Language of document : ECLI:EU:T:2005:339

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

27 settembre 2005 (*)

«Sgravio di dazi all’importazione – Art. 1, n. 3, del regolamento (CE) n. 3319/94 – Fatturazione diretta all’importatore – Nozione di “gruppo di esperti” ai sensi dell’art. 907 del regolamento (CEE) n. 2454/93 – Diritti della difesa – “Manifesta negligenza” ai sensi dell’art. 239 del regolamento (CEE) n. 2913/92 – Obbligo di motivazione»

Nelle cause riunite T‑134/03 e T‑135/03,

Common Market Fertilizers SA, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dal sig. A. Sutton, barrister, e dall’avv. N. Flandin,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. X. Lewis, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento delle decisioni della Commissione 20 dicembre 2002, C (2002) 5217 def. e C (2002) 5218 def., che constatano che, in un caso particolare, lo sgravio dei dazi all’importazione non è giustificato,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, J.D. Cooke, R. García‑Valdecasas, dalle sig.re I. Labucka e V. Trstenjak, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza del 25 gennaio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’art. 1, n. 3, secondo comma, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3319, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di soluzioni di urea e nitrato di ammonio originarie della Bulgaria e della Polonia, esportate da imprese non esentate dal dazio, e che decide la riscossione definitiva del dazio provvisorio (GU L 350, pag. 20), istituisce il seguente dazio antidumping specifico:

«(…) Per le importazioni immesse in libera pratica che non sono direttamente fatturate agli importatori indipendenti da uno dei summenzionati esportatori o produttori con sede in Polonia, si applica il seguente dazio specifico:

per il prodotto (…) fabbricato dalla Zaklady Azotowe Pulawy (…) il dazio specifico è di ECU 19 per tonnellata di prodotto (codice addizionale Taric: 8795)».

2        L’art. 239 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, n. 2700 (GU L 311, pag. 17; in prosieguo: il «codice doganale»), così dispone:

«1.      Si può procedere al rimborso o allo sgravio dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione in situazioni diverse da quelle di cui agli artt. 236, 237 e 238:

–        da determinarsi secondo la procedura del comitato;

–        dovute a circostanze che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato. Le situazioni in cui si applica la presente disposizione e le modalità procedurali da osservare sono definite secondo la procedura del comitato. Il rimborso e lo sgravio possono essere subordinati a condizioni particolari.

2.      Il rimborso o lo sgravio dei dazi per i motivi di cui al paragrafo 1 è concesso su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato (…)».

3        Come risulta dall’art. 4, n. 24, del codice doganale, in applicazione del detto codice per «procedura del comitato» si intende, in particolare, la procedura istituita agli artt. 247 e 247 bis.

4        L’art. 247 del codice doganale dispone che «le misure necessarie per l’attuazione del presente codice (…) sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui al paragrafo 2 dell’articolo 247 bis (…)».

5        Ai sensi dell’art. 247 bis del codice doganale:

«1.      La Commissione è assistita dal comitato del codice doganale, in seguito denominato “comitato”.

2.      Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE (…).

3.      Il comitato adotta il proprio regolamento interno».

6        L’art. 4 del regolamento interno del comitato del codice doganale così dispone:

«1.      La convocazione, l’ordine del giorno, i progetti di misure sui quali è richiesto il parere del comitato, nonché ogni altro documento di lavoro, sono trasmessi dal presidente alle rappresentanze permanenti e ai membri del comitato, conformemente all’art. 14, n. 2, di regola al più tardi quattordici giorni di calendario prima della data della riunione.

2.      In caso di urgenza e qualora le misure da adottare debbano essere applicate immediatamente, il presidente può, su richiesta di un membro del comitato o di sua iniziativa, ridurre il termine di trasmissione di cui al paragrafo precedente fino a cinque giorni di calendario prima della data della riunione.

