Language of document : ECLI:EU:T:2007:269

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

12 settembre 2007 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato del corriere espresso internazionale – Decisione di rigetto della denuncia – Annullamento della decisione di rigetto della denuncia da parte del giudice comunitario – Riesame e nuovo rigetto della denuncia – Impresa pubblica»

Nella causa T‑60/05,

Union française de l’express (UFEX), con sede in Roissy-en-France (Francia),

DHL Express (France) SAS, in precedenza DHL International SA, con sede in Roissy-en-France,

Federal express international (France) SNC, con sede in Gennevilliers (Francia),

CRIE SA, con sede in Asnières (Francia),

rappresentate dagli avv.ti E. Morgan de Rivery e J. Derenne,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig. A. Bouquet e dalla sig.ra O. Beynet, successivamente dai sigg. Bouquet e V. Di Bucci, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Chronopost SA, con sede in Issy-les-Moulineaux (Francia), rappresentata dall’avv. D. Berlin,

e da:

La Poste, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dall’avv. H. Lehman,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 19 novembre 2004, SG-Greffe (2004) D/205294, con cui è stata respinta la denuncia presentata dalle ricorrenti contro la posta francese e il governo francese, relativa al mercato francese del corriere rapido internazionale,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dal sig. J. Pirrung, presidente, dal sig. N.J. Forwood e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 aprile 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1.     Parti della controversia

1        Le ricorrenti sono destinatarie della decisione della Commissione 19 novembre 2004, che ha respinto la loro denuncia concernente il mercato francese del corriere rapido internazionale.

2        L’Union française de l’express (in prosieguo: la «UFEX»), fino al 1997 denominata Syndicat français de l’express international (in prosieguo: lo «SFEI»), è un’organizzazione di categoria professionale di diritto francese, che raggruppa la quasi totalità delle società che offrono servizi di corriere espresso, cui appartengono le altre tre ricorrenti.

3        La posta francese (in prosieguo: «La Poste») ha affidato, a partire dalla fine del 1985 e dall’inizio del 1986, la gestione del proprio servizio di corriere espresso, esercitato fino ad allora sotto la denominazione Postadex, alla Société française de messagerie internationale (in prosieguo: la «SFMI»). Il capitale di questa società era ripartito tra la Sofipost (66%), società finanziaria controllata al 100% da La Poste, e la TAT Express (34%), una controllata della compagnia aerea Transport aérien transrégional.

4        Nel 1992 l’organizzazione dell’attività di corriere espresso creata dalla SFMI è stata modificata. La Sofipost e la Transport aérien transrégional hanno creato una nuova società, la Chronopost SA, di cui esse continuavano a detenere, rispettivamente, il 66% e il 34% delle azioni. La Chronopost ha assunto l’attività nazionale della SFMI, che ha mantenuto la parte internazionale. La Chronopost ha gestito, attraverso un mandato, l’attività di corriere espresso internazionale per conto del suo mandante. Dal 1997 la Sofipost (divenuta nel 2001 la Geopost) controlla il 100% della Chronopost.

5        La SFMI ha conferito le proprie attività di corriere espresso internazionale alla Global Delivery Express Worldwide France, controllata francese dell’operatore Global Delivery Express Worldwide (in prosieguo: la «GDEW»). La GDEW è un consorzio che raggruppa la società australiana TNT, La Poste e la posta tedesca, canadese, olandese e svedese. Tale concentrazione è stata autorizzata con decisione della Commissione 2 dicembre 1991, che dichiara la compatibilità con il mercato comune di una concentrazione (IV/M.102 – TNT/Canada Post, DBP Postdienst, La Poste, PTT Post e Sweden Post) (GU C 322, pag. 19; in prosieguo: la decisione «GD NET») in base al regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU 1990, L 257, pag. 13). Il 28 luglio 1994 la GDEW ha incorporato, per fusione, la SFMI, che è quindi giuridicamente scomparsa a quella data. Nel 1996 La Poste è uscita dalla GDEW.

6        Nel prosieguo della presente sentenza, la denominazione SFMI‑Chronopost è utilizzata per designare la controllata di La Poste attiva nel settore del corriere espresso internazionale.

2.     Denuncia del 21 dicembre 1990

7        Nella sua denuncia del 21 dicembre 1990, lo SFEI asseriva che lo Stato francese sovvenzionava illegalmente la SFMI‑Chronopost nel settore del servizio di corriere espresso internazionale. In occasione di una riunione informale tenutasi tra i rappresentanti dello SFEI e la Commissione il 18 marzo 1991, è stata sollevata la questione di un’eventuale violazione dell’art. 82 CE, da parte di La Poste quale impresa, dell’art. 86 CE, da parte dello Stato francese e dell’art. 3, lett. g), CE, nonché degli artt. 10 CE e 82 CE, da parte dello Stato francese.

8        Con riferimento all’art. 82 CE, lo SFEI denunciava le modalità di assistenza logistica e commerciale che La Poste avrebbe fornito alla sua controllata. L’abuso, da parte di La Poste, sarebbe consistito nel mettere la sua infrastruttura a disposizione della propria controllata, a condizioni di favore anomale, al fine di estendere la posizione dominante da essa detenuta sul mercato del servizio postale di base al connesso mercato del servizio di corriere rapido internazionale. Tale pratica abusiva si sarebbe tradotta in sovvenzioni incrociate a favore della SFMI‑Chronopost.

9        Con riferimento all’art. 86 CE, da una parte, e all’art. 3, lett. g), CE, nonché agli artt. 10 CE e 82 CE, dall’altra, lo SFEI sosteneva che la condotta illecita di La Poste in materia di assistenza alla propria controllata fosse da ricondursi ad una serie di istruzioni e direttive provenienti dallo Stato francese.

3.     Lettera della Commissione del 10 marzo 1992

10      Con lettera del 10 marzo 1992, la Commissione ha reso noto allo SFEI che non intendeva proseguire l’indagine ai sensi dell’art. 82 CE. Lo SFEI e tre dei suoi membri, vale a dire la DHL International [divenuta la DHL Express (France) SAS; in prosieguo: la «DHL»], la Service Crie (in prosieguo: la «CRIE») e la May Courier, hanno proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione adottata dalla Commissione nella suddetta lettera. Con ordinanza 30 novembre 1992, causa T‑36/92, SFEI e a./Commissione (Racc. pag. II‑2479), il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile.

11      Con sentenza 16 giugno 1994, causa C‑39/93 P, SFEI e a./Commissione (Racc. pag. I‑2681), la Corte ha annullato tale ordinanza e ha rinviato la causa al Tribunale. Con lettera del 4 agosto 1994 la Commissione ha ritirato la decisione controversa e ha comunicato alle denuncianti che l’esame della loro denuncia sarebbe proseguito.

4.     Decisione di rigetto della denuncia del 30 dicembre 1994

12      Con decisione 30 dicembre 1994 la Commissione ha respinto la denuncia concernente gli aspetti relativi all’art. 82 CE per mancanza di interesse comunitario, in quanto non sussistevano elementi sufficienti a comprovare la persistenza di presunte infrazioni. Lo SFEI, la DHL, la CRIE e la May Courier hanno proposto un ricorso di annullamento, che è stato rigettato dal Tribunale con sentenza 15 gennaio 1997, causa T‑77/95, SFEI e a./Commissione (Racc. pag. II‑1).

13      Su ricorso la Corte ha annullato tale sentenza e ha rinviato la causa al Tribunale (sentenza 4 marzo 1999, causa C‑119/97 P, UFEX e a./Commissione, Racc. pag. I‑1341).

14      Dopo il rinvio della causa da parte della Corte, il Tribunale ha annullato la decisione di rigetto della denuncia (sentenza del Tribunale 25 maggio 2000, causa T‑77/95, UFEX e a./Commissione, Racc. pag. II‑2167). In seguito a tale sentenza la Commissione ha riaperto l’esame della denuncia.

5.     Procedimenti nazionali

15      Parallelamente alla loro azione dinanzi alla Commissione, nel 1990 e nel 1996 le ricorrenti hanno presentato dinanzi al Conseil de la concurrence français (Consiglio francese della concorrenza) denunce avverso La Poste, la Sofipost, la SFMI‑Chronopost e la Transport aérien transrégional in cui contestavano un abuso di posizione dominante, in violazione delle disposizioni del diritto francese della concorrenza, tra il 1986 e il 1996. Il Conseil de la concurrence français ha sospeso l’istruzione delle cause in attesa dell’esito dell’istruttoria della denuncia da parte della Commissione. Nel 2005 le ricorrenti hanno ritirato le loro denunce.

16      Nel 1993 lo SFEI e alcuni dei suoi membri hanno presentato dinanzi al Tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi) un’azione di risarcimento danni, in particolare contro La Poste, la Sofipost, la SFMI‑Chronopost e la GDEW France, per responsabilità extracontrattuale (concorrenza sleale) a causa di una violazione dell’art. 82 CE e dell’accettazione di aiuti concessi in violazione dell’art. 88, n. 3, CE. Nel 1999 il Tribunal de commerce ha respinto il ricorso per quanto riguardava gli elementi di aiuto di Stato della pratica. Quanto agli elementi connessi all’abuso di posizione dominante, nel 2000 esso ha sospeso il procedimento in attesa della decisione della Commissione.

6.     Decisione impugnata

17      Con decisione 19 novembre 2004, SG-Greffe (2004) D/205294, di rigetto della denuncia presentata dalle ricorrenti contro La Poste e il governo francese, relativa al mercato francese del corriere rapido internazionale (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha nuovamente respinto la denuncia per mancanza di interesse comunitario. Tale decisione riguarda unicamente gli elementi della pratica rientranti negli artt. 82 CE, 86 CE, 3 CE e 10 CE.

18      In tale decisione la Commissione ha stabilito, in primo luogo, che il comportamento contestato era cessato (punti 48-63 della decisione impugnata) e, in secondo luogo, che il presunto comportamento anticoncorrenziale tenuto in passato da La Poste non esplicava effetti persistenti (punti 64-121 della decisione impugnata). In terzo luogo, la Commissione ha verificato se sussistesse un interesse comunitario sufficiente a proseguire l’istruttoria della denuncia. La Commissione afferma che, in una situazione in cui il comportamento contestato è cessato nel 1991 e non ha effetti persistenti sul mercato, non è tenuta a valutare né la gravità della pretesa infrazione né la sua durata, nell’ambito del proprio esame dell’interesse comunitario. Essa spiega che, nell’interesse di una buona amministrazione, procede nondimeno ad esaminare gli argomenti delle denuncianti in proposito.

19      La Commissione ha concluso nel senso della mancanza di interesse comunitario e ha respinto la denuncia per tale motivo.

7.     Decisione concernente la parte della denuncia relativa agli aiuti di Stato

20      Per quanto riguarda l’aspetto relativo agli aiuti di Stato, la Commissione, con decisione 1° ottobre 1997, 98/365/CE, in merito a presunti aiuti della Francia a favore della società SFMI‑Chronopost (GU 1998, L 164, pag. 37; in prosieguo: la «decisione del 1997»), ha stabilito che le misure considerate nella denuncia non costituivano aiuti di Stato a favore della SFMI‑Chronopost.

21      In seguito al ricorso di annullamento proposto dalle ricorrenti, il Tribunale, con sentenza 14 dicembre 2000, causa T‑613/97, UFEX e a./Commissione (Racc. pag. II‑4055), ha annullato parzialmente tale decisione.

22      La Chronopost, La Poste e la Repubblica francese hanno impugnato tale sentenza. Con sentenza 3 luglio 2003, cause riunite C‑83/01 P, C‑93/01 P e C‑94/01 P, Chronopost e a./UFEX e a. (Racc. pag. I‑6993), la Corte ha annullato la sentenza, rinviando la causa al Tribunale.

23      Con sentenza 7 giugno 2006, causa T‑613/97, UFEX e a./Commissione (Racc. pag. II‑1531), pronunciata in seguito al rinvio della causa, il Tribunale ha annullato la decisione del 1997 laddove la Commissione constatava che né l’assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata, SFMI‑Chronopost, né il trasferimento della Postadex costituivano aiuti di Stato a favore della SFMI‑Chronopost. Il Tribunale ha ritenuto che il trasferimento del servizio Postadex alla SFMI‑Chronopost configurasse un aiuto di Stato, poiché la SFMI‑Chronopost non aveva versato alcuna contropartita a La Poste (punto 167 della sentenza). Inoltre il Tribunale ha considerato che la motivazione della decisione del 1997, che si limitava ad una spiegazione molto generica del metodo di valutazione dei costi utilizzato dalla Commissione e del risultato finale ottenuto, non rispondesse agli obblighi imposti dall’art. 253 CE nella parte riguardante la fornitura dell’assistenza logistica e commerciale (punti 98 e 101 della sentenza).

24      La Chronopost e La Poste hanno impugnato tale sentenza (cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, in corso).

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 febbraio 2005, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

26      Con memorie depositate presso la cancelleria del Tribunale il 3 giugno 2005, la Chronopost e La Poste hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Tali istanze sono state accolte con ordinanza del presidente della Seconda Sezione 21 luglio 2005.

27      Con ordinanza 21 marzo 2006 il presidente della Seconda Sezione si è pronunciato sulle richieste di trattamento riservato, nei confronti delle intervenienti, per quanto riguarda talune informazioni contenute negli atti e negli allegati delle parti.

28      La Chronopost e La Poste hanno depositato memorie di intervento. Le ricorrenti hanno presentato osservazioni su tali memorie entro il termine impartito.

29      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a rispondere per iscritto ad alcuni quesiti. Queste ultime, eccetto La Poste, hanno ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito.

30      Le difese svolte dalle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza del 26 aprile 2007. Successivamente all’udienza, con lettera del 19 luglio 2007, la CRIE, in stato di liquidazione, ha rinunciato al ricorso. Si deve quindi cancellare la CRIE dall’elenco delle ricorrenti, sicché, nel prosieguo della presente sentenza, il termine «ricorrenti» designerà esclusivamente la UFEX, la DHL e la Federal express international (France) SNC (in prosieguo: la «FedEx»). Per contro, il termine «denuncianti» indicherà la UFEX, la DHL, la FedEx e la CRIE.

31      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

32      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

33      La Chronopost chiede che il Tribunale voglia:

–        accogliere le conclusioni scritte della Commissione, in particolare:

–        dichiarare irricevibile il ricorso nella parte concernente l’art. 3, lett. g), CE, e gli artt. 10 CE, 82 CE e 86 CE considerati congiuntamente e/o

–        respingere integralmente il ricorso delle ricorrenti in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

34      La Poste chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso, da una parte, per l’assenza di denuncia formalizzata davanti alla Commissione e, dall’altra, per la violazione dei diritti fondamentali di La Poste garantiti all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»);

–        in subordine, respingere il ricorso;

–        in ogni caso, condannare le ricorrenti alle spese che essa ha sostenuto.

 Sulla ricevibilità

1.     Argomenti delle parti

35      La Poste solleva due eccezioni di irricevibilità, la prima relativa all’assenza di denuncia da parte della UFEX e la seconda relativa alla violazione dei suoi diritti fondamentali.

