Language of document : ECLI:EU:C:2019:151

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 28 febbraio 2019 (1)

Causa C677/17

Sig. Çoban

contro

Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen (Uwv)

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Accordo di associazione CEE-Turchia – Protocollo addizionale – Articolo 59 – Decisione n. 3/80 – Previdenza sociale dei lavoratori migranti – Articolo 6, paragrafo 1 – Revoca delle clausole di residenza – Prestazioni integrative garantite ai sensi della normativa nazionale – Soppressione»






1.        Il desiderio di ritornare a casa dopo un lungo soggiorno all’estero per lavoro o in missione, appartiene alla natura umana; Ulisse ha rifiutato ricchezze, e persino l’immortalità, per ritornare a Itaca (2). Più prosaicamente, sia il legislatore dell’Unione che il Consiglio di associazione CEE-Turchia hanno tenuto conto di questa propensione al ritorno in patria quando hanno adottato le disposizioni che attribuiscono ai lavoratori il diritto di esportare determinate prestazioni di sicurezza sociale quando abbandonano lo Stato membro in cui è situata l’istituzione responsabile di erogare tali prestazioni.

2.        Il presente rinvio pregiudiziale concerne l’interpretazione della decisione n. 3/80 del Consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari (3), in combinato disposto con l’articolo 59 del protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles (4). Tale decisione vieta, fra l’altro, l’applicazione di clausole di residenza all’erogazione di determinati tipi di prestazioni di sicurezza sociale a lavoratori turchi.

3.        Il Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi; in prosieguo: il «giudice del rinvio») chiede chiarimenti in merito al rapporto fra tale divieto e la regola di cui all’articolo 59 del protocollo addizionale, che impedisce un «trattamento più favorevole» dei lavoratori turchi rispetto ai cittadini degli Stati membri.

 Diritto dell’Unione

 Accordo di associazione e protocollo addizionale

4.        Le parti contraenti hanno firmato l’Accordo di associazione nel 1963 (5). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 di tale Accordo, lo scopo dell’associazione è «promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le Parti [contraenti], tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell’economia turca ed il miglioramento del livello dell’occupazione e del tenore di vita del popolo turco».

5.        L’articolo 12 è inserito nel capitolo 3 dell’Accordo, rubricato «Altre disposizioni di carattere economico». Esso prevede che «[l]e Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli articoli [45, 46 e 47 TFUE] per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

6.        Il titolo II del protocollo addizionale, il cui capitolo I concerne i «Lavoratori», contiene disposizioni dettagliate che disciplinano la «Circolazione delle persone e dei servizi».

7.        L’articolo 39 (incluso in tale capitolo), stabilisce che «[p]rima della fine del primo anno dall’entrata in vigore del presente protocollo, il consiglio di Associazione adotta disposizioni in materia di sicurezza sociale a favore dei lavoratori di nazionalità turca che si spostano all’interno della [Unione europea] e delle loro famiglie [ivi] residenti». Tali disposizioni «dovranno permettere ai lavoratori di nazionalità turca (…) il cumulo di periodi di assicurazione o di occupazione trascorsi nei vari Stati membri per quanto riguarda le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e d’invalidità, nonché l’assistenza sanitaria del lavoratore e della sua famiglia residenti nella [Unione europea] (6)». Ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 4, «[l]e pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e di invalidità acquisite in virtù delle disposizioni prese in applicazione del paragrafo 2 dovranno poter essere esportat[e] in Turchia».

8.        Il titolo IV del protocollo addizionale («Disposizioni generali e finali») comprende l’articolo 59, ai sensi del quale «[n]ei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non può beneficiare di un trattamento più favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virtù del trattato che istituisce la Comunità».

9.        Il protocollo addizionale costituisce parte integrante dell’Accordo di associazione (7).

 Decisione n. 1/80

10.      La decisione n. 1/80 è stata adottata dal Consiglio di associazione per promuovere la libera circolazione dei lavoratori (8). L’articolo 6 concerne le condizioni per l’accesso all’occupazione di cittadini turchi regolarmente inseriti nel mercato del lavoro di uno Stato membro. Secondo una giurisprudenza costante, fintantoché un lavoratore turco esercita il suo diritto di lavorare nel quadro dell’Accordo di associazione e della decisione n. 1/80, egli gode di un parallelo diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi (9). Tuttavia, egli perde tale diritto nel caso in cui abbandoni il lavoro in via definitiva, ad esempio a causa di una sopraggiunta inabilità al lavoro (10).

 Decisione n. 3/80

11.      L’obiettivo della decisione n. 3/80, adottata sulla base dell’articolo 39 del protocollo addizionale, è mettere in atto misure di sicurezza sociale per consentire la circolazione di cittadini turchi che lavorano o hanno lavorato in uno o più Stati membri (11). La decisione n. 3/80 rinvia ampiamente al regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (12).

12.      L’articolo 2 della decisione n. 3/80, intitolato «Campo di applicazione quanto alle persone», dispone che la decisione si applica ai lavoratori che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini della Turchia, ai familiari di tali lavoratori che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai superstiti di tali lavoratori.

13.      L’articolo 3, paragrafo 1, rubricato «Parità di trattamento» stabilisce che «[l]e persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni della [decisione n. 3/80], sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari della presente decisione».

14.      L’articolo 4 («Campo di applicazione “ratione materiae”») dispone quanto segue:

«1.      La presente decisione si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

(…)

b)      le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno;

(…)

2.      La presente decisione si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi (…)

(…)

4.      La presente decisione non si applica (…) all’assistenza sociale e medica (…)».

15.      L’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della decisione n. 3/80, rubricato «Revoca delle clausole di residenza (…)», prevede quanto segue: «[s]alvo quanto diversamente disposto dalla presente decisione, le prestazioni in denaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, nonché le rendite per infortunio sul lavoro o malattia professionale, acquisite in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede in Turchia o nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice».

 Regolamento n. 1408/71

16.      Il regolamento n. 1408/71 definisce il termine «prestazioni» di cui all’articolo 1, lettera t), come «tutte le prestazioni (…) compresi tutti gli elementi a carico dei fondi pubblici, le maggiorazioni di rivalutazione o [le prestazioni] supplementari, fatte salve le disposizioni del titolo III, nonché le prestazioni in capitale che possono essere sostituite alle pensioni o rendite ed i versamenti effettuati a titolo di rimborsi di contributi» (13). L’articolo 4 di tale regolamento definisce il campo d’applicazione materiale del regolamento come comprensivo di tutte le legislazioni relative ai «settori di sicurezza sociale» riguardanti uno dei rischi elencati all’articolo 4, paragrafo 1, fra cui le «prestazioni di invalidità» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), ma non l’«assistenza sociale e medica» (articolo 4, paragrafo 4); e non fa alcuna distinzione tra regimi contributivi e non contributivi (articolo 4, paragrafo 2).

17.      L’articolo 10, paragrafo 1, dispone che «(…) le prestazioni in danaro per invalidità (…) acquisit[e] in base alla legislazione di uno o più Stati membri, non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice». La sua formulazione, dunque, è chiaramente servita come modello per il primo comma dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80.

18.      Tale divieto non si applica, in forza del combinato disposto degli articoli 4, paragrafo 2 bis, lettera a) e 10 bis, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71, entrambi introdotti dal regolamento (CEE) n. 1247/92 del Consiglio (14), a determinate prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo (in prosieguo: «PSDNC»). A condizione che una PSDNC sia elencata nell’allegato II bis del regolamento n. 1408/71, l’erogazione di tale prestazione può essere limitata al territorio dello Stato membro che la eroga. In altri termini, le PSDNC non sono esportabili. L’allegato II bis include, per i Paesi Bassi, il Toeslagenwet del 6 novembre 1986 (legge sulle prestazioni complementari, in prosieguo: la «TW») (15).

19.      La decisione n. 3/80 non è stata modificata al fine di introdurvi una disposizione equivalente all’articolo 10 bis, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71.

 Regolamento n. 883/2004

20.      Il regolamento n. 883/2004 mira a coordinare misure atte a garantire l’effettivo esercizio del diritto di libera circolazione delle persone (16).

21.      L’articolo 2, concernente il campo di applicazione rationae personae, stabilisce che il regolamento si applica «ai cittadini di uno Stato membro, agli apolidi e ai rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti».

22.      L’articolo 3 definisce il campo d’applicazione materiale del regolamento come segue:

«1.      Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

(…)

c)      le prestazioni d’invalidità;

(…)

2.      Fatte salve le disposizioni dell’allegato XI [(17)], il [regolamento n. 883/2004] si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi o non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell’armatore.

