Language of document : ECLI:EU:T:2006:10

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

12 gennaio 2006 (*)

«Marchio comunitario − Marchio figurativo contenente l’elemento denominativo “quantum” − Opposizione del titolare del marchio figurativo nazionale Quantième – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), art. 15, n. 2, e art. 43, n. 3, del regolamento (CE) n. 40»

Nella causa T‑147/03,

Devinlec Développement innovation Leclerc SA, con sede in Tolosa (Francia), rappresentata dall’avv. J.-P. Simon,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. J. Novais Gonçalves e A. Folliard‑Monguiral, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

TIME ART Uluslararasi Saat Ticareti ve diş Ticaret AŞ, con sede in Istanbul (Turchia), rappresentata dall’avv. F. Jacobacci,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione della terza commissione di ricorso dell’UAMI 30 gennaio 2003 (procedimento R 109/2002‑3), relativa a un procedimento d’opposizione tra la Devinlec Développement innovation Leclerc SA e la TIME Art Uluslararasi Saat Ticareti ve diş Ticaret AŞ,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dai sigg. H. Legal, presidente, P. Mengozzi e dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka, giudici,

cancelliere: sig.ra B. Pastor, cancelliere aggiunto

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 aprile 2003,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2003,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 ottobre 2003,

in seguito alla trattazione orale del 30 giugno 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Antefatti

1        L’8 settembre 1997 la società TIME ART Uluslararasi Saat Ticareti ve diş Ticaret AŞ (in prosieguo: l’«interveniente») ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        Il marchio per il quale veniva richiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:

Image not foundImage not found

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Orologi (da polso e da tasca), orologi da parete, relativi meccanismi e parti, vetri per orologi, casse di orologi, cinturini, catenelle e braccialetti per orologi da polso e da tasca, casse per orologi da parete, da polso e da tasca».

4        Tale domanda veniva pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 62/98 in data 17 agosto1998.

5        Il 9 novembre 1998 la società Devinlec Développement innovation Leclerc SA (in prosieguo: la «ricorrente») ha presentato opposizione alla registrazione del marchio richiesto, basandosi sul marchio figurativo anteriore, registrato in Francia l’11dicembre 1987 con il n. 1 555 274 e di seguito riprodotto:

Image not foundImage not found

6        I prodotti per i quali è stato registrato il marchio anteriore corrispondono alla seguente descrizione, ai sensi del citato Accordo di Nizza:

–        classe 14: «Orologi e prodotti d’orologeria; bigiotteria»;

–        classe 18: «Pelletteria».

7        L’opposizione, basata sull’impedimento relativo opposto alla registrazione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, riguardava tutti i prodotti considerati nella domanda di registrazione.

8        Il 10 marzo 1999 l’interveniente, in applicazione dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n 40/94, ha chiesto che la ricorrente fornisse la prova dell’uso del marchio anteriore.

9        Per dimostrare il serio utilizzo del marchio anteriore, la ricorrente ha prodotto vari oggetti e documenti, in particolare orologi, fatture, materiale promozionale, articoli di giornali nonché una dichiarazione sull’onore resa dal proprio direttore.

10      Dall’insieme di tali elementi è risultato che il marchio anteriore era stato utilizzato in Francia per «orologi e braccialetti per orologi» con il segno figurativo di seguito riprodotto:

Image not foundImage not found

11      Con decisione 30 novembre 2001 la divisione d’opposizione si è pronunciata sull’opposizione stessa. Per un verso, la divisione d’opposizione ha ritenuto che la ricorrente avesse fornito la prova dell’uso del marchio anteriore, senza che tale uso, avvenuto con il segno figurativo riprodotto al precedente punto 10, avesse alterato il carattere distintivo del marchio anteriore. Per altro verso, essa ha accolto l’opposizione in quanto i prodotti designati dai marchi confliggenti erano parzialmente identici e parzialmente simili, e in quanto i segni presentavano un sufficiente grado di somiglianza visiva, fonetica e logica, cosicché sussisteva un rischio di confusione per il pubblico rilevante.

12      Il 29 gennaio 2002 l’interveniente ha presentato ricorso presso l’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione.

13      Con decisione 30 gennaio 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la terza commissione di ricorso ha annullato la decisione della divisione di opposizione ed ha di conseguenza respinto l’opposizione. In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nonostante l’identità e la somiglianza dei prodotti designati dai marchi confliggenti, era necessario prendere in considerazione le circostanze in cui venivano commercializzati i prodotti designati dal marchio anteriore, nonché il fatto che gli orologi e i braccialetti per orologi recanti tale marchio erano venduti al consumatore finale esclusivamente nell’ambito dei centri commerciali E. Leclerc. Pertanto, la commissione di ricorso ha ritenuto che la somiglianza visiva e fonetica tra i marchi confliggenti, e la loro possibile comune allusione alla nozione di quantità, non porterebbero il consumatore medio, qualora questo dovesse trovare il marchio richiesto su «orologi (da polso e da tasca), cinturini, catenelle e braccialetti per orologi da polso e da tasca, casse per orologi da parete, da polso e da tasca» in negozi diversi dai centri commerciali E. Leclerc, a ritenere che i prodotti designati dai marchi confliggenti provengano dalla stessa impresa ovvero da imprese collegate (punti 39 e 40 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        respingere la domanda di registrazione del marchio richiesto;

–        condannare l’UAMI alle spese;

–        condannare l’interveniente alle spese del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI.

15      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

16      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui essa le è pregiudizievole.

 Diritto

17       A sostegno della prima parte delle sue conclusioni, la ricorrente invoca due motivi. Il primo motivo è basato sulla violazione della regola 50 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 (GU L 303, pag. 1). Il secondo motivo è basato sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e dei «principi generali del diritto dei marchi».

18      L’interveniente fa valere, dal canto suo, un motivo autonomo di annullamento della decisione impugnata, basato sulla violazione dell’art. 15, n. 2, e dell’art. 43, n. 3, del regolamento n. 40/94.

19      Il Tribunale esaminerà innanzi tutto il motivo autonomo fatto valere dall’interveniente, e successivamente il secondo ed il primo motivo sollevati dalla ricorrente.

 Sul motivo autonomo dell’interveniente, basato sulla violazione dell’art. 15, n. 2, e dell’art. 43, n. 3, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

20      L’interveniente chiede al Tribunale di rilevare che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio anteriore, come utilizzato dalla ricorrente, non avesse alterato il carattere distintivo del segno precedentemente utilizzato in Francia. Di conseguenza, l’interveniente chiede del pari al Tribunale di dichiarare che le prove del serio utilizzo del marchio anteriore, presentate dalla ricorrente all’UAMI nel corso del procedimento amministrativo, erano insufficienti, e che la commissione di ricorso ha violato l’art. 43, n. 3, del regolamento n. 40/94.

21      All’udienza, la ricorrente e l’UAMI hanno affermato che la decisione impugnata doveva essere confermata sul punto in questione.

 Giudizio del Tribunale

22      L’art. 15 del regolamento n. 40/94, dal titolo «Uso del marchio comunitario», così dispone:

«1.      Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio comunitario non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio comunitario è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

2.      Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerate come uso:

a)      l’utilizzazione del marchio comunitario in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato;

(…)».

23      L’art. 43 del regolamento n. 40/94, dal titolo «Esame dell’opposizione», prevede quanto segue:

«2.      Su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio comunitario anteriore è stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta. Se il marchio comunitario anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

3.      Il paragrafo 2 si applica ai marchi nazionali anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), fermo restando che l’utilizzazione nella Comunità è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato.

