medesimo marchio, il che comporta, di regola, che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti siano i medesimi (sentenza SISSI ROSSI, cit., punto 63).

38      Nel presente caso la ricorrente si limita a rilevare che il pubblico è abituato al fatto che taluni articoli del settore della moda siano commercializzati con marchi di profumi, a causa della pratica delle licenze. Anche ritenendola dimostrata, tale sola circostanza non sarebbe sufficiente per compensare la mancanza di somiglianza fra i prodotti in questione. In particolare, tale circostanza non può consentire di affermare l’esistenza di un nesso di complementarità estetica tra i prodotti di profumeria, da un lato, e i prodotti in pelle e i vestiti, di cui più sopra al punto 3, dall’altro, nel senso che gli uni sarebbero indispensabili o importanti per l’uso degli altri e che i consumatori riterrebbero abituale e normale utilizzare tali prodotti insieme.

39      La ricorrente sostiene tuttavia che i prodotti in questione hanno in comune il fatto di essere importanti per l’immagine di una persona, e compaiono insieme nelle riviste di moda. Si deve in proposito osservare, oltre alla tardività di tale argomento, non proposto nell’ambito del procedimento dinanzi all’UAMI, che tale circostanza non sarebbe comunque sufficiente per dimostrare l’esistenza di una complementarità estetica come quella indicata supra, al punto 36.

40      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente imperniato sulla pronuncia dell’Oberlandesgericht Köln 28 marzo 2003 (v. supra, punto 20), si deve osservare che tale decisione è stata annullata con sentenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione, Germania) 30 marzo 2006 (causa I ZR 96/03) e che, in ogni caso, una decisione di un giudice nazionale non può vincolare né l’UAMI né il giudice comunitario. Il regime comunitario dei marchi è infatti un sistema autonomo, la cui applicazione è indipendente da qualunque sistema nazionale [sentenza del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T‑32/00, Messe München/UAMI (electronica), Racc. pag. II‑3829, punto 47].

41      Risulta da quanto sopra che la commissione di ricorso ha correttamente affermato l’assenza di somiglianza fra i prodotti in questione. Il presente motivo deve pertanto essere respinto.

 Sul secondo motivo, con il quale si fa valere la violazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

42      La ricorrente sostiene che l’opposizione deve altresì essere accolta ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94. A suo giudizio, la commissione di ricorso ha commesso un errore di diritto ritenendo l’art. 8, n. 5, applicabile soltanto ai marchi registrati.

43      Secondo la ricorrente, la tesi sostenuta dalla commissione di ricorso contrasta con lo spirito e con la lettera dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, poiché tale disposizione fa rinvio ai marchi anteriori ai sensi del n. 2 del medesimo articolo e quindi, tra l’altro, ai marchi notoriamente conosciuti di cui all’art. 8, n. 2, lett. c), del regolamento. Secondo la ricorrente, se l’art. 8, n. 5, si riferisse soltanto ai marchi registrati, in tale n. 5 sarebbe stato richiamato soltanto il n. 2, lett. a) e b).

44      La ricorrente afferma peraltro che l’espressione «per i quali è registrato il marchio anteriore», nell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, è il frutto di un errore di redazione. Tale norma avrebbe dovuto recitare «per i quali il marchio anteriore è tutelato», così da comprendere anche i marchi notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi.

45      Per sostenere l’argomento secondo il quale l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 può essere interpretato in modo estensivo e contrario al suo tenore letterale, la ricorrente richiama la sentenza della Corte 9 gennaio 2003, causa C‑292/00, Davidoff (Racc. pag. I‑389, punto 24), nella quale la Corte avrebbe interpretato l’art. 5, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), non soltanto guardando al suo tenore letterale, ma anche alla luce della struttura e degli obiettivi del sistema in cui esso si inserisce. La ricorrente sottolinea che, se l’obiettivo dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 è, come quello dell’art. 5, n. 2, della direttiva 89/104, una protezione più ampia del marchio notorio, dovrebbero beneficiare di tale protezione estesa non soltanto i marchi registrati, ma anche i marchi anteriori protetti grazie alla loro notorietà.

46      In risposta ai quesiti del Tribunale, la ricorrente fa anche osservare che la normativa tedesca garantisce la protezione più ampia dei marchi notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi.

47      La ricorrente ritiene che, nella fattispecie, siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94. Innanzitutto, il marchio TOSCA godrebbe di notorietà ai sensi di detta disposizione. Inoltre, il marchio richiesto presenterebbe una forte somiglianza con il marchio anteriore. Peraltro, l’utilizzo del marchio richiesto sfrutterebbe indebitamente il carattere distintivo e la reputazione del marchio notoriamente conosciuto TOSCA e causerebbe ad esso un danno. Infatti, la reputazione di cui gode il marchio anteriore per i prodotti di profumeria potrebbe essere trasferita ai prodotti per i quali il marchio richiesto rivendica una tutela. La ricorrente sostiene inoltre che nessuna giustificazione può essere riconosciuta a favore della parte che ha richiesto la registrazione del marchio.

48      L’UAMI e l’interveniente contestano la fondatezza del secondo motivo.

 Giudizio del Tribunale

49      L’art. 8, n. 2, lett. c), del regolamento n. 40/94 include nel concetto di marchio anteriore i marchi notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi.

