Language of document : ECLI:EU:T:2007:260

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

12 settembre 2007 (*)

«Aiuti di Stato − Normativa contenente disposizioni urgenti a favore dell’occupazione per le imprese in difficoltà − Decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune e ordina il recupero dell’aiuto versato»

Nelle cause riunite T‑239/04 e T‑323/04,

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. D. Del Gaizo, in qualità di agente,

ricorrente nella causa T‑239/04,

Brandt Italia SpA, con sede in Verolanuova (Italia), rappresentata dagli avv.ti M. van Empel, C. Visco e S. Lamarca,

ricorrente nella causa T‑323/04,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. V. Di Bucci e C. Giolito e dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda d’annullamento della decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2004/800/CE, relativa al regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione concernente disposizioni urgenti in materia di occupazione (GU L 352, pag. 10),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dal sig. R. García-Valdecasas, presidente, dal sig. J.D. Cooke e dalla sig.ra I. Labucka, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Normativa italiana

1        Il decreto legge 14 febbraio 2003, n. 23, che prevede disposizioni urgenti in materia di occupazione (GURI n. 39 del 17 febbraio 2003), convertito, con modificazioni, nella legge 17 aprile 2003, n. 81 (GURI n. 91 del 18 aprile 2003), al suo art. 1, primo comma, prevede quanto segue:

«Allo scopo di fronteggiare la grave crisi occupazionale che ha colpito imprese sottoposte a procedure di amministrazione straordinaria, nei casi previsti dall’articolo 63, comma 4, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, relativamente ad imprese sottoposte a tali procedure ed aventi un numero di dipendenti superiore alle 1 000 unità, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può concedere, nel limite massimo complessivo di 550 lavoratori, ai datori di lavoro acquirenti i benefici di cui agli articoli 8, comma 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, purché sussistano le seguenti condizioni:

a)      che l’imprenditore acquirente non possegga le caratteristiche di cui all’articolo 8, comma 4-bis, della legge 23 luglio 1991, n. 223;

b)      che il trasferimento dei lavoratori sia previsto in un contratto collettivo stipulato entro il 30 aprile 2003, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale consenta il recupero occupazionale di lavoratori».

2        L’art. 63, quarto comma, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, recante la nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (GURI n. 185 del 9 agosto 1999), prevede, in caso di vendita totale o parziale di un’azienda gestita da grandi imprese ed oggetto di un procedimento di amministrazione straordinaria, quanto segue:

«Nell’ambito delle consultazioni relative al trasferimento d’azienda previste dall’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, il commissario straordinario, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia».

3        L’art. 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, recante norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro (Supplemento ordinario alla GURI n. 175 del 27 luglio 1991; in prosieguo: la «legge n. 223/91»), che disciplina l’Intervento straordinario d’integrazione salariale (ovvero la cassa integrazione guadagni straordinaria; in prosieguo: la «CIGS»), completata dall’art. 2 del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148 (GURI n. 116 del 20 maggio 1993), contiene un certo numero di disposizioni dirette a favorire il collocamento dei lavoratori in regime speciale di mobilità. È previsto in particolare quanto segue:

«1.       Per i lavoratori in mobilità, ai fini del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione (...)

4.       Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi (…).

4-bis  Il diritto ai benefici economici di cui ai commi precedenti è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo. L’impresa che assume dichiara, sotto la propria responsabilità, all’atto della richiesta di avviamento, che non ricorrono le menzionate condizioni ostative».

4        Ai sensi dell’art. 25, nono comma, della legge n. 223/91:

«Per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni».

5        Inoltre, l’art. 1, primo comma, della legge n. 223/91 dispone quanto segue:

«La disciplina in materia di [CIGS] trova applicazione limitatamente alle imprese che abbiano occupato mediamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della richiesta di cui al comma 2. Nel caso di richieste presentate prima che siano trascorsi sei mesi dal trasferimento di azienda, tale requisito deve sussistere, per il datore di lavoro subentrante, nel periodo decorrente alla data del predetto trasferimento (…)».

6        Ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 223/91, la richiesta diretta all’ottenimento del beneficio del regime della CIGS deve contenere il programma, formulato in conformità ad un modello stabilito, che l’impresa intende attuare e deve fare riferimento alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale. L’art. 2 della legge n. 223/91 precisa inoltre che il beneficio di un tale regime è accordato mediante decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, previa approvazione del programma da parte del Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI) e che la concessione dell’indennità dipende dalla corretta attuazione di tale programma.

7        Peraltro, l’art. 4 della legge n. 223/91 prevede, in particolare, quanto segue:

«1.       L’impresa che sia stata ammessa al[la CIGS], qualora nel corso di attuazione del programma di cui all’articolo 1 ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare le procedure di mobilità ai sensi del presente articolo.

2.       Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali (…).

3.       La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di mobilità; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo; del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia della ricevuta del versamento all’[istituto Nazionale della previdenza Sociale (INPS)], a titolo di anticipazione sulla somma di cui all’articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di [CIGS] moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti (...)».

8        L’art. 4 della legge n. 223/91, a sua volta, così dispone:

«5.       Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro. (…)

(...)

7.       Qualora non sia stato raggiunto l’accordo, il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della comunicazione dell’impresa prevista al comma 6.

(...)

9.       Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. (…)

(...)

13.       I lavoratori ammessi al[la CIGS], al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, rientrano in azienda.

(...)».

9        Infine, l’art. 5, quarto e quinto comma, della legge n. 223/91, così prevede:

«4.       Per ciascun lavoratore posto in mobilità l’impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (…), in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’art. 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale.

5.       L’impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l’impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all’art. 9, comma 1, lettera b), non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dalla impresa, abbiano prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell’impresa disposta ad assumere, nei rapporti di cui all’art. 8, comma 4-bis».

 Misure in questione e procedimento amministrativo

10      Con lettera del 12 febbraio 2003, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione il regime di aiuti istituito dal decreto legge n. 23/2003 (in prosieguo: la «misura in questione»).

11      La misura in questione è entrata in vigore il 18 febbraio 2003, senza attendere che la Commissione si fosse pronunciata sulla compatibilità della stessa con il mercato comune. Essa è quindi stata iscritta nel registro degli aiuti non notificati, con il numero NN 7/2003.

12      Con lettera del 12 marzo 2003, la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana informazioni complementari relativamente alla misura in questione, in particolare, che le venissero indicate le grandi imprese la cui cessione era prevista a titolo di tale misura, nonché i nuovi acquirenti ed i criteri secondo i quali questi ultimi erano stati selezionati. Dopo avere chiesto ed ottenuto una proroga del termine ad essa impartito per rispondere, la Repubblica italiana, con lettera del 20 maggio 2003, ha comunicato alla Commissione le informazioni richieste.

13      Con lettera del 15 ottobre 2003, la Commissione ha informato la Repubblica italiana della propria decisione di avviare il procedimento formale d’indagine di cui all’art. 88, n. 2, CE. Tale decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18 dicembre 2003 (GU C 308, pag. 5). La Repubblica italiana ha trasmesso le sue osservazioni alla Commissione con lettera del 22 dicembre 2003, in cui, in sostanza, ha affermato, da un lato, che per l’intera durata d’applicazione della misura in questione una sola impresa era stata ceduta secondo le modalità previste dalla stessa, ossia il ramo di attività della Ocean SpA, avente sede in Verolanuova (Brescia), venduta alla Brandt Italia SpA (in prosieguo: la «Brandt»). D’altro lato, secondo la Repubblica italiana, la Brandt ha acquistato la Ocean al prezzo di mercato senza beneficiare di alcun vantaggio economico diretto derivante dall’applicazione della misura in questione.

14      Tuttavia, con lettera del 19 gennaio 2004 la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana informazioni complementari e, in particolare, la conferma del fatto che, in realtà, la sola impresa ad aver beneficiato della misura in questione era la Brandt, nonché numerose altre informazioni relative al volume degli aiuti versati in tale ambito. L’11 febbraio 2004 la Repubblica italiana ha fornito alla Commissione le informazioni richieste.

15      Il 30 marzo 2004 la Commissione ha adottato la decisione 2004/800/CE, relativa al regime di aiuto di Stato concernente disposizioni urgenti in materia di occupazione cui l’Italia ha dato esecuzione (GU L 352, pag. 10; in prosieguo: la «decisione impugnata»), che è stata notificata alla Repubblica italiana il 1º aprile 2004.

 La decisione impugnata

16      Con la decisione impugnata, la Commissione afferma, anzitutto, che la misura in questione costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

17      Secondo la Commissione, innanzi tutto, la misura in questione favorisce alcune categorie particolari di imprese, ossia, da un lato, gli acquirenti di imprese in difficoltà, sottoposte ad amministrazione straordinaria e aventi almeno 1 000 dipendenti, che abbiano concluso un contratto collettivo entro il 30 aprile 2003 con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per l’approvazione del trasferimento di lavoratori, e, dall’altro, imprese in difficoltà finanziaria sottoposte ad amministrazione straordinaria, che abbiano almeno 1 000 dipendenti e che formino oggetto di cessione. Tale misura conferirebbe a dette imprese un vantaggio economico, riducendo i loro costi normali e rafforzando la loro posizione finanziaria rispetto ad altri concorrenti che non fruiscono dello stesso regime. La selettività della misura in questione sarebbe, inoltre, confermata dal fatto che essa è stata applicata in un solo caso.

18      In secondo luogo, la misura in questione sarebbe concessa mediante risorse statali, da un lato, in quanto essa sarebbe finanziata mediante stanziamenti pubblici a fondo perduto e, dall’altro, in quanto lo Stato rinuncerebbe a una quota dei contributi sociali normalmente dovuti.

19      In terzo luogo, la misura in esame minaccerebbe di incidere sugli scambi tra Stati membri e di falsare la concorrenza, rafforzando la posizione finanziaria di alcune imprese rispetto ai loro concorrenti.

20      Secondo la Commissione, la misura in questione è quindi, in linea di principio, vietata dall’art. 87, n. 1, CE ed è da considerarsi compatibile con il mercato comune unicamente se può beneficiare di una delle deroghe previste dal Trattato.

21      Inoltre, la Commissione lamenta che le autorità italiane non abbiano adempiuto l’obbligo ad esse incombente ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, avendo dato esecuzione alla misura in questione prima della sua approvazione da parte della Commissione.

