SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)
27 gennaio 1998 (1)
« Ricorso di annullamento Aiuti concessi dagli Stati Mercato
dell'accettazione delle scommesse Art. 92, nn. 1 e 3 del Trattato CE
Nozione di aiuto Misure fiscali Obbligo di restituzione»
Nella causa T-67/94,
Ladbroke Racing Ltd, società di diritto inglese con sede legale in Londra,
rappresentata dai signori Jeremy Lever, QC, Christopher Vajda, barrister, del foro
d'Inghilterra e del Galles, e Stephen Kon, solicitor, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso lo studio legale Winandy e Err, avenue Gaston Diderich,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Michel Nolin e
Richard Lyal, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Goméz de la Cruz, membro del
servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
sostenuta da
Repubblica francese, rappresentata dalla signora Catherine de Salins, vicedirettore
presso la direzione degli affari giuridici del ministero degli Affari esteri, e Jean-Marc Belorgey, chargé de mission presso la stessa direzione, in qualità di agenti,
con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Francia, 8B
boulevard Joseph II,
avente ad oggetto, in via principale, una domanda d'annullamento della decisione
della Commissione 22 settembre 1993, 93/625/CEE, concernente gli aiuti concessi
dal governo francese al gruppo Pari mutuel urbain (PMU) e alle società di corse
(GU L 300, pag. 15),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Seconda Sezione ampliata),
composto dai signori C. W. Bellamy, presidente, B. Vesterdorf, C. P. Brïet, A.
Kalogeropoulos e A. Potocki giudici,
cancelliere: signora B. Pastor, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'11
marzo 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti e procedimento
- 1.
- La ricorrente, la Ladbroke Racing Ltd (in prosieguo: la «Ladbroke»), è una società
di diritto inglese, controllata dalla Ladbroke Group plc, che si occupa, fra l'altro,
dell'organizzazione e della fornitura di servizi di scommesse sulle corse ippiche nel
Regno Unito e in altri paesi della Comunità europea.
- 2.
- Il Pari mutuel urbain (in prosieguo: il «PMU») è un consorzio (in prosieguo: il
«GIE») composto dalle principali società di corse in Francia (art. 21 del decreto
4 ottobre 1983, 83-878 relativo alle società di corse ippiche e alle scommesse al
totalizzatore, in prosieguo: il «decreto 83-878»), creato per gestire i diritti di tali
società a organizzare scommesse al totalizzatore fuori ippodromo. La gestione da
parte del PMU dei diritti delle società di corse per l'organizzazione di tali
scommesse era assicurata inizialmente sotto forma di «servizio comune» (decreto
11 luglio 1930, relativo all'estensione delle scommesse al totalizzatore fuori
ippodromo). Secondo le disposizioni dell'art. 13 del decreto 14 novembre 1974, 74-954, relativo alle società di corse ippiche (in prosieguo: il «decreto 74-954»), il
PMU provvede, a partire da tale data, alla gestione dei diritti delle società di corse
sulle scommesse al totalizzatore fuori ippodromo in via esclusiva. Tale esclusiva del
PMU è inoltre tutelata dal divieto, per soggetti diversi dal PMU, di effettuare o di
accettare scommesse sulle corse ippiche (art. 8 del decreto interministeriale 13
settembre 1985, recante regolamento del PMU). Essa si estende alle scommesse
accettate all'estero sulle corse organizzate in Francia, nonché sulle scommesse
accettate in Francia su corse organizzate all'estero, le quali possono, del pari,
essere fatte solo dalle società autorizzate e/o dal PMU (art. 15, n. 3, della legge 23
dicembre 1964, 64-1279, recante la legge finanziaria per il 1965, e art. 21 del
decreto 83-878, citato).
- 3.
- Il 7 aprile 1989 sette società appartenenti al gruppo Ladbroke, fra cui la ricorrente,
presentavano una denuncia contro un certo numero di aiuti che le autorità francesi
avrebbero accordato al PMU e che sarebbero incompatibili con il mercato comune.
- 4.
- Gli aiuti denunciati dalla Ladbroke erano i seguenti:
1) agevolazioni di tesoreria concesse al PMU con l'autorizzazione a differire
il pagamento allo Stato francese di determinate imposte sulle scommesse
accettate sulle corse di cavalli;
2) condono, nel 1986, di 180 milioni di FF di prelievi sulle scommesse per
aiutare il PMU a ripianare il suo deficit e a condizione che quest'ultimo
adottasse un piano di risanamento;
3) esenzione dalla norma che prevede il versamento entro un mese
dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»);
4) utilizzazione da parte del PMU delle vincite non reclamate da parte degli
scommettitori per finanziare determinate indennità di licenziamento;
5) esonero dal contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie;
6) rinuncia, dal 1982 al 1985, alle somme corrispondenti agli arrotondamenti
alla cifra decimale inferiore sulle vincite;
7) esenzione delle società di corse dal pagamento dell'imposta sulle società, il
che avrebbe rappresentato, nel 1989, un aiuto di circa 546 milioni di FF;
8) esenzione delle società di corse dal pagamento dell'imposta sul reddito,
gravante sulle associazioni che non sono soggette all'imposta sulle società.
- 5.
- Con lettera 11 gennaio 1991, la Commissione informava le autorità francesi della
sua decisione di avviare il procedimento previsto all'art. 93, n. 2, del Trattato CEE
riguardo alle sette seguenti misure in favore del PMU (GU, C 38, pag. 3):
«1) agevolazione di tesoreria consistente in termini particolarmente favorevoli
per il versamento dei prelievi fiscali al Tesoro a partire dal 1980 e 1981;
2) condono di 180 milioni di franchi francesi sui prelievi del 1986;
3) esonero dal versamento dell'IVA entro il mese successivo;
4) utilizzazione delle vincite non reclamate al fine di versare un'indennità
complementare di licenziamento nel 1985;
5) esonero dal contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie;
6) rinuncia dal 1982 al 1985 al corrispettivo degli arrotondamenti alla cifra
decimale inferiore sulle vincite;
7) esenzione dall'imposta sulle società».
- 6.
- Con lettera 19 marzo 1991, la Ladbroke chiedeva alla Commissione di adottare
misure provvisorie per sospendere quattro delle sette misure in favore della PMU,
vale a dire, a) le agevolazioni di tesoreria; b) l'esonero dal versamento dell'IVA
entro il mese successivo; c) l'esonero dal contributo dei datori di lavoro alle opere
edilizie; e d) l'esenzione dall'imposta sulle società.
- 7.
- Con decisione 11 giugno 1991, 92/35/CEE, la Commissione invitava il governo
francese a sospendere tre delle suddette quattro misure in favore del PMU, che
erano state adottate in violazione dell'art. 93, n. 3, del Trattato e che avevano un
carattere permanente (GU 1992, L 14, pag. 35, in prosieguo: la «decisione
provvisoria»), vale a dire 1) le agevolazioni di tesoreria; 2) l'esonero dal
versamento dell'IVA entro il mese successivo; e 3) l'esonero dal contributo dei
datori di lavoro alle opere edilizie.
- 8.
- Con lettera 24 giugno 1992, la Ladbroke chiedeva alla Commissione di pronunciarsi
definitivamente sulla questione se il governo francese avesse sospeso o no gli aiuti
che costituivano oggetto della decisione provvisoria.
- 9.
- Poiché la Commissione non aveva risposto a tale lettera, la Ladbroke, con lettera
11 agosto 1992, la invitava a prendere posizione ai sensi dell'art. 175 del Trattato,
riguardo a) agli aiuti denunciati che non costituivano oggetto della decisione
provvisoria; b) alle misure prese dalla Commissione per attuare tale decisione
provvisoria; e c) al procedimento nel merito, relativo agli aiuti che avevano
costituito oggetto della decisione provvisoria.
- 10.
- Con lettera 12 ottobre 1992, la Commissione rispondeva alla suddetta lettera di
diffida 11 agosto 1992. In tale risposta, la Commissione faceva riferimento alle
misure adottate dalle autorità francesi per conformarsi alla decisione provvisoria
e sottolineava che, per quanto riguardava altri aiuti menzionati nella decisione di
apertura del procedimento, la loro compatibilità con il mercato comune sarebbe
stata valutata nell'ambito della decisione definitiva ai sensi dell'art. 93, n. 2, del
Trattato.
- 11.
- Con lettera 5 novembre 1992, la Ladbroke rispondeva alla lettera della
Commissione 12 ottobre 1992, sottolineando che, come risultava da questa stessa
lettera, quindici mesi dopo l'adozione della decisione provvisoria, la Commissione
non sapeva ancora se il governo francese aveva effettivamente sospeso le
agevolazioni di tesoreria e l'esonero dal versamento dell'IVA entro il mese
successivo e che, peraltro, l'esonero delle società di corse dei cavalli dal contributo
dei datori di lavoro alle opere edilizie era sempre in vigore, in flagrante violazione
della decisione provvisoria. La Ladbroke diffidava così nuovamente la
Commissione, ai sensi dell'art. 175 del Trattato CE invitandola: a) a confermare
che i due primi aiuti, vale a dire le agevolazioni di tesoreria e l'esonero dalla regola
del versamento dell'IVA entro il mese successivo, erano stati sospesi; b) ad
ottenere la sospensione del terzo aiuto, vale a dire l'esonero dal contributo dei
datori di lavoro alle opere edilizie; c) a portare a termine il procedimento avviato
entro due mesi a decorrere dal ricevimento di tale lettera; d) a dichiarare i sette
aiuti concessi al PMU incompatibili con il mercato comune; e e) ad ordinare la
restituzione di tali aiuti, maggiorati di interessi al tasso di mercato.
- 12.
- Non avendo ricevuto risposta a tale diffida, la Ladbroke proponeva, il 5 marzo
1993, un ricorso per carenza contro la Commissione, ai sensi dell'art. 175 del
Trattato, iscritto a ruolo col numero T-467/93.
- 13.
- Il 22 settembre 1993, la Commissione adottava la decisione 93/625/CEE
concernente gli aiuti concessi dal governo francese al gruppo Pari Mutuel Urbain
(PMU) e alle società di corse (GU L 300, pag. 15, in prosieguo: la «decisione
93/625» o la «decisione impugnata») che poneva fine al procedimento avviato
contro la Francia.
- 14.
- Con lettere 13 e 20 dicembre 1993, la Ladbroke informava il Tribunale che, a
seguito dell'adozione della decisione della Commissione 93/625, era venuta meno
la materia del contendere del suo ricorso e che essa desisteva.
- 15.
- Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 2 maggio 1994,
la causa T-467/93 è stata cancellata dal ruolo.
La decisione impugnata
- 16.
- Nella decisione impugnata, la Commissione ha operato una distinzione tra due
categorie di somme prelevate sulle scommesse effettuate sulle corse di cavalli, vale
a dire, da un lato, i «prelievi» o «prelievi pubblici», che rappresentano le somme
versate al bilancio generale dello Stato e, dall'altro, i «prelievi non pubblici», ossia
le somme distribuite agli scommettitori. Infatti, secondo la decisione impugnata, su
100 FF di scommesse registrate, il PMU preleva circa 30 FF e ne ridistribuisce più
o meno 70 agli scommettitori. Sui restanti 30 FF, il PMU copre le proprie spese,
vale a dire circa 5,5 FF, le autorità statali e la città di Parigi trattengono circa 18
FF e il resto spetta alle società di corse.
- 17.
- La Commissione ha poi sottolineato che, mentre i mercati dei giochi d'azzardo
erano tradizionalmente organizzati in mercati nazionali, le scommesse sulle corse
di cavalli su ippodromi nazionali erano invece organizzate a livello internazionale,
e che solo dopo il gennaio 1989, con la creazione del Pari mutuel international (in
prosieguo: il «PMI»), il PMU aveva manifestato esplicitamente la propria volontà
di estendere le sue attività fuori della Francia, attraverso accordi conclusi in
Germania e in Belgio e entrando così in concorrenza con altri organizzatori di
scommesse e con società di corse tra cui in particolare la Ladbroke (parte III della
decisione impugnata).
- 18.
- Essa ha ritenuto che tre delle sette misure adottate dal governo francese in favore
del PMU, interessate dal procedimento avviato ai sensi dell'art. 93, n. 2, del
Trattato CEE, costituissero aiuti statali ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato.
- 19.
- Infatti, la Commissione ha considerato che la rinuncia, tra il 1982 e il 1985, ad una
parte del prelievo (315 milioni di FF) sul corrispettivo degli arrotondamenti alla
cifra decimale inferiore sulle vincite, destinato dal 1967, in base alla legge
finanziaria 17 dicembre 1966, al bilancio generale dello Stato, configurava un aiuto,
in quanto era una «misura limitata nel tempo destinata a risolvere un problema
puntuale», l'informatizzazione delle operazioni di PMU, destinata ad aiutarla a
rafforzare la sua posizione sul mercato [parti IV e V, punto 2), pagg. 17 e 18].
- 20.
- Essa ha altresì ritenuto che l'esenzione dalla regola del differimento di un mese per
la detrazione dell'IVA costituisse un vantaggio di tesoreria equiparabile ad un aiutostatale, ma che fosse, tuttavia, controbilanciato, dal 1989 fino all'abolizione
avvenuta il 1° luglio 1993, da una cauzione permanente depositata presso il Tesoro
[parti IV e V, punto 6)].
- 21.
- Infine, per quanto riguarda l'esenzione disposta a favore del PMU, dal contributo
alle opere edilizie, la Commissione ha accertato che, se una sentenza del Consiglio
di Stato del 1962 aveva confermato il carattere agricolo delle attività delle società
di corse e, quindi, l'esenzione da tale contributo a loro favore, l'attività dello stesso
PMU, vale a dire l'organizzazione e il trattamento delle scommesse, non costituiva
manifestamente un'attività agricola cosicché l'esenzione in parola, non essendo
giustificata dallo statuto del PMU, configurava un aiuto statale [parti IV e V, punto
7), pagg. 17 e 18].
- 22.
- Tuttavia, la Commissione ha accertato che le tre misure di cui trattasi potevano
essere esentate ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato.
- 23.
- Per quanto riguarda l'aiuto consistente nella rinuncia alle somme corrispondenti
agli arrotondamenti alla cifra decimale inferiore sulle vincite, la Commissione ha
ritenuto che, benché si trattasse di un aiuto d'intensità elevata (circa il 29% del
costo totale dell'informatizzazione), «dato lo stato di sviluppo della concorrenza e
degli scambi prima della creazione di PMI nel gennaio 1989, gli aiuti accordati fra
il 1982 e il 1985 per l'informatizzazione di PMU non hanno prodotto turbamenti
del mercato in misura contraria all'interesse comune, tenuto conto dei loro effetti
diretti ed indiretti sullo sviluppo del settore in tutte le sue componenti economiche,
compreso il miglioramento della razza equina» (parte VII, punto 1)].
- 24.
- Per quanto riguarda l'esenzione dalla regola del differimento per la detrazione
dell'IVA, la Commissione ha considerato che, per le stesse ragioni già addotte per
il precedente aiuto, tale aiuto doveva altresì essere ritenuto compatibile con il
mercato comune fino al gennaio 1989. Quanto al periodo successivo al 1989, gli
effetti turbativi dell'aiuto di cui trattasi sulla concorrenza sarebbero stati
integralmente compensati da una cauzione permanente depositata presso il Tesoro
[parte VII, punto 2)].
- 25.
- Per quanto riguarda l'aiuto risultante dall'esonero dal contributo alle opere edilizie,
la Commissione ha considerato che, allo stesso modo dell'aiuto concesso mediante
l'esenzione dalla regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA,
esso poteva beneficiare della deroga prevista all'art. 92, n. 3, lett. c), fino al 1989,
ma doveva essere dichiarato incompatibile a partire dal 1989 [parte VII, punto 3,
pag. 20].
- 26.
- Per quanto riguarda la restituzione di quest'ultimo aiuto, a partire dal 1989, la
Commissione ha tuttavia ritenuto opportuno «non esigerne la restituzione a partire
da tale data tenuto conto del fatto che le autorità francesi non hanno operato la
trattenuta del contributo per rispettare la sentenza del Consiglio di Stato del 1962
richiamata nella parte IV, punto 7» (v. supra, punto 21), tale argomento non
poteva «essere accolto per quanto concerne il periodo successivo alla notifica alle
autorità francesi dell'avvio del procedimento, in data 11 gennaio 1991». La
Commissione ha, inoltre, dichiarato che essa non era in grado di quantificare
l'elemento d'aiuto da recuperare e ha chiesto alle autorità francesi di determinare
l'importo da recuperare e di comunicarglielo (parte VIII).
- 27.
- Per quanto riguarda le altre quattro misure, la Commissione ha ritenuto che non
fossero soddisfatte le condizioni per l'applicazione dell'art. 92, n. 1.
- 28.
- Per quanto riguarda le somme rappresentate dalle vincite non reclamate la
Commissione ha ritenuto che, nella misura in cui sono sempre state considerate
risorse normali, esse facessero parte dei prelievi non pubblici. Il loro impiego per
finanziare, in particolare, oneri sociali, spese di controllo, di vigilanza e
funzionamento, incentivi all'allevamento ed investimenti direttamente connessi
all'organizzazione delle corse e del totalizzatore non potrebbe quindi essere
considerato un aiuto statale, poiché mancherebbe il carattere di risorse statali [parti
IV e V, punto 1)].