3.      Il [regolamento n. 883/2004] si applica anche alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo di cui all’articolo 70.

(…)».

23.      L’articolo 7, sull’abolizione delle clausole di residenza, riflette l’articolo 10 del regolamento n. 1408/71 e stabilisce che, «[f]atte salve disposizioni contrarie del [regolamento n. 883/2004], le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri o del presente regolamento non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice».

24.      L’articolo 70 (disposizione di apertura del capitolo 9, rubricato «Prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo») contiene una versione più dettagliata dell’articolo 10 bis del regolamento n. 1408/71 e prevede quanto segue:

«1.      Il presente articolo si applica alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo previste dalla legislazione la quale, a causa del suo ambito di applicazione ratione personae, dei suoi obiettivi e/o delle condizioni di ammissibilità, ha caratteristiche tanto della legislazione in materia di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, quanto di quella relativa all’assistenza sociale.

2.      Ai fini del presente capitolo, le “prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo” sono quelle:

a)      intese a fornire:

i)      copertura in via complementare, suppletiva o accessoria dei rischi corrispondenti ai settori di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e a garantire, alle persone interessate, un reddito minimo di sussistenza in relazione al contesto economico e sociale dello Stato membro interessato;

oppure

ii)      unicamente la protezione specifica dei portatori di handicap, strettamente collegate al contesto sociale del predetto soggetto nello Stato membro interessato;

e

b)      relativamente alle quali il finanziamento deriva esclusivamente dalla tassazione obbligatoria intesa a coprire la spesa pubblica generale e le condizioni per la concessione e per il calcolo della prestazione, non dipendono da alcun contributo da parte del beneficiario. Tuttavia, le prestazioni concesse ad integrazione della prestazione contributiva non sono da considerare prestazioni contributive per questo solo motivo;

e

c)      sono elencate nell’allegato X.

3.      L’articolo 7 e gli altri capitoli del presente titolo non si applicano alle prestazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo.

4.      Le prestazioni di cui al paragrafo 2 sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui gli interessati risiedono e ai sensi della sua legislazione. Tali prestazioni sono erogate dall’istituzione del luogo di residenza e sono a suo carico».

25.      In deroga alla regola generale di cui all’articolo 7, dunque, le PSDNC elencate nell’allegato X non sono esportabili a norma del regolamento n. 883/2004, esattamente come accadeva ai sensi dell’articolo 10 bis del regolamento n. 1408/71.

26.      L’articolo 90, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 dispone che il regolamento n. 1408/71 è abrogato a decorrere dalla data di applicazione del primo, ma «rimane in vigore e i relativi effetti giuridici sono mantenuti» ai fini di «c) (…) accordi che contengono un riferimento al regolamento (…) n. 1408/71, fino a quando detti accordi non sono modificati in funzione del presente regolamento».

27.      L’allegato X del regolamento n. 883/2004 elenca le varie PSDNC e include, per i Paesi Bassi, la TW.

28.      Nel 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/776/UE, allo scopo di aggiornare la decisione n. 3/80. Allegato a tale decisione vi era un nuovo «progetto di decisione del Consiglio di associazione Unione europea-Turchia, con riguardo all’adozione di disposizioni sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale» (18). Tuttavia, per quanto a mia conoscenza, tale progetto di decisione non è stato adottato dal Consiglio di associazione. Di conseguenza, la decisione n. 3/80 non è ancora stata modificata al fine di includere una disposizione equivalente all’articolo 70 del regolamento n. 883/2004.

 Regolamento (UE) n. 1231/2010

29.      Il regolamento n. 1231/2010 estende il regime previsto dal regolamento n. 883/2004 ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari e superstiti, purché risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro e si trovino in una situazione che non sia confinata, in tutti i suoi aspetti, all’interno di un solo Stato membro (19).

 Diritto dei Paesi Bassi

 La TW

30.      Ai sensi della TW, i singoli possono beneficiare di una prestazione integrativa per aumentare il proprio reddito fino a un valore pari (al massimo) al salario minimo in vigore nei Paesi Bassi (in prosieguo: la «prestazione integrativa»). La concessione di tale prestazione integrativa è subordinata alla condizione che l’interessato sia coperto da un regime previdenziale per i lavoratori subordinati, quale l’inabilità al lavoro (20).

31.      L’articolo 4a, inserito nella TW dalla Wet beperking export uitkeringen, del 27 maggio 1999, (legge sulla limitazione del pagamento all’estero delle prestazioni di sicurezza sociale; in prosieguo: la «Wet BEU»), in vigore dal 1o gennaio 2000, prevede quanto segue:

«1.      La persona di cui all’articolo 2 non ha diritto alla prestazione integrativa nel periodo durante il quale non risiede nei Paesi Bassi.

2.      La persona di cui all’articolo 2 che, ai sensi del paragrafo 1, non ha diritto alla prestazione integrativa, ha diritto alla suddetta prestazione a partire dal giorno in cui risiede nei Paesi Bassi, se soddisfa i requisiti di cui all’articolo 2, paragrafi 1, 2 e 3».

 La Remigratiewet

32.      La Remigratiewet (legge sulla migrazione di ritorno) prevede, fra l’altro, l’erogazione di assistenza finanziaria a talune categorie di persone che intendono lasciare i Paesi Bassi e stabilirsi nel loro paese di origine. L’articolo 8, paragrafo 1, di tale legge dispone che le persone che hanno lasciato i Paesi Bassi per rientrare nel loro paese d’origine possono fare ritorno nei Paesi Bassi entro un anno a decorrere dalla data in cui si sono stabiliti nel paese di destinazione.

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

33.      Il sig. Çoban, nato il 20 febbraio 1951, è un cittadino turco regolarmente inserito nel mercato del lavoro dei Paesi Bassi ai sensi dell’articolo 6 della decisione n. 1/80. Ha lavorato come autista internazionale fino all’11 settembre 2006, quando ha cessato di lavorare a causa di una malattia. Il 18 dicembre 2006, egli ha ottenuto un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

34.      L’8 settembre 2008 gli è stata riconosciuta una prestazione ai sensi della Wet werk en inkomen naar arbeidsvermogen (legge sul lavoro e il reddito in base alla capacità lavorativa) corrispondente ad un’invalidità riconosciuta tra il 45% e il 55%, secondo la pertinente tabella nazionale. Da gennaio 2012 gli è stata riconosciuta anche una prestazione integrativa pari a EUR 940.25 lordi al mese, ai sensi della TW, al fine di garantirgli il percepimento di un reddito equivalente al salario minimo nei Paesi Bassi. All’epoca, ai sensi dell’articolo 4a della TW, una persona aveva diritto a tale prestazione solo se residente nei Paesi Bassi.

35.      Il 10 febbraio 2014, il sig. Çoban ha informato il Raad van bestuur van het Uitvoeringsinstituut werknemersverzekeringen (Consiglio di amministrazione dell’Istituto per la previdenza e assistenza sociale dei lavoratori subordinati; in prosieguo: l’«Uwv») della propria intenzione di stabilirsi in Turchia a partire dal 1o aprile 2014. Con decisione del 12 febbraio 2014, l’Uwv ha disposto la cessazione dell’erogazione della prestazione integrativa di cui alla TW al sig. Çoban, a decorrere dalla data della sua partenza. Egli non ha impugnato tale decisione che, di conseguenza, è divenuta definitiva.

36.      Nel quadro del suo rientro in Turchia, il sig. Çoban ha richiesto e ottenuto determinate prestazioni per la migrazione di ritorno. Egli si è trasferito in Turchia il 18 marzo 2014. All’epoca, era ancora in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

37.      Il 9 luglio 2014, il sig. Çoban ha presentato nuovamente, dalla Turchia, una domanda di prestazione integrativa ai sensi della TW. Dall’ordinanza di rinvio non emerge chiaramente se si trattasse di una «nuova» richiesta di tale prestazione o di una domanda intesa a ottenere il riconoscimento del suo diritto acquisito alla prestazione e il ripristino della sua erogazione (21). Con decisione del 1o agosto 2014, l’Uwv ha respinto tale domanda. Il 20 ottobre 2014, l’Uwv ha confermato tale decisione a motivo del fatto che il sig. Çoban non aveva più diritto di percepire la prestazione integrativa: poiché non viveva più nei Paesi Bassi, egli non soddisfaceva il requisito concernente la residenza di cui all’articolo 4a della TW.

38.      L’impugnazione della decisione dell’Uwv proposta dal sig. Çoban è stata respinta dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi).