(…)».

24       Nella fattispecie, si deve ricordare che la decisione impugnata ha confermato il giudizio della divisione di opposizione, secondo cui la ricorrente aveva fornito la prova del serio utilizzo del marchio nazionale anteriore, in conformità all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, senza che il segno utilizzato dalla ricorrente, riprodotto al precedente punto 10, alterasse il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso era stato registrato in Francia, riprodotta al precedente punto cinque. In particolare, la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 11 della decisione impugnata, che le differenze nei caratteri tipografici e nella stilizzazione della lettera «q» del marchio anteriore non ne alteravano il carattere distintivo, in quanto risultava chiaramente dalle prove fornite nell’ambito del procedimento di opposizione che tale lettera non veniva percepita in modo isolato rispetto alla parola di cui faceva parte e che rappresentava l’elemento essenziale del marchio anteriore. La commissione di ricorso ha osservato peraltro, al punto 12 della decisione impugnata, che da numerosi ritagli di giornale nonché da materiale promozionale del marchio anteriore risultava che il marchio veniva altresì utilizzato nella forma in cui era stato registrato, e che la stilizzazione della lettera «q» non era messa in evidenza.

25      Tale valutazione deve essere condivisa.

26      Si deve precisare, in primo luogo, che, in forza del combinato disposto dell’art. 15, n. 2, lett. a), e dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, la prova del serio utilizzo di un marchio anteriore, nazionale o comunitario, su cui si fonda un’opposizione avverso una domanda di marchio comunitario, comprende altresì la prova dell’utilizzo del marchio anteriore in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato [v., in tal senso, sentenza del tribunale 9 luglio 2003, causa T‑156/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO AIRE), Racc. pag. II‑2789, punto 44].

27      Inoltre, quanto allo stabilire se, nella fattispecie, l’utilizzo del segno riprodotto al precedente punto 10 rappresenti, come affermato dall’interveniente, un utilizzo che altera il carattere distintivo del marchio nazionale anteriore, è inevitabile rilevare che ciò non si verifica nel caso di specie.

28      Deve rilevarsi, in proposito, che i soli elementi che differenziano il marchio nazionale anteriore, come registrato, dal segno utilizzato dalla ricorrente sono, per un verso, la stilizzazione della lettera «q», che suggerisce il quadrante di un orologio, e, per altro verso, l’impiego delle maiuscole nella designazione dell’elemento denominativo del marchio nazionale anteriore.

29      Orbene, in primo luogo, se è vero che la stilizzazione della lettera «q» è più marcata nella rappresentazione del segno utilizzato che in quella del marchio nazionale anteriore, il carattere distintivo del marchio anteriore si basa tuttavia sempre sull’integralità dell’elemento denominativo di tale marchio. Si deve oltretutto precisare che la stilizzazione della lettera «q», che suggerisce, come appena detto, il quadrante di un orologio, non presenta un carattere particolarmente distintivo dei prodotti della classe 14, unici prodotti per i quali la ricorrente ha fornito prove dell’uso del marchio anteriore. In secondo luogo, quanto all’utilizzo delle maiuscole, è sufficiente rilevare che questo non presenta alcuna originalità e neppure modifica il carattere distintivo del marchio nazionale anteriore.

30       Ne discende che gli elementi di prova forniti dalla ricorrente con riferimento al segno riprodotto al precedente punto 10 per i prodotti della classe 14, «orologi e braccialetti per orologi», sono stati correttamente presi in considerazione dalla commissione di ricorso per valutare se la ricorrente avesse dimostrato il serio utilizzo del marchio nazionale anteriore.

31      Poiché l’interveniente non contesta la valutazione di tali elementi di prova da parte della commissione di ricorso, come neppure la valutazione degli elementi forniti dalla ricorrente e intesi a dimostrare che quest’ultima aveva del pari utilizzato il marchio nazionale anteriore nella forma in cui questo era stato registrato, il motivo autonomo dell’interveniente dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo della ricorrente, basato sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e dei «principi generali del diritto dei marchi»

 Argomenti delle parti

32      La ricorrente contesta numerose affermazioni della commissione di ricorso relative al confronto dei prodotti designati dai marchi confliggenti, al confronto dei segni confliggenti e all’assenza di rischio di confusione.

33      In primo luogo, quanto al confronto dei prodotti designati dai marchi confliggenti, la ricorrente, senza contestare l’identità e la somiglianza di tali ultimi, sostiene che, al punto 30 della decisione impugnata, la commissione di ricorso si è basata su un presupposto fattuale erroneo. Infatti, la ricorrente contesta l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti designati dal marchio anteriore non sarebbero commercializzati a fianco dei prodotti designati dal marchio richiesto e sarebbero venduti esclusivamente nei centri commerciali E. Leclerc.

34      La ricorrente osserva, in proposito, che tale affermazione sembra basarsi, in particolare, sull’attestazione del suo direttore, datata 7 maggio 1999, che essa aveva fornito unitamente ai documenti intesi a dimostrare il serio utilizzo del marchio anteriore. Orbene, per un verso, secondo la ricorrente, né tale attestazione né gli altri documenti trasmessi all’UAMI consentono di ritenere che i punti vendita «Le Manège à Bijoux» dei centri commerciali E. Leclerc, che commercializzano i prodotti designati dal marchio anteriore, non commercializzino altri prodotti identici o simili, o che la commercializzazione dei prodotti designati dal marchio anteriore sia sempre riservata a tali punti vendita. Per altro verso, la ricorrente ricorda che l’attestazione di cui sopra, nonché gli altri documenti che l’accompagnano, sono stati comunicati al preciso scopo di dimostrare il serio utilizzo del marchio anteriore tra il 1993 e il 1998, per evitare il rigetto dell’opposizione. La ricorrente sottolinea di non essere stata invitata dalla commissione di ricorso a dimostrare, ad esempio, che i punti vendita dei centri commerciali E. Leclerc potevano commercializzare prodotti identici o simili recanti marchi diversi. Poiché la ricorrente afferma che ricorre una tale possibilità, essa si dichiara pronta a fornire qualsiasi elemento di prova a sostegno della propria affermazione.

35      In secondo luogo, quanto al confronto tra i marchi confliggenti, la ricorrente rileva innanzi tutto che la commissione di ricorso si è contraddetta nel suo esame del marchio anteriore, in quanto non ha espresso il suo giudizio con riferimento al marchio quale è stato utilizzato, bensì quale è stato registrato.

36       La ricorrente spiega inoltre che la commissione di ricorso è incorsa in vari errori quanto al confronto visivo, fonetico e logico dei segni confliggenti.

37      Sul piano visivo, se la ricorrente riconosce la somiglianza dei prefissi «quant», individuata dalla decisione impugnata, essa rileva tuttavia che la commissione di ricorso ha omesso di constatare che i segni confliggenti avevano altresì in comune la lettera «m», e che sussisteva una somiglianza visiva tra le lettere «i» del marchio anteriore e «u» del marchio richiesto. La ricorrente sostiene inoltre che l’elemento figurativo avente forma di sveglia posto al di sopra dell’elemento denominativo del marchio richiesto – elemento grafico oltretutto privo di carattere distintivo per i prodotti designati da tale marchio − non rappresenta un elemento di differenziazione visiva tra i marchi confliggenti, contrariamente a quanto sostenuto dalla commissione di ricorso. Peraltro, se il pubblico rilevante dovesse riconoscere una qualsivoglia importanza a tale elemento figurativo, la ricorrente afferma che ciò avverrebbe altresì nel caso della stilizzazione della lettera «q» del marchio anteriore, come utilizzato, che evoca a sua volta il quadrante di un orologio o una sveglia. Orbene, in tali circostanze, tali elementi rafforzerebbero la somiglianza visiva tra i segni confliggenti.