22      Peraltro, quanto alla compatibilità della misura in questione con il mercato comune, la Commissione esclude che questa possa beneficiare delle deroghe previste dal Trattato.

23      Infine, la Commissione valuta la compatibilità della misura in causa alla luce degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 1999, C 288, pag. 2), del regolamento (CE) della Commissione 12 dicembre 2002, n. 2204, relativo all’applicazione degli articoli 87 [CE] e 88 [CE] agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione (GU L 337, pag. 3), e degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (GU 1998, C 74, pag. 9).

24      Per quanto riguarda, innanzi tutto, la valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, la Commissione ritiene che questa sia esclusa, in quanto la misura in questione si applica alle imprese che occupano più di 1 000 persone, ossia alle grandi imprese, mentre detti orientamenti ammettono i regimi di aiuto al salvataggio e alla ristrutturazione unicamente per le piccole e medie imprese.

25      In secondo luogo, nell’ambito del regolamento n. 2204/2002, la Commissione respinge in particolare l’argomento della Repubblica italiana secondo il quale i vantaggi concessi nell’ambito della misura in questione sarebbero identici a quelli del regime di CIGS, che non sarebbe mai stato considerato un aiuto di Stato.

26      In terzo luogo, mentre la Repubblica italiana sosteneva che, anche supponendo che la misura in questione costituisca un aiuto di Stato, essa sarebbe compatibile con il mercato comune, ai sensi dell’art. 4, n. 4, del regolamento n. 2204/2002, in qualità di aiuto alla creazione di occupazione, la Commissione rileva che gli aiuti alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle aree non assistite sono permessi unicamente in favore delle piccole e medie imprese, mentre la misura in questione riguarda grandi imprese.

27      Quanto alla valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, la Commissione ritiene che la misura in questione non rientri nell’ambito d’applicazione di detti orientamenti, in quanto essa si applica all’interno di tutto il territorio nazionale e, soprattutto, in quanto l’unico caso in cui ha trovato applicazione la misura in questione riguarda un’impresa situata in un’area che non beneficia delle deroghe di cui all’art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE.

28      Alla luce di tali rilievi, la Commissione ritiene che la misura in questione costituisca un aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, che è stato illegalmente eseguito, in violazione dell’art. 88, n. 3, CE. Da ciò essa conclude che tale misura è incompatibile con il mercato comune e ordina l’immediata attuazione della sua decisione, il che implica il recupero degli aiuti incompatibili. La Commissione precisa tuttavia che la decisione impugnata lascia impregiudicata la possibilità che aiuti singoli concessi nel quadro della misura in questione siano successivamente considerati, con decisione della Commissione, totalmente o parzialmente compatibili con il mercato comune in base alle loro caratteristiche specifiche.

 Procedimento e conclusioni delle parti

29      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale l’11 giugno e il 4 agosto 2004, registrati rispettivamente con i numeri di ruolo T-239/04 e T‑323/04, la Repubblica italiana e la Brandt hanno presentato i ricorsi in esame.

30      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale 19 luglio 2006, sentite le parti, le due cause sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.

31      Le difese delle parti, nonché le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale, sono state sentite all’udienza svoltasi il 19 settembre 2006.

32      Nella causa T-239/04, la Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare la decisione impugnata nulla e mai avvenuta;

–        condannare la Commissione alle spese.

33      Nella causa T-323/04, la Brandt chiede che il Tribunale voglia :

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, qualora il Tribunale confermi l’incompatibilità della misura in questione con gli artt. 87 CE e 88 CE, dichiarare, con effetto nei confronti della Brandt, la nullità parziale della decisione impugnata, limitatamente all’art. 3 della stessa, e cioè nella parte in cui si ordina alla Repubblica italiana di procedere al recupero dell’aiuto illegittimamente erogato;

–        condannare la Commissione alle spese del presente giudizio.

34      Nella causa T-239/04, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

35      Nella causa T-323/04, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile o, in subordine, privo di fondamento;

–        condannare la Brandt alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

36      La questione della ricevibilità del ricorso proposto dalla Brandt avverso la decisione impugnata è stata sollevata dalla Commissione nella causa T-323/04. Benché, tenuto conto in particolare del fatto che la Repubblica italiana ha impugnato la stessa decisione dinanzi al Tribunale nell’ambito della causa T‑239/04, la Commissione abbia rinunciato ad eccepire l’irricevibilità di tale ricorso con atto separato, essa continua però a ritenere che la Brandt non possa far valere alcun interesse individuale all’annullamento della decisione impugnata e chiede dunque al Tribunale di dichiarare il ricorso della stessa irricevibile.

37      Facendo, in particolare, riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa C‑78/03 P, decisa con sentenza della Corte 13 dicembre 2005, Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum (Racc. pagg. I‑10737, I‑10741, paragrafi 138-142), la Commissione sostiene che la giurisprudenza relativa alla ricevibilità dei ricorsi proposti da concorrenti contro decisioni adottate in forza dell’art. 88, n. 3, CE è lungi dall’aver trovato un assetto stabile e che considerazioni del tutto analoghe si applicano alle pronunce riguardanti ricorsi proposti da beneficiari di aiuti concessi nel quadro di un regime di aiuti contro decisioni che dichiarano il regime in questione incompatibile con il mercato comune e ordinano il recupero degli aiuti già versati a tale titolo. La Commissione aggiunge che, nonostante le oscillazioni giurisprudenziali, non vi è tuttavia alcun motivo per ritenere che tutti i beneficiari di aiuti accordati nell’ambito di un regime di aiuti siano individualmente interessati, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, dalla decisione della Commissione che dichiara detto regime incompatibile con il mercato comune, posto che questa ha valutato in tale occasione una normativa nazionale generale ed astratta, senza esaminare i casi individuali.

38      La Commissione sostiene inoltre che, considerato che la Repubblica italiana ha congegnato e le ha notificato un regime generale ed astratto, essa ha potuto esaminare la misura in questione in quanto tale, e ciò ancorché fosse di fatto destinata ad essere applicata a una sola impresa, ossia alla Brandt. La Commissione aggiunge che è proprio per tale ragione che la decisione impugnata verte sulla misura in questione in quanto tale, senza esaminare la situazione particolare della Brandt, e che il ricorso di quest’ultima deve quindi essere dichiarato irricevibile.

39      La Brandt ritiene di essere legittimata a chiedere l’annullamento della decisione impugnata. Pur ammettendo che tale decisione è stata formalmente indirizzata alla Repubblica italiana, la Brandt sostiene, infatti, di essere direttamente e individualmente interessata dalla stessa. Da un lato, la decisione impugnata avrebbe un impatto diretto sulla situazione della Brandt, in quanto l’obbligo ivi imposto alla Repubblica italiana di recuperare l’aiuto darebbe luogo a un danno economico certo per essa (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 43). Dall’altro, la Brandt sarebbe individualmente interessata dalla decisione impugnata in quanto, a detta della Commissione, beneficiaria del presunto aiuto ed obbligata alla restituzione dell’importo dello stesso ai sensi dell’art. 3 della decisione impugnata.

 Giudizio del Tribunale

40      Innanzi tutto il Tribunale rileva che nella causa T‑239/04, nel cui ambito la decisione impugnata è contestata dalla Repubblica italiana, la Commissione sostiene che la misura in questione non riveste un carattere generale, ma costituisce un intervento limitato a un caso specifico, che procura vantaggi solo a un’impresa, ossia la Brandt, in deroga alle condizioni previste dalla normativa generale.

41      Inoltre, nell’ambito della causa T-323/04, la Brandt dispone di interessi propri distinti da quelli della Repubblica italiana, ai sensi dei criteri che sono stati applicati nella sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 282/85, DEFI/Commissione (Racc. pag. 2469, punto 16). Infatti, adottando la misura in questione, che è all’origine della decisione impugnata e quindi dei due ricorsi esaminati nell’ambito delle presenti cause riunite, la Repubblica italiana ha voluto evitare la crisi sociale che avrebbe potuto derivare dal licenziamento di un gran numero di lavoratori di imprese in difficoltà, facilitando il loro trasferimento dalla Ocean alla Brandt. Dal punto di vista della Brandt, tale operazione era una scelta commerciale, agevolata dalla misura in questione.

42      Inoltre, anche se la misura in questione non identifica le imprese a favore delle quali l’aiuto sarà versato, la Brandt è stata menzionata nel corso dei dibattiti parlamentari precedenti all’adozione della misura in questione, citati dalla Commissione. Infine, la Commissione riconosce ripetutamente, nella decisione impugnata, che per l’intera durata d’applicazione della misura in questione una sola impresa è stata ceduta secondo le modalità previste dalla stessa, ossia la Ocean, venduta alla Brandt.

43      In secondo luogo, il Tribunale ricorda che, secondo una giurisprudenza costante, la ricevibilità di un ricorso di annullamento presentato da una persona fisica o giuridica è subordinata alla condizione che questa faccia valere un interesse ad agire (v. sentenza del Tribunale 22 novembre 2001, causa T-9/98, Mitteldeutsche Erdöl-Raffinerie/Commissione, Racc. pag. II‑3367, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, se la decisione impugnata fosse annullata, la situazione giuridica della Brandt indubbiamente cambierebbe in quanto il recupero dell’aiuto ordinato all’art. 3 della stessa decisione non avrebbe più alcun fondamento giuridico. Ne consegue che la Brandt ha un interesse ad agire per ottenere l’annullamento della decisione impugnata (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale 2 agosto 2001, causa T‑111/01 R, Saxonia Edelmetalle/Commissione, Racc. pag. II‑2335, punto 17).

44      In terzo luogo, per quanto riguarda l’interesse diretto ed individuale della Brandt nei confronti della decisione impugnata, il Tribunale rileva che, considerato che l’art. 3 della stessa impone alla Repubblica italiana l’obbligo di ricuperare presso i beneficiari l’aiuto erogato sulla base della misura in questione, la Brandt va considerata come direttamente e individualmente interessata da tale decisione (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione, Racc. pag. I‑8855, punti 35 e 36). Inoltre, il Tribunale osserva che i servizi della previdenza sociale italiana hanno ordinato di sospendere il versamento dell’aiuto per un importo pari a circa EUR 500 000.

