Language of document : ECLI:EU:T:2011:69

Cause T‑117/07 e T‑121/07

Areva e altri

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE — Diritti della difesa — Obbligo di motivazione — Imputabilità del comportamento illecito — Durata dell’infrazione — Ammende — Responsabilità in solido per il pagamento dell’ammenda — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader — Circostanze attenuanti — Cooperazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole comunitarie — Impresa — Nozione — Unità economica

(Art. 81, n. 1, CE)

2.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa al momento dell’infrazione — Eccezioni

(Art. 81, n. 1, CE)

3.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazione commessa da una controllata — Imputazione alla controllante tenuto conto dei reciproci legami economici e giuridici

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Motivo vertente sul difetto o sull’insufficienza della motivazione — Motivo vertente sull’inesattezza della motivazione — Distinzione

(Art. 253 CE)

5.      Diritto comunitario — Principi generali del diritto — Irretroattività delle disposizioni penali — Ambito di applicazione — Concorrenza

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 4, e n. 1/2003, art. 23, n. 5)

6.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova della durata dell’infrazione a carico della Commissione

(Art. 81, n. 1, CE; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 3)

7.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Dies a quo

(Art. 81 CE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25)

8.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata

(Art. 253 CE)

9.      Concorrenza — Ammende — Responsabilità solidale per il pagamento — Presupposti

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

10.    Concorrenza — Ammende — Responsabilità solidale per il pagamento — Portata

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

11.    Concorrenza — Ammende — Responsabilità solidale per il pagamento — Possibilità per ciascun debitore di proporre un ricorso di annullamento contro una tale decisione

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

12.    Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Principio di personalità della pena — Portata

(Art. 81, n. 1 CE)

13.    Diritto comunitario — Principi — Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva — Diritto sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e riaffermato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47)

14.    Concorrenza — Principi — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Sindacato giurisdizionale effettivo sulle decisioni della Commissione — Giudice indipendente e imparziale — Competenza estesa al merito

(Artt. 81 CE, 229 CE e 230 CE; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 17, e n. 1/2003, art. 31)

15.    Concorrenza — Regole comunitarie — Norma di ordine pubblico

(Art. 81 CE; accordo SEE, art. 53)

16.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione che constata un’infrazione e infligge un’ammenda — Obbligo di rispettare il principio delle competenze di attribuzione

(Artt. 5 CE e 81 CE; accordo SEE, art. 53; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, artt. 7, n. 1, e 23, n. 2)

17.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Natura provvisoria — Abbandono degli addebiti rivelatisi infondati rispetto a talune società, il quale aggrava la posizione della società che resta destinataria della decisione impugnata — Ammissibilità, ove la società abbia potuto esercitare il suo diritto di essere sentita

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 19, n. 1, e n. 1/2003, art. 27, n. 1)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader o istigatrice dell’infrazione — Nozione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 2 e 3)

19.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader dell’infrazione — Ruolo svolto in momenti successivi da più imprese e dalle società che le dirigono

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2)

20.    Concorrenza — Ammende — Importo — Potere discrezionale della Commissione — Sindacato giurisdizionale — Competenza estesa al merito

(Art. 229 CE; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 17, e n. 1/2003, art. 31)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Considerazione del fatturato mondiale realizzato nell’ultimo anno completo dell’infrazione e afferente ai prodotti e servizi che ne sono oggetto

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

1.      Per il diritto della concorrenza la nozione di impresa deve essere intesa nel senso che si riferisce ad un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto dell’infrazione controversa. L’art. 81, n. 1, CE, vietando alle imprese, in particolare, di stipulare accordi o di partecipare a pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra Stati membri e che abbiano l’oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, si rivolge ad entità economiche ognuna delle quali costituita da un’organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un’infrazione prevista da tale disposizione.

(v. punto 63)

2.      In materia di concorrenza, conformemente al principio della responsabilità personale, secondo cui una persona può rispondere solamente dei propri atti, la responsabilità per l’infrazione incombe, in linea di principio, alla persona che dirigeva l’impresa al momento in cui quest’ultima ha partecipato all’infrazione, pur se, alla data di adozione della decisione che ha constatato l’infrazione, l’impresa era posta sotto la responsabilità o la direzione di terzi.

