Language of document : ECLI:EU:T:2012:269

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

4 giugno 2012 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Agricoltura – Influenza aviaria – Misure eccezionali di sostegno del mercato nel settore delle uova e del pollame – Mancata inclusione delle quaglie nelle specie di pollame che danno diritto a compensazione – Parità di trattamento e divieto di discriminazione – Insussistenza di un nesso di causalità – Ricorso manifestamente infondato in diritto»

Nella causa T‑440/09,

Azienda Agricola Bracesco Srl – in liquidazione, con sede in Orgiano, rappresentata da F. Tosello, S. Rizzioli e C. Pauly, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Jimeno Fernández e D. Nardi, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso per il risarcimento del danno asseritamente causato alla ricorrente dall’adozione del regolamento (CE) n. 1010/2006 della Commissione, del 3 luglio 2006, relativo ad alcune misure eccezionali di sostegno del mercato nel settore delle uova e del pollame in taluni Stati membri (GU L 180, pag. 3), in quanto esso non prevede misure di tal genere a favore degli avicoltori impegnati nella produzione e nel commercio di quaglie,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto, in camera di consiglio, dal sig. A. Dittrich (presidente), dalle sig.re I. Wiszniewska-Białecka e M. Kancheva (relatore), giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti

1        Il 3 luglio 2006, la Commissione delle Comunità europee ha adottato il regolamento (CE) n. 1010/2006, relativo ad alcune misure eccezionali di sostegno del mercato nel settore delle uova e del pollame in taluni Stati membri (GU L 180, pag. 3). Questo regolamento ha previsto, in seguito all’epidemia di influenza aviaria che ha colpito il territorio dell’Unione europea, alcune compensazioni finanziarie forfettarie a favore dei produttori di determinate specie di pollame, a causa della loro macellazione e uccisione anticipata.

2        L’Azienda Agricola Bracesco Srl – in liquidazione, ricorrente, è un’impresa che opera nel settore dell’incubazione, dell’allevamento e della macellazione di quaglie in Italia. Essa, adeguandosi ai suggerimenti dell’associazione di categoria di cui faceva parte in Italia, ha proceduto alla macellazione anticipata di una parte del suo allevamento di quaglie da riproduzione.

3        Il 28 dicembre 2006, la ricorrente ha inoltrato domanda presso l’ente pagatore italiano ai fini dell’applicazione del regolamento n. 1010/2006, chiedendo gli aiuti compensatori previsti per l’ipotesi di macellazione anticipata di pollame.

4        Detto ente ha negato la corresponsione dell’indennizzo, ritenendo che le quaglie non fossero contemplate dal regolamento n. 1010/2006.

 Procedimento e conclusioni delle parti

5        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 3 novembre 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

6        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        accertare che il regolamento n. 1010/2006 costituisce una violazione illegittima, grave e manifesta del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione di cui all’articolo 34 CE e, di conseguenza, condannare la Commissione europea, ai sensi degli articoli 235 CE e 288, secondo comma, CE, al risarcimento dei danni in suo favore ammontanti a EUR 335 000, ovvero al diverso importo che potrà emergere in corso di causa e, comunque, reputato di giustizia, oltre agli interessi di legge decorrenti dalla data di esigibilità sino al saldo effettivo;

–        condannare la Commissione alle spese.

7        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

8        Ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, quando il ricorso è manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata. Nel caso di specie, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dai documenti del fascicolo per statuire senza proseguire il procedimento.

9        Da costante giurisprudenza risulta che la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE dipende dalla presenza di un complesso di presupposti, vale a dire: l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni, la natura effettiva del danno e l’esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il danno lamentato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 29 settembre 1982, Oleifici Mediterranei/CEE, 26/81, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del Tribunale del 16 ottobre 1996, Efisol/Commissione, T‑336/94, Racc. pag. II‑1343, punto 30, e dell’11 luglio 1997, Oleifici Italiani/Commissione, T‑267/94, Racc. pag. II‑1239, punto 20).