45      Alla luce di quanto precede, il ricorso della Brandt è ricevibile.

 Nel merito

46      Nell’ambito dei tre motivi dedotti nella causa T-239/04, la Repubblica italiana solleva le seguenti censure:

–        la violazione dell’art. 87, n. 1, CE e la violazione delle forme sostanziali;

–        in subordine, un difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente alle violazioni dell’art. 87, n. 1, CE e delle forme sostanziali;

–        in ulteriore subordine, la violazione dell’art. 88, n. 3, CE, degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà e del regolamento n. 2204/2002, nonché la violazione delle forme sostanziali a causa di vari vizi di procedura e difetti di motivazione.

47      Nella causa T-323/04, la Brandt deduce cinque motivi:

–        la violazione del Trattato, in particolare dell’art. 87 CE, e la violazione di una forma sostanziale, in particolare la violazione dell’art. 253 CE;

–        lo sviamento di potere da parte della Commissione;

–        la violazione dell’art. 88 CE e la violazione di una forma sostanziale;

–        la violazione del Trattato, in particolare degli artt. 88 CE e 89 CE, la violazione del regolamento (CE) del Consiglio 7 maggio 1998, n. 994, sull’applicazione degli articoli [87 CE] e [88 CE] a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 142, pag. 1), e del regolamento n. 2204/2002, nonché la violazione di forme sostanziali, in particolare la violazione dell’art. 253 CE;

–        l’invalidità dell’art. 3 della decisione impugnata per violazione dell’art. 88 CE e dei principi generali del diritto, in particolare del principio di tutela del legittimo affidamento, nonché la violazione di disposizioni inderogabili di carattere procedurale, in particolare dell’art. 253 CE.

48      Poiché svariati motivi ed argomenti dedotti dalle ricorrenti, rispettivamente nella causa T‑239/04 e nella causa T‑323/04, coincidono ampiamente, il Tribunale ha giudicato opportuno esaminarli congiuntamente, nel seguente ordine:

–        la qualifica come aiuto di Stato della misura in questione;

–        la qualifica come aiuto esistente della misura in questione;

–        la conformità della decisione impugnata all’art. 88, n. 3, CE, al regolamento n. 2204/2002 e agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà;

–        la violazione delle forme sostanziali, in particolare dell’art. 253 CE:

–        il difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente all’applicazione della condizione di selettività;

–        il difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente all’identificazione del beneficiario dell’aiuto concesso sulla base della misura in questione;

–        il difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente agli effetti negativi della misura in questione sugli scambi comunitari e sulla concorrenza;

–        la motivazione inadeguata della decisione impugnata relativamente alla valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce del regolamento n. 2204/2002 e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà;

–        il difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente al recupero dell’aiuto;

–        il recupero dell’aiuto:

–        la violazione del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1);

–        la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

49      Tenuto conto della natura degli argomenti sollevati dalla Brandt a sostegno di un preteso sviamento di potere da parte della Commissione, il Tribunale ritiene che tale motivo vada qualificato come motivo relativo all’insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata relativamente ad alcuni aspetti. Esso deve quindi essere trattato nell’ambito della valutazione della motivazione di tale decisione.

 Sulla qualifica come aiuto di Stato della misura in questione

 Argomenti delle parti

50      La Repubblica italiana fa valere che la misura in questione costituisce una misura di carattere generale volta a promuovere l’occupazione. Come tale, essa non falserebbe né minaccerebbe di falsare la concorrenza favorendo determinate imprese o la produzione di determinati beni e, pertanto, non costituirebbe un aiuto di Stato. Tale misura avrebbe esteso la portata del regime della CGIS e del regime di collocamento in mobilità, già esistenti, ad alcune peculiari situazioni, attribuendo, nel rispetto di determinate condizioni, gli stessi benefici agli imprenditori acquirenti delle imprese soggette ad amministrazione straordinaria. I veri beneficiari del regime introdotto dalla misura in questione sarebbero i dipendenti, e la stessa Commissione avrebbe riconosciuto che i due regimi predetti non costituiscono, di per sé, aiuti di Stato.

51      La Repubblica italiana sostiene che la Commissione non ha esaminato tale questione in sede di esame preliminare circa l’esistenza di un aiuto di Stato, ma l’ha affrontata solo nell’ambito della sua valutazione della misura in questione sulla base del regolamento n. 2204/2002.

52      La Brandt sostiene che gli effetti economici nei suoi confronti della misura in questione sono assolutamente neutri. Tale conclusione emergerebbe dall’esame comparato tra la misura in questione e la legge n. 223/91, che la Commissione avrebbe dovuto compiere. In assenza della misura in questione, la Brandt avrebbe potuto conseguire il medesimo risultato economico accordandosi con la Ocean per un trasferimento parziale dei lavoratori dell’impianto di Verolanuova, conformemente alla normativa generale vigente. Pertanto, la Brandt ritiene che la misura in questione sostenga i dipendenti dell’impresa sottoposta ad amministrazione straordinaria (ossia, nel caso di specie, i dipendenti della Ocean) favorendone il trasferimento all’acquirente, senza che essi siano collocati in CIGS o iscritti nelle liste di mobilità. La Brandt ne deduce che, qualora il Tribunale confermasse la decisione impugnata, e in particolare l’obbligo ivi imposto alla Repubblica italiana di recuperare gli aiuti già versati, essa verrebbe a trovarsi in una posizione nettamente meno favorevole rispetto a quella nella quale si sarebbe trovata se la misura in questione non fosse mai stato adottata.

53      La Brandt ricorda inoltre che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 87 CE, il beneficiario di una misura deve averne tratto un vantaggio di natura economica o finanziaria. Essa sottolinea al riguardo di avere acquistato la Ocean in seguito allo svolgimento di una pubblica gara con altri possibili acquirenti e che il prezzo da essa pagato era pertanto il prezzo di mercato. Inoltre, tale acquisizione avrebbe riguardato non solo le attività industriali del ramo d’azienda, ma avrebbe incluso anche tutti i debiti di pertinenza dello stesso. La Brandt insiste nell’affermare di non aver ottenuto alcun vantaggio dalla misura in questione, anche perché nessun beneficio, sia pur indiretto e parziale, e già dovuto ai sensi della normativa generale vigente, avrebbe potuto compensare i costi aggiuntivi in cui la Brandt è incorsa per effetto della misura stessa.

54      Inoltre, rinviando al punto 31 della decisione impugnata, la Brandt sostiene che esiste un’evidente contraddizione tra l’affermazione della Commissione secondo cui i benefici concessi dalla misura in questione sono identici a quelli già previsti nell’ambito del regime della CIGS e del regime di mobilità, da un lato, e il rifiuto della stessa di riconoscere la misura in questione come parte integrante di tali regimi. La Brandt insiste sul fatto che la misura in questione non ha introdotto alcun nuovo vantaggio e che produce effetti identici a quelli già previsti dalle disposizioni della normativa generale vigente, ossia quelle della legge n. 223/91. La misura in questione sarebbe dunque in tal senso pienamente conforme allo spirito e all’architettura complessiva del sistema italiano di contribuzione sociale. Al riguardo, la Brandt ricorda che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, uno sgravio parziale degli oneri sociali che gravano sulle imprese di un particolare settore industriale costituisce un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE se tale misura è diretta ad esentare parzialmente tali imprese dagli oneri pecuniari derivanti dalla normale applicazione del sistema generale di previdenza sociale, senza che questo esonero sia giustificato dalla natura o dalla struttura di tale sistema (v. sentenza della Corte 5 ottobre 1999, causa C-251/97, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑6639, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

55      Da un punto di vista generale, la Commissione spiega di aver esaminato la misura in questione nell’ambito della sua valutazione circa l’esistenza di un aiuto di Stato ai punti 30 e 31 della decisione impugnata.

56      La Commissione, sviluppando complessivamente gli stessi argomenti nelle due cause, sostiene che la misura in questione non riveste un carattere generale. Tale constatazione sarebbe confermata non solo dagli estratti dei lavori preparatori e dei dibattiti parlamentari precedenti all’adozione della misura in questione, ma anche dal fatto che la misura è stata applicata in un solo caso. Inoltre, la Commissione sottolinea che, come emerge dalla lettera del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali datata 7 febbraio 2003, trasmessa alla Commissione con lettera del 12 febbraio 2003, in un primo tempo le autorità italiane avevano notificato la misura in questione come un aiuto di Stato, anche se nella lettera seguente avevano infine sostenuto il contrario.

57      La Commissione ricorda che il fatto che la misura in questione sia diretta a favorire l’occupazione non incide in alcun modo sulla sua qualifica come aiuto di Stato poiché, ai sensi di una copiosa giurisprudenza, l’art. 87, n. 1, CE definisce le misure nazionali in funzione dei loro effetti e non in funzione delle loro cause o dei loro scopi.

58      Inoltre, sarebbe irrilevante che alla Brandt potessero essere concessi nel contesto di altre procedure e in un momento successivo, distinti benefici previsti da altre disposizioni italiane, che questi costituiscano o meno aiuti di Stato. Secondo la Commissione, quello che importa è che la misura in questione le abbia attribuito vantaggi specifici.

59      Peraltro, il fatto che la Brandt abbia fornito una contropartita per gli aiuti ricevuti non cambierebbe in alcun modo la loro qualifica (sentenza Francia/Commissione, cit.). Secondo la Commissione, la tesi dell’aiuto netto, avanzata dalla Brandt, secondo la quale l’esistenza di una contropartita farebbe venir meno il vantaggio e quindi l’aiuto, è infatti inconciliabile con la logica del controllo degli aiuti di Stato. Ad ogni modo, i calcoli proposti dalla Brandt nella fase scritta del procedimento non sarebbero mai stati prodotti nel corso del procedimento amministrativo e non potrebbero quindi, ai sensi di una giurisprudenza costante, essere presi in considerazione per valutare la legittimità della decisione impugnata.

60      Nel caso di specie, altrettanto inconferente sarebbe il richiamo operato dalla Brandt alla giurisprudenza che esclude l’esistenza di un vantaggio specifico, e quindi di un aiuto, quando l’esonero dai prelievi obbligatori è giustificato dalla natura o dalla struttura del sistema impositivo e contributivo. Al riguardo la Commissione evidenzia che spetta allo Stato membro fornirne la dimostrazione (sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑159/01, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑4461, punto 43) e osserva che la Repubblica italiana non ha mai sostenuto nulla del genere. Nel merito, la misura così giustificata dovrebbe corrispondere alla logica interna del sistema fiscale in generale (v. sentenze del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T‑127/99, T‑129/99 e T‑148/99, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II‑1275, punto 164, e T‑92/00 e T‑103/00, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II‑1385, punto 60 e giurisprudenza ivi citata), il che sarebbe poco probabile nel caso di un’esenzione temporanea.

