Language of document : ECLI:EU:C:2022:331

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 28 aprile 2022 (1)

Causa C604/20

ROI Land Investments Ltd.

contro

FD

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Articoli 17 e 21 – Regolamento (CE) n. 593/2008 – Legge applicabile – Articolo 6 – Contratto individuale di lavoro concluso fra un datore di lavoro e un dipendente – Lettera di patronage conclusa fra tale dipendente e una società terza che assicura l’esecuzione delle obbligazioni che incombono a tale datore di lavoro nei confronti di detto dipendente – Azione fondata su tale lettera di patronage – Azione in materia di contratto di lavoro – Nozione di “datore di lavoro” – Nozione di “attività professionale” – Nozione di “consumatore” – Condizioni di applicazione delle norme nazionali sulla competenza»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, dell’articolo 17, paragrafo 1, dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), i), nonché dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2), nonché dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (3).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra FD, che è domiciliato e lavora in Germania, e la società ROI Land Investments Ltd, con sede in Canada, in ordine al rifiuto da parte di quest’ultima di pagare, a titolo di una lettera di patronage conclusa fra tali due parti al momento del trasferimento del contratto di lavoro di FD ad una società figlia, la società R Swiss AG, i crediti salariali di quest’ultimo nei confronti di tale società in stato di fallimento.

3.        Il carattere di novità di tali circostanze, rispetto a quelle che sono servite da base alla giurisprudenza della Corte relativa alla competenza delle giurisdizioni nelle controversie transfrontaliere in materia di contratti di lavoro, ha indotto il giudice del rinvio a interrogarsi, in sostanza, per quanto concerne le norme sulla competenza poste a tutela dei lavoratori e dei consumatori, sull’interpretazione della nozione di «datore di lavoro» in materia di contratto individuale di lavoro e della nozione di «attività professionale» in materia di contratto concluso da un consumatore. Una di tali nozioni potrebbe fondare la competenza di un giudice tedesco.

4.        Nel prosieguo, esporrò le ragioni che mi conducono a considerare, in sostanza che:

–        una società che, a motivo di un interesse diretto alla buona esecuzione del contratto di lavoro di un lavoratore con un’altra società dello stesso gruppo, ha concluso con tale lavoratore un accordo che fa parte integrante di tale contratto, in forza del quale essa garantisce segnatamente la retribuzione di tale lavoratore, è anch’essa un «datore di lavoro» ai sensi della sezione 5 del capo II del regolamento n. 1215/2012;

–        le norme di diritto interno sulla competenza non sono applicabili qualora siano soddisfatte le condizioni di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale regolamento, e

–        nell’ipotesi in cui la controversia non rientrasse nell’ambito di applicazione di tale sezione, un lavoratore che si trovi nella stessa situazione di quella del dipendente di cui trattasi, non è un consumatore ai sensi del regolamento Roma I e del regolamento n. 1215/2012.

II.    Contesto normativo

A.      Regolamento n. 1215/2012

5.        Nel contesto delle presenti conclusioni, farò riferimento ai considerando 14, 15 e 18 del regolamento n. 1215/2012.

6.        L’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento prevede quanto segue:

«Se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la competenza delle autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro è disciplinata dalla legge di tale Stato, salva l’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, dell’articolo 21, paragrafo 2, e degli articoli 24 e 25».

7.        L’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, che si trova nella sezione 4 del suo capo II, relativa alla «Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori», così dispone:

«Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6 (...), la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:

(...)

c)      (...) qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività».

8.        L’articolo 18 del medesimo regolamento, che si trova parimenti in tale sezione, al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliata tale parte o, indipendentemente dal domicilio dell’altra parte, davanti alle autorità giurisdizionali del luogo in cui è domiciliato il consumatore».

9.        La sezione 5 del capo II del regolamento n. 1215/2012, relativa alla «Competenza in materia di contratti individuali di lavoro», contiene, in particolare, gli articoli 20 e 21. L’articolo 20, paragrafo 1, così dispone:

«Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6 (...), la competenza in materia di contratti individuali di lavoro è disciplinata dalla presente sezione».

10.      L’articolo 21 di tale regolamento dispone quanto segue:

«1.      Il datore di lavoro domiciliato in uno Stato membro può essere convenuto:

(...)

b)      in un altro Stato membro:

i)      davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui o da cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell’ultimo luogo in cui o da cui la svolgeva abitualmente; o

(...)

2.      Il datore di lavoro non domiciliato in uno Stato membro può essere convenuto davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro ai sensi del paragrafo 1, lettera b)».

B.      Regolamento Roma I

11.      Nel contesto delle presenti conclusioni, farò riferimento al considerando 7 del regolamento Roma I.

12.      Il regolamento Roma I contiene un articolo 6, relativo ai «Contratti conclusi da consumatori», il cui paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Fatti salvi gli articoli 5 e 7, un contratto concluso da una persona fisica per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale (“il consumatore”) con un’altra persona che agisce nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale (“il professionista”) è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che il professionista:

a)      svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale; o

b)      diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo;

e il contratto rientri nell’ambito di dette attività».

III. Fatti di cui al procedimento principale e questioni pregiudiziali

13.      La ROI Land Investments è una società immobiliare con domicilio in Canada. FD, residente in Germania, ha lavorato dal settembre 2015 per la ROI Land Investments in qualità di «deputy vice president investors relations» (vicepresidente delegato alle relazioni con gli investitori) sulla base di un «service agreement» (contratto di prestazione di servizi).

14.      A fronte dell’incertezza esistente in relazione alla natura delle loro relazioni contrattuali, tali due parti hanno deciso di «trasferire» il loro rapporto contrattuale ad una società svizzera di nuova costituzione, che doveva essere costituita ai fini dell’attività di distribuzione in Europa (4). Nel corso del novembre 2015, esse si sono accordate per la risoluzione di tale contratto di prestazione di servizi con effetto retroattivo. In una lettera di accompagnamento di tale accordo, si riporta che FD ha sottoscritto l’accordo subordinandolo alla stipula di un accordo equivalente finalizzato alla conclusione di un contratto avente ad oggetto la direzione della costituenda società svizzera.

15.      Il 15 gennaio 2016 le azioni della R Swiss costituita il giorno precedente, in conformità con il diritto svizzero, sono state cedute al presidente della ROI Land Investments e futuro presidente del consiglio di amministrazione della R Swiss. Nell’aprile 2016 quest’ultimo le ha trasferite alla R D Canada Inc., una società figlia appartenente al 100% alla ROI Land Investments.

16.      Il 12 febbraio 2016 FD ha stipulato un contratto di lavoro scritto con la R Swiss riguardante la sua attività di direttore e che stabiliva l’importo del suo bonus d’ingresso nonché della sua retribuzione. Il giorno stesso FD e la ROI Land Investments hanno sottoscritto un documento intitolato «patron agreement», che, secondo la denominazione adottata dalle parti, è un’espressione equivalente a «lettera di patronage» (in prosieguo: la «lettera di patronage»), avente il seguente contenuto:

«Articolo 1

La società R (5) ha costituito una società figlia, la R Swiss AG[,] ai fini dell’attività di distribuzione in Europa. Il direttore è l’amministratore di tale società. Conformemente a tale premessa, la società R dichiara quanto segue:

Articolo 2

La società R assume la piena responsabilità dell’adempimento delle obbligazioni relative ai contratti della società R Swiss AG in virtù della collaborazione del suo direttore con la società R Swiss AG».

17.      Tale lettera di patronage non contiene alcuna clausola di elezione del foro né alcuna clausola di scelta della legge applicabile. Il luogo abituale di lavoro di FD per la R Swiss era a Stoccarda (Germania).

18.      L’11 luglio 2016 la R Swiss ha licenziato FD. Con decisione del 2 novembre 2016, l’Arbeitsgericht Stuttgart (Tribunale del lavoro di Stoccarda, Germania), adito da FD, ha dichiarato in maniera definitiva la nullità di tale licenziamento. Inoltre, esso ha condannato la R Swiss a versare a FD, come convenuto nel contratto di lavoro, 255 000 dollari statunitensi (USD) (circa EUR 230 000) di bonus d’ingresso e USD 212 500 (circa EUR 192 000) a titolo di retribuzione per i mesi da aprile ad agosto 2016. La R Swiss non ha pagato tali importi a FD. Agli inizi del marzo 2017 veniva avviata, in base al diritto svizzero, una procedura fallimentare nei confronti della R Swiss. Tale procedura è stata sospesa nel maggio 2017 per insufficienza dell’attivo (6).

