Language of document : ECLI:EU:T:2011:277

Causa T‑191/06

FMC Foret, SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Perossido di idrogeno e perborato di sodio — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE — Durata dell’infrazione — Presunzione d’innocenza — Diritti della difesa — Ammende — Circostanze attenuanti»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Nozione — Concorso di volontà riguardo al comportamento da adottare sul mercato — Inclusione

(Art. 81, n. 1, CE)

2.      Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Nozione — Trasmissione di informazioni al fine di preparare un accordo anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

3.      Concorrenza — Intese — Infrazione complessa comprendente elementi dell’accordo ed elementi della pratica concordata — Qualificazione unica come «accordo e/o pratica concordata» — Ammissibilità

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Uso come mezzi di prova di dichiarazioni presentate nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione da altre imprese che hanno partecipato all’infrazione — Ammissibilità — Presupposti

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

5.      Concorrenza — Intese — Prova — Elemento di prova unico — Ammissibilità — Presupposti

(Art 81, n. 1, CE)

6.      Concorrenza — Intese — Prova — Indizi addotti dalla Commissione — Partecipazione a riunioni aventi oggetto anticoncorrenziale

(Art. 81, n. 1, CE)

7.      Concorrenza — Intese — Prova — Dichiarazioni giurate e testimonianze raccolte nel corso di audizioni

(Art. 81 CE)

8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Inapplicabilità dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo — Applicabilità dei principi generali del diritto dell’Unione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 19, n. 1)

9.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

10.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Omessa comunicazione di un documento — Conseguenze

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

11.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione delle risposte a una comunicazione degli addebiti — Presupposti — Limiti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Determinazione da parte della sola Commissione dei documenti utili alla difesa — Inammissibilità — Esclusione dal fascicolo del procedimento di documenti a discarico — Illegittimità della decisione della Commissione — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Importo massimo — Calcolo — Fatturato rilevante

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2, secondo comma)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Ruolo passivo o emulativo dell’impresa

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Ruolo passivo o emulativo dell’impresa

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3, primo trattino)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Comportamento divergente da quello convenuto in seno all’intesa — Valutazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

1.      Perché sussista un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo.

Può ritenersi che un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE sia concluso allorché vi è una comune volontà sul principio stesso di restringere la concorrenza, anche se gli elementi specifici della restrizione prevista sono ancora oggetto di negoziazioni.

(v. punti 97-98)

2.      La nozione di pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.

Al riguardo, l’art. 81, n. 1, CE osta a che fra gli operatori economici abbiano luogo contatti diretti o indiretti di qualsiasi genere che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente, attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano quale oggetto o effetto la restrizione della concorrenza.

Il fatto di aver trasmesso informazioni ai propri concorrenti al fine di preparare un accordo anticoncorrenziale è sufficiente a provare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81 CE.

(v. punti 99-101)

3.      Le nozioni di accordo e di pratica concordata, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano.

Nell’ambito di una violazione complessa, la quale ha coinvolto svariati produttori che durante parecchi anni hanno perseguito un obiettivo di regolazione in comune del mercato, non si può pretendere da parte della Commissione che essa qualifichi esattamente la violazione come accordo o come pratica concordata, dal momento che, in ogni caso, l’una e l’altra di tali forme di violazione sono previste dall’art. 81 CE.

La doppia qualificazione dell’infrazione come accordo «e/o» pratica concordata deve essere intesa nel senso che indica un insieme complesso che comporta elementi di fatto, taluni dei quali sono stati qualificati come accordo ed altri come pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, il quale non prevede qualificazioni specifiche per tale tipo di violazione complessa.

(v. punti 102-104)

4.      Le dichiarazioni rese da imprese accusate, nell’ambito di domande di clemenza, devono essere valutate con cautela e, in generale, non possono essere accettate in mancanza di conferma. Infatti, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova.

Per esaminare il valore probatorio delle dichiarazioni delle imprese che hanno presentato domanda di clemenza, il Tribunale tiene conto in particolare, da un lato, della rilevanza degli indizi concordanti da cui risulti la pertinenza di tali dichiarazioni e, dall’altro, dell’assenza di indizi del fatto che le imprese interessate abbiano inteso minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e ad esagerare quella del contributo delle altre imprese.

