Language of document : ECLI:EU:C:2022:151

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

3 marzo 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e immigrazione – Norme sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale – Direttiva 2004/83/CE – Articolo 12 – Esclusione dallo status di rifugiato – Apolide di origine palestinese registrato presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) – Condizioni per essere ammessi ipso facto ai benefici della direttiva 2004/83/CE – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA»

Nella causa C‑349/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito], con decisione del 29 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 29 luglio 2020, nel procedimento

NB,

AB

contro

Secretary of State for the Home Department,

con l’intervento di:

United Nations High Commissioner for Refugees (UK),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per AB e NB, da A. Vasisht, solicitor, R. Husain, QC, E. Mitchell, G. Capel, R. Toal e T. Tridimas, barristers;

–        per il Secretary of State for the Home Department, da T. Lindsay, in qualità di agente;

–        per lo United Nations High Commissioner for Refugees (UK), da S. Mobley, solicitor, M. Demetriou, QC, e T. Johnston, barrister;

–        per il governo tedesco, da R. Kanitz e J. Möller, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Ladenburger e A. Azéma, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra NB e AB, apolidi di origine palestinese, da un lato, e il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno, Regno Unito), dall’altro, in merito al rigetto da parte di quest’ultimo della domanda di protezione internazionale presentata da NB e AB.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Convenzione di Ginevra

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata integrata e modificata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

4        L’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra così recita:

«La presente Convenzione non è applicabile alle persone che fruiscono attualmente della protezione o dell’assistenza di un’organizzazione o di un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Se tale protezione o tale assistenza cessa per un motivo qualsiasi senza che la sorte di queste persone sia stata definitivamente regolata conformemente alle risoluzioni prese in merito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, esse fruiscono di tutti i diritti derivanti dalla presente Convenzione».

 Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA)

5        La risoluzione n. 302 (IV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dell’8 dicembre 1949, relativa all’aiuto ai rifugiati della Palestina, ha istituito l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) [United Nations Relief and Works Agency (for Palestine Refugees in the Near East) (UNRWA)]. Essa ha il compito di favorire il benessere e lo sviluppo umano dei rifugiati palestinesi.

6        Conformemente ai punti VII.C e VII.E delle Istruzioni consolidate dell’UNRWA relative all’ammissibilità e alla registrazione, la zona operativa dell’UNRWA comprende cinque settori, ossia la Striscia di Gaza, la Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est), la Giordania, il Libano e la Siria.

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2004/83

7        I considerando 3, da 10 a 12, 16, 17 e 38 della direttiva 2004/83 prevedono quanto segue:

«(3)      La [C]onvenzione di Ginevra ed il relativo protocollo costituiscono la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.

(...)

(10)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito.

(11)      Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.

(12)      Nell’applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all’“interesse superiore del minore”.

(...)

(16)      Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell’applicazione della [C]onvenzione di Ginevra.

(17)      È necessario introdurre dei criteri comuni per l’attribuzione ai richiedenti asilo della qualifica di rifugiati ai sensi dell’articolo 1 della [C]onvenzione di Ginevra».

(...)

(38)      A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito [di Gran Bretagna e Irlanda del Nord] ha notificato, con lettera del 28 gennaio 2002, la propria volontà di partecipare all’adozione ed applicazione della presente direttiva».

8        L’articolo 1 di tale direttiva così dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta».

9        Ai sensi dell’articolo 2, lettere da c) a e), di detta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

c)      “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12;

d)      “status di rifugiato”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

e)      “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese».

10      L’articolo 4 della direttiva 2004/83, intitolato «Esame dei fatti e delle circostanze», è del seguente tenore:

«1.      Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

(...)

3.      L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

a)      di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e relative modalità di applicazione;

b)      della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

c)      della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

(...)».

11      L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Esclusione», al paragrafo 1, lettera a), così recita:

«Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

a)      rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1 D della [C]onvenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’Alto Commissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’[A]ssemblea generale delle Nazioni [U]nite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva».

 Direttiva 2011/95/UE

12      I considerando 1 e 50 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), prevedono quanto segue:

«(1)      È necessario apportare una serie di modifiche sostanziali alla [direttiva 2004/83]. È quindi opportuno provvedere, per ragioni di chiarezza, alla rifusione di tale direttiva.

(...)

(50)      A norma degli articoli 1, 2 e 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione».

13      L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Esclusione», al paragrafo 1, lettera a), così dispone:

«Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

a)      rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 D della [C]onvenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’Alto [C]ommissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’[A]ssemblea generale delle Nazioni Unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva».

14      Ai sensi dell’articolo 40 di detta direttiva, intitolato «Abrogazione»:

«La direttiva [2004/83] è abrogata per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva con effetto a decorrere da[l] 21 dicembre 2013, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine di recepimento nel diritto interno di cui all’allegato I, parte B.

Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva i riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II».