19.      Pertanto, sulla base della lettera di patronage, FD ha citato la ROI Land Investments in giudizio, per il pagamento della totalità dei crediti salariali nei confronti della R Swiss, dinanzi all’Arbeitsgericht Stuttgart (Tribunale del lavoro di Stoccarda) da esso ritenuto competente – quanto meno – in applicazione delle norme di competenza del regolamento n. 1215/2012 in materia di contratti conclusi da consumatori.

20.      La decisione dell’Arbeitsgericht Stuttgart (Tribunale del lavoro di Stoccarda) che declina la propria competenza internazionale è stata riformata dal Landesarbeitsgericht (Tribunale superiore del lavoro del Land) che si è basato sulla qualità di consumatore di FD.

21.      Nell’ambito di un ricorso per cassazione («Revision») della ROI Land Investments dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), quest’ultimo si chiede se i giudici tedeschi siano competenti sul piano internazionale a conoscere dell’azione di FD, in conformità con il regolamento n. 1215/2012, in virtù di norme specifiche di competenza in materia di contratti di lavoro o di contratti conclusi dai consumatori e, in quest’ultima ipotesi, se FD debba essere considerato un «consumatore» ai sensi del regolamento Roma I, al fine di determinare se il diritto sostanziale tedesco sia applicabile alla lettera di patronage.

22.      Al riguardo, il giudice del rinvio indica, anzitutto, che tale lettera di patronage, in quanto promessa unilaterale, è assimilabile, secondo il diritto tedesco, ad una cauzione e che è pacifico che, indipendentemente dal diritto applicabile, la responsabilità della ROI Land Investments per l’esecuzione delle obbligazioni della R Swiss non si limiti al dissesto di quest’ultima.

23.      Inoltre, tale giudice rileva che, per effetto di tale lettera di patronage, la ROI Land Investments non si è surrogata nella posizione giuridica della R Swiss in quanto datore di lavoro e che il diritto di dare istruzioni a FD per la sua attività veniva esercitato dal direttore esecutivo della R Swiss.

24.      Infine, detto giudice sottolinea la particolarità della controversia, vale a dire che, senza la lettera di patronage, nessun contratto di lavoro sarebbe stato concluso fra FD e la R Swiss e che le funzioni esercitate in precedenza da FD all’interno della ROI Land Investments, società madre, non sono mutate in seguito al suo trasferimento nella sua società figlia, la R Swiss, costituita per la sua attività di distribuzione in Europa.

25.      Inoltre, lo stesso giudice chiede che sia chiarita la relazione fra le disposizioni del regolamento n. 1215/2012 e il diritto nazionale tenuto conto della riserva formulata all’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento riguardante l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del medesimo regolamento.

26.      Peraltro, in relazione all’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012, applicabile in materia di contratti conclusi dai consumatori, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) chiede se la lettera di patronage possa essere qualificata come contratto concluso dal ricorrente ai fini della propria attività professionale in quanto dipendente. Più precisamente, il giudice del rinvio si chiede se la nozione di «attività professionale» comprenda unicamente le attività indipendenti.

27.      In tali circostanze, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), i), e paragrafo 2, del [regolamento n. 1215/2012], debba essere interpretato nel senso che il lavoratore può convenire in giudizio una persona giuridica che, pur non essendo il suo datore di lavoro e non essendo domiciliata nel territorio di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012, sia direttamente responsabile nei confronti del lavoratore, in forza di una lettera di patronage, con riguardo alle pretese derivanti da un contratto individuale di lavoro concluso con un terzo, dinanzi al giudice del luogo nel quale o a partire dal quale il lavoratore svolga abitualmente o abbia svolto da ultimo la propria attività nel rapporto di lavoro con il terzo, qualora, in mancanza della lettera di patronage, il contratto di lavoro con il terzo non sarebbe stato concluso.

2)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 debba essere interpretato nel senso che la riserva relativa all’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento medesimo esclude l’applicazione di una norma sulla competenza giurisdizionale prevista dal diritto nazionale dello Stato membro che consenta al lavoratore di convenire in giudizio una persona giuridica direttamente responsabile nei suoi confronti con riguardo alle pretese derivanti da un contratto individuale di lavoro concluso con un terzo, in circostanze come quelle descritte nella prima questione, in qualità di “successore giuridico” del datore di lavoro, nel foro del luogo abituale di lavoro, quando tale competenza giurisdizionale non sia prevista dall’articolo 21, paragrafo 2, e paragrafo 1, lettera b), i), del regolamento medesimo.

3)      In caso di risposta negativa alla prima questione e di risposta affermativa alla seconda questione:

a)      Se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 debba essere interpretato nel senso che la nozione di “attività professionale” comprende un’attività subordinata svolta nell’ambito di un rapporto di lavoro.

b)      In caso di risposta affermativa, se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 debba essere interpretato nel senso che una lettera di patronage, in base alla quale una persona giuridica sia direttamente responsabile con riguardo alle pretese di un lavoratore derivanti da un contratto individuale di lavoro concluso con un terzo, rappresenta un contratto concluso dal lavoratore per uno scopo riferibile alla propria attività professionale.

4)      Ove dalla risposta alle precedenti questioni risulti che il giudice remittente sia munito di competenza internazionale ai fini della decisione della controversia:

a)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, del [regolamento Roma I] debba essere interpretato nel senso che la nozione di “attività professionale” comprende l’attività subordinata svolta in un rapporto di lavoro.

b)      In caso di risposta affermativa, se l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I debba essere interpretato nel senso che una lettera di patronage, in base alla quale una persona giuridica sia direttamente responsabile nei confronti di un lavoratore con riguardo alle pretese derivanti da un contratto individuale di lavoro concluso con un terzo, rappresenta un contratto concluso dal lavoratore per uno scopo riferibile alla propria attività professionale».

28.      Sono state presentate alla Corte osservazioni scritte da FD e dalla Commissione europea.

IV.    Analisi

29.      Il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale nell’ambito di un’azione intrapresa da FD contro la ROI Land Investments, società che non è domiciliata nel territorio di uno Stato membro. La competenza dei giudici tedeschi non sarebbe disciplinata dal diritto nazionale laddove ricorresse una delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012. Tenuto conto che FD ha fondato la propria azione su di un accordo che garantisce il pagamento dei suoi crediti salariali concluso nell’ambito di un rapporto di lavoro e che il precedente giudice adito si è dichiarato competente, ritenendo che FD detenesse la qualità di consumatore, i dubbi nutriti dal giudice del rinvio riguardano, a giusto titolo, l’ambito di applicazione delle disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 1, e dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale regolamento, alle quali rinvia il menzionato articolo 6.

30.      Pertanto, nella presente causa, tale giudice chiede, principalmente, se i giudici tedeschi possano essere competenti in forza delle disposizioni di tutela del capo II, sezione 5, del regolamento n. 1215/2012, relative ai contratti individuali di lavoro, o della sezione 4 di tale capo, concernente i contratti conclusi dai consumatori. Qualora una delle disposizioni di tale sezione fosse applicabile, detto giudice si chiede quale sia la portata della nozione di «consumatore» nell’ambito del regolamento Roma I, al fine di determinare se il diritto sostanziale tedesco sia applicabile alla lettera di patronage.

31.      Tali questioni, che riguardano due regolamenti, uno sulla competenza giurisdizionale e l’altro sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, giustificano l’esposizione di diverse regole generali, alcune delle quali sono ricordate nella giurisprudenza della Corte.

32.      In primo luogo, poiché il regolamento n. 1215/2012 ha abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 44/2001 (7), l’interpretazione fornita dalla Corte con riferimento alle disposizioni di quest’ultimo regolamento vale anche per il regolamento n. 1215/2012, quando le disposizioni di tali due strumenti di diritto dell’Unione europea possono essere qualificate come equivalenti (8).

33.      Lo stesso vale per quanto riguarda le norme sulla competenza in materia di contratto di lavoro, le quali, benché non traggano origine dalle disposizioni della convenzione di Bruxelles del 1968 nella sua versione iniziale (9), sono state introdotte nel 1989, poi riprese (10) e completate per costituire infine una sezione specifica dei regolamenti che sostituiscono la convenzione di Bruxelles del 1968. Tuttavia, è stato il regolamento n. 1215/2012 ad aver introdotto l’internazionalizzazione delle norme sulla competenza sia per i contratti conclusi da consumatori sia per i contratti di lavoro. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale si inserisce dunque in tale contesto che ha esteso l’applicazione delle norme in materia di competenza dell’articolo 18, paragrafo 1, e dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento ad un convenuto domiciliato in uno Stato terzo (11).