- 29.
- Per quanto riguarda la modifica della ripartizione dei prelievi pubblici (v. supra,
punto 16), la Commissione ha precisato che i regimi fiscali applicabili alle corse
ippiche erano di competenza degli Stati membri e che i ritocchi al rialzo o al
ribasso delle aliquote fissate non corrispondevano ad aiuti statali, purché le
conseguenti variazioni fossero uniformemente applicabili a tutte le imprese
interessate. L'esistenza di un aiuto statale non poteva essere esclusa qualora una
forte riduzione dell'aliquota rafforzasse la situazione finanziaria di un'impresa in
posizione di monopolio. Questo non sarebbe il caso di specie, in quanto la
riduzione del 1984 del prelievo pubblico sulle scommesse è stata limitata (circa l'1,6
%) e successivamente mantenuta poiché non era mirata a finanziare un'operazione
puntuale. Le autorità francesi non avrebbero agito allo scopo di aumentare in
modo permanente le risorse dei beneficiari dei prelievi non pubblici. Tenuto conto
della particolarità della situazione dei suoi beneficiari, la misura non avrebbe
configurato un aiuto statale, ma «una riforma in veste di aggiustamento fiscale
giustificata dalla natura e dall'economia del sistema in causa» [parti IV e V, punto
3)].
- 30.
- Per quanto riguarda l'esenzione dall'imposta sulle società, la Commissione ha
ritenuto che, poiché tale imposta «non [poteva] applicarsi al [GIE]-PMU a causa
del suo stesso fondamento giuridico», tale esenzione dovesse «considerarsi una
conseguenza dell'applicazione normale del regime fiscale generale» [parte V, punto
4].
- 31.
- Per quanto riguarda le agevolazioni di tesoreria consistenti nel differimento
accordato per il versamento dei prelievi pubblici, che rappresenta un apporto di
tesoreria di circa due mesi, accordato al PMU con decisioni 24 aprile 1980 e 19
febbraio 1982 del ministro del Bilancio, la Commissione ha ritenuto che, poiché tali
vantaggi hanno determinato l'aumento continuo della quota di prelievi non pubblici
dal 1981, essi non facessero parte «di una rinuncia temporanea a risorse da parte
delle pubbliche autorità né di una misura puntuale», poiché la loro valutazione
doveva essere analoga a quella della misura precedente riguardante la ripartizione
dei prelievi (v. supra, punto 29) [parti IV e V, punto 5)].
- 32.
- Conseguentemente, con ricorso depositato in cancelleria il 4 febbraio 1994, la
Ladbroke ha proposto il presente ricorso.
- 33.
- Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 giugno 1994, il governo
della Repubblica francese ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni
della Commissione.
- 34.
- Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 30 agosto 1994,
l'istanza d'intervento è stata accolta e, il 21 dicembre 1994, l'interveniente ha
presentato la sua memoria di intervento, sulla quale la ricorrente ha presentato, il
31 marzo 1995, le sue osservazioni.
- 35.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso
di aprire la fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione del
procedimento, ha invitato la convenuta a produrre determinati documenti
riguardanti la corrispondenza con le autorità francesi sugli aiuti concessi al PMU.
- 36.
- All'udienza dell'11 marzo 1997, sono state sentite le difese orali delle parti e le loro
risposte ai quesiti orali del Tribunale.
Conclusioni delle parti
- 37.
- La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
annullare la decisione 93/625 nei limiti in cui la Commissione in essa
stabilisce:
1) che le seguenti misure non sono soggette all'applicazione dell'art. 92,
n. 1, del Trattato:
a) agevolazioni di tesoreria che permettano al PMU di differire il
pagamento allo Stato di determinati prelievi sulle scommesse;
b) esenzione dall'imposta sulle società;
c) esenzione dall'imposta sul reddito;
d) rinuncia a 180 milioni di FF di prelievi sulle scommesse nel
1986;
e) diritto del PMU di incamerare le vincite non reclamate;
f) eccezione alla norma del differimento di un mese per la
deduzione dell'IVA a partire dal 1° gennaio 1989;
2) che le misure seguenti erano compatibili con il mercato comune ai
sensi dell'art. 92 del Trattato:
a) l'arrotondamento alla cifra decimale inferiore delle vincite degli
scommettitori tra il 1982 e il 1985, per un importo di 315 di FF;
b) l'eccezione alla norma del differimento di un mese per la
deduzione dell'IVA prima del 1° gennaio 1989;
c) l'esonero dal contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie
prima del 1° gennaio 1989;
3) a) che per il periodo anteriore all'11 gennaio 1991, non è
necessario restituire l'aiuto concesso al PMU sotto forma di
esonero dal contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie;
b) che la Commissione non ha l'obbligo di determinare essa stessa
l'importo dell'aiuto che deriva dall'esonero del contributo dei
datori di lavoro alle opere edilizie, di cui la Commissione ha
ordinato la restituzione per il periodo successivo all'11 gennaio
1991;
ordinare alla Commissione:
1) di calcolare entro un mese dalla pronuncia della sentenza del
Tribunale
a) l'importo dell'aiuto concesso al PMU sotto forma di esonero dal
contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie per il periodo
successivo all'11 gennaio 1991, importo costituito dai contributi
ai quali lo Stato francese ha rinunciato esonerando il PMU da
tale prelievo durante detto periodo;
b) l'importo degli interessi su tale somma, interessi che devono
essere calcolati ai sensi dell'art. 3 della decisione 93/625;
2) di esigere, nel corso del mese seguente, la restituzione di tutte le
somme dovute conformemente al punto 1), lett. a) e b), di cui sopra
che non sarebbero state ancora restituite allo Stato francese dal PMU
(così come gli interessi su tali somme);
3) di esigere immediatamente la restituzione di tutte le entrate alle quali
lo Stato francese avrebbe rinunciato per via dell'esonero del PMU dal
contributo dei datori di lavoro alle opere edilizie nel periodo
compreso tra il 1° gennaio 1989 e l'11 gennaio 1991, maggiorate degli
interessi su tale somma calcolati ai sensi dell'art. 3 della decisione
93/625;
4) senza pregiudizio del punto 3) di cui sopra, di riesaminare
immediatamente la denuncia presentata il 7 aprile 1989 alla luce della
sentenza che il Tribunale di primo grado avrà emesso e di portare a
termine tale riesame entro sei mesi dalla data di questa sentenza;
condannare la Commissione alle spese.
- 38.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso;
condannare la ricorrente alle spese.
- 39.
- La parte interveniente conclude che il Tribunale voglia:
respingere il ricorso.
Nel merito
- 40.
- A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce quattro motivi. I primi due
riguardano una non corretta applicazione, rispettivamente, dell'art. 92, n. 1, e
dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato, il terzo una violazione degli obblighi che
incombono alla Commissione nel caso in cui ordini la restituzione di un aiuto
statale e il quarto una violazione dell'art. 190 del Trattato.
Sulla non corretta applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato
- 41.
- La ricorrente sostiene che la Commissione ha applicato l'art. 92, n. 1, del Trattato
in modo non corretto, in quanto ha accertato che quattro delle sette misure statali
di cui trattasi non costituivano aiuti e, per quanto riguarda la misura sotto forma
di esenzione dalla regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA,
che essa non costituiva più un aiuto statale a partire dal 1989, per il fatto che i suoi
effetti erano compensati dal deposito di una cauzione permanente presso il Tesoro.
Sulla modifica della ripartizione dei prelievi e la conseguente rinuncia a 180
milioni di FF sui prelievi a partire dal 1985
Sintesi degli argomenti delle parti
- 42.
- La ricorrente sostiene che, come risulterebbe provato nella sua denuncia, la
rinuncia, con decreti 23 gennaio 1985 e 12 marzo 1986, a una parte del prelievo di
Stato, valutata in 180 milioni di FF, sarebbe direttamente connessa al piano di
risanamento del PMU e una gran parte di tale somma sarebbe servita a finanziare
i licenziamenti in massa del personale del PMU. Essa fa riferimento ad un
comunicato dell'agenzia di stampa AFP secondo il quale all'epoca dei fatti il
segretario di Stato francese per il Bilancio aveva approvato il programma di
risanamento del PMU dichiarando che «lo Stato, dal canto suo, contribuisce con
un aiuto di 180 milioni di FF, che risulta dalla rinuncia ad una parte del prelievo
sulle poste ad esso spettante a favore delle società di corse».
- 43.
- Il fatto che la modifica legislativa della ripartizione dei prelievi sia stata
successivamente mantenuta non toglierebbe niente al fatto che essa era
strettamente connessa al piano di risanamento del PMU. Secondo la ricorrente,
uno Stato membro non può aggirare l'applicazione delle norme sugli aiuti statali
rendendo permanente ciò che, inizialmente, sarebbe stato solo un aiuto
temporaneo. In ogni caso, l'intero il sistema di prelievi costituirebbe un sistema di
aiuti statali, cosicché qualsiasi modifica di tale sistema in favore del PMU
costituirebbe altresì un aiuto statale.
- 44.
- Quanto all'argomento della Commissione secondo il quale sarebbe legittimo per
uno Stato membro contribuire alla ristrutturazione delle imprese nel contesto di un
sistema fiscale oneroso e derogatorio, la ricorrente si richiama alla sentenza 2 luglio
1974, causa 173/77, Italia/Commissione (Racc. pag. 709), nella quale la Corte ha
respinto un argomento secondo il quale una riduzione dell'onere fiscale avente
siffatto obiettivo non rientrava nel divieto di cui all'art. 92 del Trattato. Inoltre, la
ricorrente contesta che il PMU sia soggetto ad una imposizione onerosa, superiore
a quella che grava sulle altre attività economiche, sottolineando che tale argomento,
fatto valere dalla Commissione nella sua memoria difensiva, non figurava nella
decisione impugnata.
- 45.
- La Commissione sostiene che la riduzione, a partire dal 1985, della parte prelevata
dallo Stato francese sulle imposte sulle scommesse costituiva una modifica
permanente del regime impositivo e non può, di conseguenza, essere considerata
come aiuto statale.
- 46.
- La Commissione, negando l'esistenza di una diretta correlazione tra la modifica del
regime di imposizione dei prelievi e il piano di risanamento del PMU, sostiene che,
anche se tale correlazione esistesse, ciò non significherebbe che la misura di cui
trattasi costituiva un aiuto statale, poiché nel contesto di un sistema fiscale oneroso
e derogatorio, come quello al quale è soggetto il PMU, sarebbe legittimo per lo
Stato contribuire alla ristrutturazione delle imprese interessate al fine di garantire
le proprie entrate per il futuro, poiché il Tesoro francese trae un profitto
sostanziale da qualsiasi miglioramento dell'efficienza del PMU.
- 47.
- Infine, come si evincerebbe dalla dichiarazione del segretario di Stato al Bilancio,
citata dalla ricorrente (v. supra, punto 42), la misura di cui trattasi è stata adottata
«a favore delle società di corse» e non a favore del PMU. Poiché il procedimento
ai sensi dell'art. 92, n. 3 del Trattato riguarda soltanto il PMU e non le società di
corse, la Commissione non poteva quindi pronunciarsi su un aiuto che sarebbe
stato concesso alle società di corse.
- 48.
- Inoltre, e in ogni caso, le condizioni essenziali perché una misura venga qualificata
come aiuto statale incompatibile e illegittimo alla luce del Trattato non sarebbero
soddisfatte nel caso delle società di corse, in mancanza di un rapporto di
concorrenza tra le stesse e la ricorrente.
- 49.
- Infine, nel corso dell'udienza, la Commissione, richiamandosi alla sentenza del
Tribunale 27 febbraio 1997, causa T-106/95, FFSA e a./Commissione (Racc. pag.
II-229), ha sostenuto che ad essa deve riconoscersi un certo potere discrezionale
per decidere quale sia il metodo più adeguato per assicurarsi che le attività
soggette al libero svolgimento della concorrenza non ricevano sussidi, valutazione
che deve essere sanzionata solo in caso di errore manifesto.
- 50.
- La parte interveniente si associa alle conclusioni della Commissione e, per il resto,
fa rinvio agli argomenti svolti riguardo alle agevolazioni di tesoreria (v. ultra, punti
72-73).
Giudizio del Tribunale
- 51.
- Il Tribunale rileva che dalla decisione impugnata risulta che la modifica della
ripartizione dei prelievi intervenuta nel 1985 e nel 1986 non costituiva un aiuto
statale, bensì una «riforma in veste di aggiustamento fiscale giustificata dalla natura
e dall'economia del sistema in causa», nei limiti in cui i tre criteri richiesti dalla
Commissione per valutare la sua compatibilità con l'art. 92, n. 1, del Trattato, non
erano soddisfatti. Infatti, secondo la decisione impugnata, la misura in questione,
a) costituiva soltanto una riduzione limitata dell'aliquota dei prelievi (circa l'1,6%),
che non rafforzava la situazione finanziaria di un'impresa che deteneva il
monopolio, b) era di carattere permanente, e c) non mirava a finanziare
un'operazione puntuale, ma «ad aumentare le risorse dei beneficiari dei prelievi
non pubblici» [parte V, n. 3), della decisione impugnata].
- 52.
- Il Tribunale ritiene che, poiché nella fattispecie si tratta di accertare la portata del
sindacato del giudice comunitario sui criteri scelti dalla Commissione per valutare
se la misura fiscale di cui trattasi rientrasse o no nell'ambito d'applicazione dell'art.
92, n. 1, del Trattato, occorre rammentare, in primo luogo, che quest'ultima
disposizione, che dichiara incompatibile con il mercato comune qualsiasi intervento
statale che, sotto qualsiasi forma, conferisca a talune imprese vantaggi che falsino
o minaccino di falsare la concorrenza sul mercato comune, non distingue gli
interventi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione
dei loro effetti (v. sentenza della Corte 26 settembre 1996, causa C-241/94,
Francia/Commissione, Racc. pag. I-4551, punti 19 e 20). Ne consegue che la
nozione di aiuto è una nozione obiettiva e funzione soltanto della questione se una
misura statale conferisca o meno un vantaggio ad una o a talune imprese. Il
Tribunale ritiene di conseguenza che la qualificazione di una misura come aiuto
statale, che, secondo il Trattato, compete sia alla Commissione che al giudice
nazionale, non può in via di principio giustificare, in mancanza di circostanze
particolari dovute segnatamente alla natura complessa dell'intervento statale di cui
trattasi (sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C-56/93, Belgio/Commissione,
Racc. pag. I-723, punti 10 e 11; sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-358/94, Air France/Commissione, Racc. pag. II-2109, punto 71), il riconoscimento
di un ampio potere discrezionale alla Commissione. Infatti, la valutazione della
pertinenza delle cause o degli obiettivi degli interventi statali rientra unicamente
nell'esame dell'eventuale compatibilità di tali misure con il mercato comune, come
previsto dall'art. 92, n. 3, del Trattato. Orbene, solo nell'attuazione di tale
disposizione, che implica, da parte della Commissione, valutazioni di ordine
economico, sociale, regionale e settoriale, a quest'ultima viene effettivamente
conferito un ampio potere discrezionale (sentenze della Corte 14 gennaio 1997,
causa C-169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-135, punto 18, e 15 maggio
1997, causa C-355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I-2549, punto 26).
- 53.
- Tale conclusione non viene inficiata dalla citata sentenza FFSA e a./Commissione,
richiamata dalla Commissione, nella quale il Tribunale, per quanto riguarda la
questione se una misura statale che soddisfi le condizioni d'applicazione dell'art. 92,
n. 1, del Trattato (punti 167 e 168 della sentenza), possa, comunque, beneficiare
della deroga prevista all'art. 90, n. 2, del Trattato, ha riconosciuto alla Commissione
un ampio potere discrezionale (punti 170-187 della sentenza), poiché a differenza
di tale sentenza, la presente causa non riguarda la valutazione della misura statale
di cui trattasi alla luce dell'art. 90, n. 2, del Trattato.
- 54.
- In secondo luogo, occorre rammentare che, se è vero, come la Commissione ha
peraltro rilevato nella decisione impugnata, che il sistema fiscale nonché
l'attuazione dei regimi fiscali rientrano nella competenza delle autorità nazionali,
rimane comunque il fatto che l'esercizio di siffatta competenza può eventualmente
rivelarsi incompatibile con l'art. 92, n. 1, del Trattato (sentenza della Corte 25
giugno 1970, causa 47/69, Francia/Commissione, Racc. pag. 487).
- 55.
- Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre esaminare se, nella
fattispecie, la Commissione poteva legittimamente basarsi sui tre suddetti criteri (v.
supra, punto 51) per concludere che la misura fiscale di cui trattasi non costituiva
un aiuto statale ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato, ma una «riforma in veste di
aggiustamento fiscale giustificata dalla natura e dall'economia del sistema in
causa».
- 56.
