SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
17 marzo 1998 (1)
«Dipendenti Art. 24 dello Statuto Obbligo di assistenza
Decisione implicita di rigetto»
Nella causa T-183/95,
Giuseppe Carraro, dipendente della Commissione delle Comunità europee, in
servizio presso il Centro comune di ricerca di Ispra, residente ad Ispra (Varese),
con l'avv. Giuseppe Marchesini, patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione della
Repubblica italiana, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv.
Ernest Arendt, 8-10, rue Mathias Hardt,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia,
consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio
giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
avente ad oggetto un ricorso diretto, in primo luogo, all'annullamento della
decisione implicita della Commissione di rigetto della domanda di assistenza
presentata dal ricorrente il 28 luglio 1994 e, in secondo luogo, al risarcimento del
danno,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),
composto dalla signora V. Tiili, presidente, e dai signori C.P. Briët e A. Potocki,
giudici,
cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 29
gennaio 1998,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
- 1.
- Il ricorrente è dipendente in servizio presso il Centro comune di ricerca di Ispra
(in prosieguo: il «CCR»). Nell'ambito delle sue mansioni, egli è stato incaricato di
controllare l'esecuzione dei lavori su un edificio, affidati ad un impresa esterna (in
prosieguo: l'«aggiudicataria»), e la regolarità delle spese relative.
- 2.
- Avendo constatato quelli che riteneva essere errori tecnici e contabili, che si
sarebbero concretizzati in fatturazioni ingiustificate da parte dell'aggiudicataria, egli
ne ha avvisato l'amministrazione del CCR. Il 20 giugno 1994 il legale
rappresentante dell'aggiudicataria ha trasmesso a detta amministrazione un testo
di controdeduzioni, che il ricorrente, che ne ha preso visione il 27 giugno 1994,
ritiene contenga affermazioni diffamatorie nei suoi confronti.
- 3.
- Il 28 luglio 1994 il ricorrente ha presentato una domanda di assistenza ex art. 24,
primo comma, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo:
lo «Statuto»), ai sensi del quale «le Comunità assistono il funzionario, in
particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie,
diffamazioni, attentati contro la persona (...) di cui [è] oggetto (...), a motivo della
sua qualità e delle sue funzioni».
- 4.
- Il 21 settembre 1994 il ricorrente ha presentato altresì querela per diffamazione
dinanzi ai giudici nazionali italiani. In tale querela egli si è riservato la possibilità
di costituirsi parte civile nel conseguente processo.
- 5.
- In mancanza di riscontro da parte dell'autorità che ha il potere di nomina (in
prosieguo: l'«APN»), il 24 febbraio 1995 il ricorrente ha presentato un reclamo ai
sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto.
- 6.
- Con lettera 13 giugno 1995 il direttore generale del personale e
dell'amministrazione della Commissione ha informato il ricorrente che, al termine
di un'inchiesta interna esperita dalla sua direzione generale, si era rivelato
necessario far ricorso ad un perito indipendente al fine di procedere ad una perizia
integrativa di carattere tecnico-contabile. Egli precisava che la Commissione
avrebbe preso posizione sulla fondatezza della domanda di assistenza una volta
conosciute le risultanze di tale perizia.
- 7.
- Alla luce delle risultanze della perizia, con lettera 22 maggio 1996 la Commissione
ha informato il ricorrente di aver deciso di non dare seguito alla sua domanda di
assistenza ex art. 24 dello Statuto.
Svolgimento del procedimento
- 8.
- Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria del Tribunale il 4 ottobre 1995
il ricorrente ha proposto il presente ricorso.
- 9.
- Con atto separato depositato presso la cancelleria il 20 novembre 1995, la
Commissione ha sollevato un'eccezione di irricevibilità, a proposito della quale il
ricorrente ha presentato le sue osservazioni.
- 10.
- Con ordinanza del Tribunale 28 marzo 1996 l'eccezione è stata riunita al merito.
- 11.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di passare
alla fase orale del procedimento. Nell'ambito delle misure di organizzazione del
procedimento, esso ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti e a produrre
taluni documenti.