 Direttiva 2013/32/UE

15      Il considerando 18 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), così recita:

«È nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo».

16      L’articolo 2 di tale direttiva è del seguente tenore:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

c)      “richiedente”: il cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

(...)

f)      “autorità accertante”: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di protezione internazionale e a prendere una decisione di primo grado al riguardo;

(...)».

17      L’articolo 46 di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti [atti]:

a)      la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

i)      di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria;

(...)

(...)

3.      Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della [direttiva 2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado.

(...)».

 Diritto del Regno Unito

18      La direttiva 2004/83 è stata trasposta nell’ordinamento britannico dal Refugee or Person in Need of International Protection (Qualification) Regulations 2006 [regolamento del 2006 sui rifugiati o sulle persone bisognose di protezione internazionale (S.I. 2006/2525; in prosieguo: il «regolamento del 2006»)] e dalle Immigration Rules (the 2006 Regulations) (norme del 2006 in materia di immigrazione).

19      L’articolo 2 del regolamento del 2006 così dispone:

«Per “rifugiato” si intende ogni persona che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 A della Convenzione di Ginevra e alla quale non si applica l’articolo 7».

20      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento:

«Non è un rifugiato chi rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 D, 1 E o 1 F della Convenzione di Ginevra».

21      L’articolo 339AA delle norme del 2006 in materia di immigrazione è così formulato:

«Il presente articolo si applica quando il Secretary of State ritiene che la persona avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato a norma dell’articolo 7 del regolamento del 2006 sui rifugiati o sulle persone bisognose di protezione internazionale».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22      NB vive nel Regno Unito da ottobre 2015 con suo marito e i loro cinque figli minori, tra cui AB, gravemente disabile. Tutti i membri della famiglia, che hanno in precedenza vissuto nel campo profughi di Al Bass (Libano), sono registrati presso l’UNRWA, ad eccezione di H, il figlio più giovane, che aveva sette mesi il giorno in cui è stata adottata la decisione di rinvio.

23      Con il loro ricorso i ricorrenti nel procedimento principale chiedono, anzitutto, il riconoscimento dello status di rifugiato in base all’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra, cui rinvia l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83, sostenendo che, in quanto apolidi, avendo in precedenza beneficiato della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, essi sono ipso facto ammessi ai benefici dello status di rifugiato, in forza del secondo comma di detto articolo 1 D, dato che tale protezione o tale assistenza è cessata per un motivo che esulava dalla loro sfera di controllo e che prescindeva dalla loro volontà («clausola di inclusione»). In tale contesto i ricorrenti nel procedimento principale fanno valere di rientrare nell’ambito di applicazione di tale clausola di inclusione a causa, da un lato, dell’asserita incapacità dell’UNRWA di garantire, in modo conforme alla sua missione, assistenza ai minori con gravi disabilità e, dall’altro, della grave discriminazione che avrebbe subito AB in Libano a motivo della sua disabilità.

24      In proposito essi affermano che, nel campo di Al Bass, AB non ha avuto accesso a un’istruzione né a un’assistenza medica adeguata alle sue esigenze. A causa della sua disabilità, tanto AB quanto i suoi fratelli e le sue sorelle sarebbero stati oggetto di abusi da parte della comunità circostante, con conseguenze nefaste sulla salute mentale e la vita di tutta la famiglia. Tale situazione sarebbe stata aggravata dalle condizioni di vita particolarmente precarie nel campo, dalla discriminazione cui sarebbero esposti i palestinesi con disabilità residenti in Libano in generale, nonché dal deterioramento della situazione socio-economica in Libano negli ultimi anni.

25      In tale contesto i ricorrenti nel procedimento principale sostengono, fondandosi sulla sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826), che una grave discriminazione, come quella cui sarebbe esposto nel caso di specie AB, tenuto conto degli elementi summenzionati, può essere considerata un motivo che abbia costretto l’interessato a lasciare la zona operativa dell’UNRWA. Essi sostengono inoltre che la discriminazione derivante dal rifiuto arbitrario di garantire a persone con disabilità un accesso all’assistenza medica e all’istruzione è tale da causare un danno grave al minore che ne è vittima e potrebbe persino rientrare nella nozione di «persecuzione». Infatti, la sussistenza di una tale persecuzione dovrebbe essere valutata tenendo in debita considerazione la particolare vulnerabilità dei minori, aggravata, nel caso di specie, dal deterioramento della situazione esistente in Libano, nonché l’interesse superiore del minore, non solo per quanto riguarda AB, ma anche con riferimento ai suoi fratelli e alle sue sorelle. Alla luce di tali considerazioni, i ricorrenti nel procedimento principale ritengono di aver lasciato il Libano e, quindi, di aver cessato di beneficiare della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA per motivi obiettivi che esulavano dalla loro sfera di controllo.