3.      In caso di estrema urgenza, il presidente può discostarsi dai termini fissati ai paragrafi 1 e 2. Qualora si proponga di iscrivere una questione all’ordine del giorno di una riunione nel corso della stessa, è necessaria l’approvazione da parte della maggioranza semplice dei membri del comitato».

7        L’art. 5 della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23; in prosieguo: la «decisione comitatologia»), così dispone:

«Procedura di regolamentazione

1.      La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.

2.      Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 205, paragrafo 2, [CE] per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita all’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.

3.      La Commissione adotta, fatto salvo l’articolo 8, le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.

4.      Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in assenza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere e ne informa il Parlamento europeo (…)».

8        L’art. 905 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del codice doganale (GU L 253, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 29 luglio 1998, n. 1677 (GU L 212, pag. 18; in prosieguo: il «regolamento d’applicazione»), prevede in particolare quanto segue:

«1.      Quando l’autorità doganale di decisione, alla quale è stata presentata la domanda di rimborso o di sgravio in virtù dell’articolo 239, paragrafo 2 del codice, non sia in grado di decidere, sulla base dell’articolo 899, e la domanda sia corredata di giustificazioni tali da costituire una situazione particolare risultante da circostanze che non implicano alcuna manovra fraudolenta o negligenza manifesta da parte dell’interessato, lo Stato membro da cui dipende tale autorità trasmette il caso alla Commissione affinché sia evaso conformemente alla procedura di cui agli articoli da 906 a 909.

Tuttavia, salvo in caso di dubbi da parte della suddetta autorità doganale di decisione, questa può decidere di procedere al rimborso o allo sgravio dei dazi qualora ritenga che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 239, paragrafo 1, del codice, e purché l’importo che riguarda un operatore in seguito a una stessa situazione particolare e riferito, all’occorrenza, a diverse operazioni d’importazione o di esportazione, sia inferiore a 50 000 ECU.

Il termine «interessato» deve essere inteso nel senso di cui all’articolo 899.

In tutti gli altri casi, l’autorità doganale di decisione respinge la domanda.

2.      La pratica trasmessa alla Commissione deve recare tutti gli elementi necessari per un esame esauriente del caso. Essa contiene inoltre una dichiarazione, sottoscritta da colui che domanda il rimborso o lo sgravio, dove si attesti che il richiedente ha potuto prendere conoscenza della pratica e che indichi o che non ha nulla da aggiungere oppure tutti gli ulteriori elementi che ritiene debbano figurarvi.

La Commissione accusa immediata ricezione della pratica in questione allo Stato membro interessato.

Quando risulti che gli elementi d’informazione comunicati dallo Stato membro sono insufficienti a consentirle di deliberare con cognizione di causa sul caso sottopostole, la Commissione può chiedere che le vengano comunicati elementi d’informazione complementari».

9        L’art. 906 del regolamento d’applicazione così dispone:

«Entro quindici giorni dalla data di ricevimento della pratica di cui all’articolo 905, paragrafo 2, la Commissione ne trasmette copia agli Stati membri.

L’esame della pratica è iscritto, non appena possibile, all’ordine del giorno di una riunione del comitato di cui all’articolo 247 del codice».

10      Successivamente ai fatti di causa, il secondo comma dell’art. 906 del regolamento d’applicazione è stato modificato dal regolamento (CE) della Commissione 25 luglio 2003, n. 1335, recante modifica del regolamento d’applicazione (GU L 187, pag. 16), nel modo seguente:

«L’esame della pratica è iscritto, non appena possibile, all’ordine del giorno di una riunione del gruppo di esperti di cui all’articolo 907».

11      L’art. 906 bis del regolamento d’applicazione così dispone:

«In qualsiasi momento della procedura di cui agli articoli 906 e 907, quando la Commissione intende adottare una decisione negativa nei confronti del richiedente il rimborso o lo sgravio, gli comunica le proprie obiezioni per iscritto, unitamente a tutti i documenti sui quali poggiano dette obiezioni. Il richiedente il rimborso o lo sgravio comunica le proprie osservazioni per iscritto entro un mese dalla data d’invio delle suddette obiezioni. Qualora non comunichi le proprie osservazioni entro tale termine, si ritiene che abbia rinunciato alla facoltà di esprimere la propria posizione».