61      Secondo la Commissione, il beneficio apportato dalla misura in questione consiste nel fatto che i vantaggi previdenziali, invece di essere concessi dopo l’espletamento di complessi procedimenti, quali quelli previsti per beneficiare del regime della CIGS o per l’applicazione del regime di mobilità, sono disponibili da subito per il datore di lavoro che acquisisce l’azienda. Inoltre, il sistema introdotto dalla misura in questione avrebbe garantito la continuità funzionale tra la Ocean e la Brandt, dando a quest’ultima la possibilità di occupare i lavoratori della Ocean ancor prima del loro licenziamento. Poiché solo le imprese che rispondono ai criteri stabiliti dalla misura in questione possono usufruire di tale anticipazione del beneficio relativo ai vantaggi previdenziali, ad esclusione di tutte le altre imprese, ciò basterebbe già per concludere che si tratta di una misura selettiva.

62      Infine, contrariamente a quanto assumono le ricorrenti, la Commissione dichiara che il regime di CIGS ed il regime speciale di licenziamento non sono mai stati valutati dalla Commissione alla luce delle norme sugli aiuti di Stato. Non si potrebbe dunque escludere che essi costituiscano, di per sé, aiuti di Stato e tale valutazione si imporrebbe a fortiori quanto alla loro estensione selettiva.

 Giudizio del Tribunale

63      Il Tribunale rileva innanzi tutto che, diversamente da quanto sostiene la Repubblica italiana, la questione dell’esistenza di un aiuto di Stato nel caso di specie è stata analizzata dalla Commissione al punto 5 della decisione impugnata, nonché, relativamente al regolamento n. 2204/2002, ai punti 30 e 31 di tale decisione.

64      Il Tribunale dichiara poi che deve essere accolto l’argomento della Commissione secondo il quale il beneficio apportato dalla misura in questione consiste nel fatto che i vantaggi previdenziali, invece di essere concessi dopo l’espletamento di complessi procedimenti, quali quelli previsti per beneficiare del regime della CIGS o per l’applicazione del regime di mobilità, sono disponibili da subito per il datore di lavoro che acquisisce l’azienda sottoposta ad amministrazione straordinaria. L’argomento sollevato dalla Brandt e diretto a sostenere che non spetta all’acquirente seguire uno dei procedimenti relativi all’occupazione dei lavoratori in regime di mobilità, non può essere accolto. Anche ammettendo che tali procedimenti siano avviati dal cedente, essi sono destinati alla conclusione di un contratto di diritto privato, in linea di principio vantaggioso per entrambe le parti. Infatti, secondo il sistema istituito, è l’acquirente a beneficiare delle prestazioni e del diritto di versare contributi sociali ridotti. Egli ha quindi incontestabilmente un interesse ad ottenere rapidamente e agevolmente i vantaggi previsti.

65      Inoltre, la misura in questione ha permesso di garantire la continuità funzionale tra la Ocean e la Brandt, dando a quest’ultima la possibilità di occupare i lavoratori ancor prima del loro licenziamento, il che offre di per sé un vantaggio concorrenziale.

66      Quanto al carattere selettivo della misura in questione, il Tribunale ricorda che questa è stata adottata il 14 febbraio 2003, nell’ambito di un procedimento d’urgenza. I vantaggi previsti da tale misura erano subordinati all’esistenza di un contratto collettivo che andava concluso entro il 30 aprile 2003. Essi erano quindi accessibili per un periodo di 2 mesi e 17 giorni. Tali vantaggi sono quelli previsti nella normativa generale vigente. Tuttavia, nell’ambito della misura in questione, non è più necessario seguire le complesse procedure che condizionano l’ottenimento di detti vantaggi nel contesto della normativa generale vigente e la portata di tale regime generale è notevolmente ridotta, in particolare dalla limitazione del beneficio della misura in questione alle sole imprese aventi più di 1 000 dipendenti, contro un minimo di soli 15 dipendenti richiesto nell’ambito del regime generale. Ne è derivato che la misura in questione è stata applicata in un solo caso. Inoltre, gli stenogrammi dei dibattiti parlamentari precedenti all’adozione di tale misura, prodotti dalla Commissione nel corso della fase scritta del procedimento, indicano espressamente che la cessione della Ocean è all’origine dell’adozione della misura in questione. Di conseguenza, il Tribunale considera dimostrato il carattere selettivo di detta misura.

67      Il Tribunale constata peraltro che le parti concordano sul fatto che il vantaggio che la misura in questione implica è concesso tramite le risorse statali.

68      Quanto all’incidenza della misura in questione sugli scambi comunitari e sulla concorrenza, il Tribunale dichiara fondata l’affermazione della Commissione, al punto 20 della decisione impugnata, secondo cui la detta misura minaccia di falsare la concorrenza in quanto rafforza la posizione finanziaria di alcune imprese rispetto ai loro concorrenti e, in particolare, minaccia di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi se i beneficiari si trovano in concorrenza con prodotti provenienti da altri Stati membri, quantunque non esportino essi stessi la loro produzione (sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris, Racc. pag. 2671, punti 11 e 12, e 17 giugno 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑3671, punti 47 e 48). Il Tribunale rileva inoltre che la Brandt, beneficiaria della misura in questione, appartiene al gruppo ElcoBrandt, quinto gruppo nel settore degli elettrodomestici in Europa, settore caratterizzato dal suo particolare grado di esposizione alla concorrenza, il che corrobora la conclusione secondo cui la misura in questione può incidere sugli scambi tra Stati membri e falsare o minacciare di falsare la concorrenza in tale settore (v., in questo senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, causa T‑171/02, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, Racc. pag. II‑2123, punto 87).

69      Peraltro, secondo il Tribunale il fatto che la misura in questione sia diretta a tutelare l’occupazione non incide sulla sua qualifica come aiuto di Stato poiché l’art. 87, n. 1, CE non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti [v. sentenza del Tribunale 5 agosto 2003, cause riunite T‑116/01 e T‑118/01, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, Racc. pag. II‑2957, punto 112 e giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, non è pertinente neppure l’argomento secondo cui la Brandt avrebbe potuto ricevere, in base ad altre procedure e in un momento successivo, gli stessi vantaggi in forza di altre disposizioni italiane, in quanto il criterio decisivo nella presente causa risiede nel fatto che la misura in questione costituisce un’estensione selettiva di tali regimi generali, poiché concede specifici vantaggi a determinate imprese rafforzando la loro situazione finanziaria rispetto ai concorrenti di queste ultime.

70      Alla luce di quanto precede, il Tribunale dichiara che la misura in questione rappresenta un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

 Sulla qualifica della misura in questione come aiuto esistente

 Argomenti delle parti

71      La Brandt sostiene che la Commissione ha errato a non considerare la misura in questione come aiuto esistente in quanto, a suo parere, essa ricade nell’ambito applicativo del regolamento n. 2204/2002. La Brandt sostiene al riguardo che la Commissione si è limitata a dichiarare che tale misura non rientrava nella sfera di applicazione del regolamento n. 2204/2002. Così facendo, e pur in assenza di uno specifico potere ad essa conferito dal regolamento n. 2204/2002, la Commissione si sarebbe arrogata la facoltà di revocare il beneficio del regime di aiuti esistente previsto da tale regolamento. Procedendo in tal modo, la Commissione avrebbe inoltre omesso di giustificare come essa avesse la facoltà di revocare tale beneficio con una decisione avente carattere individuale e, pertanto, avrebbe quanto meno omesso di adempiere il suo obbligo di fornire un’adeguata motivazione.

72      La Commissione sostiene che la Brandt delinea un certo numero di ipotesi senza verificarne il fondamento, omettendo di dimostrare che ricorrono le condizioni per l’applicazione del regolamento n. 2204/2002 o di confutare il ragionamento esposto dalla Commissione ai punti 29‑33 della decisione impugnata, che dimostrerebbero appunto il contrario.

73      Quanto alla contestazione delle competenze della Commissione in tale settore, quest’ultima sostiene che, se, come sembra emergere dai punti 99 e seguenti del suo ricorso, la Brandt non la ritiene legittimata ad applicare il regolamento n. 2204/2002 né, più in generale, i regolamenti di esenzione alle decisioni individuali che adotta, la sua tesi è manifestamente erronea. Per un verso, il punto 4 del regolamento n. 2204/2002 farebbe salva la possibilità per gli Stati membri di notificare gli aiuti a favore dell’occupazione ed imporrebbe alla Commissione di valutare tali notifiche, in particolare alla luce dei criteri stabiliti nel regolamento n. 2204/2002 e nel regolamento (CE) della Commissione 12 gennaio 2001, n. 70, relativo all’applicazione degli articoli 87 [CE] e 88 [CE] agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese (GU L 10, pag. 33), o conformemente ad altri pertinenti orientamenti o discipline comunitarie. Per altro verso, sarebbe fin troppo ovvio che, nell’esaminare la compatibilità di un aiuto, la Commissione è tenuta ad applicare tutti i testi potenzialmente rilevanti, siano essi orientamenti, discipline o regolamenti. Secondo la Commissione, se così non fosse, essa non potrebbe mai adottare decisioni negative, perché non sarebbe legittimata ad escludere l’ipotesi che l’aiuto risulti compatibile con il mercato comune in base ad un regolamento di esenzione.

74      La Commissione aggiunge che, se, invece, la Brandt vuole sostenere che la Commissione ha erroneamente ritenuto che la misura in questione non rientrasse nell’ambito d’applicazione del regolamento n. 2204/2002, l’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e l’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura le imporrebbero di articolare tale motivo d’impugnazione.

 Giudizio del Tribunale

75      Innanzi tutto, il Tribunale ricorda che il regolamento n. 994/98 prevede, al suo art. 1, n. 1, lett. a), sub iv), e lett. b), che la Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all’art. 8 del regolamento stesso e a norma dell’art. 87 CE, dichiarare gli aiuti a favore dell’occupazione e della formazione, nonché gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l’erogazione degli aiuti a finalità regionale, compatibili con il mercato comune e non soggetti all’obbligo di notifica di cui all’art. 88, n. 3, CE.

