Language of document : ECLI:EU:T:2012:172

Causa T‑336/07

Telefónica, SA
e
Telefónica de España, SA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercati spagnoli dell’accesso a Internet a banda larga — Decisione che accerta un’infrazione all’articolo 82 CE — Fissazione dei prezzi — Compressione dei margini — Definizione dei mercati — Posizione dominante — Abuso — Calcolo della compressione dei margini — Effetti dell’abuso — Competenza della Commissione — Diritti della difesa — Sussidiarietà — Proporzionalità — Certezza del diritto — Cooperazione leale — Principio di buona amministrazione — Ammende»

Massime della sentenza

1.      Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Replica — Requisiti di forma — Individuazione dell’oggetto della controversia — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Scritti allegati al ricorso o alla replica

[Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, § 1, c)]

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze — Necessità di distinguere, a livello di onere della prova incombente sull’impresa interessata, tra i documenti a carico e quelli a favore

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, § 2)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, § 1)

4.      Concorrenza — Posizione dominante — Mercato rilevante — Delimitazione — Criteri — Servizi di fornitura all’ingrosso di accesso a Internet a banda larga

(Art. 82 CE; comunicazione della Commissione 97/C 372/03)

5.      Concorrenza — Posizione dominante — Comportamento sul mercato dominato avente effetti su un mercato attiguo — Applicazione dell’articolo 82 CE

(Art. 82 CE)

6.      Concorrenza — Posizione dominante — Criteri di valutazione — Eventuale esistenza di una concorrenza sul mercato — Rilevanza

(Art. 82 CE)

7.      Concorrenza — Posizione dominante — Nozione — Capacità di imporre regolarmente aumenti di prezzo — Elemento non indispensabile

(Art. 82 CE)

8.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Effetto di compressione dei margini — Nozione — Criteri di valutazione

(Art. 82 CE)

9.      Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Effetto di compressione dei margini — Parità delle opportunità — Insussistenza

(Art. 82 CE)

10.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Nozione — Comportamenti aventi effetto restrittivo sulla concorrenza — Effetto potenziale

(Art. 82 CE)

11.    Concorrenza — Regole comunitarie — Applicazione da parte della Commissione — Limitazione delle competenze della Commissione da parte del quadro normativo relativo al mercato delle telecomunicazioni — Insussistenza

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/21)

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obbligo di leale cooperazione della Commissione con le autorità regolamentari nazionali — Portata

(Artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. da 11 a 16)

13.    Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Azione commessa intenzionalmente o per negligenza — Nozione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, § 2, primo comma, e n. 1/2003, art. 23, § 2)

14.    Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Carattere abusivo di una pratica di prezzi — Comportamento autonomo di un’impresa sul mercato

(Art. 82 CE)

15.    Concorrenza — Regole comunitarie — Ambito di applicazione ratione materiae — Settore regolamentato delle telecomunicazioni — Inclusione

(Art. 82 CE)

16.    Concorrenza — Ammende — Potere discrezionale della Commissione — Valutazione in funzione del comportamento individuale dell’impresa

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23)

17.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Obbligo di prendere in considerazione l’impatto concreto sul mercato — Portata

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, primo comma)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione — Interdipendenza dei tre criteri espressamente menzionati negli orientamenti adottati dalla Commissione — Qualificazione di un’infrazione come molto grave

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

19.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Carattere dissuasivo dell’ammenda — Effetto dissuasivo generale — Violazione del principio di individualità delle pene — Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)

20.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Durata dell’infrazione — Maggiorazione dell’importo di partenza dell’ammenda — Presa in considerazione delle variazioni di intensità dell’infrazione — Esclusione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 3)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Approvazione o tolleranza dell’infrazione nel diritto nazionale o da parte delle autorità nazionali

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

1.      Dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale risulta che ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. La funzione puramente probatoria e strumentale degli allegati implica che, laddove essi contengano elementi di diritto sui quali si fondino taluni motivi formulati nel ricorso, tali elementi devono figurare nel testo del ricorso stesso o, quantomeno, devono essere sufficientemente individuati in tale atto. Ciò significa che il ricorso deve chiarire i motivi sui quali il ricorso stesso si basa, di modo che la loro semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura. Gli allegati non possono servire, pertanto, a sviluppare un motivo spiegato in modo sommario nel ricorso, proponendo censure o argomenti ivi non contenuti.

