Language of document : ECLI:EU:C:2021:763

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 23 settembre 2021 (1)

Causa C433/20

Austro-Mechana Gesellschaft zur Wahrnehmung mechanisch-musikalischer Urheberrechte Gesellschaft mbH

contro

Strato AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land, di Vienna, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Diritto d’autore e diritti connessi – Direttiva 2001/29/CE – Articolo 2 – Diritto di riproduzione – Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) – Eccezione per copia privata – Server di proprietà di terzi messi a disposizione di persone fisiche per uso privato – Fornitura di un servizio di cloud computing – Interpretazione dell’espressione “su qualsiasi supporto” – Equo compenso»






I.      Introduzione

1.        L’avvento della fotocopiatrice commerciale a partire dalla fine degli anni ’50 è stato forse solo il primo di una serie di sviluppi tecnologici che hanno portato a contestare le concezioni tradizionali del diritto d’autore e dei diritti connessi e, in particolare, le eccezioni e le limitazioni ad esso. La comparsa della fotocopiatrice ha permesso di riprodurre facilmente il materiale protetto dal diritto d’autore in modo pressoché impossibile da controllare o individuare. La rivoluzione digitale, tuttora in corso dalla comparsa di Internet e del world wide web all’inizio degli anni ’90, ha posto sfide sempre maggiori a queste concezioni tradizionali.

2.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale presenta un altro aspetto di questo problema emergente. Se una persona fisica, legittimamente in possesso di materiale protetto dal diritto d’autore, abbia il diritto di fare una copia di tale materiale per i propri scopi puramente privati e, dietro pagamento di un corrispettivo, di memorizzarlo su un server commerciale utilizzando tecniche di cloud computing e, in tal caso, quale sia l’eventuale compenso dovuto al titolare del diritto d’autore. È questa, in sostanza, la problematica sollevata nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale dall’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land, Vienna, Austria), che è stata depositata presso la cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea il 15 settembre 2020. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (2).

3.        La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposte l’Austro-Mechana Gesellschaft zur Wahrnehmung mechanisch-musikalischer Urheberrechte Gesellschaft mbH (in prosieguo: l’«Austro-Mechana»), una società di gestione collettiva dei diritti d’autore, e la Strato AG (in prosieguo: la «Strato»), una società con sede in Germania che fornisce un servizio di memorizzazione dei dati su cloud. Il procedimento dinanzi al giudice del rinvio verte sulla questione se sia dovuto un compenso per lo sfruttamento del diritto di riproduzione da parte della Strato per la capacità di memorizzazione su cloud da essa fornita in Austria a persone fisiche per uso privato.

4.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre alla Corte l’occasione di esaminare la questione della copia da parte di persone fisiche per uso privato nell’ambiente digitale e, più in particolare, la riproduzione o la memorizzazione su cloud (3) di contenuti protetti dal diritto d’autore.

5.        Occorre sottolineare che, quando un’eccezione «per copia privata» al diritto esclusivo di riproduzione di cui all’articolo 2 della direttiva 2001/29 è stata adottata da uno Stato membro in forza dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della medesima direttiva, tale copia è lecita purché venga corrisposto al titolare del diritto quello che è definito come equo compenso. Se, beninteso, lo Stato membro in questione non si avvale dell’esenzione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), una siffatta riproduzione del materiale protetto dal diritto d’autore senza l’autorizzazione del titolare di tale diritto sarebbe manifestamente illegittima in quanto contraria all’articolo 2 (4).

6.        Nella presente causa, la Corte è chiamata, innanzi tutto, a esaminare se, ed eventualmente in quale misura, l’eccezione per copia privata si applichi anche alle riproduzioni nel cloud di contenuti protetti dal diritto d’autore effettuate da persone fisiche per uso privato. Nel caso in cui la Corte ritenesse che l’eccezione per copia privata si applichi anche a tali riproduzioni, essa dovrebbe allora esaminare quale sia (eventualmente) l’«equo compenso», ai sensi del disposto di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, che sarebbe dovuto ai titolari del diritto per la memorizzazione nel cloud resa disponibile a persone fisiche per uso privato da parte dei fornitori di servizi Internet.

7.        In particolare, atteso che un prelievo può essere già stato pagato dalle persone fisiche all’atto dell’acquisto di dispositivi, supporti o apparecchiature – quali smartphone, tablet o computer (5) – che consentono la memorizzazione e, quindi, la riproduzione di contenuti protetti dal diritto d’autore nel cloud e forniscono così un (equo) compenso ai titolari dei diritti per il danno subito a causa della copia, si pone allora la questione se un prelievo (supplementare) debba essere versato a titolo di «equo compenso» richiesto dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 dai fornitori di servizi Internet che mettono a disposizione la memorizzazione nel cloud di questi stessi contenuti.

8.        Prima di esaminare tali questioni, occorre tuttavia illustrare, in via preliminare, il contesto normativo nel quale si inserisce la presente causa.

II.    Contesto normativo

A.      Direttiva 2001/29

9.        I considerando 2, 5, 9, 10, 31, 32, 35, 38 e 44 della direttiva 2001/29 sono così formulati:

«(2)      Il Consiglio europeo nella sua riunione di Corfù del 24 e 25 giugno 1994 ha sottolineato la necessità di istituire un quadro giuridico generale e flessibile a livello comunitario per favorire lo sviluppo della società dell’informazione in Europa. Ciò presuppone, tra l’altro, l’esistenza di un mercato interno dei nuovi prodotti e servizi. Sono già stati o stanno per essere adottati importanti atti legislativi comunitari per attuare tale quadro normativo. Il diritto d’autore e i diritti connessi svolgono un’importante funzione in questo contesto in quanto proteggono e stimolano lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi prodotti e servizi nonché la creazione e lo sfruttamento del loro contenuto creativo.

(...)

(5)      Lo sviluppo tecnologico ha moltiplicato e diversificato i vettori della creazione, della produzione e dello sfruttamento. Anche se non sono necessari nuovi concetti in materia di protezione della proprietà intellettuale, si dovrebbe adattare e integrare le normative attuali sul diritto d’autore e sui diritti connessi per rispondere adeguatamente alle realtà economiche, quali le nuove forme di sfruttamento.

(...)

(9)      Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale. La loro protezione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo della creatività nell’interesse di autori, interpreti o esecutori, produttori e consumatori, nonché della cultura, dell’industria e del pubblico in generale. Si è pertanto riconosciuto che la proprietà intellettuale costituisce parte integrante del diritto di proprietà.

(10)      Per continuare la loro attività creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, come pure i produttori per poter finanziare tale creazione. (...)

(...)

(31)      Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. (...)

(32)      La presente direttiva fornisce un elenco esaustivo delle eccezioni e limitazioni al diritto di riproduzione e al diritto di comunicazione al pubblico. Talune eccezioni o limitazioni si applicano, se del caso, solo al diritto di riproduzione. Tale elenco tiene debito conto delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri e mira, allo stesso tempo, a garantire il funzionamento del mercato interno. Gli Stati membri dovrebbero arrivare ad applicare in modo coerente tali eccezioni e limitazioni e ciò dovrebbe essere valutato al momento del riesame futuro della legislazione di attuazione.

(...)

(35)      In taluni casi di eccezioni o limitazioni i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano adeguatamente indennizzati per l’uso delle loro opere o dei materiali protetti. Nel determinare la forma, le modalità e l’eventuale entità di detto equo compenso si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell’eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e derivante dall’atto in questione. Se i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell’ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte. Il livello dell’equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento.

(...)

(38)      Si dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere un’eccezione o una limitazione al diritto di riproduzione per taluni tipi di riproduzione di materiale sonoro, visivo e audiovisivo ad uso privato con un equo compenso. Si potrebbe prevedere in questo contesto l’introduzione o il mantenimento di sistemi di remunerazione per indennizzare i titolari dei diritti del pregiudizio subito. (...)

(...)

(44)      La facoltà di applicare le eccezioni e le limitazioni previste nella presente direttiva deve essere esercitata nel rispetto degli obblighi internazionali. Le eccezioni e le limitazioni non possono essere applicate in modo da arrecare pregiudizio agli interessi legittimi dei titolari dei diritti o da essere in contrasto con la normale utilizzazione economica delle loro opere o materiali protetti. L’introduzione di tali eccezioni o limitazioni da parte degli Stati membri deve in particolare tenere debitamente conto dell’accresciuto impatto economico che esse possono avere nel contesto del nuovo ambiente elettronico. È pertanto possibile che la portata di alcune eccezioni o limitazioni debba essere ulteriormente limitata nel caso di taluni nuovi utilizzi di opere e materiali protetti».

10.      L’articolo 2 della direttiva 2001/29, rubricato «Diritto di riproduzione», ha il seguente tenore:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)      agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

b)      agli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

c)      ai produttori di fonogrammi, per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

d)      ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

e)      agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

11.      L’articolo 3 della direttiva 2001/29, rubricato «Diritto di comunicazione di opere al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.

2.      Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente:

a)      gli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

b)      ai produttori di fonogrammi, per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

c)      ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

d)      agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite.

3.      I diritti di cui ai paragrafi 1 e 2 non si esauriscono con alcun atto di comunicazione al pubblico o con la loro messa a disposizione del pubblico, come indicato nel presente articolo».

12.      L’articolo 5 della direttiva 2001/29, rubricato «Eccezioni e limitazioni», stabilisce, al paragrafo 2, lettera b):

«Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:

(...)

b)      le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso che tenga conto dell’applicazione o meno delle misure tecnologiche di cui all’articolo 6 all’opera o agli altri materiali interessati».

13.      Il successivo paragrafo 5 del medesimo articolo 5 così recita:

«Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio [ai legittimi interessi] del titolare».