In presenza di talune circostanze eccezionali, la giurisprudenza ammette che possa derogarsi al principio della responsabilità personale in applicazione del criterio della continuità economica, in virtù del quale una violazione delle norme in materia di concorrenza può essere imputata al successore economico della persona giuridica che ne sia l’autore, anche quando quest’ultima non abbia cessato di esistere al momento dell’adozione della decisione che constata l’infrazione, affinché l’effetto utile di dette norme non venga pregiudicato a causa delle modificazioni apportate, in particolare, alla forma giuridica delle società interessate.

La Commissione è legittimata a non applicare il criterio «della continuità economica» e a ritenere personalmente responsabile della partecipazione di un’impresa all’infrazione la controllante che ha guidato direttamente tale impresa prima di trasferirla ad altre controllate esclusive o quasi esclusive, fino a quando dette controllate e detta impresa non sono state cedute ad un altro gruppo.

(v. punti 65-66, 72, 78)

3.      In materia di concorrenza, spetta in linea di principio alla Commissione dimostrare un’influenza determinante della controllante sul comportamento della controllata sul mercato, in base ad una serie di elementi fattuali tra i quali, in particolare, l’eventuale potere direttivo della prima nei confronti della seconda. Tuttavia, la Commissione può presumere ragionevolmente che una società controllata al 100% applichi in linea di massima le istruzioni che le sono impartite dalla controllante, e tale presunzione di responsabilità implica che la Commissione non è tenuta ad accertare se la società controllante abbia effettivamente esercitato detto potere di direzione sulla sua controllata. Quando nella comunicazione degli addebiti la Commissione enuncia l’intenzione di considerare una società controllante come personalmente responsabile di un’infrazione imputabile alla sua controllata, invocando la presunzione di responsabilità derivante dalla detenzione dell’intero capitale della controllata da parte della controllante, spetta a quest’ultima società, se intende contestare la responsabilità che le incombe, fornire elementi di prova sufficienti nel corso del procedimento amministrativo, o al più tardi dinanzi al giudice dell’Unione, per invertire tale presunzione, dimostrando che, nonostante fosse partecipata al 100%, la controllata determinava in modo realmente autonomo la sua linea di condotta sul mercato.

La Commissione deve poter tenere conto, nella decisione che constata un’infrazione, delle risposte delle imprese in causa alla comunicazione degli addebiti. A questo proposito essa deve non soltanto poter accogliere o respingere gli argomenti di dette imprese, ma anche poter procedere ad una propria analisi dei fatti da esse segnalati, sia per far cadere censure che si rivelassero eventualmente infondate, sia per correggere o completare, tanto in fatto quanto in diritto, gli argomenti a sostegno delle censure che ritiene di dover mantenere. Tale è il caso quando la decisione della Commissione si fonda non solo sulla presunzione di responsabilità che discende dalla detenzione dell’intero capitale delle controllate da parte della loro controllante, ma anche su elementi di fatto prodotti nel corso del procedimento amministrativo al fine di dimostrare che:

- in seno al gruppo, l’organizzazione operativa prevaleva sulla struttura giuridica e le attività dei progetti in discussione erano dirette, ai livelli più alti, dalla controllante e dai suoi predecessori,

- sei membri del consiglio di amministrazione delle controllate erano stati, contemporaneamente o l’uno dopo l’altro, membri del consiglio di amministrazione delle società di controllo del gruppo, prima che fossero ulteriormente cedute a un nuovo gruppo,

- la nomina da parte della controllante di un nuovo membro in seno al consiglio di amministrazione delle sue controllate attive nel settore in causa suffraga la conclusione secondo cui la prima società esercitava un’influenza determinante sulle seconde e

- quanto alle operazioni di ristrutturazione intragruppo, la mutata denominazione sociale delle controllate attive nel settore in causa, avvenuta immediatamente dopo la cessione tra gruppi, attesta la loro integrazione nel gruppo.

Allo stesso modo, la Commissione è legittimata a considerare che la delega di funzioni commerciali non poteva sollevare la controllante dalle sue responsabilità, visto che essa stessa ammette che, all’epoca dell’infrazione, era chiamata ad approvare ogni progetto di offerta per i progetti in discussione che superassero un certo limite o comportassero determinati rischi sostanziali per il gruppo.

(v. punti 86-87, 91, 97, 116, 144)

4.      Quanto all’obbligo di motivazione che incombe alla Commissione, segnatamente quando adotta una decisione che constata un’infrazione alle regole della concorrenza, occorre distinguere tra il motivo fondato sul difetto o sull’insufficienza della motivazione e quello desunto dall’inesattezza dei motivi della decisione in ragione di un errore sui fatti o nella valutazione giuridica. Quest’ultimo aspetto attiene all’esame della legalità sostanziale della decisione e non alla violazione delle forme sostanziali e non può quindi dar luogo ad una violazione dell’art. 253 CE.