36      Nell’ambito della prima eccezione di irricevibilità, La Poste afferma che dal testo della denuncia del 21 dicembre 1990 emerge chiaramente che si tratta di una denuncia presentata in materia di aiuti di Stato e non di una denuncia relativa ad un abuso di posizione dominante. Le ricorrenti non sarebbero pertanto legittimate a contestare il rigetto di una denuncia inesistente. Secondo La Poste non si può ammettere che una riunione informale, che ha dato luogo a scambi di opinioni, possa costituire una denuncia ai sensi dell’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. [81] e [82] del Trattato (GU 13, pag. 204).

37      Con riguardo alla seconda eccezione di irricevibilità, La Poste ricorda che, ai sensi dell’art. 6 della CEDU, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole e ogni accusato ha diritto a essere informato, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico.

38      La Poste si sarebbe trovata sotto accusa ai sensi dell’art. 6 della CEDU dal momento che la Commissione aveva indagato su un abuso di posizione dominante che le veniva contestato. A suo avviso una sentenza che annulli la decisione della Commissione, implicando una riapertura del procedimento, costituirebbe una violazione dei suoi diritti fondamentali. La Poste non sarebbe in grado di ricercare gli elementi necessari a sua difesa relativi agli anni ’80 e ’90.

39      La Commissione non contesta la ricevibilità del ricorso, salvo per quanto riguarda il terzo motivo (v. infra, punti 188 e seguenti).

40      Le ricorrenti sostengono che, in via generale, le eccezioni di irricevibilità dedotte da La Poste siano irricevibili, in quanto l’interveniente non ha il diritto di sollevare motivi o eccezioni non sollevati dalla parte principale.

41      Per quanto concerne la prima eccezione di irricevibilità, le ricorrenti ritengono che l’esistenza di una denuncia in materia di abuso di posizione dominante non possa essere seriamente contestata.

42      Quanto alla seconda eccezione di irricevibilità, le ricorrenti sostengono che, in realtà, La Poste non invoca un’eccezione di irricevibilità, ma un motivo di merito che non sarebbe legittimata a sollevare.

2.     Giudizio del Tribunale

 Osservazioni preliminari

43      Occorre esaminare, in via preliminare, se le eccezioni di irricevibilità sollevate da La Poste siano ricevibili.

44      A norma dell’art. 40, ultimo comma, dello Statuto della Corte, applicabile alla procedura dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53 dello Statuto medesimo, le conclusioni dell’istanza d’intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni delle parti. Inoltre, ai sensi dell’art. 116, n. 3, del regolamento di procedura, l’interveniente accetta il procedimento nello stato in cui questo si trova all’atto del suo intervento. Secondo una giurisprudenza consolidata, l’interveniente non può perciò utilmente sollevare un’eccezione d’irricevibilità che non è dedotta dalla parte a sostegno delle cui conclusioni essa è stata ammessa ad intervenire. Il Tribunale non è tenuto ad esaminare i motivi invocati a tale riguardo (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C‑313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I‑1125, punto 22, e sentenza del Tribunale 26 gennaio 2005, causa T‑193/02, Piau/Commissione, Racc. pag. II‑209, punto 36).

45      Orbene, nelle sue conclusioni, la Commissione non ha sollevato eccezioni di irricevibilità. La Poste non è quindi legittimata a sollevare tali eccezioni di irricevibilità.

46      Tuttavia, ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può, in qualsiasi momento, esaminare d’ufficio le eccezioni di irricevibilità di ordine pubblico, comprese quelle sollevate dagli intervenienti (sentenza del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T‑239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. II‑1839, punto 26, e Piau/Commissione, punto 44 supra, punto 37).

47      Nel presente caso le eccezioni di irricevibilità addotte da La Poste sollevano questioni di ordine pubblico, laddove riguardano la ricevibilità del ricorso (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4087, punto 35). Nel caso di specie occorre esaminarle d’ufficio.

 Sulla prima eccezione di irricevibilità, relativa all’assenza di denuncia da parte della UFEX

48      Quanto alla prima eccezione di irricevibilità, si deve rilevare che dal punto 1 della decisione impugnata emerge che, secondo la Commissione, le è stata presentata una denuncia concernente addebiti di infrazione, in particolare dell’art. 82 CE. In tali circostanze è irrilevante stabilire se la denuncia depositata il 21 dicembre 1990 riguardasse sin dall’origine una presunta violazione dell’art. 82 CE (v., in tal senso, sentenza 16 giugno 1994, SFEI e a./Commissione, punto 11 supra, punto 23).

49      L’argomento di La Poste secondo il quale lo SFEI e la UFEX avrebbero dovuto presentare una denuncia formale alla Commissione non può essere accolto. Le denuncianti hanno chiaramente espresso il loro desiderio che la denuncia sia esaminata con riferimento all’art. 82 CE. Ad esempio, dopo che il 28 ottobre 1994 la Commissione aveva inviato allo SFEI una lettera con cui lo informava della sua intenzione di non dare esito favorevole alla denuncia riguardante gli aspetti attinenti all’art. 82 CE, lo SFEI, con lettera del 28 novembre 1994, ha fatto pervenire alla Commissione le proprie osservazioni in cui ha insistito sulla sua posizione con riguardo all’abuso di posizione dominante (punti 2 e 3 della decisione di rigetto del 30 dicembre 1994, cit. al punto 8 della sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra). Ne consegue che la Commissione è stata validamente adita con una denuncia fondata sull’art. 82 CE.

 Sulla seconda eccezione di irricevibilità, relativa alla violazione dei diritti fondamentali di La Poste

50      Preliminarmente si deve constatare che questo motivo, così come presentato da La Poste, non costituisce, in realtà, un’eccezione di irricevibilità, come fanno giustamente valere le ricorrenti. Infatti l’interesse di terzi a non vedere annullato un atto, in quanto ciò causerebbe loro conseguenze negative o la perdita di un beneficio, perfino una lesione dei loro diritti, non attiene alle condizioni di ricevibilità del ricorso di annullamento, quali formulate all’art. 230 CE nonché nello Statuto della Corte e interpretate dalla giurisprudenza. Se un tale interesse può, all’occorrenza, essere preso in considerazione nell’esame del merito della causa, ad esempio, in forza del principio della certezza del diritto, non può, in quanto tale, essere dedotto a sostegno di un’eccezione di irricevibilità.

51      In ogni caso non può essere accolto l’argomento di La Poste secondo cui una sentenza di annullamento della decisione impugnata costituirebbe di per sé una violazione dei suoi diritti fondamentali. Infatti, come emerge dal successivo punto 57, la violazione addotta non discenderebbe dalla sentenza stessa di annullamento, bensì dal futuro e ipotetico comportamento della Commissione alla riapertura del procedimento di esame della denuncia. Una tale considerazione, del resto meramente speculativa, non può impedire al Tribunale di esercitare la missione che gli spetta ai sensi dell’art. 220 CE, cioè assicurare il rispetto del diritto e, più in particolare nel caso di specie, controllare la legittimità della decisione impugnata, alle condizioni di cui all’art. 230 CE.

52      Tuttavia si deve rilevare che La Poste ha precisato all’udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, che questa eccezione di irricevibilità si riferiva, in parte, all’assenza di interesse ad agire delle ricorrenti. Sotto tale profilo la questione della durata del procedimento costituisce effettivamente una questione di ricevibilità. Se tale durata ha potuto impedire alla Commissione di adottare in futuro una decisione di accertamento di un’infrazione, occorrerebbe interrogarsi sull’interesse delle ricorrenti all’annullamento della decisione impugnata.

53      In base ad una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche (v. sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 1965, punto 21; sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T‑480/93 e T‑483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione, Racc. pag. II‑2305, punto 59, e la giurisprudenza ivi citata, e 20 giugno 2001, causa T‑188/99, Euroalliages/Commissione, Racc. pag. II‑1757, punto 26), o, secondo un’altra formulazione, che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (sentenze della Corte 13 luglio 2000, causa C‑174/99 P, Parlamento/Richard, Racc. pag. I‑6189, punto 33, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 21; sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione, Racc. pag. II‑3253, punto 44).

54      Dato che le ricorrenti sono destinatarie di una decisione di rigetto della loro denuncia, il loro interesse ad agire può essere negato solo in circostanze eccezionali. Si potrebbe negare l’interesse ad agire delle ricorrenti solamente nell’ipotesi in cui si potesse escludere con certezza che la Commissione sia in grado di adottare una decisione di accertamento di un’infrazione imputabile alle intervenienti.

55      Occorre quindi esaminare se sia possibile escludere, a questo punto, che la Commissione sia in grado di adottare una decisione siffatta. Innanzi tutto, si deve sottolineare che l’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario, del quale il giudice comunitario assicura il rispetto (sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 35). In tale contesto si deve verificare se l’eccessiva durata dell’intero procedimento amministrativo, ivi compresa la fase antecedente alla comunicazione degli addebiti, sia idonea a pregiudicare le future possibilità di difesa delle imprese oggetto dell’indagine (v., in tal senso, sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punto 51).

56      Per dimostrare una violazione dei diritti della difesa, eventualmente determinata dalla durata eccessiva della fase istruttoria, spetta alla parte provare che le sue possibilità di confutare le censure della Commissione sono effettivamente limitate per ragioni derivanti dal fatto che la prima fase del procedimento amministrativo ha richiesto un tempo irragionevolmente lungo (v., in tal senso, sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 55 supra, punto 56).

57      Nel caso di specie La Poste non ha dimostrato che un’eventuale decisione di accertamento di un’infrazione lederebbe necessariamente i suoi diritti della difesa. In proposito si deve sottolineare che spetta alla Commissione, se intende adottare una decisione che constati un’infrazione, provare i fatti che caratterizzano tale infrazione. Ad oggi è impossibile conoscere esattamente quali siano gli addebiti che potrebbero essere presi in considerazione dalla Commissione in un’eventuale comunicazione degli addebiti e quali siano gli elementi di prova su cui si potrebbe fondare. Orbene, non è possibile dimostrare in via ipotetica che La Poste non sarebbe in grado di difendersi da eventuali accuse. Se il procedimento dovesse proseguire, non sarebbe escluso che La Poste possa fare valere, in una fase successiva, la sua incapacità a difendersi utilmente da un preciso addebito che le dovesse essere mosso dalla Commissione o da un mezzo di prova specifico, a causa della durata eccessiva del procedimento. In proposito va sottolineato che argomenti astratti e imprecisi, come l’affermazione di La Poste secondo cui essa non poteva «evidentemente ricercare gli elementi necessari per la propria difesa relativi agli anni ’80 e ’90», non sono idonei a dimostrare l’effettiva esistenza di una violazione dei diritti della difesa, la quale va esaminata in rapporto alle specifiche circostanze di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commission, punto 55 supra, punti 56-59).

58      Per quanto riguarda l’argomento di La Poste relativo al fatto che trovarsi permanentemente sotto esame le causa notevoli pregiudizi, ossia l’impiego dei propri servizi per un compito improduttivo, spese inutili e l’accesso dei suoi concorrenti a numerose informazioni commerciali, è sufficiente constatare che esso non è atto a dimostrare una violazione dei suoi diritti della difesa. Tali circostanze non possono quindi impedire alla Commissione di adottare, in futuro, una decisione di accertamento di un’infrazione.

59      Da tutto quanto precede risulta che il ricorso è ricevibile.

 Sul merito

1.     Sul primo motivo, relativo alla violazione delle regole di diritto concernenti la valutazione dell’interesse comunitario alla prosecuzione dell’esame della denuncia

60      Tale motivo si articola in quattro parti, riguardanti, rispettivamente, un’erronea interpretazione della sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra, un’erronea valutazione di alcuni elementi che fanno necessariamente parte della definizione di interesse comunitario, un’erronea valutazione del ruolo della Commissione rispetto a quello dei giudici nazionali nell’esame della sussistenza di un interesse comunitario e una violazione dei principi di buona fede e leale cooperazione tra le istituzioni comunitarie.

 Sulla prima parte, relativa a un’interpretazione manifestamente erronea della sentenza del Tribunale 25 maggio 2000 che trae le conseguenze dalla sentenza della Corte 4 marzo 1999 pronunciata in seguito a ricorso avverso la sentenza di primo grado

 Argomenti delle parti

61      Le ricorrenti ritengono che la sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra, imponga alla Commissione di esaminare tre condizioni cumulative nell’ordine indicato – cioè la gravità delle infrazioni dedotte, la loro durata e l’eventuale persistenza dei loro effetti – al fine di accertare la sussistenza di un interesse comunitario alla prosecuzione del procedimento in una determinata causa.

62      Secondo le ricorrenti l’intero ragionamento della Commissione si fonda sul punto 22 della decisione impugnata, nel quale la Commissione precisa che «[la] sentenza della Corte mostra chiaramente che quando continuano a sussistere effetti anticoncorrenziali – ma soltanto in tal caso (donde il termine “all’occorrenza”) – la Commissione deve considerare la gravità delle infrazioni contestate». Così facendo, la Commissione avrebbe violato i propri obblighi nell’ambito dell’esame di una denuncia.

63      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti. Essa sostiene che, nella decisione impugnata, non intendeva affermare di non essere obbligata a considerare la gravità e la durata dell’infrazione, come contestate dalle denuncianti, ma di non avere l’obbligo di effettuare un’intera indagine per accertarle e determinarle con precisione. Nel caso di specie la Commissione avrebbe ben tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione addotta.

 Giudizio del Tribunale

64      In primo luogo, si devono ricordare, in via generale, gli obblighi della Commissione quando viene adita con una denuncia.

65      Risulta in proposito, da una giurisprudenza ben consolidata (v. sentenza del Tribunale 14 febbraio 2001, causa T‑115/99, SEP/Commissione, Racc. pag. II‑691, punti 31-33, e la giurisprudenza citata), che la Commissione, quando decide di accordare gradi di priorità differenti alle denunce di cui è investita, può non soltanto stabilire l’ordine in cui le denunce saranno esaminate, ma anche respingere una denuncia per mancanza di interesse comunitario sufficiente alla prosecuzione dell’esame della pratica. Il potere discrezionale di cui dispone la Commissione non è però senza limiti. Da un lato, essa è vincolata da un obbligo di motivazione quando decide di non continuare l’esame di una denuncia. Dall’altro, non può basarsi unicamente sul fatto che siano cessate pratiche assertivamente contrarie al Trattato per decidere di archiviare per assenza di interesse comunitario la denuncia che segnala tali pratiche, senza aver verificato che non persistano effetti anticoncorrenziali e che, all’occorrenza, la gravità delle asserite violazioni della concorrenza o la persistenza dei loro effetti non siano tali da attribuire a tale denuncia un interesse comunitario.

66      Nella decisione impugnata la Commissione sostiene che, se un’infrazione è cessata da molto tempo e non vi sono effetti persistenti, essa è legittimata a respingere la denuncia per mancanza di interesse comunitario, senza tener conto della durata e della gravità dell’infrazione. Ciò emerge dal punto 22 della decisione impugnata (punto 62 supra), così come dal punto 23 della medesima decisione, in cui la Commissione espone quanto segue:

«[L]a Commissione ritiene che il comportamento contestato sia cessato nel 1991 e non abbia effetti persistenti sul mercato. In una tale situazione, la Commissione non è (…) tenuta a valutare né la gravità della supposta infrazione, né la sua durata, nella propria analisi dell’interesse comunitario. Tuttavia, nell’interesse di una buona amministrazione, gli argomenti de[lle] denuncianti in proposito sono esaminati nel prosieguo».