B.      Normativa austriaca

14.      L’articolo 42b, paragrafo 1, dell’Urheberrechtsgesetz austriaco (legge sul diritto d’autore; in prosieguo: l’«UrhG») (6), nella versione applicabile alla data della controversia di cui al procedimento principale (7), così dispone:

«(1)      Nel caso in cui debba presumersi che di un’opera (...) vengano effettuate, in considerazione della sua natura, riproduzioni mediante trasferimento su supporti di registrazione (...), a fini personali o privati, l’autore ha diritto alla corresponsione di un equo compenso (compenso per supporto di registrazione) qualora i supporti di registrazione di qualsiasi tipo idonei a riproduzioni di tal genere siano stati immessi in commercio nel territorio nazionale».

III. Fatti del procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale

15.      L’Austro‑Mechana è una società di gestione collettiva dei diritti d’autore che tutela, a titolo fiduciario, i diritti di utilizzazione e di remunerazione relativi ad opere musicali (con e senza testo) in nome proprio, ma nell’interesse e per conto dei beneficiari di tali diritti. Tra gli interessi protetti dalle società di gestione collettiva quali l’Austro‑Mechana figurano, in particolare, i diritti di remunerazione statutory previsti dall’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG, vale a dire il diritto di remunerazione per supporto di registrazione.

16.      L’Austro-Mechana ha adito l’Handelsgericht Wien (Tribunale commerciale di Vienna, Austria) con un’azione contro la Strato, società con sede in Germania, che fornisce un servizio denominato «HiDrive». Il servizio in questione è descritto dal suo fornitore come «un’archiviazione virtuale su cloud che funziona alla velocità di un disco rigido (esterno) con la stessa facilità d’uso». La Strato afferma che lo spazio di archiviazione «fornito è sufficiente a contenere foto, musica e film in maniera centralizzata in un unico luogo».

17.      L’Austro‑Mechana chiedeva la rendicontazione e, successivamente, il pagamento di un compenso per supporto di registrazione dovuto da Strato ai sensi dell’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG  Essa asserisce che il testo dell’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG sarebbe stato deliberatamente formulato in termini generici sicché il diritto al compenso per supporto di registrazione sorgerebbe anche quando i supporti di registrazione di qualsiasi tipo «siano immessi in commercio» nel territorio nazionale, in qualsiasi modo e forma, inclusa la messa a disposizione di uno spazio di archiviazione nel «cloud». A suo avviso, l’espressione descrittiva «essere immessi in commercio» non si riferirebbe alla distribuzione fisica, bensì lascerebbe deliberatamente spazio all’inclusione di tutte le operazioni che comportano la messa a disposizione degli utenti di uno spazio di archiviazione nel territorio nazionale per effettuare riproduzioni a fini (personali o) privati. Inoltre, l’articolo 42b, paragrafo 3, dell’UrhG stabilirebbe altresì l’irrilevanza del luogo, nazionale o estero, di immissione sul mercato.

18.      La Strato ha contestato la domanda, eccependo che la versione vigente dell’UrhG non prevede un compenso per i servizi di cloud e che il legislatore, essendo al corrente delle possibilità offerte dalla tecnica, ha deliberatamente scelto di non prevedere tale opzione. Secondo la Strato, i servizi di cloud e i supporti fisici di registrazione non sono comparabili. Un’interpretazione che includa i servizi di cloud  non sarebbe praticabile, in quanto non vengono immessi sul mercato supporti di registrazione, bensì viene messo a disposizione solo uno spazio di archiviazione. La Strato ha sostenuto di non vendere né noleggiare supporti fisici di registrazione in Austria, ma di limitarsi a offrire spazi di archiviazione online sui propri server ospitati in Germania. La Strato ha altresì affermato di avere già versato indirettamente (in quanto incorporata nel prezzo fissato dal produttore/importatore) l’imposta sui diritti d’autore per i propri server in Germania. Inoltre, gli utenti austriaci avrebbero già corrisposto un’imposta sui diritti d’autore per i dispositivi senza i quali è addirittura impossibile caricare i contenuti nel cloud. L’applicazione di un ulteriore compenso per supporto di registrazione relativo all’archiviazione nel cloud comporterebbe una duplicazione o addirittura una triplicazione dell’obbligo tributario.

19.      L’Handelsgericht Wien (Tribunale di commercio di Vienna) ha respinto la domanda. Esso ha dichiarato, in sostanza, che gli autori e i titolari di un diritto connesso (i «titolari dei diritti») hanno diritto alla corresponsione di un equo compenso qualora i supporti di registrazione (provenienti dal territorio nazionale o dall’estero) siano stati immessi in commercio nel territorio nazionale, nel caso in cui debba presumersi che di un materiale protetto vengano effettuate, in considerazione della sua natura, riproduzioni mediante trasferimento su supporti di registrazione a fini personali o privati (in una modalità consentita dall’articolo 42, paragrafi da 2 a 7, dell’UrhG), con specifico riguardo a supporti di registrazione di qualsiasi tipo idonei a riproduzioni di tal genere.

20.      L’Handelsgericht Wien (Tribunale di commercio di Vienna) ha precisato che l’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG, che riguarda espressamente i «supporti di registrazione di qualsiasi tipo», include i dischi rigidi – interni ed esterni – del computer. Esso ha altresì dichiarato che i servizi di cloud si presentano nelle forme più svariate. La sostanza del servizio consisterebbe nel garantire una certa capacità di archiviazione all’utente senza che quest’ultimo possa pretendere di archiviare i contenuti su un determinato server o su determinati server, essendogli riconosciuta la sola possibilità di accedere alla capacità di archiviazione «in qualche luogo del cloud del fornitore». Secondo detto giudice, la Strato non cederebbe quindi ai propri clienti supporti di registrazione, bensì metterebbe a disposizione – a titolo di servizio – una capacità di archiviazione online. Nelle consultazioni riguardanti la bozza della Urh-Nov(8) era stato esplicitamente richiesto, formulando altresì pertinenti proposte, di tener conto dell’archiviazione nel cloud, ma il legislatore ha deliberatamente escluso una normativa del genere.

21.      L’Austro-Mechana ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Il giudice del rinvio ritiene che la questione se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 comprenda l’archiviazione su cloud di contenuti protetti dal diritto d’autore non sia del tutto chiaro. A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 29 novembre 2017, VCAST (C‑265/16, EU:C:2017:913; in prosieguo: la «sentenza VCAST»), la Corte ha dichiarato che la memorizzazione di contenuti protetti nel cloud equivale a uno sfruttamento dei diritti riservati all’autore.

22.      Alla luce delle considerazioni che precedono, l’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land di Vienna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«(1)      Se la nozione “su qualsiasi supporto” di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva [2001/29] debba essere interpretata nel senso che essa include anche i server di proprietà di terzi, i quali mettono ivi a disposizione di persone fisiche (clienti) a fini privati (e non per scopi di lucro diretti o indiretti) uno spazio di archiviazione, che i clienti utilizzano per effettuare riproduzioni mediante archiviazione («cloud computing»).

(2)      In caso di risposta affermativa: se la disposizione citata nella prima questione debba essere interpretata nel senso che essa si applica ad una normativa nazionale in base alla quale l’autore ha diritto ad un equo compenso (compenso per supporto di registrazione):

qualora debba presumersi che di un’opera (trasmessa a mezzo radio, messa a disposizione del pubblico ovvero trasferita su un supporto di registrazione prodotto a fini commerciali), vengano effettuate, in considerazione della sua natura, riproduzioni a fini personali o privati, mediante memorizzazione su un “supporto di registrazione di qualsiasi tipo idoneo a riproduzioni di tal genere e immesso in commercio nel territorio nazionale”,

e nel caso in cui, a tal fine, venga impiegato il metodo di archiviazione descritto nella prima questione».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

23.      Hanno presentato osservazioni scritte l’Austro‑Mechana, la Strato, i governi danese, francese, dei Paesi Bassi e austriaco nonché la Commissione europea.

24.      All’udienza che si è svolta il 7 luglio 2021 dinanzi alla Corte, tutti hanno presentato osservazioni orali, ad eccezione del governo danese.

V.      Analisi

A.      Sulla prima questione

25.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’eccezione per copia privata prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 riguardi le riproduzioni effettuate da persone fisiche a uso privato nello spazio di archiviazione o nelle memorie (su cloud) messi a disposizione o forniti da un terzo che sia un fornitore di servizi Internet. Detto giudice chiede, in sostanza, se l’espressione «riproduzioni su qualsiasi supporto» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 comprenda la riproduzione basata su servizi di cloud computing forniti da un terzo.

26.      Dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che la prima questione pregiudiziale è sorta segnatamente a causa dell’uso dell’espressione «immessi in commercio nel territorio nazionale» di cui all’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG. La Strato ha fatto valere sia dinanzi al giudice del rinvio sia dinanzi alla Corte che il legislatore austriaco ha chiaramente inteso, utilizzando tali termini, porre in essere un modello di compensazione dei titolari di diritti incentrato esclusivamente sulla commercializzazione di supporti/substrati di registrazione fisici ed escludere così l’utilizzazione di servizi di cloud computing forniti da terzi (9).

27.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta altresì che il giudice del rinvio chieda chiarimenti sulla sentenza VCAST e, in particolare, sulla misura in cui tale sentenza può essere applicata ai fatti e alla controversia di cui al procedimento principale.

28.      Occorre rilevare che, a differenza dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, che ha carattere obbligatorio, le eccezioni o limitazioni di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, di detta direttiva relative al diritto di riproduzione sono meramente facoltative da parte degli Stati membri (10).

29.      Nelle conclusioni presentate nelle cause riunite VG Wort (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:34, paragrafi da 35 a 37), l’avvocato generale Sharpston ha rilevato che la natura facoltativa delle eccezioni o limitazioni conferisce agli Stati membri una certa libertà d’azione in questo ambito. Ha quindi ritenuto che uno Stato membro poteva introdurre una misura che non si spingeva fino alle disposizioni di cui trattasi. Ad esempio, secondo l’avvocato generale Sharpston, uno Stato membro può, sulla base dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, prevedere un’eccezione per le riproduzioni effettuate da una persona fisica solo su carta ed esclusivamente a fini di attività privata di studio, dal momento che la portata di tale eccezione sarebbe più ristretta, ma comunque compresa in quanto consentito.