34.      Inoltre, le disposizioni della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Lugano il 30 ottobre 2007 (12), che sono, in sostanza, identiche a quelle del regolamento n. 1215/2012, del regolamento n. 44/2001 nonché a quelle della Convenzione di Bruxelles del 1968, sono interpretate in coerenza con le disposizioni di questi ultimi (13).

35.      Infine, come precisato al considerando 7 del regolamento Roma I, il campo di applicazione materiale e le disposizioni di quest’ultimo dovrebbero essere coerenti con il regolamento n. 44/2001 e, poiché tale regolamento è stato abrogato e sostituito dal regolamento n. 1215/2012, tale obiettivo di coerenza vale anche per quest’ultimo (14).

36.      In secondo luogo, la determinazione del significato e della portata dei termini per i quali il diritto dell’Unione non fornisce alcuna definizione va operata conformemente al loro senso abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto al contempo del contesto in cui essi sono utilizzati e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (15). In caso di disparità tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui è causa deve essere intesa in funzione dell’impianto sistematico e della finalità della normativa di cui fa parte (16).

37.      In terzo luogo, le norme in materia di competenza applicabili nella specie, ora contenute nel capo II, sezioni 4 e 5, del regolamento n. 1215/2012, costituiscono deroghe alla norma sulla competenza generale dei giudici dello Stato membro nel quale il convenuto è domiciliato, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento. Esse devono pertanto essere oggetto di un’interpretazione restrittiva che non può andare oltre le ipotesi prese in considerazione esplicitamente da detto regolamento (17), fatto salvo il carattere imperativo di diversi obiettivi fissati dal legislatore (18).

38.      Ciò detto, passo ad esaminare in maniera dettagliata le condizioni di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, nonché dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), i), del regolamento n. 1215/2012, seguendo l’ordine delle questioni sottoposte dal giudice del rinvio alla luce delle circostanze particolari del procedimento principale.

A.      Sulla competenza in materia di contratti individuali di lavoro

39.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), i), e paragrafo 2, del regolamento n. 1215/2012 debba essere interpretato nel senso che il lavoratore possa convenire dinanzi all’autorità giurisdizionale dell’ultimo luogo da cui egli ha svolto abitualmente la propria attività una persona non domiciliata in uno Stato membro, con la quale non è legato da un contratto di lavoro, ma che, in virtù di una lettera di patronage dalla quale dipendeva la conclusione di tale contratto, è direttamente responsabile dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro nei confronti di tale lavoratore.

40.      L’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1215/2012 è la disposizione alla quale rimanda l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento stesso, che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detto regolamento, è applicabile se il datore di lavoro non è domiciliato in uno Stato membro. Si tratta pertanto di una disposizione particolare del capo II, sezione 5, del regolamento medesimo, che stabilisce le norme riguardanti la competenza dei giudici investiti delle controversie «in materia di contratti individuali di lavoro», quando il datore di lavoro è citato in giudizio dal lavoratore.

41.      La nozione di «datore di lavoro» ai sensi del regolamento n. 1215/2012 non è ancora stata definita dalla Corte (19). La sua giurisprudenza ha stabilito soltanto le caratteristiche della relazione fra il datore di lavoro e il lavoratore.

42.      Ne consegue che la nozione di «contratto individuale di lavoro», di cui all’articolo 20 del regolamento n. 1215/2012, deve essere interpretata in modo autonomo al fine di garantire l’applicazione uniforme delle norme sulla competenza stabilite da tale regolamento in tutti gli Stati membri (20).

43.      La Corte afferma che la nozione di «contratto individuale di lavoro» presuppone un vincolo di subordinazione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (21), in quanto la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona sia tenuta a fornire, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle quali riceva una retribuzione (22).

44.      Relativamente all’esistenza di un siffatto vincolo di subordinazione, la Corte ha precisato che essa dev’essere valutata caso per caso, in funzione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti, per determinare se, oltre ai vincoli formali e contrattuali, la situazione reale giustifichi di qualificare come «datore di lavoro» la parte citata in giudizio dal lavoratore (23).

45.      Tali requisiti servono quindi in generale a delimitare l’attività indipendente e la qualità di lavoratore (24). Essi non sono stati intesi per stabilire i limiti della nozione di «datore di lavoro» (25).

46.      La Corte ha inoltre dichiarato che i contratti di lavoro hanno determinate particolarità, in quanto creano un nesso durevole che inserisce il lavoratore nell’ambito di una determinata organizzazione dell’attività dell’impresa o del datore di lavoro e in quanto si ricollegano al luogo dell’esercizio dell’attività, il quale determina l’applicazione di norme imperative e di contratti collettivi (26).

47.      Nel procedimento principale, secondo il giudice del rinvio è pacifico che, quando è stata avviata l’azione in giudizio, FD e la ROI Land Investments non fossero legati formalmente da un contratto individuale di lavoro e che non esistesse nessun rapporto di subordinazione fra di essi e ha inoltre considerato che l’«eventuale possibilità che la ROI Land Investments esercitasse un’influenza sulla direzione della società R Swiss non cambi[erebbe] nulla».

48.      Tuttavia, sulla base delle spiegazioni di tale giudice relative alla situazione reale di FD rispetto alla ROI Land Investments, non mi sembra escluso che tale società madre possa essere considerata come un datore di lavoro ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012.

49.      Infatti, le circostanze particolari del procedimento principale dimostrano, ancora una volta, la singolarità della nozione di «datore di lavoro» all’interno di un gruppo di società (27) nonché il rischio in cui si incorre nel considerare che, alla luce dei consueti criteri, in ogni circostanza occorra stabilire un vincolo unico fra un lavoratore e un datore di lavoro, in quanto quest’ultimo è colui per conto del quale il lavoratore svolge i propri compiti, colui che esercita un potere di direzione e colui che versa a detto lavoratore una retribuzione o qualsiasi altra forma di corrispettivo.

50.      A mio avviso, si deve tenere conto dell’interconnessione dei rapporti contrattuali o di una ripartizione degli elementi essenziali del contratto di lavoro che può esistere all’interno di un gruppo di società e degli accordi che una siffatta organizzazione può favorire (28).

51.      Nella specie, l’azione di FD presentata contro la ROI Land Investments è fondata sull’impegno di tale società di eseguire le obbligazioni del suo datore di lavoro, la R Swiss, senza il quale FD non avrebbe concluso, il medesimo giorno, un nuovo contratto con quest’ultimo (29). Tale impegno è stato assunto senza condizione di dissesto di tale datore di lavoro. Inoltre, nell’ambito di tale rapporto di lavoro, FD doveva fornire concretamente la stessa prestazione professionale che svolgeva in precedenza per conto della ROI Land Investments. Il vincolo economico fra il datore di lavoro contrattuale e tale terzo è stato rilevato anche dal giudice del rinvio (30).

52.      A mio parere, ne consegue che i diritti rivendicati da FD nella sua azione contro la ROI Land Investments derivano dal contratto individuale di lavoro concluso fra FD e la R Swiss. Poiché l’impegno concomitante e senza condizione della ROI Land Investments riguarda un elemento essenziale del rapporto di lavoro, vale a dire la retribuzione di FD, esso fa parte integrante del contratto individuale di lavoro (31). In tale contesto, la ROI Land Investments non è un semplice garante, bensì, in applicazione del combinato disposto degli articoli 20 e 21 del regolamento n. 1215/2012, può essere qualificato come datore di lavoro.

53.      Occorre tuttavia ancora esaminare l’aspetto che, nel procedimento principale, consentirebbe di constatare l’esistenza dell’altra caratteristica essenziale di un rapporto di lavoro, vale a dire l’obbligo del lavoratore di fornire al datore di lavoro prestazioni in cambio delle quali riceve una retribuzione (32).

54.      Basandosi su tale rigorosa reciprocità degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, ci si potrebbe accontentare di considerare che, tramite la menzionata lettera di patronage che fa parte integrante del contratto di lavoro, il terzo di cui trattasi si ritrova nella situazione di un datore di lavoro di fatto. In altre parole, laddove garantisce la retribuzione del lavoratore, tale terzo agisce come colui per conto del quale la prestazione è eseguita.

55.      Tuttavia, tenuto conto della sua portata, tale soluzione derivante unicamente dal vincolo formale che esiste fra gli impegni delle parti nell’ambito del rapporto di lavoro non è pienamente soddisfacente. A mio avviso occorre tenere conto anche del contesto nel quale tali impegni sono stati assunti.

