Language of document : ECLI:EU:T:2002:234

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

27 settembre 2002(1)

«Procedimento sommario - Dipendenti - Decisione di riassegnazione - Urgenza - Insussistenza»

Nel procedimento T-236/02 R,

Luigi Marcuccio, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Tricase, rappresentato dall'avv. L. Garofalo,

richiedente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Berardis Kayser, in qualità di agente, assistita dall'avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

resistente,

avente ad oggetto una domanda volta ad ottenere l'ordine di sospendere l'esecuzione della decisione relativa alla riassegnazione del posto A 7/A 6 e del suo titolare, il sig. Luigi Marcuccio, dalla Direzione Generale dello sviluppo, Delegazione della Commissione a Luanda (Angola), alla Direzione Generale dello sviluppo a Bruxelles, nonché la sua immediata reintegrazione nelle funzioni precedentemente svolte presso la detta Delegazione,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE

ha emesso la seguente

Ordinanza

Fatti e procedimento

1.
    Il richiedente, dipendente di grado A 7, è stato assegnato, a partire dal 16 giugno 2000, a Luanda (Angola), presso la Delegazione della Commissione.

2.
    I difficili rapporti con il capo della Delegazione hanno indotto il richiedente a informare l'amministrazione centrale della situazione conflittuale nella quale si trovava. Inizialmente, ha fatto presente tale situazione in occasione di una missione a Bruxelles il 30 gennaio 2001, poi mediante messaggi di posta elettronica inviati il 23 e 24 aprile 2001 e, infine, in occasione di altri colloqui a Bruxelles nel giugno 2001.

3.
    Dal 4 gennaio 2002 il richiedente è in congedo malattia presso il suo domicilio a Tricase.

4.
    Nel corso di tale periodo di assenza per malattia, è stato chiesto al richiedente, con lettera datata 22 gennaio 2002 e firmata dalla dott.ssa Simonnet, consulente medico incaricato del controllo delle assenze per malattia, di recarsi a Bruxelles per sottoporsi ad una visita medica. Poiché il richiedente non si è recato a Bruxelles, la Direzione Generale dello sviluppo della Commissione, con lettera 13 febbraio 2002, ha comunicato al richiedente che la sua assenza era considerata ingiustificata a partire dal 31 gennaio 2002 e che egli era convocato a Bruxelles per il 18 febbraio successivo al fine di essere sottoposto ad una visita medica. Con lettera datata 20 febbraio 2002 la dott.ssa Simonnet ha comunicato al richiedente che, in seguito a un nuovo certificato del suo psichiatra da cui risultava chiaramente la suatotale incapacità a spostarsi, la sua assenza era riconosciuta, sotto il profilo medico, a partire dall'inizio dal suo congedo di malattia. Il 20 giugno 2002 la stessa ha nuovamente dichiarato che il richiedente era inabile al lavoro e che non era prevedibile una ripresa dell'attività a breve termine.

5.
    L'11 gennaio 2002 la Commissione ha adottato una decisione di riassegnazione del richiedente a Bruxelles con effetto «dall'inizio dell'anno 2002».

6.
    Tale decisione è stata annullata e sostituita dalla decisione 18 marzo 2002 relativa alla riassegnazione del posto A 7/A 6 e del suo titolare, sig. Luigi Marcuccio, dalla Direzione Generale dello sviluppo, Delegazione della Commissione a Luanda (Angola) alla Direzione Generale dello sviluppo a Bruxelles (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La decisione impugnata precisa che i suoi effetti decorrono dal 1° aprile 2002.

7.
    Il 5 giugno 2002 il richiedente ha presentato, dinanzi all'autorità che ha il potere di nomina, un reclamo contro la decisione impugnata, ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»).