12      Ai sensi dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione:

«Previa consultazione di un gruppo di esperti, composto di rappresentanti di tutti gli Stati membri riuniti nell’ambito del comitato per esaminare il caso in oggetto, la Commissione adotta una decisione che stabilisce che la situazione particolare esaminata giustifica la concessione del rimborso o dello sgravio oppure non la giustifica».

13      L’art. 3 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), così dispone:

«I testi diretti dalle istituzioni ad uno Stato membro o ad una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti nella lingua di tale Stato».

 Fatti all’origine della controversia

14      La ricorrente, che ha sede in Belgio, è grossista di prodotti chimici e, segnatamente, di soluzioni azotate (urea e nitrato di ammonio). Il gruppo della ricorrente comprende in particolare la Rellmann GmbH, situata ad Amburgo (Germania), controllata al 100% dalla ricorrente, e l’Agro Baltic GmbH, con sede a Rostock (Germania) e controllata al 100% dalla Rellmann. Nel 1989 la ricorrente ha acquisito la società Champagne Fertilisants, che è il suo rappresentante fiscale per tutte le sue operazioni in Francia.

15      L’esportatore, l’impresa polacca Zaklady Azotowe Pulawy (in prosieguo: la «ZAP»), vende i prodotti all’Agro Baltic. Nell’ambito del gruppo della ricorrente, il circuito commerciale è il seguente: l’Agro Baltic rivende i prodotti alla Rellmann, che, a sua volta, li rivende alla ricorrente. Vengono emesse le corrispondenti fatture.

16      Nella causa T‑134/03, l’Agro Baltic ha acquistato dalla ZAP, tra marzo e settembre 1997, tre carichi di miscuglio di urea e di nitrato di ammonio. Questi carichi hanno seguito il circuito commerciale descritto supra al punto 15.

17      La Cogema, agente doganale autorizzato, è stata incaricata di procedere all’immissione in libera pratica dei prodotti a nome dell’Agro Baltic e alla loro immissione in consumo a nome della ricorrente.

18      Le merci, quindi, in un primo tempo sono state immesse in libera pratica a nome dell’Agro Baltic, munite di dichiarazione EU0 cui erano allegate le fatture della ZAP all’Agro Baltic e i certificati EUR.1 attestanti l’origine polacca delle merci. Le merci sono state simultaneamente collocate in regime di deposito, dal quale sono uscite qualche minuto più tardi per essere immesse al consumo a nome della Champagne Fertilisants.

19      Nella causa T‑135/03, l’Agro Baltic ha acquistato presso la ZAP, nel 1995, un carico che ha poi seguito il circuito commerciale descritto supra al punto 15.

20      L’Agro Baltic ha incaricato la società SCAC di Rouen (in prosieguo: la «SCAC»), agente doganale autorizzato, di procedere all’immissione in libera pratica delle merci a nome dell’Agro Baltic e di immetterle al consumo a nome della ricorrente. Si trattava pertanto, con riferimento alla stessa merce, di depositare due dichiarazioni doganali all’importazione, presso lo stesso ufficio doganale, con menzione di due destinatari diversi, in modo da poter scindere il pagamento dei dazi doganali da quello dell’IVA.

21      La SCAC ha utilizzato una procedura di sdoganamento semplificata di immissione in libera pratica e di immissione al consumo a nome soltanto della ricorrente. A tal fine, la SCAC ha depositato una dichiarazione IM4 a nome della ricorrente, cui erano acclusi la fattura della Rellmann alla ricorrente e un certificato EUR.1 attestante l’origine polacca delle merci.