- Per quanto riguarda, in primo luogo, il criterio relativo alla natura permanente
della misura in questione, testé esposto, l'art. 92, n. 1, del Trattato non distingue
tra misure statali permanenti e temporanee. Inoltre, tale criterio sarebbe di difficile
applicazione in materia poiché, come la parte interveniente ha giustamente
sottolineato nel corso dell'udienza, non è agevole, tenuto conto della frequenza
degli aggiustamenti delle aliquote fiscali da parte delle autorità statali, determinare
se una misura che, in un primo tempo, è stata considerata permanente, non debba,
in seguito, essere qualificata provvisoria in conseguenza di ulteriori aggiustamenti
di tali aliquote, e quindi essere considerata, secondo l'argomento della
Commissione, un aiuto statale in ragione della sua durata limitata nel tempo. Al
contrario, una misura che, in un primo tempo, fosse considerata temporanea,
cosicché, secondo l'argomentazione della Commissione, sarebbe ad essa applicabile
l'art. 92, n. 1, del Trattato, potrebbe successivamente essere trasformata in una
misura permanente con la conseguenza che, sempre secondo la Commissione, non
ci si troverebbe più davanti ad un aiuto statale. Conseguentemente, l'applicazione
del criterio relativo al carattere permanente di una misura statale, proposta dalla
Commissione, darebbe luogo a tali incertezze in sede di applicazione dell'art. 92
del Trattato, da non essere conforme al principio di certezza del diritto.
- 57.
- Per quanto riguarda il secondo criterio, secondo il quale la misura in questione non
mirava a finanziare un'operazione puntuale, il Tribunale rileva che, come si è sopra
rammentato, l'art. 92, n. 1, non distingue gli interventi statali a seconda della loro
causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti (sentenza 26
settembre 1996, Francia/Commissione, citata, punto 20). Orbene, come risulta dalla
stessa decisione impugnata, la misura di cui trattasi mirava effettivamente «ad
aumentare in modo permanente le risorse dei beneficiari dei prelievi non pubblici».
- 58.
- In ogni caso, anche ammettendo che tale criterio possa esser correttamente fatto
valere per distinguere le misure fiscali che rientrano nell'ambito d'applicazione
dell'art. 92, n. 1, del Trattato da quelle che ne sono escluse, ciò non toglie che la
constatazione della Commissione, secondo la quale la modifica delle aliquote dei
prelievi non mirava a finanziare un'operazione puntuale è, nella fattispecie,
contraddetta da un'altra constatazione, che figura nella decisione impugnata, nella
quale si precisa che «dal 1984, le società di corse si trovavano in situazione
deficitaria» e che «di conseguenza e a complemento di un piano di risanamento
della situazione, le autorità francesi hanno (...) modificato la ripartizione dei
prelievi» [v. parte IV, punto 3), della decisione impugnata]. Tale constatazione
della Commissione nella decisione impugnata deve, inoltre, essere interpretata alla
luce della lettera introduttiva del procedimento, secondo la quale tutti i vantaggi
finanziari concessi al PMU hanno permesso a quest'ultimo di far fronte ai costi
d'informatizzazione e di ristrutturazione delle operazioni necessarie
all'organizzazione dei suoi oneri di gestione.
- 59.
- Infine, per quanto riguarda il terzo criterio accolto dalla Commissione, relativo al
carattere limitato della riduzione dell'aliquota dei prelievi pubblici decisa dalle
autorità francesi, il Tribunale rileva, anzitutto, che, come risulta dalla
giurisprudenza in materia, l'entità relativamente esigua di un aiuto non esclude a
priori l'applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato (sentenze della Corte 21 marzo
1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-959, punto 43, e 14
settembre 1994, cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione,
Racc. pag. I-4103, punto 42). Tuttavia, anche ammettendo che l'esiguità della
riduzione dell'aliquota di un prelievo pubblico possa, in alcuni casi, giustificare la
mancata applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato, ciò non toglie che nella
fattispecie sia pacifico che, secondo la decisione impugnata, l'aggiustamento
dell'aliquota dei prelievi ha avuto come effetto «di aumentare le risorse dei
beneficiari dei prelievi non pubblici». Inoltre, se è vero che la riduzione del
prelievo pubblico poteva essere considerata «limitata» in termini di percentuali
(circa l'1,6 %), questo non significa che si trattasse di una riduzione limitata anche
in valori assoluti. Infatti, come risulta dalla lettera introduttiva del procedimento
e dagli atti (v. supra, punto 5), il PMU ha beneficiato, solo per il 1986, di 180
milioni di FF. Dato che la misura di cui trattasi aveva carattere permanente, il fatto
che il PMU potesse beneficiare di tale somma su base annua non poteva
giustificare la conclusione secondo la quale una riduzione «limitata» dell'aliquota
del prelievo procurava solo vantaggi minimi al PMU. Occorre aggiungere, al
riguardo, che la somma di 180 milioni di FF di cui il PMU ha beneficiato per il solo
1986 non può nemmeno essere considerata, secondo gli orientamenti della politica
della Commissione in materia di aiuti, come quelli esposti nella comunicazione 20
maggio 1992 riguardanti la disciplina comunitaria in materia di aiuti statali a favore
delle piccole e medie imprese GU C 213, pag. 2), come aiuto di entità trascurabile.
Infatti, secondo tale comunicazione, che era applicabile al momento dell'adozione
della decisione impugnata, l'importo di un aiuto al di sotto del quale l'art. 92, n. 1,
poteva essere considerato inapplicabile era fissato a 50 000 ecu versati nell'arco di
un periodo di tre anni. Orbene, un importo di 180 milioni di FF, corrispondenteall'incirca a 27 137 000 ecu, versato nell'arco di un anno, era evidentemente al di
sopra di tale soglia.
- 60.
- Quanto all'argomento della Commissione secondo il quale si evincerebbe dalla
dichiarazione del segretario di Stato al Bilancio, citata dalla ricorrente (v. supra,
punto 42), che, in ogni caso, la misura di cui trattasi riguardava soltanto le società
di corse e non il PMU, occorre rilevare che ciò è in contrasto con la stessa
decisione impugnata, che riguardava soltanto le misure adottate dalle autorità
francesi unicamente a favore del PMU (v., al riguardo, la lettera introduttiva del
procedimento ai sensi dell'art. 93, n. 3, del Trattato, nonché la parte V della
decisione impugnata). Infatti, la decisione impugnata non contiene alcuna
considerazione secondo la quale il motivo per il quale l'art. 92, n. 1, del Trattato
non si applicava nella fattispecie era costituito dal fatto che la misura di cui trattasi
non riguardava il PMU, impresa direttamente interessata dall'apertura del
procedimento, ma le società di corse.
- 61.
- Inoltre, tale argomento della Commissione è in contrasto con la complessiva
argomentazione, esposta in particolare nel controricorso, con cui essa ha sostenuto
che la valutazione della misura di cui trattasi nella decisione impugnata si
giustificava col fatto che «le attività del PMU venivano ostacolate in particolare dal
sistema fiscale, ed era necessario porre rimedio a ciò» e che tale misura, che ha
come effetto «il miglioramento dell'efficacia del PMU», permetterebbe «al Tesoro
francese di trarre un vantaggio sostanziale». Infine, se è vero che, come si evince
dalla suddetta affermazione (v. supra, punto 42), lo Stato francese ha concesso un
aiuto di 180 milioni di FF, «a favore delle società», ne consegue altresì che tale
«aiuto» era oggetto di un accordo concluso tra lo Stato francese, le società di corse
e il PMU e che esso mirava, tra l'altro, ad aiutare le società di corse, aderenti al
PMU, a procedere a «qualche migliaio di licenziamenti essenzialmente al PMU».
Di conseguenza, tale argomento della Commissione non può essere accolto.
- 62.
- Ne consegue che i tre criteri suddetti, come applicati nella fattispecie, non erano
tali da giustificare la conclusione secondo la quale la riduzione dell'aliquota del
prelievo non aveva il carattere di un aiuto ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato,
ma era simile ad una riforma sotto forma di aggiustamento fiscale giustificata dalla
natura e dall'economia del sistema di cui trattasi. Di conseguenza, questa parte
della decisione impugnata va annullata.
Sulle agevolazioni di tesoreria che permettono al PMU di differire il pagamento di
taluni prelievi sulle scommesse
Sintesi degli argomenti delle parti
- 63.
- La ricorrente sostiene che i prelievi il cui versamento è differito costituiscono
prelievi pubblici, come peraltro la Commissione avrebbe riconosciuto nella parte
IV, punto 5), della decisione impugnata. Orbene, l'imposizione di tali prelievi
pubblici da parte dello Stato e l'erogazione, integrale o parziale, dei detti prelievi
da parte di quest'ultimo costituirebbero, secondo la giurisprudenza in materia, un
aiuto statale ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Di conseguenza, la decisione
dello Stato francese di autorizzare il PMU a differire il pagamento della parte di
prelievi che gli spetta rientrerebbe nel divieto di tale articolo del Trattato (sentenze
della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike & Weinlig, Racc. pag. 595; 13
dicembre 1983, causa 222/82, Apple and Pear Development Council, Racc. pag.
4083, e 30 gennaio 1985, causa 290/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 439).
- 64.
- Secondo la ricorrente, la modifica delle norme sul pagamento dei prelievi allo Stato
non può essere considerata, contrariamente a quanto sostiene la Commissione,
come modifica di ordine generale dell'aliquota della tassazione delle corse ippiche,
poiché tale modifica favorirebbe il PMU e non il settore delle corse di cavalli in
generale. La ricorrente ritiene che il fatto che le «agevolazioni di tesoreria»
favoriscano altresì le società di corse aderenti al PMU nulla toglierebbe
all'esistenza di un aiuto accordato a quest'ultimo e all'insussistenza di un carattere
generale dell'aiuto di cui trattasi, poiché le società di corse aderenti al PMU sono
soltanto dieci, rispetto ad altre 275 società di corse in Francia, e il PMU accetta
scommesse soltanto su meno dell' 1% delle corse organizzate sugli ippodromi che
non appartengono ai suoi aderenti. Ciò sarebbe confermato, da un lato, da una
relazione della Corte dei Conti francese del 1987, secondo la quale la modifica
delle norme di pagamento dei prelievi allo Stato mirava ad aiutare il PMU a
coprire il costo dell'aumento delle commissioni dovute ai suoi punti di vendita e,
dall'altro, dalla risposta fornita dal ministro francese dell'Economia, delle Finanze
e delle Privatizzazioni alla citata relazione, secondo la quale il regime fiscale
concesso al PMU è «in deroga al diritto comune».
- 65.
- La ricorrente conclude che ci si trova in presenza di una modifica ad hoc e
temporanea del sistema di prelievi in favore di una determinata impresa, cosicché,
alla luce della giurisprudenza secondo la quale un regime fiscale che favorisce,
anche in modo permanente, un determinato settore costituisce un aiuto statale
(sentenze della Corte 12 luglio 1973, causa 70/72, Commissione/Germania, Racc.
pag. 813, e 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901),
ciò varrebbe, a fortiori, allo stesso modo per misure che favoriscano una sola
impresa.
- 66.
- Quanto all'argomento della Commissione secondo il quale la modifica del regime
del pagamento dei prelievi allo Stato sarebbe giustificata dalla preoccupazione delle
autorità francesi di uniformare il regime di versamento dei prelievi PMU a quello
dei prelievi del Lotto [parte IV, punto 5) della decisione impugnata], esso, ad
avviso della ricorrente, dovrebbe essere respinto in quanto, da un lato, non è
menzionato nella valutazione giuridica della Commissione nella decisione
impugnata e, dall'altro, quest'ultima non avrebbe chiarito le ragioni per le quali le
conclusioni opposte della Corte dei Conti su tale punto sarebbero errate.
- 67.
- In subordine, la ricorrente invita il Tribunale ad annullare questa parte della
decisione impugnata per carenza di motivazione.
- 68.
- La Commissione sostiene che la giurisprudenza citata dalla ricorrente, secondo la
quale misure fiscali adottate in favore di un singolo settore economico
costituirebbero aiuti statali, è inapplicabile poiché la presente controversia non
riguarda un sistema fiscale normale, applicabile a tutte le imprese, bensì un sistema
d'imposizione eccezionale, destinato ad un solo operatore. Le modifiche apportate
a tale sistema non potrebbero dunque essere valutate sulla stessa base di quelle
apportate ad un sistema di imposizione generale. Secondo la Commissione, la tesi
della ricorrente avrebbe come risultato che le autorità francesi non potrebbero mai
modificare l'imposizione delle scommesse sulle corse di cavalli, il che non sarebbe
in nessun caso l'obiettivo dell'art. 92 del Trattato.
- 69.
- La Commissione aggiunge, al riguardo, che, se è vero che nelle conclusioni
riguardanti la sentenza della Corte 17 marzo 1993, cause riunite C-72/91 e C-73/91,
Sloman Neptun (Racc. pag. I-887, I-903), l'avvocato generale Darmon ha fatto
ricorso alla nozione di «deroga», nel senso che una misura che non si applica a
tutte le imprese o a tutti i settori industriali che potrebbero beneficiarne
costituirebbe un aiuto, tale criterio non sarebbe applicabile cosi com'è riguardo al
settore delle scommesse accettate sulle corse di cavalli. Infatti, per quanto riguarda
un settore soggetto ad un'imposizione più onerosa del sistema fiscale normale, il
solo criterio utilizzabile per determinare se una modifica di tale sistema fiscale
speciale costituisca o meno un aiuto statale è, secondo la Commissione, quello che
permette di stabilire se si tratti di una modifica permanente o di una modifica
temporanea, poiché quest'ultima è la sola che può costituire un aiuto statale.
- 70.
- Peraltro, la Commissione contesta che della misura di cui trattasi abbia beneficiato
unicamente il PMU, dato che gli introiti realizzati dal PMU sono successivamente
ripartiti tra i suoi aderenti, le società di corse, cosicché della misura di cui trattasi
avrebbero beneficiato tutte. Il fatto che le società di corse aderenti al PMU
rappresentino solo una parte del complesso delle società di corse in Francia
sarebbe irrilevante, dato che esse sono le uniche soggette al sistema d'imposizione
di cui trattasi.
- 71.
- Infine, la Commissione sostiene che i riferimenti fatti più volte dalla ricorrente alla
relazione della Corte dei conti francese del 1987 sono irrilevanti, dal momento che
quest'ultima non è competente a pronunciarsi sulla questione se misure fiscali o
parafiscali costituiscano aiuti statali ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato.
- 72.
- La parte interveniente si associa agli argomenti della Commissione ed aggiunge che
la tesi della ricorrente, secondo la quale gli aiuti accordati al PMU favoriscono
soltanto un numero limitato di allevatori di cavalli in Francia, è infondata, poiché
tutte le società di corse possono in teoria avvalersi dei servizi di tale organismo.
- 73.
- Quanto alle risorse del PMU, la parte interveniente sottolinea come l'intero settore
dell'allevamento francese fruisca di queste ultime, poiché premi ed incentivi sono
distribuiti ad allevatori, proprietari ed altri operatori dell'ambiente ippico,
pervenendo in tal modo, in gran parte, a società di corse che non aderiscono al
PMU.
Giudizio del Tribunale
- 74.
- Il diniego della Commissione di qualificare la misura controversa come aiuto statale
ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato, è motivato dalla considerazione che il regime
fiscale applicabile al PMU, e più in generale al settore delle corse ippiche, non è
un regime derogatorio al regime fiscale generale, ma un regime «eccezionale»,
giustificato dalle particolari caratteristiche del settore di cui trattasi, e che,
analizzato alla luce dei criteri applicati dalla Commissione all'aiuto che risulta dalla
modifica dell'aliquota dei prelievi versati dal PMU (v. supra, punti 68 e 69), tale
misura non costituirebbe una aiuto statale dal momento che esso non sarebbe
puntuale e avrebbe «determinato l'aumento continuo della quota di prelievo non
pubblico dal 1981», senza «rinuncia temporanea a risorse da parte delle pubbliche
autorità» [parte V, punto 5), della decisione impugnata].
- 75.
- Di conseguenza, occorre valutare, anzitutto, se la Commissione poteva
fondatamente sostenere che il regime fiscale applicabile al settore delle corse dei
cavalli non costituiva, di per sé, un regime derogatorio al regime fiscale generale,
ma un regime specifico, inteso a disciplinare il settore considerato.
- 76.
- Dato che le attività del PMU sono oggetto di una specifica normativa, che gli
garantisce l'esclusività dell'organizzazione del totalizzatore in Francia (v. supra,
punto 2) e che il regime fiscale ad esso applicabile tiene conto non solo di tale
particolarità, ma di tutte le peculiarità dell'istituzione delle corse di cavalli in
Francia, la Commissione poteva fondatamente considerare che lo specifico sistema
di prelievi, che determina la parte delle risorse che provengono dalle scommesse
che spetta rispettivamente allo Stato, agli scommettitori, al PMU e alle società di
corse, non costituisse un sistema derogatorio rispetto al sistema fiscale
generalmente applicabile ad altre attività, e che, di conseguenza, la misura
controversa dovesse essere valutata nell'ambito del sistema fiscale specifico del
settore delle corse ippiche.
- 77.
- Tuttavia, il solo fatto che tale misura rientra in un regime specifico, e non in un
regime in deroga al regime fiscale generale, non può sottrarlo all'applicazione
dell'art. 92, n. 1 del Trattato. Restano quindi da esaminare gli effetti di tale misura
per verificare se l'art. 92, n. 1, del Trattato sia stato, nella fattispecie, correttamente
dichiarato inapplicabile.