67      Con riferimento ai termini espliciti di tali dichiarazioni, si deve rigettare l’argomento della Commissione secondo cui non intendeva affermare di non essere tenuta a considerare la gravità e la durata dell’infrazione, così come addotte dalle denunciati, ma solamente di non avere l’obbligo di effettuare un’intera indagine per accertarle e determinarle con precisione. Nella decisione impugnata la Commissione ha sostenuto chiaramente di non essere obbligata a tenere conto della gravità e della durata dell’infrazione, qualora constati che un’infrazione sia cessata e non vi siano effetti persistenti. È unicamente «nell’interesse di una buona amministrazione» che essa ha esaminato gli argomenti delle denuncianti relativi alla gravità e alla durata dell’infrazione.

68      Occorre pertanto esaminare se tale interpretazione corrisponda agli obblighi della Commissione, definiti, in particolare, nella sentenza 4 marzo 1999, UFEX e a./Commissione, punto 13 supra.

69      In tale sentenza la Corte ha precisato quanto segue. La Commissione ha l’obbligo di valutare in ciascun caso di specie la gravità delle asserite violazioni della concorrenza e la persistenza dei loro effetti. Tale obbligo implica segnatamente ch’essa tenga conto della durata e dell’importanza delle infrazioni denunciate nonché della loro incidenza sulla situazione della concorrenza nella Comunità (punto 93 della citata sentenza). La Commissione non può basarsi unicamente sul fatto che siano cessate pratiche assertivamente contrarie al Trattato per decidere di archiviare per assenza di interesse comunitario la denuncia che segnala tali pratiche, senza aver verificato che non persistano effetti anticoncorrenziali e che, «all’occorrenza», la gravità delle asserite violazioni della concorrenza o la persistenza dei loro effetti non siano tali da attribuire a tale denuncia un interesse comunitario (punto 95 della medesima sentenza). La Corte ha reputato che il Tribunale, ritenendo, senza accertare che si fosse verificato che gli effetti anticoncorrenziali non persistessero e, all’occorrenza, non fossero tali da attribuire alla denuncia un interesse comunitario, che l’istruzione di una denuncia relativa a passate infrazioni non corrispondesse al ruolo attribuito alla Commissione dal Trattato, ma servisse essenzialmente a facilitare ai denuncianti la dimostrazione di un illecito per ottenere il risarcimento dei danni dinanzi ai giudici nazionali, abbia accolto un’errata concezione del ruolo della Commissione nel settore della concorrenza (punto 96 della medesima sentenza).

70      L’argomento della Commissione esposto al punto 22 della decisione impugnata si fonda sull’impiego del termine «all’occorrenza» al punto 95 della sentenza della Corte. Tuttavia tale punto deve essere letto alla luce del punto 93, che implica che la Commissione debba tener conto della durata, della gravità, nonché degli effetti persistenti dell’infrazione addotta. Il punto 95 di detta sentenza deve essere interpretato come segue: se persistono effetti anticoncorrenziali («all’occorrenza»), la Commissione ha l’obbligo di verificare se la gravità delle asserite infrazioni o la persistenza dei loro effetti attribuisca alla denuncia un interesse comunitario. Dal punto 96 della sentenza discende che la sola persistenza degli effetti anticoncorrenziali può essere sufficiente a conferire a una denuncia un interesse comunitario. Se, al contrario, non sussistono effetti persistenti, la Commissione non ha evidentemente l’obbligo di valutare se la loro persistenza attribuisca alla denuncia un interesse comunitario. Nondimeno, ciò non consente di concludere a contrario che la Commissione non debba verificare se la gravità delle asserite infrazioni conferisca alla denuncia un interesse comunitario. In tal caso la Commissione rimane obbligata a tener conto della durata e della gravità delle infrazioni addotte (sentenza 4 marzo 1999, UFEX e a./Commissione, punto 13 supra, punto 93).

71      Nella sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra, il Tribunale conferma che la Commissione non può accontentarsi di verificare se sussistano effetti persistenti, ma che essa deve altresì tener conto della gravità e della durata delle asserite infrazioni. Così, secondo il punto 44 di tale sentenza, la Commissione «[è] tenuta a valutare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto raccolti, la gravità e la durata delle infrazioni dedotte nonché l’eventuale persistenza dei loro effetti».

72      Non può essere accolto l’argomento della Commissione, esposto ai punti 24 e 25 della decisione impugnata, secondo cui un’interpretazione diversa da quella fornita nella decisione impugnata comporterebbe la conseguenza di imporre alla Commissione un’analisi del merito di ogni denuncia, in quanto una valutazione della durata e della gravità di un abuso richiederebbe a fortiori un’istruttoria e l’accertamento della sussistenza o meno di un’infrazione. È infatti possibile che la Commissione, nella valutazione dell’interesse comunitario ad istruire la denuncia, tenga conto della gravità e della durata dell’infrazione contestata, come segnalata nella denuncia, senza accertare l’esistenza e le caratteristiche precise (relative alla gravità e alla durata) dell’infrazione.

73      Tuttavia si deve respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione è tenuta a valutare la gravità, la durata e la persistenza degli effetti dell’infrazione asserita in un determinato ordine.

74      In proposito si deve sottolineare che, secondo la giurisprudenza, la valutazione dell’interesse comunitario rappresentato da una denuncia varia in rapporto alle circostanze di ciascun caso di specie e che non occorre né limitare il numero dei criteri di valutazione cui la Commissione può riferirsi né, viceversa, imporle il ricorso esclusivo a determinati criteri (sentenza 4 marzo 1999, UFEX e a./Commissione, punto 13 supra, punto 79). Ne consegue che la Commissione non è obbligata ad esaminare certi criteri specifici in un determinato ordine. I motivi accolti dalla Corte e dal Tribunale nella causa UFEX e a./Commissione riguardano una situazione in cui la Commissione si era basata unicamente sul fatto che le asserite pratiche erano cessate per decidere di archiviare per mancanza di interesse comunitario una denuncia che segnalasse tali pratiche. Secondo tale giurisprudenza, se la Commissione desidera fondare il proprio ragionamento sul fatto che il comportamento è cessato, essa ha l’obbligo, nella valutazione dell’interesse comunitario ad istruire la denuncia, di verificare se persistano effetti anticoncorrenziali e di tener conto della gravità e della durata della violazione. Tuttavia ciò non modifica la giurisprudenza secondo cui la Commissione può decidere di archiviare una decisione per mancanza di interesse comunitario sulla base di un motivo diverso dalla cessazione del comportamento illecito. Dall’ordinanza della Corte 13 dicembre 2000, causa C‑39/00 P, SGA/Commissione (Racc. pag. I‑11201, punto 64), risulta che la giurisprudenza definita nella sentenza 4 marzo 1999 UFEX e a./Commissione, punto 13 supra, è applicabile soltanto nel caso in cui la Commissione si basi sulla cessazione delle pratiche assertivamente contrarie al Trattato.

75      Alla Commissione è permesso esaminare, in primo luogo, se il comportamento contestato prosegua, in secondo luogo, se persistano effetti anticoncorrenziali e, in terzo luogo, se esista un interesse comunitario alla prosecuzione dell’esame della denuncia. Tuttavia la Commissione è obbligata, nell’ambito dell’esame dell’interesse comunitario, a tener conto della gravità e della durata dell’infrazione addotta. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, tale approccio non può essere qualificato come illogico. Nulla impedisce alla Commissione di seguire le fasi del ragionamento indicate nella decisione, se tiene conto, nell’ambito dell’ultima fase, della gravità e della durata delle infrazioni addotte.

76      Da quanto precede risulta che nella decisione impugnata la Commissione ha interpretato in maniera errata i propri obblighi, affermando di non essere tenuta a considerare la gravità e la durata delle infrazioni contestate.

77      Questo non significa necessariamente che la decisione impugnata debba essere annullata. Secondo la giurisprudenza un errore che vizi una decisione della Commissione non sarebbe sufficiente a giustificare l’annullamento di tale decisione, se, nelle circostanze peculiari del caso in esame, tale errore non avesse potuto avere alcuna influenza determinante quanto all’esito (v. sentenza del Tribunale 14 maggio 2002, causa T‑126/99, Graphischer Maschinenbau/Commissione, Racc. pag. II‑2427, punto 49, e la giurisprudenza ivi citata).

78      Ne consegue che l’argomento delle ricorrenti relativo all’errore della Commissione, consistente nell’aver ritenuto di non essere obbligata a tener conto della gravità e della durata delle infrazioni contestate, sarebbe irrilevante se tale errore non avesse potuto avere un’influenza determinante quanto all’esito. Nella fattispecie la Commissione ha esaminato gli argomenti delle denuncianti connessi alla gravità e alla durata delle infrazioni «nell’interesse di una buona amministrazione». Se ne risulta che essa ha ritenuto che, pur tenendo conto delle caratteristiche delle infrazioni, non vi fosse un interesse comunitario sufficiente alla prosecuzione dell’esame della denuncia, e se la Commissione non ha commesso errori nell’ambito di tale argomentazione, l’errore della Commissione non può avere avuto influenza sul dispositivo della decisione.

79      Si deve quindi esaminare, nell’ambito dell’esame della seconda parte del primo motivo, se la valutazione da parte della Commissione della gravità e della durata delle infrazioni contestate sia inficiata da errore.

 Sulla seconda parte, relativa ad una valutazione manifestamente erronea di alcuni elementi che fanno necessariamente parte della definizione di interesse comunitario

80      Le ricorrenti sostengono che la Commissione non abbia valutato in maniera corretta la gravità delle infrazioni contestate, la loro durata e la persistenza dei loro effetti anticoncorrenziali.

 Riassunto della decisione impugnata

81      Per quanto rileva ai fini della soluzione della presente controversia, la decisione impugnata contiene le seguenti osservazioni. La Commissione ritiene che le infrazioni contestate siano cessate nel 1991, facendo riferimento, in proposito, alla decisione GD NET (v. punto 5 supra). La Commissione osserva che, dopo il 1991, non sussistevano più incentivi alla concessione di sovvenzioni incrociate. In proposito essa rileva che, in forza dei contratti GDEW, quando la SFMI‑Chronopost si è fusa con le attività di corriere espresso della TNT e gli operatori postali tedesco, olandese, svedese e canadese, La Poste deteneva solo una partecipazione del 12,5% nella GDEW, costituita, in Francia, dalla SFMI‑Chronopost. La Commissione ritiene che, in ragione della condivisione degli utili della GDEW e della loro ripartizione tra tutti gli azionisti, nessuno degli operatori postali sarebbe stato indotto a far beneficiare unilateralmente la GDEW di sovvenzioni incrociate (punto 51 della decisione impugnata).

82      Essa sottolinea altresì che, a partire dal marzo 1995, La Poste era tenuta a rispettare l’impegno, annesso alla decisione GD NET, di fornire servizi infrastrutturali in subappalto a terzi a condizioni analoghe a quelle a cui forniva servizi equivalenti alla SFMI‑Chronopost (punto 58 della decisione impugnata).

83      La Commissione rileva che nel 2002 ha verificato presso le denuncianti se avessero chiesto a La Poste di fornire loro servizi subappaltati del genere di quelli forniti alla SFMI‑Chronopost, e che dalle risposte emergeva che nessun operatore si era dimostrato desideroso di farlo (punto 61 della decisione impugnata). Essa sottolinea che la FedEx ha concluso con la società controllante della Chronopost contratti relativi a determinati servizi infrastrutturali, entrati in vigore nel 2002 (punto 63 della decisione impugnata).

84      Successivamente, la Commissione rileva che il supposto comportamento anticoncorrenziale passato non esercita effetti persistenti.

85      In proposito la Commissione ha fornito la seguente tabella relativa all’evoluzione delle quote in valore del mercato francese del corriere espresso internazionale:

    

In%

 

1986

1990

1996

2001

SFMI/Chronopost

4

da 24 a 32

22

25

DHL

42

da 22 a 28

28

35

FedEx

da 7 a 16

da 10 a 17

11

10

UPS

2

da 3 a 6

9

7

TNT/GDEW

da 4 a 7

da 4 a 13

10

11

Jet Services

6

da 4 a 5

 

11


86      La Commissione sottolinea che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost era del 25% nel 2001, ossia tre punti percentuali in meno del 1990, rispetto alla media della forbice che va dal 24% al 32%. L’esiguità di questo scarto mostrerebbe come la quota di mercato della SFMI‑Chronopost sia poco dipendente dal supposto abuso. Ne consegue, secondo la Commissione, che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost dipende da altri fattori determinanti (punto 73 della decisione impugnata).

87      La Commissione aggiunge che dal 1991 vi sono state poche uscite dal mercato e che solo due fornitori molto piccoli si sono ritirati dal mercato francese del corriere internazionale: la CRIE e la Extracom (punto 79 della decisione impugnata). Per quanto riguarda la società CRIE, la Commissione rileva che le ragioni da questa fornite per spiegare tale ritiro, in risposta ad una sua richiesta di informazioni, non erano connesse né alla mancanza di accesso alla rete di La Poste, né a un abuso di posizione dominante di quest’ultima (punto 80 della decisione impugnata). La Commissione sottolinea di non disporre di elementi che dimostrino un nesso di causalità tra il comportamento contestato e l’uscita di qualsiasi operatore dal mercato in questione (punto 85 della decisione impugnata).

88      La Commissione rileva altresì che i clienti francesi sono estremamente sensibili al prezzo quando scelgono il loro fornitore di servizi di corriere espresso, che i clienti desiderosi di cambiare fornitore non incontrano ostacoli, e che peraltro lo fanno frequentemente (punti 86-100 della decisione impugnata).

89      Quanto all’argomento delle denuncianti secondo cui la disponibilità di una rete nazionale è essenziale per operare nel segmento ad hoc (quello della clientela occasionale), la Commissione risponde che, se la disponibilità della rete di La Poste fosse stata essenziale, la concorrenza si sarebbe dovuta necessariamente sviluppare in base ad accordi commerciali a partire dal marzo 1995 (punto 104 della decisione impugnata). L’importante e crescente quota di mercato della DHL nel segmento ad hoc costituirebbe la prova del fatto che l’accesso esclusivo della SFMI‑Chronopost alla capillare rete postale locale di La Poste fino al 1995 non ha falsato la concorrenza in maniera significativa e durevole in tale segmento (punto 105 della decisione impugnata). La Commissione evoca altresì la crescente importanza delle televendite e delle vendite via Internet (punti 113 e 114 della decisione impugnata).