39.      Il sig. Çoban ha impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Tale giudice ha osservato che il sig. Çoban aveva lasciato i Paesi Bassi volontariamente e in un momento in cui il requisito della residenza ai sensi dell’articolo 4a della TW era già stato introdotto. Nel momento in cui il sig. Çoban ha presentato, dalla Turchia, la domanda di prestazione integrativa, e al momento in cui tale prestazione è stata negata, egli avrebbe potuto ancora fare ritorno nei Paesi Bassi, sulla base del suo permesso di soggiorno UE (22). In tale contesto, il giudice del rinvio nutre dubbi sul modo in cui l’attuale giurisprudenza della Corte dovrebbe essere applicata al sig. Çoban. (23). Di conseguenza, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione 3/80, in combinato disposto con l’articolo 59 del protocollo addizionale, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, come l’articolo 4a della [TW], in forza del quale una prestazione integrativa già concessa viene soppressa se il beneficiario si trasferisce in Turchia, anche nel caso in cui detto beneficiario abbia lasciato il territorio dello Stato membro di propria iniziativa. Se al riguardo sia rilevante la circostanza che, al momento della sua partenza, il suddetto beneficiario non abbia più un diritto di soggiorno in forza del diritto dell’associazione [CEE-Turchia], ma sia titolare di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lunga durata. Se al riguardo sia rilevante la circostanza che, in base alla normativa nazionale, entro un anno dal momento in cui ha lasciato il territorio nazionale il beneficiario abbia la possibilità di rientrarvi per poter nuovamente ottenere la prestazione, e che detta possibilità esista inoltre fintantoché egli è titolare di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo».

40.      L’Uwv, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza del 3 ottobre 2018 il sig. Çoban, l’Uwv, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

 Osservazioni preliminari

41.      La prestazione integrativa di cui alla TW è una PSDNC ai sensi dell’articolo 70 del regolamento n. 883/2004 e figura nell’elenco di cui all’allegato X di tale regolamento. Pertanto, in deroga alla regola generale prevista all’articolo 7, si tratta di una prestazione non esportabile ai sensi di tale regolamento. Dunque, il regolamento n. 883/2004 conferma la non esportabilità della prestazione di cui alla TW, inizialmente prevista dall’articolo 10 bis e dall’allegato II bis del regolamento n. 1408/71. Tale regime si estende ai cittadini di paesi terzi e alle loro famiglie residenti nell’Unione in virtù dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010 (24).

42.      Il regime particolare delle PSDNC discende dal fatto che la Corte, in passato, ha riconosciuto che la concessione di prestazioni strettamente connesse con l’ambiente sociale potrebbe essere soggetto alla condizione della residenza nello Stato membro dell’istituzione competente (25). Le conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Snares, alle quali faccio riferimento con riconoscenza, contengono un’analisi dettagliata del motivo delle modifiche e dei cambiamenti che hanno introdotto (26).

43.      I riferimenti al regolamento n. 1408/71 nella decisione n. 3/80 non sono stati aggiornati o modificati. Tale è il caso, in particolare, dell’articolo 1, lettera a), della decisione n. 3/80, il quale definisce una serie di termini, tra cui «prestazioni», tramite un richiamo a detto regolamento. Per effetto dell’articolo 90, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, dunque, la decisione n. 3/80 dovrebbe continuare ad essere interpretata con riferimento al regolamento n. 1408/71 (27). Inoltre, è di fondamentale importanza il fatto che la decisione n. 3/80 non contiene disposizioni equivalenti agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), e 10 bis del regolamento n. 1408/71, come perpetuati dagli articoli 3, paragrafo 3, e 70 del regolamento n. 883/2004, che si riferiscano espressamente alle PSDNC in quanto tali, le riconducano nel campo di applicazione del regolamento e successivamente, in deroga alla regola generale, rendano tali prestazioni non esportabili. La decisione n. 3/80 contiene soltanto la regola generale secondo cui le prestazioni che essa individua sono esportabili.

44.      Infine, osservo che la Corte ha già statuito che l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 produce effetti diretti, per cui i cittadini turchi ai quali tale disposizione si applica hanno il diritto di invocarlo direttamente, dinanzi ai giudici degli Stati membri, per ottenere la disapplicazione delle norme di diritto nazionale con esso contrastanti. La formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, vieta agli Stati membri in termini chiari, precisi e incondizionati la riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca di determinate prestazioni in ragione del fatto che il beneficiario risieda in Turchia o in un altro Stato membro (28).

 Valutazione

45.      Ci si chiede se l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della decisione n. 3/80, anche se letto in combinato disposto con l’articolo 59 del protocollo addizionale, osti a una normativa nazionale che sopprima una prestazione integrativa come quella prevista dalla TW qualora il beneficiario si rechi volontariamente in Turchia, ma sia titolare di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo che lo autorizza a far ritorno nei Paesi Bassi e a ricevere nuovamente tale prestazione.

 Campo di applicazione del divieto di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80

46.      L’obiettivo dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 è il progressivo consolidamento della posizione dei lavoratori turchi nello Stato membro ospitante. In questo senso, esso completa la decisione n. 1/80, che mira, essenzialmente, alla graduale integrazione di tali lavoratori nella forza lavoro dello Stato membro ospitante. (29).

47.      Il campo di applicazione rationae personae della decisione n. 3/80 comprende lavoratori che sono cittadini turchi e sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri (30). La Corte ha già dichiarato, nella sentenza Akdas e a., che ciò include lavoratori turchi «che risiedono attualmente in Turchia» e «che sono beneficiari di prestazioni in denaro per invalidità acquisite in base alla normativa di uno Stato membro» (31). È opinione comune che il sig. Çoban rientri nella sfera di applicazione ratione personae della decisione n. 3/80 e, pertanto, dell’articolo 6, paragrafo 1, della stessa.

48.      Esaminerò ora, brevemente, l’ambito di applicazione rationae materiae di tale disposizione.

49.      Dall’ordinanza di rinvio risulta che le prestazioni di base relative all’inabilità al lavoro del sig. Çoban non sono state soppresse. Ciò che è stato soppresso è la prestazione integrativa che egli riceveva, in precedenza, a norma della TW, e il cui scopo era quello di aumentare il suo reddito fino al livello del salario minimo nei Paesi Bassi.

50.      Ci si chiede se una prestazione integrativa ai sensi della TW sia una «prestazione d’invalidità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80.

51.      Il giudice del rinvio ritiene che prestazione integrativa sia una prestazione d’invalidità ai sensi di tale disposizione. In effetti, le sentenze della Corte nelle cause Akdas e Demirci che interpretano l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 riguardavano esattamente tale beneficio (32).

52.      Confesso di non essere così certa del fatto che la prestazione integrativa prevista dalla TW rientri effettivamente nella decisione n. 3/80.

53.      In primo luogo, rammento che le PSDNC sono state incluse nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 mediante le modifiche introdotte dal regolamento n. 1247/92. Tali modifiche hanno riguardato sia l’articolo 4, paragrafo 2 bis, lettera a) (che introduce espressamente le PSDNC nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 e le descrive come «previste in via suppletiva, complementare o accessoria»), sia l’articolo 10 bis (la norma sulla non esportabilità delle PSDNC). Tuttavia, non sono state introdotte modifiche equivalenti nella decisione n. 3/80 al fine di includere le PSDNC nel suo campo di applicazione.

54.      In secondo luogo, l’articolo 4 della decisione n. 3/80 individua i settori che rientrano nel campo di applicazione di tale decisione e chiarisce, all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), che le prestazioni d’invalidità comprendono «quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno». Tuttavia, ciò è esattamente quello che la prestazione integrativa prevista dalla TW non fa. Essa non ha nulla a che vedere con la capacità di guadagno. Essa incrementa il livello del reddito del beneficiario.

55.      In terzo luogo, l’articolo 4, paragrafo 4, della decisione n. 3/80 prevede espressamente che la decisione «non si applica (…) all’assistenza sociale»; tuttavia, lo scopo di una PSDNC quale la prestazione integrativa prevista dalla TW (diversa dalla prestazione d’invalidità) è, almeno in parte, sociale.

56.      Si potrebbe pensare che tali elementi impediscano di ritenere che una PSDNC rientri nell’ambito d’applicazione della decisione n. 3/80. Tuttavia, poiché la Corte, sia nella sentenza Akdas, sia nella sentenza Demirci, ha già considerato tale specifica prestazione prevista dalla TW come rientrante nel campo di applicazione della decisione n. 3/80, procederò sul presupposto che si tratti, effettivamente, di una «prestazione d’invalidità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 (33).

57.      Ci si chiede se una domanda di prestazione integrativa a norma della TW rientri nell’articolo 6, paragrafo 1 della decisione n. 3/80 quando viene presentata a seguito del trasferimento in Turchia, tanto come una nuova domanda di erogazione della prestazione, quanto come una domanda diretta al suo ripristino.