- 78.
- Il Tribunale rileva che la Commissione ammette, nella decisione impugnata, che la
misura controversa costituiva una rinuncia da parte delle autorità statali a risorse
loro spettanti, che hanno «determinato l'aumento continuo della quota di prelievo
non pubblico dal 1981». Orbene, come si è prima ricordato, una misura statale, sia
essa permanente o temporanea, che abbia come effetto di accordare vantaggi
finanziari ad un'impresa e di migliorare la sua situazione finanziaria, rientra nella
nozione di aiuto concesso da uno Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato (v.
supra, punto 52), cosicché la distinzione tra una modifica permanente e una
modifica temporanea delle modalità dal versamento dei prelievi non costituisce un
criterio sufficiente per escludere l'applicazione, nel caso di specie, dell'art. 92, n.
1, del Trattato (v. supra, punto 56).
- 79.
- Quanto al fatto che la modifica del regime del versamento al Tesoro pubblico dei
prelievi pubblici non ha costituito una misura puntuale e derogatoria, ma una
modifica generale del regime fiscale a favore di tutto il settore delle corse ippiche,
il Tribunale rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la
decisione impugnata non contiene alcuna considerazione in tal senso e che, secondo
la parte IV, punto 5), di tale decisione, il differimento dei versamenti dovuti al
Tesoro pubblico è stato accordato dal ministro del Bilancio soltanto a favore del
PMU. Il fatto che l'istituzione del totalizzatore in Francia possa apportare, in
generale, vantaggi non solo agli aderenti al PMU, ma anche, indirettamente, a
società che non aderiscono ad esso, non può costituire un elemento di valutazione
determinante. Infatti, se è certo che un aiuto accordato ad un determinato
operatore economico può anche favorire, indirettamente, diversi altri operatori lecui attività dipendono dall'attività principale del beneficiario diretto dell'aiuto di cui
trattasi, tale considerazione non è sufficiente a concludere che la misura di cui
trattasi sia una misura generale, in quanto non rientri nel campo d'applicazione
dell'art. 92, n. 1, del Trattato, ma semmai che essa può, eventualmente, beneficiare
della deroga settoriale prevista a tal fine dall'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato.
- 80.
- Inoltre, come la Commissione sottolinea nella decisione impugnata [v. parte V,
punto 7)], occorre, ai fini dell'applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato, distinguere
tra l'attività principale del PMU, vale a dire, l'organizzazione e il trattamento delle
scommesse, e l'attività dei suoi membri, vale a dire l'organizzazione delle corse dei
cavalli. Di conseguenza, anche ammettendo che le agevolazioni di tesoreria
accordate al PMU comportino benefici, in un modo o nell'altro, per tutto il settore
delle corse dei cavalli, rimane il fatto che tali vantaggi finanziari consentono al
PMU di migliorare la sua posizione sul mercato dell'accettazione delle scommesse,
sia sul mercato nazionale sia sui mercati stranieri, mediante l'intervento del PMI,
in concorrenza diretta con la ricorrente (punto III della decisione impugnata). In
ogni caso, occorre constatare che gli argomenti esposti al riguardo dalla
Commissione e dall'interveniente, non figurano nella valutazione giuridica della
decisione impugnata, con la conseguenza che tale decisione deve altresì essere
considerata, su tale punto, viziata da insufficienza o carenza di motivazione.
- 81.
- Infine, l'argomento della Commissione secondo il quale l'intervento statale di cui
trattasi si inseriva nell'ambito di una imposizione particolarmente onerosa del
settore delle corse, che sarebbe nettamente superiore a quello di altri settori,
esposto per la prima volta dinanzi al Tribunale, senza essere accompagnato da
prove sufficienti, non è atto a dimostrare, da solo, la fondatezza della tesi della
Commissione.
- 82.
- Di conseguenza, la censura della ricorrente relativa ad un'errata applicazione
dell'art. 92, n. 1, riguardo alle facilitazioni di tesoreria accordate al PMU è fondata
e tale parte della decisione impugnata deve essere annullata.
Sull'esenzione dell'imposta sulle società
Sintesi degli argomenti delle parti
- 83.
- La ricorrente sostiene che la decisione è viziata da un errore di diritto, poiché la
Commissione ha considerato che l'esenzione dall'imposta sulle società di cui
beneficia il PMU era la conseguenza dell'applicazione normale del regime fiscale
generale che esclude dal campo d'applicazione di tale imposta i GIE.
- 84.
- Essa chiarisce che, nella fattispecie, non si tratta dell'esenzione del PMU
dall'imposta sulle società, ma dell'esenzione delle società aderenti al PMU, come
essa esponeva nella sua denuncia 7 aprile 1989 e nella sua lettera di diffida 5
novembre 1992. Essa aggiunge che, secondo la Corte dei conti francese, tale
esenzione a favore delle società di corse era illegittima anche alla luce del diritto
francese. Inoltre, nessuna esenzione siffatta sarebbe accordata ad altre società di
corse o membri di un GIE.
- 85.
- Infine, la ricorrente contesta il rigetto implicito della censura contenuta nella
denuncia, secondo la quale l'esenzione del PMU dall'imposta sul reddito costituisce
altresì una misura d'aiuto statale, facendo valere che, su tale punto, la decisione
impugnata è priva di qualsiasi motivazione.
- 86.
- La Commissione chiarisce che il PMU non è soggetto all'imposta sulle società
poiché non dispone, in quanto GIE, di un proprio capitale, dato che i suoi risultati
di esercizio possono essere integrati direttamente a quelli dei suoi aderenti, di
modo che esso divenga fiscalmente trasparente, vale a dire che l'imposta sia dovuta
non dal PMU stesso, ma dai suoi aderenti. Quanto all'argomento della ricorrente
secondo il quale tale imposta avrebbe dovuto essere pagata dalle società di corse,
la Commissione ribatte che essa ha avviato il procedimento ai sensi dell'art. 93, n.
2, del Trattato solo nei confronti degli aiuti accordati in favore del PMU e non in
favore delle società di corse.
- 87.
- Quanto all'asserito rigetto implicito della censura della ricorrente riguardante
l'esenzione del PMU dall'imposta sui redditi, la Commissione sostiene che tale
misura non è stata esaminata nella decisione d'apertura del procedimento ai sensi
dell'art. 93, n. 2, e non poteva, di conseguenza, essere trattata nella decisione
impugnata.
- 88.
- L'interveniente sottolinea che, ammettendo che l'attività delle scommesse sia da
considerarsi a sé stante rispetto al resto dell'attività delle società di corse e che la
quota riservata agli scommettitori resti costante, nel caso le società di corse fossero
soggette all'imposta sulle società e a un sistema fiscale di diritto comune, l'importo
dei loro versamenti sarebbe inferiore. Secondo la parte interveniente, qualora
un'imposta sul valore aggiunto (IVA) con aliquota normale (18,6 %) fosse applicata
alla quota che non spetta agli scommettitori (28% delle poste), le risorse lorde
delle società di corse ammonterebbero al 22,8% delle poste [28% - (28% x 18,6%)
= 28% - 5,2%]. L'«utile» pre-imposta del PMU sarebbe allora pari a tale risultato,
meno le spese di gestione del PMU, vale a dire il 17,3% (22,8% - 5,5%). L'imposta
sulle società, calcolata all'aliquota attuale del 33% sugli utili, ammonterebbe al
5,7% delle poste (17,3%x33%). La quota finale delle società di corse sarebbe
quindi, dopo la deduzione delle spese di gestione del PMU, dell'11,6% delle poste
(17,3% - 5,7%), mentre oggi è compresa tra il 4,5% e il 5%. Ne consegue che
l'attuale meccanismo d'imposizione del PMU, che prevede l'esenzione dell'imposta
sulle società, non costituisce un aiuto statale a favore delle società di corse.
Giudizio del Tribunale
- 89.
- Il Tribunale rileva che, secondo la decisione impugnata, l'esenzione dall'imposta
sulle società di cui beneficia il PMU è la conseguenza dell'applicazione normale del
regime fiscale generale, in quanto tale imposta non si applica ai GIE. Tuttavia, la
ricorrente, senza contestare la fondatezza di tale conclusione, ha sostenuto che,
come risultava dalla sua denuncia, non è nella fattispecie l'esenzione del PMU dal
pagamento di tale imposta che è oggetto di controversia, bensì l'esenzione di cui
beneficiano le società di corse.
- 90.
- Occorre, di conseguenza, esaminare se il fatto che la Commissione, contrariamente
a quanto era stato denunciato dalla ricorrente, non ha ritenuto necessario avviare
il procedimento nei confronti delle società di corse, bensì soltanto nei confronti del
PMU, sia tale da invalidare la decisione impugnata.
- 91.
- Occorre rilevare, al riguardo, che il diritto per i terzi di presentare una denuncia
alla Commissione per violazione dell'art. 92 del Trattato e di indurla così ad avviare
il procedimento previsto dall'art. 93, n. 1, del Trattato nei confronti dello Stato
membro interessato, e ad adottare eventualmente su istanza di quest'ultimo una
decisione finale, non è disciplinato da alcuna norma o disposizione di diritto
derivato equivalente al regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo
regolamento d'applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204).
- 92.
- Tuttavia, nel caso la Commissione decida di rigettare una denuncia adottando a tal
fine una decisione, quest'ultima, ai sensi dell'art. 190 del Trattato, deve essere
motivata per permettere all'interessato di conoscerne le motivazioni ed
eventualmente di far valere i suoi diritti dinanzi al giudice comunitario. Nella
fattispecie, tuttavia, non vi è stata decisione esplicita di rigetto della denuncia della
ricorrente bensì, al contrario, l'adozione di una decisione di avvio del procedimento
ai sensi dell'art. 93, n. 2, del Trattato, con lettera indirizzata al governo francese e
pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (v. supra, punto 5). Di
conseguenza, qualora la ricorrente avesse ritenuto che, facendo ciò, la Commissione
non avesse preso posizione su tutte le misure statali denunciate, essa avrebbe
dovuto diffidare la Commissione ai sensi dell'art. 175 del Trattato.
- 93.
- Al riguardo, il Tribunale rileva che emerge dagli atti che, nella lettera 11 agosto
1992, la Ladbroke ha effettivamente invitato la Commissione a prendere posizione
ai sensi dell'art. 175 del Trattato riguardo agli aiuti denunciati che non erano stati
oggetto della decisione provvisoria (v. supra, punto 9) e che la Commissione, con
lettera 12 ottobre 1992, ha risposto a tale diffida (v. supra, punto 10). Tuttavia,
dopo tale risposta della Commissione, la Ladbroke l'ha di nuovo diffidata, ma
invitandola a prendere posizione soltanto riguardo alle misure che costituiscono
oggetto della decisione di avviare il procedimento (v. supra, punto 11). Poiché la
Commissione non ha dato seguito a questa seconda diffida, la Ladbroke ha
proposto un ricorso per carenza dinanzi al Tribunale, al quale tuttavia essa ha
rinunciato, a seguito dell'adozione della decisione impugnata (v. supra, punti 12-14).
Orbene, nel caso la Ladbroke avesse considerato che la risposta della Commissione
alla sua prima diffida non costituisse una presa di posizione su tutte le misure
denunciate, essa avrebbe dovuto nuovamente diffidare la Commissione affinché
prendesse posizione su tutte le misure denunciate, e non limitarsi ad invitarla a
prendere posizione riguardo alle sole misure considerate dall'apertura del
procedimento. Nel caso in cui, al contrario, la Ladbroke avesse ritenuto che la
risposta della Commissione alla sua prima diffida costituisse una presa di posizione,
consistente in un rigetto implicito del punto in cui ha denunciato la misura
controversa, essa avrebbe dovuto proporre un ricorso di annullamento, ai sensi
dell'art. 173, quinto comma, del Trattato.
- 94.
- Ne consegue che, non avendo avviato e proseguito il procedimento previsto all'art.
175 del Trattato, o proposto nei termini un ricorso di annullamento, la ricorrente
non può in ogni caso, nell'ambito del presente ricorso, contestare il fatto che la
Commissione, che non ha avviato il procedimento riguardo alla misura interessata,
non si è pronunciata su questa stessa misura nella decisione impugnata.
- 95.
- Analogo rilevo vale, per gli stessi motivi, per l'argomento della ricorrente relativo
al rigetto implicito del motivo contenuto nella denuncia riguardante l'esenzione del
PMU dell'imposta sui redditi.
Sulla disponibilità per il PMU delle vincite non reclamate
Sintesi degli argomenti delle parti
- 96.
- La ricorrente sostiene, anzitutto, che la decisione impugnata è viziata da un errore
di diritto in quanto la Commissione ha accertato che la disponibilità per il PMU
delle vincite non reclamate, ai sensi del decreto 83-878, per finanziare oneri sociali,
non costituiva un aiuto statale, poiché tali vincite erano considerate come «normali
risorse» che fanno parte dei prelievi non pubblici, e non come «risorse statali» ai
sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato CE.
- 97.
- Secondo la ricorrente, poiché l'imposizione dei prelievi e la loro ripartizione sono
decise dallo Stato francese, sarebbe errato qualificare le risorse di cui trattasi come
prelievi non pubblici, poiché tutti i trasferimenti di risorse al PMU previsti da
misure di diritto pubblico costituiscono un aiuto statale. In ogni caso, anche se le
vincite non reclamate dovessero essere considerate come normali risorse delle
società di corse, ciò non toglierebbe che la modifica istituita dall'art. 27 del decreto
83-878 ha costituito un aiuto statale, in quanto la decisione che consente al PMU
di disporre di tali somme era stata presa su iniziativa e con l'approvazione dello
Stato (sentenze della Corte Commissione/Francia, citata, punti 14 e 15, e 2 febbraio
1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy/Commissione, Racc. pag.
219, punti 32-38).
- 98.
- Inoltre la ricorrente sostiene che le risorse provenienti dalle vincite non reclamate
e messe a disposizione del PMU miravano in realtà a finanziare le spese di
funzionamento del PMU indotte dall'informatizzazione delle sue operazioni di
accettazione delle scommesse. Essa chiarisce al riguardo che, prima dell'adozione
del decreto 83-878, il decreto 18 luglio 1941 prevedeva che le società di corse
potevano trattenere le vincite non reclamate a condizione che tali somme venissero
utilizzate esclusivamente per una determinata categoria di lavoratori del settore
delle corse dei cavalli e che il residuo doveva esser versato allo Stato. Orbene, la
modifica apportata con il decreto 83-878, consisterebbe proprio nell'autorizzare il
PMU ad utilizzare tali vincite a proprio vantaggio. A sostegno di tale
argomentazione, la ricorrente si riferisce alla relazione della Corte dei conti
francese secondo la quale le risorse messe a disposizione del PMU «non soggett[e]
all'IVA e generatric[i] di introiti finanziari sostanziali (24,6 milioni di FF nel 1985)»
sarebbero utilizzate «per finanziare per un importo di 105 milioni il piano sociale
del settore delle corse», di cui tre quarti sarebbero riservati «al PMU al fine di
versare un complemento d'indennità di licenziamento al personale titolare risultato
in esubero in seguito all'informatizzazione delle operazioni di accettazione delle
scommesse (pari a circa 75 milioni di FF per 750 dipendenti)».
- 99.
- Infine, la ricorrente sostiene che, poiché l'art. 281 bis del codice generale delle
imposte francesi prevede che la remunerazione ottenuta dagli organizzatori del
totalizzatore è soggetta all'IVA, il fatto che il PMU non debba versare l'IVA sulle
vincite non reclamate costituisce altresì un aiuto concesso da uno Stato ai sensi
dell'art. 92, n. 1, del Trattato, cosicché, anche per tale ragione, la decisione sarebbe
viziata da un errore di diritto.
- 100.
- La Commissione rammenta che in Francia le somme in questione possono essere
utilizzate solo per determinate categorie di oneri sociali. Essa sottolinea che, inseguito al decreto 74-954, qualsiasi somma non impiegata a tal fine va versata allo
Stato e che il decreto 83-878 ha soltanto modificato le categorie di oneri per i quali
le vincite non reclamate potevano essere utilizzate. Il fatto che tale modifica ha
avuto come effetto quello di ridurre la parte delle vincite non reclamate spettante
allo Stato non significherebbe quindi che si tratti di un aiuto statale.
- 101.
- La Commissione sostiene che la contestazione da parte della ricorrente della
qualificazione degli importi di cui trattasi come «prelievi non pubblici» («non
public levies») è dovuta ad una confusione causata dall'utilizzazione del termine
inglese «levy», che si riferisce ad un prelievo fiscale. La ricorrente avrebbe così
considerato a torto che i 30 FF prelevati dal PMU su 100 FF di scommesse (v.
supra, punto 16) costituissero un prelievo dello Stato e che qualsiasi distribuzione
di una parte di tale importo costituisse un aiuto statale. In realtà, solo una parte
di questi 30 FF, vale a dire 18 FF trattenuti dalle autorità francesi, dovrebbe essere
considerata come prelievo fiscale nel senso proprio della parola. Cosicché,
trattandosi di prelievo non pubblico, che non spetta allo Stato e che non può di
conseguenza essere considerato come prelievo fiscale, non sarebbe soddisfatto,
nella fattispecie, il criterio della risorsa statale.