- 12.
- Le difese orali delle parti e le risposte di queste ai quesiti del Tribunale sono state
sentite all'udienza del 29 gennaio 1998. In tale occasione, la Commissione ha
ammesso che, malgrado quanto essa aveva lasciato intendere nella sua eccezione
di irricevibilità, il presente ricorso era stato presentato entro i termini prescritti.
Conclusioni delle parti
- 13.
- Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
annullare la decisione implicita di rigetto della domanda di assistenza da lui
proposta ex art. 24, primo comma, dello Statuto;
condannare la Commissione al risarcimento del danno morale da lui subito
in seguito alla diffusione dello scritto diffamatorio, mai ufficialmente
smentito dall'amministrazione, danno quantificabile in 10 000 ECU;
condannare la Commissione a rifondere al ricorrente stesso le spese
giudiziali che egli dovrà sostenere dinanzi ai giudici nazionali per costituirsi
parte civile, spese forse quantificabili in 3 000 ECU;
condannare la convenuta alle spese.
- 14.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
dichiarare il ricorso irricevibile o, in subordine, infondato;
statuire sulle spese secondo giustizia.
Sulla ricevibilità della domanda di annullamento
Argomenti delle parti
- 15.
- La Commissione ricorda che un atto può arrecare pregiudizio se è tale da incidere
direttamente ed immediatamente sulla situazione giuridica e statutaria del
dipendente (v., in particolare, ordinanza del Tribunale 11 maggio 1992, causa T-34/91, Whitehead/Commissione, Racc. pag. II-1723).
- 16.
- Nel caso di specie, alla data della presentazione del ricorso, il ricorrente non aveva
ricevuto alcuna risposta, favorevole o sfavorevole, alla sua domanda di assistenza.
Tuttavia, ciò non potrebbe essere interpretato come una decisione implicita di
rigetto.
- 17.
- In realtà, da quanto emerge dalla lettera del direttore generale 13 giugno 1995, la
domanda di assistenza restava in attesa di una decisione finale, che sarebbe stata
adottata alla luce dei risultati della perizia. Dato che la Commissione aveva
chiaramente manifestato la sua intenzione di rinviare la decisione sulla domanda
di assistenza ad una data ulteriore, non esisterebbe alcuna decisione negativa né
alcun atto tale da recare pregiudizio (v. ordinanza del Tribunale 14 dicembre 1993,
causa T-29/93, Calvo Alonso Cortés/Commissione, Racc. pag. II-1389). Qualora la
decisione finale dovesse essere sfavorevole al ricorrente, questi potrebbe allora
agire con i rimedi a sua disposizione.
- 18.
- Il ricorrente replica, sostanzialmente, che, non avendo la Commissione dato seguito
alla sua domanda di assistenza, si è trovato costretto, per preservare i propri diritti,
a proporre il presente ricorso.
Giudizio del Tribunale
- 19.
- Il sistema istituito dal titolo VII dello Statuto, relativo ai mezzi di ricorso, prevede
che «qualsiasi persona cui si applica il presente statuto può presentare [all'APN]
una domanda che l'inviti a prendere una decisione nei suoi confronti» (art. 90, n. 1,
prima frase). Inoltre, «la mancanza di risposta alla domanda [nei termini statutari]
va considerata come decisione implicita di rigetto, che può formare oggetto di
reclamo ai sensi del paragrafo 2 [dell'art. 90 dello Statuto]». Infine, in conformità
dell'art. 90, n. 2, ultimo comma, dello Statuto, alla scadenza del termine di quattro
mesi a partire dal giorno della presentazione del reclamo, «la mancanza di risposta
va considerata come decisione implicita di rigetto, che può formare oggetto di
ricorso ai sensi dell'articolo 91». Di conseguenza, la mancata risposta della
Commissione costituisce, nel sistema dello Statuto, una decisione implicita di rigetto
impugnabile dinanzi al Tribunale.
- 20.