58.      Risulta chiaramente dal tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 che prestazioni che rientrano nel campo di applicazione rationae materiae di tale disposizione e «acquisite in base alla legislazione di uno o più Stati membri» (il corsivo è mio) non possono subire «alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca» per il fatto che il beneficiario risiede in Turchia o nel territorio di altro Stato membro.

59.      Inoltre, l’articolo 39, paragrafo 4, del protocollo addizionale (la base giuridica della decisione n. 3/80) (34), fa riferimento unicamente al fatto che «[l]e pensioni (…) di invalidità acquisite in virtù delle disposizioni prese (…) dovranno poter essere esportat[e] in Turchia» (il corsivo è mio).

60.      Ne consegue logicamente che una domanda per il ripristino del diritto a una prestazione, acquisito in precedenza, ricadrebbe nell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80, mentre, di converso, una nuova domanda diretta all’accertamento del diritto alla prestazione ne sarebbe esclusa. Spetta al giudice nazionale, in quanto unico giudice dei fatti, accertare in via definitiva in quale di queste due categorie rientra la domanda presentata dal sig. Çoban il 9 luglio 2014, dalla Turchia. Aggiungo soltanto che una domanda di ripristino deve necessariamente rientrare nella decisione n. 3/80, in quanto il ripristino costituisce l’ovvio rimedio alla cessazione illegittima dell’erogazione di una prestazione.

61.      Tuttavia, è necessario affrontare un ulteriore problema. Dall’ordinanza di rinvio si evince chiaramente che il sig. Çoban ha percepito la prestazione integrativa prevista dalla TW da gennaio 2012 fino al momento in cui è stata revocata, con decisione del 12 febbraio 2014, a partire dal 1º aprile 2014 (data in cui il sig. Çoban si sarebbe trasferito in Turchia, conformemente a quanto comunicato all’Uwv). Il sig. Çoban non ha presentato ricorso contro tale decisione che, dunque, è divenuta definitiva.

62.      Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che, nella misura in cui la presente domanda del sig. Çoban può essere intesa come volta al ripristino della prestazione integrativa a norma della TW, egli riafferma il suo diritto acquisito a tale prestazione (e, in effetti, domanda all’Uwv di riconsiderare la sua decisione del 12 febbraio 2014, che dispone la cessazione dell’erogazione di tale prestazione) (35). Ancora una volta, spetta al giudice nazionale stabilire, ai sensi della legislazione nazionale, se l’omessa impugnazione della decisione della Uwv, del 12 febbraio 2014, impedisca di ritenere che la presente azione riguardi una domanda relativa al diritto acquisito ad una prestazione. Dall’ordinanza di rinvio emergerebbe che, ai sensi del diritto nazionale, ciò non costituisce un ostacolo e che il sig. Çoban può effettivamente fondare in tal modo la sua domanda.

63.      Su tale base, ne consegue che la situazione del sig. Çoban rientra nell’ambito di applicazione del divieto di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80.

64.      Passo ora ad esaminare le rimanenti (importanti) questioni che la Corte dovrà affrontare. Ci si chiede se il diritto del sig. Çoban, avente effetto diretto, di invocare l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80, sia inficiato dalla duplice circostanza che egli era in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e che il suo trasferimento in Turchia è stato volontario. Ci si chiede, inoltre, se l’articolo 59 del protocollo addizionale operi nel senso di prevalere su tale diritto.

65.      Al fine di rispondere a tali questioni, è necessario, in primo luogo, esaminare con attenzione le due contrastanti sentenze della Corte nelle cause Akdas e Demirci.

 Sentenze Akdas e Demirci

66.      Nella sentenza Akdas, i ricorrenti erano tutti cittadini turchi divenuti inabili al lavoro e che avevano richiesto e ottenuto, mentre erano ancora residenti nei Paesi Bassi, sia l’erogazione di una prestazione d’invalidità in forza della WAO, sia una prestazione integrativa a norma della TW, nella sua versione in vigore prima del 2000. Rientrati in Turchia per essere vicini alle loro famiglie, essi hanno mantenuto il beneficio di entrambe le prestazioni, ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 4, del protocollo addizionale. Tuttavia, quando la versione modificata della TW è entrata in vigore, il 1º gennaio 2000, le competenti autorità nazionali hanno cessato il pagamento della prestazione integrativa prevista dalla TW.

67.      La Corte ha esaminato l’introduzione dell’articolo 10 bis nel regolamento n. 1408/71 e la conseguente non esportabilità di PSDNC quali la prestazione integrativa erogabile ai sensi della TW (36). Essa ha successivamente concluso che consentire ai ricorrenti di continuare a beneficiare di tale prestazione non era incompatibile con l’articolo 59 del protocollo addizionale.

68.      In primo luogo, l’articolo 39, paragrafo 4, del protocollo addizionale prevedeva espressamente l’esportabilità delle prestazioni (e l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 rifletteva debitamente tale disposizione). In secondo luogo, i ricorrenti rientravano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 della decisione n. 3/80, in quanto lavoratori turchi. In terzo luogo, applicare le disposizioni in materia di PSDNC di cui al regolamento n. 1408/71 nel contesto della decisione n. 3/80, sarebbe equivalso a modificare detta decisione, mentre siffatta competenza è riservata al Consiglio di associazione, conformemente agli articoli 8 e 22 dell’Accordo di associazione. In quarto luogo, la situazione dei ricorrenti non poteva essere utilmente paragonata a quella dei cittadini dell’Unione, poiché questi ultimi hanno il diritto di circolare e di risiedere nel territorio degli Stati membri e godono della libertà non solo di lasciare uno Stato membro, ma anche di farvi ritorno (37).

69.      Per contro, nella sentenza Demirci, la Corte ha dichiarato che il sig. Demirci e i suoi colleghi non potevano invocare la decisione n. 3/80 per opporsi al requisito della residenza, al quale la normativa nazionale subordinava il riconoscimento di una prestazione integrativa ai sensi della TW.

70.      In tale causa, tutti i ricorrenti possedevano doppia cittadinanza, olandese e turca. Come il sig. Akdas e i suoi colleghi, tutti erano divenuti incapaci e inabili al lavoro. Ad ognuno di loro erano state concesse sia la principale prestazione di invalidità ai sensi della WAO, sia la prestazione integrativa prevista dalla TW, nella sua versione in vigore prima del 2000. Anch’essi hanno fatto ritorno in Turchia per riavvicinarsi alle loro famiglie, conservando il beneficio di entrambe le prestazioni a norma dell’articolo 39, paragrafo 4, del protocollo addizionale. Tuttavia, quando la versione modificata della TW è entrata in vigore, il 1o gennaio 2000, le autorità nazionali competenti hanno deciso, similmente, di cessare l’erogazione nei loro confronti della prestazione integrativa prevista dalla TW. Essi hanno contestato tali decisioni.

71.      Distinguendo tale causa dalla sentenza Akdas, la Corte ha sottolineato che il fatto che il sig. Demirci e i suoi colleghi avessero acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante in qualità di lavoratori turchi «li pone[va] in una situazione del tutto particolare, segnatamente alla luce degli obiettivi del regime di associazione CEE‑Turchia». L’acquisizione della cittadinanza dello Stato membro ospitante rappresenta, in linea di principio, il livello più avanzato di integrazione del lavoratore turco nello Stato membro ospitante. L’acquisizione di tale seconda cittadinanza ha comportato le conseguenze giuridiche derivanti non soltanto al possesso di tale cittadinanza, ma anche, e correlativamente, della cittadinanza dell’Unione, in particolare in materia di diritto di soggiorno e di libera circolazione nello Stato membro. Pertanto, «non vi [era] motivo perché il cittadino turco, il cui regime giuridico è necessariamente mutato con l’acquisizione della cittadinanza dello Stato membro ospitante, non debba essere trattato dal suddetto Stato, ai fini del versamento di una indennità come quella di cui si tratta nel procedimento principale, esclusivamente come cittadino di tale Stato» (38).

72.      La Corte ha ritenuto che qualora il sig. Demirci e i suoi colleghi avessero potuto continuare a beneficiare della prestazione integrativa prevista dalla TW, essi avrebbero goduto di una duplice ingiustificata disparità di trattamento. In quanto titolari di cittadinanza olandese, infatti, essi sarebbero stati trattati in maniera più favorevole dei lavoratori turchi che possedevano unicamente la cittadinanza turca e che, non essendo più inseriti nel regolare mercato del lavoro dei Paesi Bassi, non beneficiavano più del diritto di soggiornare in tale Stato. Essi sarebbero stati favoriti anche rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante, o di un altro Stato membro, che pur beneficiando di un regime favorevole sotto il profilo del soggiorno e della libera circolazione all’interno dell’Unione, rimanevano tuttavia soggetti al requisito della residenza nel territorio del Regno dei Paesi Bassi ai fini del versamento della prestazione integrativa. Tale risultato era precluso dall’articolo 59 del protocollo addizionale.