- 102.
- La Commissione aggiunge che, benché essa non abbia cercato di confutare, nelle
sue memorie, l'affermazione della ricorrente secondo la quale la misura di cui
trattasi aveva lo scopo di contribuire all'informatizzazione del PMU, il fatto di
permettere l'utilizzazione delle vincite non reclamate per accordare un
complemento d'indennità di licenziamento al personale in esubero era una misura
sociale più favorevole al personale licenziato che al PMU stesso.
- 103.
- Quanto all'affermazione della ricorrente secondo la quale il fatto che le vincite non
reclamate non sono soggette all'IVA costituirebbe, anch'esso, un aiuto statale, la
Commissione sostiene che si tratta di un argomento nuovo, che non figurava nella
denuncia e non poteva quindi essere preso in considerazione nella decisione
impugnata.
- 104.
- La parte interveniente precisa che, fino all'adozione del decreto 74-954, le vincite
non reclamate spettavano integralmente alle società di corse e che tale decreto ha
solo limitato le possibilità di impiego di tali vincite a determinati oneri sociali delle
società di corse, mentre le vincite non utilizzate spettavano sempre allo Stato (art.
20, n. 4, del decreto). Il decreto 83-878, avrebbe soltanto ampliato le possibilità di
impiego di tali vincite ad altre azioni direttamente connesse all'attività delle società
di corse, come le spese di sorveglianza e di funzionamento, gli incentivi
all'allevamento e gli investimenti connessi all'organizzazione delle corse e
all'accettazione di scommesse (art. 27 del decreto). Sia prima del 1974 che dal 1974
al 1983 e dopo il 1983 le società di corse avrebbero avuto sempre la facoltà di
utilizzare l'integralità delle vincite non reclamate, mentre solo l'ambito delle
utilizzazioni è variato, cosicché era giustificato considerare tali risorse come risorse
normali delle società di corse.
Giudizio del Tribunale
- 105.
- Il Tribunale rileva, preliminarmente, che risulta dagli argomenti delle parti che la
misura di cui trattasi ha avuto come effetto di permettere alle società di corse di
far fronte, tra l'altro, agli oneri sociali del PMU risultanti dal licenziamento di una
parte del personale in esubero. Il Tribunale ritiene che occorra esaminare,
anzitutto, se le risorse provenienti dalle vincite non reclamate costituiscano
«normali risorse», nel senso affermato dalla Commissione, che sostiene in tal modo
che uno dei presupposti per l'applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato, vale a dire
il trasferimento delle risorse statali a favore di un beneficiario, non sussisterebbe
nel caso di specie.
- 106.
- Al riguardo, occorre constatare che, come si evince dagli atti, se è vero che prima
del 1974 le vincite non reclamate spettavano integralmente alle società di corse, il
decreto 74-954 ha per la prima volta limitato l'utilizzazione di tali vincite a
determinati oneri sociali, poiché le vincite non utilizzate per questo fine devono
essere versate allo Stato. L'art. 20, n. 4, del detto decreto stabiliva infatti che «le
società di corse possono essere autorizzate ogni anno, dalle autorità competenti ad
approvare il loro bilancio, ad impiegare l'importo dei tagliandi vincenti non pagati
per l'assegnazione di sussidi, prestazioni assistenziali o vantaggi previdenziali
complementari o prestazioni integrative per i propri dipendenti, ad esclusione di
tutti gli altri vantaggi. Tali somme devono essere versate ad uno degli enti previsti
all'art. 25 o ad un centro di formazione professionale. La quota dell'importo dei
tagliandi non pagati che non è impiegata per il finanziamento delle azioni definite
al comma precedente è versata al bilancio generale dello Stato.»
- 107.
- Si evince da questa disposizione della normativa francese che la possibilità per le
società di corse di utilizzare le vincite non reclamate non solo era soggetta ad una
restrizione riguardo alla loro utilizzazione (oneri sociali), ma dipendeva, inoltre, da
una previa autorizzazione delle «autorità competenti ad approvare il loro bilancio».
Le autorità menzionate nel decreto suddetto sono il ministro dell'Agricoltura e il
ministro dell'Economia e delle Finanze (v. artt. 22 e 23 del decreto) e, nel decreto
83-878 che ha sostituito il decreto 74-954, il ministro dell'Agricoltura ed il ministro
del Bilancio (artt. 29 e 30 del decreto 83-878). Orbene, se si dovesse considerare
che l'utilizzazione delle vincite non reclamate costituivano, come sottolineato nella
decisione impugnata, «normali risorse», il legislatore francese non avrebbe avuto
necessità di limitare, tramite regolamenti, la loro utilizzazione a spese strettamente
determinate, in mancanza delle quali tali risorse sarebbero spettate
automaticamente al bilancio di Stato.
- 108.
- Di conseguenza, le risorse di cui trattasi non possono essere considerate «normali
risorse» spettanti alle società di corse e al PMU, ma «risorse statali» la cui
eventuale spettanza al bilancio dello Stato dipende dal ricorrere di talune
condizioni definite dal legislatore.
- 109.
- Questa stessa conclusione può altresì essere tratta dal decreto 83-878, con il quale
il legislatore francese, come hanno sottolineato il governo francese e la
Commissione, ha ampliato le utilizzazioni possibili di vincite non reclamate ad altre
attività delle società di corse, come l'erogazione «di crediti di formazione
professionale o prestazioni di previdenza o di integrativa per i dipendenti delle
società e delle scuderie di corse nonché dei fantini» (art. 27, n. 5, del detto
decreto). Così facendo, il legislatore francese ha quindi soltanto rinunciato
effettivamente a risorse che, altrimenti, avrebbero dovuto essere versate al bilancio
dello Stato, cosicché, anche per tale ragione, la condizione il presupposto per
l'applicazione dell'art. 92, n. 1 del Trattato riguardante il trasferimento di risorse
statali a favore del beneficiario è nella fattispecie soddisfatto.
- 110.
- Orbene, poiché tali risorse sono state utilizzate «in particolare per finanziare oneri
sociali,», come è indicato nella decisione impugnata, esse costituiscono, secondo
una giurisprudenza costante, una riduzione degli oneri sociali che un'impresa deve
di norma sopportare, e quindi un aiuto in suo favore (sentenze della Corte
Italia/Commissione e Steinike & Weinlig, citate).
- 111.
- Di conseguenza, la conclusione della Commissione secondo la quale la misura di
cui trattasi, benché miri a finanziare gli oneri sociali delle società di corse connesse
all'organizzazione del totalizzatore, non costituisce un aiuto statale, in mancanza
di un trasferimento di risorse statali, è fondata su premesse erronee e va pertanto
annullata.
- 112.
- Infine, in ordine all'argomento della ricorrente secondo il quale il fatto che il PMU
non tenuto a versare l'IVA sulle vincite non reclamate configura altresì un aiuto
statale, occorre constatare che tale punto non figurava nella denuncia e non era
stato messo in discussione in occasione dell'avvio del procedimento previsto dall'art.
92, con la conseguenza che la ricorrente non può contestare alla Commissione di
non averla trattata nella decisione impugnata.
Sull'esenzione dalla regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA,
dopo il 1° gennaio 1989
Sintesi degli argomenti delle parti
- 113.
- La ricorrente sostiene che, se è vero che la Commissione, nella decisione
impugnata, considera che gli effetti dell'esenzione del PMU dalla regola del
differimento di un mese per la detrazione dell'IVA sono stati controbilanciati, a
partire dal 1989, da una cauzione permanente depositata dalle società di corse
presso il Tesoro pubblico, essa non menziona, al contrario, né l'esatto importo di
tale cauzione né la base sulla quale tale importo è periodicamente aggiornato. La
mancanza di tali informazioni sarebbe ancor più criticabile considerato che è in
ragione della affermata esistenza di tale deposito che la Commissione è giunta ad
una conclusione diversa da quella che essa aveva inizialmente esposto nella sua
decisione provvisoria.
- 114.
- La ricorrente chiede al Tribunale di ordinare, nell'ambito dei provvedimenti
istruttori da una parte, alla Commissione di indicare l'importo della cauzione
permanente depositata nel 1989 presso il Tesoro, i criteri utilizzati per
l'aggiornamento e la data alla quale tali aggiornamenti hanno avuto luogo, e,
dall'altra, al governo francese di indicare il costo annuale che rappresentava la
deroga al regime IVA per lo Stato francese e l'interesse annuale della cauzione di
cui trattasi tra il 1° luglio 1989 e il 1° luglio 1993, data alla quale la misura
controversa è stata infine abolita.
- 115.
- La Commissione sostiene che il fatto che nella sua decisione provvisoria essa è
inizialmente giunta ad una conclusione diversa da quella contenuta nella decisione
impugnata per quanto riguarda l'esenzione dalla regola del differimento di un mese
per la detrazione dell'IVA non è tale da inficiare la validità di quest'ultima
decisione.
- 116.
- Per quanto riguarda l'importo della cauzione di cui trattasi, la Commissione
sostiene che si trattava fino al 1988 di un importo fisso di 14 milioni di FF,
aggiornato a più di 16 milioni di FF nel 1989 e a quasi 20 milioni di FF nel 1993.
- 117.
- La parte interveniente sostiene che, come si evince dagli atti, la cauzione depositata
presso il Tesoro esiste dal 1969 e non dal 1989, come indicato nella decisione
impugnata, e che quindi la misura statale di cui trattasi non avrebbe mai costituito
un aiuto statale. Essa aggiunge che, se è vero che le autorità francesi non hanno
richiamato l'attenzione della Commissione su tale fatto in occasione dello
svolgimento del procedimento, ciò si è verificato perché tale errore da parte della
Commissione non comportava alcuna conseguenza pratica riguardo alla valutazione
della misura controversa.
Giudizio del Tribunale
- 118.
- Il Tribunale rileva, sulla base dello scambio di corrispondenza tra la Commissione
e la parte interveniente su tale punto, avvenuta dal momento dell'avvio del
procedimento e prodotta in seguito alla richiesta del Tribunale, che emerge da tali
documenti che, in occasione dello svolgimento del procedimento, le autorità
francesi avevano chiaramente indicato alla Commissione che, per controbilanciare
l'esenzione dal differimento di un mese per la detrazione dell'IVA accordata alle
società di corse il 1° agosto 1969, queste ultime sono state obbligate a provvedere,
a partire da tale data, a depositare una cauzione permanente presso il Tesoro
(lettera alla Commissione della rappresentanza permanente della Francia presso
le Comunità europee 7 febbraio 1992).
- 119.
- Inoltre, nel corso dell'udienza, la Commissione ha effettivamente ammesso che la
cauzione permanente di cui trattasi esisteva non dal 1989, ma dal 1969, e che la
decisione impugnata è viziata su tale punto da errore manifesto.
- 120.
- Ne consegue che l'esame da parte della Commissione della questione se il deposito
della cauzione permanente presso il Tesoro avesse come effetto quello di
controbilanciare i vantaggi di tesoreria che risultavano dal differimento per la
detrazione dell'IVA avrebbe dovuto riguardare il periodo che risale al 1969 o,
almeno, al 1985, allorché il PMU è stato creato come ente giuridico autonomo, e
non quello a partire dal 1989. Di conseguenza, in mancanza di un esame
circostanziato da parte della Commissione, che risalga al 1969 o al 1985, il
Tribunale non può pronunciarsi sulla questione se la cauzione permanente suddetta
ha potuto, dal 1969, controbilanciare effettivamente i vantaggi di tesoreria
denunciati, cosicché la misura di cui trattasi non avrebbe mai costituito un aiuto
statale, e, nell'ipotesi contraria, a partire da quale data il presunto aiuto sarebbe
effettivamente esistito in mancanza di una compensazione effettiva dei vantaggi
denunciati.
- 121.
- Tale conclusione non è inficiata dai dati che la Commissione ha prodotto al
momento di rispondere alle questioni del Tribunale, contenuti in una lettera che
le è stata indirizzata dalla rappresentanza permanente francese presso le Comunità
europee (v. supra, punto 118). Come risulta da tali dati, se è vero che per gli anni
1985, 1986 e 1990, l'importo della cauzione permanente sembra controbilanciare
l'«effetto mensile medio» del beneficio che il PMU otteneva dall'esenzione dalla
regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA, ciò non toglie che,per gli anni 1987, 1988 e 1989, il PMU aveva beneficiato di una somma totale di
7 968 000 FF. Tuttavia, poiché la valutazione di tali dati, per le ragioni suesposte
(v. punto 119), non è stata effettuata dalla Commissione in occasione dell'adozione
della decisione, il Tribunale non può, basandosi sulle citate risposte scritte delle
parti ai suoi quesiti, pronunciarsi sull'esistenza o no di un aiuto statale, poiché
facendo ciò sconfinerebbe nelle competenze che l'art. 92 del Trattato conferisce
soltanto alla Commissione e al giudice nazionale.
- 122.
- Peraltro, poiché la valutazione da parte della Commissione della misura di cui
trattasi è, in ogni caso, viziata da errore, occorre accogliere le conclusioni della
ricorrente e annullare questa parte della decisione impugnata.
Sulla non corretta applicazione dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato
Sintesi degli argomenti delle parti
Motivi e argomenti della ricorrente
- 123.
- La ricorrente sostiene che nessuna delle misure statali qualificate come aiuto statale
nella decisione impugnata può essere dichiarata compatibile con il mercato
comune, ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato, vale a dire (1) la rinuncia
da parte dello Stato francese, dal 1982 al 1985, a favore del PMU, alle somme
risultanti dall'arrotondamento delle vincite degli scommettitori alla cifra decimale
inferiore, (2) l'esenzione, prima del 1989, dalla regola del differimento di un mese
per la detrazione dell'IVA, e (3) l'esenzione del PMU, fino al 1989, dal contributo
dei datori di lavoro alle opere di edilizia.
1) Sulla rinuncia, dal 1982 al 1985, alle somme risultanti dall'arrotondamento
alla cifra decimale inferiore delle vincite degli scommettitori
- 124.
- La ricorrente sottolinea, preliminarmente, che l'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato
poiché costituisce un'eccezione alla norma fondamentale del divieto degli aiuti
statali, va interpretato in modo restrittivo e la sua applicazione dipende dal
ricorrere di due condizioni, una positiva, vale a dire che l'aiuto di cui trattasi faciliti
lo svolgimento di talune attività o di talune aree economiche, e l'altra negativa, vale
a dire che tale aiuto non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria
all'interesse comune. Secondo la ricorrente, nessuna delle due condizioni sarebbe
soddisfatta nel caso di specie.
- 125.
- In primo luogo, il riferimento nella decisione impugnata agli «effetti diretti ed
indiretti sullo sviluppo del settore in tutte le sue componenti economiche compreso
il miglioramento della razza equina», per dimostrare che l'aiuto di cui trattasi
facilitava lo sviluppo di talune attività (condizione positiva), non può soddisfare tale
esigenza poiché l'aiuto di cui trattasi non era destinato né al miglioramento della
razza equina né alle corse ippiche, ma riguardava un'attività particolare, quella
dell'accettazione di scommesse fuori ippodromo. Essa aggiunge che le attività del
PMU non hanno un nesso diretto con l'allevamento dei cavalli e che la percentuale
del fatturato del PMU impiegato per l'allevamento dei cavalli è inferiore alla quota
dei prelievi percepiti dallo Stato.
- 126.
- Tale valutazione della Commissione sarebbe inoltre in contrasto non solo con la
giurisprudenza della Corte in materia (sentenza 17 settembre 1980, causa 730/79,
Philip Morris Holland/Commissione, Racc. pag. 2671), ma anche con le norme di
condotta che la Commissione stessa si è imposta nella decima e dodicesima
relazione sulla politica della concorrenza. Emergerebbe dalla decima relazione che
un aiuto è compatibile con il mercato comune solo se contribuisce «alla
realizzazione degli obiettivi e degli interessi comunitari enunciati nell'art. 92, n. 3,
del Trattato CEE». Inoltre, nella sua dodicesima relazione, la Commissione
avrebbe dichiarato che, perché un aiuto possa essere considerato nel senso che non
falsa la concorrenza in misura contraria all'interesse comune, 1) esso doveva
contribuire a favorire lo sviluppo del settore interessato nell'interesse della
Comunità nel suo insieme, 2) doveva essere necessario alla realizzazione del
progetto di cui trattasi, e 3) le sue modalità (l'intensità, la durata, il grado di
distorsione della concorrenza, ecc.) dovevano essere proporzionate agli obiettivi
perseguiti.
- 127.
- La decisione impugnata avrebbe ignorato completamente il primo dei criteri
suddetti. L'affermazione contenuta nel controricorso della Commissione, secondo
la quale l'aiuto di cui trattasi contribuisce allo sviluppo di una migliore efficienza
del totalizzatore e «soprattutto al miglioramento della razza equina, il che
costituisce un obiettivo legittimo e conforme all'interesse della Comunità»,
costituirebbe un motivo nuovo e non potrebbe esser preso in considerazione dal
Tribunale.
- 128.