38      Dal punto di vista fonetico, se la ricorrente sostiene che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che vi fosse una rilevantissima somiglianza fonetica tra l’elemento denominativo del marchio richiesto e quello del marchio anteriore, essa sottolinea tuttavia che la differenza nella pronuncia delle sillabe finali dei marchi confliggenti («tum» nel marchio richiesto, «tième» nel marchio anteriore), evidenziata dalla commissione di ricorso, è di scarsa rilevanza, data la presenza della lettera «m», comune ad entrambi i marchi confliggenti.

39      Sul piano logico, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, ai punti 37 e 38 della decisione impugnata, che i segni confliggenti fossero diversi. Basandosi su un sondaggio effettuato il 31 maggio e il 1° giugno 2002 su un campione del pubblico rilevante, allegato al ricorso introduttivo, la ricorrente rileva, per un verso, che il pubblico rilevante non conosce il significato preciso degli elementi verbali dei marchi confliggenti e, per altro verso, che anche nella parte del pubblico rilevante che crede di riconoscere il senso degli elementi verbali dei marchi confliggenti la maggioranza ritiene che entrambi facciano riferimento ad una quantità. La ricorrente ne deduce che tale elemento rafforza le analogie tra i segni confliggenti rilevate sui piani visivo e fonetico.

40      In terzo luogo, quanto alla valutazione dell’assenza di rischio di confusione tra i marchi confliggenti, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia violato il principio dell’interdipendenza tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti da essi contraddistinti. In particolare, essa afferma che la commissione è incorsa in un errore di diritto nel ritenere che le condizioni in cui i prodotti designati dal marchio anteriore erano commercializzati in un determinato momento rappresentassero un fattore rilevante nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione. In via subordinata, essa invita il Tribunale a dichiarare che la commissione di ricorso ha riconosciuto un’eccessiva importanza a tale fattore, tenuto conto delle somiglianze tra i prodotti e i marchi confliggenti rilevate nella decisione impugnata. A parere della ricorrente, la decisione impugnata viola, da questo punto di vista, non solo la giurisprudenza comunitaria, bensì, del pari, i «principi fondamentali del diritto dei marchi», in particolare quelli relativi alla cessione di un marchio indipendentemente dall’impresa che ne è titolare, nonché della parità di trattamento tra titolari di marchi. Quanto a quest’ultimo «principio», la ricorrente precisa che, se il marchio anteriore avesse avuto meno di cinque anni di esistenza al momento della pubblicazione della domanda di registrazione, la ricorrente non sarebbe stata tenuta a dimostrare il serio utilizzo di tale marchio e, di conseguenza, la commissione di ricorso non avrebbe potuto utilizzare gli elementi di prova relativi all’uso del marchio anteriore che essa aveva fornito nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI. Pertanto, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha ridotto la portata della tutela del marchio anteriore.

41      L’UAMI replica, in primo luogo, che è fuori discussione che i prodotti designati dai marchi confliggenti sono parzialmente identici e parzialmente simili.

42      Esso rileva, in secondo luogo, che il pubblico rilevante con riferimento al quale dev’essere effettuata la valutazione del confronto dei segni e del rischio di confusione è costituito, per quanto riguarda gli orologi da polso e da tasca, i cinturini, le catenelle e i braccialetti per orologi, dal consumatore francese medio, mentre, per quanto concerne i meccanismi e le parti di orologi da polso e da tasca, i vetri per orologi, le casse per orologi da polso e da tasca, esso include un pubblico specializzato che produce o ripara gli orologi da polso o da tasca, in quanto, in particolare, le casse non sono generalmente vendute separatamente da un orologio da polso o da tasca.

43      In terzo luogo, sul piano del confronto dei segni, l’UAMI ritiene che essi siano visivamente, foneticamente e logicamente diversi.

44      Dal punto di vista visivo, se l’UAMI ammette che gli elementi verbali dei segni confliggenti condividono le cinque prime lettere («quant»), esso sottolinea tuttavia che le loro lettere finali sono diverse, che gli elementi verbali sono di diversa lunghezza, in caratteri diversi, e che il marchio richiesto comprende del pari un elemento figurativo che non può essere ignorato, nonostante il fatto che esso avrebbe un carattere distintivo intrinseco discutibile per i prodotti designati dal marchio richiesto. L’UAMI ne conclude che i segni confliggenti sono visivamente diversi e possono facilmente essere distinti.

45      Sul piano fonetico, l’UAMI afferma che il grado di somiglianza tra i segni confliggenti, che risulta dalla presenza della sillaba comune «quant», è compensato dalle differenze esistenti tra i suoni finali dei segni confliggenti («um» nel marchio richiesto, «ième» nel marchio anteriore). L’UAMI rileva, in proposito, che le sillabe finali dei segni confliggenti si pronunciano in modo assai diverso.

46      Sul piano logico, l’UAMI ricorda che gli elementi verbali dei segni confliggenti possiedono entrambi significati diversi, per cui questi ultimi non possono essere considerati simili sul piano in esame. In particolare, l’UAMI ritiene assai probabile che il consumatore medio intenda il termine «quantième» del marchio anteriore come la designazione numerica del giorno di un mese che va da 1 a 31. L’UAMI afferma che tale significato sarebbe peraltro diffuso nell’ambito del commercio di orologi, come risulterebbe dai documenti estratti da vari siti Internet francofoni allegati al suo controricorso. Pertanto, secondo l’UAMI, il consumatore medio sarà già a conoscenza del significato indicato, oppure potrà averne conoscenza mediante il prospetto illustrativo che accompagna il suo acquisto, ovvero sollecitando una consulenza del venditore. Inoltre, l’UAMI aggiunge che non bisogna perdere di vista il fatto che il pubblico interessato comprende professionisti dell’industria dell’orologio, i quali comprenderanno senza alcun dubbio il significato del termine «quantième».

47      Secondo l’UAMI, tale valutazione non è messa in discussione dall’argomento della ricorrente, basato sul sondaggio d’opinione allegato al suo ricorso introduttivo, secondo cui il pubblico interessato individuerebbe un nesso logico tra i segni confliggenti in un riferimento comune alla nozione di quantità. Nonostante varie incertezze relative alle condizioni in cui è stato condotto tale sondaggio, l’UAMI rileva, comunque, che circa l’11% delle persone interrogate hanno dichiarato che il termine «quantum» si riferiva alla nozione di quantità, mentre poco più del 28% associava il termine «quantième» a tale nozione. Orbene, secondo l’UAMI, non solo tali percentuali non risultano decisive, ma, oltretutto, il sondaggio non consente di sapere in quale proporzione il pubblico interrogato abbia risposto che i due termini si riferivano alla nozione di quantità.