90      La Commissione osserva poi che non sussistono effetti persistenti in materia di prezzi. Essa sottolinea che le denuncianti hanno affermato che la SFMI‑Chronopost aveva allineato i propri prezzi a quelli dei suoi concorrenti verso il 1991 e che in seguito tali prezzi erano divenuti nuovamente abusivi, in ogni caso, intorno al 2000 e nel 2002 (punto 116 della decisione impugnata). Riguardo all’argomento delle denuncianti secondo cui tali prezzi costituivano effetti persistenti delle sovvenzioni incrociate, la Commissione sostiene che non è dimostrato che i prezzi praticati dalla SFMI‑Chronopost a partire dal 2000 abbiano un qualche legame con le sovvenzioni incrociate di cui la SFMI‑Chronopost avrebbe, secondo quanto asserito dalle ricorrenti, beneficiato (punto 118 della decisione impugnata). Ad ogni modo sembrerebbe inverosimile che un’impresa attui, per più di un decennio, una politica di prezzi abusivamente bassi (punto 119 della decisione impugnata).

91      Nella parte della decisione impugnata relativa all’esame della questione se l’interesse comunitario sia sufficiente per proseguire l’esame della denuncia, la Commissione rileva che il fatto che il supposto abuso sia durato cinque anni non attribuisce un interesse comunitario al caso, essendo tale abuso cessato tredici anni prima e non presentando effetti persistenti (punto 124 della decisione impugnata)

92      Per quanto riguarda la gravità del presunto abuso, la Commissione contesta, ai punti 125-126 della decisione impugnata, l’argomento delle denuncianti secondo cui dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») emerge che il presunto abuso sarebbe «molto grave», in quanto La Poste sarebbe in situazione di monopolio. Al riguardo essa afferma che gli orientamenti sono stati elaborati al fine di fornire una migliore trasparenza per quanto concerne la politica della Commissione nella determinazione delle ammende, ma che non riguardano la possibilità per la Commissione di respingere una denuncia per mancanza di interesse comunitario.

93      La Commissione rileva altresì che il mercato in questione non è divenuto sostanzialmente più concentrato di quanto non lo fosse nel 1986, se si confronta il grado di concentrazione, calcolato secondo l’indice Herfindahl-Hirschmann, del 1986 con quello del 2000 e 2001 (punti 131 e 132 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

–       Gravità delle infrazioni asserite

94      Le ricorrenti ritengono che il mercato interessato dalle infrazioni contestate abbia un’evidente dimensione comunitaria e sottolineano che la denuncia proveniva dalla quasi totalità degli operatori interessati. La Commissione avrebbe riconosciuto diverse volte l’infrazione asserita, ossia l’attribuzione di sovvenzioni incrociate finanziate con le risorse del monopolio postale, come avente un carattere certamente grave. Di conseguenza la Commissione avrebbe dovuto riconoscere, nella decisione impugnata, la natura particolarmente grave dell’infrazione contestata.

95      La Commissione precisa di aver risposto, nella decisione impugnata, agli argomenti delle ricorrenti su questo punto. Essa sostiene che, anche ammettendo che l’infrazione addotta sia particolarmente grave, tale constatazione non avrebbe modificato la sua valutazione in merito all’assenza di interesse comunitario a perseguire l’infrazione contestata con riferimento, segnatamente, alla sua cessazione e all’assenza di effetti persistenti di tale infrazione.

–       Durata delle infrazioni asserite

96      Le ricorrenti sostengono che gli elementi del fascicolo potevano solo condurre la Commissione a qualificare le asserite infrazioni come infrazioni di lunga durata.

97      Esse affermano che l’infrazione non è cessata e che la SFMI‑Chronopost ha continuato a beneficiare da parte di La Poste di prezzi che non riflettevano i costi totali. Ciò le avrebbe permesso di scegliere, secondo le circostanze, l’arma più efficace contro i suoi concorrenti, consistente nel praticare prezzi predatori o nell’allineare i propri prezzi con quelli dei concorrenti e realizzare utili molto importanti. La concessione da parte di La Poste di sovvenzioni illecite dal monopolio legale verso l’attività in concorrenza costituirebbe, di per sé, un abuso di posizione dominante. Inoltre la Commissione non avrebbe tratto alcuna conseguenza da taluni elementi molto precisi forniti dalle ricorrenti, in particolare dagli esempi di prezzi predatori o anormalmente bassi praticati dalla SFMI‑Chronopost nel 1994 e nel 1999.

98      La Commissione contesta i suddetti argomenti. Essa ritiene che non sia dimostrato che la sottofatturazione di prestazioni da parte di un’impresa in posizione dominante alla propria controllata attiva in un altro mercato dove non è in posizione dominante costituisca, in quanto tale, un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. Gli effetti di un comportamento abusivo dovrebbero, in via di principio, essere percepibili sul mercato, e non sarebbe questo il caso per quanto riguarda l’ottenimento di elevati margini operativi e la frequente distribuzione di dividendi elevati.

–       Persistenza degli effetti anticoncorrenziali delle infrazioni asserite

99      Le ricorrenti ritengono che proprio grazie alle infrazioni asserite la SFMI‑Chronopost ha potuto acquistare una posizione di leader sul mercato considerato in meno di quattro anni. Esse fanno valere che la Commissione abbia commesso un errore limitandosi, nella decisione impugnata, a verificare la persistenza di effetti accessori alle infrazioni contestate (l’evoluzione delle quote di mercato, le uscite dal mercato, la sensibilità della domanda al prezzo, l’assenza di ostacoli al cambiamento di fornitore, la necessità di disporre di una fitta rete locale e l’assenza di effetti persistenti in materia di prezzi), senza preoccuparsi dell’effetto principale, di natura strutturale, di tali infrazioni, consistente nell’aver posto la SFMI‑Chronopost in una posizione di leader sul mercato e di avercela mantenuta.

100    Nella replica le ricorrenti fanno riferimento ad una relazione redatta nell’agosto 2003 dal professor Encaoua (in prosieguo: la «relazione Encaoua»), che dimostrerebbe, in particolare, che la struttura del mercato era divenuta più concentrata, si erano verificate uscite significative dal mercato e sussistevano costi connessi al cambiamento di operatore.

101    La Commissione contesta gli argomenti addotti dalle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

102    Occorre esaminare, in primo luogo, se la Commissione abbia commesso un errore nel valutare la durata delle infrazioni contestate e nel concludere che non sussistevano effetti persistenti.

–       Durata delle infrazioni asserite

103    Il ragionamento della Commissione secondo cui le asserite sovvenzioni incrociate erano cessate nel 1991 è fondato in particolare sull’assenza di incentivi alla concessione di sovvenzioni incrociate a partire da quella data. Tale esame si fonda sul fatto che La Poste deteneva solo una partecipazione del 12,5% nella GDEW (costituita, in Francia, dalla SFMI‑Chronopost) e che, in ragione della condivisione degli utili della GDEW e della loro ripartizione tra tutti gli azionisti, nessuno degli operatori postali sarebbe stato indotto a far beneficiare unilateralmente la GDEW di sovvenzione incrociate. Si deve necessariamente constatare che le ricorrenti non contestano né la percentuale di partecipazione di La Poste, né la condivisione degli utili, e che non sostengono quindi che in tale esame la Commissione si sarebbe basata su fatti materialmente inesatti.

104    Effettivamente non sussisteva più una giustificazione economica affinché La Poste facesse beneficiare la GDEW di sovvenzioni incrociate, dato che gli altri azionisti della GDEW avrebbero beneficiato degli utili che ne risultavano nella misura dell’87,5%. Nell’ambito dell’esame dell’interesse comunitario a proseguire l’istruttoria di una denuncia, la Commissione ne ha potuto concludere, senza commettere un manifesto errore di valutazione, che le asserite sovvenzioni incrociate erano cessate nel 1991 (o, più precisamente, poco più tardi, quando l’operazione di concentrazione autorizzata dalla decisione GD NET è stata realizzata). A questo riguardo deve essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha mai verificato se gli impegni assunti in occasione della decisione GD NET fossero stati rispettati. L’assenza di giustificazione economica sussiste a prescindere dall’accertamento del fatto che La Poste abbia rispettato gli obblighi assunti in occasione della decisione GD NET. In tale contesto si deve altresì rigettare come inoperante l’argomento delle ricorrenti secondo cui La Poste non disponeva di una contabilità analitica almeno fino al 2001. Infatti, l’assenza di incentivi alla concessione di sovvenzioni incrociate sussiste indipendentemente dall’esistenza o meno di una contabilità analitica.

105    Non può quindi accogliersi l’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che il Tribunale, nella sentenza 7 giugno 2006, UFEX e a./Commissione, punto 23 supra, ha annullato parzialmente la decisione del 1997 quanto all’aspetto della denuncia concernente gli aiuti di Stato per insufficienza di motivazione. Infatti tale decisione si fonda su un altro ragionamento, in particolare su un calcolo del costo dell’assistenza logistica e su un raffronto con il compenso versato dalla SFMI‑Chronopost per gli anni dal 1986 al 1995. La Commissione non era obbligata ad effettuare un calcolo siffatto nell’ambito dell’esame dell’interesse comunitario ad istruire la denuncia per un presunto abuso di posizione dominante.

106    In tale contesto si deve sottolineare che la Commissione dispone di una competenza esclusiva per quanto riguarda l’accertamento dell’eventuale incompatibilità di un aiuto con il mercato comune. Per quanto concerne gli aiuti di Stato, al termine della fase preliminare di esame la Commissione ha l’obbligo di decidere che la misura statale non costituisce un «aiuto» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, oppure di decidere che questa misura, pur costituendo un aiuto, è compatibile con il mercato comune, oppure di decidere di instaurare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE (sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, causa T‑95/96, Gestevisión Telecinco/Commissione, Racc. pag. II‑3407, punti 54 e 55).

107    Al contrario, per quanto riguarda una denuncia che segnali un abuso di posizione dominante, non rientrante nella competenza esclusiva della Commissione, quest’ultima dispone di un potere discrezionale nella determinazione delle priorità e non è obbligata a prendere posizione sull’esistenza o meno di un’infrazione. La Commissione, se ha stabilito che, a partire da un dato momento, non sussisteva più una giustificazione economica a mantenere un certo comportamento, può, in linea di principio, ritenere che l’infrazione asserita sia cessata, se non vi sono sufficienti indicazioni contrarie. Nell’ambito dell’esame dell’interesse comunitario, che è inteso a consentirle di stabilire delle priorità, essa non è obbligata a consacrare risorse allo svolgimento di un calcolo analogo a quello effettuato per l’aspetto relativo agli aiuti di Stato. Il fatto che la denuncia riguardi al tempo stesso aiuti di Stato e un abuso di posizione dominante non impedisce alla Commissione di istruire separatamente i due aspetti della denuncia. Il fatto che la Commissione abbia aperto un procedimento in materia di aiuti di Stato e che abbia condotto un’indagine più approfondita al riguardo non esclude che essa possa respingere il motivo relativo all’abuso di posizione dominante per mancanza di interesse comunitario secondo i criteri applicabili a questa parte della denuncia.

108    Le ricorrenti sostengono di aver richiamato l’attenzione della Commissione su un tasso di rendimento interno della SFMI‑Chronopost molto elevato e su una distribuzione di dividendi insolitamente considerevoli, facendo riferimento ad una relazione redatta da una società di consulenza nel maggio 1996, che hanno prodotto in dibattimento. Al riguardo è sufficiente osservare che le tabelle relative al tasso di rendimento interno e ai dividendi distribuiti agli azionisti riguardano i periodi che vanno, rispettivamente, dal 1986 al 1992 e dal 1986 al 1991. I dati relativi al periodo antecedente o immediatamente successivo all’adozione della decisione GD NET non sono atti a rimettere in discussione la constatazione secondo cui La Poste non era più incentivata ad accordare sovvenzioni incrociate in seguito alla realizzazione della concentrazione autorizzata da tale decisione.

109    In ogni caso occorre sottolineare che la Commissione si è fondata giustamente sul fatto che La Poste era tenuta, a partire dal marzo 1995, a rispettare il proprio impegno di fornire a terzi servizi infrastrutturali in subappalto a condizioni analoghe a quelle a cui forniva servizi equivalenti alla SFMI‑Chronopost. Essa ne ha potuto trarre la conclusione che le sovvenzioni incrociate erano cessate al più tardi a quella data. Infatti non sussiste alcuna ragione economica a giustificazione del fatto che un’impresa in posizione dominante sottofatturi l’accesso alla sua rete alla propria controllata attiva su un mercato aperto alla concorrenza, se essa deve accordare le medesime condizioni di accesso ai concorrenti.

110    In proposito le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver verificato se La Poste abbia rispettato i suoi impegni. Orbene, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha verificato presso le denuncianti se avessero chiesto a La Poste di fornire loro servizi in subappalto del genere di quelli forniti alla SFMI‑Chronopost, e che dalle risposte ricevute risultava che nessun operatore si era mostrato desideroso di farlo. In tali circostanze le misure istruttorie prese dalla Commissione devono essere ritenute sufficienti. Se La Poste si è impegnata a concedere un accesso alla propria rete a condizioni non discriminatorie e se nessuna impresa glielo ha chiesto, non si pone il problema di accertare se La Posta abbia rispettato tale obbligo, in quanto non ha avuto la possibilità di violarlo.

111    Inoltre, come constatato dalla Commissione nella decisione impugnata, la FedEx ha concluso con la società controllante della Chronopost diversi contratti entrati in vigore nel 2002. Le ricorrenti non sostengono che le condizioni accordate alla FedEx siano discriminatorie rispetto a quelle concesse alla SFMI‑Chronopost.

112    Per quanto riguarda la politica dei prezzi adottata dalla SFMI‑Chronopost, le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver tratto alcuna conseguenza dagli esempi di prezzi predatori o anormalmente bassi praticati dalla SFMI‑Chronopost per gli anni 1994 e 1999. In proposito si deve sottolineare che le ricorrenti non hanno sostenuto, nell’ambito della presente controversia, che la SFMI‑Chronopost avrebbe avuto una posizione dominante sul mercato del corriere espresso internazionale. I prezzi praticati dalla SFMI‑Chronopost su questo mercato non possono quindi costituire un abuso di posizione dominante, se non sussiste alcun legame con sovvenzioni incrociate provenienti dal settore in cui La Poste detiene un monopolio. Le ricorrenti del resto non sollevano alcun motivo in merito al fatto che la Commissione abbia omesso, nella decisione impugnata, di verificare se i prezzi praticati dalla SFMI‑Chronopost costituissero una violazione dell’art. 82 CE, a prescindere dall’accertamento dell’esistenza di sovvenzioni incrociate. Inoltre l’esempio citato dalle ricorrenti nell’ambito della presente controversia per il 1994 riguarda il prezzo di un collo spedito dal Belgio verso la Danimarca, la Grecia, la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo o la Svizzera e, di conseguenza, non concerne il mercato francese del corriere espresso internazionale.

113    Inoltre si deve sottolineare che la Commissione rileva, al punto 116 della decisione impugnata, che, secondo l’affermazione delle denuncianti, la SFMI‑Chronopost ha allineato i propri prezzi a quelli dei suoi concorrenti intorno al 1991. A tal proposito va respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’attribuzione da parte di La Poste di sovvenzioni incrociate illecite dal monopolio legale verso l’attività in concorrenza costituisce di per sé un abuso di posizione dominante.

