Language of document : ECLI:EU:T:2024:467

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

10 luglio 2024 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi alla corrispondenza inviata alla Commissione dalle autorità ungheresi in merito a un progetto di invito a presentare proposte cofinanziato dall’Unione nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei – Documenti promananti da uno Stato membro – Opposizione manifestata dallo Stato membro – Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale – Nozione di “documento relativo a una questione su cui l’istituzione non ha ancora adottato una decisione” – Obbligo di motivazione – Leale cooperazione»

Nella causa T‑104/22,

Ungheria, rappresentata da M. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Ehrbar, A. Spina e A. Tokár, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da L. Truchot, presidente, H. Kanninen, E. Buttigieg, M. Sampol Pucurull (relatore) e T. Perišin, giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista l’ordinanza dell’8 giugno 2022, Ungheria/Commissione (T‑104/22 R, non pubblicata, EU:T:2022:351), con la quale il presidente del Tribunale ha accolto la domanda di provvedimenti provvisori e ha riservato la decisione sulle spese,

in seguito all’udienza dell’11 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, l’Ungheria chiede l’annullamento della decisione della Commissione europea del 14 dicembre 2021, che concede a un terzo richiedente, in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso alla corrispondenza inviata dalle autorità ungheresi alla Commissione riguardante un progetto di invito a presentare proposte (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        La Commissione ha adottato, nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali e di investimento europei (in prosieguo: i «fondi SIE») per il periodo dal 1º gennaio 2014 al 31 dicembre 2023, il programma operativo relativo allo sviluppo delle risorse umane per la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità che attualmente vivono in istituti in Ungheria (EFOP) su proposta dell’Ungheria, in conformità al regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 320 e rettifica in GU 2016, L 200, pag. 140).

3        Nell’ambito del programma operativo citato, l’autorità di gestione designata dalle autorità ungheresi per l’attuazione di detto programma ha elaborato un progetto di invito a presentare proposte recante il numero di codice «EFOP 2.2.5», intitolato «Miglioramento della transizione dall’assistenza sanitaria in istituto ai servizi di prossimità – sostituzione dell’alloggio in istituto entro il 2023» (in prosieguo: l’«invito a presentare proposte EFOP 2.2.5»).

4        Il 30 aprile 2021 è stata inviata alla Commissione una domanda di accesso, recante il riferimento GESTDEM 2021/2808, riguardante l’intera corrispondenza ufficiale tra la Commissione e le autorità ungheresi in relazione all’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, in applicazione del regolamento n. 1049/2001.

5        Degli undici documenti identificati dalla Commissione come rientranti nell’ambito di applicazione della domanda di accesso, cinque provenivano dalle autorità ungheresi, ossia i seguenti documenti:

–        un messaggio di posta elettronica delle autorità ungheresi dell’11 marzo 2020, riferimento Ares (2021) 3279157, contenente due allegati;

–        una lettera delle autorità ungheresi alla Commissione del 19 giugno 2020, riferimento Ares (2020) 3193726;

–        una lettera delle autorità ungheresi alla Commissione del 6 agosto 2020, riferimento Ares (2020) 4141947;

–        una lettera delle autorità ungheresi alla Commissione del 5 gennaio 2021, riferimento Ares (2021) 401802;

–        una lettera delle autorità ungheresi alla Commissione del 14 aprile 2021, riferimento Ares (2021) 2528382.

6        Nell’ambito della procedura di consultazione prevista all’articolo 4, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1049/2001, le autorità ungheresi hanno informato la Commissione, con lettera del 28 maggio 2021, che si opponevano a che fosse consentito l’accesso ai documenti da esse provenienti, sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001. Le autorità ungheresi hanno rilevato che, poiché il processo decisionale relativo all’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5 era ancora in corso, la divulgazione, in tale fase, di detti documenti avrebbe leso gravemente i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, dato che potenziali beneficiari avrebbero potuto accedere a informazioni atte a conferire loro un vantaggio concorrenziale sleale.

7        Il 16 giugno 2021 la Commissione ha accordato al terzo richiedente, fatta salva la protezione dei dati personali, l’accesso a sei degli undici documenti individuati come rientranti nell’ambito coperto dalla domanda di divulgazione, ma gli ha negato l’accesso ai cinque documenti provenienti dalle autorità ungheresi, avvalendosi dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione iniziale»).

8        Il 6 luglio 2021 il terzo richiedente ha presentato una domanda di conferma alla Commissione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «domanda di conferma»).

9        Il 13 ottobre 2021, a seguito della domanda di conferma, il segretario generale della Commissione ha nuovamente consultato le autorità ungheresi informandole che, dopo aver esaminato l’applicabilità di tutte le eccezioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, a suo parere l’accesso ai documenti elencati al precedente punto 5 poteva essere negato unicamente sulla base della protezione dei dati personali.

10      Nell’esaminare la domanda di conferma, la Commissione ha individuato altri documenti che potevano rientrare nella domanda di accesso, inclusi quattro documenti promananti dalle autorità ungheresi (in prosieguo, congiuntamente con i documenti individuati al precedente punto 5, i «documenti controversi»), vale a dire i seguenti documenti:

–        un messaggio di posta elettronica delle autorità ungheresi del 10 marzo 2020, riferimento Ares (2020) 1532153;

–        un messaggio di posta elettronica delle autorità ungheresi del 30 aprile 2020, riferimento Ares (2020) 2352996, contenente un allegato;

–        un messaggio di posta elettronica delle autorità ungheresi del 21 ottobre 2020, riferimento Ares (2020) 5761728, contenente due allegati;

–        un messaggio di posta elettronica delle autorità ungheresi del 25 novembre 2020, riferimento Ares (2020) 7120859, contenente un allegato.

11      Con messaggio di posta elettronica del 28 ottobre 2021, le autorità ungheresi hanno ribadito la loro posizione secondo cui non doveva essere concesso alcun accesso ai documenti da esse promananti sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

12      Con la decisione impugnata, la Commissione ha statuito sulla domanda di conferma del terzo richiedente e ha concesso a quest’ultimo l’accesso, in forma espunta dai dati personali, ai documenti controversi, nonostante l’opposizione manifestata dalle autorità ungheresi. A tale riguardo, la Commissione ha proceduto a una valutazione degli argomenti dedotti dalle autorità ungheresi e ha concluso che detti argomenti non dimostravano, prima facie, l’applicabilità dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

13      Con lettera del 15 dicembre 2021, la Commissione ha comunicato all’Ungheria l’adozione della decisione impugnata.

 Conclusioni delle parti

14      L’Ungheria chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

15      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare l’Ungheria alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del ricorso, l’Ungheria ha dedotto formalmente due motivi.