56.      Di conseguenza, propongo alla Corte di rilevare che la lettera di patronage conclusa con il soggetto terzo al contratto di lavoro, nell’ambito di un’interdipendenza economica fra questi e il datore di lavoro (33), traduce l’interesse di tale terzo all’esecuzione di tale contratto. Un siffatto criterio è già stato adottato dalla Corte nella sentenza del 10 aprile 2003, Pugliese (34).

57.      Come nel caso di specie, nella causa sfociata in tale sentenza, il rapporto di lavoro era evoluto all’interno di un gruppo di società e vi era una coesistenza di impegni. La controversia verteva sul pagamento al lavoratore dipendente di spese di viaggio e di alloggio per le quali si era impegnato, dopo la sottoscrizione del contratto di lavoro, un primo datore di lavoro (35) sotto la cui direzione tale dipendente non lavorava più (36).

58.      Nella sentenza Pugliese, la Corte ha ritenuto che «la controversia riguarda[sse] un contratto individuale di lavoro» (37). Essa ha dichiarato, dopo aver precisato che fosse necessario appurare in quale misura esistesse un collegamento fra i due contratti di lavoro di cui trattasi (38), che un lavoratore legato a due datori di lavoro diversi può citare il primo datore di lavoro dinanzi al tribunale del luogo in cui egli esercita la propria attività per il secondo datore di lavoro se il primo datore di lavoro ha esso stesso, «al momento della conclusione del secondo contratto, un interesse all’esecuzione della prestazione che il lavoratore fornirà al secondo datore di lavoro in un luogo stabilito da quest’ultimo» (39).

59.      La Corte ha introdotto tale criterio, che determina la scelta di un nesso stretto fra la controversia ed il giudice chiamato a conoscerla (40), al fine di rispondere all’obiettivo di un’adeguata tutela del lavoratore. La Corte ha inoltre affermato che un siffatto criterio è soddisfacente rispetto alle esigenze di certezza del diritto, di prevedibilità e di buona amministrazione della giustizia (41).

60.      Tale criterio dell’interesse all’esecuzione della prestazione che il lavoratore fornirà, manifestato dalla parte che si è impegnata nei confronti di quest’ultimo, mi pare possa applicarsi in maniera ampia (42), senza limitazione ai casi nei quali sono stati conclusi diversi contratti di lavoro. Ritengo che la sua applicazione possa essere estesa ad una situazione in cui, come nel caso di specie, la lettera di patronage fa parte integrante del contratto di lavoro (43). Una siffatta interpretazione mi pare soddisfacente alla luce dei principi che erano stati enunciati nella sentenza Pugliese e che sono stati riaffermati nel regolamento n. 1215/2012 (44).

61.      Tuttavia, poiché ogni impresa appartenente ad un gruppo ha un certo interesse generale ed indiretto alla buona esecuzione delle prestazioni di tutti i lavoratori del medesimo gruppo, propongo di stabilire un limite a tale criterio di «interesse all’esecuzione della prestazione che il lavoratore fornirà» che possa servire alla definizione della nozione di «datore di lavoro». A mio parere, tale interesse della persona terza dovrebbe essere diretto.

62.      Nel caso di specie, osservo che la ROI Land Investments, come si legge nella decisione di rinvio, aveva «un interesse diretto all’esecuzione delle obbligazioni del ricorrente nei confronti della società R Swiss».

63.      Pertanto, come nella sentenza Pugliese, la Corte potrebbe definire taluni criteri generali di valutazione di tale interesse.

64.      In tale decisione, la Corte ha precisato che «l’esistenza [dell’]interesse [all’esecuzione della prestazione che il lavoratore fornirà] non deve essere verificata in senso stretto, sulla base di criteri formali ed esclusivi, ma deve essere valutata globalmente, prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso di specie» (45). La Corte ha elencato, in maniera non esaustiva, diversi elementi di valutazione (46) che ritengo possano essere trasposti per quanto riguarda l’interesse di un terzo verso il rapporto con il datore di lavoro contrattuale. Tali elementi principali sono quelli che seguono:

–        il fatto che esista un rapporto organico o economico fra le due società contraenti con il lavoratore (47);

–        il fatto che la conclusione di un nuovo contratto di lavoro sia stata prevista all’atto dell’annullamento o della fine del contratto concluso in precedenza con la persona terza (48);

–        il fatto che un contratto anteriore sia stato annullato in considerazione della conclusione del nuovo contratto (49);

–        il fatto che esista un accordo fra il datore di lavoro contrattuale e la persona terza che prevede un ambito per la coesistenza dei contratti conclusi con il lavoratore;

–        il fatto che la persona terza conservi indirettamente un potere di direzione sul lavoratore (50),

–        il fatto che la persona terza possa decidere circa la durata dell’attività del lavoratore presso il datore di lavoro contrattuale.

65.      Altri elementi, derivanti dalle constatazioni del giudice del rinvio, mi sembrano altresì pertinenti:

–        il fatto che la persona terza sia responsabile, sul piano contrattuale, dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro contrattuale, e in particolare su domanda del lavoratore, senza alcuna limitazione (51);

–        il fatto che la natura delle funzioni del lavoratore, che quest’ultimo aveva esercitato nell’ambito di un contratto anteriore sotto la direzione della persona terza, resti immutata in seguito alla conclusione del nuovo contratto (52),

–        il fatto che, nonostante l’annullamento del precedente contratto, detto lavoratore sia tenuto ad esercitare le proprie attività per la detta persona terza (53).

66.      Con riferimento a tutti questi criteri, aggiungo che, a mio parere, non vi è alcuna ragione per considerarli circoscritti alle persone giuridiche. Anche le persone fisiche possono essere datori di lavoro contrattuali o datori di lavoro interessati nell’ambito di un gruppo o di una rete di imprese individuali.

67.      Di conseguenza, spetterà al giudice del rinvio valutare, alla luce di tali criteri o di altri più rilevanti, se le circostanze di cui al procedimento principale consentono di constatare l’esistenza di un interesse diretto del terzo alla buona esecuzione della prestazione del lavoratore nell’ambito di un contratto di lavoro concluso con un’altra persona dello stesso gruppo dal quale si potrà evincere che tale terzo può essere qualificato come datore di lavoro ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012.

68.      Propongo quindi alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale del giudice del rinvio nel senso che può essere considerato come «datore di lavoro», ai sensi dell’articolo 21, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1215/2012, una persona fisica o giuridica, domiciliata o meno nel territorio di uno Stato membro, con la quale il lavoratore non ha concluso il proprio contratto di lavoro, bensì un accordo che fa parte integrante di tale contratto, in virtù del quale tale persona è responsabile dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro nei confronti di tale lavoratore, laddove essa abbia un interesse diretto alla buona esecuzione del contratto di cui trattasi.

B.      Sull’esclusività di talune norme in materia di competenza laddove il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro

69.      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, qualora la Corte dovesse ritenere che la controversia non rientra nell’ambito di applicazione del capo II, sezione 5, del regolamento n. 1215/2012, se l’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento debba essere interpretato nel senso che la riserva relativa all’articolo 21, paragrafo 2, di detto regolamento esclude l’applicazione di norme in materia di competenza contemplate dal diritto nazionale.

70.      Rilevo, al riguardo, che tale giudice non ha espresso lo stesso interrogativo con riferimento all’applicazione delle norme sulla competenza di cui al capo II, sezione 4, dello stesso regolamento, che costituiscono l’oggetto della terza e della quarta questione pregiudiziale, sebbene la problematica sia identica.

71.      Nel caso in cui la risposta della Corte alla prima questione pregiudiziale fosse negativa, perché un terzo rispetto al contratto di lavoro, come nella controversia oggetto del procedimento principale, non può essere considerato come un datore di lavoro, la controversia non rientrerebbe quindi nell’ambito di applicazione del capo II, sezione 5, del regolamento n. 1215/2012. Di conseguenza, le norme nazionali sulla competenza dovrebbero trovare applicazione per le ragioni qui di seguito esposte.

72.      In primo luogo, tali norme sulla competenza sono, di regola, applicabili nei confronti dei convenuti che non sono domiciliati in uno Stato membro, in conformità con il tenore dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, letto alla luce del suo considerando 14.

73.      In secondo luogo, non sarebbe concepibile che talune norme dell’Unione in materia di competenza possano produrre, al di fuori del loro ambito di applicazione, un effetto di blocco su determinate disposizioni nazionali. Inoltre, qualsiasi altra analisi avrebbe come effetto di rendere inapplicabili in ogni caso le norme nazionali sulla competenza.