Tale interpretazione dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale concerne altresì le condizioni di ricevibilità della memoria di replica, destinata, secondo l’articolo 47, paragrafo 1, dello stesso regolamento, ad integrare il ricorso.

Di conseguenza, gli allegati del ricorso e della replica possono essere presi in considerazione unicamente nella misura in cui suffraghino o completino motivi o argomenti espressamente invocati dai ricorrenti nel testo dei loro atti e in quanto sia possibile stabilire con precisione quali siano gli elementi ivi contenuti destinati a suffragare o a completare detti motivi o argomenti.

(v. punti 58-61, 63)

2.      Nell’ambito di un procedimento per infrazione alle norme in materia di concorrenza dell’Unione, la mancata comunicazione di un documento a un’impresa costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per avvalorare l’addebito relativo all’esistenza dell’infrazione e, dall’altro, che l’addebito può essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. In presenza di altre prove documentali, di cui le parti abbiano preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengano specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. All’impresa interessata incombe quindi di dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare l’impresa medesima.

(v. punto 78)

3.      Il principio del rispetto dei diritti della difesa impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intenda infliggere una sanzione per violazione delle norme in materia di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro l’impresa medesima, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico. Tale esigenza è rispettata quando la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto i fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista.

La decisione finale della Commissione tuttavia non deve essere necessariamente una copia dell’esposizione degli addebiti. Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può parimenti, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati.

In tal senso, i diritti della difesa risultano violati dall’esistenza di una discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale unicamente a condizione che un addebito figurante nella stessa non sia stato esposto nella comunicazione degli addebiti in modo sufficiente per consentire ai destinatari di difendersi. Ciò non si verifica qualora le pretese differenze tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata non riguardino comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali l’impresa interessata abbia già formulato le proprie osservazioni e che, pertanto, siano estranei a qualsiasi nuovo addebito.

(v. punti 80-82, 84-85)

4.      Ai fini della valutazione della posizione, eventualmente dominante, di un’impresa su un mercato settoriale determinato, le possibilità di concorrenza vanno valutate nell’ambito del mercato comprendente tutti i prodotti che, in ragione delle loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e non sono facilmente intercambiabili con altri prodotti. Inoltre, atteso che la determinazione del mercato rilevante è funzionale alla valutazione se l’impresa di cui trattasi disponga della possibilità di porre ostacoli ad una concorrenza effettiva e di comportarsi, in misura apprezzabile, in modo indipendente rispetto ai propri concorrenti, clienti e consumatori, non è possibile, a tal fine, limitarsi all’esame delle sole caratteristiche oggettive dei prodotti interessati, bensì occorre parimenti prendere in considerazione le condizioni di concorrenza e la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato.

La nozione di mercato rilevante implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso fra tutti i prodotti che fanno parte dello stesso mercato.

Risulta parimenti dalla comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza che il mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati. Dal punto di vista economico, e nella prospettiva della definizione del mercato rilevante, la sostituibilità sul versante della domanda costituisce il vincolo più immediato ed efficace che condiziona i fornitori di un determinato prodotto, specie in ordine alle loro decisioni in materia di prezzo. Inoltre, la sostituibilità sul versante dell’offerta può essere parimenti presa in considerazione ai fini della definizione del mercato rilevante nelle operazioni in cui tale sostituibilità produca effetti equivalenti a quelli della sostituibilità sul versante della domanda in termini di immediatezza e di efficacia. A tal fine, occorre che i fornitori possano riorientare la loro produzione verso i prodotti di cui trattasi e immetterli sul mercato in breve tempo, senza dover sostenere significativi costi aggiuntivi o affrontare rischi eccessivi, in risposta a variazioni lievi ma permanenti dei relativi prezzi.