76      La Commissione ha esercitato tale competenza adottando il regolamento n. 2204/2002. Per beneficiare dell’esenzione prevista da tale regolamento, un aiuto deve soddisfare le condizioni d’applicazione dello stesso, il che, come si dichiara ai seguenti punti 93‑96, non avviene nel caso di specie.

77      Inoltre, relativamente all’argomento avanzato dalla Brandt, secondo cui la misura in questione è solo una variante insignificante del regime della CGIS e del regime di mobilità, che, a suo parere, sono a loro volta regimi di aiuti di Stato esistenti, il Tribunale dichiara che neppure esso può essere accolto. Ai sensi dell’art. 1 del regolamento n. 659/1999, un aiuto esistente può riferirsi a svariate situazioni. In forza di tale disposizione, sono infatti aiuti esistenti:

–        in primo luogo, tutte le misure di aiuto già esistenti in uno Stato membro prima dell’entrata in vigore del Trattato;

–        in secondo luogo, gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;

–        in terzo luogo, gli aiuti che si suppongono autorizzati, in mancanza di una decisione della Commissione adottata entro un termine di due mesi, in linea di principio, a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione della sua notifica completa e di cui essa dispone per effettuare un esame preliminare;

–        in quarto luogo, gli aiuti per i quali sia scaduto il periodo di prescrizione di dieci anni in materia di recupero;

–        in quinto luogo, gli aiuti considerati esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro.

78      Nel caso di specie, il Tribunale rileva che la legge italiana più risalente nel tempo in materia di regimi d’aiuto alla quale si rinvia è dell’anno 1991. Di conseguenza, in questa fattispecie è esclusa la prima situazione che consente di considerare una misura di aiuto come aiuto esistente.

79      Inoltre, come sottolineato al precedente punto 62, la Commissione ha dichiarato che il regime della CGIS e il regime di mobilità non le sono mai stati notificati né sono stati da essa esaminati alla luce delle norme sugli aiuti di Stato. Nel caso di specie non ricorrono quindi nemmeno la seconda e la terza situazione che permettono di considerare una misura d’aiuto come un aiuto esistente.

80      Peraltro, nella decisione impugnata, la Commissione si limita ad ordinare alla Repubblica italiana di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto concesso sulla base della misura in questione. Quindi, nel caso di specie, non rileva nemmeno la quarta situazione che consente di qualificare una misura di aiuto come un aiuto esistente.

81      Infine, il Tribunale rileva che le parti non hanno dedotto argomenti diretti a sostenere che la misura in questione non costituiva un aiuto al momento della sua entrata in vigore e che essa ha assunto tale natura solo in seguito all’evoluzione del mercato comune. Pertanto, nel caso di specie, non ricorre nemmeno la quinta e l’ultima situazione che permette di considerare una misura d’aiuto come un aiuto esistente.

82      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che la misura in questione non costituisce un aiuto esistente.

83      Tale motivo deve quindi essere respinto.

 Sulla conformità della decisione impugnata all’art. 88, n. 3, CE, al regolamento n. 2204/2002 e agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà

 Sulla violazione dell’art. 88, n. 3, CE

–       Argomenti delle parti

84      La Repubblica italiana sostiene che, contrariamente a quanto indicato al punto 22 della decisione impugnata, la presunta illegittimità della misura in questione per anticipata esecuzione prima della pronuncia della Commissione non sussiste, data l’urgenza. A suo parere, la mancata esecuzione di tale misura durante il procedimento amministrativo l’avrebbe infatti privata del suo effetto utile.

85      La Commissione ricorda che l’art. 88, n. 3, CE impone la previa notifica di tutti i progetti di aiuti e vieta l’esecuzione delle misure progettate prima che il procedimento di esame abbia condotto ad una decisione finale. Uno Stato membro non è autorizzato ad affrancarsi unilateralmente da questi obblighi invocando ragioni d’urgenza, anche perché a queste esigenze già risponde la fissazione di un termine di due mesi per la conclusione dell’esame preventivo (sentenza della Corte 15 febbraio 2001, causa C‑99/98, Austria/Commissione, Racc. pag. I‑1101, punto 73).

–       Giudizio del Tribunale

86      Il Tribunale ricorda che l’art. 88, n. 3, CE stabilisce in maniera chiara e non equivoca che lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che la procedura di esame preliminare abbia condotto a una decisione finale.

87      Inoltre, tale disposizione è completata dall’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999, che prevede un termine che è, in linea di principio, di due mesi a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione della notifica per l’adozione di una decisione al termine dell’esame preliminare della misura notificata.

88      Per quanto riguarda tale termine di due mesi, che era stato inizialmente fissato dalla giurisprudenza, la Corte ha statuito, nella causa decisa con la citata sentenza Austria/Commissione (punto 73), che, ispirandosi agli artt. 230 CE e 232 CE e valutando così il termine massimo in due mesi, la Corte ha inteso evitare qualsiasi incertezza giuridica, che sarebbe stata manifestamente contraria alla finalità della fase dell’esame preliminare degli aiuti di Stato istituita dall’art. 88, n. 3, CE. Infatti, come precisato dalla Corte, una tale finalità, che consiste nel far beneficiare lo Stato membro della certezza giuridica necessaria informandolo rapidamente della compatibilità con il Trattato di un aiuto che può presentare un carattere urgente, sarebbe compromessa se il termine fosse considerato indicativo. Inoltre, l’incertezza giuridica che ne deriverebbe potrebbe essere aggravata in caso di artificioso prolungamento della fase di preesame.

89      Di conseguenza, occorre riconoscere che il termine ora previsto dall’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999 è un termine vincolante per tutte le parti del procedimento di esame preliminare. Lo Stato membro interessato non è quindi autorizzato ad affrancarsene invocando ragioni d’urgenza. Inoltre, come ha giustamente dichiarato la Commissione, a queste esigenze già risponde la fissazione di un termine di due mesi per la conclusione dell’esame preliminare.

90      Alla luce di quanto precede, la prima parte del presente motivo dev’essere respinta.

 Sulla violazione del regolamento n. 2204/2002

–       Argomenti delle parti

91      La Repubblica italiana contesta la decisione impugnata in quanto ai punti 32 e 33 si dichiara che la misura notificata non può essere considerata compatibile con il mercato comune in base al regolamento n. 2204/2002, in particolare per il fatto che essa si applica all’intero territorio nazionale e riguarda la vendita di aziende con più di 1 000 dipendenti, quindi principalmente la cessione di grandi imprese. Nonostante gli aiuti a favore della creazione di posti di lavoro in regioni non assistite siano autorizzati esclusivamente a favore di piccole e medie imprese, ciò non potrebbe comunque consentire alla Commissione di concludere per la totale incompatibilità della misura sulla base del regolamento, non potendosi escludere che all’acquisto di aziende del genere possano essere interessate anche piccole e medie imprese.

92      La Commissione sostiene che la Repubblica italiana dimostra di non aver compreso alla perfezione come funziona il controllo degli aiuti di Stato e segnatamente dei regimi di aiuti. Secondo tale istituzione, affinché un regime sia considerato compatibile, non è sufficiente che i criteri di compatibilità siano soddisfatti in alcuni dei possibili casi d’applicazione, ma è invece necessario che gli aiuti erogati in base al regime di aiuti soddisfino tali criteri in tutte le ipotesi. Tale principio sarebbe espressamente ripreso dall’art. 3, n. 1, lett. a), del regolamento n. 2204/2002. Nel caso di specie, secondo la Commissione, la misura in questione non esclude che gli aiuti vadano ad una grande impresa in una regione non assistita e, pertanto, la Commissione ha correttamente concluso che essi non rispondevano alle condizioni fissate dal regolamento n. 2204/2002.

–       Giudizio del Tribunale

93      Il Tribunale sottolinea che dal testo stesso dell’art. 4 del regolamento n. 2204/2002 emerge che solo le piccole e medie imprese possono beneficiare di aiuti alla creazione di posti di lavoro al di fuori delle regioni che possono essere ammesse agli aiuti a finalità regionale. Essendo la misura in questione applicabile a tutte le imprese e su tutto il territorio nazionale, tale condizione non è soddisfatta, come affermato ai punti 32 e 33 della decisione impugnata. Inoltre, l’unico caso di applicazione di tale misura riguarda grandi imprese in una zona non assistita e, quindi, anche esaminato in quanto tale, l’aiuto non è compatibile.

94      Inoltre, il Tribunale dichiara che, come giustamente rilevato dalla Commissione, affinché un regime di aiuti sia considerato compatibile con il mercato comune sulla base del regolamento n. 2204/2002, non è sufficiente che le condizioni da esso stabilite siano soddisfatte in alcuni dei possibili casi d’applicazione. È invece necessario che gli aiuti erogati in base a tale regime di aiuti soddisfino tali condizioni in tutte le ipotesi. Tale principio è espressamente sancito dall’art. 3, n. 1, lett. a), del regolamento n. 2204/2002. Nel caso di specie, la misura in questione non esclude che gli aiuti siano concessi ad una grande impresa in una regione non assistita. La Commissione ha quindi correttamente concluso che tale misura non rispondeva alle condizioni fissate dal regolamento n. 2204/2002.

95      Inoltre, il Tribunale rileva che la decisione impugnata riguarda la misura in questione nel suo insieme e prevede espressamente, al punto 38, che essa lascia impregiudicata la possibilità che aiuti concessi nel quadro del regime da questa instaurato siano successivamente considerati, con decisione della Commissione, totalmente o parzialmente compatibili in base alle loro caratteristiche specifiche.

96      Alla luce di quanto precede, la seconda parte del presente motivo dev’essere respinta.

 Sulla violazione degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà

–       Argomenti delle parti

97      La Repubblica italiana sostiene che, ai sensi del punto 101 degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, la Commissione deve esaminare la compatibilità con il mercato comune di qualsiasi aiuto destinato al salvataggio e alla ristrutturazione che sia stato concesso senza la sua previa autorizzazione e quindi in violazione dell’art. 88, n. 3, CE. La Repubblica italiana respinge al riguardo l’argomento sollevato dalla Commissione teso ad invocare l’assenza di elementi necessari per procedere ad un esame individuale del caso d’applicazione della misura in questione e dichiara che la Commissione avrebbe dovuto formalmente richiedere alle autorità italiane le informazioni di cui essa aveva bisogno, invece di limitarsi ad alludere alla possibilità di una notifica individuale.