48      In quarto luogo, per quanto riguarda la valutazione del rischio di confusione, l’UAMI rileva innanzi tutto che, tenuto conto del fatto che i prodotti designati dai marchi confliggenti non sono acquistati regolarmente, il consumatore medio presterà una particolare attenzione a tutti gli aspetti di tali prodotti, ivi compresi i marchi da cui sono contrassegnati. Poiché tali acquisti si effettuano a seguito di confronto visivo dei prodotti e dei marchi, le differenze visive tra i marchi confliggenti rivestirebbero quindi una particolare importanza. L’UAMI afferma inoltre che il marchio anteriore gode di un grado di tutela intrinsecamente debole in Francia, in quanto il suo elemento denominativo è comunemente utilizzato per descrivere una delle caratteristiche dei prodotti in questione. Di conseguenza, esso ritiene che non sussista alcun rischio di confusione tra i marchi confliggenti, indipendentemente dalla questione se taluni prodotti da essi contraddistinti siano identici o fortemente simili. L’UAMI segnala infine che tale rilievo non è messo in discussione dall’errore in cui è incorsa la commissione di ricorso nel prendere in considerazione il fattore della commercializzazione particolare dei prodotti designati dal marchio anteriore ai fini della valutazione del rischio di confusione.

49      L’interveniente ritiene innanzi tutto che la ricorrente abbia torto nel rimproverare alla commissione di ricorso di avere esaminato, ai fini del confronto dei prodotti e dei segni confliggenti, il marchio anteriore quale tutelato dalla sua registrazione in Francia e non quale è stato utilizzato.

50      In secondo luogo, l’interveniente contesta l’affermazione della ricorrente secondo cui l’elemento figurativo del marchio richiesto sarebbe privo di carattere distintivo. Secondo l’interveniente, infatti, un tale elemento, contrariamente a un elemento denominativo, non potrebbe mai essere esclusivamente descrittivo. Secondo l’interveniente, è quindi corretto che la commissione di ricorso, nell’operare il confronto tra i segni confliggenti, abbia preso in considerazione l’elemento figurativo del marchio richiesto.

51      A tal proposito, l’interveniente ritiene che a giusto titolo la commissione di ricorso abbia escluso qualsiasi somiglianza visiva tra i segni confliggenti.

52      Quanto al confronto fonetico dei segni confliggenti, l’interveniente afferma che la sillaba «quan», che essi hanno in comune, sarà verosimilmente pronunciata in modo diverso dal consumatore medio di riferimento. Inoltre, la pronuncia delle sillabe finali, radicalmente diverse, dei segni confliggenti sarebbe accentuata dalle regole fonetiche francesi. Peraltro, l’interveniente contesta i risultati del sondaggio d’opinione prodotto dalla ricorrente, in particolare con riferimento alla sua effettiva rappresentatività e all’assenza di indicazione del livello di educazione delle persone interrogate. Quanto a quest’ultimo punto, l’interveniente spiega che un’indicazione siffatta sarebbe stata importante per capire in che percentuale i consumatori pronuncerebbero l’elemento denominativo del marchio richiesto tenendo in considerazione l’origine latina del termine, e pertanto in modo diverso dal vocabolo «quantième».

53      Ne discende, secondo l’interveniente, che a torto la commissione di ricorso ha riconosciuto una somiglianza fonetica tra i segni confliggenti. Essa chiede, in sostanza, al Tribunale di rettificare su questo punto tale errore, che le risulta pregiudizievole.

54      Dal punto di vista logico, l’interveniente nega qualsivoglia somiglianza tra i segni in conflitto, associandosi in sostanza agli argomenti svolti dall’UAMI.

55      In terzo luogo, per quanto concerne l’assenza di rischio di confusione tra i marchi configgenti, l’interveniente ritiene che la conclusione cui è giunta la la commissione di ricorso sia esatta. Se l’interveniente ammette, come la ricorrente, che la valutazione delle condizioni di commercializzazione di un determinato prodotto dev’essere svolta con riferimento a situazioni oggettive, essa rileva tuttavia che, nella fattispecie, è stato effettivamente adottato un simile approccio. Infatti, a parere dell’interveniente, il marchio anteriore appartiene alla categoria dei «marchi privati» (private labels) ovvero «marchi del dettagliante» (store brands), i quali sono concepiti e utilizzati esclusivamente dalle catene della grande distribuzione. I prodotti da essi contraddistinti, afferma l’interveniente, devono pertanto essere considerati come appartenenti ad una categoria specifica, in ragione, in particolare, delle loro modalità di commercializzazione, il che giustifica l’approccio adottato dalla commissione di ricorso.

56      Peraltro, l’interveniente osserva che il fattore relativo alla commercializzazione dei prodotti della ricorrente non è stato preso in considerazione dalla commissione di ricorso come un contrappeso agli altri elementi considerati nella decisione impugnata, bensì come una semplice circostanza che consente ai consumatori di capire che essi troveranno i prodotti designati dal marchio anteriore solamente nei centri commerciali E. Leclerc, come qualsiasi prodotto contrassegnato da un marchio privato. Invece, tali modalità generali di commercializzazione dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore sarebbero probabilmente idonee ad influenzare l’atteggiamento del consumatore medio se quest’ultimo si trovasse di fronte ai prodotti contrassegnati dal marchio richiesto in altri punti vendita. Inoltre, l’interveniente respinge l’affermazione della ricorrente secondo cui la decisione impugnata avrebbe violato i «principi generali del diritto dei marchi».

57      Tuttavia, senza che ciò influisca sulla conclusione cui è giunta la commissione di ricorso, l’interveniente contesta alla stessa di non aver sufficientemente preso in considerazione, nell’ambito della sua valutazione globale, il carattere distintivo assai debole del marchio anteriore. Secondo l’interveniente, il riconoscimento di tale circostanza da parte della commissione di ricorso sarebbe stato di per sé sufficiente a escludere qualsivoglia rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Essa chiede pertanto al Tribunale di rilevare l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la commissione di ricorso sul punto.

 Giudizio del Tribunale

58      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza del detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione nella mente del pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

59      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, a seconda della percezione che il pubblico rilevante ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e tenendo conto di tutti i fattori pertinenti nella fattispecie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33, e giurisprudenza ivi menzionata].

60      Come emerge da una giurisprudenza costante, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47, e giurisprudenza ivi citata].

–        Sul pubblico rilevante

61      Poiché il marchio nazionale anteriore è stato registrato in Francia, il pubblico rilevante è quindi il pubblico francese. Tuttavia, l’UAMI e l’interveniente ritengono che, tenuto conto dei prodotti contrassegnati dai marchi confliggenti, il pubblico rilevante sia composto, per un verso, dal consumatore medio e, per altro verso, da professionisti dell’industria dell’orologio.

62      Tale questione non dev’essere risolta, in quanto l’esame del rischio di confusione nello spirito del consumatore medio francese è, nella fattispecie, sufficiente. Infatti, se viene escluso il rischio di confusione nello spirito del citato consumatore medio, come stabilito dalla commissione di ricorso, tale circostanza è sufficiente a determinare il rigetto del ricorso, in quanto tale valutazione vale, a fortiori, per la parte cosiddetta «professionale» del pubblico rilevante, il cui grado di attenzione è, per definizione, più elevato rispetto a quello del consumatore medio. Solo qualora il Tribunale dovesse rilevare che la commissione di ricorso ha avuto torto nell’escludere il rischio di confusione, sarebbe eventualmente necessario verificare se un siffatto rischio di confusione sussista del pari per i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto e utilizzati dai citati professionisti.

63      Va comunque rilevato che, per prodotti quali quelli contrassegnati dai marchi confliggenti, che non sono acquistati regolarmente e che comunque sono acquistati per il tramite di un rivenditore, il grado di attenzione del consumatore medio dev’essere considerato, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso, superiore al grado normale di attenzione e, pertanto, piuttosto elevato.

