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Ricorso presentato il 18 aprile 2007 - Toshiba / Commissione

(Causa T-113/07)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Toshiba (Tokyo, Giappone) (Rappresentanti: sig. J. MacLennan, solicitor, avv. ti A. Schulz e J. Borum)

Convenuta: Commissione delle Comunità europee

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare detta decisione della Commissione 24 gennaio 2007 - caso COMP/F/38.899- apparecchiature di comando con isolamento in gas; o

annullare la decisione nella parte in cui concerne la Toshiba; o

modificare gli artt. 1 e 2 della decisione in parola in modo da annullare o ridurre considerevolmente l'ammenda inflitta alla Toshiba; e

condannare la Commissione alle spese del procedimento, comprese quelle sostenute relativamente alla garanzia bancaria.

Motivi e principali argomenti

La ricorrente ha proposto un ricorso per annullamento, ai sensi dell'art. 230 CE, contro la decisione della Commissione 24 gennaio 2007 (caso COMP/F/38.899 - apparecchiature di comando con isolamento in gas - C (2006) 6762 def.), in base alla quale, secondo la Commissione, la ricorrente, fra altre imprese, avrebbe violato l'art. 81, n. 1, CE, nonché, dal 1ºgennaio 1994, anche l'art. 53 dell'accordo SEE nel settore apparecchiature di comando con isolamento in gas (in prosieguo: il "GIS"), attraverso un complesso di accordi e pratiche concordate consistenti in quanto segue: a) ripartizione dei mercati, b) attribuzione di quote e mantenimento delle rispettive quote di mercato, c) assegnazione di singoli progetti di GIS (bid-rigging) a produttori prestabiliti e manipolazione delle relative procedure di gara, d) determinazione dei prezzi, e) impegno a porre fine ai contratti di licenza stipulati con soggetti non appartenenti al cartello e f) scambio di informazioni sensibili riguardanti il mercato. In subordine, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia annullare o ridurre le ammende inflitte.

La ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe basato la sua valutazione su tre accordi, concludendo nel senso dell'esistenza di un cartello a livello mondiale. Pur supponendo che ciò fosse avvenuto, la ricorrente asserisce che la Commissione non è competente in merito a comportamenti restrittivi della concorrenza al di fuori dell'accordo SEE.

La ricorrente afferma che la Commissione non ha provato giuridicamente che la ricorrente avrebbe partecipato ad accordi o pratiche concordate dirette a non vendere in Europa, o a far sì che fornitori di GIS europei offrissero una compensazione alle imprese giapponesi per non entrare in Europa "imputando" progetti europei sulla quota "GQ1" europea. Inoltre, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe addotto a sostegno della sua tesi materiale probatorio indiretto, vago e non comprovato, consistente per lo più in dichiarazioni orali provenienti dal soggetto che aveva richiesto clemenza e, oltre a ciò, non avrebbe tenuto conto di prove addotte al fine di confutare gli addebiti.

Inoltre, mentre la ricorrente non nega di aver fatto parte dell'"accordo GQ", essa asserisce che l'accordo in parola era un accordo a livello mondiale che non copriva l'Europa e che esulava dalla competenza della Commissione. La ricorrente afferma che la Commissione, tentando di far rientrare la ricorrente nell'ambito della sua competenza, ha spostato il fulcro delle sue valutazioni giuridiche unicamente sulla circostanza se vi sia stata un'"intesa comune" (in base alla quale i giapponesi non si sarebbero presentati sul mercato europeo e le imprese europee si sarebbero a loro volta astenute dal competere in Giappone) e se taluni progetti europei fossero sistematicamente resi noti alle società giapponesi o "imputati" sulla "GQ" europea quale parte di tale "intesa comune". Pertanto, essa osserva che la Commissione non ha dimostrato la responsabilità della ricorrente relativamente alla serie di violazioni a livello europeo e che avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione.

Viene ulteriormente rilevato che la decisione impugnata è viziata da irregolarità procedurali. A tale riguardo, la ricorrente asserisce che i suoi diritti della difesa sono stati lesi dalla Commissione, in quanto quest'ultima non ha fornito adeguata motivazione, né accesso alle prove ed ha snaturato il materiale probatorio.

In subordine, ad avviso della ricorrente, la circostanza che la Commissione non avrebbe ripartito adeguatamente la responsabilità fra le imprese europee e quelle giapponesi avrebbe viziato il metodo adottato per fissare le ammende delle destinatarie della decisione. A detto proposito la ricorrente sostiene che la Commissione non ha correttamente valutato o la gravità o la durata delle violazioni in parola e, di conseguenza, ha ingiustamente discriminato la ricorrente.

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1 - "G" sta per "gear" (apparecchiatura) e "Q" sta per "quota" (quota).