(v. punti 119-121)

5.      Nessun principio di diritto dell’Unione osta a che la Commissione, per giudicare esistente un’infrazione alle norme sulla concorrenza, si basi su un solo documento, purché il valore probatorio di quest’ultimo sia incontestabile e purché detto documento attesti, di per sé solo, con certezza l’esistenza dell’infrazione controversa.

È vero che, di regola, tale ipotesi non riguarda le semplici dichiarazioni di un’impresa accusata, le quali, se contestate da altre imprese interessate, devono essere suffragate da elementi di prova supplementari ed autonomi.

Tale considerazione può tuttavia essere attenuata nel caso in cui la dichiarazione proveniente dall’impresa che collabora sia particolarmente affidabile, dato che, in tali circostanze, il grado di corroborazione richiesto è minore, sia in termini di precisione che in termini di intensità.

Infatti, nel caso in cui un complesso di indizi concordanti consenta di corroborare l’esistenza e taluni aspetti specifici dell’accordo collusivo evocato nella dichiarazione fornita nell’ambito della cooperazione, tale dichiarazione potrebbe bastare di per sé ad attestare altri aspetti della decisione impugnata. In tali circostanze, la Commissione può basarsi esclusivamente su quest’ultima, a condizione che la veridicità di quanto affermato non susciti dubbi e gli indizi non siano vaghi.

Inoltre, anche se la dichiarazione di un’impresa non è confermata riguardo ai fatti specifici attestati, essa può avere un certo valore probatorio per confermare l’esistenza dell’infrazione, nell’ambito di un complesso di indizi concordanti assunto dalla Commissione. Infatti, se un documento contiene informazioni specifiche che corrispondono a quelle contenute in altri documenti, occorre considerare che tali elementi si possono rafforzare reciprocamente.

(v. punti 122-126)

6.      In materia di concorrenza, la Commissione deve poter trarre, da periodi in cui le prove sono relativamente abbondanti, conclusioni relative ad altri periodi in cui esse si susseguono con minore frequenza. Occorre quindi una spiegazione davvero solida per convincere un giudice del fatto che, in una determinata fase di una serie di riunioni, è successo qualcosa di completamente diverso da ciò che è avvenuto in riunioni precedenti e successive, laddove la cerchia dei partecipanti era la stessa, le riunioni si tenevano in circostanze esterne analoghe ed avevano indubbiamente lo stesso scopo.

Peraltro, qualora un’impresa abbia assistito, pur senza svolgere un ruolo attivo, ad una riunione nel corso della quale si è parlato di una concertazione illecita, si considera che essa abbia partecipato a tale concertazione, a meno che non provi di essersene apertamente dissociata o di aver informato gli altri partecipanti che avrebbe preso parte alla riunione con un’ottica diversa dalla loro.

Se la Commissione dimostra la partecipazione di un’impresa a siffatte riunioni illecite, incombe a tale impresa dedurre indizi atti a provare che la sua partecipazione a dette riunioni era priva di qualsiasi spirito anticoncorrenziale.

(v. punti 127, 159-160, 204, 236)

7.      Una testimonianza resa sotto giuramento dinanzi ad un giudice, o eventualmente nell’ambito di un’inchiesta dinanzi ad un procuratore, può avere un valore probatorio elevato, viste le conseguenze negative che possono derivare sul piano penale per colui che rendendo una deposizione abbia mentito nell’ambito di un’inchiesta, il che rende una tale deposizione più affidabile di una semplice dichiarazione. Tali considerazioni non sono tuttavia applicabili alle dichiarazioni scritte dei dipendenti di un’impresa fornite alla Commissione durante il procedimento amministrativo in materia di concorrenza, né alle loro testimonianze rese nel corso dell’audizione dinanzi alla Commissione. Pertanto, non si può sostenere che le dichiarazioni in questione, essendo state effettuate sotto giuramento, hanno un elevato valore probatorio e che, di conseguenza, la Commissione era tenuta, eventualmente, a dimostrare che i testimoni avevano giurato il falso.

(v. punti 132-133)

8.      Nel corso del procedimento amministrativo in materia di concorrenza, la Commissione non ha la facoltà di imporre l’audizione di testimoni sotto giuramento.