8.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale l'8 agosto 2002 il richiedente ha presentato un ricorso ai sensi dell'art. 91, n. 4, dello Statuto, nel quale egli chiede che il Tribunale voglia, da un lato, annullare la decisione impugnata e, dall'altro, condannare la Commissione:

-    «al risarcimento del danno morale, esistenziale, biologico, fisico e psichico nella misura di EUR 100 000 o di quella somma maggiore o minore che verrà ritenuta giusta ed equa;

-    al pagamento delle indennità connesse alle funzioni del Marcuccio in Angola non più corrisposte dalla data di efficacia del suddetto provvedimento e, precisamente, dal 1° aprile 2002, oltre gli interessi;

-    alla rifusione delle spese ed onorari di giudizio».

9.
    Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, il richiedente ha presentato una domanda affinché fosse disposta, da un lato, la sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata e, dall'altro, la sua reintegrazione immediata nelle funzioni precedentemente esercitate presso la detta Delegazione.

10.
    La Commissione ha presentato le sue osservazioni sulla domanda di provvedimenti urgenti il 26 agosto 2002.

11.
    Il 17 settembre 2002 il ricorrente ha depositato nella cancelleria del Tribunale un documento in risposta alle osservazioni della Commissione. Su decisione del presidente del Tribunale 23 settembre 2002, tale documento è stato versato agli attie notificato alla Commissione. Invitata a prendere posizione in merito al detto documento, la Commissione ha depositato le proprie osservazioni nella cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2002.

12.
    Allo stato degli atti, il giudice del procedimento sommario ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sulla presente domanda di provvedimenti urgenti, senza che si renda necessario ascoltare le osservazioni orali delle parti.

In diritto

13.
    In forza del combinato disposto degli artt. 242 CE e 243 CE e dell'art. 4 della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1), come modificato dalla decisione del Consiglio 8 giugno 1993, 93/350/Euratom, CECA, CEE (GU L 144, pag. 21), il Tribunale, quando reputi che le circostanze lo richiedono, può ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato oppure ordinare i provvedimenti provvisori necessari.

14.
    L'art. 104, n. 2, del regolamento di procedura prevede che le domande relative a provvedimenti provvisori debbono precisare i motivi di urgenza e gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino, prima facie (fumus boni iuris), l'adozione del provvedimento provvisorio richiesto. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che la domanda di sospensione dell'esecuzione dev'essere respinta qualora manchi uno dei suddetti presupposti (ordinanza del presidente del Tribunale 10 febbraio 1999, causa T-211/98 R, Willeme/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-15 e II-57, punto 18).

Argomenti delle parti

Sul fumus boni iuris

15.
    Come presentata nella domanda di provvedimenti provvisori, l'argomentazione del richiedente, sviluppata a sostegno della conclusione secondo cui la decisione impugnata è illegittima, si articola in tre motivi di annullamento.

16.
    Il primo motivo di annullamento è relativo a un difetto o ad un'insufficienza di motivazione della decisione impugnata, in contrasto con l'art. 25 dello Statuto.

17.
    Nella prima parte del motivo, il richiedente sostiene che la motivazione della decisione impugnata non consente di comprendere se vi sia trasferimento del posto o trasferimento del funzionario.

18.
    Nella seconda parte si afferma che la decisione impugnata non specifica le ragioni dell'annullamento della decisione 11 gennaio 2002, che, peraltro, non gli sarebbe mai stata comunicata.

19.
    Nella terza parte si asserisce che la decisione impugnata non consente di comprendere quali siano le ragioni della sua adozione, la quale risulta ancor meno comprensibile alla luce della situazione attuale dell'Angola e della prevedibile partenza di due persone della Delegazione della Commissione dotate di notevole esperienza.

20.
    Il secondo motivo è relativo a una violazione del diritto di essere ascoltato, in quanto la decisione impugnata sarebbe stata adottata senza che il richiedente avesse potuto precedentemente far valere i propri argomenti. A questo proposito il richiedente si richiama all'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e fa riferimento alla sentenza della Corte 7 marzo 1990, cause riunite C-116/88 e C-149/88, Hecq/Commissione (Racc. pag. I-599).