30.      È d’uopo tuttavia rilevare che, successivamente, nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 33), la Corte ha precisato che gli Stati membri non possono prevedere modalità di equo compenso che comporterebbero una disparità di trattamento ingiustificata tra le varie categorie di operatori economici che commercializzano beni simili ricompresi nell’eccezione per copia privata o tra le differenti categorie di utilizzatori di materiali protetti.

31.      Da parte mia, ritengo che lo stesso approccio debba applicarsi ai servizi. Si potrebbe affermare, più in generale, che, sebbene gli Stati membri dispongano di un ampio potere discrezionale (11) quanto al modo in cui si avvalgono dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), nella loro legislazione nazionale essi non possono tuttavia legiferare a tal fine in un modo da contraddire o essere altrimenti in contrasto con la finalità sottese alla stessa direttiva 2001/29 (12). Sarebbe, ad esempio, importante sottolineare che gli Stati membri che scelgono di avvalersi dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), devono farlo in modo neutro sul piano tecnologico (13).

32.      Di conseguenza, ciò che è in discussione nel caso di specie è l’effettivo ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 piuttosto che la misura in cui detto ambito di applicazione può essere limitato da uno Stato membro al momento della trasposizione di tale disposizione nel diritto nazionale, applicando un prelievo per copia privata, forse ingiustificatamente, solo a taluni beni o servizi. A tal riguardo, la formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 è chiarissima: gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione di cui all’articolo 2 di tale direttiva per quanto riguarda le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica (14) per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali purché i titolari di tale diritto esclusivo ricevano un equo compenso (15).

33.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, disposizioni quali l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, che derogano al diritto di riproduzione istituito dall’articolo 2 di tale direttiva, vanno interpretate restrittivamente, cosicché esso non consente un’interpretazione che vada oltre le ipotesi prese in considerazione esplicitamente (16). La Corte ha anche statuito che la realizzazione di una copia da parte di una persona fisica che agisca a titolo privato deve essere considerata quale atto idoneo a causare un pregiudizio per il titolare dei diritti interessato, qualora essa sia realizzata senza chiedere la previa autorizzazione al suddetto titolare (17). Inoltre, la Corte ha dichiarato che, sebbene l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 vada inteso nel senso che l’eccezione per copia privata vieta effettivamente al titolare di diritti di avvalersi del suo diritto esclusivo di autorizzare o di vietare riproduzioni nei confronti delle persone che realizzano copie private delle sue opere, tale disposizione non deve essere interpretata nel senso che essa imponga al titolare del diritto d’autore di tollerare, oltre a tale limitazione espressamente prevista, violazioni dei suoi diritti che la realizzazione di copie private può comportare (18).

34.      Il giudice del rinvio ha affermato nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale che l’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG traspone l’eccezione per copia privata di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Quest’ultima norma, tuttavia, non utilizza termini equivalenti all’espressione «immessi in commercio nel territorio nazionale», di cui all’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG. Peraltro, nulla indica che il legislatore dell’Unione abbia inteso limitare l’ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 ai soli supporti o substrati fisici.

35.      Si ha invece la netta impressione che l’uso dei termini ampi e tecnologicamente neutri – «riproduzioni su qualsiasi supporto» (19) – che sono contenuti nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, depongono a sfavore di una siffatta interpretazione (20). Un’interpretazione letterale di questi soli termini (21) garantisce, a mio avviso, che l’eccezione non è limitata alle riproduzioni su supporti o substrati fisici o, addirittura, in forma analogica o non digitale (22). L’eccezione riguarda quindi, in particolare, le riproduzioni in forma analogica e digitale (23) e le riproduzioni su un substrato fisico come la carta o i CD/DVD o su un supporto/substrato leggermente più intangibile, come nella fattispecie di cui al procedimento principale, lo spazio o la capacità di archiviazione (24) messi a disposizione nel cloud da un fornitore di servizi Internet. A tale riguardo, il testo dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere contrapposto all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della medesima direttiva, in quanto quest’ultima norma prevede espressamente che il suo ambito di applicazione sia limitato alle «riproduzioni su carta o supporto simile» (25).

36.       Tale conclusione è peraltro corroborata da uno degli obiettivi principali perseguiti dalla direttiva 2001/29, ossia garantire che la protezione del diritto d’autore nell’Unione non diventi sorpassata e obsoleta a causa dell’evoluzione tecnologica e della comparsa di nuove forme di sfruttamento di contenuti protetti dal diritto d’autore (26). Il suddetto obiettivo, tuttavia, risulterebbe pregiudicato se le eccezioni e le limitazioni a tale protezione che, secondo il considerando 31 della direttiva 2001/29, sono state adottate alla luce del nuovo ambiente elettronico, fossero interpretate in modo tale da avere l’effetto di escludere che venga analogamente tenuto conto di siffatti sviluppi tecnologici e dell’affermarsi, in particolare, di supporti digitali e di servizi di cloud computing (27).

37.      La mia conclusione su questo punto non è modificata dal fatto che i contenuti protetti dal diritto d’autore sono riprodotti su uno spazio di archiviazione all’interno del cloud, messo a disposizione o fornito da un terzo che è un fornitore di servizi Internet. Nella sentenza VCAST (28), che riguardava anch’essa i servizi di cloud computing – sebbene nel diverso contesto dell’agevolazione del download illegale di materiale televisivo protetto dal diritto d’autore – la Corte ha ribadito la sua costante giurisprudenza secondo cui, per poter invocare l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), non è necessario che le persone fisiche interessate possiedano le apparecchiature di riproduzione. È pertanto possibile che sia un terzo a fornire dispositivi o servizi di riproduzione, cosa che costituisce la premessa di fatto necessaria affinché dette persone fisiche possano ottenere copie private (29).

38.      Come ho già indicato, nella causa che ha dato origine alla sentenza VCAST, la tecnologia cloud veniva usata dalla VCAST per fornire accesso su base commerciale a programmi televisivi (protetti dal diritto d’autore) prodotti da organismi televisivi italiani. In tale causa, la VCAST metteva illegittimamente a disposizione dei suoi clienti, su Internet, un sistema di videoregistrazione utilizzando uno spazio di memorizzazione su cloud a tal fine (30). Per contro, la causa di cui al procedimento principale riguarda semplicemente la messa a disposizione di capacità di memorizzazione nel cloud e l’eventuale memorizzazione da parte di persone fisiche per uso privato di materiale protetto da diritto d’autore legittimamente acquisito nei computer/server del fornitore di servizi. Gli attuali progressi tecnologici non dovrebbero tuttavia oscurare il fatto che, considerato da un punto di vista giuridico, ciò può equivalere a fotocopiare l’intero libro o a «masterizzare» una copia di un CD sul disco rigido di un computer quando, negli esempi citati, il libro e il CD sono stati entrambi acquistati dal consumatore in questione (31).

39.      È vero che la violazione dei diritti d’autore rivelata nella sentenza VCAST era più grave e più nociva per il titolare di quella eventualmente riscontrabile nei fatti del caso di specie, in quanto la comunicazione al pubblico in detta causa aveva assunto la forma di trasmissione illegale che non era stata autorizzata dal titolare. Ciò non toglie che si tratterebbe, in entrambi i casi, dell’atto di riproduzione da parte di una persona fisica dei contenuti tutelati dal diritto d’autore su un «supporto». Risulta pertanto dalla sentenza VCAST (e invero dalla giurisprudenza precedente), che la Corte ha accettato implicitamente che la suddetta giurisprudenza e l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 si applicano a siffatte riproduzioni di contenuti protetti da diritto d’autore nel cloud (32). Ancora una volta, non bisogna trascurare il fatto che nei casi in cui uno Stato membro si avvalga della facoltà di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), allora l’atto di riproduzione da parte di una persona fisica a fini privati non è illecito (33), salvo che in tal caso è dovuto un equo compenso.

40.      Il fornitore di tali dispositivi o apparecchi di riproduzione non può, tuttavia, mettere a disposizione contenuti protetti dal diritto d’autore senza l’autorizzazione del titolare di tale diritto. L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 implica quindi che il titolare del diritto non sia privato in altro modo del diritto di vietare o di autorizzare l’accesso ai contenuti protetti che le persone fisiche possono voler copiare per uso privato conformemente al suo disposto (34). Nella sentenza del 10 aprile 2014, ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254, punto 41), infatti, la Corte ha statuito che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che esso non comprende l’ipotesi di copie private realizzate a partire da una fonte illegale (35).

41.      Conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, l’eccezione o la limitazione ivi prevista riguarda esclusivamente il diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 di tale direttiva (36). Essa non si estende, segnatamente, al diritto di comunicazione di opere al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti, di cui all’articolo 3 di detta direttiva.

42.      Dai fatti della sentenza VCAST risulta che in quel caso il fornitore di servizi Internet aveva fornito due servizi che consistevano nella riproduzione e nella messa a disposizione delle opere e dei materiali interessati, che venivano poi salvati in uno spazio di archiviazione dati sul cloud, acquistato dall’utente presso un altro fornitore (37). Come ho già osservato, nei fatti presentati dal giudice del rinvio non vi è alcuna indicazione che la Strato abbia fornito servizi a persone fisiche per uso privato diversi dalla capacità di archiviazione sul cloud.

43.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l’espressione «riproduzioni su qualsiasi supporto» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 includa la riproduzione basata sui servizi di cloud computing forniti da un terzo.

B.      Sulla seconda questione

44.      Alla luce della mia conclusione sulla prima questione pregiudiziale, occorre rispondere alla seconda questione posta dal giudice del rinvio. Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 esiga che una normativa nazionale in materia di copia privata, come l’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG, preveda la corresponsione di un equo compenso a favore dei titolari dei diritti per la capacità di archiviazione sul cloud messo a disposizione da terzi a persone fisiche per uso privato. Tale questione è stata sollevata alla luce del fatto che l’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG non prevede il pagamento di prelievi per servizi di cloud. Tale disposizione prevede tuttavia la riscossione di un prelievo per una serie di supporti.