22      In un primo tempo, la competente autorità francese ha accettato le dichiarazioni attinenti alle due pratiche di cui trattasi, concedendo l’esenzione dai dazi doganali all’importazione sulla base dei certificati EUR.1, e non ha reclamato il pagamento di dazi antidumping.

23      A seguito di un controllo a posteriori, le autorità francesi competenti hanno tuttavia ritenuto che il dazio specifico di ECU 19 per tonnellata istituito dall’art. 1, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 3319/94 avrebbe dovuto essere applicato a tutti i carichi di cui trattasi. A loro parere, infatti, il vero importatore delle merci era la ricorrente, non destinataria di una fattura diretta della ZAP, quando invece i prodotti di cui trattasi erano certificati dalla ZAP. Più precisamente, nella pratica che ha dato luogo alla causa T‑134/03 le competenti autorità francesi hanno ritenuto, in particolare, che il deposito intermedio delle merci costituisse una fictio iuris, data la sua brevissima durata, e che la ricorrente avesse già acquistato le merci, nelle tre operazioni di cui trattasi, ancor prima del deposito delle dichiarazioni di immissione in libera pratica a nome dell’Agro Baltic. Nella pratica che ha dato luogo alla causa T‑135/03 le competenti autorità francesi hanno ritenuto che fosse stata effettuata una sola dichiarazione di immissione in libera pratica e di immissione al consumo a nome della ricorrente.

24      Ciò considerato, nella pratica che ha dato luogo alla causa T‑134/03, il 4 dicembre 1998 gli agenti del Centro d’informazione, orientamento e controllo di Poitiers hanno redatto un verbale in cui si dichiarava che erano stati elusi dazi e tasse per un importo complessivo di franchi francesi (FRF) 3 911 497 (EUR 564 855). Nella pratica che ha dato luogo alla causa T‑135/03, il 13 novembre 1997 la direzione interregionale delle dogane di Rouen ha redatto un verbale da cui risulta che avrebbero dovuto essere applicati dazi e tasse per un importo complessivo di FRF 840 271 (EUR 128 098).

25      Nel novembre e dicembre 1999, la ricorrente ha presentato all’amministrazione doganale francese, ai sensi dell’art. 239 del codice doganale, domande di sgravio di dazi. Il 14 febbraio 2002 l’amministrazione doganale francese ha trasmesso le dette domande alla Commissione, che le ha registrate con i numeri di riferimento REM 02/02 (causa T‑134/03) e REM 03/02 (causa T‑135/03).

26      Con lettere del 9 e 10 settembre 2002, cui è stato risposto l’11 ottobre 2002, la Commissione ha comunicato alla ricorrente che intendeva adottare una decisione negativa nelle pratiche REM 02/02 e REM 03/02.

27      Il 12 novembre 2002 il gruppo di esperti REM/REC si è riunito nell’ambito del comitato doganale, sezione rimborsi. Come risulta dal resoconto sommario di tale riunione, redatto il 29 novembre 2002, la votazione finale cui ha proceduto il gruppo di esperti è sfociata nel seguente risultato, per quanto riguarda le pratiche REM 02/02 e REM 03/02: «sei delegazioni votano a favore della proposta della Commissione, quattro delegazioni si astengono e cinque delegazioni votano contro la proposta della Commissione».

28      Il 20 dicembre 2002 la Commissione, ritenendo che vi fosse stata manifesta negligenza da parte della ricorrente, che non sussistesse alcuna situazione particolare e che, pertanto, non ricorressero i presupposti per applicare l’art. 239 del codice doganale, ha adottato le decisioni C (2002) 5217 def. (pratica REM 02/02) e C (2002) 5218 def. (pratica REM 03/02), in cui si constatava che lo sgravio dei dazi all’importazione non era giustificato (in prosieguo: le «decisioni controverse»). Essa ha notificato tali decisioni all’amministrazione doganale francese la quale, a sua volta, le ha trasmesse alla ricorrente il 10 febbraio 2003.