(v. punto 88)

5.      Il principio di irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sancito altresì dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice dell’Unione deve garantire l’osservanza. Sebbene risulti dall’art. 15, n. 4, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 5, del regolamento n. 1/2003 che le decisioni della Commissione che infliggono ammende per violazione della normativa antitrust non hanno carattere penale, ciò non toglie che la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare quello di irretroattività, in qualsiasi procedimento amministrativo che possa sfociare in sanzioni in conformità delle norme sulla concorrenza.

Tale rispetto esige che le regole di imputazione a persone, fisiche o giuridiche, delle infrazioni al diritto della concorrenza corrispondano a quelle che erano fissate all’epoca in cui l’infrazione è stata commessa. Quando più persone possono essere considerate personalmente responsabili della partecipazione ad un’infrazione di una sola ed unica impresa, ai sensi del diritto della concorrenza, esse devono essere considerate responsabili in solido di detta infrazione. Possono inoltre essere considerate personalmente e solidalmente responsabili della partecipazione di una sola ed unica impresa ad un’infrazione la persona sotto la responsabilità o la direzione della quale l’impresa era direttamente posta al momento dell’infrazione e la persona che, per il fatto di esercitare effettivamente un potere di controllo sulla prima e di determinarne il comportamento sul mercato, dirigeva indirettamente tale impresa nel momento in cui l’infrazione è stata commessa.

(v. punti 131-134)

6.      Quanto alla durata di un’infrazione alle regole della concorrenza, il principio di certezza del diritto impone che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione produca quantomeno elementi di prova i quali si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che detta infrazione abbia avuto una durata ininterrotta entro due date precise. Riguardo ai mezzi di prova, di solito le attività derivanti da pratiche e accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete, spesso in un paese terzo, e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa intervengano in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel quadro di un’infrazione a carattere unitario e continuato.

Di conseguenza, nella misura in cui, complessivamente considerati, accordi contrari alle regole di concorrenza erano destinati a produrre effetti tra la data di entrata in vigore di uno di essi e quella di cessazione della validità di un altro, la Commissione ha giustamente potuto considerare tali accordi come un indizio che l’infrazione è proseguita, ininterrotta, per tutto il periodo in questione. Così, le prove di manifestazioni ripetute dell’intesa, nonché la serie di indizi, raccolti dalla Commissione, nel senso che le attività alle quali l’impresa di cui trattasi ha partecipato nell’ambito dell’intesa sono proseguite per tutto il periodo in questione devono essere considerate una dimostrazione sufficiente del fatto che l’intesa è proseguita senza interruzione tra le date indicate dalla decisione della Commissione.

(v. punti 164-166, 176-177)

7.      Ai sensi dell’art. 25 del regolamento n. 1/2003, il potere della Commissione di infliggere una sanzione per un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo si prescrive in cinque anni. La prescrizione decorre dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre solamente dal giorno in cui l’infrazione è cessata.

(v. punto 188)

8.      Non si può rimproverare alla Commissione di non aver specialmente motivato la decisione di infliggere un’ammenda in solido a due società, in caso di infrazione alle regole della concorrenza, sebbene tali società non formassero più un’unica entità economica il giorno dell’adozione di detta decisione, in quanto, a suo avviso, questa circostanza non costituiva un ostacolo. Infatti, la Commissione non è tenuta ad includere, nella propria decisione, una motivazione precisa quanto ad aspetti che le sembrano manifestamente irrilevanti, non significativi o chiaramente secondari nel giudizio.

(v. punto 200)

9.      La solidarietà nel pagamento delle ammende inflitte per un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è un effetto giuridico che discende, di pieno diritto, dalle disposizioni sostanziali di detti articoli.

La solidarietà nel pagamento di un’ammenda dovuta a motivo della partecipazione di un’impresa ad un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE risulta del fatto che ciascuna delle persone interessate può essere ritenuta personalmente responsabile della partecipazione dell’impresa all’infrazione. L’unità del comportamento dell’impresa sul mercato giustifica, ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza, che le società o, più in generale, i soggetti di diritto che possono essere considerati personalmente responsabili siano obbligati in solido. La solidarietà nel pagamento delle ammende inflitte a motivo di un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE, poiché concorre a garantire la riscossione effettiva di dette ammende, partecipa all’obiettivo di dissuasione che è generalmente perseguito dal diritto della concorrenza, e ciò nel rispetto del principio del «ne bis in idem», principio fondamentale del diritto dell’Unione, sancito altresì dall’art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il quale vieta, per una medesima infrazione al diritto della concorrenza, di sanzionare più di una volta uno stesso comportamento di un’impresa sul mercato tramite i soggetti di diritto che possono esserne considerati personalmente responsabili.