50      L’art. 6 bis, n. 1, della Convenzione di Parigi è del seguente tenore:

«I paesi dell’Unione [per la protezione della proprietà industriale] s’impegnano a rifiutare o invalidare, sia d’ufficio – se la legislazione del paese lo consente – sia a richiesta dell’interessato, la registrazione e a vietare l’uso di un marchio di fabbrica o di commercio che sia la riproduzione, l’imitazione o la traduzione, atte a produrre confusione, di un marchio che l’autorità competente del paese della registrazione o dell’uso stimerà essere ivi già notoriamente conosciuto come marchio di una persona ammessa al beneficio della presente Convenzione e usato per prodotti identici o simili (…)».

51      Risulta da tale disposizione che i marchi notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi sono marchi che godono di una tutela contro il rischio di confusione, e ciò in forza della loro notorietà nell’ambito territoriale di cui trattasi, indipendentemente dalla produzione o meno di una prova della registrazione.

52      Poiché le disposizioni dei nn. 1 e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94 si applicano ai marchi anteriori come definiti all’art. 8, n. 2, i marchi notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi godono dei regimi di tutela istituiti da tali disposizioni. Tuttavia, affinché un’opposizione sia accolta ai sensi dei nn. 1 o 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94, devono essere soddisfatte le condizioni rispettivamente previste da tali disposizioni.

53      Si deve in proposito osservare che i nn. 1 e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94 prevedono vari impedimenti relativi alla registrazione di un marchio comunitario. Da un lato, l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 tutela il marchio anteriore contro il rischio di confusione. Questa tutela è prevista soltanto nei limiti del principio di specialità, cioè qualora i prodotti o servizi contrassegnati dai marchi in conflitto siano identici o simili. Peraltro, l’art. 8, n. 1, del regolamento n. 40/94 non precisa se il marchio anteriore debba essere stato oggetto di registrazione.

54      D’altro lato, l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 tutela il marchio anteriore notorio nei confronti dei marchi che possono trarre indebito profitto dalla sua notorietà o dal suo carattere distintivo, oppure arrecare pregiudizio a tale notorietà o a tale carattere distintivo. Sebbene tale tutela possa essere posta in essere quando i prodotti o servizi contrassegnati dai marchi in conflitto sono identici o simili, essa è concepita in primo luogo per essere applicata nei confronti di prodotti o servizi non simili (v. in tal senso, per analogia, sentenza della Corte 23 ottobre 2003, causa C‑408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, Racc. pag. I‑12537, punto 22).

55      Risulta dal testo dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, il quale utilizza l’espressione «per i quali è registrato il marchio anteriore», che questa disposizione si applica ai marchi anteriori ex art. 8, n. 2, di tale regolamento soltanto qualora gli stessi siano stati registrati (v. in tal senso, per analogia, sentenza della Corte 14 settembre 1999, causa C‑375/97, General Motors, Racc. pag. I‑5421, punto 23; sentenza Davidoff, cit., punto 20, e sentenza Adidas-Salomon e Adidas Benelux, cit., punto 22).

56      Di conseguenza, contrariamente all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, il quale ammette, per prodotti o servizi identici o simili, le opposizioni fondate su marchi per i quali non è stata dimostrata la registrazione ma che sono notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi, l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 tutela, rispetto a prodotti o servizi non simili, soltanto i marchi notoriamente conosciuti, ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi, per i quali è dimostrata la registrazione.

57      Si deve in proposito osservare che l’esclusione dall’ambito applicativo dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 dei marchi notoriamente conosciuti per i quali non è stata dimostrata la registrazione è coerente con l’art. 6 bis della Convenzione di Parigi, il quale, essendo applicabile solo nei limiti del principio di specialità, non prevede alcuna tutela nei confronti di prodotti non simili.

58      Sulla base di quanto precede deve essere respinto l’argomento della ricorrente secondo il quale il testo dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 sarebbe il frutto di un errore di redazione.

59      La ricorrente non può neppure sostenere che un’interpretazione sistematica dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 dovrebbe far ritenere lo stesso applicabile anche ai marchi notori non registrati. Risulta infatti proprio dalla sistematica dell’art. 8 del regolamento n. 40/94 che un marchio notoriamente conosciuto ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi per il quale non è stata dimostrata la registrazione gode di una tutela contro il rischio di confusione soltanto nei confronti di prodotti o servizi identici o simili, come previsto dall’art. 6 bis della Convenzione di Parigi per i prodotti.

60      Il Tribunale osserva inoltre che il regolamento n. 40/94 è in proposito coerente con l’art. 16, n. 3, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio del 15 aprile 1994 (Allegato 1 C all’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio) (GU L 336, pag. 214), il quale estende l’applicazione dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi alle situazioni in cui i prodotti o servizi in questione non sono simili, purché il marchio anteriore sia registrato.

61      Il fatto, richiamato dalla ricorrente, che la normativa tedesca garantisca la protezione più ampia dei marchi non registrati notoriamente conosciuti ai sensi dell’art. 6 bis della Convenzione di Parigi non incide sulla constatazione che l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 non si applica ai marchi notori non registrati. Come è stato ricordato supra, al punto 40, il regime comunitario dei marchi è un sistema autonomo la cui applicazione è indipendente da ogni sistema nazionale (sentenza electronica, cit., punto 47).

62      Risulta da quanto precede che la commissione di ricorso ha respinto a buon diritto l’opposizione proposta dalla ricorrente sulla base dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

63      Il secondo motivo deve di conseguenza essere respinto, in quanto infondato.

64      Il presente ricorso, non potendo essere accolto in alcuna sua parte, deve pertanto essere respinto.

 Sulle spese

65      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Mühlens GmbH & Co. KG è condannata alle spese.



Pirrung

Meij

Pelikánová

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 luglio 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      J. Pirrung


* Lingua processuale: l'italiano.