Così, nel caso dei mercati all’ingrosso dell’accesso ad Internet a banda larga, la Commissione è legittimata a concludere — alla luce dei considerevoli investimenti necessari per il passaggio da un’offerta all’ingrosso nazionale ad un’offerta all’ingrosso regionale, nonché da un’offerta all’ingrosso regionale alla disaggregazione della rete locale, e del tempo necessario per una tale migrazione, migrazione che non costituisce un’opzione praticabile per tutto il territorio nazionale e che richiede la disponibilità di una massa critica minima, e qualora esistano differenze funzionali tra le offerte all’ingrosso nazionale e regionale e la disaggregazione dalla rete locale — che la disaggregazione dalla rete locale non appartiene allo stesso mercato di quelli dell’offerta all’ingrosso nazionale e dell’offerta all’ingrosso regionale. Parimenti, la Commissione è legittimata a concludere che i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non appartengono allo stesso mercato qualora, alla luce dei costi connessi alla migrazione dal prodotto all’ingrosso nazionale a quello regionale, risulti poco probabile, nonché illogico dal punto di vista economico, che gli operatori che abbiano già investito nello sviluppo di una rete sopportino i costi della mancata utilizzazione di tale rete decidendo di utilizzare il prodotto all’ingrosso nazionale, che non darebbe loro le stesse possibilità in termini di controllo sulla qualità del servizio del prodotto al dettaglio rispetto al prodotto all’ingrosso regionale.

(v. punti 111-113, 116, 127, 134, 139, 143)

5.      L’abusività di una pratica tariffaria attuata da un’impresa verticalmente integrata in posizione dominante su un mercato all’ingrosso rilevante e che conduca alla compressione dei margini dei concorrenti dell’impresa medesima sul mercato al dettaglio non dipende dall’esistenza di una posizione dominante dell’impresa stessa su detto mercato. Pertanto, per poter accertare un abuso di posizione dominante di un’impresa sotto forma di compressione dei margini, la Commissione non deve dimostrare che detta impresa dispone di una posizione dominante sul mercato all’ingrosso e, al tempo stesso, su quello al dettaglio.

(v. punto 146)

6.      L’eventuale esistenza di una concorrenza sul mercato è una circostanza che rileva per valutare la sussistenza di una posizione dominante. Tuttavia, l’esistenza di una concorrenza, anche vivace, su un determinato mercato non esclude l’esistenza di una posizione dominante sullo stesso mercato, giacché tale posizione è caratterizzata essenzialmente dalla possibilità di agire senza dover tener conto, nella propria politica di mercato, di detta concorrenza e senza, tuttavia, subire conseguenze pregiudizievoli da tale comportamento.

(v. punto 162)

7.      Se è pur vero che la capacità di imporre regolarmente aumenti di prezzo rappresenta innegabilmente un elemento idoneo ad affermare l’esistenza di una posizione dominante, non ne costituisce tuttavia affatto un elemento indispensabile, dato che l’indipendenza di cui gode un’impresa dominante in materia di prezzi attiene più alla sua capacità di fissare questi ultimi senza dovere tener conto della reazione dei concorrenti, dei clienti e dei fornitori che alla sua capacità di aumentarli.

(v. punto 166)

8.      Per accertare l’esistenza di una pratica di compressione dei margini, non si può esigere che il prezzo all’ingrosso fatturato ai concorrenti per il prodotto a monte sia eccessivo oppure che il prezzo al dettaglio per il prodotto derivato abbia carattere predatorio. La compressione dei margini, in assenza di qualsiasi giustificazione obiettiva, è di per sé idonea a costituire un abuso ai sensi dell’articolo 82 CE. La compressione dei margini risulta dal divario tra i prezzi per le prestazioni all’ingrosso e quelli per le prestazioni al dettaglio e non dal livello di tali prezzi in sé e per sé. In particolare, detta compressione può risultare non soltanto da un prezzo anormalmente basso sul mercato al dettaglio, ma anche da un prezzo anormalmente elevato sul mercato all’ingrosso.

Peraltro, la Commissione può legittimamente ritenere che il criterio di verifica adeguato per accertare la compressione dei margini consista nell’accertare se un concorrente con la stessa struttura di costi dell’attività a valle dell’impresa verticalmente integrata sarebbe in grado di offrire servizi a valle senza incorrere in perdite qualora tale impresa verticalmente integrata dovesse versare il prezzo di accesso a monte fatturato ai propri concorrenti, con riferimento ai costi sostenuti dall’impresa di cui trattasi, senza effettuare uno studio sugli utili dei principali operatori alternativi sul mercato rilevante.