17      In primo luogo, occorre osservare che l’Ungheria, nelle memorie, fa riferimento all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, senza precisare se si tratti del primo o del secondo comma di tale paragrafo o dell’intero paragrafo 3. Tuttavia, le considerazioni svolte dall’Ungheria mettono in evidenza il fatto che essa non si riferisce all’intero paragrafo 3, dato che dette considerazioni vertono, in realtà, unicamente sull’asserita violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

18      In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il Tribunale deve interpretare i motivi di ricorso in base alla loro sostanza piuttosto che alla loro qualificazione e procedere di conseguenza alla qualificazione dei motivi e degli argomenti del ricorso (v. sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

19      Al riguardo, i due motivi di ricorso formalmente dedotti dall’Ungheria costituiscono, in realtà, le due parti di uno stesso motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Peraltro, come si evince dall’esame della sostanza delle memorie dell’Ungheria, nell’ambito del primo motivo di ricorso, quest’ultima deduce l’insufficienza di motivazione della decisione impugnata nonché la violazione del principio di leale cooperazione. Inoltre, l’Ungheria sostiene che, qualora il Tribunale dovesse dichiarare che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non si applica al caso di specie, occorrerebbe applicare il paragrafo 2, terzo trattino, del medesimo articolo.

20      Date tali circostanze, il Tribunale ritiene che l’Ungheria sollevi, in sostanza, quattro motivi di ricorso, vertenti il primo, sull’insufficienza di motivazione della decisione impugnata, il secondo, sulla violazione del principio di leale cooperazione, il terzo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 e, il quarto, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sullinsufficienza di motivazione della decisione impugnata

21      L’Ungheria ritiene che la motivazione della decisione impugnata non le consenta di valutare, da un lato, le ragioni per le quali l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non è applicabile nel caso di specie e, dall’altro, se la Commissione abbia effettivamente esaminato se l’accesso ai documenti controversi potesse arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio al processo decisionale.

22      Inoltre, l’Ungheria contesta alla Commissione di non aver sufficientemente motivato le ragioni per le quali la decisione impugnata si discosta dalla sua prassi decisionale precedente.

23      La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria.

24      Occorre rammentare che, come risulta da costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, che il detto atto riguarda direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui alle disposizioni citate dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80 e giurisprudenza ivi citata e del 3 maggio 2018, Malta/Commissione, T‑653/16, EU:T:2018:241, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

25      In particolare, occorre rilevare che, quando un’istituzione decide di concedere a un terzo richiedente l’accesso a un documento proveniente da uno Stato membro nonostante l’opposizione manifestata da tale Stato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, la motivazione di tale decisione può risultare sia dalla decisione di divulgazione indirizzata al terzo richiedente sia dall’atto con il quale l’istituzione interessata informa detto Stato membro dell’adozione di tale decisione, qualora un atto del genere rientri nel contesto in cui la decisione di divulgazione è stata adottata.

26      Nel caso di specie, in primo luogo, dalla decisione impugnata risulta che il segretario generale della Commissione ha esaminato se l’Ungheria avesse fondato la sua opposizione sulle eccezioni specifiche previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 e se essa avesse debitamente motivato la sua posizione al riguardo. In secondo luogo, la Commissione ha menzionato l’opposizione delle autorità ungheresi alla divulgazione dei documenti controversi sulla base dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 nonché le ragioni invocate da queste ultime per opporsi a detta divulgazione. Tuttavia, la Commissione ha concluso che le spiegazioni fornite dalle autorità ungheresi non giustificavano l’applicazione dell’eccezione da esse invocata. La Commissione ha quindi deciso di accordare al terzo richiedente l’accesso ai documenti di cui si tratta, in forma espunta dai dati personali.

27      È vero che la decisione impugnata non contiene una motivazione esaustiva riguardo alle ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non fosse applicabile. Tuttavia, poiché detta decisione aveva come destinatario il terzo richiedente e non aveva lo scopo di negare l’accesso ai documenti controversi, la Commissione non era tenuta a spiegare in tale decisione, in modo esaustivo, le ragioni per le quali essa ha ritenuto che la domanda dell’Ungheria di non divulgare tali documenti non fosse fondata e, in particolare, che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non fosse applicabile nel caso di specie.

28      Peraltro, la lettera del 15 dicembre 2021 che, come indicato al precedente punto 25, rientra nel contesto della decisione impugnata, contiene un’esposizione più precisa delle ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che l’eccezione menzionata all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non fosse applicabile ai documenti controversi. A tal fine, anzitutto, la Commissione ha rilevato che dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento si evinceva che i documenti idonei a rientrare nell’ambito di applicazione di tale disposizione dovevano riguardare una questione su cui un’istituzione non aveva ancora adottato una decisione. La Commissione ha poi precisato che i documenti controversi riguardavano l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, finanziato in regime di gestione concorrente, e che, in conformità all’articolo 34, paragrafo 3, lettera d), del regolamento n. 1303/2013, l’autorità di gestione nazionale era incaricata della predisposizione e della pubblicazione degli inviti a presentare proposte. Infine, la Commissione ha fatto presente che il regolamento n. 1303/2013 non prevedeva alcuna decisione da parte sua nell’ambito della predisposizione e dell’approvazione di un invito a presentare proposte disciplinato dal regolamento n. 1303/2013.

29      Inoltre, la Commissione ha precisato che, secondo costante giurisprudenza, l’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 presupponeva che fosse dimostrato che l’accesso ai documenti controversi poteva arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela del processo decisionale dell’istituzione e che tale rischio di pregiudizio era ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico. Orbene, nel caso di specie, l’accesso ai documenti controversi non poteva, secondo la Commissione, arrecare un pregiudizio concreto ed effettivo ad un eventuale processo decisionale. A tal fine, essa ha segnalato che, nell’ambito di un’altra domanda di accesso, recante il riferimento GESTDEM 2020/1513, riguardante anch’essa l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5 e riguardante documenti simili a quelli di cui si chiedeva la divulgazione, le autorità ungheresi avevano accettato che la Commissione concedesse l’accesso a tali documenti. Peraltro, la Commissione ha rilevato che alcuni dei documenti richiesti, in particolare lo stesso progetto di invito a presentare proposte, erano pubblici.

30      Di conseguenza, precisazioni del genere sono tali da consentire all’Ungheria di comprendere le ragioni per le quali la Commissione ha deciso di concedere al terzo richiedente l’accesso ai documenti controversi e al giudice competente di esercitare il controllo spettantegli.

31      L’Ungheria contesta altresì alla Commissione di essersi discostata dalla sua prassi decisionale precedente, senza specifica motivazione. In particolare, l’Ungheria rileva che, sia nel trattamento della domanda di accesso con riferimento GESTDEM 2020/1513 sia nella decisione iniziale, la Commissione aveva negato l’accesso ai documenti promananti dalle autorità ungheresi sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

32      È vero, al riguardo, che, per giurisprudenza consolidata, pur se una decisione della Commissione che rientri nell’ambito di una prassi decisionale costante in materia può essere motivata sommariamente, in particolare, con un richiamo a tale prassi, nell’ipotesi in cui essa vada notevolmente al di là delle decisioni precedenti, la Commissione è tenuta a sviluppare esplicitamente l’iter logico seguito (v. sentenza del 10 luglio 2019, Commissione/Icap e a., C‑39/18 P, EU:C:2019:584, punto 28 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 3 maggio 2018, Malta/Commissione, T‑653/16, EU:T:2018:241, punto 54).