45.      A tale riguardo, occorre ricordare che la Strato ha sostenuto dinanzi al giudice del rinvio di aver «versato indirettamente l’imposta sui diritti d’autore per i propri server in Germania (in quanto incorporata nel prezzo fissato dal produttore/importatore), e anche gli utenti (austriaci) avrebbero già corrisposto una siffatta imposta per i dispositivi che consentono il caricamento dei contenuti nel cloud. L’applicazione di un ulteriore compenso per supporto di registrazione relativo all’archiviazione nel cloud comporterebbe una duplicazione o addirittura una triplicazione dell’obbligo tributario».

1.      Argomenti delle parti

46.      L’Austro‑Mechana ritiene che le riproduzioni sul cloud arrechino un pregiudizio ai titolari di diritti in modo analogo alla distribuzione di supporti di registrazione o di dispositivi di riproduzione o alla fornitura di servizi di riproduzione e debbano pertanto essere oggetto di un equo compenso. Essa sostiene, pertanto, che l’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG debba essere interpretato conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 nel senso che l’equo compenso ivi previsto è dovuto per la prestazione di servizi di riproduzione sul cloud.

47.      La Strato ritiene che i servizi di cloud computing siano stati specificamente esclusi dall’articolo 42b, paragrafo 1, dell’UrhG da parte del legislatore austriaco al fine di evitare il pagamento di prelievi doppi, o addirittura tripli. A tal riguardo, essa rileva che, per usufruire dei servizi di cloud computing, il materiale protetto deve trovarsi su un supporto di memorizzazione prima di poter essere caricato sul cloud. Secondo il diritto austriaco, un prelievo connesso al diritto d’autore deve essere pagato per il supporto di memorizzazione – telefono cellulare, computer, tablet – mediante il quale viene realizzata la copia privata. Inoltre, secondo la Strato, l’utente paga una royalty per accedere all’originale. Inoltre, la Strato sostiene che l’utente non può fare molto con la semplice registrazione della copia privata sul cloud. Piuttosto, l’utente privato utilizza il cloud per consultare i contenuti scaricati su altra apparecchiatura terminale o per salvarli su quest’ultima. Tale apparecchiatura dispone, tuttavia, dei propri supporti di memorizzazione soggetti a prelievo. Pertanto, secondo la Strato, dal solo lato utente, i titolari dei diritti avrebbero fino a tre fonti di entrate: in primo luogo, l’acquisizione iniziale dell’opera, in secondo luogo, la memorizzazione sull’apparecchiatura terminale utilizzata per il caricamento, che è soggetto a un prelievo, e in terzo luogo, la memorizzazione sull’apparecchiatura terminale utilizzata per il download, anch’essa soggetta a un prelievo. La Strato ritiene inoltre, per analogia con la sentenza del 27 giugno 2013, VG Wort e a. (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426, punto 78), che quando una catena di dispositivi è utilizzata per realizzare una copia privata, il requisito dell’equo compenso può essere imposto a un solo dispositivo della catena.

48.      Il governo austriaco ritiene che un server mediante il quale sono offerti servizi di cloud computing a soggetti privati costituisca un supporto di registrazione per il quale il produttore o l’importatore è tenuto a versare una remunerazione. Tale compenso viene trasferito al prestatore dei servizi di cloud computing. Un’ulteriore richiesta di remunerazione nei confronti del prestatore di servizi sul cloud non sarebbe pertanto necessaria e rischierebbe di dar luogo a una sovracompensazione.

49.      Il governo danese ritiene che i servizi di cloud computing non possano essere equiparati alla messa a disposizione di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale a privati o alla fornitura di un servizio di riproduzione a questi ultimi. Esso ritiene, pertanto, che la sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620; in prosieguo: la «sentenza Padawan») che si applica a supporti fisici di memorizzazione quali CD e DVD e che è precedente al cloud computing non possa essere trasposta ai fatti di cui alla presente causa. Secondo il governo danese, il cloud computing non è necessario alle persone fisiche per acquisire copie private. Un servizio di cloud computing è solo uno spazio di memorizzazione digitale per contenuti digitali, e, in primo luogo, i contenuti memorizzati in questo modo possono essere accessibili ai privati solo attraverso i tipi di supporti di memorizzazione utilizzati per avviare la memorizzazione, ossia smartphone o computer. Sono dunque questi primi supporti di memorizzazione – e non il servizio di cloud computing – a costituire la condizione preliminare necessaria affinché i singoli entrino in possesso di una copia privata. Un sistema in cui i servizi di cloud computing sono soggetti a un prelievo non sembra quindi in linea con il requisito del «giusto equilibrio» di cui al considerando 31 della direttiva 2001/29. Il governo danese ritiene che vi possa essere un rischio non trascurabile di sovracompensazione, consistente nel pagare più volte la stessa copia privata. Ciò può verificarsi, in particolare, nel caso in cui vengano pagati due prelievi per il supporto di memorizzazione sul quale viene effettuata la copia e per il servizio successivo consistente nella sua memorizzazione (ad esempio, un servizio di cloud computing).

50.      Il governo francese rileva che i server utilizzati dai prestatori di servizi, anche se soggetti al pagamento di un prelievo per copia privata, non sono necessariamente messi in circolazione e acquisiti nel territorio dello Stato membro interessato dalla copia privata. Pertanto, il fatto che non si possa escludere una doppia compensazione non dovrebbe privare gli Stati membri della possibilità di assoggettare a prelievi i prestatori di servizi di memorizzazione sul cloud che forniscono servizi agli utenti residenti nel proprio territorio. In caso contrario, il risarcimento effettivo del danno derivante da copie private realizzate in tale contesto potrebbe essere inesistente (38). In ogni caso, i prelievi per copia privata dovuti nello Stato membro interessato sui dispositivi necessari per caricare contenuti da un servizio cloud non costituiscono un doppio pagamento rispetto alla remunerazione che dovrebbe essere versata dal gestore di tale servizio. Le riproduzioni effettuate su tali dispositivi che danno luogo al prelievo per copia privata costituiscono atti di copia privata distinti da quelli realizzati sul servizio cloud. Ciascuno di tali atti di riproduzione determina un danno distinto nello Stato membro interessato e richiede il versamento di un equo compenso.

2.      La sentenza Padawan

51.      Poiché l’insieme della problematica relativa alla copia privata e all’equo compenso è stato esaminato per la prima volta dalla Corte nella sentenza Padawan, può essere utile esaminare da vicino la suddetta decisione.

52.      Nella suddetta causa, un’agenzia spagnola di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale mirava a recuperare quanto era qualificato dal diritto spagnolo come prelievo per copia privata presso un soggetto che commercializzava lettori CD, DVD e lettori MP3. Ciò era stato contestato, in quanto l’applicazione di tale prelievo ai supporti digitali, indiscriminatamente e indipendentemente dalla funzione cui essi erano destinati, era ritenuta incompatibile con la direttiva 2001/29.

53.      La Corte ha anzitutto ricordato che «la realizzazione di una copia da parte di una persona fisica che agisca a titolo privato deve essere considerata quale atto idoneo a causare un pregiudizio per l’autore dell’opera interessata» (39). Pur riconoscendo che, in linea di principio, incombeva al soggetto medesimo risarcire «il danno connesso con tale riproduzione, finanziando il compenso che sarà corrisposto al titolare» (40), ha anche evidenziato le notevoli difficoltà pratiche per individuare le violazioni degli utenti privati, nonché il fatto che il pregiudizio che può derivare da tali singole violazioni potrebbe semplicemente essere minimo senza, quindi, far sorgere un obbligo di pagamento.

54.      La Corte ha poi statuito che «è consentito agli Stati membri istituire, ai fini del finanziamento dell’equo compenso, un “prelievo per copia privata” a carico non dei soggetti privati interessati, bensì di coloro che dispongono di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale e che, quindi, conseguentemente, di diritto o di fatto, mettono tali apparecchiature a disposizione dei soggetti privati ovvero rendono loro un servizio di riproduzione. Nell’ambito di un siffatto sistema, il versamento del canone per le copie private incombe quindi a tali soggetti. Certamente, in un siffatto sistema, i soggetti debitori del finanziamento dell’equo compenso non risultano essere gli utenti degli oggetti protetti, contrariamente a quanto sembra postulare il trentunesimo ’considerando’ della direttiva 2001/29. Si deve tuttavia rilevare che, da un lato, l’attività dei debitori di tale finanziamento, vale a dire la messa a disposizione degli utenti privati di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione ovvero il servizio di riproduzione da essi prestato, costituisce la premessa di fatto necessaria affinché persone fisiche possano ottenere copie private. Dall’altro, nulla impedisce che tali debitori ripercuotano l’importo del prelievo per copie private sul prezzo della messa a disposizione di tali apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione ovvero sul prezzo del servizio di riproduzione da essi reso. In tal senso, l’onere di siffatto prelievo incomberà in definitiva sugli utenti privati che pagano tale prezzo. Ciò premesso, l’utente privato a favore del quale vengano messi a disposizione dispositivi, apparecchiature e supporti di riproduzione digitale ovvero che si avvalga di un servizio di riproduzione deve essere considerato, in realtà, quale “debitore indiretto” dell’equo compenso» (41).

55.      La Corte ha poi concluso che, poiché il sistema di prelievo consente ai soggetti tenuti a versare un compenso alle società di gestione collettiva che agiscono per conto dei titolari di recuperare detto costo dagli utenti privati al momento dell’acquisto, ad esempio, di un apparecchio di registrazione, un siffatto sistema deve essere considerato, in linea di principio, conforme al giusto equilibrio da realizzare fra gli interessi dei titolari e quelli degli altri soggetti (42).

56.      La Corte ha altresì dichiarato che sussisteva necessariamente un nesso tra l’applicazione del prelievo per copie private ai consumatori privati e l’eventuale pregiudizio che poteva essere arrecato ai titolari dei diritti dalla riproduzione privata. Atteso che è presumibile che i suddetti consumatori beneficino e «sfruttino pienamente le funzioni associate a tali apparecchiature, ivi comprese quelle di riproduzione», ne conseguiva che la semplice capacità di tali apparecchiature o di tali dispositivi di realizzare copie «è sufficiente a giustificare l’applicazione del prelievo per copie private, a condizione che tali apparecchiature o dispositivi siano stati messi a disposizione delle persone fisiche quali utenti privati» (43).