Infatti, al fine di valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima. In particolare, con riferimento ad una pratica tariffaria che dia luogo alla compressione dei margini, l’uso di tali criteri di analisi consente di verificare se tale impresa sarebbe stata sufficientemente efficiente da offrire le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali senza incorrere in perdite, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie.

Tale approccio è tanto più giustificato, da un lato, in quanto risulta parimenti conforme al principio generale di certezza del diritto, considerato che la valutazione dei costi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità che le incombe ex articolo 82 CE, di valutare la legittimità della propria condotta. Infatti, un’impresa dominante, se è pur vero che conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti. D’altro lato, un abuso consistente in un comportamento preclusivo incide parimenti sui concorrenti potenziali dell’impresa dominante, così come la prospettiva di mancanza di redditività potrebbe dissuaderli dal fare ingresso sul mercato.

È pur vero che non può escludersi che i costi e i prezzi dei concorrenti possano risultare pertinenti nell’esame della pratica tariffaria de qua. Tuttavia, solamente nel caso in cui non risulti possibile far riferimento ai prezzi e ai costi dell’impresa dominante occorrerà esaminare quelli dei concorrenti sullo stesso mercato.

(v. punti 186-187, 190-194)

9.      Nell’ambito dell’applicazione del test della compressione dei margini, non si può censurare la Commissione per aver esaminato l’esistenza della compressione dei margini per ogni prodotto dell’impresa interessata, separatamente considerato, mentre gli operatori alternativi utilizzano una combinazione ottimale di prodotti, che consentirebbe economie nei costi, qualora tali prodotti non appartengano allo stesso mercato di quello interessato. Infatti, l’articolo 82 CE vieta, segnatamente, ad un’impresa in posizione dominante su un mercato determinato di porre in essere pratiche tariffarie che producano effetti preclusivi nei confronti dei suoi concorrenti di pari efficienza, attuali o potenziali. L’esame di tale posizione richiede una valutazione delle possibilità concorrenziali nell’ambito del mercato che riunisce tutti i prodotti i quali, in funzione delle loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e sono poco intercambiabili con altri prodotti, servendo la definizione del mercato pertinente a valutare se l’impresa interessata disponga della possibilità di ostacolare una concorrenza effettiva sul mercato stesso.

Peraltro, non può sostenersi che un operatore alternativo possa compensare le perdite subite per effetto della compressione dei margini a livello di un prodotto all’ingrosso con ricavi provenienti dall’utilizzazione, in talune zone geografiche più redditizie, di altri prodotti dell’impresa interessata che non costituiscano oggetto di compressione dei margini e che appartengano ad un altro mercato. Un sistema di concorrenza non falsata può essere garantito solo se siano assicurate pari opportunità tra i vari operatori economici. Orbene, la parità di opportunità implica che un’impresa dominante nel settore delle telecomunicazioni e i suoi concorrenti, quanto meno quelli di pari efficienza, siano collocati su un piano di eguaglianza sul mercato al dettaglio. Ciò non si verificherebbe qualora i prezzi dei prodotti all’ingrosso versati dagli operatori alternativi alla suddetta impresa non potessero essere traslati sui loro prezzi relativi ai prodotti al dettaglio se non offrendo questi ultimi in perdita.

(v. punti 200-204)

10.    Ai fini dell’accertamento della violazione dell’articolo 82 CE, è sufficiente dimostrare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante sia inteso a restringere la concorrenza o, in altre parole, che il comportamento sia tale da o suscettibile di produrre un effetto di tal genere. In tal senso, l’effetto anticoncorrenziale di una pratica tariffaria sul mercato deve sussistere, ma non deve essere necessariamente concreto, in quanto è sufficiente la dimostrazione di un effetto anticoncorrenziale potenziale idoneo a precludere l’accesso al mercato a concorrenti di efficienza quanto meno pari all’impresa in posizione dominante. A tale riguardo, non può sostenersi che, in considerazione del lasso di tempo intercorso tra l’inizio della condotta incriminata e l’adozione di una decisione da parte della Commissione, non è opportuno effettuare un test dei probabili effetti, atteso che la Commissione ha avuto a disposizione il tempo necessario per dimostrare che i pretesi effetti anticoncorrenziali connessi alla condotta de qua si sono materializzati.