26      Il Ministro dell’Interno contesta, da parte sua, il diritto dei ricorrenti nel procedimento principale di ottenere ipso facto il riconoscimento dello status di rifugiati. Pur ammettendo che AB è stato effettivamente vittima di una discriminazione fondata sulla sua disabilità, esso sostiene che tale discriminazione non raggiunge il livello necessario per poter essere considerata come una persecuzione. Inoltre, esso fa valere che AB ha beneficiato di un’assistenza sufficiente in Libano e che egli continuerà a beneficiarne al suo ritorno. Il Ministro dell’Interno fa riferimento in proposito all’esistenza di un centro di intervento precoce (Early Intervention Centre) attivo nel campo di Al Bass, sotto la responsabilità di un’organizzazione non governativa, e che, a suo avviso, offre assistenza ai minori con disabilità che vivono in detto campo. Infine, esso sostiene che i ricorrenti nel procedimento principale non avevano fornito prove circa l’eventuale impossibilità di accedere all’istruzione e all’assistenza fornite da tali organizzazioni non governative e, di conseguenza, in merito ai motivi che prescindevano dal loro controllo che avrebbero impedito loro di continuare a beneficiare dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA in Libano.

27      Il giudice del rinvio ritiene che, al fine di stabilire se i ricorrenti nel procedimento principale possano ipso facto beneficiare dello status di rifugiato in base agli elementi fattuali da essi addotti, occorra anzitutto chiarire se la cessazione della protezione o dell’assistenza fornite dall’UNRWA debba essere esaminata unicamente fondandosi sulla situazione esistente alla data della loro partenza o se si tratti di un esame che comporta, in aggiunta o in alternativa a ciò, una valutazione delle eventuali circostanze intervenute dopo tale data. Inoltre, esso si chiede su chi ricada l’onere della prova in tale contesto. Infine, esso mira ad ottenere chiarimenti per quanto riguarda gli elementi rilevanti atti a dimostrare una tale cessazione della protezione o dell’assistenza fornite dall’UNRWA.

28      In tali circostanze, il First-tier Tribunal (Immigration and Asylum Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione immigrazione e asilo), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Nel valutare se sia cessata la protezione o l’assistenza fornite dall’UNRWA, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva [2004/83], a un [P]alestinese apolide registrato presso l’UNRWA per quanto riguarda l’assistenza ai disabili:

1)      Se la valutazione consista in un mero esercizio storico, che prende in considerazione le circostanze che hanno asseritamente costretto un richiedente ad abbandonare la zona operativa dell’UNRWA al momento in cui ciò si è verificato, o consista anche in un esame ex nunc, che consideri elementi successivi per stabilire se il richiedente possa attualmente avvalersi di tale protezione o assistenza.

2)      Qualora la risposta alla prima questione sia nel senso che tale valutazione comprende anche un esame di elementi successivi, se sia legittimo invocare per analogia la clausola di cessazione di cui all’articolo 11, in modo che – laddove il richiedente possa storicamente dimostrare un motivo qualificante per cui ha abbandonato la zona operativa dell’UNRWA – l’onere della prova che tale motivo non è più valido ricade sullo Stato membro.

3)      Affinché vi siano ragioni obiettive giustificabili per l’allontanamento di tale persona in relazione alla prestazione di protezione o assistenza da parte dell’UNRW[A], se sia necessario dimostrare l’inflizione intenzionale di un danno o la privazione di assistenza (per azione o omissione) da parte dell’UNRWA o dello Stato in cui essa opera.

4)      Se sia pertinente tener conto dell’assistenza fornita a queste persone da attori della società civile come le organizzazioni non governative (ONG)».

 Procedimento dinanzi alla Corte

29      Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha receduto dall’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2019, C 384 I, pag. 1), la Corte resta competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulle domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione. Conformemente all’articolo 126 di tale accordo, il periodo di transizione termina il 31 dicembre 2020.

30      Inoltre, in applicazione dell’articolo 89, paragrafo 1, di detto accordo, per quanto riguarda tali domande, le sentenze e le ordinanze della Corte pronunciate prima della fine del periodo di transizione, nonché le sentenze e le ordinanze emesse dopo la fine di tale periodo, sono vincolanti nella loro totalità per il Regno Unito e nel Regno Unito.

31      Poiché la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 29 luglio 2020, la Corte resta competente a pronunciarsi su tale domanda e il giudice del rinvio è vincolato dalla presente sentenza.

32      Il 25 maggio 2021 la Corte ha rivolto un quesito alle parti e agli altri interessati, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, con il quale li invitava a prendere posizione sull’eventuale incidenza della sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese) (C‑507/19, EU:C:2021:3), ai fini della risposta da fornire, in particolare, alla prima questione pregiudiziale.