 Articolo 59 del protocollo addizionale

73.      Nel quadro della gerarchia delle fonti del diritto dell’associazione CEE-Turchia, il protocollo addizionale costituisce diritto primario (articolo 62 del protocollo addizionale). Le decisioni adottate dal Consiglio di associazione, che esercita poteri delegati, devono essere quindi interpretate coerentemente con la regola del «trattamento non più favorevole» che esso stabilisce. Come ho già suggerito altrove, l’articolo 59 del protocollo addizionale riflette il principio secondo il quale l’appartenenza all’Unione europea costituisce il legame più profondo e particolare che lo Stato possa ottenere e che, di conseguenza, qualsiasi altro rapporto fra un paese terzo e l’Unione deve essere necessariamente meno privilegiato (39).

74.      Come risulta chiaramente dalla sua formulazione, l’articolo 59 del protocollo addizionale riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri e della Turchia. Esso non si occupa esplicitamente dei diritti e degli obblighi dei singoli cittadini. Ciò premesso, l’articolo 59 può e deve costituire, senza dubbio, un principio di interpretazione che conduce la Corte a effettuare confronti e a concludere a favore di una possibile lettura del testo di uno strumento di rango inferiore (quale la decisione n. 3/80), piuttosto che di un’altra. La giurisprudenza che applica l’articolo 59 conferma la sua importanza in tale ruolo quando due situazioni che coinvolgono cittadini dell’Unione e turchi possono essere utilmente comparate. Pertanto, la Corte ha costantemente dichiarato, nel contesto della libera circolazione dei lavoratori e della decisione n. 1/80, che l’articolo 59 del protocollo addizionale proibisce che i cittadini turchi siano posti in una posizione più favorevole rispetto ai cittadini dell’Unione (40). Tuttavia, in varie occasioni, la Corte ha rifiutato di confrontare la situazione dei familiari dei lavoratori turchi, che beneficiano dei diritti di cui all’articolo 7 della decisione n. 1/80, con quella dei familiari dei cittadini dell’Unione, poiché (dopo aver esaminato le rispettive situazioni giuridiche) la Corte ha constatato che esse non potrebbero essere utilmente comparate, considerate le loro significative differenze (41).

75.      Pertanto, concordo incondizionatamente con l’analisi del mio collega avvocato generale Wahl, nella causa Demirci: «[c]ome chiarito nelle considerazioni della Corte nella sentenza Akdas, l’articolo 59 del protocollo addizionale opera come un “meccanismo di ultima istanza” per garantire che l’interpretazione delle disposizioni del regime dell’associazione CEE‑Turchia non tratti indebitamente i cittadini dell’Unione in modo meno vantaggioso rispetto ai cittadini turchi. L’articolo 59, tuttavia, non costituisce una clausola generale di non discriminazione che possa essere invocata dai cittadini dell’Unione in qualsiasi circostanza in cui ai cittadini turchi vengono concessi diritti, ai sensi del regime dell’associazione CEE‑Turchia, di cui i cittadini dell’Unione non godono» (42).

76.      Ci si chiede se la situazione del sig. Çoban possa essere opportunamente paragonata a quella dei ricorrenti nella causa Akdas o Demirci.

77.      Come convenientemente sottolineato dal giudice del rinvio (43), il sig. Çoban ha perso il suo diritto di soggiorno nei Paesi Bassi ai sensi dell’Accordo di associazione quando ha definitivamente abbandonato il mercato del lavoro (44). Egli ha interrotto l’attività lavorativa a causa di una malattia l’11 settembre 2006. Tuttavia, il 18 dicembre 2006, egli ha ottenuto un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e ha conservato tale permesso quando ha deciso di trasferirsi in Turchia con effetto dal 1o aprile 2014. Ai sensi della legge sulla migrazione di ritorno egli aveva diritto a cambiare idea e fare ritorno nei Paesi Bassi entro un anno da trasferimento.

78.      Nel prosieguo, circoscrivo la mia analisi ai diritti conferiti da tale permesso ai sensi del diritto dell’UE e alle sue limitazioni. Non sono a conoscenza del fatto se il permesso concesso al sig. Çoban gli abbia garantito ulteriori diritti ai sensi del diritto nazionale; e, in ogni caso, ritengo che ciò sia irrilevante. Ciò che rileva, in questa sede, è se, in forza dei diritti riconosciutigli dal diritto dell’Unione, la sua posizione possa (o meno) essere opportunamente paragonata a quella di un cittadino olandese e/o di un altro cittadino dell’Unione. Qualora tale raffronto sia legittimo, allora, come nel caso dei ricorrenti di doppia cittadinanza turco-olandese di cui alla causa Demirci, il suo diritto a continuare a ricevere la prestazione prevista dalla TW (che, diversamente, egli potrebbe invocare) sarebbe annullato dall’articolo 59 del protocollo addizionale.

79.      Esaminerò, in primo luogo e brevemente, la questione del trasferimento volontario e del trasferimento forzato, prima di affrontare la questione se la situazione del titolare di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lunga durata debba essere equiparata a quella di un cittadino olandese e/o di un altro cittadino dell’Unione.

80.      La decisione n. 3/80 non opera alcuna distinzione tra i vari motivi per cui un lavoratore, cittadino turco, che è o è stato soggetto alla legislazione di uno o più Stati membri potrebbe voler trasferirsi in Turchia o in un altro Stato membro (45). Il suo scopo è quello di garantire che il lavoratore turco, i suoi familiari residenti nell’Unione e i suoi superstiti possano, a prescindere dalle circostanze, conservare il beneficio della protezione di sicurezza sociale per la quale tale lavoratore turco ha versato contributi nel corso della sua vita lavorativa. Salvo se altrimenti disposto (e non vi è alcuna disposizione «ulteriore» o «speciale» nella decisione n. 3/80), i lavoratori turchi sono «soggett[i] agli obblighi e sono ammess[i] al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato» (articolo 3, paragrafo 1).

81.      L’articolo 6, paragrafo 1, quindi, prevede espressamente la possibilità che una persona che rientra nell’ambito di applicazione della decisione (conformemente all’elenco di cui all’articolo 2), che abbia acquisito il diritto a tre precise prestazioni («le prestazioni in denaro per invalidità, vecchiaia o ai superstiti, nonché le rendite per infortunio sul lavoro o malattia professionale») possa avere l’intenzione o la necessità di trasferirsi. I beneficiari di tali prestazioni sono, precisamente, persone che potrebbero non essere in grado di lavorare o di prendersi cura di se stessi senza aiuto. L’articolo 6, paragrafo 1, quindi, prevede in modo chiaro e esplicito che tali prestazioni, sulle quali, ovviamente, tali persone necessiteranno di fare affidamento in caso di trasferimento «non possono subire alcuna riduzione, né modifica, né sospensione, né soppressione, né confisca per il fatto che il beneficiario risiede in Turchia o nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale si trova l’istituzione debitrice».

82.      In altri termini, trasferirsi altrove non conduce alla perdita della prestazione. La naturale conclusione da trarre è che la decisione n. 3/80 prevede tutta una serie di possibili scenari relativi al trasferimento e che il motivo del trasferimento è irrilevante. Mi permetto di suggerire uno scenario (non improbabile), a titolo di esempio. Si supponga che il lavoratore in questione sia in pensione e stia diventando vecchio e malato. Si supponga che egli sia, purtroppo, vedovo, e che non abbia nessuno, nello Stato membro in cui vive, che possa aiutarlo a curare di sé. Si supponga che egli abbia una famiglia numerosa in Turchia, ma anche una figlia che vive con la famiglia in uno Stato membro confinante. Egli può scegliere di rimanere dove si trova, da solo e senza sostegno. Può scegliere di raggiungere la sua figlia e la famiglia di lei. Oppure può decidere di fare ritorno in Turchia. Ritengo che sarebbe artificioso e sgradevole suggerire che, qualora egli decidesse di trasferirsi in tale altro Stato membro o in Turchia (opzioni 2 e 3), la «volontarietà» di tale decisione lo escluderebbe dall’ambito di applicazione dell’articolo 6 o, appunto, della decisione n. 3/80 nel suo insieme. Non può essere questa la lente attraverso cui interpretare l’articolo 6, paragrafo 1.