- Peraltro, la lettera 13 giugno 1995 si limitava ad annunciare determinati
provvedimenti, in attesa di procedere ad un esame completo della domanda e del
reclamo del ricorrente, e a rinviare l'adozione di una decisione ad una data
successiva. Di conseguenza, non vi venivano accolte le domande formulate dal
ricorrente, le quali miravano ad ottenere l'assistenza dell'APN ai sensi dell'art. 24
dello Statuto (v. sentenze della Corte 17 febbraio 1972, causa 40/71, Richez-Parise/Commissione, Racc. pag. 73, punto 8, e 10 giugno 1987, causa 7/86,
Vincent/Parlamento, Racc. pag. 2473, punto 12). Si trattava quindi di una semplice
lettera interlocutoria, come riconoscono entrambe le parti.
- 21.
- Ebbene, una lettera di questo tipo non produce effetti giuridici e non può, in
particolare, prorogare i termini fissati dagli artt. 90 e 91 dello Statuto (v., da ultimo,
sentenza del Tribunale 6 novembre 1997, causa C-223/95, Ronchi/Commissione,
Racc. PI pag. II-0000, punto 28).
- 22.
- Di conseguenza, alla scadenza del periodo di quattro mesi a decorrere dal reclamo,
l'astensione della Commissione dal prendere esplicitamente posizione sulla
domanda di assistenza del ricorrente costituiva certamente una decisione implicita
di rigetto, che può formare oggetto di un ricorso.
- 23.
- La domanda di annullamento è pertanto ricevibile.
Nel merito
Sulla domanda di annullamento
Sull'unico motivo, relativo alla violazione dell'art. 24 dello Statuto
Argomenti delle parti
- 24.
- Il ricorrente sostiene, sostanzialmente, che, avendo omesso di agire con la dovuta
diligenza per dare seguito alla domanda di assistenza da lui formulata, la
Commissione ha violato l'art. 24, primo comma, dello Statuto (v. sentenze del
Tribunale 21 aprile 1993, causa T-5/92, Tallarico/Parlamento, Racc. pag. II-477,
punto 31, e 26 ottobre 1993, causa T-59/92, Caronna/Commissione, Racc. pag. II-1129)
- 25.
- Nella prima parte della sua argomentazione, la Commissione ricorda che, nelle
affermazioni che il ricorrente ritiene diffamatorie, il rappresentante
dell'aggiudicataria fa cenno alle «difficoltà sempre più ricorrenti di avere un
rapporto corretto e costruttivo con il signor Carraro», al «comportamento
intimidatorio» di quest'ultimo, al «clima di soggezione psicologica instaurato» e
all'ipotesi che «il comportamento del signor Carraro nei confronti della controparte
contrattuale debba essere attribuito a fattori personali, forse dovuti ad una mancata
raccomandazione da parte di quest'ultima a favore del figlio dell'interessato».
- 26.
- Benché questa reazione, che faceva seguito alle critiche formulate dal ricorrente,
sia manifestamente ostile nei confronti del comportamento di quest'ultimo, la
Commissione ritiene che essa non costituisca una diffamazione di cui il dipendente
sarebbe stato oggetto a motivo della sua qualità e delle sue funzioni, ai sensi
dell'art. 24 dello Statuto. Vero è che la controversia è insorta nell'ambito dei
compiti affidati al ricorrente. Tuttavia, giacché il comportamento del ricorrente ha
ecceduto l'ambito dei suoi compiti tecnici, le eventuali «diffamazioni» di cui egli
si duole non sarebbero appunto riconducibili all'esercizio delle sue funzioni ed alla
sua qualità di dipendente, bensì ad altre ragioni di cui egli sarebbe stato causa
determinante. D'altronde, il perito indipendente, che era stato nominato su
richiesta dell'APN, avrebbe concluso nel senso che numerose critiche espresse dal
ricorrente non erano giustificate; la reazione dell'aggiudicataria sarebbe quindi più
che comprensibile.
- 27.