33      NB e AB, il Ministro dell’Interno, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e la Commissione europea hanno risposto a tale quesito. Il 25 maggio 2021 la Corte ha altresì rivolto un quesito all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in merito agli obblighi giuridici dell’UNRWA per quanto riguarda l’assistenza ai minori con disabilità e sulle misure effettivamente messe in atto, in particolare in Libano. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nonché NB e AB hanno risposto a tale quesito.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

34      Prima di rispondere alle questioni sollevate occorre in primo luogo ricordare che, in forza dell’articolo 1 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2008, C 115, pag. 295), allegato ai Trattati UE e FUE, il Regno Unito beneficia di un regime derogatorio che include tutte le misure adottate nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e ha la possibilità di non partecipare ai procedimenti legislativi in tale settore.

35      Orbene, mentre il Regno Unito, come recita il considerando 38 della direttiva 2004/83, ha partecipato all’adozione e all’applicazione di tale direttiva, esso si è invece avvalso di tale regime derogatorio per quanto riguarda la direttiva 2011/95, la quale ha abrogato la direttiva 2004/83 con effetto a decorrere dal 21 dicembre 2013.

36      Conformemente al considerando 50 della direttiva 2011/95, infatti, il Regno Unito non ha partecipato all’adozione di tale direttiva, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.

37      Inoltre, dall’articolo 40 della direttiva 2011/95 risulta che la direttiva 2004/83 è abrogata solo per gli Stati membri vincolati dalla direttiva 2011/95 con effetto a decorrere dal 21 dicembre 2013.

38      In tali circostanze, è la direttiva 2004/83 che continua ad applicarsi nei confronti del Regno Unito, nei limiti ricordati ai punti 29 e 30 della presente sentenza.

39      In secondo luogo, occorre altresì ricordare che, come risulta dai considerando 3, 16 e 17 della direttiva 2004/83, la Convenzione di Ginevra è la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati e che le disposizioni di tale direttiva relative alle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché al contenuto del medesimo status sono state adottate al fine di orientare le autorità competenti degli Stati membri nell’applicazione di detta convenzione basandosi su nozioni e criteri comuni (sentenze del 17 giugno 2010, Bolbol, C‑31/09, EU:C:2010:351, punto 37, nonché del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 42).

40      L’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2004/83 deve pertanto essere effettuata alla luce dell’impianto sistematico e della finalità della medesima, nel rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati rilevanti di cui all’articolo 78, paragrafo 1, TFUE. Tale interpretazione deve altresì essere effettuata, come risulta dal considerando 10 della stessa direttiva, nel rispetto dei diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali (sentenze del 17 giugno 2010, Bolbol, C‑31/09, EU:C:2010:351, punto 38, nonché del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 43).

41      In terzo luogo, occorre precisare che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 corrisponde, in sostanza, all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, cosicché la giurisprudenza relativa a questa seconda disposizione è rilevante ai fini dell’interpretazione della prima [v., per analogia, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 37].

42      È alla luce di tali considerazioni che si deve rispondere alle questioni sottoposte.

 Sulla prima questione

43      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 debba essere interpretato nel senso che, al fine di stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è ipso facto attribuibile lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, si debba tener conto solo delle circostanze pertinenti esistenti al momento in cui tale persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA, o anche delle circostanze esistenti al momento in cui le autorità competenti esaminano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o le autorità giudiziarie interessate si pronunciano sul ricorso contro una decisione di diniego di tale status.

44      Al fine di rispondere a tale questione occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83, un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se «rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1 D della [C]onvenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite diversi dall’Alto Commissari[ato] delle Nazioni unite per i rifugiati».

45      L’articolo 1 D, primo comma, della Convenzione di Ginevra dispone che essa non è applicabile alle persone che «fruiscono attualmente» della protezione o dell’assistenza «di un’organizzazione o di un’istituzione delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissari[ato] delle Nazioni Unite per i rifugiati».

46      L’UNRWA è un organismo delle Nazioni Unite istituito per proteggere e assistere i palestinesi in quanto «rifugiati palestinesi». Il suo mandato, che è stato prorogato fino al 30 giugno 2023, copre la sua zona operativa composta da cinque settori, ossia la Striscia di Gaza, la Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est), la Giordania, il Libano e la Siria.

47      Pertanto, qualsiasi persona, come NB e AB, che è registrata presso l’UNRWA è legittimata a beneficiare della protezione e dell’assistenza di tale organismo allo scopo di favorire il suo benessere come rifugiata (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 84).

48      Per via di tale status specifico di rifugiato istituito nei suddetti territori del Vicino Oriente per i palestinesi, le persone registrate presso l’UNRWA sono, di norma, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83, che corrisponde all’articolo 1 D, primo comma, della Convenzione di Ginevra, escluse dallo status di rifugiato nell’Unione [sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 49 e giurisprudenza citata].

49      Inoltre, dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, che corrisponde all’articolo 1 D, secondo comma, della Convenzione di Ginevra, si ricava che, qualora il richiedente protezione internazionale nell’Unione non benefici più della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, tale esclusione cessa di applicarsi [sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 50 e giurisprudenza citata].