98      La Commissione sostiene che dal punto 64 degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà si evince che i regimi di aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà possono essere autorizzati unicamente a favore delle piccole e medie imprese rispondenti alla definizione comunitaria. Contrariamente a quanto afferma la Repubblica italiana, il punto 101 di detti orientamenti non imporrebbe alla Commissione di esaminare la compatibilità con il mercato comune di qualsiasi misura d’aiuto destinata al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà che sia stato concesso senza l’autorizzazione della Commissione. Si tratterebbe solo di una norma che disciplina l’applicazione nel tempo delle varie regole che si sono succedute in materia, che non obbliga certo la Commissione ad esaminare singolarmente tutti i casi di applicazione di regimi non notificati.

–       Giudizio del Tribunale

99      Il Tribunale rileva che, ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, la Commissione può autorizzare due tipi di misure d’aiuto per il salvataggio e la ristrutturazione, purché siano soddisfatte le condizioni ivi definite: gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione notificati individualmente alla Commissione per tutte le imprese, a prescindere dalla loro dimensione (punti 22‑63 di detti orientamenti), da un lato, e, dall’altro, i regimi di aiuto al salvataggio e alla ristrutturazione unicamente per le piccole e medie imprese (punti 64‑69 di detti orientamenti).

100    Nella fattispecie, ai sensi del decreto legge n. 23/2003, la misura in questione si applica a tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione. Inoltre, il suo solo caso d’applicazione è consistito nell’acquisizione di una grande impresa, ossia la Ocean, da parte di un’altra grande impresa, ossia la Brandt.

101    Come è già stato dichiarato al precedente punto 94 relativamente al regolamento n. 2204/2002, affinché un regime di aiuti possa essere considerato compatibile con il mercato comune, non è sufficiente che le condizioni richieste siano soddisfatte in alcuni dei possibili casi d’applicazione. È invece necessario che gli aiuti erogati in base a tale regime soddisfino tali condizioni in tutte le ipotesi. Di conseguenza, nel caso di specie, la possibilità puramente teorica che, nel contesto della misura in questione, il potenziale cedente possa essere una piccola o media impresa non è sufficiente per far ritenere che l’aiuto così notificato sia compatibile con il mercato comune alla luce degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

102    Considerato che la misura in questione non soddisfa le condizioni per l’applicazione sancite dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, non occorre esaminare se i requisiti procedurali siano stati rispettati.

103    Pertanto, la terza parte del presente motivo dev’essere respinta.

104    Alla luce di quanto precede, il Tribunale dichiara che la misura in questione non può essere considerata compatibile con il mercato comune sulla base di nessuno dei testi comunitari addotti. Tale motivo deve quindi essere interamente respinto.

 Sulla violazione dell’art. 253 CE

105    Riguardo al difetto di motivazione della decisione impugnata sollevato dalle ricorrenti relativamente alla qualifica della misura in questione come aiuto di Stato, il Tribunale dichiara che la motivazione sviluppata al punto 5 della decisione impugnata è chiara e sufficiente per giustificare la posizione della Commissione, considerato che il ragionamento ivi seguito coincide con quello adottato dal Tribunale ai precedenti punti 63‑70.

 Argomenti delle parti

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente all’applicazione della condizione di selettività

106    La Repubblica italiana deduce il difetto di motivazione nella valutazione della Commissione, formulata al punto 18 della decisione impugnata, ai sensi della quale la misura in questione non avrebbe carattere generale, ma conferirebbe un vantaggio economico a imprese specifiche, riducendo i costi normali e rafforzando la posizione finanziaria di queste ultime rispetto ad altri concorrenti che non fruiscono delle stesse misure. Ciò sarebbe confermato anche dal fatto che la misura è stata applicata soltanto in un caso. Essa ritiene che tale valutazione costituisca il frutto di un’erronea applicazione della condizione di selettività prevista dal Trattato, che richiede che la misura favorisca talune imprese o talune produzioni. Infatti, questa condizione non ricorrerebbe quando, come nel caso di specie, una misura non abbia per oggetto né per effetto di favorire talune imprese o talune produzioni particolari, applicandosi a soggetti individuati secondo criteri obiettivi, e senza possibilità di variare discrezionalmente la sua entità. Per quanto riguarda la limitata durata temporale e il solo caso di applicazione della misura in questione che, secondo la Commissione, proverebbero il suo carattere selettivo, la Repubblica italiana sottolinea che quel che conta, in realtà, è il carattere generale ed astratto della norma che la istituisce, la quale, nell’ambito di un controllo preventivo, come dovrebbe essere quello della Commissione, non avrebbe dovuto consentire alla stessa di escludere l’applicabilità della misura in questione ad altri beneficiari che si trovassero nelle condizioni indicate.

107    La Commissione sostiene che, anche se una misura determina la sua sfera di applicazione sulla base di criteri obiettivi, essa può nonostante tutto presentare un carattere selettivo (citate sentenze 6 marzo 2002, cause riunite T‑127/99, T‑129/99 e T‑148/99, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, punto 163, e cause riunite T‑92/00 e T‑103/00, punto 58). La grande precisione dei suoi criteri di applicazione, come la durata assai breve della sua esecuzione, da cui risulterebbe un’applicazione limitata a un solo caso, dimostrerebbe che il carattere generale ed astratto della misura in questione, invocato dalla Repubblica italiana, è solo pura apparenza. Per di più, considerato che la decisione impugnata riguarda la misura in questione nel suo complesso, sarebbe sufficiente che essa risultasse selettiva anche per una sola delle due categorie di beneficiari. Inoltre, in risposta alle osservazioni formulate dalla Repubblica italiana sulla pertinenza della giurisprudenza citata, la Commissione ricorda che non è necessario che un vantaggio sia concesso in maniera discrezionale perché venga considerato selettivo. La sua selettività potrebbe benissimo discendere da un’applicazione dei criteri previsti per la sua attribuzione automatica (sentenza Belgio/Commissione, cit., punti 27‑31). La Commissione sostiene infine che il carattere selettivo della misura in questione è confermato dal fatto che essa è stata applicata una sola volta.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente all’identificazione del beneficiario dell’aiuto concesso sulla base della misura in questione

108    La Repubblica italiana afferma che la decisione impugnata è ulteriormente viziata da un difetto di motivazione, nella parte in cui individua, tra i beneficiari della misura in questione, le imprese in difficoltà finanziaria sottoposte ad amministrazione straordinaria, che abbiano più di 1 000 dipendenti e che formino oggetto di cessione, sulla base della sola constatazione che il beneficiario effettivo della misura in questione dipende, in effetti, da una serie di fattori non chiariti dalle autorità italiane, e ciò senza precisare quali sarebbero rilevanti per una tale identificazione né per quale ragione.

109    La Commissione rileva che la misura in questione potrebbe certamente costituire un aiuto anche se il beneficiario fosse solo il cedente o solo l’acquirente. La Commissione ricorda al riguardo la giurisprudenza della Corte secondo cui i beneficiari di una misura non si identificano necessariamente con i soggetti che ricevono direttamente prestazioni positive o sgravi da parte dello Stato (sentenza della Corte 19 settembre 2000, causa C‑156/98, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑6857, punti 22‑28). Nella fattispecie, ad esempio, sarebbe perfettamente possibile che un’impresa in amministrazione straordinaria e che vende uno dei suoi rami d’attività continuasse ad esercitare altre attività. In tal caso, la misura allevierebbe gli oneri che tale impresa dovrebbe normalmente sopportare, ossia gli stipendi e le indennità legate ai licenziamenti e gli altri contributi di vario tipo, tra cui quelli per la gestione della CGIS. Infine, altri vantaggi potrebbero derivare dal fatto che una misura adottata dallo Stato rende possibile una cessione d’azienda che altrimenti non potrebbe avere luogo o potrebbe avere luogo a condizioni diverse, per esempio sulla base di un prezzo superiore.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda gli effetti negativi della misura in questione sugli scambi comunitari e sulla concorrenza

110    La Repubblica italiana ritiene che la decisione impugnata sia carente nella motivazione anche con riguardo alla valutazione concernente la terza e la quarta condizione per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, relative rispettivamente all’incidenza sugli scambi tra Stati membri e agli effetti negativi sulla concorrenza, in quanto la Commissione si limiterebbe a procedervi, al punto 20, tramite una mera affermazione apodittica su tali aspetti.

111    La Brandt formula le medesime critiche sostenendo che, al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione rinvia in termini assai generici al rafforzamento della posizione finanziaria di alcune imprese rispetto ai loro concorrenti. La Commissione ometterebbe quindi di valutare e di dimostrare l’impatto della misura in questione sul commercio tra gli Stati membri nonché il danno arrecato da tale misura alla concorrenza. In tal modo, la Commissione sarebbe venuta meno all’obbligo ad essa incombente, ribadito nella sentenza della Corte 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione (Racc. pag. 809, punti 22-24), di sostenere la motivazione delle proprie decisioni adottate in materia di aiuti di Stato con una minima quantità di informazioni utili a permettere quanto meno l’identificazione del mercato rilevante, della posizione delle imprese interessate su tale mercato, dei flussi commerciali dei prodotti interessati tra gli Stati membri e delle esportazioni dell’impresa pretesa beneficiaria dell’aiuto.

112    La Commissione sostiene che, quando gli aiuti sono stati concessi illegalmente, essa non è tenuta a dimostrare gli effetti concreti che tali aiuti hanno avuto sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri [sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punto 33; sentenze del Tribunale 29 settembre 2000, causa T‑55/99, CETM/Commissione, Racc. pag. II‑3207, punto 103, e P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, cit., punto 142].