10      Per quanto riguarda il primo presupposto, la giurisprudenza esige che si dimostri l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai soggetti dell’ordinamento (sentenza della Corte del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, Racc. pag. I‑5291, punto 42). Per quanto concerne la natura sufficientemente qualificata che deve presentare la violazione, il criterio decisivo che consente di ritenerla sussistente è quello della violazione grave e manifesta, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale (sentenze della Corte del 10 dicembre 2002, Commissione/Camar e Tico, C‑312/00 P, Racc. pag. I‑11355, punto 54, e del 12 luglio 2005, Commissione/CEVA e Pfizer, C‑198/03 P, Racc. pag. I‑6357, punto 64).

11      Quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso per risarcimento danni dev’essere integralmente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità suddetta (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, Racc. pag. I‑4199, punto 81; sentenza del Tribunale del 20 febbraio 2002, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, T‑170/00, Racc. pag. II‑515, punto 37).

12      Nel caso di specie occorre esaminare la prima censura, relativa all’illiceità del comportamento contestato alla Commissione.

 Sul presunto comportamento illecito della Commissione

13      La ricorrente sostiene che, escludendo i produttori di quaglie dalle misure di sostegno economico previste dal regolamento n. 1010/2006, la Commissione ha violato manifestamente il divieto di discriminazione enunciato dall’articolo 34, paragrafo 2, secondo comma, CE.

14      Nella fattispecie la ricorrente afferma, in primo luogo, che non c’era nessuna ragione che impedisse alla Commissione di estendere le misure di sostegno economico previste dal regolamento n. 1010/2006 agli allevatori europei di quaglie.

15      Occorre rilevare che il regolamento n. 1010/2006 è stato adottato sul fondamento del regolamento (CEE) n. 2777/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (GU L 282, pag. 77), modificato, in ultimo, dal regolamento (CE) n. 679/2006 del Consiglio, del 25 aprile 2006, per quanto riguarda l’applicazione di provvedimenti eccezionali di sostegno del mercato (GU L 119, pag. 1). Scopo di tale regolamento, conformemente al suo terzo considerando, è di stabilizzare il mercato agricolo del pollame nonché di assicurare un equo tenore di vita alla popolazione agricola operante in questo settore.

16      In particolare, l’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2777/75 attribuisce alla Commissione un potere esecutivo al fine di adottare, su domanda di uno o più Stati membri interessati, misure eccezionali di sostegno del mercato colpito, destinate a porre rimedio alle gravi perturbazioni del mercato collegate a una perdita di fiducia dei consumatori, derivante dall’esistenza di rischi per la sanità pubblica o per quella animale. Nel caso di specie, proprio esercitando la competenza esecutiva prevista da questa disposizione la Commissione ha stabilito le misure eccezionali di sostegno del mercato di cui al regolamento n. 1010/2006, in seguito all’epidemia di influenza aviaria che ha colpito il territorio dell’Unione. 

17      Orbene, occorre constatare che, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento n. 2777/75, i prodotti regolamentati dall’organizzazione del mercato comune nel settore del pollame sono quelli rientranti nella voce NC 0105 della nomenclatura combinata doganale (NC). Questa voce fa rinvio a un elenco preciso di specie di pollame che comprende esclusivamente i polli, le galline della specie Gallus domesticus, le anatre, le oche, i tacchini e le galline faraone.

18      Di conseguenza, occorre ritenere che, posto che il regolamento n. 2777/75 limita la sua sfera d’applicazione a determinate specie di pollame, tassativamente elencate, la Commissione non poteva estendere il beneficio delle misure eccezionali di sostegno del mercato del pollame previste dal regolamento n. 1010/2006 al settore delle quaglie. Infatti, un’inclusione siffatta avrebbe reso il regolamento n. 1010/2006 incompatibile con il regolamento n. 2777/75, sul cui fondamento tale misure erano state adottate.

19      A tale proposito, la ricorrente sostiene che le competenze esecutive attribuite alla Commissione devono essere interpretate estensivamente, di modo che la Commissione avrebbe potuto inserire, nel regolamento n. 1010/2006, le quaglie tra le specie di pollame beneficiarie delle misure eccezionali di sostegno del mercato.