Il fatto che le responsabilità personali nelle quali sono incorse più società in ragione della partecipazione di una medesima impresa a un’infrazione non siano identiche non osta a che ad esse venga inflitta un’ammenda in solido, dal momento che la solidarietà nel pagamento dell’ammenda riguarda soltanto il periodo di infrazione durante il quale dette società formavano un’unità economica e costituivano quindi una sola impresa ai sensi del diritto della concorrenza.

(v. punti 204-206)

10.    Nella misura in cui il motivo vertente su una violazione del principio di certezza del diritto può essere interpretato come un’eccezione di illegittimità diretta contro le regole in materia di solidarietà nel pagamento delle ammende in caso di infrazione alle regole della concorrenza, in quanto tali regole sarebbero fonte di incertezza riguardo al pagamento dell’ammenda, all’individuazione del debitore obbligato al pagamento e alla situazione giuridica dei condebitori in solido, detto motivo implica di pronunciarsi sulla legittimità stessa del regime della solidarietà nel pagamento delle ammende nel diritto della concorrenza e di verificare se i diritti e gli obblighi che ne discendono possono essere conosciuti con sufficiente precisione dalle società sanzionate.

Al riguardo, al pari della nozione di «impresa» ai sensi del diritto della concorrenza, di cui essa non è che un effetto di pieno diritto, la nozione di «solidarietà nel pagamento delle ammende» è una nozione autonoma che occorre interpretare facendo riferimento agli obiettivi e al sistema del diritto della concorrenza, di cui essa partecipa, ed eventualmente ai principi generali che emergono dall’insieme dei sistemi di diritto nazionali. In mancanza di diversa indicazione nella decisione con la quale infligge un’ammenda in solido a più società a motivo del comportamento illecito di un’impresa, la Commissione imputa loro in pari misura la responsabilità per detto comportamento. Inoltre, le società condannate ad un’ammenda in solido sono tenute al pagamento di un’unica ammenda, il cui importo è calcolato con riferimento al fatturato dell’impresa in causa.

Ne risulta che ogni società è tenuta al pagamento dell’intero importo dell’ammenda verso la Commissione e che il pagamento effettuato da una di loro le libera tutte nei confronti di quest’ultima. Le società cui è inflitta un’ammenda in solido e che incorrono, salvo indicazione contraria nella decisione sanzionatoria, in uguale responsabilità per la commissione dell’infrazione devono, in linea di principio, contribuire in parti uguali al pagamento dell’ammenda inflitta per tale infrazione. Per questo, la società che, dopo essere stata eventualmente escussa dalla Commissione, paghi la totalità dell’importo dell’ammenda può, sul fondamento stesso della decisione della Commissione, agire in ripetizione contro i condebitori in solido, ciascuno per la sua quota‑parte. Di conseguenza, se è vero che la decisione che infligge un’ammenda in solido a più società non consente di stabilire a priori quale di tali società sarà effettivamente chiamata a pagare l’importo dell’ammenda alla Commissione, essa non lascia tuttavia sussistere alcun dubbio sugli importi pro quota dell’ammenda da esse dovuti, di modo che ciascuna società potrà, se del caso, agire nei confronti dei suoi condebitori in solido per la ripetizione delle somme eventualmente pagate in eccesso.

(v. punti 213, 215)

11.    La solidarietà nel pagamento delle ammende nel diritto della concorrenza non osta al diritto, per ciascuna delle società sanzionate, di proporre un ricorso di annullamento contro la decisione con la quale la Commissione ha loro inflitto un’ammenda in solido.

(v. punto 217)

12.    In conformità del principio di personalità delle pene e delle sanzioni, che è applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo suscettibile di concludersi con l’irrogazione di sanzioni in forza del diritto della concorrenza, una persona può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti. Tale è il caso quando due società sono state sanzionate, in ragione della partecipazione di un’impresa a un’infrazione, per fatti che sono stati loro individualmente imputati dalla Commissione, essendo state considerate responsabili per la direzione, diretta o indiretta, di detta impresa.