114    Occorre rilevare che il solo fatto che ad un’impresa venga concesso un diritto esclusivo per garantire la prestazione da parte della stessa di un servizio di interesse economico generale non osta a che tale impresa ricavi dei profitti dalle attività ad essa riservate, né impedisce che la medesima impresa estenda le proprie attività a settori non riservati (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑175/99, UPS Europe/Commissione, Racc. pag. II‑1915, punto 51).

115    L’acquisizione di una partecipazione in un’impresa (e per analogia la concessione di sovvenzioni incrociate) può comportare problemi rispetto alle norme comunitarie in materia di concorrenza nel caso in cui i fondi utilizzati dall’impresa detentrice del monopolio siano il risultato di prezzi eccessivi o discriminatori, ovvero di altre pratiche abusive, sul suo mercato riservato (sentenza UPS Europe/Commissione, punto 114 supra, punto 55). Nel caso di specie le ricorrenti non sostengono che nel settore riservato siano esistite tali pratiche.

116    Dalla giurisprudenza non discende che la concessione di sovvenzioni incrociate costituisca, in quanto tale, un abuso di posizione dominante, a prescindere dalle politiche seguite nel settore riservato e nel settore aperto alla concorrenza. Se La Posta sottofatturava la prestazione dei propri servizi alla SFMI‑Chronopost, questo comportamento non costituirebbe necessariamente un ostacolo per i concorrenti, in particolare se, come sostenuto dalle ricorrenti, la SFMI‑Chronopost ha utilizzato tali sovvenzioni per realizzare utili assai rilevanti o per distribuire dividendi elevati. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto di allineare i propri prezzi a quelli dei concorrenti e di produrre utili molto rilevanti non costituisce un’«arma» utilizzabile contro i concorrenti, in quanto il fatto che un’impresa realizzi tali utili non ha influenza sulla scelta del fornitore da parte del cliente. La Commissione ha quindi potuto concludere che l’infrazione contestata era cessata quando la SFMI‑Chronopost aveva allineato, secondo le stesse dichiarazioni delle denuncianti, i propri prezzi a quelli praticati dai suoi concorrenti. Le ricorrenti non sostengono che i prezzi dei concorrenti fossero eccezionalmente bassi.

117    Per quanto riguarda l’esempio di prezzi fornito per il 1994, si deve ricordare che questo non concerne il mercato in questione. Quanto agli esempi di prezzi forniti per il 1999, occorre sottolineare che essi si riferiscono a un periodo di molti anni successivo rispetto all’adozione della decisione GD NET e all’entrata in vigore dell’obbligo di La Poste di consentire l’accesso alla sua rete a condizioni non discriminatorie. Non è dimostrato che vi sia un legame tra questi esempi di prezzi e le sovvenzioni incrociate eventualmente ricevute anni prima. Inoltre la Commissione ha giustamente sottolineato, al punto 119 della decisione impugnata, che appare inverosimile che un’impresa attui per più di un decennio una politica di prezzi abusivamente bassi. Infatti una tale pratica deve essere condotta in maniera coerente per potere raggiungere l’obiettivo di allontanare dei concorrenti. Le ricorrenti non hanno sostenuto che la SFMI‑Chronopost avesse ricominciato, dopo aver allineato i propri prezzi a quelli dei suoi concorrenti, ad offrire dei prezzi abusivamente bassi.

118    Considerato quanto precede, la Commissione ha potuto legittimamente concludere che l’infrazione asserita era cessata verso il 1991.

119    La Commissione ha ritenuto, nella decisione impugnata, che il fatto che il presunto abuso sia durato cinque anni non gli conferisse alcun interesse comunitario dato che era cessato tredici anni prima e che non presentava effetti persistenti. Al riguardo le ricorrenti non hanno dimostrato né che la Commissione si fosse fondata su fatti materialmente inesatti né che avesse commesso un palese errore di valutazione.

120    Anche se un’infrazione di cinque anni dovesse essere qualificata di lunga durata, ciò non significherebbe che la Commissione non possa negare l’interesse comunitario ad istruire la denuncia. È sufficiente che la Commissione tenga conto della durata dell’infrazione contestata nella valutazione dell’interesse comunitario. Il fatto, richiamato dalle ricorrenti, che in un altro caso la Commissione abbia trattato una pratica relativa a un’infrazione durata poco più di due anni non significa che la Commissione sia obbligata a perseguire, in tutti gli altri casi, infrazioni di durata più lunga, in quanto ogni pratica deve essere valutata alla luce delle circostanze concrete del caso di specie.

121    Ad abundantiam, si deve rilevare che, anche se la Commissione avesse solamente accertato la cessazione dell’infrazione a partire dal marzo 1995, ciò non significherebbe che essa abbia commesso un errore nella valutazione dell’interesse comunitario che giustifichi l’annullamento della decisione impugnata. Al punto 124 della decisione impugnata, la Commissione rileva che il fatto che il presunto abuso sia durato cinque anni non conferisce al caso un interesse comunitario, essendo tale abuso cessato tredici anni prima e non presentando effetti persistenti. Quest’argomentazione si fonda, in sostanza, sul fatto che l’infrazione contestata, sebbene di lunga durata, è terminata da numerosi anni e non ha effetti persistenti, il che varrebbe anche se l’infrazione fosse cessata solamente nel marzo 1995.

122    Il solo fatto che la Commissione abbia adottato la decisione impugnata numerosi anni dopo la presentazione della denuncia non le impediva di valutare la sussistenza dell’interesse comunitario secondo la situazione esistente al momento dell’adozione della decisione impugnata. In proposito occorre sottolineare che la Commissione era legittimata a difendere la propria decisione di rigetto del 30 dicembre 1994 dinanzi ai giudici comunitari e che tale decisione è stata annullata soltanto il 25 maggio 2000, quando il Tribunale ha pronunciato la sentenza nella causa T‑77/95 in seguito al rinvio della causa dinanzi allo stesso. Si deve ricordare che la Commissione era legittimata a ritenere, nella decisione impugnata, che l’infrazione fosse cessata nel 1991, molto tempo prima dell’annullamento della sua decisione di rigetto del 1994. I criteri di esame dell’interesse comunitario non sono quindi stati modificati in maniera significativa tra il 25 maggio 2000 (data di annullamento della decisione di rigetto del 30 dicembre 1994) e il 19 novembre 2004 (data di adozione della decisione impugnata).

–       Persistenza degli effetti delle infrazioni asserite

123    In via preliminare, si deve rilevare che le ricorrenti hanno fatto valere nuovi argomenti in sede di replica, secondo cui la Commissione ha valutato male alcuni elementi nell’esaminare la persistenza degli effetti delle infrazioni contestate, e che esse hanno prodotto la relazione Encaoua solo in questa fase. Questi nuovi argomenti si inseriscono nell’ambito della seconda parte del primo motivo, nella quale le ricorrenti affermano che la Commissione ha erroneamente ritenuto che le infrazioni contestate non avessero effetti persistenti. Pertanto esse non costituiscono un nuovo motivo ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, ma l’estensione di un motivo che deve essere considerata ricevibile (v., in tal senso, sentenza della Corte 26 aprile 2007, causa C‑412/05 P, Alcon/UAMI, Racc. pag. I‑3569, punto 40). Dato che la presentazione di questi nuovi argomenti è ammissibile, la relazione Encaoua, in quanto corrobora tali nuovi argomenti, deve essere presa in considerazione, anche se le ricorrenti non hanno espressamente motivato, come previsto all’art. 48, n. 1, del regolamento di procedura, il ritardo nella presentazione di tale mezzo di prova. Infatti, se un nuovo argomento è ricevibile, non si può impedire alla parte di produrre mezzi di prova a sostegno di tale argomento.

124    Nell’ambito dell’esame dell’esistenza di effetti persistenti, la Commissione ha stabilito che solo due operatori molto piccoli sono usciti dal mercato. In proposito le ricorrenti sostengono, richiamando la relazione Encaoua, che vi siano state uscite significative dal mercato. Va sottolineato che tale rapporto tratta dettagliatamente solo i casi della FedEx e della CRIE. Si deve necessariamente constatare che la Commissione ha esaminato l’uscita di queste due società nella decisione impugnata. Nel caso della FedEx, essa ha rilevato che questa società, sebbene si sia ritirata dal mercato del corriere espresso intraeuropeo, è potuta rientravi rapidamente nel 1996. In queste circostanze la Commissione ha potuto concludere che l’uscita parziale e temporanea della FedEx non poteva essere considerata costitutiva di un effetto persistente dell’infrazione contestata.

125    Quanto alla CRIE, nella relazione Encaoua si afferma che l’uscita di quest’impresa è legata ai prezzi predatori praticati dalla SFMI‑Chronopost. Orbene, si deve necessariamente constatare che la Commissione ha risposto a tale argomento, al punto 81 della decisione impugnata, facendo espressamente riferimento alla relazione Encaoua e rilevando che la CRIE, in risposta ad una richiesta di informazioni della Commissione, aveva richiamato altre ragioni per spiegare il suo ritiro dal mercato. La Commissione ha potuto fondarsi validamente sulle informazioni ricevute in risposta alla sua richiesta di informazioni, dato che informazioni inesatte vengono punite con un’ammenda e che, inoltre, non sembrava che la CRIE avesse un qualsiasi interesse a fornire al riguardo informazioni inesatte alla Commissione. Inoltre si deve sottolineare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il Tribunale controlla la legittimità della decisione impugnata e non è competente a riesaminare la denuncia. Se le ricorrenti ritengono che le argomentazioni della Commissione dedicate all’esame delle uscite dal mercato siano errate, spetta loro identificare un errore di diritto o di fatto in cui sarebbe incorsa la Commissione. In questo contesto, non è sufficiente richiamare le osservazioni che appaiono nella relazione Encaoua, che la Commissione ha esaminato nella decisione impugnata, senza spiegare dove la sua argomentazione sarebbe viziata da errore.

126    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha preso in considerazione a sufficienza le estreme difficoltà, per imprese così potenti come la UPS, a penetrare e a mantenersi sul mercato del corriere espresso internazionale in Francia, si deve necessariamente constatare che la Commissione ha rilevato, al punto 84 della decisione impugnata, che la UPS aveva riorganizzato le proprie attività francesi nel 1996 per dedicarsi maggiormente al mercato internazionale, ma non era uscita dal mercato francese del corriere espresso internazionale. Infatti, la tabella delle quote di mercato (v. punto 85 supra), realizzata sulla base delle stime fornite delle denuncianti, mostra che la quota di mercato della UPS su questo mercato è persino aumentata tra il 1986 e 1996. In queste circostanze deve essere respinta, in mancanza di elementi che la sostengano, l’affermazione delle ricorrenti relativa alle presunte difficoltà della UPS a mantenersi su questo mercato.

127    Per quanto riguarda la sensibilità della domanda al prezzo, la Commissione ha citato, ai punti 87 e 88 della decisione impugnata, studi forniti dalla FedEx e dalla DHL secondo i quali il prezzo costituiva il fattore più importante al momento della scelta di un fornitore. Essa ne ha potuto dedurre che i clienti francesi erano estremamente sensibili al prezzo nello scegliere il loro fornitore di corriere espresso. Per quanto concerne la distinzione tra l’elasticità del prezzo della domanda e l’intensità della concorrenza tramite i prezzi, effettuata nella relazione Encaoua, è sufficiente rilevare che la Commissione ha risposto a tale argomento al punto 90 della decisione impugnata e che le ricorrenti non hanno avanzato alcun argomento che provi che sia stato commesso un errore di diritto o di fatto in tale argomentazione. Quanto al sistema di sconti non trasparenti in seno alla SFMI‑Chronopost, evocato nella relazione Encaoua, non appare chiaramente quale effetto avrebbe potuto avere tale mancanza di trasparenza sulla sensibilità della domanda al prezzo. In ogni caso la Commissione sottolinea giustamente, al punto 91 della decisione impugnata, che, in un mercato relativamente concentrato, il fatto che i fornitori non conoscano le tariffe dei loro concorrenti è una garanzia del fatto che le tariffe non si stabilizzino a un livello superiore a quello risultante dal gioco della concorrenza.

128    Le ricorrenti sostengono altresì che sussisterebbero costi legati al cambiamento di operatore e che la Commissione non avrebbe preso in considerazione gli effetti del sistema di sconti della SFMI‑Chronopost, l’esistenza di contratti commerciali con clienti regolari e l’assenza di notevoli trasferimenti di clienti, richiamati dalla relazione Encaoua. Per quanto riguarda la presunta assenza di notevoli trasferimenti di clienti, si deve rilevare che la Commissione ha stabilito, al punto 96 della decisione impugnata, che, nei tre anni che vanno dal 1999 al 2001, i clienti acquisiti e persi dalla FedEx rappresentavano in media il 22% del suo fatturato. La Commissione ne ha potuto dedurre che vi fosse una forte rotazione dei clienti e le ricorrenti non hanno fornito esempi atti a dimostrare il contrario.

129    Per quanto concerne gli sforzi di fidelizzazione dei clienti, occorre sottolineare che la Commissione ha risposto agli argomenti delle denuncianti ai punti 99 e 100 della decisione impugnata e che essa ha segnatamente constatato che le denuncianti non avevano prodotto elementi di prova sui presunti costi connessi al cambiamento di operatore e che non avevano neppure fornito dettagli sui loro sforzi di fidelizzazione. Infatti, nonostante la relazione Encaoua affermi che, fuori dal segmento ad hoc, esistono contratti di durata «più o meno lunga» che possono comprendere clausole contenenti il pagamento di una penale da parte del cliente in caso di cambiamento di operatore, questa affermazione resta teorica poiché il rapporto evoca solo una possibilità, senza sostenere che la SFMI‑Chronopost abbia effettivamente concluso contratti di lunga durata o previsto il pagamento di una penale che dissuada i suoi clienti dal cambiare fornitore. Il fatto che un fornitore accordi sconti ai clienti importanti non significa che sussista un ostacolo a cambiare fornitore nel caso in cui un altro fornitore offra un prezzo migliore, eventualmente concedendo anch’esso sconti. Le ricorrenti non hanno sostenuto che la concessione di sconti fosse legata alla conclusione di un contratto di lunga durata.

130    Quanto all’argomento delle ricorrenti relativo al vantaggio che la SFMI‑Chronopost ha tratto dal fatto di godere dell’accesso esclusivo alla rete di La Poste fino al marzo 1995, si deve osservare che la Commissione ha consacrato i punti 101-114 della decisione impugnata all’esame della necessità di disporre di una fitta rete locale e che essa ha, in tale contesto, risposto all’argomento delle denuncianti secondo cui un siffatto accesso esclusivo aveva creato barriere all’entrata nel segmento ad hoc. Le ricorrenti non identificano un errore in cui sarebbe incorsa la Commissione in questa parte della decisione impugnata. Inoltre la Commissione ha giustamente sottolineato, al punto 102 di quest’ultima, che le denuncianti non rimettevano in questione l’accesso della SFMI‑Chronopost alla rete di La Poste, bensì la presunta sottofatturazione di tale accesso. Dato che l’accesso esclusivo fino al marzo 1995 non è, in quanto tale, rimesso in discussione, un’eventuale conseguenza di tale accesso non può costituire un effetto persistente dell’infrazione asserita. Per quanto riguarda la presunta sottofatturazione di tale accesso, si deve ricordare che la Commissione ha legittimamente potuto concludere, nell’ambito di questo procedimento, che le sovvenzioni incrociate erano cessate intorno al 1991.