3.      Analisi

57.      Come già rilevato, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 prevede che gli Stati membri che scelgono di stabilire un’eccezione detta «per uso privato» sono tenuti a garantire, nell’ambito delle loro competenze, una riscossione effettiva dell’equo compenso destinato a indennizzare i titolari dei diritti (44). Dal momento che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 ha carattere facoltativo e non precisa neanche i diversi parametri del meccanismo di equo compenso che essa impone di introdurre, è chiaro che gli Stati membri dispongono necessariamente di un ampio potere discrezionale per circoscrivere tali parametri nel loro ordinamento interno (45). Gli Stati membri possono determinare le persone che devono versare tale equo compenso (46), nonché fissarne la forma, le modalità e l’entità, nel rispetto della direttiva 2001/29 e, più in generale, del diritto dell’Unione, anche se, come già dichiarato dalla Corte, la questione dell’equo compenso è essa stessa una nozione autonoma del diritto dell’Unione (47). Come risulta dai considerando 35 e 38 della direttiva 2001/29, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva traduce la volontà del legislatore dell’Unione di istituire un sistema particolare di compensazione, la cui attuazione scaturisce da una presunzione semplice, in determinate circostanze, dell’esistenza di un pregiudizio arrecato ai titolari di diritti, il quale fa sorgere, in linea di principio, in capo agli utenti l’obbligo di indennizzare questi ultimi (48).

58.      Atteso che il potenziale di riproduzione – in particolare nell’ambiente digitale – è onnipresente e generalizzato, il legislatore dell’Unione ha introdotto l’eccezione per copia privata nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 come mezzo per garantire che i titolari dei diritti non subiscano indebitamente un pregiudizio (49) causato da dette copie (50). Qualora gli Stati membri optino per l’attuazione, nel loro ordinamento interno, dell’eccezione della copia per uso privato di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, essi sono tenuti, segnatamente, a prevedere la corresponsione di un equo compenso a favore dei titolari dei diritti.

59.      L’equo compenso è un indennizzo che non compensa in misura eccessiva o insufficiente (51) i titolari dei diritti per il pregiudizio arrecato dalla copia privata. A tal riguardo, occorre rilevare che il requisito dell’equo compenso per tale copia, di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, costituisce, per sua stessa natura, un valore indicativo o un’approssimazione del pregiudizio arrecato ai titolari dei diritti. Tenuto conto del carattere privato di una siffatta copia, e della difficoltà, se non dell’impossibilità pratica, di controllarla o individuarla, la Corte ha così consentito agli Stati membri di adottare, nell’ambito del loro margine discrezionale, talune presunzioni semplici per quanto riguarda la copia privata (52).

60.      Come la Corte ha osservato al punto 51 della sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a.  (C‑521/11, EU:C:2013:515), i sistemi di remunerazione per copia privata sono, al momento attuale, necessariamente imprecisi per la maggior parte dei supporti di registrazione, in quanto è impossibile determinare quale opera sia stata riprodotta da quale utilizzatore e su quale supporto (53). Con riferimento ad attrezzature, apparecchi e supporti di riproduzione digitale, la Corte ha statuito che è inteso che l’importo di un siffatto prelievo fissato a monte non può essere determinato in base al criterio del pregiudizio effettivo, dato che, allo stadio dell’immissione in commercio nel territorio nazionale degli apparecchi di cui trattasi, l’entità di detto pregiudizio rimane ignota. Di conseguenza, tale prelievo deve essere necessariamente concepito in modo forfettario (54).

61.      Il considerando 35 della direttiva 2001/29 chiarisce altresì che nei casi in cui i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento «in altra forma, per esempio nell’ambito di un diritto di licenza», ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte (55). Si potrebbe quindi verificare che, come chiarisce il considerando 35 della direttiva 2001/29, «allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento». Osservo altresì che, conformemente all’articolo 6 della direttiva 2001/29, come interpretata dalla Corte nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 72) gli Stati membri interessati possono subordinare il livello concreto del compenso dovuto ai titolari di diritti all’applicazione o meno di misure tecnologiche, affinché questi ultimi siano incoraggiati ad adottarle e contribuiscano, quindi, volontariamente alla corretta applicazione dell’eccezione per copia privata.

62.      Inoltre, al punto 78 della sentenza del 27 giugno 2013, VG Wort e a. (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426), la Corte ha dichiarato che «[q]ualora le riproduzioni in parola siano effettuate con un unico procedimento mediante una catena di dispositivi, è parimenti consentito agli Stati membri risalire alle tappe precedenti alla realizzazione della copia e istituire, eventualmente, un sistema nel quale l’equo compenso è corrisposto dai soggetti che dispongono di un dispositivo appartenente a tale catena che contribuisce a detto procedimento in modo non autonomo, in quanto tali persone possono ripercuotere il costo del prelievo sui loro clienti. Tuttavia, l’importo complessivo dell’equo compenso dovuto come contropartita del pregiudizio subìto dai titolari di diritti a seguito di siffatto unico procedimento non deve essere, in sostanza, diverso da quello stabilito per la riproduzione ottenuta mediante un solo dispositivo».

63.      Per inciso, non posso fare a meno di pensare che il legislatore dell’Unione potrebbe utilmente riconsiderare questo aspetto dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 (56). Il termine «equo compenso» è così ampio e aperto che un certo grado di valutazione soggettiva è inevitabile. A parte le indicazioni fornite dall’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29 e da taluni considerando di tale direttiva, in particolare i considerando 31 e 35, poche altre norme giuridiche possono guidare utilmente i giudici nazionali o la Corte in merito a quale compenso (ove configurabile tout court) sia considerabile «equo» nel presente contesto (57).

64.      A tale riguardo, l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29 prevede, in sostanza, che l’eccezione o la limitazione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva non sia in contrasto con lo sfruttamento normale (58) dell’opera o degli altri materiali protetti e non arrechi ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi (59) del titolare.

4.      Applicazione dei suddetti principi al caso in esame

65.      Passando ora al caso di specie, occorre valutare in che misura (semmai) i titolari dei diritti abbiano diritto a ricevere un compenso (supplementare) per la capacità di memorizzazione sul cloud messo a disposizione di persone fisiche per uso privato (60), dato che, come in questo caso, la normativa nazionale sembra già prevedere il pagamento di prelievi per una gamma molto ampia di supporti specifici.

66.      Ogni fase del processo di upload e di download di contenuti protetti dal diritto d’autore sul cloud a partire da dispositivi o supporti quali gli smartphone costituisce una riproduzione di tale contenuto che, in linea di principio, è contrario all’articolo 2 della direttiva 2001/29, a meno che una siffatta riproduzione non sia giustificata in forza di un’eccezione o di una limitazione ai sensi dell’articolo 5 della direttiva medesima. Atteso che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), e l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29 mirano ugualmente a evitare sia la sottocompensazione che la sovracompensazione del titolare dei diritti e a raggiungere così un giusto equilibrio tra l’utente privato e il titolare dei diritti, si pone la questione se un prelievo distinto debba essere versato per ogni fase di questa sequenza di copie, compresa la riproduzione/memorizzazione nel cloud, dato che un prelievo adeguato potrebbe essere già stato pagato dall’utente sui dispositivi e sui supporti da lui utilizzati nella sequenza (61).

67.      All’udienza del 7 luglio 2021, tanto la Austro‑Mechana che il governo austriaco hanno dichiarato che in Austria non è dovuto alcun prelievo per copia privata sui dispositivi, ma unicamente sui supporti. Sembrerebbe, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che questa affermazione sia confermata dal Private Copying Global Study 2020 (62). Occorre tuttavia rilevare (63) che, secondo tale studio, i prelievi sono dovuti per una gamma molto ampia di mezzi di comunicazione (64). Così un prelievo sembrerebbe dovuto, in particolare, sulla memoria integrata nei telefoni cellulari con riproduzione di musica e/o video, sulla memoria integrata in una serie di computer e tablet, sugli smartwatch con memoria integrata, sui DVD, sulle chiavi USB, ecc. Nessun prelievo è dovuto per la fornitura di capacità di memorizzazione nel cloud (65). In tale studio veniva altresì indicato, per quanto riguarda l’Austria, nella sezione intitolata «Explanation on Developments» (spiegazione sugli sviluppi), che «si registra tuttavia un calo significativo delle vendite di supporti fisici, ad eccezione dei telefoni cellulari. Le persone si affidano sempre più al cloud per i servizi di copia privata e/o per lo streaming. Un prelievo per la copia privata su cloud è, quindi, l’obiettivo strategico immediato di Austro‑Mechana».

68.      Risulta quindi dal fascicolo sottoposto alla Corte, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che il comportamento delle persone fisiche in materia di copia privata (66) si sta evolvendo, con una maggiore dipendenza da un numero limitato di dispositivi e di supporti come gli smartphone e i tablet in combinazione con i servizi di cloud computing, piuttosto che esclusivamente da un’ampia gamma di dispositivi e supporti. Inoltre, sembrerebbe, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che l’obiettivo dei prelievi siano i dispositivi e i supporti, piuttosto che i servizi di cloud computing.

69.      Il diritto all’equo compenso di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 scaturisce dalla presunzione semplice, in determinate circostanze, dell’esistenza di un danno causato ai titolari dei diritti e fa sorgere, in linea di principio, l’obbligo per gli utenti di risarcirli. A questo proposito, nel valutare il danno ai titolari dei diritti esiste, in particolare, una presunzione semplice che le persone fisiche sfruttino appieno la capacità di riproduzione e di memorizzazione dei dispositivi o dei supporti elettronici messi a loro disposizione (67). Inoltre, si presume che il danno causato al titolare del diritto a causa della copia privata si verifichi nello Stato membro in cui risiede l’utente finale (68).