(v. punti 268, 272)

11.    L’esistenza della direttiva 2002/21, che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, non incide minimamente sulla competenza attribuita alla Commissione direttamente dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 17 e, dal 1º maggio 2004, dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, ai fini dell’accertamento delle infrazioni agli articoli 81 CE e 82 CE. Le norme in materia di concorrenza previste dal Trattato completano, per effetto dell’esercizio di un controllo ex post, il contesto normativo adottato dal legislatore dell’Unione ai fini della regolamentazione ex ante dei mercati delle telecomunicazioni.

(v. punto 293)

12.    Per quanto attiene alle relazioni che si stabiliscono nell’ambito dei procedimenti condotti dalla Commissione in applicazione degli articoli 81 CE e 82 CE, le modalità di attuazione dell’obbligo di leale cooperazione che discende dall’articolo 10 CE e al quale la Commissione deve attenersi nelle sue relazioni con gli Stati membri sono state precisate, in particolare, agli articoli da 11 a 16 del regolamento n. 1/2003, al capitolo IV intitolato «Cooperazione». Tali disposizioni non prevedono l’obbligo per la Commissione di consultare le autorità regolamentari nazionali.

(v. punto 312)

13.    Per quanto attiene alla questione se un’infrazione sia stata commessa deliberatamente o per negligenza e sia, conseguentemente, sanzionabile con ammenda ex articolo 15, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 17 e, successivamente al 1º maggio 2004, ex articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, tale requisito è soddisfatto quando l’impresa di cui trattasi non possa ignorare il carattere anticoncorrenziale della propria condotta, a prescindere dalla consapevolezza o meno di violare le norme del Trattato in materia di concorrenza. Un’impresa è consapevole del carattere anticoncorrenziale della propria condotta quando gli elementi di fatto concreti che giustificano tanto l’accertamento di una posizione dominante sul mercato interessato quanto la valutazione, da parte della Commissione, dell’abuso di tale posizione erano ad essa conosciuti.

A questo proposito, quale operatore economico diligente, un’impresa che occupa una posizione dominante dovrebbe padroneggiare i principi che presiedono alla definizione dei mercati nelle controversie in materia di concorrenza e dovrebbe, eventualmente, ricorrere a consulenti esperti in materia al fine di valutare, in misura ragionevole, in base alle circostanze, le possibili conseguenze risultanti da un determinato atto. Ciò vale, in particolare, per professionisti abituati a dover far prova di grande prudenza nello svolgimento del proprio lavoro. Ci si può quindi attendere dai medesimi una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta. Inoltre, per un operatore economico attento non può essere dubbio il fatto che il possesso di rilevanti quote di mercato, pur non costituendo necessariamente e in ogni caso l’unico indizio determinante quanto all’esistenza di una posizione dominante, riveste tuttavia una considerevole importanza che deve essere necessariamente presa in considerazione per quanto riguarda il proprio eventuale comportamento sul mercato. A tal riguardo, un operatore storico e proprietario della sola infrastruttura significativa per la fornitura di prodotti all’ingrosso nel settore delle telecomunicazioni non può ignorare di detenere una posizione dominante sui pertinenti mercati. Pertanto, la rilevanza delle quote di mercato detenute da un operatore siffatto sui mercati interessati implica che il suo convincimento di non occupare una posizione dominante sui mercati stessi non può che essere il frutto di un insufficiente esame della struttura dei mercati sui quali opera oppure del rifiuto di prendere in considerazione tali strutture.

(v. punti 319-320, 323-325)

14.    L’articolo 82 CE riguarda soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di propria iniziativa. Qualora un comportamento anticoncorrenziale sia imposto alle imprese da una normativa nazionale o se questa crea un contesto normativo che elimina di per sé ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte delle imprese stesse, l’articolo 82 CE non è applicabile. In una siffatta situazione, la restrizione della concorrenza non trova la sua causa, come postulato da tale disposizione, in comportamenti autonomi delle imprese.