33      Occorre tuttavia osservare che l’Ungheria, per dimostrare l’esistenza di una siffatta prassi decisionale, si limita a rinviare, da un lato, alla decisione iniziale e, dall’altro, alla domanda di accesso precedente con riferimento GESTDEM 2020/1513, segnalando che la Commissione aveva inizialmente negato al terzo richiedente l’accesso ai documenti richiesti a seguito dell’opposizione delle autorità ungheresi sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Orbene, il mero richiamo alla decisione iniziale e alla domanda di accesso precedente non può dimostrare l’esistenza di una prassi decisionale costante relativa al trattamento delle domande di accesso riguardanti l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

34      Inoltre, occorre rilevare che è vero che, nella decisione iniziale, la direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione ha negato l’accesso ai documenti provenienti dalle autorità ungheresi sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

35      Tuttavia, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, in virtù dell’articolo 8 del regolamento n. 1049/2001, la risposta a una domanda iniziale di accesso, ai sensi dell’articolo 7 del medesimo regolamento, costituisce solo una prima presa di posizione che attribuisce al richiedente la possibilità di invitare, nella fattispecie, il segretario generale della Commissione a riesaminare la posizione di cui trattasi (v. sentenza del 28 marzo 2017, Deutsche Telekom/Commissione, T‑210/15, EU:T:2017:224, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

36      Di conseguenza, solo la misura adottata dal segretario generale della Commissione, che ha natura di decisione e sostituisce integralmente la presa di posizione precedente, può produrre effetti giuridici tali da incidere sugli interessi del richiedente o, come nel caso di specie, su quelli dello Stato membro da cui promanano i documenti e che si oppone alla loro divulgazione (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Deutsche Telekom/Commissione, T‑210/15, EU:T:2017:224, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

37      Pertanto, la Commissione non era affatto tenuta a spiegare le ragioni per le quali, nella decisione impugnata adottata in risposta alla domanda di conferma, si è discostata dalla decisione iniziale. Infatti, la Commissione era unicamente tenuta a motivare la soluzione raggiunta.

38      Di conseguenza, il primo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di leale cooperazione

39      Il secondo motivo di ricorso contiene due censure. L’Ungheria lamenta, da un lato, che la Commissione non avrebbe dato alle autorità ungheresi la possibilità di esporre meglio i loro motivi o di rivalutarli e, dall’altro, che la Commissione non avrebbe esaminato d’ufficio la possibilità di applicare l’eccezione relativa alla tutela della «politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro» in quanto interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001, o ancora quella relativa alla riservatezza degli «obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento.

40      La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria.

41      In via preliminare, va ricordato che l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, ai sensi del quale uno Stato membro può chiedere a un’istituzione di non divulgare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo, riconosce allo Stato membro interessato la possibilità di partecipare alla decisione che spetta all’istituzione adottare e istituisce, a tale scopo, un processo decisionale finalizzato a stabilire se le eccezioni specifiche elencate all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, di tale regolamento ostino a che sia consentito un accesso al documento considerato. Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 non conferisce a tale Stato membro un diritto di veto generale e incondizionato allo scopo di opporsi arbitrariamente alla comunicazione di documenti che provengano da tale Stato e che siano detenuti da un’istituzione (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer C‑213/15 P, EU:C:2017:563, punto 43).

42      Quindi, dal momento che l’attuazione di norme del diritto dell’Unione europea è in tal modo affidata congiuntamente all’istituzione e allo Stato membro che ha esercitato la facoltà concessa dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, e che, pertanto, tale applicazione richiede che tra detti soggetti si instauri un dialogo, essi sono tenuti, conformemente all’obbligo di leale collaborazione espresso dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, ad agire e cooperare in modo che tali regole possano ricevere un’applicazione effettiva (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 85).

43      Anzitutto ne consegue che l’istituzione cui è rivolta una domanda di accesso ad un documento proveniente da uno Stato membro e quest’ultimo devono, dal momento in cui tale domanda è stata notificata dall’istituzione allo Stato membro, avviare senza indugio un dialogo leale sull’eventuale applicazione delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 86).

44      Lo Stato membro interessato che, al termine di tale dialogo, si opponga alla divulgazione del documento in questione è poi tenuto a motivare tale opposizione sulla base delle eccezioni in questione (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 87).

45      L’istituzione non può infatti accogliere l’opposizione manifestata da uno Stato membro alla divulgazione di un documento da esso proveniente qualora tale opposizione sia priva di qualunque motivazione o qualora la motivazione dedotta non sia articolata con riferimento alle eccezioni indicate all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001. Nel caso in cui, nonostante l’invito esplicito in tal senso indirizzato dall’istituzione allo Stato membro interessato, quest’ultimo continui a non fornire tale motivazione, l’istituzione, qualora ritenga che non sia applicabile alcuna delle eccezioni in parola, deve concedere l’accesso al documento richiesto (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 88).

46      Infine, il leale dialogo che caratterizza il processo decisionale istituito dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, implica altresì l’obbligo per l’istituzione interessata di permettere allo Stato membro di riformulare i propri motivi o di riponderarli affinché possano essere considerati, prima facie, difendibili (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Francia/Commissione T‑344/15, EU:C:2017:250, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

47      Nel caso di specie, per quanto riguarda la prima censura, come risulta dalla lettera del 13 ottobre 2021, inviata dalla Commissione alle autorità ungheresi, la Commissione, a seguito della domanda di conferma del terzo richiedente, ha avviato immediatamente un dialogo con le autorità ungheresi in merito all’eventuale applicazione delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001. A tale titolo, anzitutto, ha informato dette autorità che, prima facie, dopo aver esaminato l’applicabilità delle eccezioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, essa riteneva che l’accesso ai documenti menzionati al precedente punto 5 potesse essere negato esclusivamente sulla base della protezione dei dati personali. Tenendo conto della valutazione preliminare effettuata, ha chiesto poi alle autorità ungheresi di precisare su quale eccezione, tra quelle elencate all’articolo 4 di detto regolamento, ritenevano che l’accesso ai documenti summenzionati potesse essere negato. Infine, ha chiesto alle autorità ungheresi di motivare la loro eventuale opposizione alla luce di dette eccezioni.

48      Da quanto precede si evince, da un lato, che la Commissione ha fatto presente alle autorità ungheresi che a suo avviso l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non fosse, prima facie, applicabile e, dall’altro, che essa ha dato la possibilità a tali autorità di contraddire tale analisi o di presentare una diversa argomentazione, invitandole a produrre giustificazioni dettagliate e motivate.

49      Pertanto, l’Ungheria non può fondatamente affermare che la Commissione non le abbia dato la possibilità di esporre meglio i propri motivi o di dedurre altri possibili motivi di diniego prima di adottare la decisione impugnata.

50      Per quanto riguarda la seconda censura, occorre rilevare che, come si evince dalla lettera del 13 ottobre 2021, la Commissione ha informato le autorità ungheresi di aver esaminato l’applicabilità di tutte le eccezioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 e di averne concluso che l’accesso poteva essere negato unicamente sulla base della protezione dei dati personali.

51      Peraltro, va osservato che l’Ungheria non ha fondato la sua opposizione alla divulgazione dei documenti controversi sulle disposizioni dell’articolo 4, paragrafi 1 o 2, del regolamento n. 1049/2001.