50      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 si applica infatti qualora consti, sulla base di una valutazione individuale di tutti gli elementi pertinenti, che l’apolide di origine palestinese interessato si trova in uno stato personale di grave insicurezza e che l’UNRWA, la cui assistenza è stata richiesta dall’interessato, versa nell’impossibilità di assicurargli condizioni di vita conformi alla propria missione, cosicché tale apolide è costretto, per circostanze indipendenti dalla sua volontà, a lasciare la zona operativa dell’UNRWA. In tal caso, l’apolide in questione può, purché non rientri in uno dei motivi di esclusione contemplati all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), all’articolo 12, paragrafo 2, e all’articolo 12, paragrafo 3, della succitata direttiva, essere ammesso ipso facto ai benefici di quest’ultima senza dover necessariamente dimostrare il suo timore fondato di essere perseguitato, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della medesima direttiva [sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 51 e giurisprudenza citata].

51      A tal riguardo si deve tuttavia precisare che l’essere ipso facto ammessi ai benefici di tale direttiva ai sensi del suo articolo 12, paragrafo 1, lettera a), non implica un diritto incondizionato di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato. Infatti, benché sia vero che la persona avente diritto a essere ipso facto ammessa ai benefici della direttiva 2004/83 non deve necessariamente dimostrare che teme di essere perseguitata, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di quest’ultima, essa deve tuttavia presentare, come hanno fatto i ricorrenti nel procedimento principale, una domanda diretta a ottenere lo status di rifugiato che deve essere esaminata dalle autorità competenti dello Stato membro responsabile (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punti 75 e 76).

52      Ciò premesso, come ha sottolineato l’avvocato generale, in sostanza, al paragrafo 52 delle sue conclusioni, mentre l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 non indica con precisione quale sia il momento rilevante ai fini della valutazione, da parte delle autorità o degli organi giurisdizionali nazionali competenti, della cessazione dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA, l’uso dell’espressione «che fruiscono attualmente», di cui al primo comma dell’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra, e del termine «cessa» nel secondo comma della medesima disposizione, depone a favore di una valutazione volta a stabilire se tale assistenza o tale protezione sia effettivamente cessata, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83.

53      In tali circostanze, siffatta valutazione deve basarsi su un esame individuale di tutti gli elementi o fattori pertinenti della situazione di cui trattasi quale si presenta al momento in cui i richiedenti interessati hanno lasciato la zona operativa dell’UNRWA, tenendo conto nel contempo delle circostanze esistenti al momento in cui le autorità amministrative competenti adottano la loro decisione sulla domanda presentata dall’interessato al fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o in cui le autorità giudiziarie interessate si pronunciano sul ricorso contro una decisione di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato. Si deve in particolare prendere in considerazione la situazione in cui l’interessato è in grado di ritornare nella zona operativa dell’UNRWA, in quanto le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato sono venute meno [v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 77, nonché del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punti 59 e 66].

54      L’esigenza di svolgere una tale valutazione è conforme all’impianto sistematico della disciplina introdotta dalla direttiva 2004/83. A tal riguardo, dall’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/83 e dal suo articolo 5, paragrafo 1, risulta che, onde pronunciarsi su una domanda di protezione internazionale, occorre tener conto di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine «al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda», nonché, se del caso, di eventi verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo paese di origine.

55      In proposito si deve peraltro precisare, come già dichiarato dalla Corte, che, in forza dell’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, gli Stati membri sono tenuti ad adattare il loro diritto nazionale in modo tale che il trattamento dei ricorsi contemplati da tale disposizione preveda un esame «completo ed ex nunc», quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado, di tutti gli elementi di fatto e di diritto che consentano ad esso di effettuare una valutazione aggiornata del caso di specie. Come già precisato dalla Corte, l’espressione «ex nunc» e l’aggettivo «completo», contenuti in tale disposizione, mettono in evidenza l’obbligo del giudice di procedere a una valutazione che prenda in considerazione, se del caso, sia gli elementi di cui l’autorità accertante ha tenuto o avrebbe dovuto tener conto sia elementi nuovi emersi in seguito all’adozione della decisione oggetto del ricorso. Il potere di cui dispone quindi il giudice di prendere in considerazione nuovi elementi sui quali tale autorità non si è pronunciata rientra nella finalità della direttiva 2013/32, che mira in particolare, come risulta segnatamente dal considerando 18 della stessa, a che le domande di protezione internazionale siano trattate «quanto prima possibile (…), fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo» [sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 40 e giurisprudenza citata].