74.      Pertanto, si può rispondere alla seconda questione del giudice del rinvio dichiarando che, laddove l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1215/2012 non sia applicabile, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento deve essere interpretato nel senso che le norme di diritto nazionale sulla competenza sono applicabili.

75.      Tuttavia, propongo alla Corte di soffermarsi sull’interpretazione a contrario che potrebbe derivare da una siffatta risposta formulata in termini generali. Tale attenzione mi sembra giustificata dal riferimento fatto dal giudice del rinvio a taluni commenti della dottrina tedesca dalla quale risulta un interrogativo relativo al rapporto tra le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e quelle delle sezioni consacrate alle controversie in materia di contratti conclusi da consumatori e contratti di lavoro (54).

76.      Infatti, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento prevede che, se il convenuto non è domiciliato in uno Stato membro, la legge nazionale disciplina la competenza del giudice adito «salva l’applicazione» dell’articolo 18, paragrafo 1, e dell’articolo 21, paragrafo 2, di detto regolamento. Orbene, tali articoli figurano in ognuna delle sezioni interessate, rispettivamente dopo l’articolo 17, paragrafo 1, e l’articolo 20, paragrafo 1, del medesimo regolamento, secondo i quali «la competenza è disciplinata dalla presente sezione, fatti salvi l’articolo 6 (...)» del regolamento n. 1215/2012 (55).

77.      Nella convenzione di Bruxelles del 1968 e nel regolamento n. 44/2001, veniva utilizzata la stessa terminologia: «salva» all’articolo 4 per tali due strumenti, «salve» all’articolo 13 di tale convenzione e all’articolo 15 di tale regolamento e «salvi» all’articolo 18 di quest’ultimo. Le norme esclusive sulla competenza e poi, all’interno di detto regolamento, quelle relative alla proroga di competenza dovevano condurre ad escludere l’applicazione della legge nazionale (56).

78.      Si pone dunque la questione se, nel regolamento n. 1215/2012, l’aggiunta di norme sulla competenza a tutela di una parte debole debba avere la stessa portata. Sono possibili diversi approcci.

79.      Dal testo dell’articolo 5 di tale regolamento, secondo il quale i convenuti domiciliati negli Stati membri possono essere convenuti davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro solo ai sensi delle norme di cui alle sezioni da 2 a 7 del capo II di detto regolamento, che è diverso da quello dell’articolo 6, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile ai convenuti domiciliati nel territorio di paesi terzi, si può dedurre che le norme nazionali in materia di competenza possono continuare ad essere applicate a integrazione di quelle previste dal regolamento n. 1215/2012 (57).

80.      Si potrebbe dunque anche trarre argomento dal fatto che l’articolo 21, paragrafo 2, di tale regolamento dispone che il datore di lavoro «può essere convenuto davanti a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro ai sensi del paragrafo 1, lettera b)» (58). Il lavoratore disporrebbe quindi della facoltà di scelta fra la competenza fondata su detto regolamento e quella derivante dal diritto nazionale (59).

81.      Tuttavia, alla luce della seconda frase del considerando 14 del regolamento n. 1215/2012, che riguarda le norme sulla competenza da privilegiare tenuto conto degli obiettivi perseguiti da tale regolamento (60), si potrebbe altresì sostenere che le norme di cui al capo II, sezioni 4 e 5, di detto regolamento escludano, senza distinzione, l’applicazione di normative nazionali, anche se per l’attore queste potrebbero essere più vantaggiose (61).

82.      Sono propenso a condividere tale analisi che si basa sulla coerenza del regolamento n. 1215/2012, la sua conformità con le disposizioni anteriori e le finalità di queste ultime, consentendo così di fugare ogni dubbio derivante dalle disparità delle versioni linguistiche.

83.      Ricordo, in primo luogo, che all’articolo 6 del regolamento n. 1215/2012, ai sensi delle disposizioni generali relative al caso in cui il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro, l’esclusione del diritto nazionale, precedentemente prevista per le norme esclusive sulla competenza (62), è stata estesa specificatamente a favore dei consumatori e dei lavoratori, pur mantenendo il principio dell’applicazione delle norme nazionali sulla competenza (63). Si tratta quindi, a mio parere, di eccezioni rispetto a tale principio.

84.      In secondo luogo, rilevo che nelle sezioni del regolamento n. 1215/2012 che riguardano i consumatori e i lavoratori, qualificati come «parte più debole» (64), la riserva (65) rispetto all’applicazione di talune disposizioni generali è stata mantenuta, fra cui l’articolo 6 di tale regolamento. Dal combinato disposto di tali testi deduco che l’articolo 6 di detto regolamento riguarda la fattispecie generale di qualsiasi convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato terzo, e che il rinvio operato da tale disposizione all’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento medesimo definisce le norme applicabili per la fattispecie particolare del datore di lavoro convenuto dal lavoratore. Pertanto, il legislatore ha optato per l’applicazione delle norme nazionali laddove il convenuto sia un lavoratore.

85.      Di conseguenza, non si deve derogare al principio applicato dalla Corte secondo cui, quando si applicano le norme sulla competenza di cui al capo II, sezione 5, del regolamento n. 1215/2012, esse devono prevalere sulle norme nazionali sulla competenza, anche qualora quest’ultime siano più vantaggiose per il lavoratore, in quanto esse non possiedono solo un carattere di specialità, bensì parimenti di esaustività (66).

86.      In tali condizioni, ritengo che l’obiettivo dei regolamenti applicabili in materia di cooperazione civile consistente nell’unificare le norme sui conflitti di competenza sia raggiunto e che il requisito di prevedibilità rispetto alle norme sulla competenza nonché di limitazione dei fori competenti in condizioni di tutela delle parti deboli di cui trattasi sia rispettato, in quanto, per ipotesi, tali norme sulla competenza sono loro applicabili (67).

87.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che l’applicazione delle norme di diritto nazionale in materia di competenza è esclusa qualora siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale regolamento.

C.      Sulla competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori

88.      Con le sue questioni pregiudiziali terza e quarta, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità per il lavoratore che si trova in una situazione come quella del caso in esame di beneficiare di disposizioni a tutela dei consumatori al fine di fondare la propria competenza.

89.      La terza questione riguarda le disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012. La quarta questione riguarda quelle dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I. Esse hanno come oggetto comune i contratti conclusi da una persona fisica «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale».

90.      Secondo il giudice del rinvio (68), occorre determinare se, ai sensi di tali disposizioni, un’«attività professionale» comprenda non soltanto le attività indipendenti, bensì anche un’attività subordinata.

91.      Poiché il campo di applicazione materiale e le disposizioni del regolamento Roma I devono essere coerenti in particolare con i regolamenti relativi alla competenza giurisdizionale (69), esaminerò congiuntamente le questioni pregiudiziali terza e quarta, considerandone anzitutto la prima parte e poi la seconda. Per quanto riguarda il regolamento n. 1215/2012, il giudice del rinvio ha presentato la propria terza questione pregiudiziale subordinatamente alla risposta negativa alla prima questione pregiudiziale. Poiché propongo alla Corte di darvi risposta in senso affermativo, l’analisi che segue è presentata in subordine.

1.      Sulla nozione di «attività professionale» ai sensi del regolamento n. 1215/2012 e del regolamento Roma I

92.      Con la prima parte delle questioni pregiudiziali terza e quarta, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I debbano essere interpretati nel senso che nella nozione di «attività professionale» rientra un’attività subordinata nell’ambito di un rapporto di lavoro.

93.      Ricordo che si tratta di una delle condizioni per l’applicazione delle norme sulla competenza a tutela dei consumatori (70). L’interpretazione della nozione di «attività professionale» risulta delicata in considerazione del fatto che non vi è concordanza fra le diverse versioni linguistiche dell’articolo 17 del regolamento n. 1215/2012 (71), né all’interno di tale regolamento né con quelle dell’articolo 6 del regolamento Roma I.

94.      Infatti, nella versione francese e in altre versioni linguistiche, il consumatore è definito all’articolo 17, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 1215/2012 come una persona che ha concluso un contratto «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale», mentre nello stesso paragrafo, lettera c), l’altra parte contraente è quella «[che svolge] attività commerciali o professionali» (72). Tuttavia, nella versione in lingua tedesca (73) e in altre versioni linguistiche (74), per le attività del consumatore e della sua controparte vengono utilizzati gli stessi termini. In altre versioni linguistiche vengono utilizzate espressioni diverse, senza corrispondenza di parole per definire il consumatore e l’attività del convenuto (75).