20      Orbene, a questo riguardo il Tribunale ricorda che, in base a una giurisprudenza consolidata, la Commissione è autorizzata ad adottare tutte le misure esecutive necessarie o utili per l’attuazione della disciplina di base, purché esse non siano contrastanti con tale disciplina o con le norme di applicazione stabilite dal Consiglio (v., in tal senso, sentenze della Corte del 15 maggio 1984, Zuckerfabrik Franken, 121/83, Racc. pag. 2039, punto 13, e del 30 settembre 2003, Germania/Commissione, C‑239/01, Racc. pag. I‑10333, punto 55).

21      Nella fattispecie, dato che il Consiglio ha limitato espressamente la sfera d’applicazione del regolamento n. 2777/75, disponendo in esso un numero chiuso di prodotti disciplinati dall’organizzazione del mercato comune nel settore del pollame, la Commissione non era legittimata ad estendere autonomamente, in sede di misure esecutive, il beneficio delle misure eccezionali, previste per i produttori di altre specie di pollame, ai produttori di quaglie.

22      Peraltro, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 2777/75, la Commissione può adottare una misura eccezionale di sostegno economico solo in seguito alla domanda degli Stati membri colpiti dalle gravi perturbazioni del mercato. A questo proposito, la Commissione sottolinea nelle sue memorie che le autorità italiane, in sede di domanda di adozione di misure eccezionali conformemente a tale articolo, non hanno fatto riferimento alle specifiche difficoltà affrontate dai produttori attivi sul mercato delle quaglie, circostanza non contestata dalla ricorrente. Alla luce di ciò, la Commissione non può essere giudicata responsabile per non aver esteso la sfera di applicazione ratione materiae del regolamento n. 1010/2006 al settore delle quaglie.

23      In considerazione di quanto sin qui illustrato, occorre respingere il primo argomento dedotto dalla ricorrente.

24      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che esiste un nesso diretto tra le misure sanitarie europee di lotta contro l’influenza aviaria, da un lato, tra cui, in particolare, la direttiva 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativa a misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria e che abroga la direttiva 92/40/CEE (GU 2006, L 10, pag. 16), e, dall’altro, le misure eccezionali di sostegno del mercato del pollame, di modo che sarebbe illogico pensare che le suddette misure sanitarie comprendano le quaglie nella loro sfera d’applicazione e che, viceversa, le misure eccezionali di sostegno del mercato non lo facciano.

25      A questo proposito occorre rilevare anzitutto che, in effetti, la definizione del termine «pollame» che compare nel primo gruppo di tali misure, e segnatamente nella direttiva 2005/94, comprende qualunque volatile allevato o tenuto in cattività per la produzione di carne o di uova destinate al consumo, così come di altri prodotti, per la riproduzione di selvaggina da penna o a fini di sviluppo di un programma di allevamento per la riproduzione di queste categorie di volatili, ivi comprese le quaglie.

26      Tuttavia occorre dichiarare che l’esistenza di un nesso diretto tra le misure sanitarie europee per la lotta contro l’influenza aviaria e le misure di sostegno economico a favore di determinati produttori di pollame non può essere individuata nel senso illustrato dalla ricorrente.

27      Infatti, il regolamento n. 2777/75, sul cui fondamento è stato adottato il regolamento n. 1010/2006, e la direttiva 2005/94 hanno finalità distinte che non consentono di giudicare che la sfera d’applicazione del regolamento n. 1010/2006 avrebbe potuto essere estesa alla luce della definizione del termine «pollame» adottata nella direttiva 2005/94.

28      Occorre rilevare, in primo luogo, che, per quanto concerne la finalità del regolamento n. 2777/75, dal medesimo si evince che il suo scopo è quello di stabilizzare i mercati nel settore delle carni ottenute dal pollame e di assicurare un equo livello di vita in questo settore, senza far ricorso a misure di intervento paragonabili a quelle previste per altri mercati agricoli. A tal fine, il regolamento n. 2777/75 prevede essenzialmente disposizioni che consentono di adottare determinate misure comunitarie al fine di agevolare l’adeguamento dell’offerta alle esigenze del mercato allo scopo di evitare che lo smaltimento della produzione comunitaria sia intralciato, in particolare, da prezzi bassi collegati a una diminuzione della fiducia dei consumatori, derivante dall’esistenza di rischi per la sanità pubblica o per quella animale.