56      Infatti, come sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, anche se in passato una persona è stata costretta a lasciare la zona operativa perché si trovava in un stato personale di grave insicurezza, non sarebbe giustificato in alcun modo riconoscerle ipso facto lo status di rifugiato in base all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, ove la situazione nella zona operativa fosse significativamente migliorata nel frattempo, cosicché la persona non verserebbe più in un stato personale di grave insicurezza e l’UNRWA sarebbe nuovamente in grado di garantirle condizioni di vita conformi alla sua missione. Di conseguenza, le autorità e gli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi sulla possibilità di essere ipso facto ammessi allo status di rifugiato dovrebbero anche verificare se sia attualmente possibile fare ritorno nella zona operativa dell’UNRWA. In tal caso, il richiedente dovrebbe essere escluso dallo status di rifugiato conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2004/83.

57      Spetta dunque alle autorità e agli organi giurisdizionali nazionali competenti effettuare una valutazione individuale di tutti gli elementi pertinenti al fine di verificare non solo se la partenza dalla zona operativa dell’UNRWA da parte dei richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 possa essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 50 della presente sentenza, da motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà, che hanno quindi impedito loro di beneficiare dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA, ma anche se essi non possano attualmente beneficiare di tale protezione o assistenza a causa dell’asserito deterioramento della situazione nella zona operativa interessata per motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà.

58      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, al fine di stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, occorre prendere in considerazione, nell’ambito di una valutazione individuale, le circostanze pertinenti esistenti non solo al momento in cui detta persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA, ma anche al momento in cui le autorità amministrative competenti esaminano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o in cui le autorità giudiziarie interessate si pronunciano sul ricorso proposto contro una decisione di diniego di riconoscimento di tale status.

 Sulla seconda questione

59      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 debba essere interpretato nel senso che, nell’ambito dell’analisi volta a stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, qualora la persona interessata dimostri di essere stata costretta a lasciare la zona operativa dell’UNRWA per motivi che esulavano dal suo controllo e prescindevano dalla sua volontà, spetta allo Stato membro, laddove ritenga che detta persona sia oramai in grado di fare ritorno in tale zona e di beneficiare in essa di detta protezione o di detta assistenza, dimostrare che così è nel caso di specie.

60      Per rispondere a tale questione occorre ricordare che, conformemente all’articolo 13 della direttiva 2004/83, gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III di tale direttiva.

61      In tali circostanze, per riconoscere lo status di rifugiato a un richiedente ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, di detta direttiva, il quale rientra nel capo III di quest’ultima, dev’essere effettuata una valutazione dei fatti e delle circostanze pertinenti conformemente all’articolo 4 della direttiva 2004/83, che fa parte del capo II di quest’ultima.

62      In particolare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, poi, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

63      A tal riguardo occorre rilevare che la valutazione dei fatti e delle circostanze prevista all’articolo 4 della direttiva 2004/83 e che consente di motivare una domanda di protezione internazionale si svolge, in sostanza, in due fasi distinte. La prima fase riguarda l’accertamento delle circostanze di fatto che possono costituire elementi di prova a sostegno della domanda, mentre la seconda fase riguarda la valutazione giuridica di tali elementi, che consiste nel decidere se, tenuto conto dei fatti che caratterizzano una fattispecie, siano soddisfatti i requisiti sostanziali previsti dalle disposizioni pertinenti della direttiva 2004/83 per il riconoscimento di una protezione internazionale (sentenza del 2 dicembre 2014, A e a., da C‑148/13 a C‑150/13, EU:C:2014:2406, punto 55).

64      Nell’ambito di questa prima fase, in cui si inserisce la seconda questione, benché, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale, la Corte ha già chiarito che le autorità degli Stati membri devono, se del caso, cooperare attivamente con quest’ultimo per determinare e integrare gli elementi significativi della domanda, rivestendo peraltro spesso una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 65 e 66).

65      Pertanto, nel caso di specie, è certamente possibile dedurre dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2004/83 che grava sui richiedenti l’onere di fornire la prova in ordine al fatto che essi sono effettivamente ricorsi alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA e che tale protezione o tale assistenza è cessata. Tuttavia, laddove i richiedenti siano in grado di fornire la prova del fatto che, al momento in cui hanno lasciato la zona operativa dell’UNRWA, essi sono stati effettivamente costretti a farlo per motivi che esulavano dalla loro sfera di controllo e prescindevano dalla loro volontà, segnatamente perché si trovavano in uno stato personale di grave insicurezza e perché l’UNRWA non era in grado di garantire loro condizioni di vita conformi alla sua missione in tale zona, ricade poi sullo Stato membro l’onere di dimostrare, se del caso, che le circostanze sono nel frattempo mutate nella zona operativa interessata, cosicché tali persone possono nuovamente beneficiare della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA.

66      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito dell’analisi volta a stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, qualora la persona interessata dimostri di essere stata costretta a lasciare la zona operativa dell’UNRWA per motivi che esulavano dal suo controllo e prescindevano dalla sua volontà, spetta allo Stato membro, laddove ritenga che detta persona sia oramai in grado di fare ritorno in tale zona e di beneficiare in essa di detta protezione o di detta assistenza, dimostrare che così è nel caso di specie.