131    In tale contesto si deve altresì respingere la generale affermazione delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha esaminato l’insieme degli elementi di fatto o di diritto che sono stati portati a sua conoscenza. Da quanto precede risulta che la Commissione, nella decisione impugnata, ha dedicato spazio all’esame delle osservazioni delle denuncianti e dei documenti prodotti da queste ultime. Date tali circostanze, spetta alla ricorrenti indicare in maniera precisa gli elementi di fatto e di diritto che la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione, in contrasto con i suoi obblighi.

132    Per la parte in cui le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver preso in considerazione l’effetto principale dell’abuso di posizione dominante – ossia quello di aver posto la SFMI‑Chronopost in una posizione di leader sul mercato e di avercela mantenuta –, la Commissione ha rilevato, nella decisione impugnata, che la differenza tra la quota di mercato della SFMI‑Chronopost del 1990 e quella del 2001 era soltanto di circa tre punti percentuali e che ciò mostrava che tale quota di mercato poteva dipendere solo in misura limitata dal preteso abuso. Inoltre essa ha affermato, al punto 66 della decisione impugnata, che, se la domanda per i servizi di imprese individuali era molto sensibile al prezzo e i clienti potevano facilmente cambiare fornitore, ciò che facevano regolarmente, non si poteva concludere che il presunto comportamento anticoncorrenziale, trascorso da molto tempo, potesse continuare ad esercitare effetti sul mercato. In proposito va sottolineato che, ammesso che la rapida crescita della SFMI‑Chronopost nel periodo dal 1986 al 1990 dipendesse dall’infrazione asserita, ciò non significherebbe necessariamente che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost alla data di adozione delle decisione impugnata dipenda da tale sviluppo verificatosi durante il periodo di avviamento.

133    Nelle circostanze del caso di specie, dove la Commissione ha provato che i clienti erano molto sensibili ai prezzi, che non sussistevano ostacoli al cambiamento di fornitore, che solo due operatori molto piccoli erano usciti dal mercato e che non era dimostrato alcun nesso di causalità fra tali uscite ed il presunto abuso, la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere un manifesto errore di valutazione, che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost esistente al momento dell’adozione della decisione impugnata non costituisse un effetto persistente dell’infrazione contestata. Avendo individuato tali caratteristiche del mercato, la Commissione ha potuto concludere che la struttura del mercato esistente al momento dell’adozione della decisione impugnata discendeva dalle condizioni concorrenziali in vigore all’epoca e non da eventuali sovvenzioni incrociate concesse numerosi anni prima. Le ricorrenti non hanno affermato che, dopo il 1991, la SFMI‑Chronopost avesse eliminato qualsiasi concorrenza sui prezzi allineandosi sistematicamente ai prezzi più bassi praticati dai suoi concorrenti.

134    La Commissione ha potuto fondarsi altresì sul fatto che la differenza tra la quota di mercato della SFMI‑Chronopost del 1990 e quella del 2001 fosse lieve, per dimostrare che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost al momento dell’adozione della decisione impugnata dipendeva da fattori determinanti diversi dalle presunte sovvenzioni incrociate concesse in precedenza. Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione ha ignorato il fatto che il mercato del corriere espresso rappresentava un mercato in crescita negli anni ‘90, queste non hanno precisato chiaramente quale conseguenza ne avrebbe dovuto trarre la Commissione. Se il mercato era in crescita ed è quindi mutato, sembra meno probabile che la struttura del mercato all’epoca dell’adozione della decisione impugnata sia legata all’asserita infrazione commessa in precedenza.

135    Occorre sottolineare che, anche se si ritenesse che la Commissione avesse soltanto accertato la cessazione delle sovvenzioni incrociate a partire dal 1995, ciò non rimetterebbe in questione la sua argomentazione su tale punto. La tabella relativa alle quote di mercato mostra che quella della SFMI‑Chronopost è diminuita tra il 1990 e il 1996 e che ha riguadagnato tre punti percentuali tra il 1996 e il 2001. Ammettendo che l’infrazione sia cessata nel 1995, la SFMI‑Chronopost avrebbe perso quote di mercato durante un periodo che coinciderebbe con il presunto abuso (dal 1990 al 1996) e avrebbe guadagnato quote dopo tale periodo (tra il 1996 e il 2001). In tali circostanze e considerate le caratteristiche del mercato, la Commissione ha potuto concludere che la quota di mercato della SFMI‑Chronopost alla data di adozione della decisione impugnata non poteva essere spiegata alla luce dell’asserita infrazione commessa in passato e che quindi non sussistevano effetti persistenti.

136    Si deve inoltre sottolineare che gli effetti persistenti di una presunta infrazione non sono sempre tali da conferire un interesse comunitario all’esame della denuncia. Infatti, al punto 96 della sentenza 4 marzo 1999, UFEX e a./Commissione, punto 13 supra, la Corte ha contestato al Tribunale di non aver accertato che si fosse verificato che gli effetti anticoncorrenziali non persistevano e, all’occorrenza, non fossero tali da attribuire alla denuncia un interesse comunitario. Ai punti 131 e 132 della decisione impugnata, nella parte dedicata all’esame di un interesse comunitario a continuare l’esame della denuncia, la Commissione ha rilevato che il mercato non era diventato sostanzialmente più concentrato nel 2001 rispetto al 1986 e che l’indice Herfindahl-Hirschmann era rimasto quasi invariato.

137    Questa constatazione non è invalidata dall’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto aspettarsi una flessione sostanziale della concentrazione in seguito all’ingresso sul mercato della SFMI‑Chronopost con una massiccia quota di mercato. Le ricorrenti sostengono che, se la concentrazione del mercato non è diminuita in seguito all’ingresso della SFMI‑Chronopost, è perché tale ingresso è stato più che compensato dall’uscita di numerosi operatori. In proposito occorre sottolineare che il fatto che l’indice Herfindahl-Hirschmann sia rimasto stabile dimostra che la situazione complessiva del mercato non è divenuta meno concorrenziale, e ciò nonostante l’uscita di due piccoli operatori dal mercato. Ciò consente di trarre la conclusione che l’ingresso della SFMI‑Chronopost sul mercato non ha avuto un effetto negativo sulla situazione globale di quest’ultimo, oltre al fatto che non è dimostrato alcun nesso di causalità tra l’uscita di detti operatori e il comportamento della SFMI‑Chronopost. Inoltre, come giustamente rilevato dalla Commissione al punto 133 della decisione impugnata, le denuncianti non hanno dimostrato in che modo un mercato con due grandi operatori fosse meno concorrenziale di un mercato con un solo operatore predominante, come era il caso in Francia prima dell’ingresso della SFMI‑Chronopost.

138    Pertanto, anche ammettendo che sia dimostrato un nesso tra la quota di mercato della SFMI‑Chronopost al momento dell’adozione della decisione impugnata e l’infrazione contestata, la Commissione ha potuto concludere che tale effetto persistente non fosse tale da attribuire un interesse comunitario all’esame della denuncia, considerata la situazione complessiva sul mercato che non era divenuta meno concorrenziale.

–       Gravità dell’infrazione asserita

139    Le ricorrenti contestano alla Commissione di non aver qualificato, nella decisione impugnata, la gravità dell’infrazione asserita secondo i criteri definiti negli orientamenti.

140    Si deve al riguardo ricordare che la Commissione dispone di un potere discrezionale nella determinazione delle priorità riguardo alle denunce con cui viene adita. Dal momento che, in una decisione di rigetto di una denuncia per mancanza di interesse comunitario, la Commissione stabilisce che l’infrazione è cessata, che non sussistono effetti persistenti e dimostra di aver preso in considerazione la durata e la gravità delle infrazioni, come segnalate nella denuncia, essa può respingere quest’ultima anche se le infrazioni sono di lunga durata e di gravità elevata, purché non si fondi su fatti materialmente inesatti e non commetta un errore manifesto di valutazione.

141    L’obbligo di prendere in considerazione la gravità dell’infrazione al fine di valutare l’interesse comunitario non impone alla Commissione di qualificare la gravità secondo i criteri «astratti» contenuti negli orientamenti.

142    Nel caso di specie la Commissione ha preso sufficientemente in considerazione la gravità dell’infrazione contestata. Infatti, al punto 137 della decisione impugnata, essa ha considerato che, «[d]ato che non sussist[evano] prove che l’infrazione [avesse] effettivamente portato all’esclusione di concorrenti attuali o potenziali, [era] difficile affermare che [fosse] stata di una gravità eccezionale tale da giustificare l’esame approfondito di una potenziale infrazione che [era] cessata da molto tempo e che non [aveva] effetti persistenti sul mercato». Ne consegue che la Commissione ha preso in considerazione la gravità «concreta» dell’abuso contestato nel senso del suo impatto sul mercato. La constatazione secondo cui non sussistevano prove che l’infrazione avesse portato all’esclusione di concorrenti non riguarda unicamente gli effetti persistenti, ma altresì gli effetti all’epoca del presunto abuso. Anche se la Commissione ha soltanto indicato, al punto 79 della decisione impugnata, che vi erano poche uscite dal mercato «dal 1991», si deve necessariamente constatare che le ricorrenti non hanno sostenuto che la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione uscite dal mercato che si sarebbero verificate tra il 1986 e il 1991. Inoltre, in risposta a un quesito posto dal Tribunale in udienza, relativo ad eventuali uscite tra il 1986 e 1991, le parti non hanno affermato che società diverse da quelle considerate dalla Commissione nella parte della decisione impugnata consacrata all’esame delle uscite dal mercato si fossero ritirate da quest’ultimo.

143    La Commissione, nel contesto della sua argomentazione che l’ha portata a concludere che non vi erano effetti persistenti e non sussisteva un interesse comunitario alla prosecuzione dell’esame della denuncia, ha preso in considerazione le caratteristiche dell’infrazione asserita. Le ricorrenti non hanno dimostrato né che la Commissione si fosse fondata su fatti materialmente inesatti, né che avesse ignorato la gravità dell’abuso contestato.

144    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione ha completamente ignorato che la denuncia proveniva dalla quasi totalità degli operatori interessati, occorre sottolineare che la Commissione ha rilevato, al punto 128 della decisione impugnata, che il numero dei denuncianti non aveva mai rappresentato un criterio di valutazione dell’interesse comunitario e che una situazione di concorrenza non falsata era già garantita. Il riferimento delle ricorrenti alla sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra, non è pertinente. Infatti, al punto 52 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che la missione della Commissione era di garantire, a seguito della denuncia presentata da un organismo rappresentativo della quasi totalità degli operatori privati francesi operanti sul mercato in questione, una situazione di concorrenza non falsata. Ciò non consente di concludere che il numero dei denuncianti è un elemento idoneo ad attribuire un interesse comunitario alla prosecuzione dell’esame di una denuncia. Si deve constatare che la Commissione non ha commesso un manifesto errore di valutazione nel contestare tale argomento nella decisione impugnata.

145    L’argomento delle ricorrenti relativo alla dimensione comunitaria del mercato in questione (v. punto 94 supra) sarà esaminato e respinto nell’ambito dell’esame della terza parte del secondo motivo (v. punto 158 infra).

146    Ne consegue che va respinta la seconda parte del primo motivo.

147    Dato che la valutazione della Commissione in merito alla durata e alla gravità delle infrazioni contestate non è viziata da errore, si deve altresì respingere la prima parte del primo motivo. L’errore della Commissione consistente nell’aver ritenuto di non essere obbligata a tener conto della gravità e della durata delle infrazioni contestate non ha potuto avere influenza sul dispositivo della decisione e non può quindi condurre il Tribunale ad annullare la decisione impugnata.

 Sulla terza parte, relativa ad una valutazione manifestamente e deliberatamente erronea del ruolo della Commissione rispetto a quello dei giudici nazionali nell’esame dell’esistenza di un interesse comunitario

 Riassunto della decisione impugnata

148    La Commissione, al punto 153 della decisione impugnata, ricorda che, secondo la giurisprudenza del Tribunale, il fatto che alla magistratura o ad un’autorità nazionale della concorrenza sia già stata sottoposta la questione della conformità di un’intesa o di una pratica con gli artt. 81 CE e 82 CE è un elemento che può essere preso in considerazione dalla Commissione per valutare l’interesse comunitario della pratica (sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T‑5/93, Tremblay e a./Commissione, Racc. pag. II‑185, punto 62).

149    La Commissione ritiene che il baricentro delle infrazioni contestate si trovi in Francia, poiché i loro effetti sarebbero stati effettivamente limitati a questo territorio (punto 156 della decisione impugnata). Essa sottolinea poi che le denuncianti hanno la possibilità di far valere i loro diritti dinanzi ai giudici e all’autorità francese della concorrenza. Essa ritiene che sia più appropriato che il caso sia trattato a livello nazionale (punto 159 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

150    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha ritenuto erroneamente che il baricentro delle infrazioni addotte si trovasse in Francia e che i loro effetti fossero limitati a questo territorio. Esse affermano che la Commissione non ha potuto ignorare la posizione molto chiara del Conseil de la concurrence français che riteneva di essere in una posizione inadeguata per occuparsi della questione e ne deduceva che la Commissione, adita con la pratica in parola, dovesse continuarne l’istruttoria. Il Conseil de la concurrence avrebbe sempre dimostrato, astenendosi ripetutamente dal deliberare a partire dal 1990, di ritenere che la questione fosse, di per sé, di interesse comunitario. Peraltro il Tribunal de commerce de Paris avrebbe indicato, non decidendo sull’aspetto relativo all’abuso di posizione dominante della denuncia, di ritenere anch’esso che la Commissione fosse in una posizione migliore per occuparsi della questione.

151    La Commissione sottolinea che la denuncia riguarda il mercato francese del corriere espresso internazionale e che il mercato geografico di un siffatto prodotto dovrebbe essere considerato nazionale.

 Giudizio del Tribunale

152    In via preliminare, occorre sottolineare che è pacifico tra le parti che la denuncia non rientra nelle competenze esclusive della Commissione. Quando la Commissione e le autorità nazionali godono di una competenza ripartita, essa non è tenuta a procedere ad istruttoria o ad adottare una decisione definitiva circa l’esistenza o meno dell’infrazione lamentata (v. sentenza 25 maggio 2000, UFEX e a./Commissione, punto 14 supra, punto 38, e la giurisprudenza ivi citata).