- Quanto al secondo criterio, relativo alla questione se l'aiuto di cui trattasi è
necessario alla realizzazione del progetto di cui trattasi, la ricorrente sottolinea
come tale questione sia stata affrontata dalla Commissione soltanto nel
controricorso, ove è indicato che, senza l'aiuto di cui trattasi, l'informatizzazione
delle attività del PMU non sarebbe stata realizzata. In mancanza di qualsiasi analisi
di tale effetto, non si può escludere che le società di corse avrebbero potuto
finanziare l'informatizzazione delle loro attività sia riducendo il livello dei premi sia
ricorrendo a prestiti bancari.
- 129.
- Per quanto riguarda il terzo criterio, vale a dire il carattere proporzionale
dell'intensità dell'aiuto in relazione al suo obiettivo, la ricorrente sostiene che,
qualora le altre misure statali prese in favore del PMU e denunciate costituissero
aiuti statali, la decisione sarebbe viziata, poiché la Commissione non avrebbe
valutato l'intensità di tutti gli aiuti accordati al PMU in modo cumulativo e non
isolato. In ogni caso, anche se tali misure non andassero considerate come aiuti
statali, rimarrebbe il fatto che gli effetti dell'aiuto di cui trattasi, che ammonta a
315 milioni di FF, avrebbero dovuto essere valutati alla luce di tutti i vantaggi
finanziari di cui il PMU aveva beneficiato ed il cui importo, secondo la citata
relazione della Corte dei conti francese, era pari a 1,3 miliardi di FF per il solo
periodo dal 1982 al 1985.
- 130.
- In secondo luogo, quanto alla questione se l'aiuto di cui trattasi falsasse la
concorrenza in misura contraria all'interesse comune (condizione negativa), la
ricorrente sostiene che la risposta data dalla Commissione nella decisione
impugnata, secondo la quale l'informatizzazione delle attività del PMU era stata
concepita in un'epoca in cui il PMU non aveva esteso le sue attività all'estero e non
riguardava tale estensione, è fondata su premesse erronee. Come risulterebbe da
una relazione del direttore generale del PMU in occasione della sesta conferenza
delle associazioni europee dei PMU a Londra, nel mese di maggio 1987, vale a dire
prima della creazione del PMI, il PMU mirava già ad estendere le sue attività
all'estero. Tale conclusione sarebbe peraltro confermata dalla risposta data,
contemporaneamente alla dichiarazione citata, dal presidente del PMU al primo
presidente della Corte dei conti francese a proposito di un «progetto d'inserimento
nella relazione pubblica [della Corte dei conti] riguardante l'istituzione delle corse
e il funzionamento del PMU», nella quale il presidente del PMU deplorava gli
effetti della pubblicazione della detta relazione in un «momento in cui il [PMU
perseguiva] trattative con paesi stranieri che [intendevano] avvalersi della [sua]
esperienza in materia di accettazione delle scommesse sulle corse e nel momento
in cui [il PMU era sul punto] di dover affrontare, nel 1992, la concorrenza dei paesi
dell'Europa dei dodici».
- 131.
- Infine, la ricorrente sostiene che, nel caso in cui una impresa a) riceva un aiuto di
elevata intensità, b) non abbia concorrenti per via del suo monopolio e c) utilizzi
tale aiuto per entrare in concorrenza con altre imprese su mercati esteri, la
condizione negativa di cui all'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato CE, non potrebbe,
in linea di principio, considerarsi soddisfatta, poiché tale situazione sarebbe in
contrasto con il principio fondamentale del mercato unico caratterizzato da una
libera concorrenza.
2) Sull'esenzione dalla regola del differimento di un mese per la detrazione
dell'IVA prima del 1989
- 132.
- La ricorrente sostiene che, poiché, secondo la decisione impugnata, l'aiuto che
risulta dall'esenzione dalla regola del differimento per la detrazione dell'IVA è
stata giudicata compatibile con il mercato comune fino al 1989, e ciò per le stesse
ragioni esposte per l'aiuto costituito dalla rinuncia, dal 1982 al 1985, alle somme
risultanti dall'arrotondamento delle vincite degli scommettitori alla cifra decimale
inferiore, ne consegue che, per le ragioni suesposte (v. punti 124-131), tale
esenzione non può nemmeno essere considerata soddisfare i presupposti per
l'applicazione dell'art. 92, n. 3, lett c), del Trattato.
- 133.
- Essa aggiunge che l'argomento fatto valere dalla Commissione nel suo
controricorso, secondo il quale la condizione positiva richiesta perché una aiuto sia
dichiarato compatibile con il mercato comune ai sensi dell'art. 92, n., lett. c),
sarebbe nella fattispecie soddisfatta poiché l'aiuto di cui trattasi aveva «come scopo
finale il miglioramento della razza equina e non solo il perseguimento delle attività
del PMU o delle società di corse in quanto tali», costituisce una nuova motivazione
rispetto a quella contenuta nella decisione impugnata, ove è stato sostenuto che gli
effetti perturbatori dell'aiuto di cui trattasi non potevano annullare gli eventuali
effetti «sullo sviluppo del settore», il quale riguarderebbe sia il miglioramento della
razza equina che le attività di accettazione delle scommesse fuori dall'ippodromo.
- 134.
- Infine, la ricorrente sostiene che poiché si tratta, nel caso di specie, di un aiuto per
il funzionamento, esso può esser dichiarato compatibile con il mercato comune solo
in presenza di circostanze eccezionali (dodicesima relazione sulla politica della
concorrenza, punto 160, e sentenza Deufil/Commissione, citata), il che non si
verifica per il caso di specie.
3) Sull'esenzione fino al 1989 del contributo alle opere di edilizia
- 135.
- La ricorrente sostiene che, avendo la Commissione dichiarato che l'aiuto accordato
al PMU sotto forma di esonero dal contributo alle opere di edilizia poteva, «come
l'aiuto accordato con la dispensa dalla regola del differimento di un mese per la
detrazione dell'IVA», beneficiare fino al 1989 della deroga prevista all'art. 92, n.
3, lett. c), del Trattato, la decisione impugnata è viziata da errore di diritto per le
stesse ragioni esposte riguardo agli aiuti provenienti dall'arrotondamento per difetto
delle vincite degli scommettitori e della deroga alle norme dell'IVA (punti 124-133).
- 136.
- Essa aggiunge che un aiuto permanente al funzionamento, di circa 5 milioni di FF
all'anno, come l'aiuto di cui trattasi, non può, in ogni caso, soddisfare la condizione
positiva di cui all'art. 92, n. 3, del Trattato CE.
Motivi ed argomenti della Commissione
- 137.
- La Commissione, muovendo da considerazioni esposte nella decisione impugnata
riguardanti la compatibilità dell'aiuto risultante dall'arrotondamento alla cifra
decimale inferiore delle vincite degli scommettitori, e sulla base delle quali gli altri
due aiuti statali sono stati altresì dichiarati compatibili con il mercato comune,
contesta in generale tutti gli argomenti della ricorrente. Essa, per il resto, mette in
discussione soltanto gli aspetti essenziali dell'attuazione dell'art. 92, n. 3, lett. c) del
Trattato, vale a dire, da un lato, la legittimità degli obiettivi perseguiti dagli aiuti
di cui trattasi (condizione positiva) e, dall'altro, l'insussistenza di effetti perturbatori
sul mercato, contrari all'interesse comune (condizione negativa). Infine, essa
confuta l'affermazione della ricorrente secondo la quale, adottando la decisione
impugnata, essa non ha rispettato le proprie linee di condotta come esposte nelle
citate relazioni sulla politica della concorrenza.
1) Sulla legittimità degli obiettivi perseguiti dagli aiuti statali accordati al PMU,
ossia l'informatizzazione del PMU e il miglioramento della razza equina
- 138.
- La Commissione sostiene che, dal 1930 fino all'inizio degli anni ottanta, il PMU
effettuava le operazioni di accettazione delle scommesse con procedure manuali,
il che causava diversi problemi di gestione, il cui costo rappresentava all'incirca il
60 % del totale delle spese di funzionamento. Per far fronte a questi problemi il
PMU decideva, dal 1972, di informatizzare tutte le sue operazioni, decisione che,
secondo la Commissione, non è stata affatto concepita nella prospettiva di
un'estensione delle attività del PMU all'estero, ma mirava ad adattare quest'ultima
all'evoluzione economica e tecnica del mercato nazionale. Tali misure hanno avuto
come risultato, da un lato, l'attuazione di un sistema più affidabile, che permette
di fornire agli scommettitori servizi più adatti alle loro esigenze, il che nella
decisione impugnata è definito come «effetti diretti ed indiretti sullo sviluppo del
settore in tutte le sue componenti», e, dall'altro, l'aumento di riscossione delle
imposte da parte dello Stato francese, il che sarebbe nell'interesse della Comunità,
poiché è sempre preferibile che una determinata attività economica disponga di
un'organizzazione efficiente.
- 139.
- Secondo la Commissione, i costi di gestione del PMU, dopo il 1986, sono
costantemente diminuiti, proprio grazie all'informatizzazione delle operazioni di
raccolta e accettazione delle scommesse, passando dal 5.95 % nel 1986 al 5.45 %
nel 1990, il che ha rappresentato una riduzione degli oneri di circa 170 milioni di
FF, che ha permesso alle società di corse di dedicare più risorse alla loro funzione
di incentivazione e miglioramento della razza equina.
2) Sull'assenza di effetti perturbatori sul mercato
- 140.
- La Commissione chiarisce che, poiché prima del 1989 le attività del PMU erano
limitate alla Francia e non esisteva alcuna concorrenza tra il PMU e gli altri
operatori economici in Francia o altrove, essa ha potuto concludere per l'assenza
di effetti significativi delle misure di cui trattasi sul commercio tra gli Stati membri,
e solo l'insussistenza di una norma de minimis in materia di aiuti statali l'avrebbe
indotta a considerare le misure di cui trattasi come aiuti statali, per dichiararle,
infine, compatibili con il mercato comune.
- 141.
- Per quanto riguarda l'affermazione della ricorrente secondo la quale, risulterebbe
dalle dichiarazioni fatte nel maggio 1987 da parte dei rappresentanti del PMU (v.
supra, punto 130), che l'aiuto all'informatizzazione del PMU ha avuto effetti
perturbatori sul mercato per il fatto che esso ha permesso al PMU di estendere le
sue attività all'estero, la Commissione sostiene che il processo d'informatizzazione
delle operazioni del PMU è stato concepito e attuato molto prima di tali
dichiarazioni. In ogni caso, l'esistenza di un nesso diretto tra la decisione del PMU
di procedere all'informatizzazione della rete e la decisione successiva di offrire i
suoi servizi ad altre imprese all'estero non sarebbe provato.
- 142.
- Infine, la Commissione sostiene che le attività del PMI all'estero non sono della
stessa natura di quelle del PMU, il che sarebbe confermato dalle osservazioni del
direttore generale del PMU, citate dalla ricorrente (v. supra, punto 130).
3) Sul rispetto, da parte della Commissione, delle esigenze della giurisprudenza
e delle proprie linee di condotta
- 143.
- La Commissione sostiene che, quando un aiuto dev'essere valutato in ambito
comunitario, ciò non implica che lo stesso debba avere un effetto positivo per la
Comunità nel suo insieme. Nella fattispecie, il contributo allo sviluppo e ad una
migliore efficienza del settore del totalizzatore, e soprattutto al miglioramento della
razza equina, costituirebbe un obiettivo legittimo e sarebbe conforme all'interesse
della Comunità. Essa sottolinea che, anche nel caso in cui tale motivo non fosse
stato addotto esplicitamente nella decisione impugnata, cionondimeno esso sarebbe
comunque inerente a qualsiasi decisione di autorizzazione di un aiuto ai sensi
dell'art. 92, n. 3, lett. c) del Trattato.
- 144.
- Quanto all'esigenza secondo la quale l'aiuto deve essere necessario alla
realizzazione dell'obiettivo perseguito, la Commissione sottolinea che,
contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la decisione impugnata non
trascura tale questione, poiché in essa è chiaramente indicato che «le società di
corse non erano in grado di autofinanziare tutti gli investimenti necessari» [v. parte
IV, punto 2), della decisione].
- 145.
- Quanto all'intensità dell'aiuto derivante dall'arrotondamento delle vincite alla cifra
decimale inferiore, la Commissione osserva che, benché secondo la decisione
impugnata esso sia del 29%, ciò non toglie che sia difficile determinare l'intensità
di un aiuto nel caso di un ente quale il PMU, che non dispone di risorse proprie.
Infine, la Commissione respinge l'affermazione della ricorrente secondo la quale
essa avrebbe valutato l'aiuto di cui trattasi in modo isolato, senza tener conto delle
altre misure statali denunciate come aiuti.
- 146.
- La parte interveniente si associa agli argomenti della Commissione e sostiene che
quest'ultima ha correttamente applicato l'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato, riguardo
agli aiuti di cui trattasi.
Giudizio del Tribunale
- 147.
- Occorre preliminarmente rammentare che, secondo una giurisprudenza costante,
l'art. 92, n. 3, del Trattato conferisce alla Commissione un ampio potere
discrezionale di ammettere deroghe al divieto generale di cui al n. 1 del detto
articolo. L'accertamento, in tal caso, della compatibilità o dell'incompatibilità con
il mercato comune di un aiuto statale solleva problemi che implicano la valutazione
di fatti e di circostanze economiche complesse ed atte a modificarsi rapidamente
(sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione,
Racc. pag. I-307, punto 15; 11 luglio 1996, causa C-39/94, SFEI e a., Racc. pag. I-3547, punto 36, e 14 gennaio 1997, Spagna/Commissione, citata, punto 18). Inoltre,
si evince dalla giurisprudenza che nell'ambito di un ricorso di annullamento spetta
soltanto al giudice comunitario verificare se la decisione impugnata sia viziata da
uno dei motivi di illegittimità di cui all'art. 173 del Trattato, senza poter sostituire
la propria valutazione dei fatti, in particolare sotto il profilo economico, a quella
dell'autore della decisione (sentenze della Corte 15 giugno 1993, causa C-225/91,
Matra/Commissione, Racc. pag. I-3203, punto 23, e 29 febbraio 1996
Belgio/Commissione, citata, e sentenza FFSA e a./Commissione, citata, punto 101).
- 148.
- Ne consegue che il controllo che il Tribunale è chiamato ad esercitare nella
fattispecie deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme di procedura e della
motivazione, dell'esattezza materiale dei fatti accertati per operare la scelta
controversa e dell'insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o
di sviamento di potere (sentenze Matra/Commissione, citata, punto 25; 29 febbraio
1996,Belgio/Commissione, citata, punto 11, e FFSA e a./Commissione, citata, punto
101).
- 149.
- Alla luce di tali orientamenti giurisprudenziali deve essere esaminata la fondatezza
dei motivi della ricorrente relativi al fatto che, dichiarando i tre aiuti statali di cui
trattasi compatibili con il mercato comune, la Commissione avrebbe violato le
condizioni d'applicazione dell'art. 92, n. 3, lett. c) del Trattato, nonché la propria
linea di comportamento quale esposta, in particolare, nella sua dodicesima
relazione sulla politica della concorrenza.
Sulla rinuncia, dal 1982 al 1985, alle somme derivanti dall'arrotondamento delle
vincite degli scommettitori alla cifra decimale inferiore
- 150.
- Il Tribunale rileva che, secondo la decisione impugnata, a causa dello sviluppo della
concorrenza e degli scambi prima della creazione del PMI nel gennaio 1989, gli
aiuti accordati tra il 1982 e il 1985 in favore dell'informatizzazione del PMU e
risultanti dall'arrotondamento delle vincite alla cifra decimale inferiore, «non hanno
prodotto turbamenti del mercato in misura contraria all'interesse comune, tenuto
conto dei loro effetti diretti ed indiretti sullo sviluppo del settore in tutte le sue
componenti economiche compreso il miglioramento della razza equina» [parte VII,
punto 1), della decisione impugnata].
- 151.
- Dal citato passaggio della decisione impugnata emerge che la ricorrente non può
rimproverare alla Commissione di non aver esaminato se la condizione positiva
d'applicazione dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato fosse soddisfatta nella
fattispecie.
- 152.
- Quanto alla questione se siffatta valutazione della Commissione sia, cionondimeno,
basata su premesse erronee, per il fatto che l'aiuto di cui trattasi favoriva soltanto
l'attività di accettazione delle scommesse e non il miglioramento della razza equina,
il Tribunale rileva che emerge dagli atti che l'informatizzazione delle attività del
PMU ha avuto come effetto non soltanto una migliore efficienza dell'accettazione
delle scommesse, ma anche una riduzione, a partire dal 1986, delle spese e degli
oneri di funzionamento, che ha permesso alle società di corse di svincolare e quindi
di dedicare più risorse all'incentivazione del miglioramento della razza equina.
Infatti, poiché l'organizzazione del totalizzatore in Francia ha un fine non di lucro
e mira soltanto a consentire alle società di corse di continuare la loro attività
principale di miglioramento della razza equina, non si può ritenere che la
Commissione abbia commesso un errore manifesto considerando l'aiuto di cui
trattasi compatibile con il mercato comune in ragione dei suoi effetti sullo sviluppo
del settore dell'accettazione delle scommesse in tutte le sue componenti
economiche, «compreso il miglioramento della razza equina».
- 153.