 Procedimento e conclusioni delle parti

29      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 18 aprile 2003, la ricorrente ha proposto i presenti ricorsi.

30      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di procedere alla trattazione orale. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha invitato le parti a rispondere ad una serie di quesiti in udienza. Sentite le parti, il Tribunale ha riunito le cause T‑134/03 e T‑135/03 ai fini della trattazione orale e della sentenza.

31      Le parti hanno presentato le proprie difese e risposte ai quesiti del Tribunale all’udienza del 25 gennaio 2005.

32      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni controverse;

–        condannare la Commissione alle spese.

33      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

34      A sostegno dei ricorsi, la ricorrente deduce tre motivi di annullamento, vertenti, il primo, sulla violazione delle forme sostanziali e dei diritti della difesa, il secondo, su un manifesto errore di valutazione nell’applicazione dell’art. 239 del codice doganale, il terzo, infine, sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione delle forme sostanziali e dei diritti della difesa

35      Il presente motivo è articolato in cinque parti, vertenti sulla violazione, in primo luogo, dell’art. 7 CE e dell’art. 5 della decisione comitatologia, in secondo luogo, dell’art. 906, n. 1, del regolamento d’applicazione, in terzo luogo, dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale, in quarto luogo, dell’art. 3 del regolamento n. 1 e, infine, dei diritti della difesa.

 Sulla prima parte del primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 7 CE e dell’art. 5 della decisione comitatologia

–       Argomenti delle parti

36      La ricorrente afferma in sostanza che le misure necessarie per l’attuazione del codice doganale, e segnatamente del suo art. 239, devono, ai sensi dell’art. 247 dello stesso, essere adottate conformemente alla procedura di regolamentazione disciplinata dall’art. 247 bis, n. 2. Essa ricorda che, ai sensi di quest’ultima disposizione, la Commissione è assistita dal comitato del codice doganale e che vi si fa specifico riferimento all’art. 5 della decisione comitatologia, relativo al comitato di regolamentazione.

37      La ricorrente afferma che il «comitato» riunitosi il 12 novembre 2002 (v. supra, punto 27) era necessariamente un comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisione comitatologia.

38      Prosegue sostenendo che l’applicazione al risultato della votazione del «comitato» della ponderazione prevista dall’art. 205 CE non avrebbe consentito alla proposta della Commissione di raggiungere la maggioranza qualificata richiesta di 62 voti.

39      La ricorrente ritiene pertanto che si configuri un’assenza di parere da parte del «comitato» ai sensi dell’art. 5, n. 4, della decisione comitatologia e che la Commissione avrebbe dovuto pertanto sottoporre senza indugio la propria proposta al Consiglio, informandone il Parlamento europeo, cosa dalla quale essa si sarebbe astenuta. Adottando, malgrado tutto, le decisioni controverse, la Commissione avrebbe agito eccedendo i limiti delle proprie competenze, in violazione dell’art. 7 CE e dell’art. 5 della decisione comitatologia. Le decisioni controverse sarebbero pertanto affette da un vizio sostanziale.

40      Alla Commissione, che sostiene (v. infra, punto 45) che il «comitato» di cui trattasi è in realtà un gruppo di esperti dal quale essa si è fatta affiancare in sede di adozione dell’art. 907 del regolamento d’applicazione, la ricorrente replica che la Commissione, adottando il citato art. 907, non ha varato una misura di applicazione del codice doganale, ma si è indebitamente conferita una competenza, in spregio all’art. 7 CE.

41      Aggiunge che l’argomento della Commissione va disatteso in quanto priverebbe di fondamento normativo l’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, rendendolo illegittimo. Per il caso in cui tale argomento fosse accolto dal Tribunale, in sede di replica essa eccepisce, in applicazione dell’art. 241 CE, l’illegittimità dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione. La ricorrente fa inoltre riferimento alla sentenza del Tribunale 28 gennaio 2003, causa T‑147/00, Laboratoires Servier/Commissione (Racc. pag. II‑85, point 45), ai sensi della quale, «secondo una giurisprudenza consolidata, l’incompetenza dell’istituzione che ha adottato l’atto impugnato costituisce un motivo d’annullamento di ordine pubblico che dev’essere rilevato d’ufficio dal giudice comunitario».