52      Pertanto, l’Ungheria non può fondatamente contestare alla Commissione di non aver spiegato, nella decisione impugnata, le ragioni per le quali ha ritenuto che le eccezioni relative alla protezione della «politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro» e agli «obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile» non fossero applicabili nel caso di specie.

53      Di conseguenza, il secondo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001

54      Il terzo motivo di ricorso si articola in tre parti.

55      Nell’ambito della prima parte, l’Ungheria ritiene, in sostanza, che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 trovi applicazione nella presente causa, in quanto è in corso un processo decisionale della Commissione. In subordine, nell’ambito della seconda parte, l’Ungheria sostiene che, anche in assenza di un processo decisionale della Commissione, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 dovrebbe essere interpretato nel senso di tutelare anche il processo dell’autorità di gestione nazionale incaricata di ultimare un progetto di invito a presentare proposte disciplinato dal regolamento n. 1303/2013, quale l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5. Infine, nell’ambito della terza parte, l’Ungheria sostiene che la divulgazione dei documenti controversi arrechi un pregiudizio effettivo, grave e concreto al processo decisionale in corso connesso all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

 Sulla prima parte del terzo motivo di ricorso, vertente sull’esistenza di un processo decisionale della Commissione in corso

56      Tale prima parte consta di due censure.

57      A sostegno della prima censura, l’Ungheria sostiene che, sebbene spetti all’autorità di gestione nazionale adottare la decisione sull’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, non si può prescindere dal fatto che tale decisione sia adottata nel contesto di una gestione concorrente dei fondi SIE. A tal fine, l’Ungheria sostiene che, tenendo conto dei poteri di audit della Commissione e della possibilità per quest’ultima di effettuare rettifiche finanziarie, è nell’interesse dell’autorità di gestione nazionale seguire gli orientamenti che essa riceve dalla Commissione. Pertanto, in un settore che incide sulle risorse finanziarie dell’Unione e nel quale la Commissione garantisce la legittimità e regolarità dell’utilizzo dei fondi SIE, la decisione è senz’altro presa dall’autorità di gestione nazionale, ma nel quadro definito dall’istituzione e sotto il suo controllo successivo, il che dimostrerebbe una partecipazione della Commissione al processo decisionale.

58      A sostegno della seconda censura, l’Ungheria afferma che la Commissione è dotata di prerogative in materia di modifica dei programmi operativi disciplinati dal regolamento n. 1303/2013. Orbene, l’Ungheria sostiene di voler presentare una richiesta debitamente motivata di modifica del programma operativo, che potrebbe incidere sull’assegnazione delle risorse connesse all’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5. L’Ungheria contesta, inoltre, il fatto che il processo decisionale della Commissione diretto all’approvazione di una domanda di modifica di un programma operativo abbia inizio solo dopo la presentazione della domanda formale di modifica di detto programma. Secondo l’Ungheria, è a partire dal momento in cui si instaura un dialogo tra lo Stato membro e la Commissione per determinare l’orientamento della futura modifica che inizia il processo decisionale della Commissione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

59      La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria.

60      In via preliminare, si deve ricordare che, conformemente al considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso dall’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’«unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa», in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2020, MSD Animal Health Innovation e Intervet International/EMA, C‑178/18 P, EU:C:2020:24, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

61      Tale obiettivo fondamentale dell’Unione trova riconoscimento anche, da un lato, nell’articolo 15, paragrafo 1, TFUE, ai sensi del quale, in particolare, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel massimo rispetto possibile del principio di trasparenza, principio altresì riaffermato all’articolo 10, paragrafo 3, TUE e all’articolo 298, paragrafo 1, TFUE, nonché, dall’altro lato, all’articolo 42 della Carta, in virtù della consacrazione del diritto di accesso ai documenti (v. sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

62      A tal fine, il regolamento n. 1049/2001, come indicato al considerando 4 e all’articolo 1, mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile, fatto salvo un regime di eccezioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato che, derogando al principio stabilito da tale articolo, devono essere interpretate e applicate in senso restrittivo (v. sentenza del 7 settembre 2023, Breyer/REA, C‑135/22 P, EU:C:2023:640, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

63      Tra le eccezioni a tale accesso figura quella prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, da cui discende che l’accesso a un documento di un’istituzione dell’Unione che è stato elaborato per uso interno o che è stato ricevuto da tale istituzione e che è relativo a una questione su cui detta istituzione non abbia ancora adottato una decisione, viene negato nel caso in cui la divulgazione di tale documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione, condizioni queste che sono cumulative.

64      Nel caso di specie, i documenti controversi riguardano la corrispondenza che le autorità ungheresi hanno inviato alla Commissione in merito all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5. Essi riguardano uno scambio di opinioni interno su detto progetto di invito a presentare proposte che, alla data di adozione della decisione impugnata, non era ancora stato oggetto di pubblicazione definitiva.

65      Occorre dunque analizzare il quadro istituzionale definito dal regolamento n. 1303/2013, per stabilire se, nell’ambito dell’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, la Commissione fosse chiamata ad adottare una decisione.

66      In via preliminare, occorre rilevare che i fondi SIE rientrano nella gestione concorrente.

67      A tale proposito, dall’articolo 63, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1) risulta che «[q]uando la Commissione esegue il bilancio in regime di gestione concorrente, i compiti relativi all’esecuzione del bilancio sono delegati agli Stati membri».

68      Oltre a ciò, secondo l’articolo 73 del regolamento n. 1303/2013: «[c]onformemente al principio di gestione concorrente, gli Stati membri e la Commissione sono responsabili della gestione e del controllo dei programmi secondo le rispettive responsabilità definite dal presente regolamento e dalle norme specifiche di ciascun fondo».

69      In particolare, l’articolo 74 del regolamento n. 1303/2013 fa riferimento alle responsabilità degli Stati membri nel regime di gestione concorrente. A tale riguardo, risulta dall’articolo 74, paragrafo 1, di detto regolamento che «[g]li Stati membri adempiono agli obblighi di gestione, controllo e audit e assumono le responsabilità che ne derivano indicate nelle norme sulla gestione concorrente di cui al regolamento finanziario e alle norme specifiche di ciascun fondo».

70      Inoltre, l’articolo 75 del regolamento n. 1303/2013 determina i poteri e le responsabilità della Commissione. A tale proposito, dal paragrafo 1 di detto articolo risulta che la Commissione si accerta che gli Stati membri abbiano predisposto sistemi di controllo e che tali sistemi funzionino in modo efficace durante l’attuazione dei programmi.

71      Per quanto riguarda le responsabilità degli Stati membri, occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1303/2013 affida agli Stati membri, al livello territoriale appropriato, conformemente al proprio quadro istituzionale, giuridico e finanziario, e agli organismi da essi designati a tale scopo, la preparazione e l’attuazione dei programmi operativi e l’esecuzione dei rispettivi compiti, in partenariato con i partner pertinenti di cui all’articolo 5, dello stesso regolamento.