–        Sul confronto tra i prodotti

64      È pacifico che i prodotti contrassegnati dai marchi confliggenti sono parzialmente identici e parzialmente simili, come stabilito dalla decisione impugnata.

–        Sul confronto tra i segni confliggenti

65      Prima di esaminare il confronto visivo, fonetico e logico dei segni confliggenti effettuato dalla commissione di ricorso, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dovuto esaminare il marchio nazionale anteriore non come è stato registrato, bensì come è stato utilizzato, ossia nella forma riprodotta al precedente punto 10.

66      Si deve infatti ricordare che, nell’ambito delle disposizioni del regolamento n. 40/94, che disciplinano l’esame di un’opposizione alla registrazione di un marchio comunitario, l’obiettivo della dimostrazione del serio utilizzo di un marchio nazionale anteriore mira a consentire al suo titolare, su espressa istanza del richiedente il marchio comunitario, di fornire la prova dell’utilizzo effettivo e reale del suo marchio sul mercato nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario. Ai sensi dell’art. 15, n. 2, lett. a), e dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, tale prova vale altresì nel caso in cui il segno utilizzato si distingua dal marchio anteriore, nella forma in cui esso è stato registrato, per taluni elementi che non ne alterino il carattere distintivo. In mancanza di una tale dimostrazione e, in particolare, nell’ipotesi in cui gli elementi utilizzati alterino il carattere distintivo del marchio anteriore, ovvero in mancanza di dimostrazione di legittime ragioni per il mancato utilizzo, l’opposizione dev’essere respinta. Così, la dimostrazione del serio utilizzo di un marchio anteriore, nell’ambito di un procedimento di opposizione, non ha ad oggetto né produce l’effetto di garantire al suo titolare una tutela per un segno ovvero per taluni elementi di un segno che non siano stati registrati. Accogliere un’opposta argomentazione porterebbe ad un illegittimo ampliamento della tutela di cui beneficia il titolare di un marchio anteriore il quale presenti opposizione alla registrazione di un marchio comunitario.

67      Nella fattispecie, poiché la ricorrente ha registrato unicamente il marchio anteriore riprodotto al precedente punto 5, il quale rappresenta il fondamento dell’opposizione su cui si è dovuta pronunciare la commissione di ricorso nella decisione impugnata, esclusivamente tale marchio gode della tutela riconosciuta ai marchi anteriori registrati. È dunque tale marchio che doveva essere confrontato al marchio richiesto, ai fini dell’esame dell’opposizione, come giustamente fatto dalla divisione di opposizione e dalla commissione di ricorso, per i prodotti per i quali la ricorrente aveva fornito la prova del serio utilizzo, cioè, nella fattispecie, i prodotti della classe 14, «orologi e braccialetti per orologi».

68      Ciò posto, si deve verificare la legittimità della decisione impugnata per quanto concerne il confronto visivo, fonetico e logico dei segni confliggenti.

69      Quanto al confronto visivo, va ricordato che ai punti 31‑33 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha osservato quanto segue:

«31.      Da un punto di vista visivo, il marchio anteriore consiste nella parola ‘quantième’ in una polizza di caratteri priva di originalità particolare. La lettera ‘q’, che appare un po’ più arrotondata rispetto al solito, non risulta essere tuttavia molto diversa dalla normale lettera ‘q’. Infatti, nell’estratto del dizionario Larousse Anglais/Français 1995, prodotto dall’opponente, la sezione relativa alle parole con tale iniziale è introdotta dalla lettera q che non è molto diversa dalla lettera ‘q’ contenuta nel marchio anteriore. La linea nera al di sopra del marchio non ne fa parte. Nulla, nel marchio anteriore, attira l’attenzione del pubblico rilevante sulla lettera ‘q’ di per se stessa.

32.      Quanto al marchio richiesto, benché la [divisione di opposizione, nella] decisione impugnata, abbia ritenuto che esso cont[eneva] un elemento simile a un quadrante astratto di un orologio da taschino o da polso sotto forma della lettera ‘q’, essa ha concluso che la parola ‘quantum’, che non [era] riprodotta in una polizza di caratteri molto originale, [ne] rappresentava l’elemento dominante. Emerge chiaramente dagli opuscoli e dai ritagli di giornali contenuti nel fascicolo che non è infrequente che taluni simboli che compaiono su orologi comprendano un simbolo centrato al di sopra dell’elemento denominativo o del nome, come accade nel marchio richiesto. Non è infrequente neppure che tale simbolo contenga una riproduzione di lettere che comporti un’immediata associazione all’elemento denominativo ovvero al nome, come nel caso del marchio richiesto. È probabile che il consumatore medio, che è abituato a vedere loghi disposti in maniera analoga, andrà ad interpretarlo come un logo di fantasia e distintivo, e non come un semplice orologio privo di qualsiasi messaggio in ordine all’indicazione di origine.

33.      Visivamente, i marchi sono simili laddove contengono entrambi il prefisso ‘quant’. Essi si distinguono in quanto il marchio richiesto contiene un logo che il consumatore medio percepirà come una rappresentazione sintetica della parola ‘quantum’. È improbabile che, nel vedere il marchio anteriore, il consumatore medio si concentri sulla lettera ‘q’, in quanto non vi è alcuna ragione specifica per cui tale lettera possa richiamare l’attenzione del consumatore».

70      È pacifico che la commissione di ricorso ha ritenuto che non vi fosse alcuna somiglianza visiva tra i segni confliggenti.

71      Orbene, il Tribunale ritiene di trovarsi in presenza di una tale somiglianza.

72      Va rilevato che, come giustamente osservato dalla commissione di ricorso, i segni confliggenti hanno in comune il prefisso «quant». Inoltre, come sottolineato dalla ricorrente, essi hanno altresì in comune la lettera «m». Dal punto di vista visivo, gli elementi verbali dei marchi confliggenti condividono quindi sei lettere, tra cui le prime cinque di ciascun segno. Se l’attenzione del consumatore è spesso attratta dalla parte iniziale delle parole [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 17 marzo 2004, cause riunite T‑183/02 e T‑184/02, El Corte Inglés/UAMI– González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), Racc. pag. II‑965, punto 81], la sua attenzione visiva può focalizzarsi altresì sulle lettere finali dei segni, tenuto conto della lunghezza limitata dei segni in questione [v. sentenza del Tribunale 6 luglio 2004, causa T‑117/02, Grupo El Prado Cervera/UAMI − Héritiers Debuschewitz (CHUFAFIT), Racc. pag. II‑2073, punto 48]. Nella fattispecie, se l’elemento denominativo del marchio richiesto è piuttosto breve, va rilevato che la sua lettera finale, cioè la lettera «m», è identica a una delle quattro lettere finali del marchio anteriore. Peraltro, come rilevato dalla commissione di ricorso, i caratteri tipografici dei segni in conflitto sono consueti. Da un punto di vista visivo, gli elementi verbali dei segni confliggenti sono quindi simili.

73      È tuttavia necessario verificare se, come lasciato intendere dalla commissione di ricorso, senza che però la stessa abbia concluso chiaramente il suo ragionamento su tale punto, e come sostenuto dall’interveniente nei suoi atti, la presenza dell’elemento figurativo al di sopra dell’elemento denominativo del marchio richiesto consenta di escludere qualsivoglia somiglianza visiva tra i segni confliggenti.

74      A tal proposito, si deve innanzi tutto rilevare che in linea di principio il pubblico destinatario non considererà un elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l’elemento distintivo e dominante dell’impressione d’insieme prodotta da tale marchio complesso [sentenza del Tribunale 3 luglio 2003, causa T129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 53, e CHUFAFIT, citate al precedente punto 72, punto 51].