153    In un contesto siffatto, non è rilevante stabilire se il Conseil de la concurrence français abbia ritenuto di essere in una posizione non adeguata per esaminare la denuncia. Esso ha, al pari della Commissione, la competenza ad occuparsi della denuncia concernente le infrazioni asserite e i giudici francesi sono competenti ad accordare un risarcimento danni in caso di violazione dell’art. 82 CE. Si deve respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse si ritrovano in una situazione assimilabile a quella in cui la Commissione avrebbe una competenza esclusiva. Spetta alle ricorrenti, se non sono soddisfatte di come i loro diritti sono stati presi in considerazione dalle autorità della concorrenza o dalle giurisdizioni nazionali, espletare tutte le procedure necessarie dinanzi a queste ultime o esaminare i mezzi di ricorso nazionali a loro disposizione. Una posizione soggettiva delle autorità o dei giudici nazionali secondo la quale la Commissione sarebbe in una situazione migliore per occuparsi della questione, sempre che lo sia, non può obbligare la Commissione a proseguire l’esame della denuncia come se rientrasse nella sua competenza esclusiva.

154    Per quanto concerne il riferimento delle ricorrenti ai punti 12 e 13 della comunicazione della Commissione relativa alla cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri dell’UE ai fini dell’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE (GU 2004, C 101, pag. 54), occorre sottolineare che tali punti mirano ad evitare che un giudice nazionale adotti una decisione in contrasto con una decisione della Commissione. Se un giudice nazionale sospende un procedimento per evitare un’eventuale contraddizione tra la sua decisione e quella che verrà adottata dalla Commissione e, in seguito, quest’ultima decide di respingere la denuncia per mancanza di interesse comunitario, il procedimento nazionale verrà riaperto, come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 160 della decisione impugnata, al più tardi alla data in cui il rigetto sarà definitivo.

155    Pertanto si deve respingere l’interpretazione di tale comunicazione data dalle ricorrenti secondo cui la Commissione sarebbe tenuta a dare priorità a una causa quando un giudice nazionale si sia astenuto dal deliberare in merito. La frase rilevante al punto 12 di tale comunicazione è formulata nei termini seguenti: «Da parte sua la Commissione farà il possibile per dare la precedenza ai casi per i quali ha deciso di avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione e che sono oggetto di procedimenti nazionali rimasti di conseguenza sospesi, soprattutto quando ne dipenda l’esito di una controversia civile». È sufficiente rilevare che le ricorrenti non hanno sostenuto che la Commissione aveva deciso di aprire un procedimento ai sensi dell’art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 7 aprile 2004, n. 773, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del Trattato CE (GU L 123, pag. 18). Dai nn. 3 e 4 di tale articolo risulta che né l’esercizio dei poteri d’indagine né il rigetto di una denuncia richiedono l’avvio di un procedimento.

156    Le ricorrenti cercano, inoltre, di trarre argomenti dal fatto che la Commissione ha collaborato con il Conseil de la concurrence français e che ha consultato gli atti di quest’ultimo. Una tale collaborazione non è tuttavia atta a determinare una competenza esclusiva della Commissione né ad anticipare la sua decisione sull’esistenza di un interesse comunitario della causa.

157    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione ha erroneamente ritenuto che il baricentro delle infrazioni addotte si trovasse in Francia e che i loro effetti fossero effettivamente limitati a questo territorio, si deve necessariamente constatare che la Commissione non fonda il suo ragionamento in merito all’interesse comunitario esclusivamente sul criterio del baricentro o sul fatto che giudici francesi siano stati investiti della questione. La Commissione ha, innanzi tutto, stabilito che le infrazioni contestate erano cessate e che non sussistevano effetti persistenti, esaminando in seguito diversi elementi nell’ambito della valutazione dell’interesse comunitario a continuare l’istruttoria della denuncia. L’affermazione della Commissione secondo cui gli effetti delle infrazioni asserite sarebbero effettivamente stati limitati al territorio francese non è essenziale per il suo ragionamento. La Commissione non ha commesso un manifesto errore di valutazione nel prendere in considerazione, nell’ambito della valutazione dell’interesse comunitario, il fatto che le infrazioni contestate si facessero sentire soprattutto in Francia e che le denuncianti avessero la possibilità di far valere i loro diritti dinanzi ai giudici francesi. Non è quindi necessario verificare se, nella fattispecie, gli effetti fossero realmente «limitati» al territorio francese.

158    In tale contesto si deve altresì respingere l’argomento delle ricorrenti relativo alla dimensione comunitaria del mercato considerato (v. punto 94 supra). Dato che sussiste una competenza concorrente della Commissione e delle autorità nazionali delle concorrenza, la dimensione comunitaria del mercato non può obbligare la Commissione a pronunciarsi per un determinato livello di gravità dell’infrazione o per la sussistenza di un interesse comunitario in una data pratica.

159    Si deve quindi respingere la terza parte del primo motivo.

 Sulla quarta parte, relativa al fatto che la Commissione, rinviando, al punto 167 della decisione impugnata, all’aspetto della pratica concernente gli aiuti di Stato per giustificare il suo rigetto a causa di una presunta mancanza di interesse comunitario, violi i principi di buona fede e di leale cooperazione tra istituzioni comunitarie (art. 10 CE)

 Riassunto della decisione impugnata

160    Per quanto rileva ai fini della quarta parte del primo motivo e del secondo motivo, la decisione impugnata contiene le seguenti osservazioni.

161    La Commissione tratta, ai punti 162-168 della decisione impugnata, la questione relativa alla portata dell’istruttoria richiesta e della probabilità di accertare l’esistenza dell’infrazione. Sotto tale profilo essa fa valere che, per determinare un abuso di posizione dominante nel caso di specie, sarebbe tenuta a verificare se le tariffe fatturate da La Poste per i servizi infrastrutturali forniti in subappalto alla SFMI‑Chronopost fossero quanto meno pari ai costi incrementali della fornitura di tali servizi (ossia i costi che sono legati esclusivamente alla prestazione di un servizio specifico e che cessano di esistere una volta che il suddetto servizio cessa di essere fornito) e che tale verifica imporrebbe la valutazione del costo incrementale per La Poste di ogni elemento di servizio infrastrutturale che essa ha fornito alla SFMI‑Chronopost nel periodo della presunta infrazione. Tenuto conto dell’assenza di contabilità analitica dettagliata di La Poste relativa alle sue attività nel periodo che va dal 1986 al 1991, secondo la Commissione sarebbe «estremamente difficile far[lo] con un grado di precisione giuridicamente sufficiente» (punto 164 della decisione impugnata).

162    In risposta all’argomento delle denuncianti, secondo cui la Cour des comptes française (Corte dei conti francese) ha analizzato e rettificato i conti di La Poste tra il 1991 e il 2002, la Commissione sostiene che «è quindi escluso che una simile rettifica, senza dubbio congrua e sufficiente per esercitare il compito di vigilanza del denaro pubblico che tocca alla suddetta [C]orte, possa consentire alla Commissione di apportare [le] prove di un’infrazione dell’art. 82 in misura giuridica sufficiente» (punto 165 della decisione impugnata).

163    Al punto 167 della decisione impugnata la Commissione espone quanto segue:

«[L]a Commissione deve ad ogni modo esaminare l’esistenza o meno di sovvenzioni incrociate da parte di La Poste alla sua controllata Chronopost, nella causa [relativa agli] aiuti di Stato (attualmente dinanzi al [Tribunale] in seguito a rinvio). In queste circostanze, un’analisi con riguardo all’art. 82 implicherebbe una ripetizione del lavoro da parte della Commissione». Essa ritiene che una valutazione delle sovvenzioni incrociate nell’ambito delle regole relative agli aiuti di Stato sarebbe più appropriata in quanto potrebbe coprire tutte le pratiche denunciate, inclusi i benefici fiscali e doganali di cui la SFMI‑Chronopost avrebbe potuto godere.

 Argomenti delle parti

164    Le ricorrenti sostengono che la Commissione fonda il suo rigetto della denuncia per mancanza di interesse comunitario sul fatto che dovrà esaminare, in ogni caso, la questione dell’esistenza o meno di sovvenzioni incrociate nell’ambito dell’aspetto della denuncia relativo agli aiuti di Stato. Questa sarebbe l’unica interpretazione possibile del punto 167 della decisione impugnata. Infatti, se la Commissione avesse voluto sostenere di dover esaminare tale questione solo se il Tribunale avesse annullato la decisione del 1997 ai sensi degli artt. 87 CE e 88 CE, l’argomento sarebbe del tutto irrilevante per giustificare un rigetto della denuncia per mancanza di interesse comunitario. Le ricorrenti ritengono che, con tale argomentazione, la Commissione si sia discostata dalla posizione sostenuta davanti al Tribunale nelle cause all’origine delle sentenze 14 dicembre 2000, UFEX e a./Commissione, punto 21 supra, e 7 giugno 2006, UFEX e a./Commissione, punto 23 supra.

165    L’argomentazione della Commissione esposta al punto 167 della decisione impugnata costituirebbe, quindi, una manifesta violazione del principio di buona fede e l’espressione di una sleale cooperazione con il Tribunale e, dunque, una violazione dell’art. 10 CE, interpretato dalla giurisprudenza come applicabile anche alle relazioni interistituzionali.

166    Il ragionamento della Commissione, che equivarrebbe a fondare una decisione di rigetto su un evento futuro e ipotetico (l’annullamento da parte del Tribunale della decisione concernente l’aspetto relativo agli aiuti di Stato nella causa all’origine della sentenza 7 giugno 2006, UFEX e a./Commissione, punto 23 supra), non potrebbe essere giuridicamente confermato.

167    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

168    Si deve preliminarmente rilevare che l’argomentazione delle ricorrenti contiene una contraddizione. Da un lato, esse affermano che la Commissione ha ritenuto, al punto 167 della decisione impugnata, di dover esaminare ad ogni modo la questione delle sovvenzioni incrociate nell’ambito dell’aspetto relativo agli aiuti di Stato, e non solamente se il Tribunale avesse annullato la decisione del 1997 riguardante tale aspetto. Dall’altro, esse affermano che la Commissione ha fondato la decisione impugnata su un evento futuro e ipotetico, cioè l’annullamento da parte del Tribunale della decisione del 1997.

169    In ogni caso l’argomento della Commissione nella decisione impugnata, secondo cui «[doveva] ad ogni modo esaminare l’esistenza o meno di sovvenzioni incrociate da parte di La Poste alla sua controllata Chronopost, nella causa [relativa agli] aiuti di Stato (attualmente dinanzi al [Tribunale] in seguito a rinvio)», non può significare che la Commissione intendesse continuare la sua indagine sull’aspetto della pratica relativo agli aiuti di Stato, e ciò anche se il Tribunale confermasse la decisione che constatava l’assenza di aiuti di Stato. Tale frase significa soltanto che, come giustamente sottolineato dalla Commissione, la questione dell’esistenza di sovvenzioni incrociate rientrava nell’aspetto della denuncia relativo agli aiuti di Stato e doveva essere trattata in quel contesto.

170    La Commissione ha potuto decidere di trattare la questione dell’esistenza di sovvenzioni incrociate unicamente per l’aspetto della denuncia relativo agli aiuti di Stato. Essa ha anzitutto stabilito nella decisione impugnata che l’infrazione era cessata e che non vi erano effetti persistenti, per passare ad esaminare diversi elementi relativamente all’esistenza di un interesse comunitario. Essa ha concluso che non vi era un interesse comunitario a continuare l’esame della denuncia e ciò sebbene le infrazioni contestate fossero state realmente commesse.

171    La Commissione, che non era obbligata ad accertare se l’infrazione si fosse verificata o meno, poteva fare riferimento al fatto che la questione dell’esistenza delle sovvenzioni incrociate sarebbe stata trattata nell’ambito dell’aspetto relativo agli aiuti di Stato. Essa non era tenuta né a sospendere l’esame dell’aspetto relativo all’abuso di posizione dominante fino alla pronuncia di una sentenza definitiva concernente quello relativo agli aiuti di Stato, né a ripetere l’argomentazione della decisione del 1997 riguardante quest’ultimo aspetto nella decisione impugnata relativa all’aspetto concernente l’abuso di posizione dominante. Una tale ripetizione avrebbe significato infatti una duplicazione del lavoro, in quanto le medesime questioni sarebbero state trattate in due cause parallele, se la decisione di rigetto della denuncia per abuso di posizione dominante fosse stata impugnata.

172    Infine l’accertamento dell’esistenza o meno di sovvenzioni incrociate non è determinante nel ragionamento sviluppato dalla Commissione nella decisione impugnata, dato che essa ha negato l’interesse comunitario sulla base di altre motivazioni. Il riferimento al fatto che l’esistenza o meno di sovvenzioni incrociate sarebbe stata esaminata nell’ambito dell’aspetto relativo agli aiuti di Stato non può essere considerato come una violazione dei principi di buona fede o di leale cooperazione tra le istituzioni comunitarie. Come giustamente sottolineato dalla Commissione, non si tratta neppure di un argomento su cui la Commissione ha fondato il proprio ragionamento.

173    Di conseguenza, la quarta parte del primo motivo deve essere respinta, al pari del primo motivo nella sua interezza.

2.     Sul secondo motivo, relativo ad una contraddizione nella motivazione concernente due elementi essenziali della decisione

 Argomenti delle parti

174    Le ricorrenti ritengono che la decisione impugnata poggi su un’assenza di motivazione e su una contraddizione dei motivi riguardanti un elemento essenziale del suo ragionamento.

175    Esse fanno valere l’assenza di motivazione dell’assunto della Commissione, contenuto al punto 165 della decisione impugnata, secondo cui è escluso che una rettifica dei conti analoga a quella effettuata dalla Cour des comptes française possa consentire alla Commissione di apportare in misura giuridica sufficiente le prove di un’infrazione dell’art. 82 CE. La Commissione non avrebbe fornito alcuna spiegazione in merito alla presunta differenza tra i calcoli che avrebbe dovuto fare e quelli effettivamente eseguiti dalla Cour des comptes française.

176    Inoltre le ricorrenti ritengono che vi sia una duplice contraddizione nella decisione impugnata. Da un lato, la Commissione riconoscerebbe al punto 167 della decisione impugnata (v. punto 163 supra), contrariamente a quanto affermato al punto 164 della medesima decisione (punto 161 supra), di essere perfettamente in grado di verificare il livello di copertura dei costi di La Poste. Dall’altro, la Commissione affermerebbe, al punto 167 della decisione impugnata, contrariamente a quando sostenuto al punto 164 della stessa decisione, che la ragione per cui non ha verificato il livello di copertura dei costi di La Poste con riferimento all’art. 82 CE non era data dal fatto di non poterlo fare, ma piuttosto dal fatto che ciò avrebbe rappresentato una ripetizione del lavoro della Commissione, dal momento che affermava di doverlo fare per l’aspetto della denuncia relativo agli aiuti di Stato. Le ricorrenti ritengono che vi sia qui una contraddizione equivalente a una carenza di motivazione.

177    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

178    Secondo una giurisprudenza consolidata, al fine di valutare l’interesse comunitario a procedere all’esame di una questione, la Commissione deve tener conto delle circostanze del caso di specie e, segnatamente, degli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia presentatale. Spetta, in particolare, alla Commissione mettere a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato comune, la probabilità di poterne accertare l’ esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli artt. 81 CE e 82 CE (sentenze del Tribunale 18 settembre 1992, causa T‑24/90, Automec/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 86; Tremblay e a./Commissione, punto 148 supra, punto 62, e 21 gennaio 1999, cause riunite T‑185/96, T‑189/96 e T‑190/96, Riviera Auto Service e a./Commissione, Racc. pag. II‑93, punto 46).