42      La ricorrente sostiene, ad abundantiam, che il tenore letterale dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, ove si prevede la riunione del gruppo di esperti nell’ambito «del comitato», e non «di un comitato», milita in favore dell’interpretazione secondo la quale il comitato di cui trattasi è il solo cui si fa riferimento nel regolamento d’applicazione, vale a dire quello previsto dall’art. 906, secondo comma, del regolamento d’applicazione, e cioè il comitato di regolamentazione di cui all’art. 247 del codice doganale. La ricorrente allega inoltre che, se l’interpretazione propugnata dalla Commissione fosse corretta, la procedura istituita dall’art. 906, secondo comma, del regolamento d’applicazione, da cui risulterebbe che il comitato previsto dall’art. 247 del codice doganale si riunisce prima dell’adozione di qualunque decisione da parte della Commissione in materia di rimborso e di sgravio di dazi, allora non sarebbe stata rispettata. In tal modo, l’art. 906, secondo comma, del regolamento d’applicazione risulterebbe violato.

43      Questo argomento non sarebbe inficiato dal nuovo tenore letterale dell’art.  906, secondo comma, del regolamento d’applicazione (v. supra, punto 10) in cui l’espressione «del comitato» è stata sostituita dall’espressione «gruppo di esperti di cui all’articolo 907», essendo tale modifica sopravvenuta successivamente alla riunione del «comitato» di cui trattasi.

44      La ricorrente sottolinea infine che il fatto che la Commissione abbia proceduto di propria iniziativa al computo dei voti in esito alla votazione del comitato del 12 novembre 2002 secondo la ponderazione prevista dall’art. 205 CE attesta che il «comitato» in parola è effettivamente un comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisione comitatologia. In risposta alla Commissione, secondo la quale il gruppo di esperti va tenuto distinto dal comitato del codice doganale, pur essendovi «affiancato», in quanto si riunisce nell’ambito di tale comitato ai sensi dell’art. 907 del regolamento d’applicazione (v. infra, punto 49), la ricorrente deduce l’assenza di voce di bilancio propria di tale gruppo di esperti, il fatto che la sua composizione coincida con quella del comitato del codice doganale e il fatto che non vi sia fatto alcun riferimento nelle disposizioni del regolamento interno del comitato del codice doganale relative al suo ordine del giorno.

45      La Commissione ritiene che la ricorrente erroneamente qualifichi il gruppo di esperti come comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisione comitatologia. Afferma che tale gruppo di esperti non è né un comitato di regolamentazione né, peraltro, alcun altro comitato disciplinato dalla decisione comitatologia. Si tratterebbe, in realtà, di un gruppo di esperti da cui essa si sarebbe fatta affiancare nell’adottare l’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, sola norma che disciplina la sua natura giuridica, la sua competenza e il suo funzionamento.

46      La Commissione espone ancora che l’art. 239 del codice doganale non le impone di statuire su casi individuali di sgravio o di rimborso con l’assistenza del comitato previsto dall’art. 247 del codice doganale, ma riguarda «situazioni» nonché «modalità procedurali». In tal senso, l’art. 239 del codice doganale attribuirebbe alla Commissione il compito di adottare «le modalità procedurali» secondo la procedura del comitato di cui all’art. 247 del codice doganale.

47      Orbene, la Commissione avrebbe appunto determinato tali situazioni e tali modalità procedurali negli artt. 905 e seguenti del regolamento d’applicazione, secondo la procedura istituita dall’art. 247 del codice doganale, prevedendo che sia essa stessa a statuire in merito a talune domande individuali di sgravio o di rimborso.