Per contro, l’articolo 82 CE può applicarsi qualora si verificasse che la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese. In tal senso, malgrado la vigenza di tale normativa, qualora un’impresa in posizione dominante verticalmente integrata disponga di un margine di manovra per modificare anche soltanto i suoi prezzi al dettaglio, la compressione dei margini può, per questo solo motivo, esserle imputata.

A tale riguardo, quanto alle pratiche in materia di prezzo di un’impresa di telecomunicazioni in posizione dominante, anche nell’ipotesi in cui una riduzione dei prezzi richieda l’intervento dell’autorità nazionale di regolamentazione del mercato delle telecomunicazioni e non possa essere liberamente decisa dalla suddetta impresa, spetta a tale impresa, nell’ambito della specifica responsabilità ad essa incombente in quanto impresa detentrice di una posizione dominante sul mercato di cui trattasi, presentare alla menzionata autorità richieste di modifica delle sue tariffe quando queste risultino pregiudizievoli per una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune.

(v. punti 328-330, 335)

15.    Il rispetto, da parte di un’impresa in posizione dominante sul mercato delle telecomunicazioni, della normativa nazionale in materia di telecomunicazioni non pone tale impresa al riparo da un intervento della Commissione ex articolo 82 CE.

Infatti, in assenza di deroga espressa in tal senso, il diritto della concorrenza è applicabile ai settori regolamentati. Così, l’applicabilità delle regole di concorrenza non è esclusa qualora le disposizioni settoriali di cui trattasi lascino sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese.

(v. punti 339-340)

16.    La decisione della Commissione di non imporre un’ammenda in talune decisioni in considerazione della natura relativamente nuova delle infrazioni accertate non concede una immunità alle imprese che commettono successivamente lo stesso tipo di infrazione. Infatti, è nello specifico ambito di ciascuna controversia che la Commissione decide, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, in merito all’opportunità di infliggere o meno un’ammenda al fine di sanzionare l’infrazione accertata e di preservare l’efficacia del diritto della concorrenza.

(v. punto 357)

17.    A termini del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, la Commissione deve procedere, nell’ambito della valutazione della gravità dell’infrazione, all’esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente qualora risulti che tale impatto sia misurabile.

(v. punto 389)

18.    L’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti, secondo gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Per contro, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti la maggior parte degli Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 17 o il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali. Pertanto, la Commissione può qualificare un’infrazione come «molto grave» sebbene le dimensioni del mercato geografico interessato siano limitate al territorio di un solo Stato membro.

(v. punto 413)

19.    Nel valutare la gravità di un’infrazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione deve assicurare il carattere dissuasivo della propria azione, soprattutto per i tipi di infrazione particolarmente pregiudizievoli per la realizzazione degli obiettivi dell’Unione. La dissuasione dev’essere, al tempo stesso, specifica e generale. Pur essendo volta alla repressione di un’infrazione individuale, l’ammenda si colloca anche nell’ambito di una politica generale del rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese. Pertanto, non può sostenersi che il principio di individualità delle pene è stato violato per il solo fatto che l’ammenda inflitta a un’impresa da parte della Commissione, calcolata tenendo conto della situazione specifica di detta impresa, può presentare anche un effetto dissuasivo generale nei confronti delle altre imprese che potrebbero essere tentate di violare le norme in materia di concorrenza.

(v. punto 433)

20.    In materia di concorrenza, considerando che la maggiorazione per la durata dell’infrazione viene inflitta applicando una determinata percentuale all’importo di base dell’ammenda che è stabilito in base alla gravità complessiva dell’infrazione, il che già riflette in tal modo le diverse intensità dell’infrazione medesima, non occorre tener conto di una variazione nell’intensità dell’infrazione durante il periodo considerato ai fini dell’aumento di detto importo a causa della durata dell’infrazione.

(v. punto 450)

21.    Pur se non è escluso che, in talune circostanze, un contesto normativo nazionale o un comportamento delle autorità nazionali possano costituire circostanze attenuanti, l’approvazione o la tolleranza dell’infrazione da parte delle autorità nazionali non possono essere prese in considerazione a tal titolo quando le imprese di cui trattasi dispongano dei mezzi necessari per procurarsi informazioni giuridiche precise e corrette.

(v. punto 458)