Inoltre, la Commissione è tenuta a sentire le persone fisiche o giuridiche che dimostrino di avervi un interesse sufficiente solo qualora dette persone chiedano effettivamente di essere sentite. Essa dispone quindi di un ragionevole margine discrezionale per decidere se sia il caso di sentire persone la cui testimonianza può avere rilievo per l’istruzione della pratica. Infatti, la garanzia delle prerogative della difesa non richiede che la Commissione proceda all’audizione di testimoni indicati dagli interessati, qualora ritenga che la pratica sia stata adeguatamente istruita.

È vero che, anche se la Commissione non è un tribunale ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le ammende da essa irrogate non sono di natura penale, resta il fatto che la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto dell’Unione durante il procedimento amministrativo.

Tuttavia, il fatto che le disposizioni del diritto sulla concorrenza non prevedano l’obbligo per la Commissione di convocare i testimoni a discarico di cui venga chiesta la deposizione non è contrario ai citati principi. Infatti la Commissione, sebbene possa sentire persone fisiche o giuridiche qualora lo ritenga necessario, non dispone neppure del diritto di convocare testimoni a carico senza aver ottenuto il loro consenso. Poiché il procedimento dinanzi alla Commissione ha solo natura amministrativa, non spetta a tale istituzione fornire all’impresa interessata la possibilità di controinterrogare un particolare testimone e di analizzare le sue dichiarazioni nella fase istruttoria. È sufficiente che le dichiarazioni utilizzate dalla Commissione siano state incluse nel fascicolo trasmesso al ricorrente, che può contestarle dinanzi al giudice dell’Unione.

(v. punti 135, 137-139)

9.      Non occorre esaminare gli effetti di un accordo o di una pratica concordata una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale. La responsabilità di una determinata impresa per l’infrazione risulta validamente accertata allorché tale impresa ha partecipato a riunioni conoscendone l’oggetto anticoncorrenziale, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle stesse.

(v. punti 252-253)

10.    Il diritto di accesso al fascicolo, corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, implica, in un procedimento amministrativo in materia di applicazione delle regole di concorrenza, che la Commissione debba dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa.

Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate.

Per quanto attiene ai documenti a carico, la mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito potrebbe essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. L’impresa interessata ha pertanto l’onere di dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella propria decisione sarebbe stato diverso se tale documento non comunicato fosse stato espunto dai mezzi di prova.

Per contro, per quanto riguarda la mancata trasmissione di un documento a favore, l’impresa interessata deve solo provare che la mancata comunicazione abbia potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare detti documenti a discarico ai fini della propria difesa, in particolare dimostrando che essa avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate dalla Commissione al momento della comunicazione degli addebiti e che avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte nella decisione.

(v. punti 262-265)

11.    Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, le risposte date dalle imprese alla comunicazione degli addebiti non fanno parte del fascicolo dell’istruttoria propriamente detto. Pertanto, trattandosi di documenti che non fanno parte del fascicolo costituito al momento della notifica della comunicazione degli addebiti, la Commissione è tenuta a divulgare dette risposte ad altre imprese coinvolte esclusivamente qualora risulti che esse contengono nuovi elementi a carico o a discarico.

Per quanto riguarda, in particolare, i documenti a discarico, la Commissione non ha l’obbligo di rendere accessibili, di sua iniziativa, documenti che non compaiono nel suo fascicolo istruttorio e che non ha intenzione di utilizzare a carico nella decisione definitiva nei confronti delle parti interessate. Poiché la Commissione non è, di regola, tenuta a divulgare siffatti documenti di propria iniziativa, un’impresa, in linea di principio, non può validamente invocare la mancata trasmissione di presunti elementi a discarico contenuti nelle risposte alla comunicazione degli addebiti, se non ha chiesto di avere accesso a tali risposte durante il procedimento amministrativo.

Qualora l’argomentazione dell’impresa ricorrente sia volta a dimostrare che la Commissione avrebbe dovuto rilevare la presenza degli elementi a discarico nelle risposte in questione e, pertanto, comunicarli di propria iniziativa, detta impresa, nell’ambito di tale argomento, ha l’onere di fornire un primo indizio dell’utilità di tali risposte ai fini della sua difesa. In particolare, essa deve indicare gli eventuali elementi a discarico di cui trattasi o fornire un indizio della loro esistenza e, pertanto, della loro utilità ai fini del procedimento.

Peraltro, pur essendo tenuta a divulgare alle imprese interessate i passaggi della risposta alla comunicazione degli addebiti che contengono indicazioni pertinenti riguardo ad un elemento a carico, la Commissione non è obbligata ad estendere tale divulgazione agli altri passaggi di detta risposta, privi di nesso con l’elemento addotto.