75      Nella fattispecie, è giocoforza rilevare che, come ammesso dall’UAMI, la riproduzione di un quadrante di orologio da polso o da tasca non presenta un carattere distintivo particolare dei prodotti per i quali l’interveniente chiede la registrazione del marchio comunitario.

76      Oltretutto, si deve rilevare che, quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, oltre alle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI − Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 35].

77      Orbene, nella fattispecie è sufficiente rilevare che l’elemento figurativo è posto al di sopra dell’elemento denominativo centrale del marchio richiesto, senza che tale posizione consenta tuttavia di pensare che tale elemento possa, dal punto di vista visivo, dominare l’immagine del marchio richiesto che sarà conservata dal pubblico. A tal proposito, si deve osservare che, nella grande maggioranza dei casi, il pubblico rilevante si troverà di fronte al marchio richiesto in occasione dell’acquisto di orologi e che, di norma, i marchi sono rappresentati sui quadranti degli stessi. Orbene, poiché la dimensione di tali quadranti è relativamente ridotta, la rappresentazione di elementi figurativi sarà difficilmente percettibile sul piano visivo, in quanto, come nella fattispecie, tali elementi non sono posizionati in modo centrale nella configurazione del marchio complesso, ma si presentano al di sopra dell’elemento denominativo del marchio richiesto.

78      Di conseguenza, si deve concludere che i segni confliggenti sono simili dal punto di vista visivo.

79      Quanto al confronto fonetico dei segni confliggenti, la commissione di ricorso ha svolto, al punto 34 della decisione impugnata, la seguente valutazione:

«Foneticamente, poiché il simbolo [contenuto] nel marchio richiesto sarà probabilmente considerato come un’abbreviazione di fantasia della parola ‘quantum’, il marchio richiesto sarà semplicemente pronunciato ‘Quantum’. Inoltre, è improbabile che il pubblico rilevante pronuncerà correttamente la parola come ‘kwäntóm’ (v. il Robert électronique), in particolare in quanto la parola è utilizzata in contesti assai specifici e il pubblico rilevante non la percepirà come una parola latina. Nel marchio richiesto, la sillaba ‘quan’ sarà pronunciata ‘kan-’, come nel marchio anteriore. Esiste pertanto un certo grado di somiglianza fonetica, nonostante il fatto che le terminazioni dei segni (‘-tóm’ o ‘-toum’ nel marchio richiesto e ‘-tjem’ nel marchio anteriore) probabilmente saranno differenti e che il marchio anteriore può essere pronunciato in tre sillabe».

80      Tale valutazione non può essere, in sostanza, contestata.

81      Per quanto riguarda la pronuncia, è infatti poco realistico pensare che il consumatore medio francese pronunci il marchio richiesto con riferimento alla pronuncia latina del termine «quantum», cioè «kwäntóm». A tal proposito, va rilevato che il sondaggio prodotto dalla ricorrente in occasione del procedimento amministrativo ed allegato al suo ricorso introduttivo conferma tale valutazione. Risulta infatti da tale sondaggio, realizzato presso un campione rappresentativo della popolazione francese di 984 persone il 30 maggio ed il 1 giugno 2002, che il 79,5% delle persone interrogate hanno pronunciato il marchio richiesto come «kantom», ovvero come «kantoum».

82      Su questo punto, non può essere accolta la contestazione dell’interveniente, secondo cui tale sondaggio non sarebbe rappresentativo, in particolare in quanto mancherebbe qualsiasi indicazione relativa al grado di educazione delle persone intervistate, indicazione che sarebbe stata rilevante per capire quale percentuale di consumatori pronuncerebbe l’elemento denominativo del marchio richiesto in considerazione dell’origine latina del termine, e pertanto in modo diverso dal vocabolo «quantième». Infatti, per un verso, l’interveniente non supporta in alcun modo la sua affermazione relativa all’irrilevanza dei risultati del sondaggio, mentre emerge che tale sondaggio è stato realizzato sulla base di un metodo e in circostanze obiettive. L’interveniente non esprime neppure le ragioni per le quali la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore facendo riferimento, nella decisione impugnata, ai risultati di tale sondaggio. Per altro verso, poiché il campione della popolazione francese è per definizione «rappresentativo» di tale popolazione, il sondaggio ha necessariamente preso in considerazione il livello di educazione di tale popolazione, come risulta indirettamente dalle tabelle relative alla struttura del campione. Del resto, l’interveniente contesta il fatto che il pubblico rilevante sia composto da consumatori medi francesi, per i quali non può presumersi una conoscenza del latino e della pronuncia, quantomeno non uniforme, di termini latini.

83      Ne discende che, di norma, il pubblico rilevante pronuncerà il marchio richiesto come «kantóm», ovvero «kantoum», mentre pronuncerà generalmente il marchio anteriore come «kantjεm», senza scindere tale pronuncia in tre sillabe, come evidenziato anche dai risultati del sondaggio citato.

84      Orbene, nonostante la presenza del suono «o», oppure «ou», nel marchio richiesto, e la presenza del suono «jε» nel marchio anteriore, i marchi confliggenti hanno in comune, oltre al suono «kant», anche il suono finale della lettera «m».

85      Deve pertanto concludersi che sussiste una somiglianza fonetica tra i segni confliggenti.

86      Quanto al confronto logico dei segni confliggenti, va rilevato che la commissione di ricorso, ai punti 35-38 della decisione impugnata, ha precisato quanto segue:

«35.      Concettualmente, i marchi hanno significati diversi. Il significato della parola ‘quantum’ varia in funzione dei contesti. In filosofia, essa significa una quantità finita e determinata e, nelle scienze fisiche, essa fa riferimento al valore discreto al quale ovvero ai multipli del quale corrisponde una manifestazione di energia. [Quantum di azione (…). Il quantum di energia elettromagnetica è proporzionale alla frequenza della radiazione (esso corrisponde a tale frequenza moltiplicata per la costante di Planck – essa stessa a volte designata col nome di quantum – v. il Robert électronique]. Secondo tale dizionario, la parola [‘quantum’] si trova altresì nel vocabolario informatico come ‘Quantum di tempo: durata elementare massima di un programma, nei sistemi in “tempo suddiviso” di un computer’. Inoltre, emerge chiaramente del dizionario Le Robert & Collins du management commercial financier économique juridique (1992) che il termine è utilizzato nell’ambito giuridico o amministrativo con il significato dell’importo dei danni (quantum dei danni). Poiché gli ambiti di utilizzazione di tale termine sono specifici, il consumatore medio non avrà un’idea precisa di alcuno dei significati sopra indicati, ancorché possa rendersi conto, qualora abbia studiato le scienze fisiche a un livello anche elementare, che si tratta di un termine scientifico.