70.      A mio avviso, data la natura necessariamente imprecisa dei prelievi forfettari sui dispositivi o sui supporti, occorre essere prudenti prima di associare tali prelievi forfettari ad altri sistemi di remunerazione o di innestarvi altri prelievi per i servizi cloud senza condurre preventivamente uno studio empirico in materia – e senza stabilire, in particolare, se l’uso combinato di tali dispositivi/supporti e servizi arrechi un danno aggiuntivo ai titolari dei diritti – in quanto ciò potrebbe dar luogo a una sovracompensazione e alterare il giusto equilibrio tra titolari dei diritti e utenti di cui al considerando 31 della direttiva 2001/29.

71.      Inoltre, se non si tiene conto della riproduzione/memorizzazione nel cloud, vi può essere il rischio di sottocompensare il danno arrecato al titolare dei diritti. Tuttavia, poiché l’upload e il download di contenuti protetti dal diritto d’autore sul cloud mediante dispositivi o supporti potrebbe essere classificato come un unico processo ai fini della copia privata, gli Stati membri hanno la possibilità, alla luce dell’ampio potere discrezionale di cui dispongono, di istituire, se del caso, un sistema in cui l’equo compenso è corrisposto unicamente per i dispositivi o i supporti che costituiscono una parte necessaria di tale processo, purché ciò rifletta il pregiudizio arrecato al titolare del diritto dal processo in questione.

72.      In sintesi, quindi, non è dovuto un prelievo o un contributo separato per la riproduzione da parte di una persona fisica a fini personali basata su servizi di cloud computing forniti da un terzo, purché i prelievi pagati per i dispositivi/supporti nello Stato membro in questione riflettano anche il pregiudizio arrecato al titolare del diritto da tale riproduzione. Se uno Stato membro ha infatti scelto di prevedere un sistema di prelievo per i dispositivi/media, il giudice del rinvio è in linea di principio legittimato a presupporre che ciò costituisca di per sé un «equo compenso» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, a meno che il titolare del diritto (o il suo rappresentante) possa dimostrare chiaramente che tale pagamento sia, nelle circostanze del caso di specie, inadeguato.

73.      Questa valutazione – che richiede una notevole competenza economica e la conoscenza di numerosi settori – deve essere effettuata a livello nazionale dal giudice del rinvio.

VI.    Conclusione

74.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dall’Oberlandesgericht Wien, (Tribunale superiore del Land, Vienna, Austria) come segue:

I termini «riproduzione su qualsiasi supporto» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, includono la riproduzione a partire da servizi di cloud computing forniti da un terzo.

Non è dovuto un prelievo o un contributo separato per la riproduzione da parte di una persona fisica a fini personali basata su servizi di cloud computing forniti da un terzo, purché i prelievi pagati per i dispositivi/supporti nello Stato membro in questione riflettano anche il pregiudizio arrecato al titolare del diritto da tale riproduzione. Se uno Stato membro ha infatti scelto di prevedere un sistema di prelievo per i dispositivi/media, il giudice del rinvio è in linea di principio legittimato a presupporre che ciò costituisca di per sé un «equo compenso» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, a meno che il titolare del diritto (o il suo rappresentante) possa dimostrare chiaramente che tale pagamento sarebbe, nelle circostanze del caso di specie, inadeguato.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2001, L 167, pag. 10.


3      Per una descrizione del cloud computing, v. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa VCAST (C‑265/16, EU:C:2017:649, paragrafi da 1 a 3). L’essenza del concetto di cloud computing è stata definita dal National Institute of Standards and Technology (NIST) degli Stati Uniti nel settembre 2011 come «un modello per consentire un accesso via rete diffuso, agevole e su richiesta a un insieme condiviso di risorse informatiche configurabili (ad esempio, reti, server, dispositivi di archiviazione, applicazioni e servizi) che può essere rapidamente predisposto e rilasciato con un minimo sforzo di gestione o interazione del fornitore di servizi. (...)». Disponibile all’indirizzo: https://nvlpubs.nist.gov/nistpubs/Legacy/SP/nistspecialpublication800-45.pdf. Gli autori della suddetta definizione hanno osservato che «il cloud computing è un paradigma in evoluzione». Sembra che non esista una definizione legale universalmente accettata di cloud computing o di servizi basati su cloud. Ciò è certamente dovuto al carattere ubiquitario e alla rapida evoluzione di tale tecnologia e dei relativi servizi. Ritengo tuttavia che la nozione di «memorizzazione nel cloud» (cloud storage) sia ben descritta dal Michael Muchmore & Jill Duffy nel loro articolo The Best Cloud Storage and File-Sharing Services for 2021, come «la memorizzazione dei propri file in un luogo diverso dal disco rigido del proprio computer, generalmente sui server del provider. Come ha detto un guru della tecnologia: “Non esiste il Cloud. È solo il computer di qualcun altro”. Avere i dati nel cloud dà la possibilità di accedere a quei file mediante Internet». Disponibile all’indirizzo: https://www.pcmag.com/picks/the-best-cloud-storage-and-file-sharing-services.


4      A meno che non sia applicabile una delle altre eccezioni o limitazioni previste all’articolo 5 della direttiva 2001/29.


5      In passato, i supporti prescelti erano dispositivi tangibili di memorizzazione «vuoti», quali audio e videocassette, poi CD e DVD e, più recentemente, chiavette USB. Oggi sono utilizzati anche apparecchi come computer, smartphone e dischi rigidi esterni insieme ai servizi di archiviazione di cloud computing.


6      9 aprile 1936 (BGBI. n. 111/1936).


7      16 agosto 2018 (BGBI. I, n.63/2018). Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha indicato che, nell’Urheberrechtsgesetznovelle (riforma della legge sul diritto d’autore) del 1980, BGBl n. 63/1980, il legislatore austriaco ha previsto un diritto a un equo compenso da far valere nei confronti di tutti coloro i quali, nell’ambito di un’attività commerciale, immettono in commercio sul territorio nazionale determinati supporti di registrazione destinati alla riproduzione e alla memorizzazione. A partire dalla sua adozione, detta disposizione è stata adattata alle mutate circostanze e alle prescrizioni del diritto dell’Unione, da ultimo mediante l’Urheberrechtsgesetz-Novelle (riforma del diritto d’autore; in prosieguo: la «Urh-Nov») del 2015, BGBl I 2015, n. 99/2015, che, in particolare, ha incluso nell’ambito della regolamentazione anzitutto i dischi rigidi dei computer quali «supporti di registrazione di qualsiasi tipo».


8      Prima della sua presentazione al Parlamento austriaco come disegno di legge.


9      Inizio con l’osservare che, a mio avviso, l’archiviazione su cloud di contenuti protetti dal diritto d’autore costituisce una riproduzione degli stessi. Il governo danese ha dichiarato che «l’archiviazione nel cloud si effettua mediante l’invio da parte di un utente, a partire da un supporto di memorizzazione munito di accesso a Internet e di una memoria integrata, come uno smartphone o un computer, di contenuti selezionati per essere archiviati sul server del servizio cloud. In tal modo, l’utente realizza una riproduzione digitale dei contenuti selezionati, poiché questi ultimi sono ora registrati sia sul supporto di memorizzazione dell’utente sia sul server del servizio cloud. Successivamente, l’utente può conservare il contenuto sul proprio supporto di memorizzazione oppure eliminarlo, ad esempio per liberare spazio di archiviazione sul proprio supporto di memorizzazione, in modo che appaia solo nel servizio cloud. L’utente può quindi accedere ai contenuti sul server del servizio cloud a partire da qualsiasi dispositivo che possa collegarsi al servizio cloud, il che solitamente avviene a partire da uno dei supporti di memorizzazione dell’utente e molto spesso, con ogni probabilità, a partire dai supporti di memorizzazione che l’utente ha inizialmente utilizzato per impostare l’archiviazione nel cloud». Il corsivo è mio.


10      Nella sentenza del 10 aprile 2014, ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254, punto 21), la Corte ha precisato che, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2001/29, gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, delle loro opere, riservando tuttavia agli Stati membri la facoltà, in forza dell’articolo 5, paragrafo 2, della stessa direttiva, di disporre eccezioni o limitazioni a tale diritto.


11      Sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).


12      V. altresì articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/29.


13      Il principio di neutralità tecnologica richiede che l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/29 non limiti l’innovazione e il progresso tecnologico. V. per analogia, sentenza del 15 aprile 2021, Eutelsat (C‑515/19, EU:C:2021:273, punto 48).


14      Le persone giuridiche sono escluse dal beneficio di tale eccezione e non hanno diritto di effettuare copie private senza ottenere la previa autorizzazione dei titolari di diritti sulle opere o sui materiali interessati. La Corte ha così dichiarato che non è conforme all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/29 applicare il prelievo per copia privata, in particolare, nei confronti di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale che sono acquistati da persone diverse dalle persone fisiche per fini manifestamente estranei a tale copia privata. Sentenza del 9 giugno 2016, EGEDA e a. (C‑470/14, EU:C:2016:418, punti 30 e 31). Tuttavia, nella sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515, punto 37) la Corte ha statuito che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che applica indiscriminatamente un prelievo per copia privata alla prima immissione in commercio sul suo territorio, a fini commerciali ed a titolo oneroso, di supporti di registrazione idonei alla riproduzione, prevedendo, al contempo, un diritto al rimborso dei prelievi versati nel caso in cui l’utilizzazione finale di tali supporti non rientra nell’ipotesi prevista da tale disposizione, allorché, tenuto conto delle circostanze proprie di ciascun sistema nazionale e dei limiti imposti da tale direttiva, difficoltà pratiche giustificano un siffatto sistema di finanziamento dell’equo compenso e tale diritto al rimborso è effettivo e non rende eccessivamente difficile la restituzione del prelievo versato.


15      Sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, (C‑467/08, EU:C:2010:620; in prosieguo: la sentenza «Padawan», punto 30).


16      Sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).


17      Sentenza Padawan, punto 45.


18      V., a tale proposito, sentenza VCAST, punti da 32 a 34 e giurisprudenza ivi citata. V., mutatis mutandis, sentenza del 10 novembre 2016, Vereniging Openbare Bibliotheken (C‑174/15, EU:C:2016:856, punto 70).