72      In tale contesto, dall’articolo 34, paragrafo 3, lettera d), del regolamento n. 1303/2013 risulta che la preparazione e la pubblicazione degli inviti a presentare proposte rientrano nella responsabilità esclusiva degli Stati membri.

73      Inoltre, l’articolo 125, paragrafo 3, del regolamento n. 1303/2013 dispone che, per quanto riguarda la selezione delle operazioni, spetti all’autorità di gestione nazionale elaborare e, previa approvazione, applicare procedure e criteri di selezione adeguati delle operazioni finanziate dai fondi SIE.

74      Come si evince dall’articolo 110, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1303/2013, l’approvazione menzionata all’articolo 125, paragrafo 3, di detto regolamento fa riferimento all’approvazione della metodologia e dei criteri di selezione delle operazioni da parte del comitato di sorveglianza istituito dallo Stato membro conformemente agli articoli 47 e 48 del medesimo regolamento e non a un’approvazione da parte della Commissione.

75      Le disposizioni sopra citate mostrano che gli inviti a presentare proposte disciplinati dal regolamento n. 1303/2013, che definiscono i criteri da rispettare per la selezione delle operazioni destinate ad essere finanziate dai fondi SIE, rientrano nella responsabilità esclusiva degli Stati membri.

76      Ne consegue che il regolamento n. 1303/2013 non conferisce una competenza particolare alla Commissione nel processo di ultimazione di un invito a presentare proposte disciplinato da tale regolamento, cosicché quest’ultima era legittimata a ritenere, prima facie, di non essere chiamata ad adottare una decisione relativa all’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

77      Tuttavia, spetta al Tribunale esaminare le censure dedotte dall’Ungheria a sostegno della presente parte.

–       Sulla prima censura, vertente sull’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 in considerazione dell’influenza della Commissione sull’ultimazione del progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5

78      L’Ungheria sostiene che il fatto che la Commissione, nell’ambito del processo decisionale dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, possa formulare osservazioni o, successivamente, controllare il rispetto delle sue osservazioni, a pena di rettifiche finanziarie, condiziona, in larga misura, la decisione dell’autorità di gestione nazionale relativa all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5. Tale influenza della Commissione, nel regime di gestione concorrente, deve essere intesa nel senso che una decisione proveniente da un’autorità di gestione nazionale, pur non essendo formalmente una decisione della Commissione, costituisce parte integrante del processo decisionale di quest’ultima. Pertanto, secondo l’Ungheria, le consultazioni e le deliberazioni interne tra l’autorità di gestione nazionale e la Commissione, nell’ambito dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, devono essere tutelate ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, anche se la Commissione non è chiamata ad adottare una decisione in senso stretto.

79      L’argomento dell’Ungheria solleva la questione della portata dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Più precisamente, spetta al Tribunale stabilire se, in regime di gestione concorrente, quando la Commissione avvia un dialogo con le autorità ungheresi a proposito dell’ultimazione di un invito a presentare proposte finanziato dai fondi SIE, il processo decisionale della Commissione includa anche il dialogo summenzionato, senza che quest’ultimo sfoci necessariamente nell’adozione di una decisione da parte della Commissione.

80      In conformità ad una giurisprudenza costante, per interpretare una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v. sentenza del 13 luglio 2023, G GmbH, C‑134/22, EU:C:2023:567, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

81      Per quanto riguarda il tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, occorre ricordare che esso riguarda i documenti relativi a una questione su cui un’istituzione non ha ancora adottato una decisione, il che rinvia evidentemente alla nozione di «processo decisionale dell’istituzione in corso» al momento della presentazione della domanda di accesso.

82      A tal fine, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che era possibile negare l’accesso a un documento sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 soltanto se il processo decisionale riguardava l’adozione di una decisione (sentenza del 17 dicembre 2020, De Masi e Varoufakis/BCE, C‑342/19 P, EU:C:2020:1035, punto 73).

83      Per quanto riguarda l’interpretazione contestuale, occorre osservare che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 opera una distinzione chiara in funzione della circostanza che un procedimento sia chiuso o meno. Infatti, secondo il primo comma di questa disposizione, rientra nella sfera di applicazione dell’eccezione mirante alla tutela del processo decisionale qualsiasi documento redatto da un’istituzione ad uso interno o ricevuto da un’istituzione e che riguardi una questione sulla quale quest’ultima non abbia ancora adottato una decisione. Il secondo comma della medesima disposizione prevede che, una volta presa la decisione, l’eccezione in questione copre unicamente i documenti contenenti pareri destinati a uso interno nella cornice delle deliberazioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata (sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 78).

84      Quindi, la tutela conferita dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 termina con l’adozione di una decisione.

85      Per quanto riguarda l’interpretazione teleologica, come si evince dal precedente punto 62, qualsiasi interpretazione dell’articolo in questione che vada al di là del tenore letterale stesso equivarrebbe ad estendere l’ambito di applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

86      Infatti, dai precedenti punti da 81 a 85 risulta che l’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 è subordinata all’individuazione di un processo al termine del quale il diritto dell’Unione autorizza un’istituzione dell’Unione ad adottare una determinata decisione.

87      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre ricordare che, come si evince dal precedente punto 76, la Commissione non era chiamata ad adottare una determinata decisione relativa all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

88      In secondo luogo, sebbene l’Ungheria sostenga che, nell’ambito del processo di ultimazione dell’invito a presentare proposte, hanno luogo consultazioni o deliberazioni interne tra l’autorità di gestione nazionale e la Commissione, essa, tuttavia, non sostiene che la Commissione sia chiamata ad adottare una decisione.

89      In terzo luogo, se è vero che la Commissione poteva formulare osservazioni relative al progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, in particolare riguardo alla sua coerenza con il programma operativo in cui rientrava detto progetto e al fine di garantire che i fondi SIE fossero utilizzati dalle autorità ungheresi in modo legittimo e regolare, da ciò non deriva tuttavia che tali osservazioni caratterizzino l’esistenza di un processo decisionale proprio della Commissione e consentano di assimilare detto invito a presentare proposte a una decisione di tale istituzione. Infatti, tali osservazioni non pregiudicano affatto le decisioni che la Commissione potrebbe adottare, come la decisione di procedere ad una rettifica finanziaria o quella diretta a sospendere pagamenti associati all’invito a presentare proposte.

90      Per più, quando la Commissione esprime dubbi o preoccupazioni circa la regolarità di un progetto di invito a presentare proposte disciplinato dal regolamento n. 1303/2013, occorre rilevare che l’autorità di gestione nazionale può decidere di attuare le modifiche proposte dalla Commissione, assicurandosi in tal modo che detto progetto continui a beneficiare di un cofinanziamento dell’Unione, senza che sia necessaria alcuna decisione della Commissione. Peraltro, l’autorità di gestione nazionale può anche decidere di non modificare l’invito a presentare proposte e finanziare il progetto esclusivamente sulla base di fondi impegnati dallo Stato membro. Inoltre, in caso di incompatibilità di un progetto di invito a presentare proposte con il programma operativo approvato dalla Commissione, spetta alle autorità nazionali trarne le conseguenze alla luce del diritto nazionale, tenendo conto del diritto dell’Unione.