21.
    Il terzo motivo è relativo a uno sviamento di potere.

22.
    Infatti, il richiedente ritiene che dal contesto complessivo della vicenda risulti chiaro come la finalità perseguita non sia quella meramente organizzativa, come preteso nella decisione impugnata, bensì consista nell'allontanarlo dall'Angola e dalle funzioni lì rivestite, senza le necessarie garanzie previste in una situazione del genere.

23.
    Inoltre, la decisione impugnata sarebbe evidentemente inopportuna, tenendo conto delle direttive impartite dalla Commissione nella relazione al Consiglio sull'applicazione dell'allegato X dello Statuto - dal titolo «Disposizioni particolari e derogatorie applicabili ai funzionari delle Comunità europee con sede di servizio in un paese terzo» - per l'anno 2000, la quale prevede una ridistribuzione del personale tra le varie delegazioni e non certo un accentramento del personale presso la Direzione Generale dello sviluppo.

24.
    Infine, la decisione impugnata si rivelerebbe inopportuna in relazione al mutamento della situazione politica angolana e all'evidente necessità di non depauperare le risorse umane presenti presso la Delegazione, soprattutto tenendo conto del prossimo avvicendamento dei funzionari interessati.

25.
    Nella parte finale dell'argomentazione dedicata al fumus boni iuris, il richiedente sostiene altresì che la decisione impugnata viola «il principio di buona amministrazione in relazione al noto ”(...) devoir de sollicitude de l'administration à l'égard de ses agents” (sentenze 20 giugno 1990, causa T-133/89, Burban/Parlamento, Racc. pag. II-245, e 6 luglio 1999, cause riunite T-112/96 e T-115/96, Séché/Commissione, Racc. PI, pagg. I-A-115 e II-623), nel quadro dei doveri di imparzialità ed equità che gravano sugli organi dell'Unione ai sensi dell'art. 41, primo comma, della Carta [dei diritti fondamentali]».

26.
    La Commissione ritiene che, poiché i motivi dedotti dal richiedente sono destituiti di ogni fondamento, la condizione relativa al fumus boni iuris non sia soddisfatta.

Sull'urgenza

27.
    Il richiedente lamenta due danni.

28.
    Il primo è il grave danno che la decisione impugnata arreca alla sua immagine professionale e alla sua carriera, in particolare nei suoi rapporti con il governo angolano e la comunità diplomatica.

29.
    Il secondo danno è relativo al suo stato psicofisico. Come risulterebbe dalla relazione medica prodotta nel fascicolo, la sindrome ansioso-depressiva del richiedente sarebbe insorta a seguito degli eventi denunciati. A quanto pare, tale sindrome gli impedirebbe di riprendere l'attività lavorativa e sarebbe destinata ad aggravarsi se non si procedesse alla sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata. Tale situazione sarebbe vissuta come una sconfitta personale e professionale, tanto più dolorosa in quanto essa lo sradicherebbe dall'ambiente sociale e lavorativo nel quale egli aveva profuso grandi energie.

30.
    La Commissione osserva come il richiedente non abbia indicato alcun elemento da cui risulti che in mancanza della sospensione richiesta egli subirebbe un danno irreparabile.

Valutazione del giudice del procedimento sommario

31.
    Nella fattispecie, si deve procedere innanzi tutto all'esame della condizione relativa all'urgenza.

32.
    La finalità del procedimento sommario non è di assicurare il risarcimento di un danno, ma di garantire la piena efficacia della sentenza nel merito. Per raggiungere quest'ultimo obiettivo, occorre, per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del richiedente, che essi siano emanati e producano i loro effetti già prima della decisione nella causa principale [ordinanza del presidente della Corte 25 marzo 1999, causa C-65/99 P(R), Willeme/Commissione, Racc. pag. I-1857, punto 62; ordinanza del presidente del Tribunale 10 settembre 1999, causa T-173/99 R, Elkaïm e Mazuel/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-155 e II-811, punto 25]. Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta alla parte richiedente provare di non poter attendere l'esito della causa principale senza dover subire un danno di tal genere (ordinanza del presidente del Tribunale Willeme/Commissione, citata, punto 36).