29      In secondo luogo, per quanto concerne la finalità della direttiva 2005/94, dal quinto considerando di quest’ultima si evince, in particolare, che quest’ultima definisce le misure di prevenzione da adottare al fine di lottare contro la diffusione dell’influenza aviaria. Nella fattispecie, la direttiva 2005/94 determina alcune norme minime di prevenzione in materia di influenza aviaria e di lotta contro questa malattia, garantendo nel contempo lo sviluppo del settore del pollame e la tutela della salute animale. A questo scopo essa prevede sostanzialmente alcune misure preventive, relative alla sorveglianza e al tempestivo rilevamento della diffusione dell’influenza aviaria. Peraltro, detta direttiva prevede talune misure minime di lotta da applicare nel caso si manifesti un focolaio di influenza aviaria tra il pollame o tra altri volatili tenuti in cattività.

30      Da ciò consegue che, posto che il regolamento n. 2777/75 si prefigge lo scopo di sostenere economicamente un mercato in difficoltà, mentre la direttiva 2005/94 quello di determinare misure di lotta contro la malattia tra gli animali d’allevamento e di contribuire indirettamente a prevenire problemi in materia di salute umana e animale, la ricorrente non può far richiamo alla nozione di «pollame» contenuta nella direttiva 2005/94 ai fini dell’inclusione del settore delle quaglie nella sfera d’applicazione del regolamento n. 1010/2006.

31      La ricorrente rileva peraltro che, nella sentenza della Corte del 22 gennaio 2009, Association nationale pour la protection des eaux et rivières e OABA (C‑473/07, Racc. pag. I‑319), si è stabilito che la nozione di «pollame» dev’essere interpretata nel senso che essa comprende le quaglie e che, comunque, tale nozione deve basarsi sulla finalità e sull’economia generale dell’atto comunitario in questione.

32      A questo proposito occorre rilevare, al pari della Commissione, che il contenuto di questa sentenza non può essere ritenuto rilevante ai fini della presente controversia. Infatti, in tale causa la Corte ha dichiarato che occorreva far uso di un’interpretazione estensiva della nozione di «pollame» ai fini dell’applicazione del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU L 139, pag. 55). Orbene, questa misura è stata adottata sul fondamento dell’articolo 152, paragrafo 4, lettera b), CE e, di conseguenza, dev’essere inserita nella cornice delle misure di gestione del rischio sanitario destinate ad evitare la diffusione dell’influenza aviaria. Viceversa, il regolamento n. 1010/2006 ha come scopo l’esecuzione di determinate misure eccezionali di natura economica per i prodotti delimitati dal regolamento n. 2777/75, su cui esso si fonda. Di conseguenza, la finalità di queste due misure è diversa.

33      Alla luce di quanto sin qui illustrato, occorre respingere il secondo argomento dedotto dalla ricorrente.

34      Di conseguenza, la ricorrente non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un comportamento illecito della Commissione.

 Sul nesso di causalità tra il presunto comportamento illecito della Commissione e il danno sofferto dalla ricorrente

35      È in via ultronea che il Tribunale esamina la questione dell’esistenza di un nesso di causalità tra il presunto comportamento illecito della Commissione e il danno lamentato dalla ricorrente al fine di dimostrare che, anche solo basandosi sull’analisi del presupposto riguardante l’esistenza di un nesso di causalità, il ricorso per risarcimento danni dev’essere comunque respinto in quanto un nesso siffatto non esiste.

36      La ricorrente sostiene che il danno sofferto è stato provocato dal fatto che la Commissione non ha previsto misure eccezionali di sostegno del mercato del pollame a favore degli avicoltori impegnati nella produzione e nel commercio di quaglie, mentre essa le aveva previste per gli avicoltori impegnati nella produzione e nel commercio di altre specie di pollame.