(v. punti 219-220)

13.    L’esigenza di un sindacato giurisdizionale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il diritto a un ricorso effettivo è stato inoltre riaffermato dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(v. punto 224)

14.    L’esigenza di un sindacato giurisdizionale effettivo si applica, in particolare, a qualsiasi decisione della Commissione che constati e sanzioni un’infrazione al diritto della concorrenza. Conformemente all’art. 17 del regolamento n. 17 e all’art. 31 del regolamento n. 1/2003, il Tribunale ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’articolo 229 CE per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda e può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta.

Nell’ambito dei ricorsi fondati sull’art. 230 CE, il controllo della legittimità di una decisione della Commissione che constata un’infrazione al diritto della concorrenza in capo a persone fisiche o giuridiche e infligge loro, a questo titolo, un’ammenda deve essere considerato un sindacato giurisdizionale effettivo su tale decisione. L’intensità del controllo esercitato dal giudice dell’Unione e, pertanto, l’effettività dei ricorsi intentati contro le decisioni con le quali la Commissione constata un’infrazione al diritto della concorrenza e stabilisce un’ammenda sono ulteriormente rafforzate dalla competenza giurisdizionale anche di merito di cui il Tribunale dispone in materia. Al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l’atto impugnato, la competenza giurisdizionale anche di merito di cui il giudice dell’Unione dispone lo legittima a riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l’importo dell’ammenda inflitta.

(v. punti 225-227)

15.    L’art. 81 CE e, per analogia, l’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) costituiscono disposizioni di ordine pubblico, indispensabili per l’adempimento delle missioni attribuite alla Comunità europea e al SEE, di modo che la responsabilità e la sanzione previste per le società in caso di violazione di tali disposizioni non possono essere lasciate alla libera disposizione di queste ultime.

(v. punto 229)

16.    In forza dell’art. 5 CE, la Comunità europea agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal Trattato. Essa dispone, quindi, solamente di competenze di attribuzione.

Quando la Commissione apre un procedimento in vista dell’adozione di una decisione che accerti un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, essa sola ha competenza, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 o degli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, a constatare tale infrazione e ad infliggere ammende alle imprese che, deliberatamente o per negligenza, vi hanno preso parte. Pena disconoscere il principio delle competenze di attribuzione, la Commissione non può delegare ad un terzo i poteri che le sono così attribuiti dalle disposizioni succitate.

Non può dirsi che la Commissione abbia delegato, in un caso specifico, ad un giudice nazionale o ad un arbitro parte dei poteri che le sono devoluti per constatare e sanzionare tali infrazioni, allorché essa ha determinato, nella decisione adottata in questo stesso caso, le rispettive responsabilità di due distinte società per la partecipazione dell’impresa di cui trattasi all’infrazione constatata e, pertanto, le rispettive quote‑parti dell’importo dell’ammenda cui esse sono solidalmente tenute nei confronti della Commissione medesima.

(v. punti 233-234, 236)

17.    La comunicazione degli addebiti costituisce un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto sono di natura puramente provvisoria. Per tale ragione la Commissione può, anzi deve, tener conto delle risultanze del procedimento amministrativo, tra l’altro per rinunciare agli addebiti che si siano rivelati infondati. Quando una società sanzionata per violazioni del diritto della concorrenza è stata in condizione di far valere utilmente il proprio punto di vista riguardo all’abbandono da parte della Commissione, nella decisione impugnata, di una censura che aveva in precedenza mosso contro altre società, considerandole responsabili in solido, con la prima società, della partecipazione di una sola ed unica impresa ad un’infrazione, prima dell’adozione di tale decisione, i diritti della difesa di questa prima impresa non sono stati violati dalla discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata.

(v. punti 248-249, 262)

18.    Il ruolo di capofila svolto da una o più imprese nell’ambito di un’intesa deve essere preso in considerazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, nel senso che le imprese che hanno svolto tale ruolo devono accollarsi una responsabilità particolare rispetto alle altre. Per essere qualificata leader di un’intesa, un’impresa deve aver rappresentato una forza motrice significativa per l’intesa o aver avuto una responsabilità particolare e concreta nel funzionamento di quest’ultima. Tale è il caso quando un’impresa ha svolto un ruolo di leader dell’infrazione assumendo i compiti di «segretaria europea» dell’intesa, compiti che le conferivano il ruolo di capofila nel coordinamento dell’intesa e, in ogni caso, nel funzionamento concreto della stessa, e, più in particolare, quando detta «segretaria europea» era il punto di contatto tra i membri dell’intesa e svolgeva un ruolo cruciale nel funzionamento concreto di quest’ultima, in quanto facilitava lo scambio di informazioni in seno all’intesa, centralizzava, compilava e smistava tra gli altri membri dell’intesa informazioni essenziali per il funzionamento della stessa, in particolare le informazioni concernenti certi progetti più importanti, organizzava e assicurava la segreteria delle riunioni di lavoro e, all’occorrenza, modificava i codici che servivano a dissimulare tali riunioni e contatti.