91      A tale titolo, occorre rilevare che nulla osta a che lo Stato membro cui è rivolta la decisione della Commissione diretta all’interruzione dei termini di pagamento, alla sospensione dei pagamenti associati a un invito a presentare proposte disciplinato dal regolamento n. 1303/2013 o alla soppressione totale o parziale del contributo dell’Unione a un programma operativo decida di stanziare fondi propri a copertura della parte del finanziamento dell’Unione disimpegnata al fine di finanziare i progetti aggiudicati in base all’invito a presentare proposte. Al riguardo, occorre rilevare, in particolare, che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1303/2013, i fondi SIE sono concepiti come un’integrazione delle azioni nazionali, regionali o locali corrispondenti o come un contributo alle stesse, mentre il considerando 87 di detto regolamento precisa altresì che il sostegno dei fondi SIE non dovrebbe sostituire le spese strutturali pubbliche o assimilabili degli Stati membri (v. ordinanza del 2 settembre 2020, ENIL Brussels Office e a./Commissione, T‑613/19, non pubblicata, EU:C:2020:382, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

92      Pertanto, la semplice partecipazione della Commissione a una procedura disciplinata dalle regole di bilancio della gestione concorrente non può giustificare che tale procedura rientri nel processo decisionale di tale istituzione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, come risulta dai precedenti punti da 68 a 74, la delega, da parte della Commissione, alle autorità di gestione nazionali, che caratterizza la gestione concorrente, non produce effetti sulle rispettive competenze di quest’ultima e degli Stati membri chiaramente definite dalle disposizioni del regolamento n. 1303/2013, cosicché i processi decisionali dell’una e degli altri non possono essere confusi.

93      Da quanto precede risulta che, nell’ambito del processo di ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, la Commissione non era chiamata ad adottare una decisione. Pertanto, i documenti ricevuti dalla Commissione nel corso delle consultazioni e delle deliberazioni interne che hanno avuto luogo tra l’autorità di gestione nazionale e la Commissione nell’ambito di un siffatto processo non possono essere considerati come relativi a un processo decisionale di un’istituzione dell’Unione in corso. Di conseguenza, essi non possono essere considerati come «[relativi a] una questione su cui [un’istituzione dell’Unione] non abbia ancora adottato una decisione», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

94      La soluzione opposta si scontrerebbe con la necessità, ricordata al precedente punto 62, di interpretare restrittivamente l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

95      Pertanto, la prima censura della prima parte del terzo motivo di ricorso deve essere respinta, in quanto infondata.

–       Sulla seconda censura, vertente sull’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 in considerazione della competenza della Commissione in materia di modifica dei programmi operativi disciplinati dal regolamento n. 1303/2013

96      A sostegno della seconda censura, l’Ungheria rileva che, sebbene spetti all’autorità nazionale di gestione adottare la decisione relativa all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, la Commissione è chiamata, in forza dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 1303/2013, ad adottare una decisione sulla modifica dei programmi operativi.

97      A tale riguardo, dall’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 1303/2013 risulta che il ruolo della Commissione consiste nel garantire che le modifiche ai programmi operativi proposte dagli Stati membri rispettino le disposizioni di legge e i requisiti dell’Unione. In tale contesto, la Commissione valuta le proposte di modifica presentate dallo Stato membro interessato e può formulare raccomandazioni e osservazioni su tali proposte prima di adottare una decisione definitiva sull’approvazione delle modifiche. Quindi, se una proposta di modifica di un programma operativo è ritenuta conforme ai requisiti dell’Unione, la Commissione la approva formalmente.

98      Pertanto, in caso di modifica del programma operativo in cui rientra l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, si potrebbe ritenere che la Commissione dovesse adottare una decisione e che fosse allora in corso un processo decisionale della Commissione.

99      Tuttavia, da un lato, occorre rilevare che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, le autorità ungheresi non avevano presentato alcuna domanda di modifica del programma operativo in cui rientrava il progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

100    Dall’altro lato, i documenti controversi non riguardavano un’ipotetica domanda di modifica del programma operativo che l’Ungheria poteva presentare, ma riguardavano uno scambio di opinioni tra la Commissione e l’autorità di gestione nazionale sul progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5. Del resto, l’Ungheria non spiega in che modo l’accesso alla corrispondenza scambiata tra la Commissione e l’autorità di gestione nazionale relativa all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5 avrebbe potuto compromettere il processo decisionale relativo a un’altra procedura, ossia un’ipotetica domanda di modifica del programma operativo.

101    Ne consegue che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, non era in corso alcun processo decisionale della Commissione e che, di conseguenza, l’Ungheria non poteva validamente fondare la sua opposizione alla divulgazione dei documenti controversi sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

102    Alla luce di quanto precede, si deve respingere la seconda censura della prima parte del terzo motivo in quanto infondata e, pertanto, la prima parte dell’intero terzo motivo.

 Sulla seconda parte del terzo motivo di ricorso, vertente sull’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 al processo decisionale delle autorità di gestione nazionali

103    In subordine, l’Ungheria sostiene che, se il Tribunale dovesse dichiarare che non era la Commissione, bensì l’autorità di gestione nazionale ad essere autorizzata, nel caso di specie, ad adottare una decisione, mediante la pubblicazione di un invito a presentare proposte, allora il processo decisionale dell’autorità di gestione nazionale dovrebbe anch’esso beneficiare della tutela conferita dall’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

104    L’Ungheria rileva che, certo, conformemente al suo tenore letterale, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 tutela unicamente il processo decisionale delle istituzioni, ma che, tuttavia, tenuto conto della specificità della presente causa, occorrerebbe non limitare l’ambito di applicazione di tale disposizione alle sole istituzioni dell’Unione.

105    In primo luogo, essa sostiene che le agenzie dell’Unione sono legittimate a invocare tale eccezione al fine di tutelare il proprio processo decisionale.

106    In secondo luogo, l’Ungheria rileva, in sostanza, che un’interpretazione restrittiva dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 farebbe sì che la possibilità per gli Stati membri di chiedere, in conformità all’articolo 4, paragrafo 5, di detto regolamento, che la divulgazione di documenti sia negata tenuto conto dei motivi enunciati all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3 di detto regolamento venisse, in pratica, privata di contenuto. A tale titolo, essa rileva che gli Stati membri potrebbero invocare solamente le eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento e non sarebbero quindi in grado di tutelare il processo decisionale delle proprie autorità, il che metterebbe a repentaglio tale processo e instaurerebbe così, in un settore che incide sulle risorse finanziarie dell’Unione, una discriminazione ingiustificata fondata sulla persona che prende la decisione.

107    Inoltre, gli interessi legittimi dello Stato membro, il cui diritto nazionale consentirebbe di negare l’accesso ai documenti richiesti, non sarebbero tutelati, in quanto il diritto dell’Unione consentirebbe di eludere la norma nazionale rivolgendosi direttamente all’istituzione dell’Unione. L’Ungheria rileva che ciò nuocerebbe alla fiducia degli Stati membri nei confronti delle istituzioni e che ne deriverebbe una riduzione dell’efficacia del processo di concertazione tra gli Stati membri e la Commissione.