179    Perciò la difficoltà di poter accertare in misura giuridica sufficiente l’esistenza di un’infrazione, per adottare una decisione che constati tale infrazione, è un elemento che può essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione dell’interesse comunitario.

180    Nel caso di specie le ricorrenti non contestano le affermazioni, effettuate ai punti 164 e 165 della decisione impugnata, secondo cui i conti della SFMI‑Chronopost avrebbero dovuto essere interamente rettificati a partire dall’anno 1986 al fine di stabilire il livello di copertura dei costi e La Poste non aveva una contabilità analitica dettagliata relativa alle sue attività nel periodo dal 1986 al 1991 (anche se le ricorrenti sostengono che l’assenza di contabilità analitica sia durata almeno fino al 2001).

181    L’argomento della Commissione, secondo cui una rettifica come quella effettuata dalla Cour des comptes française non potrebbe consentire alla Commissione di apportare in misura giuridica sufficiente le prove di un’infrazione dell’art. 82 CE, è sufficientemente motivato, in quanto la Commissione fa riferimento alla differenza tra il compito affidato alla Cour des comptes, consistente nel vigilare sull’utilizzo del denaro pubblico, e quello della Commissione quando esamina l’esistenza di una tale infrazione. Infatti, non risulta chiara la ragione per cui la Cour des comptes avrebbe dovuto valutare il costo incrementale di ogni servizio infrastrutturale che La Poste aveva fornito alla SFMI‑Chronopost per esercitare il proprio compito di vigilanza sull’utilizzo del denaro pubblico.

182    Le ricorrenti hanno prodotto soltanto il sommario e una pagina della relazione della Cour des comptes française. Il fatto che esse segnalino l’indirizzo di un sito Internet sul quale è pubblicata la relazione non può essere considerato equivalente alla produzione della relazione completa. In ogni caso le ricorrenti non hanno precisato da quali altre parti della suddetta relazione potesse emergere che una rettifica dei conti come quella effettuata dalla Cour des comptes fosse sufficiente a dimostrare un’infrazione dell’art. 82 CE. Dalla pagina inserita agli atti risulta che la Cour des comptes ha calcolato, con mezzi di contabilità analitica, che i risultati dell’attività di spedizione pacchi gestita dall’operatore interno erano negativi per il periodo dal 1998 al 2002. Essa non ha tuttavia presentato i dettagli del calcolo effettuato. In tali circostanze la Commissione poteva giustamente presumere che calcoli simili non sarebbero stati sufficienti ad accertare un’infrazione dell’art. 82 CE. Inoltre la Cour des comptes precisa che i risultati dell’attività di spedizione pacchi erano noti solo da un periodo recente, poiché contabilmente tale attività era stata distinta da quella postale soltanto dal 1998. Pertanto la Commissione avrebbe dovuto rettificare i conti per il periodo dal 1986 al 1991, cioè per un periodo in cui La Poste non disponeva di una contabilità analitica dettagliata. Anche se, come sostengono le ricorrenti, una rettifica analoga a quella operata dalla Cour des comptes fosse stata sufficiente per accertare un’infrazione dell’art. 82 CE, non era esagerato affermare che tale verifica avrebbe rappresentato un compito «estremamente difficile» da realizzare per il periodo dal 1986 al 1991 (punto 164 della decisione impugnata).

183    La Commissione ha potuto scegliere, invece di sospendere la causa finché il giudice comunitario non avesse emesso la sentenza definitiva sull’aspetto relativo agli aiuti di Stato, di respingere la denuncia concernente l’aspetto relativo all’abuso di posizione dominante per mancanza di interesse comunitario, adducendo la difficoltà di dimostrare l’esistenza di sovvenzioni incrociate come un elemento tra altri. Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, non si tratta di un elemento essenziale della sua argomentazione.

184    Per quanto riguarda la presunta contraddizione affermata dalle ricorrenti, è sufficiente constatare che i termini «estremamente difficile» non significano «impossibile», come giustamente sottolineato dalla Commissione. Non sussiste quindi contraddizione tra i punti 164 e 167 della decisione impugnata.

185    Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto.

3.     Sul terzo motivo, relativo a diversi errori di diritto quanto al rigetto della parte della denuncia fondata sugli artt. 86 CE, 82 CE, sull’art. 3, lett. g), CE e sull’art. 10 CE

 Argomenti delle parti

186    Le ricorrenti fanno valere di aver segnalato, nella denuncia, oltre a comportamenti imputati a La Poste ai sensi dell’art. 82 CE, le misure statali adottate dallo Stato francese, volte a favorire condotte illecite. Misure statali quali procedimenti doganali privilegiati nonché vantaggi fiscali costituirebbero misure dirette a favorire l’estensione della posizione dominante di La Poste dal servizio postale di base al mercato del corriere espresso mediante vantaggi attribuiti alla SFMI‑Chronopost.

187    A questo riguardo la Commissione avrebbe violato l’art. 6 del regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1998, n. 2842, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81] e dell’articolo [82] del Trattato (GU L 354, pag. 18), fondandosi, al punto 46 della decisione impugnata, su motivi sui quali le denuncianti non sarebbero state sentite. Inoltre avrebbe violato le norme relative all’applicazione combinata dell’art. 86 CE, dell’art. 3, lett. g), CE e degli artt. 10 CE e 82 CE, sostenendo, al punto 46 della decisione impugnata, che le misure considerate non rientrerebbero nell’ambito del combinato disposto degli artt. 86 CE e 82 CE, in quanto rientrano, secondo la Commissione, nell’esercizio dei «poteri pubblici» dello Stato membro interessato. Infine la decisione impugnata violerebbe le norme di diritto relative alla valutazione dell’interesse comunitario quanto al rigetto di una denuncia fondata sugli artt. 86 CE, 82 CE, sull’art. 3, lett. g), CE e sull’art. 10 CE, e, in subordine, non sarebbe motivata in ordine a tale punto.

188    La Commissione sostiene che questo motivo è irricevibile, facendo riferimento alla sentenza della Corte 22 febbraio 2005, causa C‑141/02 P, Commissione/max.mobil (Racc. pag. I‑1283; in prosieguo: la «sentenza max.mobil»).

 Giudizio del Tribunale

189    Secondo la giurisprudenza della Corte, dalla formulazione letterale del n. 3 dell’art. 86 CE e dalla ratio dell’insieme delle disposizioni di tale articolo emerge che la Commissione non è tenuta a promuovere un’azione ai sensi di queste disposizioni, in quanto un soggetto non può esigere da tale istituzione che essa prenda posizione in un senso determinato. Una decisione mediante la quale la Commissione rifiuti di dare seguito ad una denuncia che la inviti ad agire ai sensi dell’art. 86, n. 3, CE non costituisce un atto impugnabile con un ricorso d’annullamento (sentenza max.mobil, punto 188 supra, punti 69 e 70, e ordinanza della Corte 23 febbraio 2006, causa C‑171/05 P, Piau/Commissione, punto 53).

190    Gli argomenti delle ricorrenti relativi alle presunte differenze procedurali tra il caso di specie e la causa all’origine della sentenza max.mobil sono irrilevanti.

191    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le ricorrenti hanno presentato il complesso della loro denuncia in applicazione dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 17, e secondo cui la Commissione l’ha trattato come tale, occorre sottolineare che un denunciante, il quale presenti una denuncia su un fondamento normativo non pertinente, non può godere, per tale motivo, della possibilità di introdurre un ricorso avverso il rifiuto della Commissione di continuare l’esame di una denuncia rivolta contro uno Stato. Il regolamento n. 17 non è applicabile all’art. 86 CE (sentenza max.mobil, punto 188 supra, punto 71). Lo stesso vale per il regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), entrato in vigore il 1° maggio 2004. Anche se la Commissione ha trattato la denuncia, nel suo complesso, come una denuncia rientrante nell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 17, ciò non era atto a modificare il contesto normativo. In ogni caso un eventuale errore della Commissione in merito al fondamento normativo non può attribuire a un denunciante il diritto di adire il giudice comunitario con un ricorso contro il rigetto di una denuncia che inviti la Commissione ad agire ai sensi dell’art. 86, n. 3, CE.

192    Le ricorrenti affermano altresì che non hanno presentato alla Commissione una denuncia sull’unica base di una violazione dell’art. 86 CE da parte della Repubblica francese, ma che la denuncia era rivolta contro La Poste per una violazione autonoma dell’art. 82 CE, e contro la Repubblica francese per una violazione delle norme relative all’applicazione combinata degli artt. 86 CE, 82 CE, dell’art. 3, lett. g), CE e dell’art. 10 CE. In proposito occorre sottolineare che anche la denuncia all’origine della causa max.mobil non era fondata sulla sola violazione dell’art. 86 CE, ma su una violazione dell’art. 82 CE in combinato disposto con l’art. 86, n. 1, CE (sentenza max.mobil, punto 188 supra, punto 4). Infatti, dalla formulazione dell’art. 86 CE, n. 1, emerge che tale disposizione deve essere sempre letta in combinato disposto con un’altra disposizione del Trattato. Per quanto riguarda il richiamo all’art. 10 CE in combinato disposto con l’art. 3, lett. g), CE, la Commissione ha giustamente sottolineato, al punto 170 della decisione impugnata, che l’art. 86 CE costituiva lex specialis. La sola citazione di tali disposizioni, che definiscono in maniera generale gli obblighi degli Stati membri, non è idonea ad attribuire a un denunciante un diritto di ricorso contro le decisioni rientranti nel campo di applicazione dell’art. 86 CE.

193    Infine neppure il fatto che le denuncianti abbiano combinato una denuncia rivolta contro uno Stato membro con una denuncia contro un’impresa può conferire loro il diritto di impugnare la parte della decisione concernente la denuncia rivolta contro lo Stato membro. Dato che la Commissione non è tenuta a promuovere un’azione ai sensi dell’art. 86 CE, è evidente che un soggetto non possa costringerla ad agire in tal senso combinando una denuncia rivolta contro uno Stato membro con una denuncia rivolta contro un’impresa.

194    Le ricorrenti affermano altresì che la Commissione non ha mai contestato di collocarsi pienamente nell’ambito del regolamento n. 2842/98 e successivamente del regolamento n. 773/2004. Esse sottolineano che la Commissione ha dichiarato, nella decisione impugnata, che non intendeva condurre un’indagine più approfondita della denuncia con riferimento all’art. 86 CE, all’art. 3, lett. g), CE e all’art. 10 CE per le medesime ragioni per cui non sussisteva un interesse comunitario ad effettuare un’indagine più approfondita ai sensi dell’art. 82 CE. In proposito è sufficiente constatare che tali regolamenti, al pari dei regolamenti n. 17 e n. 1/2003, non sono applicabili all’art. 86 CE e non lo divengono per il solo fatto che la Commissione abbia eventualmente considerato di doverli applicare (prima della pronuncia della sentenza max.mobil, punto 188 supra). Inoltre, il fatto che la Commissione abbia evocato le ragioni per cui non intendeva dare seguito alla denuncia non è atto a modificare la qualificazione giuridica di tale parte della decisione, che costituisce un atto non impugnabile. Parimenti la circostanza che la Commissione non abbia fatto distinzione tra i diversi aspetti della decisione impugnata nell’indicare ai denuncianti l’esistenza del loro diritto di agire in giudizio non modifica la natura giuridica dell’atto.

195    L’argomento delle ricorrenti secondo cui la situazione procedurale nel caso di specie è paragonabile a quella all’origine della sentenza della Corte 19 ottobre 1995, causa C‑19/93 P, Rendo e a./Commissione (Racc. pag. I‑3319), deve essere respinto. In proposito si deve necessariamente constatare che, in quella causa, la denuncia era rivolta soltanto contro imprese, e non contro uno Stato membro, e che l’art. 86 CE non costituiva il fondamento della denuncia. Soltanto nell’ambito dell’esame di quella denuncia, la Commissione aveva valutato se l’art. 82, n. 2, CE ostasse all’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE. La situazione procedurale era quindi diversa da quella della presente causa.

196    Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

197    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.

 Sulle spese

198    Ai sensi dell’ art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma dell’art. 87, n. 3, primo comma, per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

199    Nel caso di specie il ricorso deve essere respinto e la Commissione nonché le intervenienti hanno chiesto la condanna delle ricorrenti alle spese. Tuttavia si deve tener conto del fatto che nella decisione impugnata la Commissione ha interpretato in maniera errata i propri obblighi sostenendo di non essere tenuta a valutare la gravità e la durata delle infrazioni addotte (v. punto 76 supra). Anche se tale errore non ha potuto avere influenza sul dispositivo della decisione e non può quindi portare il Tribunale ad annullare la decisione impugnata (v. punto 147 supra), è stato comunque tale da spingere le ricorrenti a contestare la decisione dinanzi al Tribunale. Per tale ragione il Tribunale ritiene di aver effettuato una giusta valutazione delle circostanze del caso di specie, disponendo che la Commissione debba sopportare le proprie spese.

200    Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 5, primo comma, prima frase, del regolamento di procedura, la parte che rinuncia agli atti è condannata alle spese se l’altra parte conclude in tal senso nelle sue osservazioni sulla rinuncia agli atti. Nella fattispecie, poiché la CRIE ha rinunciato al suo ricorso, la Commissione ha chiesto che le sue spese siano sopportate dalla CRIE. Ai sensi della seconda frase della suddetta disposizione, su domanda della parte che rinuncia agli atti, le spese sono poste a carico dell’altra parte se ciò appare giustificato dal comportamento di quest’ultima. Nondimeno, nel caso di specie, questa seconda frase non è applicabile, in quanto la CRIE non ha formulato alcuna domanda sulle spese nella lettera di rinuncia. Si deve quindi condannare la CRIE a un quarto delle spese sopportate dalla Commissione.

201    Per quanto concerne le spese sostenute dalle intervenienti, si deve constatare che queste non hanno formulato alcuna domanda sulle spese in seguito alla rinuncia della CRIE. A norma dell’art. 87, n. 5, terzo comma, del regolamento di procedura, in mancanza di conclusioni sulle spese, ciascuna parte sopporta le proprie spese. Si deve quindi decidere che la Chronopost e La Poste sopporteranno un quarto delle proprie spese. Peraltro il Tribunale ritiene che le ricorrenti vadano condannate a tre quarti delle spese sostenute dalle intervenienti conformemente alle conclusioni di queste ultime.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La CRIE SA è cancellata dall’elenco delle ricorrenti.

2)      Il ricorso è respinto.

3)      L’Union française de l’express (UFEX), la DHL Express (France) SAS e la Federal express international (France) SNC sopporteranno, oltre alle proprie spese, tre quarti delle spese della Chronopost SA e di La Poste. La Chronopost e La Poste sopporteranno un quarto delle proprie spese. La CRIE sopporterà, oltre alle proprie spese, un quarto delle spese della Commissione. La Commissione sopporterà tre quarti delle proprie spese.

Pirrung

Forwood

Pelikánová

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       J. Pirrung


* Lingua processuale: il francese.