(v. punti 280, 283, 287)

19.    In materia di concorrenza, nel caso di un’infrazione di lunga durata nel corso della quale più imprese hanno, sotto la direzione di diverse società, successivamente ricoperto, per periodi ben determinati, il ruolo di leader dell’infrazione, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità esigono che alle società che hanno diretto una o più imprese che hanno svolto, sotto la loro direzione, il ruolo di leader dell’infrazione sia imposta una maggiorazione diversa dell’importo di base della loro ammenda qualora il periodo durante il quale detta o dette imprese hanno atteso, sotto la loro direzione, a tale compito sia sostanzialmente differente. Il ruolo di impresa leader si riferisce al funzionamento dell’intesa e, a differenza del ruolo di istigatore dell’infrazione, presuppone necessariamente una certa durata. Pertanto, si deve prendere atto che una società che ha diretto una delle imprese partecipanti all’intesa può vedersi imputato il ruolo motore svolto da quest’ultima nel funzionamento dell’intesa per, al massimo, poco più di un quarto del periodo dell’infrazione, mentre ad un’altra società, che ha diretto un’altra impresa partecipante all’intesa, è imputato il ruolo motore svolto da quest’ultima nel funzionamento dell’intesa per circa tre quarti di detto periodo.

Ne consegue che, imponendo una maggiorazione identica dell’importo di base dell’ammenda a società che hanno ricoperto, tramite le imprese che dirigevano, il ruolo di leader dell’intesa, nonostante i periodi durante i quali la o le imprese in causa hanno esercitato, sotto la loro direzione, le funzioni di leader dell’intesa fossero sostanzialmente diversi, la Commissione ha infranto i principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

Per contro, ammesso pure che la Commissione abbia applicato illegittimamente i criteri attinenti alla qualificazione come leader dell’infrazione, non qualificando un’impresa come leader nonostante il ruolo significativo da essa svolto in seno all’intesa, una tale illegittimità, commessa in favore di terzi, non giustificherebbe che siano accolte le censure di inosservanza del principio di parità di trattamento ovvero di non discriminazione.

(v. punti 307-308, 311-312)

20.    La competenza anche di merito attribuita al giudice dell’Unione dall’art. 17 del regolamento n. 17 e dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003 lo abilita, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, ad eliminare, a ridurre o ad aumentare l’ammenda inflitta quando la questione dell’importo di questa è sottoposta alla sua valutazione. Nell’ambito di tale valutazione, occorre assicurarsi che la maggiorazione dovuta al ruolo di leader dell’infrazione svolto dall’impresa di cui trattasi sia fissata ad un livello che ne garantisce il carattere dissuasivo.

(v. punti 318-319)

21.    In caso di imposizione di ammende a più società per la partecipazione di imprese poste sotto la loro direzione a un’infrazione alle regole della concorrenza e di determinazione dei loro rispettivi importi, la Commissione non si discosta dal metodo di calcolo enunciato negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, non va oltre il quadro giuridico delle sanzioni definito dall’articolo 15 del regolamento n. 17 e dall’art. 23 del regolamento n. 1/2003 e non infrange il principio di proporzionalità allorché decide di riferirsi, in linea di principio, al fatturato mondiale per i progetti in discussione realizzato da ciascuna impresa nel corso dell’ultimo anno completo dell’infrazione, al fine di valutarne le dimensioni e la potenza economica relative al momento dell’infrazione. Tale è il caso, più in particolare, quando la Commissione considera che, visto il carattere globale di un’intesa, occorre prendere come base di raffronto dell’importanza relativa di ciascuna impresa la quota del fatturato mondiale afferente ai progetti interessati da detta intesa quale detenuta da ognuna di loro nel corso dell’ultimo anno completo di partecipazione dell’impresa all’infrazione constatata, questa base di confronto essendo in grado di riflettere fedelmente la capacità di ciascuna impresa di arrecare danni significativi agli altri operatori nel territorio dello Spazio economico europeo e di fornire un’indicazione del suo contributo all’efficacia dell’intesa nel suo insieme o, di converso, dell’instabilità di cui avrebbe sofferto l’intesa se non vi avesse partecipato.

(v. punti 360, 362)