83.      Pertanto, ritengo che, sebbene la Corte abbia menzionato l’esercizio volontario del diritto alla libera circolazione in quanto cittadino dell’Unione per corroborare il proprio ragionamento nella sentenza Demirci, nel farlo non può aver inteso rendere la «volontarietà della partenza» dallo Stato membro che ha concesso la prestazione l’elemento determinante che, se provato, priva il destinatario, cittadino turco, delle prestazioni di sicurezza sociale e, di conseguenza, della tutela offerta dall’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80.

84.      Mi accingo ora a esaminare la questione del relativo status e dei diritti del titolare di un permesso UE per soggiornanti di lungo periodo, confrontandoli con quelli di: a) un cittadino olandese e b) un cittadino di un altro Stato membro che è, quindi, un cittadino dell’Unione.

85.      La direttiva 2003/109/CE del Consiglio, mira a concedere ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente nell’Unione per almeno cinque anni e che sono in possesso di un permesso di soggiorno lunga durata, «una serie di diritti uniformi e quanto più simili» a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione (considerando 2) (46). Il considerando 7 spiega che, per acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo, «il cittadino di paesi terzi dovrebbe dimostrare che dispone di un reddito sufficiente e di un’assicurazione contro le malattie, in modo da non diventare un onere per lo Stato membro. Gli Stati membri, al momento di valutare la disponibilità di un reddito stabile e regolare, possono tener conto di fattori quali i contributi al regime pensionistico e l’adempimento degli obblighi fiscali». Tale considerando si concretizza nell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), che individua l’autosufficienza senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale e il possesso di un’assicurazione malattia quale precondizione per l’acquisto dello status di soggiornante di lungo periodo.

86.      L’articolo 8, paragrafo 1 stabilisce che lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente, fatto salvo l’articolo 9. I motivi per la revoca o la perdita di tale status elencati in quest’ultima disposizione comprendono, oltre a determinati motivi di ordine pubblico, la «assenza dal territorio della [Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi» [articolo 9, paragrafo 1, lettera c)]. L’articolo 11 statuisce il diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro interessato, ma contiene anche una serie di deroghe a tale principio. In particolare, l’articolo 11, paragrafo 4, prevede che «[g]li Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali» (47).

87.      Curiosamente, la direttiva 2003/109 non sembra occuparsi di che cosa accade, vale a dire quali siano, rispettivamente, i diritti del cittadino del paese terzo e dello Stato membro che lo ospita, nel caso in cui la persona in questione divenga definitivamente dipendente, per il suo sostentamento, dalle prestazioni erogate dall’assistenza sociale, o se egli divenga indigente.

88.      Sembra chiaro che il sig. Çoban avrebbe avuto diritto (e presumibilmente aveva diritto) ad ottenere un permesso di soggiorno UE di lunga durata in virtù del suo lavoro come autista internazionale. Egli ha ottenuto il suo permesso in tempi molto brevi (circa tre mesi), dopo aver inizialmente cessato di lavorare (48). In tale fase, le sue prospettive future, e non da ultimo, la questione se sarebbe effettivamente stato in grado di riprendere a lavorare, potevano non essere del tutto chiare. Rilevo che soltanto quasi due anni più tardi (l’8 settembre 2008), è stata accertata la sua invalidità tra il 45% e il 55% e gli è stata concessa una prestazione d’invalidità (49).

89.      Ci si chiede se, al momento in cui l’Uwv ha disposto la cessazione della prestazione prevista dalla TW a favore del sig. Çoban, egli si trovava in una posizione equivalente a quella di un cittadino olandese (come il sig. Demirci e i suoi colleghi) o di un cittadino di un altro Stato membro dell’Unione che pertanto, attraverso tale cittadinanza, è un cittadino dell’Unione.

90.      Appare evidente che, nei confronti dei Paesi Bassi, la situazione del sig. Çoban non può essere utilmente paragonata a quella di un cittadino olandese. Il sig. Demirci e i suoi colleghi si trovavano nella loro patria (acquisita). Con l’ottenimento della cittadinanza olandese, essi hanno ottenuto «il livello più avanzato di integrazione del lavoratore turco nello Stato membro ospitante» (50). Essi sono cittadini olandesi. Il sig. Çoban non ha compiuto questo passo fondamentale.

91.      Ci si chiede se, in subordine, la situazione del sig. Çoban possa essere paragonata a quella di un cittadino dell’Unione, egualmente in possesso dello statuto di soggiornante di lungo periodo nei Paesi Bassi, che si sia trasferito altrove, e che abbia quindi perduto il suo diritto al pagamento della prestazione integrativa a norma della TW.

92.      In linea di principio, è pressoché ovvio che, per quanto la posizione di un cittadino di un paese terzo che abbia ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo nell’Unione possa essere più favorevole rispetto alla situazione, più incerta, di un cittadino di un paese terzo che non abbia ancora raggiunto tale status (51), essa non può essere vantaggiosa come la situazione di chi è cittadino dell’Unione.

93.      La cittadinanza dell’Unione, come la Corte ha dichiarato in una lunga serie di cause a partire dalla sentenza Grzelczyk, è «destinat[a] ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri che consente a chi tra di loro si trovi nella medesima situazione di ottenere, indipendentemente dalla cittadinanza e fatte salve le eccezioni espressamente previste a tale riguardo, il medesimo trattamento giuridico» (52) Il sig. Grzelczyk ha potuto rivendicare il «minimex» belga, un «vantaggio sociale» ai sensi del regolamento (CEE) n. 1612/68 (53) nel corso del suo ultimo anno di studi, non in virtù della legislazione secondaria (CEE), bensì in virtù della solidarietà dovuta a un altro cittadino dell’Unione. Uno studente belga nella medesima situazione avrebbe potuto ottenere sostegno finanziario attraverso il «minimex». Pertanto, così anche il sig. Grzelczyk (54).

94.      Lo status di soggiornante di lungo periodo nell’Unione non attribuisce al cittadino di un paese terzo alcun diritto, fondato sul trattato, a che siano colmate le lacune presenti nel diritto derivato dell’Unione o a che ne sia adattata la sua interpretazione. Pertanto, è intrinsecamente improbabile che tale status sia realmente equivalente allo status di un cittadino dell’Unione.

95.      Mi sembra che la situazione del sig. Çoban, al 1º aprile 2014, possa essere descritta come più precaria rispetto a quella di un cittadino dell’Unione, almeno sotto due aspetti. Il primo riguarda la sua perdurante stabilità finanziaria a seguito della sopraggiunta inabilità permanente al lavoro; il secondo concerne la durata limitata del suo diritto a conservare lo status di soggiornante di lungo periodo nell’Unione in caso di partenza dai Paesi Bassi e trasferimento in Turchia.

96.      Per quanto riguarda il primo, è evidente dalle sentenze Dano (55) e Alimanovic (56) che, in determinate circostanze, uno Stato membro può limitare l’accesso alle PSDNC anche per i cittadini dell’Unione che siano legalmente presenti sul suo territorio, fino al momento in cui tali cittadini acquisiscano il diritto di soggiorno permanente (57). Per quanto mi risulta, non esiste ancora una giurisprudenza della Corte riguardante la questione se il cittadino di un paese terzo che abbia ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo nell’Unione e che, successivamente, sia divenuto, per quanto riguarda la propria sussistenza economica, completamente dipendente, dal punto di vista finanziario, da un insieme di prestazioni di sicurezza sociale e PSDNC possa contare sul mantenimento del proprio status, e con esso, sulla continua erogazione di tali prestazioni per il resto della sua vita. Sarebbe ardito affermare che questo è, palesemente, ciò che accadrebbe (58).

97.      Per quanto riguarda il secondo aspetto, risulta chiaramente dal tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 che il cittadino di un paese terzo «non [ha] più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo (…) in caso di assenza dal territorio della [Unione] per un periodo di dodici mesi consecutivi». Trascorso tale periodo, egli si troverebbe nella stessa posizione di qualsiasi altro cittadino di un paese terzo che chieda di (ri)entrare nell’Unione europea (59). Per ipotesi, sulla base dei fatti della presente causa (il sig. Çoban presenta un’invalidità fra il 45% e il 55%), tale persona non potrebbe beneficiare del trattamento preferenziale riservato ai cittadini turchi che desiderino (ri)accedere al mercato del lavoro di uno Stato membro ai sensi dell’Accordo di associazione (e non godrebbe, in ogni caso, di diritti di libera circolazione nell’Unione equivalenti a quelli di un cittadino dell’Unione) (60).