19      Il corsivo è mio.


20      Orbene, si deve rilevare che l’articolo 5, paragrafo 2 lettera b), della direttiva 2001/29 non contiene alcun rinvio espresso alla normativa degli Stati membri. A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza, l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione e del principio di uguaglianza esigono che, laddove disposizioni del diritto dell’Unione non contengano alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata, esse debbano normalmente dar luogo, in tutta l’Unione europea, a un’interpretazione autonoma e uniforme. V., per analogia, sentenza Padawan, punti da 31 a 33, relativamente alla nozione di «equo compenso» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29. Ritengo quindi che all’espressione «riproduzioni su qualsiasi supporto» debba essere data un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione.


21      V., a contrario, sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers (C‑263/18, EU:C:2019:1111, punto 37). In detta causa, la Corte ha statuito che dal tenore letterale, in particolare, dell’articolo 4 della direttiva 2001/29 o da qualsiasi altra disposizione di tale direttiva non emergeva in modo chiaro se la fornitura, mediante download, di un libro elettronico per uso permanente costituisse una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva, in particolare una messa a disposizione del pubblico di un’opera in maniera tale che ciascuno potesse avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, oppure da un atto di distribuzione ai sensi dell’articolo 4 di tale direttiva. Dopo aver preso in considerazione, in particolare, gli obiettivi perseguiti dagli articoli 3 e 4 della direttiva 2001/29, il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «TDA»), che è stato approvato a nome della Comunità europea con la decisione 2000/278/CE del Consiglio, del 16 marzo 2000 (GU 2000, L 89, pag. 6), ed è entrato in vigore, per quanto riguarda l’Unione europea, il 14 marzo 2010 (GU 2010, L 32, pag. 1), nonché la genesi legislativa delle direttiva 2001/29, la Corte ha statuito che la fornitura al pubblico, mediante download, di un libro elettronico per un uso permanente rientra nella nozione di «comunicazione al pubblico» nell’accezione dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva.


22      Sebbene l’eccezione prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 debba essere interpretata restrittivamente, i termini di tale disposizione riflettono tuttavia ampiamente il diritto esclusivo di riproduzione, definito in modo ampio e neutro sul piano tecnologico, corrispondente all’articolo 2 della direttiva 2001/29. Tale disposizione stabilisce che gli Stati membri devono prevedere il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma. V. anche articolo 9, paragrafo 1, della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979.


23      Nella sua sentenza del 27 giugno 2013, VG Wort e a. (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426, punto 67), la Corte ha escluso dall’ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/29 qualsiasi supporto di riproduzione non analogico, vale a dire, segnatamente, digitale, in quanto, per essere simile alla carta come supporto di riproduzione, un substrato deve poter fungere da supporto ad una rappresentazione fisica che possa essere percepita dalle capacità sensoriali umane. V., a contrario, sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi, (C‑463, EU:C:2015:144, punto 25), in cui la Corte ha statuito che la messa a disposizione a persone fisiche quali utenti privati di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione digitale capaci di realizzare copie è sufficiente a giustificare l’applicazione del prelievo per copie private.


24      Ammetto che l’espressione «leggermente più intangibile» è deliberatamente imprecisa. Anche nel caso del cloud computing e dei servizi di archiviazione basati su cloud o via Internet, i dati in questione – che possono includere o meno contenuti protetti dal diritto d’autore – sono in ultima analisi archiviati in formato digitale dal fornitore di servizi di cloud computing su supporti/substrati fisici come i server.


25      Il corsivo è mio. Nella sentenza del 27 giugno 2013, VG Wort e a. (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426, punti 65 e 66) la Corte ha statuito che si evince dalla formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/29, che menziona esplicitamente la carta, che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’eccezione prevista a tale disposizione i supporti che non hanno qualità comparabili ed equivalenti a quelle della carta. Infatti, se così non fosse, l’effetto utile di tale eccezione non potrebbe essere assicurato, tenuto conto, in particolare, dell’eccezione contenuta all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, che riguarda «le riproduzioni effettuate su qualsiasi supporto». Nelle conclusioni presentate nelle cause riunite VG Wort (da C‑457/11 a C‑460/11, EU:C:2013:426, paragrafo 39), l’avvocato generale Sharpston ha rilevato che, mentre la definizione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), è circoscritta solo in termini di mezzi di riproduzione e del supporto utilizzato, quella di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), si riferisce esclusivamente all’identità della persona che effettua la riproduzione e ai fini per i quali quest’ultima viene realizzata. Per una valutazione della differenza di portata dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, v. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Hewlett-Packard Belgium (C‑572/13, EU:C:2015:389, paragrafi da 35 a 54). V. altresì sentenza del 12 novembre 2015, Hewlett-Packard Belgium (C‑572/13, EU:C:2015:750, punti da 28 a 43) sulla sovrapposizione tra i rispettivi ambiti di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2001/29.


26      V. considerando 5 della direttiva 2001/29.


27      Il considerando 31 della direttiva 2001/29 fa specifico riferimento al fatto che le eccezioni e limitazioni alla protezione esistenti nelle legislazioni degli Stati membri devono essere riesaminate alla luce del nuovo ambiente elettronico. A tal riguardo, la Corte, nella sua sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punti da 161 a 164), ha precisato, per quanto riguarda l’eccezione obbligatoria al diritto di riproduzione prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, che l’interpretazione dei requisiti previsti da detta disposizione deve consentire di salvaguardare l’effetto utile dell’eccezione così istituita e di rispettarne la finalità, come emerge segnatamente dal considerando 31 di detta direttiva. La Corte ha statuito altresì che, «in considerazione del suo obiettivo, detta eccezione deve quindi consentire ed assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie, nonché mantenere un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi dei titolari di diritti, da un lato, e degli utilizzatori delle opere protette che intendano beneficiare di tali nuove tecnologie, dall’altro». V. anche sentenza del 5 giugno 2014, Public Relations Consultants Association (C‑360/13, EU:C:2014:1195, punto 24). Non vedo alcun motivo per discostarsi da tale approccio nella presente causa malgrado il carattere facoltativo dell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 e l’obbligo di interpretazione restrittiva del suo ambito di applicazione.


28      V. punto 35 della sentenza VCAST e giurisprudenza ivi citata.


29      Nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 86), la Corte ha osservato che il tenore dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della stessa direttiva 2001/29 non precisa affatto le caratteristiche dei dispositivi da cui o mediante i quali sono realizzate le copie a uso privato. In particolare, non vi è alcuna indicazione riguardo alla natura giuridica del nesso, come il diritto di proprietà, che possa unire la persona fisica, autore della riproduzione a titolo privato, e il dispositivo utilizzato da quest’ultima. La Corte ha altresì dichiarato, al punto 91 di tale sentenza, che la direttiva 2001/29 non osta a una normativa nazionale che preveda un equo compenso per riproduzioni di materiali protetti effettuati da una persona fisica a partire o mediante un dispositivo appartenente a terzi.


30      Al punto 15 della sentenza VCAST, la Corte ha statuito che «in pratica, l’utente sceglie un’emissione nel sito Internet della VCAST, nel quale compare l’intera programmazione dei canali televisivi inclusi nel servizio fornito da detta società. L’utente può indicare una determinata emissione oppure una fascia oraria. Successivamente, il sistema gestito dalla VCAST capta il segnale televisivo mediante le proprie antenne e registra la fascia oraria di emissione selezionata nello spazio di memorizzazione su cloud indicato dall’utente. Quest’ultimo acquista tale spazio di memorizzazione da un altro fornitore». Il corsivo è mio.


31      Il governo francese ha osservato che un privato può registrare sul cloud la propria biblioteca musicale o video legalmente acquisita, al fine di accedervi facilmente, senza dover ricorrere al supporto fisico di questi materiali.


32      Nelle conclusioni presentate nella causa VCAST (C‑265/16, EU:C:2017:649, paragrafi da 23 a 28), l’avvocato generale Szpunar ha affermato che nessun elemento indicava che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 ostasse a che la riproduzione nel contesto dell’eccezione prevista da tale disposizione fosse effettuata nello spazio di memorizzazione su cloud. L’avvocato generale Szpunar ha riconosciuto che la realizzazione di riproduzioni e la loro memorizzazione sul cloud richiedono l’intervento di soggetti terzi. Esso ha tuttavia ritenuto che tale forma di riproduzione non dovesse essere esclusa dall’ambito di applicazione dell’eccezione per copia privata prevista all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 per il mero motivo dell’intervento di un terzo eccedente la semplice messa a disposizione di supporti o di apparecchiature. Secondo l’avvocato generale Szpunar, fintantoché è l’utente ad assumere l’iniziativa della riproduzione e a definirne l’oggetto nonché le modalità, non sono ravvisabili differenze decisive tra un simile atto e la riproduzione effettuata dallo stesso utente mediante apparecchiature da questi direttamente controllate.


33      Purché abbia accesso legittimamente ai contenuti protetti dal diritto d’autore.


34      Sentenza VCAST, punto 39.


35      Nella sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 82), la Corte ha ribadito che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 prevede un’eccezione al diritto esclusivo di un titolare di autorizzare o di vietare la riproduzione dell’opera considerata. Ciò presuppone necessariamente che l’oggetto della riproduzione contemplata dalla medesima disposizione sia un materiale protetto, non contraffatto o piratato.


36      V. considerando 32 della direttiva 2001/29, il quale afferma, segnatamente, che «[t]alune eccezioni o limitazioni si applicano, se del caso, solo al diritto di riproduzione». L’eccezione per copia privata di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 si applica alla riproduzione di opere, fissazioni delle prestazioni artistiche, fonogrammi, fissazioni di una pellicola e fissazioni di trasmissioni.