33.
    Nella fattispecie, il richiedente fa valere due danni di diversa natura.

34.
    Il primo danno lamentato dal richiedente è quello alla sua immagine professionale e alla sua carriera.

35.
    A questo proposito, si deve rilevare che una decisione di riassegnazione a Bruxelles di un dipendente precedentemente destinato ad una delegazione in un paese terzonon comporta un danno professionale, non avendo carattere disciplinare. Inoltre, supponendo che tale danno esistesse, un annullamento nell'ambito del ricorso principale consentirebbe di ripararlo in maniera appropriata (v., in questo senso ordinanza del presidente del Tribunale 11 aprile 1995, causa T-82/95 R, Gómez de Enterria/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-91 e II-297, punto 21). Per di più, non si può escludere che il richiedente, a seguito di tale annullamento, possa essere riassegnato al posto precedentemente occupato (v., in questo senso, ordinanza del presidente del Tribunale 21 maggio 2001, causa T-52/01 R, Schaefer/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-115 e II-543, punto 49).

36.
    Il secondo danno è relativo allo stato psicofisico del richiedente.

37.
    A questo proposito, si deve innanzi tutto rilevare che il richiedente è clinicamente inabile al lavoro dall'inizio del mese di gennaio 2002, al punto che, come viene precisato, il suo stato di salute gli ha impedito, a partire da quel momento, di recarsi a Bruxelles per essere sottoposto a visita medica (v. sopra, punto 4). Lo stato psicofisico nel quale si trova attualmente non può dunque essere considerato come originariamente provocato dalla decisione impugnata, dal momento che è ad essa precedente, né, a fortiori, come conseguenza ineluttabile della detta decisione. Come emerge dal fascicolo, alla base dell'alterazione della sua salute vi è il rapporto conflittuale protrattosi per diversi mesi consecutivi con il capo della Delegazione.

38.
    Conseguentemente, non essendo stata sufficientemente dimostrata l'esistenza di un nesso causale tra l'atto impugnato e il danno lamentato, nulla permette di concludere che i problemi psicofisici del richiedente possano essere evitati qualora il giudice del procedimento sommario disponga la sospensione dell'esecuzione della decisione impugnata.

39.
    Ad ogni modo, è lecito dubitare dell'interesse del richiedente ad ottenere la sospensione richiesta, che non avrebbe altro effetto se non di reintegrarlo in una situazione lavorativa identica a quella che è all'origine della degenerazione del suo stato di salute. La sospensione della decisione impugnata, quindi, non sarebbe idonea a risolvere i problemi descritti.

40.
    Da quanto precede risulta che il richiedente non è riuscito a dimostrare che la decisione impugnata abbia effetti tali da rendere necessaria la sua sospensione sino alla decisione del Tribunale nel merito della controversia.

41.
    Poiché la condizione relativa all'urgenza non ricorre, la presente domanda di sospensione dell'esecuzione dev'essere respinta, senza che sia necessario verificare se sia soddisfatta la condizione per la concessione della sospensione legata al fumus boni iuris. Tale conclusione conduce inevitabilmente al rigetto della domanda nella parte diretta ad ottenere la reintegrazione del richiedente nelle funzioni precedentemente esercitate presso la Delegazione della Commissione in Angola,essendo tale pretesa accessoria rispetto alla domanda di sospensione dell'esecuzione.

Per questi motivi,

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

così provvede:

1)    La domanda di provvedimenti provvisori è respinta.

2)    Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 27 settembre 2002

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: l'italiano.

Racc. PI