95.      Inoltre, i termini utilizzati all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I per definire il consumatore e il professionista non corrispondono sempre a quelli utilizzati all’articolo 17 del regolamento n. 1215/2012. Così, per esempio, nella versione in lingua francese il «professionista» è definito con riferimento ad un’«attività professionale», e non ad un’«attività commerciale e professionale», come all’articolo 17, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento.

96.      In siffatte condizioni, ritengo che l’interpretazione delle disposizioni di cui trattasi debba fondarsi sulla definizione della nozione di «consumatore» (76). La Corte ha recentemente ricordato, con riferimento al regolamento n. 1215/2012, che «solo i contratti stipulati al di fuori e indipendentemente da qualsiasi attività o finalità di natura professionale, con l’unico scopo di soddisfare le proprie necessità di consumo privato da parte di un individuo (77), rientrano nel particolare regime previsto da tale regolamento in materia di protezione del consumatore in quanto parte ritenuta debole» (78).

97.      Pertanto, di tutta evidenza, nella sua giurisprudenza costante, basata sull’evoluzione storica delle disposizioni a tutela del consumatore che figuravano, in origine, nella convenzione di Bruxelles del 1968 (79), la Corte non ha effettuato alcuna distinzione a seconda che l’attività fosse o meno indipendente.

98.      FD sostiene che il giudice tedesco sarebbe competente tenuto conto del fatto che la lettera di patronage, che fonda la sua azione, è stata stipulata per un uso che può essere considerato estraneo alla sua attività professionale. Al fine di considerare che le attività subordinate sono incluse nella nozione di «consumatore», egli fa valere che i lavoratori dipendenti utilizzano la propria retribuzione per «sopperire ai propri fabbisogni».

99.      Orbene, seguendo siffatto ragionamento, sarebbe anche necessario includere gli altri professionisti, non dipendenti, quali gli artigiani, gli industriali, gli agricoltori o i lavoratori autonomi nel settore del commercio, i quali beneficiano, per i propri fabbisogni quotidiani, dei loro profitti proprio come i lavoratori beneficiano dei propri salari. Inoltre, se è vero che il consumatore utilizza, o consuma, beni o servizi, e utilizza a tal fine il proprio salario, quest’ultimo non può però essere considerato un oggetto di consumo ai sensi del capo II, sezione 4, del regolamento n. 1215/2012.

100. Inoltre, si potrebbe accogliere un argomento sistematico. Il legislatore dell’Unione ha infatti previsto fori diversi per i consumatori e per i lavoratori. Un’interpretazione estensiva del campo di applicazione delle norme sulla competenza a favore dei consumatori in una siffatta situazione (80) condurrebbe ad eludere la scelta del legislatore di definire norme specifiche relative ai lavoratori che non consentono loro di adire il giudice del loro domicilio, come può invece avvenire per i consumatori, al fine di favorire la prossimità del giudice adito con il loro luogo di lavoro.

101. Aggiungo, in ultimo luogo, al pari della Commissione, che una siffatta interpretazione non può essere giustificata dall’assenza di una disposizione applicabile a una situazione che non è stata prevista nel regolamento n. 1215/2012 (81).

102. Di conseguenza, propongo alla Corte di rispondere alla prima parte delle questioni pregiudiziali terza e quarta del giudice del rinvio dichiarando che nella nozione di «attività professionale», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I, rientra un’attività subordinata nell’ambito di un rapporto di lavoro.

2.      Sulla qualifica di un accordo che garantisce al lavoratore lesecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro

103. Con la seconda parte delle questioni pregiudiziali terza e quarta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I debbano essere interpretati nel senso che nella nozione di «attività professionale» rientra una lettera di patronage in forza della quale un terzo è direttamente responsabile nei confronti di un lavoratore dell’esecuzione delle obbligazioni che derivano da un contratto individuale di lavoro concluso con il suo datore di lavoro.

104. Tale questione è sottoposta solo nell’ipotesi in cui la nozione di «attività professionale» non includa quella di un dipendente, circostanza che potrebbe fondare la competenza internazionale del giudice del rinvio.

105. Poiché ho già escluso una siffatta soluzione, propongo quindi alla Corte, in subordine, di rispondere al giudice del rinvio che un impegno, benché unilaterale (82), concluso con un lavoratore, il cui obiettivo è far rispettare le obbligazioni del suo datore di lavoro, e non invece soddisfare necessità personali, è direttamente collegato al contratto di lavoro. Pertanto, esso non è stato stipulato «al di fuori e indipendentemente da qualsiasi attività o finalità di natura professionale» (83).

106. Nella specie, poiché le circostanze in cui la lettera di patronage è stata stipulata nonché il suo contenuto devono condurre a considerare che essa fa parte integrante del contratto di lavoro (84), sarebbe opportuno dedurne che essa è dipendente dall’attività professionale di FD. Al riguardo, la decisione della Corte relativa all’esclusione dei contratti di lavoro dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13/CEE (85) può essere trasposta (86).

107. Di conseguenza, propongo alla Corte, in subordine, di rispondere alla seconda parte delle questioni pregiudiziali terza e quarta del giudice del rinvio dichiarando che una lettera di patronage che fa parte integrante di un contratto di lavoro in forza del quale una persona è responsabile dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, rientra nella nozione di «attività professionale», ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I.

V.      Conclusione

108. Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) nei seguenti termini:

In via principale:

1)      L’articolo 21, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale deve essere interpretato nel senso che una persona fisica o giuridica, domiciliata o meno nel territorio di uno Stato membro, con la quale il lavoratore non ha concluso il proprio contratto di lavoro, bensì un accordo che fa parte integrante di tale contratto, in virtù del quale tale persona è responsabile dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro nei confronti di detto lavoratore, può essere considerata come «datore di lavoro», laddove essa abbia un interesse diretto alla buona esecuzione di detto contratto. La sussistenza di un siffatto interesse diretto deve essere valutata dal giudice del rinvio in modo globale, prendendo in considerazione tutte le circostanze del caso di specie.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 deve essere interpretato nel senso che l’applicazione delle norme di diritto nazionale in materia di competenza è esclusa qualora siano soddisfatte le condizioni per applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, di tale regolamento.

In subordine, qualora la Corte dovesse considerare che la controversia non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1215/2012:

3)      L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) devono essere interpretati nel senso che nella nozione di «attività professionale» rientra un’attività subordinata nell’ambito di un rapporto di lavoro.

4)      L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 593/2008 devono essere interpretati nel senso che una lettera di patronage, che fa parte integrante di un contratto di lavoro in forza del quale una persona è responsabile dell’esecuzione delle obbligazioni del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, rientra nella nozione di «attività professionale».


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2012, L 351, pag. 1.


3      GU 2008, L 177, pag. 6. In prosieguo: il «regolamento Roma I».


4      Secondo la formulazione della decisione di rinvio, in base alle constatazioni del Landesarbeitsgericht (Tribunale superiore del lavoro del Land, Germania), non contestate dalla ROI Land Investments, «la relazione di servizio» è stata «spostata» verso la R Swiss, unicamente per motivi di «ottimizzazione fiscale», senza che l’attività di FD, consistente nella ricerca di investitori per i suoi progetti immobiliari sul mercato europeo, Germania inclusa, subisse alcun cambiamento.


5      Secondo le constatazioni del giudice del rinvio, si tratta della ROI Land Investments.


6      Non viene precisato se FD soddisfi le condizioni per beneficiare del sistema di garanzia istituito in Germania in virtù della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU 2008, L 283, pag. 36).


7      Regolamento del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1)


8      V., in particolare, sentenza del 16 novembre 2016, Schmidt (C‑417/15, EU:C:2016:881, punto 26 e giurisprudenza citata) e, in materia di contratto concluso da un consumatore, sentenza del 3 ottobre 2019, Petruchová (C‑208/18, EU:C:2019:825, punto 38). Tale principio è ricordato al considerando 34 del regolamento n. 1215/2012 per i regolamenti che sostituiscono la convenzione di Bruxelles, del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla convenzione del 9 ottobre 1978 (GU 1978, L 304, pag. 1), dalla convenzione del 25 ottobre 1982 (GU 1982, L 388, pag. 1) e dalla convenzione del 26 maggio 1989 (GU 1989, L 285, pag. 1), in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles del 1968».


9      V., per un richiamo dettagliato della storia giurisprudenziale e della genesi legislativa di tali disposizioni, Gaudemet-Tallon, H., e Ancel, M.-É., Compétence et exécution des jugements en Europe Règlements 44/2001 et 1215/2012, Conventions de Bruxelles (1968) et de Lugano (1998 et 2007), L.G.D.J., Parigi, 2018 (6a ed.), pagg. 457 e segg., nonché Grušić, U., The European Private International Law of Employment, Cambridge University Press, Cambridge, 2015, pagg. da 58 a 62.