 Sulla terza questione

67      Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 debba essere interpretato nel senso che, per stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, ai sensi di tale disposizione, cosicché una persona che ha chiesto di beneficiare di protezione internazionale sia stata costretta a lasciare la zona operativa di tale organismo, è necessario dimostrare che l’UNRWA o lo Stato nel cui territorio essa opera abbia inteso infliggere un danno a tale persona o privarla di assistenza, per azione o omissione.

68      Per rispondere a tale questione occorre ricordare che, come già dichiarato dalla Corte, per stabilire se l’assistenza o la protezione siano effettivamente cessate ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, spetta alle autorità e ai giudici nazionali competenti verificare se la partenza della persona interessata sia giustificata da motivi che esulano dalla sfera del suo controllo e indipendenti dalla sua volontà i quali la obbligano a lasciare tale area, impedendole pertanto di beneficiare dell’assistenza accordata dall’UNRWA (sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 61).

69      In proposito è importante rilevare che tanto l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 quanto l’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra richiedono una valutazione obiettiva della questione se l’assistenza o la protezione dell’UNRWA siano effettivamente cessate per un qualsiasi motivo, non essendo più tale organismo in grado di garantire al richiedente condizioni di vita conformi alla missione di cui è investito, per motivi oggettivi o legati alla situazione specifica del ricorrente.

70      Pertanto, ai fini di una tale valutazione non è necessario basarsi su elementi soggettivi come le intenzioni dell’UNRWA o dello Stato nel cui territorio essa opera. In effetti, introdurre un tale requisito ai fini dell’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83 significherebbe restringere indebitamente la portata di tale disposizione e limitare in modo significativo e indebito la portata della protezione riconosciuta agli apolidi di origine palestinese.

71      Certamente, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni, se fosse accertato che l’UNWRA o lo Stato nel cui territorio essa opera ha inflitto intenzionalmente un danno alle persone interessate o le ha intenzionalmente private di assistenza, per azione o omissione, una tale prova sarebbe naturalmente particolarmente rilevante. Tuttavia, ai fini dell’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, non è necessario fornire la prova di una tale intenzione.

72      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, per stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, ai sensi di tale disposizione, cosicché una persona che ha chiesto di beneficiare di una protezione internazionale sia stata costretta a lasciare la zona operativa di tale organismo, non è necessario dimostrare che l’UNRWA o lo Stato nel cui territorio essa opera abbia inteso infliggere un danno a tale persona o privarla di assistenza, mediante azione o omissione. Ai fini di tale disposizione è sufficiente dimostrare che l’assistenza o la protezione dell’UNRWA sia effettivamente cessata per un qualsiasi motivo, cosicché tale organismo non sia più in grado, per motivi oggettivi o legati alla situazione specifica di detta persona, di garantire a quest’ultima condizioni di vita conformi alla missione di cui è investito.

 Sulla quarta questione

73      Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in combinato disposto con l’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra, debba essere interpretato nel senso che, nel valutare le condizioni richieste al fine di stabilire se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato», ai sensi di tale disposizione della direttiva 2004/83, si debba tener conto dell’assistenza fornita a detta persona da attori della società civile, come le ONG.

74      Per rispondere a tale questione, occorre rilevare che tanto l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, quanto l’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra fanno riferimento soltanto alla protezione o all’assistenza «di un organo o di un’agenzia delle Nazioni unite diversi dall’Alto Commissari[ato] delle Nazioni unite per i rifugiati» e non menzionano un eventuale sostegno o eventuali servizi forniti da altre entità, non collegate alle Nazioni Unite, come le ONG.

75      Inoltre, come ricordato al punto 50 della presente sentenza, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 si applica qualora consti, sulla base di una valutazione individuale di tutti gli elementi pertinenti, che l’apolide di origine palestinese interessato si trova in uno stato personale di grave insicurezza e che l’UNRWA, la cui assistenza è stata richiesta dall’interessato, versa nell’impossibilità di assicurargli protezione e assistenza conformemente al suo mandato, cosicché tale apolide è costretto, per circostanze che esulano dal suo controllo e che prescindono dalla sua volontà, a lasciare la zona operativa dell’UNRWA.

76      In tali circostanze, si deve rilevare che tanto l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, quanto l’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra fanno riferimento, in sostanza, soltanto alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA.

77      Orbene, l’UNRWA è un’agenzia delle Nazioni Unite, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la cui missione consiste nel fornire protezione e assistenza ai rifugiati palestinesi conformemente al suo mandato. A fronte dello status accordato all’UNRWA e della missione ad essa affidata, non si può equiparare tale organismo ad attori della società civile, come le ONG, che costituiscono entità molto diverse dall’UNRWA e non si trovano nella stessa posizione di quest’ultima, dal momento che essi non sono in grado di fornire un’«assistenza» o una «protezione» ai fini della Convenzione di Ginevra e della direttiva 2004/83.