37      Secondo una giurisprudenza consolidata, un nesso di causalità ai sensi dell’articolo 288, secondo comma, CE può ritenersi esistente quando sussiste un rapporto certo e diretto di causa/effetto tra l’illecito commesso dall’istituzione implicata e il danno lamentato, rapporto di cui spetta alla ricorrente fornire la prova (v., in tal senso, sentenza della Corte del 30 gennaio 1992, Finsider e a./Commissione, C‑363/88 e C‑364/88, Racc. pag. I‑359, punto 25; sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2006, Abad Pérez e a./Consiglio e Commissione, T‑304/01, Racc. pag. II‑4857, punto 101).

38      Inoltre, il danno lamentato deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento censurato, che deve costituire la causa determinante del danno (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 20 gennaio 2010, Sungro/Consiglio e Commissione, T‑252/07, T‑271/07 e T‑272/07, Racc. pag. II‑55, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

39      È stato parimenti dichiarato che, in sede di esame del nesso di causalità tra il comportamento addebitato all’istituzione dell’Unione e il danno lamentato dal soggetto leso, occorre verificare se quest’ultimo, di fronte al rischio di dover sostenere esso stesso il danno, abbia dato prova, al pari di un soggetto accorto, di una ragionevole diligenza al fine di evitare il danno o di limitarne la portata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 19 luglio 2007, FG Marine/Commissione, T‑360/04, Racc. pag. II‑92, non pubblicata nella Raccolta, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

40      Di conseguenza, anche qualora il comportamento incriminato dell’istituzione dell’Unione abbia contribuito alla realizzazione del danno lamentato, questo nesso di causalità può essere interrotto da un comportamento negligente del soggetto leso, allorché quest’ultimo risulta costituire la causa determinante del danno (sentenza FG Marine/Commissione, cit., punto 52).

41      Nel caso di specie, benché la ricorrente sostenga di avere adottato un comportamento tale da evitare o limitare il danno che essa sostiene di aver sofferto, è giocoforza constatare che un danno siffatto non trova la sua causa determinante nel presunto comportamento illecito che avrebbe tenuto la Commissione, bensì nell’abbattimento anticipato di una parte del suo allevamento di quaglie da riproduzione, che la ricorrente avrebbe realizzato senza essersi assicurata, semplicemente leggendo il regolamento n. 1010/2006, di poter beneficiare degli indennizzi previsti da quest’ultimo. Orbene, un operatore accorto e diligente si sarebbe ben guardato dal procedere all’abbattimento anticipato di una parte del suo allevamento di quaglie da riproduzione.

42      In particolare, la semplice lettura del regolamento n. 1010/2006 avrebbe consentito alla ricorrente di constatare facilmente che quest’ultimo non prevedeva indennizzi, per l’ipotesi di esecuzione di misure eccezionali di sostegno del mercato, a favore degli avicoltori impegnati nella produzione e nel commercio di quaglie. Infatti, dall’articolo 4 del regolamento n. 1010/2006 si ricava espressamente che indennizzi di questo genere sono concessi in caso di abbattimento anticipato effettuato al fine di ridurre la produzione di uova da cova delle voci NC 0105 92 00, 0105 93 00, 0105 99 10, 0105 99 20, 0105 99 30 e 0105 99 50, che fanno riferimento, rispettivamente, ai polli, alle anatre, alle oche, ai tacchini e alle galline faraone.

43      Avendo attuato misure consistenti nell’abbattimento anticipato di una parte del suo allevamento di quaglie da riproduzione senza essersi assicurata di poter percepire indennizzi a titolo del regolamento n. 1010/2006, la ricorrente ha adottato un comportamento negligente, che costituisce la causa determinante del danno che essa afferma di aver sofferto. A questo proposito occorre sottolineare che qualunque eventuale controversia tra la ricorrente e l’associazione di categoria di cui fa parte può costituire oggetto solo di un ricorso dinanzi al giudice nazionale.

44      In considerazione di quanto sin qui esposto, occorre constatare che il danno sofferto dalla ricorrente non trova la sua causa determinante in un presunto illecito della Commissione. Quindi, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra il presunto illecito della Commissione e il danno che essa asserisce di aver subito e, pertanto, il ricorso dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

 Sulle spese

45      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

così provvede:






1)      Il ricorso è respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

2)      L’Azienda Agricola Bracesco Srl – in liquidazione sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

Lussemburgo, 4 giugno 2012

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       A. Dittrich


* Lingua processuale: l’italiano.