–       Sulla motivazione inadeguata della decisione impugnata quanto alla valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce del regolamento n. 2204/2002 e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà

113    La Repubblica italiana sostiene, parallelamente agli argomenti già sviluppati ai precedenti punti 91 e 97, che la Commissione ha motivato in maniera inadeguata la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso la possibilità che la misura in questione possa essere considerata compatibile con il mercato comune alla luce del regolamento n. 2204/2002 e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

114    Nella sua risposta la Commissione si limita a riprendere gli argomenti già sviluppati ai precedenti punti 92 e 98 relativamente all’inapplicabilità nel caso di specie del regolamento n. 2204/2002 e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda il recupero dell’aiuto

115    La Brandt sostiene che la decisione impugnata è viziata da una motivazione alquanto insufficiente, poiché la Commissione non vi avrebbe indicato le ragioni per le quali la Repubblica italiana era tenuta a prendere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto erogato alla Brandt. A suo parere, in un contesto normativo e di fatto nel quale la legittimità di tale azione appariva quantomeno dubbia, la Commissione avrebbe dovuto illustrare tale aspetto nella decisione impugnata, al fine di permettere al Tribunale e alle parti interessate di esprimere le proprie valutazioni.

116    La Commissione sostiene di non aver motivato specificamente, per quanto riguarda la Brandt, l’ingiunzione rivolta alla Repubblica italiana per il recupero dell’aiuto concesso alla Brandt sulla base della misura in questione, perché, a suo avviso, il recupero è una conseguenza normale e generale della dichiarazione d’incompatibilità con il mercato comune di aiuti illegittimi e perché la Commissione non era quindi tenuta ad esaminare il caso individuale della Brandt.

 Giudizio del Tribunale

117    Secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 35, e sentenza del Tribunale 18 gennaio 2005, causa T‑93/02, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, Racc. pag. II‑143, punto 67).

118    La motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

119    In particolare, da tali principi risulta che la Commissione deve dimostrare che la misura costituisce un aiuto di Stato e che essa è incompatibile con il mercato comune. Essa non è, invece, tenuta a rispondere punto per punto agli argomenti privi di rilevanza fatti valere dalle autorità nazionali interessate o da terzi intervenienti (sentenza del Tribunale 12 dicembre 2006, causa T‑95/03, Asociación de Estaciones de Servicio de Madrid e Federación Catalana de Estaciones de Servicio/Commissione, Racc. pag. II‑4739, punto 108).

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata quanto all’applicazione della condizione di selettività

120    Relativamente a tale difetto di motivazione della decisione impugnata, dedotto in primo luogo, il Tribunale dichiara che le informazioni ricordate al precedente punto 66, contenute in tale decisione, sono nel complesso chiare e sufficienti per provare la selettività della misura in questione.

121    Di conseguenza, la prima parte del presente motivo dev’essere respinta.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda l’identificazione del beneficiario dell’aiuto concesso sulla base della misura in questione

122    Il Tribunale rileva, innanzi tutto, che la decisione impugnata indica, al punto 18, le due categorie di beneficiari potenziali della misura in questione, ossia:

–        gli acquirenti di imprese in difficoltà sottoposte ad amministrazione straordinaria ed aventi almeno 1 000 dipendenti, che abbiano concluso un contratto collettivo entro il 30 aprile 2003 con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per l’approvazione del trasferimento di lavoratori, e/o;

–        le imprese in difficoltà finanziaria sottoposte ad amministrazione straordinaria, che abbiano almeno 1 000 dipendenti e che formino oggetto di cessione.

123    Il Tribunale dichiara poi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, nella sua decisione la Commissione non era tenuta a identificare un preciso beneficiario dell’aiuto erogato sulla base della misura in questione e che essa poteva limitarsi, come ha fatto al punto 18 della decisione impugnata, ad indicare le due categorie specifiche di beneficiari. Inoltre, il Tribunale ricorda che, nell’ambito dell’unico caso di applicazione della misura in questione, l’aiuto concesso aveva lo scopo di facilitare la cessione delle imprese in difficoltà. Così facendo, essa ha agevolato una transazione economica volontaria tra due parti. Al riguardo il Tribunale ricorda la giurisprudenza secondo cui i beneficiari di una misura non si identificano necessariamente con i soggetti che ricevono direttamente prestazioni positive o sgravi da parte dello Stato (sentenza Germania/Commissione, cit., punto 28).

124    Considerato che la Commissione ha esaminato la misura in questione basandosi sulle sole informazioni fornite dalle autorità italiane, informazioni che non contenevano documenti specifici relativi al suo unico caso d’applicazione, il Tribunale dichiara quindi che il complesso delle indicazioni contenute al punto 18 della decisione impugnata, ivi incluso l’elenco non esaustivo dei fattori da cui può dipendere l’identificazione dell’effettivo beneficiario, è sufficiente.

125    Di conseguenza, la seconda parte del presente motivo dev’essere respinta.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata quanto agli effetti negativi della misura in questione sugli scambi comunitari e sulla concorrenza

126    Il Tribunale ricorda che per giurisprudenza costante, benché, in taluni casi, possa evincersi dalle circostanze stesse in cui l’aiuto è stato concesso che esso è atto ad incidere sugli scambi fra Stati membri e a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione è tenuta quanto meno ad evocare queste circostanze nella motivazione della sua decisione (v. sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione, cit., punto 66 e giurisprudenza ivi citata, e Regione autonoma della Sardegna/Commissione, cit., punti 73 e 74).

127    Tuttavia, la Commissione non deve dimostrare gli effetti concreti che aiuti illegali hanno avuto sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri. Infatti, l’obbligo a carico della Commissione di fornire una simile prova finirebbe con il favorire gli Stati membri che concedono aiuti in violazione dell’obbligo di notifica di cui all’art. 88, n. 3, CE, danneggiando quegli Stati che notificano gli aiuti ancora in fase di progetto (v. sentenze del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaamse Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 67, e 30 gennaio 2002, causa T‑35/99, Keller e Keller Meccanica/Commissione, Racc. pag. II‑261, punto 85 e giurisprudenza ivi citata). Tale giurisprudenza è peraltro corroborata dalla lettera dell’art. 87, n. 1, CE, secondo cui sono incompatibili con il mercato comune non solo gli aiuti che «falsano» la concorrenza, ma anche quelli che «minacciano» di falsarla (sentenza Keller e Keller Meccanica/Commissione, cit., punto 85).

128    Nel caso di specie, il Tribunale rileva che, al punto 20 della decisione impugnata, la Commissione dichiara quanto segue:

«In base alla terza e quarta condizione per l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE], la misura deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza e incidere sugli scambi intracomunitari. Il regime in esame minaccia di falsare la concorrenza, in quanto rafforza la posizione finanziaria di alcune imprese rispetto ai loro concorrenti. In particolare la misura minaccia di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi se i beneficiari si trovano in concorrenza con prodotti provenienti da altri Stati membri, quantunque non esportino essi stessi la loro produzione. Se le imprese beneficiarie non esportano, la produzione nazionale risulta avvantaggiata dal fatto che l[e] possibilità delle imprese, situate in altri Stati membri, di esportare i loro prodotti sul mercato in questione ne risultano diminuite».

129    Il Tribunale ricorda peraltro, come già dichiarato ai precedenti punti 86‑90, che la Commissione ha correttamente affermato, al punto 22 della decisione impugnata, che le autorità italiane non hanno adempiuto l’obbligo ad esse incombente ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, poiché hanno dato esecuzione alla misura in questione prima della sua approvazione da parte della Commissione.

130    Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata, il Tribunale dichiara che la motivazione contenuta al punto 20 della decisione impugnata è adeguata e sufficiente.

131    Alla luce di quanto precede, la terza parte del presente motivo dev’essere respinta.

–       Sulla motivazione inadeguata della decisione impugnata relativamente alla valutazione della compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce del regolamento n. 2204/2002 e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà

132    Quanto a questo altro difetto di motivazione dedotto relativamente alla decisione impugnata, il Tribunale dichiara che la motivazione sviluppata ai punti 5.4 e 5.5 della decisione impugnata è chiara e sufficiente per giustificare la posizione della Commissione, in quanto il ragionamento ivi seguito coincide con quello adottato dal Tribunale ai precedenti punti 93‑96 e 99‑103.

–       Sul difetto di motivazione della decisione impugnata relativamente al recupero dell’aiuto

133    Il Tribunale ricorda che, ai sensi di una giurisprudenza costante, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante il suo recupero, nonché il recupero degli interessi ad esso relativi, è la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑959, punto 66; 14 gennaio 1997, causa C‑169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑135, punto 47, e 29 giugno 2004, causa C‑110/02, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑6333, punto 41).

134    Nel caso di specie, la Commissione ha accertato, all’art. 1 della decisione impugnata, che la misura in questione è incompatibile con il mercato comune, il che è stato confermato dal Tribunale al precedente punto 104.

135    Di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza citata e considerato che, come statuito ai seguenti punti 140‑145, la Commissione non era obbligata ad esaminare il caso individuale della Brandt, il Tribunale dichiara che la Commissione non è venuta meno al suo obbligo di motivazione nella decisione impugnata neppure relativamente a tale aspetto.

136    Alla luce di quanto precede, la quarta parte del presente motivo dev’essere respinta.

137    Tale motivo deve quindi essere interamente respinto.

 Sul recupero dell’aiuto

 Sulla violazione del regolamento n. 659/1999

–       Argomenti delle parti

138    La Brandt sostiene che la Commissione ha fatto discendere l’ordine da essa rivolto alla Repubblica italiana di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto che la Brandt ha percepito a titolo individuale in base alla misura in questione dal mero esame di tale misura, ancorché da essa qualificata alla stregua di un regime generale. Essa avrebbe però omesso di svolgere un esame appropriato con riferimento alla concreta fattispecie di applicazione del supposto aiuto. La Brandt sostiene quindi che la Commissione, ordinando alla Repubblica italiana di recuperare presso di essa tale aiuto, che, a seguito di un esame rituale e conforme al regolamento n. 659/1999, avrebbe ben potuto risultare compatibile con il mercato comune, ha violato, in particolare, le disposizioni di tale regolamento (sentenza della Corte 29 ottobre 1980, causa 22/80, Boussac, Racc. pag. 3427, e conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa Francia/Commissione, decisa con sentenza 22 marzo 2001, cit., Racc. pag. I‑2484, paragrafo 40). Se la Commissione avesse inteso ordinare un qualsiasi recupero del presunto aiuto presso la Brandt, avrebbe dovuto necessariamente attenersi alla procedura prevista dall’art. 11 del regolamento n. 659/1999.