98.      Di converso, un cittadino dell’Unione che benefici dello status di soggiornante di lungo periodo e che opti per lasciare i Paesi Bassi (rinunciando, in tal modo, al suo diritto a percepire la prestazione integrativa prevista dalla TW) perderebbe effettivamente il suo status di soggiornante di lungo periodo dopo due anni anziché dopo dodici mesi (61), ma sarebbe in grado, ovviamente, di rientrare nei Paesi Bassi a piacimento (62).

99.      Nella sentenza Demirci, la Corte ha anteposto alla sua analisi dettagliata dei motivi per cui, a differenza delle ricorrenti nella causa Akdas, quei cittadini di doppia nazionalità turco-olandese non potevano invocare la decisione n. 3/80 per conservare la loro prestazione integrativa a norma della TW, la seguente osservazione: «la circostanza che i convenuti nel procedimento principale abbiano acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante in qualità di lavoratori turchi li pone in una situazione del tutto particolare» (il corsivo è mio) (63).

100. È evidente, tuttavia, che il sig. Çoban non si trova in un’analoga «situazione del tutto particolare». Egli non possiede la doppia cittadinanza turco-olandese. Egli non è cittadino di un altro Stato membro dell’Unione Egli possiede un’unica cittadinanza: quella turca. A mio avviso, gli elementi descritti supra, ai paragrafi 84 e seguenti, provano che la sua situazione non può essere opportunamente paragonata a quella di un cittadino olandese e/o di un cittadino dell’Unione. Ne consegue che l’articolo 59 del protocollo addizionale non opera nel senso di privarlo dei diritti dotati di effetto diretto di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80, che avrebbe altrimenti potuto invocare.

 Post scriptum

101. Apparirà chiaro dall’analisi svolta che la causa profonda dell’incertezza che ha condotto alla presente controversia è il fatto che la decisione n. 3/80 riflette la versione del regolamento n. 1408/71 che era in vigore prima della sua modifica diretta a rendere le PSDNC non esportabili (64). Nella sentenza Akdas e, successivamente, nella sentenza Demirci, la Corte ha proceduto sulla base del presupposto che le PSDNC rientrano nella decisione n. 3/80 (65).

102. Per quanto l’articolo 59 del protocollo addizionale operi come un prezioso strumento interpretativo (66), e possa dunque intervenire in circostanze specifiche per impedire di invocare la decisione n. 3/80, le sue funzioni e i suoi poteri non si estendono alla riscrittura della decisione n. 3/80 al fine di escluderne le PSDNC, che la Corte ha dichiarato rientranti in tale strumento. La facoltà di modificare o riformulare la decisione n. 3/80 spetta al Consiglio di associazione (67). Se, per ragioni strategiche, si ritiene auspicabile impedire a cittadini turchi di mantenere il loro diritto a una PSDNC in caso di trasferimento al di fuori dello Stato membro ospitante, e salvo che la Corte riesamini i presupposti su cui ha fondato le sentenze Akdas e Demirci (68) tale risultato può essere raggiunto soltanto attraverso solo la via legislativa.

 Conclusione

103. Suggerisco pertanto alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi), nel modo seguente:

L’articolo 6, paragrafo 1, della decisione n. 3/80 del Consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, può essere invocato direttamente da un ex lavoratore che non possieda, oltre alla cittadinanza turca, la cittadinanza di uno Stato membro e che sia beneficiario di una prestazione integrativa ai sensi della Toeslagenwet, al fine di conservare tale prestazione in caso di trasferimento in Turchia. L’articolo 59 del protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles, non osta a tale risultato. È irrilevante che tale persona: a) si trasferisca in Turchia di sua volontà, oppure b) goda, in quanto cittadina di un paese terzo, dello status di soggiornante di lungo periodo nell’Unione e, dunque, che possa fare ritorno nello Stato membro ospitante entro 12 mesi e ivi ripristinare la propria residenza.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Nel libro V, 136, dell’Odissea, Calipso afferma che sperava di rendere Ulisse immortale se fosse rimasto sulla sua isola. Nel libro VII, 313, dell’Odissea, Alcinoo (re dei Feaci) offre a Ulisse ricchezze e la mano della sua figlia Nausicaa, rendendolo suo genero, se fosse rimasto.


3      GU 1983, C 110, pag. 60.


4      Protocollo addizionale firmato a Bruxelles il 23 novembre 1970 e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con il regolamento (CEE) n. 2760/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, per la conclusione del protocollo addizionale e del protocollo finanziario, firmati il 23 novembre 1970 e allegati all’accordo che crea un’Associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, e relativo ai provvedimenti da prendere per la loro entrata in vigore (GU 1977, L 361, pag. 60) (in prosieguo: il «protocollo addizionale»).


5      Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 tra la Repubblica di Turchia, da un lato, e gli Stati membri della CEE e della Comunità, dall’altro lato, concluso, confermato e approvato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 64/732/CEE, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, C 217, pag. 3685) (in prosieguo: l’«accordo di associazione»).


6      Rispettivamente, articolo 39, paragrafi 1 e 2.


7      Articolo 62 del protocollo addizionale.


8      Decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione del 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata ai sensi dell’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Detta decisione non è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ma è disponibile un’utile raccolta di testi pertinenti, pubblicata sotto l’egida del Consiglio nel 1992: v. https://www.ab.gov.tr/files/ardb/evt/EEC-Turkey_association_agreements_and_protocols_and_other_basic_texts.pdf.


9      V. sentenza del 20 settembre 1990, Sevince, C‑192/89, EU:C:1990:322, punto 29.


10      V. sentenza del 6 giugno 1995, Bozkurt, C‑434/93, EU:C:1995:168, punto 42.


11      Articolo 39, paragrafo 1, del protocollo addizionale, e preambolo della decisione n. 3/80.


12      Regolamento del Consiglio del 14 giugno 1971 (GU 1971, L 149, pag. 1).


13      Ritengo che l’espressione «as also» di cui alla versione inglese sia una traduzione errata di «ainsi que» («nonché») di cui al testo francese. Il regolamento n. 1408/71 è stato abrogato, in via di principio, dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1). All’epoca, era applicabile la versione del regolamento (CE) n. 883/2004 così come modificata dal regolamento della Commissione (UE) n. 1372/2013 del 19 dicembre 2013 (GU 2013, L 346, pag. 27). Nonostante la sua abrogazione per la maggior parte degli scopi, il regolamento n. 1408/71 è stato modificato, da ultimo, dal regolamento (CE) n. 592/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che modifica il regolamento n. 1408/71 (GU 2008, L 177, pag. 1).


14      Regolamento del Consiglio del 30 aprile 1992 (GU 1992, L 136, pag. 1). Il nuovo articolo 4, paragrafo 2 bis ha introdotto le prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo, fino ad allora coperte dalle regole di cui all’articolo 10 bis, nel campo di applicazione del regolamento n. 1408/71. Nella sentenza Snares (sentenza del 4 novembre 1997, C‑20/96, EU:C:1997:518), la prima causa a occuparsi del nuovo articolo 10 bis, la Corte ha chiarito che, quando una prestazione figura nell’elenco di cui all’allegato II bis del regolamento n. 1408/71, ciò indica che la prestazione in questione ricade nel campo di applicazione dell’articolo 10 bis del regolamento n. 1408/71 e che «dalla formulazione dell’art. 10 bis emerge che questa disposizione implica che le prestazioni da essa contemplate rientrano (…) nell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, come modificato dal regolamento n. 1247/92», nonché che tale prestazione è «disciplinata esclusivamente dalle norme di coordinamento dell’art. 10 bis» (punti da 30 a 32).


15      La TW è stata aggiunta a tale elenco dal regolamento (CE) n. 647/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005, che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, e (CEE) n. 574/72 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 (GU 2005, L 117, pag. 1).


16      Considerando 45.


17      Tale allegato contiene disposizioni speciali per l’applicazione della normativa degli Stati membri.


18      Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2012, relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare nell’ambito del Consiglio di associazione istituito dall’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia per quanto riguarda l’adozione di disposizioni sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2012, L 340, pag. 19).


19      Articolo 1 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU 2010, L 344, pag. 1).


20      Articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della TW. La stessa TW si basa sulla Wet op de arbeidsongeschiktheidsverzekering (legge sull’assicurazione contro l’inabilità al lavoro; in prosieguo: la «WAO») che ha costituito il contesto normativo di riferimento delle sentenze del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346 (in prosieguo: la «sentenza Akdas»), e del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8 (in prosieguo: la «sentenza Demirci»).