37      La VCAST metteva a disposizione dei propri clienti, su Internet, un sistema di videoregistrazione, in uno spazio di memorizzazione su cloud, delle emissioni di organismi televisivi italiani trasmesse per via terrestre. L’utente selezionava un’emissione o una fascia oraria sul sito Internet della VCAST. Successivamente, il sistema gestito dalla VCAST captava il segnale televisivo e registrava la fascia oraria di emissione selezionata nello spazio di memorizzazione su cloud indicato dall’utente. Quest’ultimo acquistava tale spazio di memorizzazione da un altro fornitore. La presente causa è quindi nuova in quanto la VCAST, contrariamente alla Strato, non aveva messo a disposizione l’archiviazione dei dati.


38      Il governo francese ha citato la sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515, punti 64 e 65), che ha fatto riferimento alla possibilità per un soggetto che abbia precedentemente versato tale prelievo in uno Stato membro che non è territorialmente competente di chiederne il rimborso, conformemente al proprio diritto nazionale.


39      Sentenza Padawan, punto 44.


40      Sentenza Padawan, punto 45.


41      Sentenza Padawan, punti da 45 a 48.


42      Sentenza Padawan, punto 49. La ricerca di un giusto equilibrio nell’ambito del diritto d’autore può altresì evidenziare la necessità di conciliare i diritti di proprietà intellettuale garantiti dall’articolo 17, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), la libertà di espressione e d’informazione garantita dall’articolo 11 della stessa, nonché l’interesse generale. V. sentenza del 9 marzo 2021, VG Bild-Kunst (C‑392/19, EU:C:2021:181, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). V. anche, per una trattazione generale della natura e della complessità delle eccezioni e delle limitazioni contenute nell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2001/29, sentenza del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punti da 34 a 54). Inoltre, la Corte ha ricordato che le eccezioni previste all’articolo 5 della direttiva 2001/29 devono essere applicate rispettando il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il quale, secondo una giurisprudenza costante della Corte, impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a. (C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 44).


43      Sentenza Padawan, punti 55 e 56.


44      Sentenza del 9 giugno 2016, EGEDA e a. (C‑470/14, EU:C:2016:418, punto 21).


45      La portata del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri per il recepimento nel diritto nazionale di un’eccezione o di una limitazione particolare prevista dall’articolo 5, paragrafi 2 o 3, della direttiva 2001/29 deve essere valutata caso per caso, in funzione, in particolare, del tenore letterale della disposizione interessata; il grado di armonizzazione delle eccezioni e delle limitazioni previsto dal legislatore dell’Unione dipende infatti dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno, come ricordato al considerando 31 della direttiva 2001/29. Sentenza del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punto 40).


46      A condizione che il compenso sia sopportato in definitiva dagli utenti privati. Tenuto conto delle difficoltà pratiche che presenta la riscossione dell’equo compenso presso gli utenti privati, la Corte ha dichiarato che è consentito agli Stati membri finanziare tale equo compenso tramite un prelievo imposto ai soggetti che mettono a disposizione delle persone fisiche apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione. Poiché il prelievo per copia privata può essere trasferito sull’utente privato includendolo nel prezzo della messa a disposizione di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione o nel prezzo del servizio di riproduzione reso, un sistema siffatto è accettabile dal momento che l’onere del prelievo è, in definitiva, sopportato dall’utente privato. Per contro, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 osta a un sistema di equo compenso per copia privata finanziato dal bilancio generale dello Stato, cosicché non è possibile garantire che il costo di tale equo compenso sia sopportato dagli utenti di copie private. V., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2016, EGEDA e a. (C‑470/14, EU:C:2016:418, punti da 33 a 42).


47      Sentenza Padawan, punto 37.


48      V. sentenze dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a.  (C‑521/11, EU:C:2013:515, punto 40), e del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a. (C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 26).


49      L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 impone allo Stato membro che ha introdotto l’eccezione per copia privata nel proprio ordinamento nazionale un obbligo di risultato, nel senso che detto Stato è tenuto a garantire, nell’ambito delle sue competenze, una riscossione effettiva dell’equo compenso destinato ad indennizzare i titolari del diritto esclusivo di riproduzione lesi del pregiudizio subito, segnatamente se quest’ultimo si è verificato sul territorio di tale Stato membro. A tal riguardo, si presume che il pregiudizio arrecato al titolare del diritto a causa della copia per uso privato sorga nello Stato membro in cui risiede l’utente finale. Sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515, punti 57 e 58 e giurisprudenza ivi citata).


50      Si deve ricordare che un’eccezione per copia privata è applicabile solo quando la riproduzione per uso privato è effettuata da una fonte legale. Un sistema di prelievo per copia privata che non faccia distinzione tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata sia legale e quella in cui tale fonte sia illegale è stata ritenuta dalla Corte, nella sentenza del 10 aprile 2014, ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254) non rispettare il giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari del diritto d’autore e quelli degli utenti.


51      Una siffatta situazione non rispetta il «giusto equilibrio» prescritto dal considerando 31 della direttiva 2001/29. Sentenze del 12 novembre 2015, Hewlett-Packard Belgium (C‑572/13, EU:C:2015:750, punto 86) e del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a. (C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 51).


52      Sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515, punti da 41 a 45 e giurisprudenza ivi citata).


53      V. altresì sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a. (C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 35). È quindi vero che, da un punto di vista puramente teorico, il fatto che tale prelievo sia versato non si sostituisce ad una valutazione individuale del pregiudizio arrecato ai titolari dei diritti in ciascun caso.


54      Sentenza del 12 novembre 2015, Hewlett‑Packard Belgium (C‑572/13, EU:C:2015:750, punti 70 e 71).


55      Nelle conclusioni presentate nella causa Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2014:2001, paragrafi 60 e 61), l’avvocato generale Cruz Villalón ha rilevato che il considerando 35 della direttiva 2001/29 precisa che, «[s]e i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell’ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte». Egli ha ritenuto che «da tale considerando potrebbe dedursi che la direttiva 2001/29 demanda agli Stati membri il compito di decidere in merito all’opportunità di evitare qualsiasi surplus di compenso, ossia di vigilare affinché gli utenti non siano posti nella condizione di dover pagare due volte il corrispettivo per copia privata destinato a finanziare l’equo compenso, una prima volta in occasione dell’acquisto legale in ambito commerciale dei file contenenti le opere e una seconda volta in occasione dell’acquisto dei supporti di riproduzione, ipotesi che sembra poter ricorrere nel procedimento principale».


56      Inoltre, gli orientamenti esposti nella sentenza Padawan devono comunque essere letti nel loro contesto e alla luce della tecnologia e delle abitudini degli utenti esistenti nel 2010 quando essa è stata emessa, sebbene la suddetta pronuncia sia stata costantemente perfezionata dalla Corte nelle cause successive.


57      Il margine di discrezionalità di cui godono gli Stati membri per attuare le eccezioni e le limitazioni previste all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2001/29 non può essere utilizzato in modo da compromettere gli obiettivi di tale direttiva, relativi all’introduzione di un alto elevato di protezione a favore degli autori e al corretto funzionamento del mercato interno. Sentenza del 29 luglio 2019, Funke Medien NRW (C‑469/17, EU:C:2019:623, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la Corte ha precisato che dal considerando 44 della direttiva 2001/29 risulta che l’intenzione del legislatore dell’Unione è stata quella di disporre che la portata delle eccezioni e limitazioni possa essere ancor più limitata per quanto riguarda taluni nuovi utilizzi di opere protette dal diritto d’autore o di altri materiali protetti. V. sentenza del 10 aprile 2014, ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254, punto 27).


58      Neanche questi termini sono definiti.


59      Neanche questi termini sono definiti.


60      E per fini né direttamente né indirettamente commerciali.


61      L’esistenza di tali prelievi sembra variare considerevolmente tra gli Stati membri, poiché è possibile che un determinato dispositivo (come un personal computer o uno smartphone) sia soggetto a prelievo in uno Stato membro e non lo sia in un altro. Lo stesso può valere per gli importi di un eventuale prelievo che possono variare da uno Stato membro all’altro. V., al riguardo, Private Copying Global Study 2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.irma.asso.fr/IMG/pdf/sg20-1067_private_copying_global_study_2020_2020-11-23_en.pdf. Da tale studio risulta ad esempio che l’Irlanda dispone di un’eccezione per la copia privata ai sensi dell’articolo 101 del Copyright and Related Rights Act, 2000, ma che non è previsto alcun prelievo per copia privata.


62      V. pagg. da 286 a 296 dello studio.


63      V. pagg. da 286 a 296 dello studio.


64      A tale riguardo, la Strato ha altresì allegato alle sue osservazioni un elenco delle tariffe praticate dall’Austro‑Mechana per i supporti di memorizzazione immessi sul mercato a partire dal 1o gennaio 2018. V. allegato 12.


65      La Strato rileva che nessuno Stato membro prevede attualmente un prelievo per copia privata per i servizi basati sul cloud. Il governo francese, all’udienza del 7 luglio 2021, ha evidenziato che la Francia prevede un prelievo per i servizi di videoregistrazione personale in rete.


66      Almeno in Austria, ma presumo in tutti gli Stati membri.


67      Ho qualche difficoltà con tali presunzioni dato che l’emergere di servizi online che concedono licenze per contenuti protetti dal diritto d’autore, come libri, musica, film, può ridurre notevolmente il ricorso da parte degli utenti persone fisiche alla copia di contenuti protetti in violazione dell’articolo 2 della direttiva 2001/29. Ritengo che i prelievi debbano essere fissati per tener conto di questo fenomeno e del fatto che i dispositivi e i supporti possono essere sempre più utilizzati per memorizzare contenuti che semplicemente non violano il diritto di riproduzione, come le foto private scattate dal proprietario di un dispositivo.


68      Per quanto riguarda quest’ultimo punto, il fatto che la Strato possa aver pagato prelievi, come sostiene, sui suoi server in Germania è ampiamente irrilevante nel contesto del presente procedimento. Se sono dovuti prelievi per la fornitura di servizi di cloud computing a persone fisiche residenti in Austria, essi sono dovuti in Austria. Conformemente alla sentenza dell’11 luglio 2013, Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515, punto 37), la Strato può tuttavia chiedere il rimborso (parziale) dei prelievi versati in Germania.