78      Tuttavia, ciò non consente di rimettere in discussione il fatto che, come emerge dal fascicolo di cui dispone la Corte, la cooperazione di attori della società civile, come le ONG, può risultare fondamentale al fine di consentire all’UNRWA di perseguire la sua missione. Infatti, risulta che, tenuto conto delle difficoltà crescenti da essa riscontrate nell’esecuzione del suo mandato, almeno in taluni settori della sua zona operativa, l’UNRWA si è avvalsa, nella pratica, di siffatta cooperazione.

79      In tali circostanze, non si può escludere che, laddove una tale cooperazione esista, l’assistenza fornita da attori della società civile, come le ONG, debba essere presa in considerazione nel valutare se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché ai richiedenti sia ipso facto attribuibile lo status di rifugiati, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

80      Tuttavia, qualsiasi assistenza fornita da attori della società civile, come le ONG, dovrebbe essere effettivamente presa in considerazione a condizione che l’UNRWA mantenga con essi un rapporto di cooperazione formale, di natura stabile, nell’ambito del quale gli stessi assistono l’UNRWA nell’adempimento del suo mandato.

81      Così avviene laddove, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi da 83 a 85 delle sue conclusioni, la fornitura di una tale protezione o assistenza sia stata affidata legalmente alle ONG da parte dello Stato nel cui territorio opera l’UNRWA e i rifugiati palestinesi beneficino effettivamente del diritto di accedere alla protezione o all’assistenza fornita dalle ONG in questione in modo permanente, e non ad hoc.

82      Inoltre, si deve aggiungere che, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, in tale contesto il ruolo dello Stato in cui opera l’UNRWA può risultare decisivo nel consentire a tale organismo di adempiere efficacemente il suo mandato e di garantire che le persone interessate vivano in condizioni dignitose [v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punti 58 e 62].

83      Pertanto, qualora i rifugiati palestinesi beneficino concretamente del diritto di accedere, in modo permanente, all’istruzione e all’assistenza medica fornite dallo Stato di cui trattasi, occorrerebbe tener conto di tale situazione nell’ambito di una valutazione globale di tutte le circostanze pertinenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83.

84      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono si deve rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in combinato disposto con l’articolo 1 D della Convenzione di Ginevra, deve essere interpretato nel senso che nel valutare le condizioni richieste al fine di accertare se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione della direttiva 2004/83, si deve tener conto dell’assistenza fornita a tale persona da attori della società civile, come le ONG, purché l’UNRWA mantenga con questi ultimi un rapporto di cooperazione formale di natura stabile, nell’ambito del quale gli stessi assistono l’UNRWA nell’adempimento del suo mandato.

 Sulle spese

85      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, deve essere interpretato nel senso che, al fine di stabilire se la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, occorre prendere in considerazione, nell’ambito di una valutazione individuale, le circostanze pertinenti esistenti non solo al momento in cui detta persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA, ma anche al momento in cui le autorità amministrative competenti esaminano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o in cui le autorità giudiziarie interessate si pronunciano sul ricorso proposto contro una decisione di diniego di riconoscimento di tale status.

2)      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito dell’analisi volta a stabilire se la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione, qualora la persona interessata dimostri di essere stata costretta a lasciare la zona operativa dell’UNRWA per motivi che esulavano dal suo controllo e prescindevano dalla sua volontà, spetta allo Stato membro, laddove ritenga che detta persona sia oramai in grado di fare ritorno in tale zona e di beneficiare in essa di detta protezione o di detta assistenza, dimostrare che così è nel caso di specie.

3)      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che, per stabilire se la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) sia cessata, ai sensi di tale disposizione, cosicché una persona che ha chiesto di beneficiare di una protezione internazionale sia stata costretta a lasciare la zona operativa di tale organismo, non è necessario dimostrare che l’UNRWA o lo Stato nel cui territorio essa opera abbia inteso infliggere un danno a tale persona o privarla di assistenza, mediante azione o omissione. Ai fini di tale disposizione è sufficiente dimostrare che l’assistenza o la protezione dell’UNRWA sia effettivamente cessata per un qualsiasi motivo, cosicché tale organismo non sia più in grado, per motivi oggettivi o legati alla situazione specifica di detta persona, di garantire a quest’ultima condizioni di vita conformi alla missione di cui è investito.

4)      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2004/83, in combinato disposto con l’articolo 1 D della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, deve essere interpretato nel senso che nel valutare le condizioni richieste al fine di stabilire se la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) sia cessata, cosicché a una persona è attribuibile ipso facto lo «status di rifugiato» ai sensi di tale disposizione della direttiva 2004/83, si deve tener conto dell’assistenza fornita a tale persona da attori della società civile, come le organizzazioni non governative, purché l’UNRWA mantenga con questi ultimi un rapporto di cooperazione formale di natura stabile, nell’ambito del quale gli stessi assistono l’UNRWA nell’adempimento del suo mandato.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.