10      V. la concordanza fra l’articolo 5, paragrafo 1, della convenzione di Bruxelles del 1968, l’articolo 19 del regolamento n. 44/2001 e l’articolo 21 del regolamento n. 1215/2012. Una tabella panoramica di tali disposizioni è consultabile sul seguente sito Internet: http://www.lynxlex.com/sites/default/files/files/Tableau%20panoramique%20de%20Bruxelles%20%C3%A0%20Lugano.pdf.


11      Pertanto, un lavoratore può, in virtù delle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, portare in uno Stato membro il proprio datore di lavoro dinanzi al giudice del luogo di svolgimento abituale del proprio lavoro o, a determinate condizioni, del luogo in cui vi è la sede d’attività presso la quale è stato assunto.


12      Tale convenzione è stata approvata in nome della Comunità europea dalla decisione 2009/430/CE del Consiglio, del 27 novembre 2008 (GU 2009, L 147, pag. 1), detta «convenzione di Lugano II».


13      V., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2021, Commerzbank (C‑296/20, EU:C:2021:784, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


14      V. sentenze del 14 settembre 2017, Nogueira e a. (C‑168/16 e C‑169/16, EU:C:2017:688, punto 55), e dell’8 maggio 2019, Kerr (C‑25/18, EU:C:2019:376, punto 36).


15      V. sentenza del 22 aprile 2021, Austrian Airlines (C‑826/19, EU:C:2021:318, punto 22).


16      V., segnatamente, sentenza del 10 dicembre 2020, Personal Exchange International (C‑774/19, in prosieguo: la «sentenza Personal Exchange International», EU:C:2020:1015, punto 27).


17      V., più in particolare, riguardo ai contratti conclusi da consumatori, sentenza del 19 gennaio 1993, Shearson Lehman Hutton (C‑89/91, EU:C:1993:15, punto 16 e giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza Personal Exchange International (punto 24). Con riferimento ai contratti di lavoro, v. sentenza del 22 maggio 2008, Glaxosmithkline e Laboratoires Glaxosmithkline (C‑462/06, EU:C:2008:299, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


18      V., a titolo esemplificativo, sentenza del 21 gennaio 2016, SOVAG (C‑521/14, EU:C:2016:41, punto 37).


19      V., inoltre, per un richiamo recente ai diversi criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte in materia di sicurezza sociale, rapporti di lavoro e diritto internazionale privato, conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa AFMB e a. (C‑610/18, EU:C:2019:1010, paragrafi da 41 a 55).


20      V., al riguardo, sentenza del 25 febbraio 2021, Markt24 (C‑804/19, EU:C:2021:134, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


21      In assenza di un vincolo di subordinazione, i rapporti fra le parti possono essere qualificati come prestazioni di servizi che rientrano nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 1215/2012. V., in questo senso, sentenza del 10 settembre 2015, Holterman Ferho Exploitatie e a. (C‑47/14, in prosieguo la «sentenza Holterman Ferho Exploitatie e a.», EU:C:2015:574, punti 51 e 58). Tuttavia, tale disposizione è applicabile soltanto al convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato membro.


22      V., in particolare, sentenze dell’11 aprile 2019, Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:310, punto 25 e giurisprudenza citata), nonché del 25 febbraio 2021, Markt24 (C‑804/19, EU:C:2021:134, punto 25 e giurisprudenza citata).


23      V. sentenza dell’11 aprile 2019, Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:310, punti 26 e 27, nonché giurisprudenza ivi citata). V. inoltre, per analogia, sentenza del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd (C‑384/10, in prosieguo: la «sentenza Voogsgeerd», EU:C:2011:842, punto 62).


24      V. sentenza Holterman Ferho Exploitatie e a. (punto 41). V., inoltre, per un rinvio alla nozione di «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE, conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Voogsgeerd (C‑384/10, EU:C:2011:564, paragrafo 88) e sentenza Holterman Ferho Exploitatie e a. (punto 41).


25      V., a titolo comparativo, sentenza Voogsgeerd (punto 65), nella quale la Corte, per la Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU 1980, L 266, pag. 1), ha ritenuto che «la sede di un’impresa diversa da quella che risulta formalmente come datore di lavoro, alla quale essa è collegata, può essere qualificata come “sede” se elementi oggettivi consentono di stabilire l’esistenza di una situazione concreta che divergerebbe da quella che emerge dai termini del contratto, anche qualora il potere di direzione non sia stato formalmente trasferito a quest’altra impresa».


26      V. sentenza Holterman Ferho Exploitatie e a. (punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., con riferimento alla ricerca di un nesso durevole che inserisse il dipendente nell’ambito di una determinata organizzazione dell’attività di detta società, sentenza Holterman Ferho Exploitatie e a. (punto 45). V., inoltre, a titolo di esempio, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:65, paragrafi 104 e 105).


28      V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Pugliese (C‑437/00, EU:C:2002:511, paragrafo 38). V., inoltre, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:65, paragrafo 109).


29      V. paragrafi 16 e 24, nonché nota 4 delle presenti conclusioni.


30      V. paragrafi 14 e 15 delle presenti conclusioni.


31      In questo senso, la coerenza con il regolamento Roma I, il cui articolo 8 designa la legge applicabile al contratto di lavoro, è garantita. V., per analogia, in relazione alle condizioni di applicazione dei criteri definiti dal legislatore, sentenza Voogsgeerd (punti da 44 a 51).


32      V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.


33      V. paragrafi 50 e 52 delle presenti conclusioni.


34      C‑437/00, in prosieguo: la «sentenza Pugliese», EU:C:2003:219.


35      V. sentenza Pugliese (punti 6 e 10).


36      Il lavoratore aveva concluso successivamente due contratti di lavoro con due datori di lavoro. Il primo datore di lavoro era pienamente a conoscenza della conclusione del secondo contratto e aveva acconsentito alla sospensione del primo contratto (punto 13 di tale sentenza), a causa del trasferimento di tale lavoratore presso un’altra società nella quale tale datore di lavoro deteneva una partecipazione pari a circa il 21% (punto 5 di tale sentenza).


37      Sentenza Pugliese (punto 15). Nelle conclusioni nella causa Pugliese (C‑437/00, EU:C:2002:511), al paragrafo 44, l’avvocato generale Jacobs aveva esaminato la questione seguente: «La controversia si riferisce a “una materia concernente un contratto individuale di lavoro”?». Ai paragrafi 45 e segg., egli ha ritenuto che il vincolo esistente tra il lavoratore e il convenuto non dovesse essere considerato come qualcosa di diverso rispetto ad un contratto di lavoro, ai sensi dell’articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles del 1968, nonostante la sospensione dell’obbligo di lavorare per quest’ultimo e il fatto che la controversia vertesse sull’esecuzione di un accordo diverso dal contratto di lavoro iniziale. Egli ha considerato che gli accordi di cui trattasi costituissero «un insieme che aveva e non ha mai perduto la natura di un contratto di lavoro», rilevando che gli effetti di tale contratto che sono stati mantenuti, quali il pagamento dei contributi assicurativi e il riconoscimento dell’anzianità, costituissero obbligazioni caratteristiche del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.


38      V. sentenza Pugliese (punto 21).


39      Punto 23 di tale sentenza. Il corsivo è mio.


40      V. sentenza Pugliese (punti 17 e 18). V., in senso analogo, sentenza del 21 giugno 2018, Petronas Lubricants Italy (C‑1/17, EU:C:2018:478, punti 23 e 24, nonché giurisprudenza ivi citata).


41      V. sentenza Pugliese (punto 16).


42      V., in senso analogo, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Bosworth e Hurley (C‑603/17, EU:C:2019:65, paragrafo 109).


43      V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


44      V. considerando 15, 16, 18 e 21 di tale regolamento. V., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2018, Feniks (C‑337/17, EU:C:2018:805, punti 34 e 36).


45      Sentenza Pugliese (punto 24).


46      Sentenza Pugliese (punto 24).


47      V., nella specie, paragrafi 14 e 15 delle presenti conclusioni.


48      V., nella specie, paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


49      V., al riguardo, paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


50      Circostanza che, secondo le constatazioni del giudice del rinvio, non sussisterebbe nella specie. V. paragrafo 47 delle presenti conclusioni, da combinare con il paragrafo 49 delle stesse.