108    La Commissione contesta gli argomenti dell’Ungheria.

109    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001, il termine «istituzione» designa in tale regolamento il Parlamento, il Consiglio o la Commissione, mentre l’articolo 3, lettera b), di detto regolamento designa, con il termine «terzo», qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi entità esterna all’istituzione interessata, compresi gli Stati membri e le istituzioni non comunitarie.

110    Nel caso di specie, in primo luogo, dalle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 risulta che tale articolo non è volto a tutelare i processi decisionali degli Stati membri o delle persone giuridiche diverse dalle istituzioni dell’Unione. Infatti, lo stesso tenore letterale di tale disposizione riguarda unicamente i documenti relativi a «una questione su cui [l’istituzione] non abbia ancora adottato una decisione».

111    In secondo luogo, occorre ricordare che il legislatore dell’Unione ha abolito, in particolare, la regola dell’autore che vigeva allo stato della normativa anteriore al regolamento n. 1049/2001. Tale regola comportava che, qualora un documento in possesso di un’istituzione avesse per autore una persona fisica o giuridica, uno Stato membro, un’altra istituzione o un altro organo comunitario, o ancora qualunque altro ente nazionale o internazionale, la domanda di accesso al documento dovesse essere indirizzata direttamente all’autore dello stesso (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 56).

112    Pertanto, interpretare l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 nel senso di tutelare anche il processo decisionale delle autorità di gestione nazionali equivarrebbe a reintrodurre, almeno parzialmente e per vie traverse, detta regola dell’autore per qualsiasi documento che incida sull’adozione della decisione di uno Stato membro. Orbene, una siffatta interpretazione non sarebbe compatibile né con l’oggetto né con la finalità dell’articolo 15 TFUE e del regolamento n. 1049/2001, che è quella di concedere al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, in tutti i settori di attività dell’Unione, che sia il più ampio possibile.

113    In terzo luogo, come si evince dal precedente punto 62, qualsiasi interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 che vada al di là del tenore letterale stesso equivarrebbe ad estendere l’ambito di applicazione dell’eccezione prevista da tale disposizione. Si tratterebbe quindi di un’interpretazione estensiva di quest’ultima che non consentirebbe di circoscrivere la portata del motivo di diniego di cui si tratta.

114    Tali valutazioni non possono essere rimesse in discussione dagli altri argomenti dell’Ungheria.

115    In primo luogo, l’Ungheria sostiene che un’interpretazione letterale dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non consentirebbe alle agenzie dell’Unione di invocare detto articolo al fine di tutelare il proprio processo decisionale, in quanto le specifiche disposizioni che consentono di estendere il regolamento n. 1049/2001 alle agenzie riguardano solo l’ambito di applicazione propriamente detto di tale regolamento, ma non ne modificano il contenuto, tra cui l’articolo 4 del medesimo regolamento, relativo alle eccezioni alla divulgazione dei documenti. Orbene, l’Ungheria rileva che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 5 febbraio 2018, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA (T‑729/15, EU:T:2018:67), né il Tribunale né la Corte, che ha confermato la citata sentenza su impugnazione, hanno contestato l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 al processo decisionale di un’agenzia.

116    A tal riguardo, occorre rilevare che l’applicazione del regolamento n. 1049/2001 è stata estesa alle agenzie dell’Unione, in forza di specifiche disposizioni presenti nei relativi atti istitutivi. In particolare, per quanto riguarda l’Agenzia europea per i medicinali (EMA), l’articolo 73 del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1), prevede espressamente che il regolamento n. 1049/2001 si applichi ai documenti detenuti dall’EMA e che il suo consiglio di amministrazione adotti le modalità di applicazione di tale regolamento.

117    Pertanto, ai sensi delle specifiche disposizioni presenti nei loro atti istitutivi, le agenzie hanno il diritto di applicare tutte le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 allo stesso modo in cui lo fanno le istituzioni per tutti i documenti da esse detenuti.

118    Ne consegue che, come correttamente rilevato dalla Commissione, l’applicazione del regolamento n. 1049/2001 ai processi decisionali dell’EMA e delle altre agenzie dell’Unione risulta da norme chiare e univoche del diritto derivato dell’Unione e non è il risultato di un’interpretazione estensiva, da parte del Tribunale, della nozione di «istituzione» ai sensi di detto regolamento.

119    In secondo luogo, l’Ungheria rileva che un’interpretazione restrittiva dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 farebbe sì che la possibilità per gli Stati membri di chiedere, in conformità all’articolo 4, paragrafo 5, di detto regolamento, che la divulgazione di documenti sia negata tenuto conto dei motivi enunciati all’articolo 4, paragrafo 3, venisse, in pratica, privata di contenuto.

120    A tale proposito, è vero che la giurisprudenza ha ammesso che uno Stato membro possa invocare l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti 76, 81, 83 e 93, e del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punti da 62 a 66).

121    Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 si applica ai documenti provenienti dagli Stati membri ricevuti da un’istituzione dell’Unione riguardanti un processo decisionale di quest’ultima in corso. Questo articolo non si applica pertanto ai documenti relativi al processo decisionale di uno Stato membro.

122    In terzo luogo, non possono essere accolti neppure gli argomenti dell’Ungheria vertenti sulla messa a repentaglio del processo decisionale delle autorità di gestione nazionali e sulla tutela degli interessi legittimi degli Stati membri, di cui il diritto nazionale garantisce la tutela.

123    Infatti, l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 prevede che tale regolamento riguardi tutti i documenti detenuti da un’istituzione dell’Unione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione. Da tale articolo risulta quindi che, in linea di principio, fatti salvi i documenti definiti come sensibili, che sono soggetti a un trattamento speciale ai sensi del paragrafo 5 del medesimo articolo, un documento trasmesso, da un’autorità nazionale a un’istituzione dell’Unione è, a partire da tale momento, soggetto esclusivamente al diritto dell’Unione e sotto la responsabilità di tale istituzione nell’ambito di una domanda di accesso al documento rivolta a tale istituzione.

124    Peraltro, occorre rilevare che gli interessi legittimi degli Stati membri possono essere tutelati anche mediante l’applicazione delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001.

125    In quarto luogo, l’Ungheria rileva che il fatto di non tutelare il processo decisionale delle autorità di gestione nazionali nuocerebbe alla fiducia degli Stati membri nei confronti delle istituzioni e che ne deriverebbe una riduzione dell’efficacia del processo di concertazione tra gli Stati membri e la Commissione.

126    Occorre rilevare che il mero riferimento a un rischio di ripercussioni negative sulla comunicazione tra gli Stati membri e le istituzioni e alla riduzione dell’efficacia del processo di concertazione tra le parti non può essere sufficiente per ritenere che il processo decisionale delle autorità di gestione nazionali debba essere tutelato anche dall’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, ciò equivarrebbe ad attribuire agli Stati membri un potere discrezionale in materia o, quanto meno, a subordinare la politica di accesso ai documenti posta in essere da tale regolamento alle corrispondenti politiche nazionali. Orbene, ciò non sarebbe compatibile né con il sistema di accesso ai documenti istituito dal regolamento n. 1049/2001 né con l’obbligo di una collaborazione leale con la Commissione gravante sugli Stati membri in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2011, Batchelor/Commissione, T‑250/08, EU:C:2011:236, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

127    Ne consegue che l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non può essere interpretata nel senso di tutelare anche il processo decisionale di un’autorità di gestione nazionale. Pertanto, la seconda parte del terzo motivo di ricorso deve essere respinta in quanto infondata.