- Il Tribunale ritiene inoltre che la ricorrente non può sostenere che solo nella fase
scritta la Commissione ha sottolineato gli effetti dell'aiuto di cui trattasi, e in
particolare, il miglioramento della razza equina. Tale considerazione figura, infatti,
in modo chiaro nella stessa decisione. Inoltre, occorre constatare che la decisione
impugnata non si riferisce soltanto agli effetti dell'aiuto controverso sul
miglioramento della razza equina, ma sottolinea i suoi effetti diretti ed indiretti
sullo sviluppo del settore delle corse «in tutte le sue componenti economiche
compreso il miglioramento della razza equina».
- 154.
- Per quanto riguarda la questione se l'aiuto di cui trattasi soddisfi altresì la
condizione negativa dell'art. 92, n. 3, lett. c), nel senso che i suoi effetti sul mercato
non alterino gli scambi intracomunitari in misura contraria all'interesse comune,
emerge dalla decisione impugnata che, prima della creazione del PMI nel gennaio
1989, non vi erano scambi tra la Francia e gli altri Stati membri, il che implica che
prima di tale data non vi era nemmeno concorrenza tra il PMU e gli altri operatori
economici presenti sul mercato comunitario dell'accettazione delle scommesse. Di
conseguenza, la Commissione ha potuto correttamente concludere che gli aiuti
accordati al PMU tra il 1982 e il 1985 in favore dell'informatizzazione delle sue
attività non avevano potuto produrre turbamenti sul mercato contrari all'interesse
comunitario.
- 155.
- Tale conclusione non è inficiata dal resoconto del discorso del direttore generale
del PMU in occasione di una conferenza delle associazioni europee del PMU, a
Londra nel maggio 1987 (v. supra, punto 130), che riguardava soltanto, in termini
generali, la politica del PMU a lungo termine, e che ha avuto luogo due anni dopo
l'abolizione dell'aiuto di cui trattasi, cosicché non è tale da mettere in discussione
la constatazione della Commissione riguardante l'insussistenza delle perturbazioni
sul mercato prima del 1989.
- 156.
- Analogo rilievo deve farsi per la risposta del presidente del PMU data nel 1987 al
Primo presidente della Corte dei conti francese (v. supra, punto 130), che è
intervenuta, infatti, due anni dopo l'abolizione dell'aiuto di cui trattasi e due anni
prima della creazione del PMI, in un periodo durante il quale l'espansione del
PMU all'estero era solo uno degli scopi della sua politica a lungo termine. Infine,
come giustamente sottolineato dalla Commissione, la decisione di aiutare le società
di corse a procedere all'informatizzazione delle operazioni d'organizzazione del
totalizzatore è stata presa nel 1985, molto prima della creazione in quanto ente
giuridico autonomo del PMU e della decisione di quest'ultimo di estendere le sue
attività all'estero mediante la creazione del PMI nel 1989.
- 157.
- Emerge da quanto sopra che la Commissione poteva fondatamente concludere che
l'aiuto di cui trattasi era compatibile con il mercato comune.
- 158.
- Peraltro, il Tribunale ritiene che tale conclusione della Commissione non può più
essere messa in discussione dal motivo della ricorrente relativo al fatto che la
Commissione avrebbe completamente ignorato il primo dei tre criteri che essa
aveva adottato nel suo dodicesimo rapporto sulla politica di concorrenza, vale a
dire, la valutazione di un aiuto settoriale in ambito comunitario. Infatti, emerge
dalla parte VII, terzo capoverso, della decisione impugnata, che l'aiuto di cui
trattasi è stato valutato nel «contesto della Comunità e non in quello di un solo
Stato membro». Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere che solo
nell'ambito della fase scritta la Commissione ha per la prima volta fatto valere la
considerazione, del resto inerente a qualsiasi esame di compatibilità di un aiuto
settoriale con il mercato comune, che il contributo dell'aiuto di cui trattasi allo
sviluppo del totalizzatore e al miglioramento della razza equina costituiva un
obiettivo legittimo e conforme all'interesse della Comunità. Infine, e contrariamente
a quanto la ricorrente sembra sostenere, la valutazione di un aiuto in ambito
comunitario non significa che un aiuto che ha effetti positivi per lo sviluppo di un
settore in un solo Stato membro, come l'accettazione delle scommesse in Francia,
non possa beneficiare di una deroga ai sensi dell'art. 92, n. 3, lett. c) del Trattato,
in quanto, come la Commissione ha sottolineato, è nell'interesse della Comunità
che un determinato settore economico disponga in uno Stato membro di una
organizzazione e di una struttura efficienti.
- 159.
- Il Tribunale ritiene che la ricorrente non può inoltre rimproverare alla
Commissione di non aver esaminato se l'aiuto di cui trattasi era necessario per la
realizzazione dell'obiettivo perseguito. Infatti, è chiaramente indicato nella
decisione impugnata che «tali deroghe si applicano soltanto se la Commissione è
in grado di constatare che il libero gioco delle forze di mercato, in assenza degli
aiuti, non inciterebbe il potenziale beneficiario ad adottare un comportamento utile
alla realizzazione di uno degli obiettivi di cui sopra» [parte VII, quarto capoverso,
della decisione impugnata], e che, per quanto riguarda l'aiuto all'informatizzazione
del PMU, «le società di corse non erano in grado di finanziare esse stesse tutti gli
investimenti necessari». Peraltro, è assodato che, dall'inizio degli anni ottanta, le
società di corse si trovavano in una situazione finanziaria di grave deficit, il che
spiega perché solo un intervento delle autorità statali, e non degli organismi
finanziari privati, fosse idoneo ad assicurare il risanamento di tale situazione [v.
parte IV, punti 2) e 3) della decisione impugnata].
- 160.
- Quanto alla proporzionalità dell'intensità dell'aiuto di cui trattasi, è pur vero che
nella decisione impugnata quest'ultima è stata qualificata dalla Commissione come
elevata. Tuttavia ciò non toglie che secondo la decisione impugnata tale aiuto èstato accordato molto prima della creazione del PMI, nel gennaio 1989, data alla
quale, in ragione dello stato di sviluppo della concorrenza e degli scambi tra gli
Stati membri, esso non poteva produrre effetti contrari all'interesse comunitario.
- 161.
- Infine, il Tribunale ritiene che l'argomento della ricorrente, secondo il quale la
Commissione non avrebbe applicato correttamente questo stesso criterio poiché
essa avrebbe valutato l'intensità dell'aiuto di cui trattasi isolatamente, non può
nemmeno essere accolto. Infatti, se è vero che la Commissione, per il fatto stesso
che essa non ha applicato correttamente l'art. 92, n. 1, alle quattro misure statali
denunciate dalla ricorrente (v. supra, punti 62, 82, 111 e 122), non poteva valutare
i loro effetti cumulativi con gli effetti dell'aiuto di cui trattasi, ciò non toglie che tali
vantaggi cumulativi riguardano un periodo durante il quale non esistevano né
concorrenza né scambi intracomunitari. Di conseguenza, sulla valutazione della
compatibilità con il mercato comune della misura di cui trattasi, i cui effetti erano,
peraltro, di durata limitata, dal 1982 al 1985, non ha incidenza l'esistenza di altri
aiuti concessi prima del 1989 al PMU.
- 162.
- Ne consegue che la Commissione poteva correttamente considerare che, tenuto
conto dello stato degli scambi intracomunitari all'epoca dei fatti, l'aiuto di cui
trattasi, benché d'intensità elevata, fosse, cionondimeno, compatibile con il mercato
comune.
Sull'esenzione della regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA
prima del 1989
- 163.
- Come risulta dalla decisione impugnata, tale aiuto è stato considerato compatibile
con il mercato comune fino al 1989, anno a partire dal quale le società di corse
hanno dovuto provvedere al deposito di una cauzione permanente presso il Tesoro,
al fine di compensare il vantaggio che ne derivava. Orbene, come è stato
constatato, la valutazione della Commissione si basa su un errore riguardante
l'ambito temporale nel quale essa doveva essere effettuata (v. supra, punti 118-122), il che impedisce al Tribunale di pronunciarsi sull'esistenza stessa dell'aiuto di
cui trattasi. Tuttavia, il Tribunale ritiene che, poiché la compatibilità dell'aiuto con
il mercato comune fino al 1989 è fondata dalla Commissione sugli stessi motivi
riguardanti l'aiuto che risulta dall'arrotondamento delle vincite alla cifra decimale
inferiore, tale constatazione della Commissione non può esser messa in discussione,
dato che tali motivi, come è stato constatato, non sono viziati da errore di
valutazione manifesto (v. supra, punti 150-159). Ne consegue che, malgrado l'errore
commesso nella fattispecie dalla Commissione, quest'ultima aveva motivi validi per
ritenere che l'aiuto di cui trattasi fosse, fino al 1989, compatibile con il mercato
comune.
Sull'esenzione fino al 1989 dal contributo per le opere di edilizia
- 164.
- La ricorrente sostiene che, anche su questo punto, la decisione è viziata per le
stesse ragioni esposte riguardo ad altri due aiuti dichiarati compatibili con il
mercato comune. Orbene, poiché gli argomenti della ricorrente riguardanti queste
altre misure sono infondati (v. supra, punti 150-163), ciò vale anche per i le censure
formulate nei confronti dell'aiuto di cui trattasi.
- 165.
- Da quanto precede consegue che il motivo della ricorrente relativo ad
un'applicazione errata dell'art. 92, n. 3, lett. c), del Trattato non è fondato e di
conseguenza deve essere respinto.
Sull'obbligo di recupero di un aiuto incompatibile con il mercato comune
Sintesi degli argomenti delle parti
- 166.
- Nell'ambito di tale motivo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata deve
essere annullata poiché, da un lato, essa limita l'obbligo di restituzione dell'aiuto
conseguente all'esenzione dal contributo per le opere di edilizia, non al periodo che
ha inizio dal 1989, quando il PMU ha cominciato ad avere attività in altri paesi
della Comunità, ma nel solo periodo successivo all'apertura del procedimento, vale
a dire a partire dall'11 gennaio 1991, per effetto di una sentenza del Consiglio di
Stato francese del 1962, che si era pronunciato in favore della natura agricola delle
attività delle società di corse e, pertanto, per il loro esonero dal contributo alle
opere di edilizia, e, dall'altro, poiché essa affida alle autorità francesi il compito di
calcolare l'importo dell'aiuto da restituire.
- 167.
- Per quanto riguarda, in primo luogo, l'obbligo di restituire l'aiuto di cui trattasi, la
ricorrente sostiene che il motivo relativo a tale sentenza del Consiglio di Stato per
giustificare la limitazione nel tempo di tale obbligo è in contrasto con la parte V,
punto 7), della decisione impugnata, nella quale la Commissione ha per l'appunto
esposto che tale sentenza, relativa a due società di corse non aderenti al PMU, non
riguardava affatto le loro attività di accettazione di scommesse né, di conseguenza,
l'attività del PMU, vale a dire l'organizzazione e l'accettazione delle scommesse,
che sarebbe manifestamente estranea a qualsiasi attività agricola.
- 168.
- Al riguardo, la ricorrente sottolinea come l'argomento della Commissione
contenuto nel controricorso, secondo il quale la citata sentenza del Consiglio di
Stato avrebbe creato in capo al beneficiario un legittimo affidamento sul carattere
regolare della misura di cui trattasi, il che avrebbe impedito alle autorità francesi
di esigere la restituzione dell'aiuto per il periodo precedente all'11 gennaio 1991,
data di apertura del procedimento, non figuri nella decisione impugnata. Inoltre,
la Commissione avrebbe confuso il «legittimo affidamento» del beneficiario di un
aiuto con l'impossibilità per uno Stato membro di recuperare un aiuto illegittimo.
In ogni caso, tale motivazione sarebbe contraria alla giurisprudenza in materia,
secondo la quale uno Stato membro che ha concesso un aiuto in violazione delle
norme di procedura dell'art. 93 del Trattato non può far valere il legittimo
affidamento dei beneficiari per non esigere la restituzione di tale aiuto (sentenza
della Corte 20 settembre 1990, causa C-5/89, Commissione/Germania, Racc. pag.
I-3437). Infine, poiché la sentenza del Consiglio di Stato francese non riguardava
né le attività di raccolta delle scommesse sulle corse ippiche né la compatibilità
della misura di cui trattasi con le norme degli artt. 92 e seguenti del Trattato, non
si potrebbe in alcun modo parlare di legittimo affidamento in capo al PMU.
- 169.
- In secondo luogo, per quanto riguarda il motivo relativo al fatto che la
Commissione non avrebbe dovuto lasciare al governo francese la responsabilità di
calcolare egli stesso l'importo dell'aiuto da recuperare, la ricorrente sostiene che,
poiché il prelievo dal quale il PMU è stato esentato è determinato in base alle
retribuzioni corrisposte da un datore di lavoro, sarebbe sufficiente conoscere il
tasso di prelievo applicato nonché il dettaglio delle retribuzioni versate dal PMU
durante il periodo di cui trattasi per calcolare l'importo in questione. Inoltre,
poiché la Commissione era in possesso dei dati relativi all'importo dei prelievi ai
quali lo Stato francese ha rinunciato nel 1986 e nel 1990, come emerge dalla
decisione impugnata, non dovrebbe esservi alcuna difficoltà ad ottenere i dati
relativi agli altri anni. Infine, la Commissione non potrebbe opporre l'insufficienza
delle informazioni di cui essa disponeva per giustificare la decisione di affidare allo
Stato francese il compito di stabilire l'importo degli aiuti da restituire, dato che essa
avrebbe avuto a disposizione più di quattro anni per ottenere i dati dallo Stato
francese.
- 170.
- La ricorrente aggiunge che, in forza di un principio fondamentale del diritto
comunitario, la Commissione non avrebbe in ogni caso il diritto di delegare poteri
discrezionali che le sono affidati ai sensi del Trattato (sentenza della Corte 13
giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 11) e che essa non
avrebbe delimitato nella fattispecie la portata dei poteri così delegati, né
determinato le modalità del loro esercizio. Inoltre, tale delega di poteri avrebbe
come effetto quello di privare i singoli della tutela giurisdizionale loro garantita
dall'art. 173 del Trattato.
- 171.
- Infine, la ricorrente sostiene che la restituzione dell'aiuto di cui trattasi non è stata
reclamata nella sua totalità dalle autorità francesi. Essa rileva che, come risulta
dalla corrispondenza della Commissione con le autorità francesi e, in particolare,
dalla lettera del rappresentante francese in data 10 gennaio 1994, l'esenzione dal
contributo dei datori di lavoro per le opere di edilizia era stato abolito con effetto
a partire dal 1° gennaio 1994, il che significherebbe che la restituzione di cui trattasi
dovrebbe coprire un periodo di circa tre anni, vale a dire dal 1991 al 1993 incluso.
Orbene, emergerebbe da questa stessa lettera che le autorità francesi non hanno
provveduto al recupero di cui trattasi se non per gli anni 1992 e 1993, e non per
il 1991.
- 172.
- La Commissione sostiene che, se è vero che i beneficiari di un aiuto non possono
avere, in via di principio, un legittimo affidamento sulla regolarità dell'aiuto a meno
che quest'ultimo sia stato accordato regolarmente, essi hanno, cionondimeno, la
possibilità di far valere circostanze eccezionali, in base alle quali hanno potuto
legittimamente basare il loro affidamento sul carattere regolare di tale aiuto e si
sono opposti di conseguenza al rimborso (sentenza 20 settembre 1990,
Commissione/Germania, citata).
- 173.
- Quanto alla possibilità per uno Stato membro di avvalersi del legittimo affidamento
dei beneficiari di un aiuto per non chiedere il rimborso, la Commissione afferma
che, secondo la citata sentenza 20 settembre 1990, Commissione/Germania, uno
Stato membro «non può invocare il legittimo affidamento dei beneficiari per
sottrarsi all'obbligo di adottare i provvedimenti necessari ai fini dell'esecuzione di
una decisione della Commissione con cui sia stato ordinato di ripetere l'aiuto»,
ipotesi che non riguarderebbe il caso di specie (punto 17 della sentenza).
- 174.
- La Commissione ritiene che la sentenza del Consiglio di Stato francese del 1962,
che qualificava le attività delle società di corse come agricole e, pertanto,
giustificava la loro esenzione dal contributo alle opere di edilizia, fosse idonea a
fondare, in capo ad esse, un legittimo affidamento sulla regolarità della misura di
cui trattasi fino all'apertura del procedimento, allorché tale misura è stata
espressamente qualificata come aiuto concesso da uno Stato ai sensi dell'art. 92, n.
1 del Trattato.
- 175.
- Essa aggiunge che, se è vero che la sentenza del Consiglio di Stato del 1962 non
riguardava gli aderenti del PMU e non verteva né sulle attività di accettazione delle
scommesse sui cavalli né sulla questione della compatibilità della misura di cui
trattasi con le norme del Trattato in materia di aiuti statali, risultava cionondimeno
da tale sentenza che le società di corse dovevano essere considerate come imprese
agricole, e quindi non soggette al contributo alle opere di edilizia.
- 176.