- Pertanto, la Commissione dubita che un dipendente incaricato di un compito di
controllo, qualora sia portato ad eccedere nelle sue critiche, possa pretendere di
essere assistito dalla propria istituzione di fronte ad una reazione legittima da parte
del soggetto controllato, per il solo fatto di aver agito nell'ambito dei compiti
affidatigli.
- 28.
- Quanto all'ipotetica ragion d'essere del comportamento del ricorrente, «derivante
forse da una mancata raccomandazione [da parte dell'aggiudicataria] a favore del
figlio dell'interessato», l'amministrazione del CCR non poteva prendere posizionein merito, trattandosi di un aspetto che esula chiaramente dalla materia tecnica e
contabile oggetto del contendere.
- 29.
- Nella seconda parte della sua argomentazione, la Commissione ritiene di essersi
sforzata di far luce sui fatti che avevano potuto dare origine alla domanda di
assistenza presentata dal ricorrente. Essa ha tentato a più riprese di comporre la
controversia. A seguito di un'inchiesta preliminare, essa ha ritenuto indispensabile
ordinare una perizia tecnico-contabile, avente ad oggetto l'accertamento della
fondatezza delle osservazioni del ricorrente. Un tale atteggiamento di prudenza da
parte dell'amministrazione si rivela necessario, secondo la Commissione, nel caso
in cui le venga sottoposta una domanda di assistenza.
- 30.
- Tale prudenza era tanto più comprensibile in quanto i superiori gerarchici del
ricorrente non avevano mancato di notare che, nel periodo antecedente ai fatti,
quest'ultimo intratteneva rapporti personali sempre più difficili, quasi conflittuali,
con le persone della sua cerchia lavorativa, come attestato dal rapporto informativo
del ricorrente redatto prima dei fatti controversi e relativo al periodo 1° luglio
1991 - 30 giugno 1993.
Giudizio del Tribunale
- 31.
- L'art. 24, primo comma, dello Statuto prescrive che, in presenza di addebiti gravi
che ledano la dignità professionale di un dipendente nell'esercizio delle sue
funzioni, l'amministrazione è tenuta ad adottare tutti i provvedimenti per
accertarne la veridicità e, se tali addebiti risultano infondati, ad adottare tutti i
provvedimenti per ripristinare la reputazione lesa (v., in particolare, sentenza
Ronchi/Commissione, già citata, punto 48, e la giurisprudenza citata).
- 32.
- Nella fattispecie, il Tribunale ritiene che, quanto meno, l'addebito mosso dal
rappresentante legale dell'aggiudicataria, secondo il quale «il comportamento del
signor Carraro nei confronti della controparte contrattuale deve essere attribuito
a fattori personali, dovuti forse ad una mancata raccomandazione da parte di
quest'ultima a favore del figlio dell'interessato», costituiva un grave addebito
riguardo alla dignità del ricorrente nell'esercizio delle sue funzioni.
- 33.
- La Commissione era pertanto tenuta ad intervenire con tutta la necessaria energia
e a rispondere con la rapidità e la sollecitudine imposte dalle circostanze del caso
di specie, per accertare i fatti e per poter quindi trarre, con piena cognizione di
causa, le opportune conclusioni (v. sentenza 28 febbraio 1996, causa T-294/94,
Dimitriadis/Corte dei conti, Racc. PI pag. II-151, punto 39).
- 34.
- Nella fattispecie, risulta che solo dopo la presentazione del reclamo, quindi dopo
più di sette mesi dalla domanda di assistenza, la Commissione ha avviato
un'inchiesta interna, allo scopo di accertare i fatti, e sollecitato una perizia tecnico-contabile esterna.
- 35.
- Così facendo, la Commissione, di fronte ad addebiti gravi mossi nei confronti di
uno dei suoi dipendenti, non ha agito con la rapidità necessaria e non si è posta in
condizione di rispondere con tutta la dovuta diligenza alla domanda di assistenza
del ricorrente.
- 36.