51      V., al riguardo, paragrafi 16 e 24 delle presenti conclusioni.


52      V., al riguardo, paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


53      V. le considerazioni richiamate alla nota 4 delle presenti conclusioni.


54      V., in tal senso, Gaudemet-Tallon, H., e Ancel, M.-É., Compétence et exécution des jugements en Europe Règlements 44/2001 et 1215/2012, Conventions de Bruxelles (1968) et de Lugano (1998 et 2007), L.G.D.J., Parigi, 2018, (6a ed.), pag. 464, nonché nota 167.


55      Il corsivo è mio. V., inoltre, la stessa differenza di testo nelle versioni in lingua tedesca, inglese e polacca.


56      Osservo, tuttavia, che nel regolamento n. 44/2001, nonché nel regolamento n. 1215/2012, in tali articoli figurano gli stessi termini nelle loro versioni in lingua spagnola («sin perjuicio»), danese («jf. dog»), italiana («salva/fatto salvo»), olandese («onverminderd»), portoghese («sem prejuízo») e svedese («om inte annat»).


57      V., in tal senso, Garcimartín Álferez, F.J., e Sánchez Fernández, S., «El nuevo Reglamento Bruselas I: qué ha cambiado en el ámbito de la competencia judicial», Revista española de derecho europeo, Marcial Pons Ediciones Jurídicas y Sociales, Madrid, n. 48, 2013, pagg. da 3 a 6, nonché Pohl, M., «Die Neufassung der EuGVVO - im Spannungsfeld zwischen Vertrauen und Kontrolle», Praxis des Internationalen Privat- und Verfahrensrechts (IPRax), Verlag Ernst und Werner Gieseking GmbH, Colonia, vol. 2, 2013, pagg. da 109 a 111.


58      Il corsivo è mio.


59      V. Nord, N., «Refonte du règlement “Bruxelles I” et protection du travailleur», La Semaine Juridique Social, LexisNexis, Parigi, n. 52, 2014, pag. 3, punto 19.


60      «(...) Al fine di provvedere alla protezione dei consumatori e dei lavoratori dipendenti nonché di salvaguardare la competenza giurisdizionale delle autorità giurisdizionali degli Stati membri in circostanze in cui esse hanno competenza esclusiva e di rispettare l’autonomia delle parti, dovrebbe essere possibile applicare talune norme riguardanti la competenza giurisdizionale nel presente regolamento indipendentemente dal domicilio del convenuto».


61      V., al riguardo, Nord, N., «Refonte du règlement “Bruxelles I” et protection du travailleur», La Semaine Juridique Social, LexisNexis, Parigi, n. 52, 2014, pagg. 3 e 4, punto 20. Con riferimento alle norme in materia di contratto di lavoro, V. Cuniberti, G., «La réforme du Règlement Bruxelles I», Droit et procédures EJT, Dalloz, Parigi, n. 2, 2013, punto 37.


62      V., in tal senso, il rapporto di M.P. Jenard sulla Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1979, C 59, pag. 1), in particolare pag. 21.


63      V., riguardo alla genesi di tale disposizione, in particolare Gaudemet-Tallon, H., e Ancel, M.-É., Compétence et exécution des jugements en Europe - Règlements 44/2001 et 1215/2012, Conventions de Bruxelles (1968) et de Lugano (1998 et 2007), L.G.D.J., Parigi, 2018 (6a ed.), pag. 137.


64      Considerando 18 di tale regolamento.


65      Il termine «réserve» di cui alla versione francese è stato tratto dal rapporto di M.P. Jenard, op. cit., pag. 33.


66      V., in tal senso, sentenze del 22 maggio 2008, Glaxosmithkline e Laboratoires Glaxosmithkline (C‑462/06, EU:C:2008:299, punto 18), e del 25 febbraio 2021, Markt24 (C‑804/19, EU:C:2021:134, punti 33 e 34, nonché giurisprudenza ivi citata).


67      V., nello stesso senso, «Refonte du règlement “Bruxelles I” et protection du travailleur», La Semaine Juridique Social, LexisNexis, Parigi, n. 52, 2014, pagg. 3 e 4, punto 20, nonché Cuniberti, G., «La réforme du Règlement Bruxelles I», Droit et procédures - EJT, Dalloz, Parigi, n. 2, 2013, punto 37. V., inoltre, Temming, F., e Glatz, P., «Vorlagen an den EuGH, Arbeitsrecht, Haftung aus Arbeitsvertrag/Rechtsnachfolger», Zeitschrift für europäisches Sozial- und Arbeitsrecht (ZESAR), Erich Schmidt Verlag, Berlino, n. 5/6, 2021, pag. 230, in particolare pag. 232.


68      V. paragrafo 26 e nota 74 delle presenti conclusioni.


69      V. paragrafo 35 delle presenti conclusioni.


70      V. sentenza del 26 marzo 2020, Primera Air Scandinavia (C‑215/18, EU:C:2020:235, punto 56 e giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza Personal Exchange International (punto 27).


71      L’articolo 15 del precedente regolamento n. 44/2001 era redatto in termini identici. V., al riguardo, nella causa sfociata nella sentenza Personal Exchange International, i dubbi espressi dal giudice del rinvio, sulla base della versione in lingua slovena (punto 21 di tale sentenza).


72      Il corsivo è mio. La stessa dicotomia si trova nelle versioni in lingua spagnola e italiana.


73      L’espressione «berufliche oder gewerbliche Tätigkeit» figura all’interno di tali due paragrafi. Secondo le precisazioni del giudice del rinvio, la difficoltà d’interpretazione legata a tale espressione risulta dall’aggiunta del termine «gewerblich» al termine «beruflich», che ha un senso molto ampio. Se ne potrebbe dedurre che sono prese in considerazione solo le attività indipendenti o liberali.


74      V., ad esempio, nella versione in lingua polacca («zawodową lub gospodarczą»), o in lingua portoghese («atividade comercial ou profissional»). Nella versione in lingua danese, viene utilizzato un solo termine («erhvervsmæssige virksomhed»), ma anche due volte in modo uniforme.


75      V., per esempio, in lingua inglese («trade or profession»/«commercial or professional activities»), in lingua olandese («bedrijfs of beroepsmatig»/«commerciële of beroepsactiviteiten»), o in lingua svedese («affärsverksamhet eller yrkesverksamhet»/«kommersiell verksamhet eller yrkesverksamhet»).


76      Osservo che, nelle versioni linguistiche che ho esaminato, il termine «consumatore» designa una persona che si limita ad utilizzare un bene o un servizio. Al riguardo, il consumatore si trova in una situazione inversa rispetto a quella di un lavoratore che produce beni o offre servizi per conto del suo datore di lavoro. V., in tal senso, sentenza Personal Exchange International (punto 38).


77      Il corsivo è mio.


78      Sentenza del 3 ottobre 2019, Petruchová (C‑208/18, EU:C:2019:825, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, per un richiamo, in parte in termini generali, degli stessi criteri, con riferimento agli articoli da 15 a 17 del regolamento n. 44/2001, sentenza Personal Exchange International (punti da 29 a 31 e giurisprudenza ivi citata).


79      V. rapporto del professor P. Schlosser sulla Convenzione relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocollo relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia (GU 1979, C 59, pag. 71) (in particolare pag. 118, punto 153), nonché sentenza del 14 marzo 2013, Česká spořitelna (C‑419/11, EU:C:2013:165, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


80      V., per confronto, sentenza Personal Exchange International, relativa a un contratto di gioco del poker concluso on-line da una persona che percepisce regolarmente vincite ingenti.


81      Al riguardo, il giudice del rinvio ha sottolineato che, allo stato attuale del diritto positivo, l’obiettivo della tutela della parte debole, enunciato ai considerando 14 e 18 del regolamento n. 1215/2012, resterebbe disatteso qualora dovesse ammettersi che a un dipendente all’interno di un gruppo di società possa essere opposto il proprio rapporto di lavoro al fine di escluderlo dal beneficio delle norme sulla competenza applicabili ai consumatori o, al contrario, l’assenza di un siffatto rapporto di lavoro al fine di giustificare l’inapplicabilità delle norme che, parimenti, sono enunciate da tale regolamento nell’interesse dei lavoratori.


82      V., per analogia, sentenza del 14 maggio 2009, Ilsinger (C‑180/06, EU:C:2009:303, punto 51).


83      V. paragrafo 96 delle presenti conclusioni.


84      V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


85      Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


86      V. sentenza del 21 marzo 2019, Pouvin e Dijoux (C-590/17, EU:C:2019:232, punto 32).