- Per quanto riguarda il compito affidato alle autorità francesi di determinare
l'importo dell'aiuto da recuperare, la Commissione fa valere che, contrariamente
a quanto sostiene la ricorrente, non si tratta di una delega di poteri, ma di un caso
di cooperazione reciproca tra la Commissione e lo Stato membro interessato, che
rientra nell'art. 5 del Trattato. Essa sottolinea che tale prassi è stata seguita in altri
casi [decisione della Commissione 29 marzo 1988,88/468/CEE, relativa agli aiuti
concessi dal governo francese ad un'impresa che produce macchinario agricolo a
ST. Dizier, Angers e Croix (International Harvester/Tenneco), GU L 229, pag. 37]
e che nella fattispecie, le autorità francesi non hanno alcun potere discrezionale e
sono tenute a motivare il calcolo dell'importo dell'aiuto da recuperare.
- 177.
- Quanto alle critiche formulate dalla ricorrente riguardo al controllo della procedura
di restituzione dell'aiuto, la Commissione sostiene che queste riguardano
l'esecuzione della decisione impugnata e non la sua legittimità, unico oggetto del
ricorso.
- 178.
- La parte interveniente si associa agli argomenti della Commissione e sottolinea
come la Commissione non sia tenuta ad esigere la restituzione di un aiuto e
disponga di un ampio potere discrezionale, che non può essere sanzionato da parte
del giudice comunitario se non in caso di errore manifesto (sentenza della Corte
21 novembre 1991, causa C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur
des produits alimentaires et Syndicat national des négociants et transformateurs de
saumons, Racc. pag. I-5505).
Giudizio del Tribunale
- 179.
- Il Tribunale rammenta preliminarmente che la Commissione, allorché constata
l'incompatibilità di un aiuto statale con il mercato comune, può ingiungere allo
Stato membro interessato di ordinare all'impresa beneficiaria la restituzione (citata
sentenza Deufil/Commissione, punto 24), poiché la soppressione di un aiuto
illegittimo è la conseguenza logica di tale accertamento in quanto essa permette il
ripristino dello status quo ante (sentenze 21 marzo 1990, Belgio/Commissione,
citata, punto 66, e 14 gennaio 1997, Spagna/Commissione, citata, punto 47).
Facendo ciò, la Commissione dispone di un potere discrezionale, che è necessario
per l'attuazione delle decisioni adottate in applicazione dell'art. 93, n. 2, del
Trattato, poiché l'adozione di queste implica l'esercizio di siffatto potere
discrezionale (sentenza 14 febbraio 1990, Francia/Commissione, citata punto 15).
- 180.
- Occorre quindi esaminare se la Commissione, allorché esercita il suo potere
discrezionale per ordinare allo Stato membro interessato di recuperare un aiuto
dichiarato incompatibile con il mercato comune, possa limitare nel tempo gli effetti
di tale decisione, sul motivo che una sentenza di un giudice nazionale, per il suostesso tenore, secondo lo Stato membro interessato, idonea a creare in capo al
beneficiario dell'aiuto il legittimo affidamento sulla sua legittimità.
- 181.
- Al riguardo, il Tribunale rammenta che, secondo una giurisprudenza costante, uno
Stato membro, le cui autorità hanno concesso un aiuto in violazione delle norme
previste all'art. 93, del Trattato, non può invocare il legittimo affidamento
dell'impresa beneficiaria per sottrarsi all'obbligo di adottare le misure necessarie
per eseguire una decisione della Commissione che gli ordina di recuperare il detto
aiuto. Infatti, riconoscere agli Stati membri tale possibilità equivarrebbe a privare
le disposizioni degli artt. 92 e 93 del Trattato di qualsiasi effetto utile, in quanto le
autorità nazionali potrebbero anche far valere il loro illegittimo comportamento per
vanificare l'efficacia delle decisioni emanate dalla Commissione in virtù di tali
disposizioni del Trattato (v. in ultimo, sentenza della Corte 14 gennaio 1997,
Spagna/Commissione, citata, punto 48).
- 182.
- Occorre tuttavia rammentare che non si può escludere la possibilità, per il
beneficiario di un aiuto illegittimo, di far valere circostanze eccezionali che abbiano
potuto legittimamente fondare il suo affidamento sulla regolarità di tale aiuto. In
tal caso, il riconoscimento del legittimo affidamento in capo ad esso
presupporrebbe che l'aiuto sia stato accordato nel rispetto del procedimento
previsto dall'art. 93 del Trattato (sentenze della Corte 10 giugno 1993, causa C-183/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3131, punto 18, e 14 gennaio 1997,
Spagna/Commissione, citata, punto 51).
- 183.
- Dalle considerazioni di cui sopra discende che non spetta allo Stato membro
interessato, ma all'impresa beneficiaria, di far valere circostanze eccezionali sulle
quali essa abbia potuto fondare il proprio legittimo affidamento al fine di opporsi
alla restituzione di un aiuto illegittimo, e ciò nel quadro dei procedimenti dinanzi
alle autorità statali o al giudice nazionale (sentenza del Tribunale 8 giugno 1995,
causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. pag. II-1675, punto 104).
- 184.
- Di conseguenza, la Commissione non poteva motivare la sua decisione di limitare
nel tempo l'obbligo incombente alle autorità francesi di recuperare l'aiuto
illegittimamente accordato al PMU limitandosi a far valere la posizione adottata
da queste ultime riguardante il legittimo affidamento invocato dal PMU.
- 185.
- Ne consegue che la decisione impugnata, in quanto limita nel tempo l'obbligo per
le autorità francesi di esigere la restituzione dell'aiuto risultante dall'esenzione dal
contributo alle opere edilizie a favore del PMU, anziché a partire dal 1989, anno
a decorrere dal quale esso è stato dichiarato incompatibile, a partire dalla data di
avvio del procedimento, vale a dire l'11 gennaio 1991, è inficiata da una violazione
dell'art. 93, n. 2, del Trattato e deve essere annullata.
- 186.
- Riguardo al secondo motivo della ricorrente, relativo al fatto che la Commissione
avrebbe commesso un errore di diritto affidando al governo francese il compito di
calcolare l'importo esatto dell'aiuto da restituire, occorre ricordare che, secondo la
giurisprudenza in materia, l'obbligo per lo Stato di sopprimere, conformemente
all'art. 93, n. 2, del Trattato, un aiuto considerato incompatibile con il mercato
comune, mira al ripristino dello status quo ante, obiettivo che viene raggiunto dopo
che l'aiuto di cui trattasi, eventualmente maggiorato di interessi di mora, viene
restituito dal beneficiario allo Stato (v. sentenza della Corte 4 aprile 1995, causa
C-350/93, Commissione/Italia, Racc. pag. I-699, punti 20-22).
- 187.
- Tuttavia, né la giurisprudenza né alcuna disposizione del diritto comunitario
esigono che la Commissione, nel caso in cui ordini la restituzione di un aiuto
dichiarato incompatibile con il mercato comune, stabilisca l'importo dell'aiuto da
restituire. Infatti, le prescrizioni della giurisprudenza in materia si limitano a che,
da un lato, il recupero degli aiuti illegittimamente concessi porti al ristabilimento
dello status quo ante e, dall'altro, tale restituzione venga effettuata secondo le
modalità previste dal diritto nazionale, senza che l'applicazione delle disposizioni
di quest'ultimo possa pregiudicare la portata e l'efficacia del diritto comunitario
(sentenze delle Corte 21 settembre 1983, cause riunite 205/82 - 215/82, Deutsche
Milchkontor e a., pag. 2633, punti 18-25, e 2 febbraio 1989, causa 94/87,
Commissione/Germania, Racc. pag. 175, punto 12; sentenza Siemens/Commissione,
citata, punto 82).
- 188.
- Occorre aggiungere che, poiché per il calcolo dell'importo dell'aiuto da recuperare
può, come nel caso di specie, essere necessaria la valutazione di regimi d'imposta
di cui la base imponibile, l'aliquota e le modalità di recupero sono fissate
direttamente dalla legislazione nazionale applicabile in materia, la Commissione
può legittimamente limitarsi a constatare in modo generale l'obbligo per il
beneficiario di restituire l'aiuto di cui trattasi, e lasciare alle autorità nazionali il
compito di calcolare l'importo preciso dell'aiuto da restituire (v. per analogia,
sentenza Air France/Commissione, citata, punto 165).
- 189.
- Il Tribunale ritiene che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, lungi dal
costituire una delega di potere illegittima, la decisione della Commissione di
affidare al governo francese il compito di calcolare l'importo dell'aiuto da restituire
s'inquadra nell'ambito più ampio dell'obbligo di cooperazione leale che lega
reciprocamente la Commissione e gli Stati membri nell'attuazione dell'art. 93 del
Trattato (per ciò che riguarda l'attuazione dell'art. 93, n. 1, che prevede l'esame
permanente della Commissione sugli aiuti esistenti, v. sentenza della Corte 29
giugno 1995, causa C-135/93, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-1651, punto 24, e
15 ottobre 1996, causa C-311/94, Ijssel-Vliet Combinatie, Racc. pag. I-5023, punto
36; per quanto riguarda le difficoltà incontrate dagli Stati membri in occasione
dell'esecuzione di una decisione della Commissione che decide la restituzione di un
aiuto, v. sentenze della Corte 2 febbraio 1989, Commissione/Germania, citata,
punto 9; 20 settembre 1990, Commissione/Germania, citata, punti 13-16, e 10
giugno 1993, Commissione/Grecia, citata, punto 19).
- 190.
- Quanto agli argomenti della ricorrente relativi al fatto che l'aiuto di cui trattasi, in
definitiva, non sarebbe stato totalmente restituito, occorre rammentare che,
secondo la giurisprudenza, la legittimità di una decisione in materia di aiuti deve
essere valutata in funzione degli elementi d'informazione di cui la Commissione
poteva disporre al momento in cui essa l'ha adottata (sentenza della Corte 15
marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de Espana, Racc. Pag. I-877, punti 12
e 13, e 26 settembre 1996, Francia/Commissione, citata, punto 33). Orbene, gli
argomenti della ricorrente non si riferiscono alla legittimità dell'adozione della
decisione impugnata, ma alle modalità della sua esecuzione, cosicché sono
irrilevanti nel caso di specie.
- 191.
- Da quanto precede consegue che il motivo della ricorrente, relativo al fatto che la
decisione impugnata, affidando alle autorità francesi il compito di calcolare
l'importo dell'aiuto da restituire, sarebbe viziata da un errore di diritto, non è
fondato e, di conseguenza, va respinto.
Sulla violazione dell'art. 190 del Trattato
Sintesi degli argomenti delle parti
- 192.
- La ricorrente sostiene che, come risulta dalle argomentazioni sviluppate nell'ambito
dei precedenti motivi, la decisione impugnata è viziata da carenza di motivazione
e deve di conseguenza essere annullata.
- 193.
- Essa aggiunge che la motivazione di una decisione deve essere esaminata in
funzione della motivazione che in essa è contenuta e non di motivazioni
supplementari addotte per la prima volta in occasione del procedimento
contenzioso. Di conseguenza, il Tribunale dovrebbe, nell'ambito dell'esercizio del
suo sindacato giurisdizionale, respingere la motivazione addotta dalla Commissione
per la prima volta nel suo controricorso, secondo la quale a) il PMU «è oggetto di
una onerosa imposizione, nettamente superiore a quella delle altre attività e delle
altre imprese», b) «nel contesto di tale sistema fiscale oneroso e derogatorio, è
legittimo, per lo Stato, contribuire alla ristrutturazione delle imprese interessate al
fine di garantire le proprie entrate per l'avvenire», c) l'aiuto all'informatizzazione
del PMU doveva contribuire «soprattutto al miglioramento della razza equina, il
che costituisce uno obiettivo legittimo e conforme all'interesse della Comunità», d)
«l'obiettivo finale della dispensa dalla regola del differimento di un mese per la
detrazione dell'IVA era il miglioramento della razza equina» e e) la limitazione nel
tempo dell'obbligo di restituire l'aiuto risultante dall'esenzione del PMU dal
contributo alle opere edilizie sarebbe giustificata dal legittimo affidamento creato
in capo al PMU dalla citata sentenza del Consiglio di Stato francese del 1962.
- 194.
- Infine, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata deve altresì essere
annullata, per violazione dell'art. 190 del Trattato, poiché la Commissione non ha
preso posizione riguardo all'aiuto denunciato nella sua denuncia riguardante
l'esenzione del PMU dal pagamento di qualsiasi forma d'imposta sui redditi.
- 195.
- La Commissione ribatte che tale motivo non costituisce un motivo autonomo e
rinvia in tal senso alle sue osservazioni sul merito della causa. Essa precisa tuttavia
che, se è soltanto nella fase scritta del procedimento che essa si è riferita in
particolare all'obiettivo dell'aiuto per la ristrutturazione accordato al PMU,
consistente nel preservare le entrate dello Stato (v. supra, punto 46), ciò si spiega
per il fatto che tale considerazione è inerente a ogni decisione in materia di aiuti
statali. Inoltre, tale constatazione mirava soltanto a rispondere all'argomento della
ricorrente sollevato per la prima volta nel ricorso, secondo il quale la riduzione dei
prelievi dello Stato sulle scommesse nel 1985 era una misura ad hoc destinata in
particolare a finanziare il piano di risanamento del PMU .
- 196.
- Per quanto riguarda il riferimento fatto nel suo controricorso al legittimo
affidamento del PMU, la Commissione sostiene che tale argomento completa
soltanto la motivazione contenuta nella decisione impugnata riguardante
l'impossibilità per le autorità francesi di prelevare l'imposizione di cui trattasi in
base alla citata sentenza del Consiglio di Stato del 1962.
Giudizio del Tribunale
- 197.
- Poiché tutte le censure della ricorrente che, nell'ambito del presente motivo, si
riferiscono ad una violazione dell'art. 190 del Trattato sono state già esaminate
nell'ambito dei motivi precedenti, il Tribunale ritiene che non occorre rispondervi
nell'ambito del presente motivo.
- 198.
- Dall'insieme delle considerazioni che precedono discende che la decisione
impugnata deve essere annullata nella parte in cui, da un lato, essa accerta che i
vantaggi accordati al PMU che risultano a) dalle agevolazioni di tesoreria concesse
al PMU che le consentono di differire il pagamento di taluni prelievi sulle
scommesse, b) dalla modifica della ripartizione dei prelievi intervenuta nel 1985 e
nel 1986, c) dalla messa a disposizione delle vincite non reclamate e d)
dall'esenzione dalla regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA,
dopo il 1° gennaio 1989, non costituiscono aiuti concessi da uno Stato, ai sensi
dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Dall'altro, la decisione impugnata deve altresì essere
annullata in quanto essa limita l'obbligo dello Stato francese di esigere la
restituzione dell'aiuto che consegue dall'esenzione del PMU dal contributo alle
opere di edilizia, non dal 1989, ma dal 11 gennaio 1991.
Sulle conclusioni intese a far rivolgere un ordine alla Commissione
- 199.
- Nelle sue conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di ordinare alla
Commissione di riesaminare subito la sua denuncia e di adottare le misure che si
impongono in applicazione dell'art. 176 del Trattato.
- 200.
- Il Tribunale rammenta che, secondo una giurisprudenza costante, non spetta al
giudice comunitario rivolgere, nell'ambito del controllo di legittimità che esso
esercita, ordini alle istituzioni o sostituirsi a queste ultime, ma spetta
all'amministrazione interessata adottare le misure che comporta l'esecuzione di una
sentenza emessa nell'ambito di un ricorso di annullamento. Di conseguenza, queste
conclusioni della ricorrente devono essere dichiarate irricevibili (sentenza del
Tribunale 12 giugno 1997, causa T-504/93, Tiercé Ladbroke/Commissione, Racc.
pag. II-923, punto 45).
Sulle spese
- 201.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell'art. 87,
n. 3, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può
ripartire le spese. Poiché il ricorso è stata parzialmente accolto e poiché entrambe
le parti hanno chiesto rispettivamente la condanna dell'altra, occorre statuire che
ognuna delle parti sopporterà le proprie spese.
- 202.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, l'interveniente sopporterà
le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della Commissione 22 settembre 1993, 93/625/CEE,
concernente gli aiuti concessi dal governo francese al gruppo Pari Mutuel
Urbain (PMU) e alle società di corse, è annullata nella parte in cui viene
deciso che i vantaggi concessi al PMU che risultano a) dalla modifica della
ripartizione dei prelievi intervenuta nel 1985 e nel 1986, b) dalle
agevolazioni di tesoreria concesse a quest'ultimo con l'autorizzazione adifferire il pagamento di determinati prelievi sulle scommesse, c) dalla
messa a disposizione delle vincite non reclamate e d) dall'esenzione dalla
regola del differimento di un mese per la detrazione dell'IVA, dopo il 1°
gennaio 1989, non costituiscono aiuti concessi da uno Stato, ai sensi
dell'art. 92, n. 1, del Trattato, e nella parte in cui viene deciso che l'obbligo
dello Stato francese di esigere la restituzione dell'aiuto che risulta
dall'esonero dal contributo alle opere edilizie non risale al 1989, ma al 1°
gennaio 1991.
2) Per il resto il ricorso è respinto.
3) Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.
Bellamy Vesterdorf Briët
Kalogeropoulos Potocki
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 gennaio 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
A. Kalogeropoulos