36.      Quanto al termine ‘quantième’, il Robert électronique lo definisce, innanzitutto, come un aggettivo o come un aggettivo interrogativo che significa ‘quale rango o quale ordine numerico’ [ad esempio, ‘Je ne sais à la quantième visite ce fut (Furetière, Roman bourgeois, II). Le quantième êtes-vous? Le sixième’] e, in secondo luogo, come un sostantivo, che significa il giorno del mese indicato da una cifra che va da uno a 31 [de premier, deux (…), à trente ou trente et un. Le quantième, quel quantième sommes-nous? – Date, jour (du mois); et aussi combien […] Cette montre marque les quantièmes]. Emerge chiaramente dalle indicazioni che accompagnano tale parola, nonché dal parere del professor Jean-Pierre Lassalle, prodotto dall’opponente, che solamente l’aggettivo è obsoleto. Il sostantivo, nel secondo significato, non è obsoleto e descrive altresì l’indicazione del giorno del mese sugli orologi. Nonostante ciò, poiché tale termine non è di uso quotidiano, il consumatore medio non ne avrà una comprensione immediata. Tuttavia, se il consumatore medio ricorresse ai consigli di un venditore di orologi, il quale, al contrario, potrebbe avere una comprensione precisa del significato di tale termine nel senso di indicazione del mese contenuta negli orologi da tasca e da polso, non è escluso che il consumatore venga informato del significato preciso del termine stesso.

37.       Ancorché risulti dal sondaggio prodotto dall’opponente che una parte dei consumatori medi potrebbe ritenere che il marchio richiesto faccia riferimento alla nozione di quantità, tali consumatori sono meno numerosi di quelli che percepirebbero il marchio anteriore come riferito a tale nozione. Benché numerosi consumatori possano dimostrare di conoscere il significato della parola ‘quantième’, un numero ancor maggiore attribuisce un significato alla parola ‘quantum’. La percentuale è maggiore nel primo caso, in quanto la radice ‘quanti-’ permette un’associazione con la nozione di quantità. [Al contrario], ciò non è chiaro nel caso del prefisso ‘quant-’ [contenuto] nel marchio richiesto, che conduce ad un’associazione con la preposizione ‘quant’.

38.       Dal punto di vista dei consumatori che capiscono il significato preciso di uno o di entrambi i termini, in modo preciso o allusivo, i marchi saranno concettualmente diversi. Dal punto di vista dei consumatori che non ne capiscono il significato, il fattore logico riveste un’importanza minima nel confronto [dei segni confliggenti]».

87      Si deve rilevare, innanzi tutto, che la commissione di ricorso non ha chiaramente concluso nel senso dell’esistenza di una diversità logica tra i segni nella mente del pubblico rilevante.

88      Va inoltre rilevato che, per un verso, come osservato dalla commissione di ricorso, il significato degli elementi verbali dei segni confliggenti non è destinato ad essere compreso immediatamente dal consumatore medio francese, in particolare a causa dei contesti tecnici e specialistici nei quali tali termini sono utilizzati. Di certo non è escluso, come precisato dalla commissione di ricorso, che il consumatore medio percepisca la parola «quantum» come un termine scientifico. Tuttavia, ciò non implica che egli attribuisca a tale parola un significato specifico.

89      Nondimeno, come giustamente rilevato dall’interveniente all’udienza, in questo contesto è opportuno attribuire una certa importanza alle condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato [v. sentenze del Tribunale BUDMEN, citata al precedente punto 74, punto 57, e 6 ottobre 2004, cause riunite da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), Racc. pag. II‑3471, punto 49], in particolare alle condizioni di commercializzazione degli orologi da polso e da tasca. Infatti, tali prodotti sono di norma commercializzati con l’intermediazione di un venditore, il quale, in particolare, fornirà taluni consigli all’acquirente e probabilmente presenterà a quest’ultimo i dettagli tecnici e le caratteristiche del prodotto di cui trattasi. Orbene, in simili circostanze, è possibile che il consumatore medio sia reso edotto del significato dell’elemento denominativo «quantième» contenuto nel marchio anteriore, il quale è particolarmente utilizzato nell’industria e nel commercio dei prodotti di orologeria.

90      Questa è altresì la ragione per la quale, sul piano logico, i risultati del sondaggio citato, prodotto dalla ricorrente, non possono rivestire tutta l’importanza che quest’ultima attribuisce agli stessi. Infatti, se è certamente vero che, sul totale delle persone intervistate che hanno attribuito un significato ai due termini, più del 69% delle citazioni del termine «quantième» e più del 45% delle citazioni del termine «quantum» hanno fatto riferimento alla nozione di quantità, è altresì vero che tale sondaggio, effettuato presso il domicilio di ciascuna delle persone intervistate, non ha tenuto conto delle condizioni oggettive in cui i marchi in conflitto si presentano, o si presenterebbero, sul mercato.

91      Ne discende che se, di norma, il pubblico interessato non attribuirà immediatamente un significato preciso agli elementi verbali dei marchi confliggenti, esso potrà tuttavia attribuire un significato all’elemento denominativo del marchio anteriore, tenuto conto delle condizioni obiettive nelle quali vengono commercializzati i prodotti contrassegnati dai marchi confliggenti. Esiste pertanto una certa differenza logica tra i segni confliggenti.

92      Risulta dalle considerazioni di cui sopra che i segni confliggenti sono simili sul piano visivo e fonetico e presentano talune differenze sul piano logico.

–        Sul rischio di confusione

93      Va rilevato che, nella fattispecie, la commissione di ricorso ha ritenuto che non sussistesse alcun rischio di confusione tra i marchi confliggenti in base al ragionamento esposto ai punti 39 e 40 della decisione impugnata.

94      Essa ha pertanto svolto la seguente analisi:

«39. (…) [B]enché i prodotti del marchio richiesto siano identici o simili, per natura e per destinazione, ai prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, e benché gli accessori contrassegnati dal marchio richiesto siano complementari, per natura e per destinazione, ai prodotti del marchio anteriore, emerge dalle circostanze della fattispecie che, poiché gli orologi contrassegnati dal marchio anteriore sono venduti esclusivamente nei centri di distribuzione E. Leclerc e in tali centri non sono venduti orologi contrassegnati da altri marchi, i prodotti contrassegnati dai marchi [confliggenti] non saranno venduti l’uno di fianco all’altro ovvero negli stessi negozi.

40.       Considerando le circostanze nelle quali i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore sono stati commercializzati, nonché il fatto che gli orologi e i braccialetti per orologi contrassegnati da tale marchio sono venduti al consumatore finale esclusivamente nei negozi E. Leclerc, la commissione di ricorso non ritiene che le somiglianze di carattere visivo e fonetico tra i marchi confliggenti, nonché la loro possibile comune allusione alla nozione di quantità, possano portare il consumatore medio, qualora questo dovesse trovare il marchio richiesto su «orologi (da polso e da tasca), cinturini, catenelle e braccialetti per orologi da polso e da tasca, casse per orologi da parete, da polso e da tasca» in negozi diversi dai centri commerciali E. Leclerc, a ritenere che i prodotti designati dai marchi confliggenti provengano dalla stessa impresa ovvero da imprese collegate».

95      Tale argomentazione non può essere accolta.

96      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la valutazione del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e, per quanto riguarda l’applicazione del regolamento n. 40/94, sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, citata al precedente punto 59, punto 32).

97      Nella fattispecie, è fuor di dubbio che i prodotti contrassegnati dai marchi confliggenti sono parzialmente identici e parzialmente simili. Ne discende che, per escludere il rischio di confusione, tale identità e tale somiglianza devono essere compensate da un elevato grado di diversità tra i segni. Come ricordato sopra, i segni confliggenti sono visivamente e foneticamente simili, pur presentando una certa diversità logica.

98      È vero che, secondo la giurisprudenza, una differenza logica tra segni è idonea a neutralizzare in larga misura le somiglianze visive e fonetiche tra gli stessi (sentenza BASS, citata al precedente punto 60, punto 54). Tuttavia, secondo questa stessa giurisprudenza, una neutralizzazione siffatta richiede che almeno uno dei marchi di cui trattasi abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico possa immediatamente comprenderlo.