- Se è vero che gli ultimi rapporti informativi del ricorrente allora disponibili
potevano giustificare un atteggiamento prudente da parte dell'APN in quanto vi
si constatavano crescenti difficoltà relazionali del ricorrente con la sua cerchia
lavorativa essi non possono tuttavia spiegare come l'autorità stessa abbia atteso
sette mesi per procedere ad un'inchiesta interna con l'obiettivo di chiarire i fatti.
- 37.
- Pertanto la decisione implicita di rigetto della domanda di assistenza formulata dal
ricorrente dev'essere annullata.
Sulla domanda di risarcimento del danno morale
- 38.
- Il ricorrente sostiene che, a causa della negligenza della Commissione, egli ha
subito un danno morale, consistente, da un lato, nell'offesa arrecata alla sua
reputazione, dall'altro, nel fatto che, da allora, egli è stato oggetto di provvedimenti
di ritorsione, tanto nei rapporti informativi quanto nelle sue opportunità di
promozione. Egli chiede di conseguenza che la Commissione sia condannata a
versargli la somma di 10 000 ECU a titolo di risarcimento del danno morale subito.
- 39.
- Il Tribunale rileva che il ricorrente non ha provato né l'esistenza degli asseriti
provvedimenti di ritorsione né il loro nesso di causalità con l'illecito contestato.
- 40.
- Per il resto, il Tribunale considera che l'annullamento della decisione implicita di
rigetto, che è l'unico oggetto della domanda d'annullamento, e il riconoscimento
della somma simbolica di un ECU a titolo di indennizzo costituiscono un
risarcimento adeguato del danno morale subito dal ricorrente, consentendogli di
stabilire di aver giustamente contestato alla Commissione di aver respinto la
domanda di assistenza con la decisione implicita impugnata.
Sulla domanda diretta a veder condannare la Commissione a rifondere al ricorrente
le spese giudiziali che dovrà sostenere dinanzi ai giudici nazionali per costituirsi parte
civile
- 41.
- Il Tribunale considera che nessun elemento permette di dimostrare un nesso diretto
di causalità tra il fatto imputato alla Commissione, consistente nel rigetto implicito
della domanda di assistenza, e il danno fatto valere, relativo al costo del
procedimento nazionale. Infatti, l'assistenza che avrebbe accordato la Commissione
non avrebbe né comportato né escluso l'avvio di un procedimento dinanzi al
giudice nazionale. Peraltro, il ricorrente ha presentato querela dinanzi al giudice
italiano ancor prima che intervenisse la decisione impugnata.
- 42.
- Ne consegue che questo capo della domanda dev'essere respinto.
- 43.
- Per giunta, anche supponendo che questa domanda si basi sull'idea che, se la
Commissione avesse assistito il ricorrente, essa avrebbe necessariamente preso a
suo carico i costi di un procedimento davanti al giudice nazionale, essa andrebbe
allora intesa come una domanda di ingiunzione diretta contro la Commissione. Una
siffatta domanda sarebbe irricevibile.
- 44.
- Infatti, secondo una giurisprudenza costante, non compete al giudice comunitario
rivolgere ordini alle istituzioni nell'ambito del controllo di legittimità da esso
esercitato. Ai sensi dell'art. 176 del Trattato, spetta all'istituzione dalla quale emana
l'atto annullato stabilire quali provvedimenti siano necessari all'esecuzione di una
sentenza (v., in particolare, sentenza del Tribunale 8 ottobre 1992, causa T-84/91,
Meskens/Parlamento, Racc. PI pag. II-2335, punto 73). Il Tribunale non può quindi
imporre le modalità concrete relative all'assistenza che detta istituzione potrebbe
ritenere di dover prestare ad uno dei suoi dipendenti.
Sulle spese
- 45.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è
risultata soccombente e il ricorrente ha chiesto la condanna della convenuta alle
spese, quest'ultima va condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione implicita della Commissione di rigetto della domanda di
assistenza proposta dal ricorrente il 28 luglio 1994 è annullata.
2) La Commissione è condannata a versare la somma simbolica di un ECU
al ricorrente a titolo di risarcimento del danno morale.
3) Per il resto il ricorso è respinto.
4) La Commissione è condannata alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 marzo 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
V. Tiili