 Sulla terza parte del terzo motivo di ricorso, vertente su un pregiudizio grave, effettivo e concreto alla tutela del processo decisionale connesso all’ultimazione del progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5

128    A sostegno di tale parte, l’Ungheria sostiene che rendere pubblica tutta la corrispondenza scambiata tra le autorità ungheresi e la Commissione riguardo all’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5 potrebbe compromettere l’ultimazione di detto invito, in quanto la divulgazione dei documenti controversi potrebbe conferire a talune organizzazioni un’informazione privilegiata che consentirebbe loro di preparare meglio le loro candidature all’invito a presentare proposte a scapito di altre organizzazioni concorrenti che non dispongono dello stesso livello di informazione.

129    Nelle circostanze della presente causa, il Tribunale ritiene che occorra esaminare, ad abundantiam, se la condizione menzionata al precedente punto 63 e vertente su un grave pregiudizio alla tutela del processo decisionale sia soddisfatta e analizzare quindi i motivi dedotti dall’Ungheria per giustificare l’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, supponendo che tale disposizione sia applicabile nel caso di specie.

130    A tale riguardo, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (v. sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

131    Più precisamente, l’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 presuppone che sia dimostrato che l’accesso ai documenti richiesti sia tale da arrecare concreto ed effettivo pregiudizio alla tutela del processo decisionale dell’istituzione e che tale rischio di pregiudizio sia ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

132    Inoltre, per rientrare nell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, il pregiudizio al processo decisionale deve essere grave. Ciò in particolare ricorre quando la divulgazione del documento considerato ha un impatto sostanziale sul processo decisionale. La valutazione della gravità dipende dall’insieme delle circostanze del caso di specie, in particolare dagli effetti negativi di tale divulgazione sul processo decisionale invocati dall’istituzione (v. sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:C:2011:252, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

133    Nel caso di specie, i motivi dedotti dall’Ungheria non consentono di stabilire in che modo la divulgazione dei documenti controversi potrebbe incidere, in modo effettivo, grave e concreto, sul processo decisionale della Commissione.

134    Infatti, l’Ungheria si limita a sostenere che la divulgazione dei documenti controversi potrebbe compromettere gravemente i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, in quanto potenziali beneficiari dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5 potrebbero ottenere informazioni che procurino loro un vantaggio concorrenziale sleale.

135    Orbene, occorre rilevare che le affermazioni dell’Ungheria non sono in alcun modo suffragate né da un’argomentazione circostanziata né da elementi di prova idonei a dimostrare che il rischio reale di un vantaggio concorrenziale sleale sarebbe esistito se i documenti controversi fossero stati divulgati prima che l’autorità di gestione nazionale adottasse definitivamente l’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

136    Peraltro, come risulta dalla giurisprudenza, il mero riferimento ad un rischio di ripercussioni pregiudizievoli connesso all’accesso a documenti interni e alla possibilità che gli interessati possano esercitare un’influenza sul procedimento non è sufficiente a dimostrare che la divulgazione di detti documenti pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell’istituzione interessata (sentenza del 13 luglio 2017, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 83).

137    Inoltre, l’Ungheria non ha fornito precisazioni che consentano di contestare l’analisi della Commissione secondo la quale la divulgazione dei documenti controversi non poteva, alla data di adozione della decisione impugnata, compromettere il processo decisionale in corso connesso all’ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5, in quanto il contenuto di tale invito a presentare proposte, in tale data, era accessibile online al pubblico.

138    Infatti, dalla giurisprudenza risulta che, nell’ambito della valutazione del rischio che la divulgazione di un documento arrechi pregiudizio a un interesse tutelato dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, il Tribunale può prendere in considerazione il fatto che nella sostanza il contenuto del documento, di cui viene chiesta la divulgazione, sia già stato reso pubblico prima dell’adozione della decisione che nega o meno l’accesso a tale documento (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 60).

139    Peraltro, la Commissione rileva che tutti i documenti provenienti dalla Commissione sono stati comunicati al terzo richiedente. Quindi, quest’ultimo ha una conoscenza precisa del contesto e dell’oggetto delle discussioni tra la Commissione e le autorità ungheresi per quanto riguarda il progetto di invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

140    Pertanto, l’obbligo stabilito dalla giurisprudenza di valutare restrittivamente l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 porta a constatare che l’Ungheria non ha dimostrato che la divulgazione dei documenti controversi avrebbe comportato, alla data in cui tale divulgazione era richiesta, un pregiudizio effettivo e grave al processo decisionale connesso alla ultimazione dell’invito a presentare proposte EFOP 2.2.5.

141    La Commissione ha quindi correttamente considerato che, nelle circostanze specifiche del caso, il motivo dedotto dall’Ungheria, relativo al rischio di vantaggio concorrenziale sleale, non era fondato.

142    Di conseguenza, si deve respingere la terza parte del terzo motivo di ricorso in quanto infondata e, pertanto, l’intero terzo motivo di ricorso.

 Sul quarto motivo di ricorso, relativo alla violazione dellarticolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

143    A sostegno di tale motivo di ricorso, l’Ungheria afferma che, se il Tribunale dovesse dichiarare che l’attività di gestione concorrente della Commissione non può rientrare nel processo decisionale di quest’ultima, non vi è alcun dubbio che tale attività dovrebbe essere considerata rientrante nell’ambito di applicazione delle attività di indagine menzionate all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

144    Occorre rilevare che l’Ungheria non suffraga in alcun modo la sua allegazione secondo cui l’attività di gestione concorrente della Commissione dovrebbe essere considerata rientrante nell’ambito di applicazione delle attività di indagine menzionate all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

145    Orbene, si deve ricordare che, in forza dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti nonché un’esposizione sommaria di detti motivi. In particolare, ogni atto introduttivo di ricorso deve esporre esplicitamente in cosa consista il motivo su cui è fondato, sicché la sua semplice enunciazione astratta non soddisfa le prescrizioni del regolamento di procedura. Requisiti analoghi sono imposti quando viene formulato un argomento a sostegno di un motivo di ricorso dedotto (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2021, Ayuntamiento de Quart de Poblet/Commissione, T‑539/18, non pubblicata, EU:T:2021:123, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

146    Pertanto, poiché l’argomento dell’Ungheria secondo cui l’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 dovrebbe applicarsi al caso di specie non soddisfa i requisiti menzionati dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, esso deve essere respinto in quanto irricevibile.

147    Di conseguenza, occorre respingere il quarto motivo di ricorso e, quindi, l’intero ricorso.

 Sulle spese

148    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

149    Nel caso di specie, l’Ungheria, rimasta soccombente, va condannata alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Ungheria è condannata alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario.

Truchot

Kanninen

Buttigieg

Sampol Pucurull

 

      Perišin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 luglio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.