139    La Commissione fa valere che la decisione impugnata non contiene alcuna ingiunzione di recuperare provvisoriamente l’aiuto ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 659/1999. Essa sostiene che il recupero è stato ordinato esclusivamente sulla base della decisione impugnata, conformemente all’art. 14 di detto regolamento, sicché i requisiti sostanziali e formali di cui all’art. 11 di tale regolamento non vanno presi in considerazione. Tale modo d’agire sarebbe pienamente legittimo, come si evince dalle numerose sentenze che hanno confermato decisioni negative riguardanti regimi di aiuto e nelle quali la Commissione aveva appunto imposto il recupero degli aiuti erogati a titolo di quei regimi (sentenze della Corte 17 giugno 1999, Belgio/Commissione, cit., punti 64 e segg.; Germania/Commissione, cit., punti 112 e segg.; 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289, punti 98 e segg.; 19 settembre 2002, causa C‑114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7657, punti 107 e segg.; 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4087, punti 86 e segg., che conferma la sentenza del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T‑298/97, T‑312/97, T‑313/97, T‑315/97, da T‑600/97 a T‑607/97, T‑1/98, da T‑3/98 a T‑6/98 e T‑23/98, Alzetta e a./Commissione, Racc. pag. II‑2319, e 29 aprile 2004, causa C‑278/00, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑3997, punti 103‑108).

–       Giudizio del Tribunale

140    Relativamente all’argomento avanzato dalla Brandt secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto esaminare il suo caso individualmente, il Tribunale ricorda, innanzi tutto che, con lettera del 12 febbraio 2003, le autorità italiane hanno notificato la misura in questione. In risposta alla richiesta di informazioni supplementari sulla misura in questione ad essa indirizzata dalla Commissione e durante tutto il procedimento amministrativo, la Repubblica italiana ha ribadito che tale misura era un regime generale che comportava un solo caso d’applicazione, consistente nell’acquisizione della Ocean da parte della Brandt. La Repubblica italiana non ha tuttavia comunicato alla Commissione alcuna informazione relativamente al caso individuale della Brandt, quale, ad esempio, il piano di ristrutturazione.

141    Il Tribunale rileva poi che, come ricordato al precedente punto 13, la decisione della Commissione di avviare il procedimento formale d’indagine di cui all’art. 88, n. 2, CE è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18 dicembre 2003. Tuttavia, a dispetto di tale pubblicazione, la Brandt non ha ritenuto necessario formulare osservazioni in sede di procedimento formale di indagine. Nondimeno, secondo una giurisprudenza costante, la pubblicazione di una comunicazione nella Gazzetta ufficiale rappresenta un mezzo adeguato allo scopo d’informare tutti gli interessati dell’avvio di un tale procedimento [sentenza della Corte 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punto 17; sentenze del Tribunale 11 maggio 2005, cause riunite T‑111/01 e T‑133/01, Saxonia Edelmetalle/Commissione, Racc. pag. II‑1579, punto 48, e 31 maggio 2006, causa T‑354/99, Kuwait Petroleum (Nederland)/Commissione, Racc. pag. II‑1475, punto 81]. Nonostante tale pubblicazione, la Brandt non è tuttavia intervenuta nel corso del procedimento formale di indagine e non ha presentato alla Commissione alcuna osservazione supplementare.

142    Di conseguenza, il Tribunale dichiara che la Commissione era in possesso della notifica della misura in questione e aveva quindi le informazioni sufficienti per il suo esame. Il Tribunale riconosce che poteva sussistere un dubbio sul fatto che la misura in questione potesse costituire un aiuto individuale, si deve tuttavia considerare che la Commissione non disponeva di alcuna informazione concreta che le permettesse di giungere a tale conclusione a partire dall’ammissione da parte della Repubblica italiana del fatto che la misura in questione aveva dato luogo solo a un caso d’applicazione. Al riguardo il Tribunale ricorda che, nel caso di un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiarne le caratteristiche generali, senza essere tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione al fine di verificare se tale regime comporti elementi di aiuto (sentenze della Corte Italia e Sardegna Lines/Commissione, cit., punto 51; Grecia/Commissione, cit., punto 24, e 15 dicembre 2005, causa C‑148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I‑11137, punto 67).

143    Il Tribunale rileva peraltro che la decisione impugnata indica chiaramente, al punto 38, che essa riguarda la misura in questione e i relativi casi di applicazione, ma lascia impregiudicata la possibilità che aiuti singoli concessi nel quadro del regime siano successivamente considerati, con decisione della Commissione, totalmente o parzialmente compatibili con il mercato comune in base alle loro caratteristiche specifiche.

144    Di conseguenza, il Tribunale dichiara che è a ragione che la Commissione ha esaminato la misura in questione così come le è stata notificata dalla Repubblica italiana e, quindi, che la Commissione non ha arrecato alcun pregiudizio di tipo procedurale alla Brandt.

145    Alla luce di quanto precede, la prima parte del presente motivo dev’essere quindi respinta.

 Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

–       Argomenti delle parti

146    Relativamente all’ordine di recupero, la Brandt invoca, in sostanza, il principio di tutela del legittimo affidamento e sostiene che l’obbligo di motivazione non è stato rispettato.

147    La Commissione sostiene che, già prima dell’adozione del regolamento n. 659/1999 e a prescindere dall’esistenza di un’espressa previsione su questo punto, la Corte aveva riconosciuto che la soppressione di un aiuto illecito mediante recupero dell’aiuto versato, con i relativi interessi, era la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune (sentenze della Corte 21 marzo 1990, Belgio/Commissione, cit., punto 66; 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 75; 14 gennaio 1997, Spagna/Commissione, cit., punto 47; 7 marzo 2002, Italia/Commissione, cit., punto 98, e Commissione/Consiglio, cit., punto 41).

148    L’art. 14 del regolamento n. 659/1999 imporrebbe ora esplicitamente alla Commissione di disporre il recupero degli aiuti presso il beneficiario, salvo che a ciò osti un principio generale del diritto comunitario, qual è il principio di tutela del legittimo affidamento.

149    Tuttavia, la Commissione sostiene che, per costante giurisprudenza, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 88 CE. Infatti, un operatore economico diligente dovrebbe di norma essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata, anche quando l’illegittimità della decisione di concessione dell’aiuto sia imputabile allo Stato considerato in una misura tale che la sua revoca appare contraria al principio di buona fede (sentenze della Corte 20 settembre 1990, causa C‑5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3437, punto 14, e 20 marzo 1997, causa C‑24/95, Alcan Deutschland, Racc. pag. I‑1591, punto 25).

150    Se la Commissione riconosce peraltro la possibilità, per i beneficiari di un aiuto, di invocare circostanze eccezionali sulle quali abbiano potuto fondare un legittimo affidamento circa la regolarità dell’aiuto e di opporsi quindi alla sua ripetizione, essa sottolinea che, ai sensi della giurisprudenza, in un caso siffatto spetta al giudice nazionale, eventualmente adito, valutare le circostanze del caso di specie, dopo aver proposto alla Corte, se necessario, questioni pregiudiziali di interpretazione (sentenze Commissione/Germania, cit., punto 16, e 7 marzo 2002, Italia/Commissione, cit., punto 103).

151    La Commissione rileva che, nel caso di specie, la misura in questione è stata istituita con un decreto legge immediatamente applicabile. Sarebbe perciò palese che la Repubblica italiana, pur avendo notificato tale misura e pur avendo ammesso, in quella sede, che si trattava di un regime di aiuti, ha violato l’obbligo imposto dall’art. 88, n. 3, CE e ha illegittimamente dato esecuzione alla misura in questione, in quanto la Commissione non si era ancora pronunciata sulla compatibilità della stessa con il mercato comune. Inoltre, la Commissione sostiene che la stessa lettera di notifica del 7 febbraio 2003 la invitava a valutare la compatibilità della misura in questione con il mercato comune alla luce degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

152    Pertanto, sarebbe stato chiaro fin dall’inizio che le misure di applicazione della misura in questione potevano costituire aiuti di Stato e che vi era stata quindi una violazione dell’art 88. n. 3, CE. Secondo la Commissione ciò basta ad escludere in radice qualsiasi ipotesi di legittimo affidamento.

–       Giudizio del Tribunale

153    Come emerge dai fatti e come dichiarato ai precedenti punti 70 e 104, la misura in questione è incompatibile con il mercato comune, essendo stata adottata in violazione delle norme comunitarie, sia sostanziali che formali, relative agli aiuti di Stato.

154    Secondo il Tribunale sembra impossibile nel caso di specie che un operatore economico diligente come la Brandt abbia potuto ignorare il carattere illegittimo della misura in questione. Al riguardo il Tribunale ricorda che, ai sensi di una giurisprudenza costante, tenuto conto del carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura (sentenze Commissione/Germania, cit., punto 14, e Alcan Deutschland, cit., punto 25). Infatti, un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata anche quando l’illegittimità della decisione di concessione dell’aiuto sia imputabile allo Stato considerato in una misura tale che la sua revoca appare contraria al principio di buona fede (sentenza Alcan Deutschland, cit., punto 41, e sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑109/01, Fleuren Compost/Commissione, Racc. pag. II‑127, punto 135).

155    Il Tribunale ricorda infine come, sempre per giurisprudenza costante, se, così come nel caso della Brandt, il beneficiario dell’aiuto in esame ritiene che sussistano circostanze eccezionali sulle quali abbia potuto fondare il proprio legittimo affidamento circa la regolarità dell’aiuto, tale valutazione spetta al giudice nazionale, eventualmente adito, dopo aver proposto alla Corte, se necessario, questioni pregiudiziali di interpretazione (sentenze Commissione/Germania, cit., punto 16; 7 marzo 2002, Italia/Commissione, cit., punto 103, e sentenza Fleuren Compost/Commissione, cit., punto 136).

156    Pertanto, la seconda parte del presente motivo deve parimenti essere respinta.

157    Alla luce di quanto precede, tale motivo deve quindi essere respinto nel suo insieme.

 Sulle spese

158    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella causa T-239/04, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese. Nella causa T‑323/04, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Brandt, rimasta a sua volta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Repubblica italiana sopporta le proprie spese nonché quelle sostenute, nell’ambito della causa T-239/04, dalla Commissione.

3)      La Brandt Italia SpA sopporta le proprie spese nonché quelle sostenute, nell’ambito della causa T-323/04, dalla Commissione.


García-Valdecasas

Cooke

Labucka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       J. D. Cooke


* Lingua processuale: l'italiano.