21      V. paragrafo 60 e segg. infra


22      Il giudice del rinvio osserva che il sig. Çoban ha perso il suo diritto di soggiorno nei Paesi Bassi ai sensi delle norme dell’Accordo di associazione CEE-Turchia quando ha abbandonato il mercato del lavoro di tale Stato membro in via definitiva; tuttavia, poteva ancora farvi ritorno, entro un anno, ai sensi della legge sulla migrazione di ritorno.


23      In particolare, la sentenza Akdas e la sentenza Demirci.


24      V. paragrafi 18, 23, 26 e 27 supra.


25      V. sentenza del 27 settembre 1988, Lenoir 313/86, EU:C:1988:452, punto 16, confermata dalla sentenza del 4 novembre 1997, Snares, C‑20/96, EU:C:1997:518, punti 42 e 43.


26      V. conclusioni nella causa Snares, C‑20/96, EU:C:1997:227, paragrafi da 11 a 20.


27      V.paragrafo 26 supra.


28      Sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punti da 67 a 73.


29      Sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punti 48 e 49.


30      Articolo 2 della decisione n. 3/80.


31      Sentenza del 26 maggio 2011, C‑485/07, EU:C:2011:346, punto 79.


32      Sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punti 38 e 39, e del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punti 47 e 48. Nella sentenza Akdas e a., punto 54, la Corte menziona la tesi del giudice del rinvio secondo cui la prestazione integrativa erogata ai sensi della TW, la cui attribuzione non dipende da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, deve essere considerata come una prestazione di invalidità ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della decisione n. 3/80 e rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultima.


33      Nella sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346 (al punto 77), la Corte precisa che «le parti (…) riconoscono» che una prestazione quale l’indennità integrativa erogata ai sensi della TW rientra nell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della decisione n. 3/80 e rientra pertanto nel divieto di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della stessa. Probabilmente a causa di ciò, tale questione non è stata affrontata, né dall’avvocato generale, né dalla Corte, nella sentenza Demirci (sentenza del 14 gennaio 2015, C‑171/13, EU:C:2015:8).


34      V. articolo 39, paragrafo 1, del protocollo addizionale e preambolo della decisione n. 3/80.


35      Tale affermazione (al punto 5 dell’ordinanza di rinvio nella presente causa) è ripetuta al punto 4.4 della successiva ordinanza di rinvio, del medesimo giudice, nella causa C‑257/18 Güler (pendente). Effettivamente, il giudice del rinvio individua il fatto che il sig. Çoban possieda un diritto acquisito alla prestazione integrativa, «mentre nella causa Güler ciò è dubbio», come una delle ragioni che l’hanno indotto ad operare un ulteriore rinvio a questa Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE.


36      Sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punti da 84 a 87.


37      Sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punti da 88 a 95.


38      Sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punti da 53 a 57.


39      V. le mie conclusioni nella causa Yön, C‑123/17, EU:C:2018:267, paragrafi 89 e 90.


40      V., in particolare, sentenza del 29 aprile 2010, Commissione/Paesi Bassi, C‑92/07, EU:C:2010:228, punto 62 e giurisprudenza ivi citata.


41      V., segnatamente, sentenze del 18 luglio 2007, Derin, C‑325/05, EU:C:2007:442, punti da 58 a 69, in particolare il punto 68; del 22 dicembre 2010, Bozkurt, C‑303/08, EU:C:2010:800, punto 45. V., nello stesso senso, le mie conclusioni nella causa Pehlivan, C‑484/07, EU:C:2010:410, paragrafo 63: è necessario tenere in considerazione il quadro generale.


42      Conclusioni dell’avvocato generale Wahl, in Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2014:2073, paragrafo 43.


43      V. paragrafo 38 supra e il testo della questione pregiudiziale.


44      V. paragrafo 9 supra.


45      V. articolo 2 (campo di applicazione quanto alle persone), in combinato disposto con l’articolo 6 (revoca delle clausole di residenza). Tra le persone che rientrano nell’articolo 2 sono compresi anche i familiari di tali lavoratori che risiedano nel territorio di uno degli Stati membri e i superstiti dei lavoratori.


46      Direttiva del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44).


47      Per quanto concerne la nozione di «prestazioni essenziali», v. sentenza del 24 aprile 2012, Kamberaj, C‑571/10, EU:C:2012:233, punto 91. Gli Stati membri possono «limitare la parità di trattamento della quale beneficiano i titolari dello status conferito dalla direttiva medesima, ad eccezione delle prestazioni di assistenza sociale o di protezione sociale concesse dalle autorità pubbliche, a livello nazionale, regionale o locale, che contribuiscono a permettere all’individuo di soddisfare le sue necessità elementari, come il vitto, l’alloggio e la salute» (il corsivo è mio).


48      V. paragrafo 33 supra.


49      V. paragrafo 34 supra.


50      Sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punto 53.


51      Tale status è, indubbiamente, molto favorevole. L’avvocato generale Szpunar lo descrive in P e S, C‑579/13, EU:C:2015:39, paragrafi da 29 a 31: «(…) la direttiva 2003/109 ha istituito a favore dei cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nell’Unione da almeno cinque anni uno status giuridico speciale, risultante esclusivamente dal diritto dell’Unione, ossia lo status di soggiornante di lungo periodo. L’introduzione dello status in parola crea per gli stranieri una forma, alternativa alla cittadinanza, di partecipazione alla vita sociale ed economica dell’Unione denominata in dottrina “denizenship”, in contrapposizione a “citizenship”. Per le questioni non disciplinate dal diritto dell’Unione, lo status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti nell’Unione continua ad essere assoggettato al diritto nazionale degli Stati membri» (il corsivo è mio).


52      Sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31.


53      Regolamento del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 2). Sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 27. Tuttavia, il sig. Grzelczyk non rientrava in tale regolamento, in quanto non poteva essere classificato come un «lavoratore»: v. punti 15 e 16 della sentenza.


54      Sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 29. Per quanto riguarda l’effettività dei diritti di cittadinanza dell’Unione ai sensi del trattato nel prevalere sulle restrizioni previste dal diritto derivato, v. punti da 30 a 36 della sentenza.


55      Sentenza dell’11 novembre 2014, C‑333/13, EU:C:2014:2358.


56      Sentenza del 15 settembre 2015, C‑67/14, EU:C:2015:597.


57      V. sentenza dell’11 novembre 2014, Dano, C‑333/13, EU:C:2014:2358, punti da 68 a 74. La sig.ra Dano era in possesso di un certificato di residenza (nazionale) di durata illimitata, ma non poteva ancora invocare un diritto di residenza ai sensi della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (in prosieguo: la «direttiva sui diritti del cittadino»), (GU 2004, L 158, pag. 77), (v., rispettivamente, punti 26 e 44 della sentenza).


58      V., in proposito, sentenze del 19 settembre 2013, Brey, C‑140/12, EU:C:2013:565, punti 64, 69 e 78, e del 15 settembre 2015, Alimanovic, C‑67/14, EU:C:2015:597, punti da 57 a 59 e 62. Il testo della direttiva 2003/109 non risponde a tale domanda: v. supra, paragrafo 87.


59      Potrebbe non essere una coincidenza che la legge sulla migrazione di ritorno consente a un lavoratore turco che si sia trasferito in Turchia di cambiare idea e rientrare nei Paesi Bassi, a condizione che lo faccia entro un anno a decorrere dalla data di trasferimento nel paese di destinazione: v. paragrafo 32 supra.


60      V. sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punto 56: «i cittadini turchi, contrariamente ai lavoratori degli Stati membri, non hanno il diritto di circolare liberamente all’interno dell’Unione, ma fruiscono solo di taluni diritti e soltanto nello Stato membro ospitante (v., sentenze Tetik, C‑171/95, EU:C:1997:31, punto 29, e Derin, C‑325/05, EU:C:2007:442, punto 66)».


61      V. articolo 16, paragrafo 4, della direttiva sui diritti dei cittadini.


62      V. articolo 5, paragrafo 1, della direttiva sui diritti dei cittadini.


63      Sentenza del 14 gennaio 2015, Demirci e a., C‑171/13, EU:C:2015:8, punto 53.


64      V. paragrafo 53 supra. Nella sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, la Corte era chiaramente consapevole della difformità tra la decisione n. 3/80 e la versione modificata del regolamento n. 1408/71: V. punti da 83 a 86 della sentenza in tale causa.


65      V. sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punto 77.


66      V. paragrafi 73 e segg. supra.


67      Sentenza del 26 maggio 2011, Akdas e a., C‑485/07, EU:C:2011:346, punto 91.


68      Qualora la Corte intendesse riesaminare tale presupposto, mi permetto di suggerire, quale sede appropriata per un tale revirement di una giurisprudenza costante, la Grande Camera.