(v. punti 266-267, 290, 292, 296-297)

12.    Per rispettare i diritti della difesa, il fascicolo costituito dalla Commissione nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza deve includere tutti i documenti rilevanti ottenuti durante l’indagine. In particolare, se è certamente consentito escludere dal procedimento amministrativo gli elementi che non hanno alcun rapporto con le considerazioni di fatto e di diritto riportate nella comunicazione degli addebiti e che non hanno, quindi, alcuna rilevanza per l’indagine, la determinazione dei documenti utili alla difesa dell’impresa interessata non può spettare alla sola Commissione.

La Commissione non rispetta tali condizioni qualora escluda dal fascicolo un documento che contiene una trascrizione della dichiarazione orale resa da un’impresa in merito ad un fatto costituente infrazione, mentre la dichiarazione scritta fornita dalla medesima impresa riguardo a detto fatto viene utilizzata in quanto elemento rilevante dell’indagine.

Tuttavia, una simile irregolarità può inficiare la legittimità della decisione della Commissione solo se ha potuto influenzare lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione a discapito dell’impresa interessata, la quale deve dimostrare che avrebbe potuto utilizzare il documento non divulgato a discarico ai fini della propria difesa, e in particolare che essa avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate dalla Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti e avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte nella decisione della Commissione.

(v. punti 306-308)

13.    Il tetto del 10% del fatturato, ai sensi dell’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 dev’essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica responsabile dell’infrazione sanzionata. Per contro, qualora tale unità economica si sia successivamente dissolta, ciascuno dei destinatari della decisione ha diritto all’applicazione individuale del tetto in questione.

(v. punto 324)

14.    Qualora un’impresa sostenga che la Commissione avrebbe dovuto concederle il beneficio di una circostanza attenuante relativa al suo ruolo passivo nell’infrazione alle norme sulla concorrenza, il fatto che tale impresa non abbia esplicitamente invocato il suo ruolo passivo nel procedimento amministrativo non ha alcuna incidenza sulla ricevibilità della sua censura.

Infatti, da un lato, le imprese destinatarie di una comunicazione degli addebiti non sono tenute a chiedere specificamente di beneficiare di circostanze attenuanti. Dall’altro, quando un’infrazione è stata commessa da più imprese, la Commissione è tenuta ad esaminare la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna di esse, per accertare se sussistano, nei loro confronti, circostanze aggravanti o attenuanti, in particolare quando si tratta di una circostanza attenuante esplicitamente menzionata nell’elenco non esaustivo di cui al punto 3 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA.

(v. punti 329-330)

15.    Il ruolo esclusivamente passivo o emulativo di un’impresa nel perpetrare un’infrazione alle regole di concorrenza può costituire, ove provato, una circostanza attenuante, in conformità al punto 3, primo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, fermo restando che tale ruolo passivo implica che l’impresa interessata tenga un profilo basso, ossia non partecipi attivamente all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali.

Tra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa possono annoverarsi il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come anche il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa, o l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione. In ogni caso, si deve tener conto di tutte le circostanze rilevanti nel caso di specie.

La Commissione dispone di un margine di discrezionalità riguardo all’applicazione delle circostanze attenuanti.

A tale riguardo, se la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente valido che un’impresa era stata rappresentata o informata per quanto riguarda la maggior parte delle riunioni collusive menzionate dalla decisione della Commissione, il fatto che tale impresa non abbia partecipato fisicamente ad alcune riunioni, ma sia stata informata telefonicamente in merito alle stesse, concorda con la natura clandestina del loro svolgimento e non dimostra affatto un ruolo esclusivamente passivo o emulativo.

(v. punti 331-333, 337)

16.    Ai sensi del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, la non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche può costituire una circostanza attenuante se l’impresa interessata dimostra che, nel periodo durante il quale ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, quantomeno, che essa ha chiaramente e notevolmente violato gli obblighi miranti ad attuare tale intesa, al punto di averne perturbato il funzionamento stesso.

Peraltro, la mera circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione con le sue concorrenti sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con le sue concorrenti, perseguendo una politica più o meno indipendente sul mercato, non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di circostanza attenuante. Non si può escludere che tale impresa abbia semplicemente tentato di utilizzare l’intesa a suo vantaggio.

(v. punti 345-346)