99      Orbene, nella fattispecie, come precedentemente rilevato, deve escludersi che il pubblico rilevante colga immediatamente il significato preciso sia dell’elemento denominativo «quantième» del marchio anteriore, sia dell’elemento denominativo «quantum» del marchio richiesto.

100    Di conseguenza, la diversità logica tra i segni confliggenti non è tale da neutralizzare in larga misura le somiglianze visive e fonetiche rilevate tra i segni stessi.

101    La commissione di ricorso ha tuttavia ritenuto che le peculiari modalità di commercializzazione dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore consentissero di escludere qualsiasi rischio di confusione tra i marchi confliggenti.

102    A tal proposito, si deve escludere in linea di principio, come sostenuto dalla ricorrente e dall’UAMI, che tale criterio possa essere preso in considerazione nel contesto dell’esame del rischio di confusione.

103    Secondo la giurisprudenza, nella valutazione globale del rischio di confusione, l’importanza da attribuirsi agli aspetti visivo, fonetico o logico dei segni in conflitto può variare in funzione delle condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato (v. sentenze BUDMEN, citata al precedente punto 74, punto 57, e NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection, citata al precedente punto 89, punto 49). Si deve rilevare in proposito che si devono assumere come riferimento le modalità di commercializzazione «normali» dei prodotti contraddistinti dai marchi confliggenti, cioè quelle condizioni che è normale attendersi per la categoria dei prodotti contrassegnati dai marchi di cui trattasi. Nella fattispecie, per gli orologi e i braccialetti per orologi si tratta di condizioni che presuppongono, di norma, l’acquisto con l’intermediazione di un venditore, senza che il consumatore possa avere accesso direttamente, in regime di self‑service, a tali prodotti.

104    La valutazione delle condizioni oggettive di commercializzazione dei prodotti contraddistinti dai marchi confliggenti si giustifica pienamente. Si deve infatti ricordare che l’esame del rischio di confusione che sono chiamate a svolgere le istanze dell’UAMI è un esame prospettico. Orbene, poiché le peculiari modalità di commercializzazione dei prodotti contraddistinti dai marchi possono variare nel tempo e secondo la volontà dei titolari dei marchi stessi, l’analisi prospettica del rischio di confusione tra due marchi, che persegue un obiettivo di interesse generale, ossia quello di far sì che il pubblico rilevante non rischi di essere indotto in errore quanto all’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi, non può dipendere dalle intenzioni commerciali, realizzate o meno, e per natura soggettive, dei titolari dei marchi.

105    Invece, si deve sottolineare che le istanze dell’UAMI possono prendere in considerazione le modalità oggettive di commercializzazione dei prodotti, in particolare allo scopo di stabilire l’importanza da attribuirsi rispettivamente agli aspetti visivo, fonetico e logico dei marchi confliggenti. Così, se un prodotto contrassegnato da un determinato marchio viene venduto esclusivamente su ordinazione orale, gli aspetti fonetici del segno in questione rivestiranno necessariamente una maggiore importanza per il pubblico rilevante rispetto agli aspetti visivi (v. in tal senso, sentenza NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection, citata al precedente punto 89, punto 49).

106    In proposito, il Tribunale non può condividere la tesi dell’interveniente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe effettivamente preso in considerazione, nella fattispecie, le condizioni obiettive di commercializzazione dei prodotti della ricorrente in quanto tali prodotti sono contrassegnati da una categoria di marchi sui generis, cioè i marchi privati ovvero i marchi del dettagliante. Infatti, tale asserzione non tiene conto, per un verso, del fatto che i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore non sono esposti nei reparti dei centri commerciali E. Leclerc, bensì in punti vendita specializzati che possono essere situati nella galleria commerciale che li circonda, e, per altro verso, del fatto che, anche nei centri commerciali, i marchi del dettagliante coesistono sul mercato con altri marchi aventi diverso titolare, che contraddistinguono prodotti identici o simili.

107    Ne discende che, nel prendere in considerazione, nell’ambito della valutazione del rischio di confusione tra i marchi confliggenti, le modalità specifiche di commercializzazione dei prodotti contraddistinti dal marchio anteriore, le quali sono necessariamente limitate nel tempo e dipendenti dalla sola strategia commerciale del titolare del marchio stesso, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di diritto.

108    Per tutte queste ragioni, la commissione di ricorso ha avuto torto nell’escludere l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi confliggenti in capo al consumatore medio francese.

109    Tale valutazione non è messa in discussione dall’osservazione dell’UAMI e dell’interveniente, secondo cui il marchio anteriore può godere solo di una tutela limitata in ragione del suo scarso carattere distintivo.

110    Se è vero, infatti, che il rischio di confusione è tanto più elevato quanto è rilevante il carattere distintivo del marchio anteriore (sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 24), nella fattispecie, l’identità e la somiglianza dei prodotti contraddistinti dai marchi confliggenti, associate alle somiglianze visiva e fonetica dei segni che li costituiscono, senza che tali somiglianze possano essere neutralizzate in larga misura dalla differenza logica tra i segni in questione, sono sufficienti a creare un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 in capo al consumatore medio francese. Poiché il rischio di confusione rappresenta la condizione specifica della tutela del marchio anteriore, tale tutela trova applicazione a prescindere dallo stabilire se il marchio anteriore presenti solo un limitato carattere distintivo.

111    Infine, quanto alla presunta assenza di rischio di confusione nella parte del pubblico rilevante costituita da professionisti, si deve rilevare che gli accessori, citati nella classe 14 tra i prodotti per i quali è chiesta la registrazione del marchio, non presentano un’utilizzazione strettamente limitata a tali specialisti e non possono essere dissociati dagli altri prodotti per i quali è richiesto il marchio comunitario. Di conseguenza, l’accertamento dell’esistenza di un rischio di confusione in capo al consumatore medio francese è sufficiente per ritenere che vi sia un rischio di confusione tra i marchi confliggenti per il pubblico rilevante.

112    Va quindi accolto il secondo motivo basato sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e, senza che vi sia necessità di esaminare il primo motivo invocato dalla ricorrente, devono essere accolte le conclusioni di annullamento formulate da quest’ultima.

113    Ne discende che non vi è ragione di pronunciarsi sulla seconda parte delle conclusioni della ricorrente, aventi ad oggetto il diniego della registrazione del marchio comunitario richiesto, in quanto, ai sensi dell’art. 63, n. 6, del regolamento n. 40/94, l’UAMI è in ogni caso tenuto ad assumere le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del giudice comunitario.

 Sulle spese

114    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella fattispecie, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’UAMI alle spese del presente grado di giudizio. L’UAMI, poiché è rimasto soccombente, dev’essere condannato al pagamento delle spese sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

115    La ricorrente ha inoltre chiesto la condanna dell’interveniente alle spese da essa sostenute nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI. Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’art. 136, n. 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Ciò non vale per le spese sostenute nel procedimento dinanzi alla divisione d’opposizione, ragion per cui la domanda della ricorrente, intesa ad ottenere che l’interveniente, rimasta soccombente, sia condannata alle spese del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI può essere accolta solo limitatamente alle spese indispensabili sostenute dalla ricorrente per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della terza commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 30 gennaio 2003 (procedimento R 109/2002‑3) è annullata.

2)      L’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale.

3)      L’interveniente sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

Legal

Mengozzi

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 gennaio 2006.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       H. Legal


* Lingua processuale: l'inglese.