48      Di conseguenza, non sarebbe né necessario né logico che il gruppo di esperti menzionato all’art. 907 del regolamento d’applicazione sia un comitato di regolamentazione ai sensi della decisione comitatologia, giacché il detto gruppo è chiamato a fornire alla Commissione un parere sulle proposte di decisioni individuali di sgravio o di rimborso, come nella fattispecie, e non su una modifica della normativa doganale.

49      Secondo la Commissione, il gruppo di esperti si riunirebbe, conformemente all’art. 907 del regolamento d’applicazione, «in seno» al comitato, cui sarebbe «affiancato». Ciò significherebbe effettivamente che il gruppo di esperti si riunisce nella stessa composizione del comitato del codice doganale, ma con funzioni diverse. La pratica individuale di rimborso o di sgravio sarebbe trasmessa al comitato perché deliberi in quanto gruppo di esperti a norma dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione. La Commissione sostiene che questo sistema di gruppo di esperti, che funziona secondo regole proprie in seno a comitati ai sensi della decisione comitatologia, sebbene sia in via di necessaria razionalizzazione, opera tuttavia da decine di anni in numerosi settori dell’azione comunitaria. Essa allega che le incoerenze rilevate dalla ricorrente (v. supra, punto 44) non sono idonee a rimettere in discussione il ruolo e la natura del gruppo di esperti.

50      La Commissione reputa pertanto che le regole di computo dei voti di cui all’art. 205 CE, proprie della procedura di regolamentazione, non trovino applicazione alla fattispecie. In proposito, il fatto che essa ponderi i voti del gruppo di esperti non dovrebbe indurre in errore né condurre a un fraintendimento sulla natura giuridica e sullo status del detto gruppo di esperti in seno al comitato. La Commissione rammenta che una maggioranza dei rappresentanti degli Stati membri del gruppo di esperti si è pronunciata a favore della sua proposta, e che vi è dunque stato effettivamente un parere del detto gruppo. Aggiunge che, in ogni caso, tale parere è puramente consultivo e per essa non vincolante.

–       Giudizio del Tribunale

51      Per quanto riguarda, anzitutto, l’eccezione d’illegittimità sollevata dalla ricorrente, occorre rilevare che essa è stata dedotta soltanto in sede di replica. Orbene, la Corte ha dichiarato che l’oggetto della lite è determinato nell’atto introduttivo del ricorso e che l’eccezione d’illegittimità è irricevibile in fase di replica (sentenza della Corte 11 luglio 1985, cause riunite 87/77, 130/77, 22/83, 9/84 e 10/84, Salerno e a./Commissione e Consiglio, Racc. pag. 2523, punti 36 e 37). Inoltre, l’eccezione di illegittimità non si fonda su alcun elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

52      Il Tribunale non può estendere d’ufficio la propria cognizione sulla questione dell’eventuale illegittimità dell’art. 907, n. 1, del regolamento d’applicazione. Tale illegittimità non è, infatti, di ordine pubblico (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 dicembre 1959, causa 14/59, Société des fonderies de Pont‑à-Mousson/Alta Autorità, Racc. pag. 435, in particolare pag. 461). Vero è che il Tribunale deve rilevare d’ufficio, come ricorda la ricorrente nella memoria di replica, l’incompetenza dell’autore dell’atto impugnato. Tuttavia, è fuor di dubbio che, nella fattispecie, la Commissione ha agito nell’ambito delle sue competenze adottando le decisioni controverse. Queste ultime, infatti, sono state adottate sulla base dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, a sua volta adottato previo parere del comitato del codice doganale conformemente alla procedura sancita dagli artt. 239, 247 e 247 bis del detto codice. Inoltre, non si evince dalla giurisprudenza che il Tribunale debba accertare d’ufficio se la Commissione, adottando il contenuto dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, fondamento normativo delle decisioni controverse, abbia ecceduto i limiti della propria competenza. In proposito, la sentenza Laboratoires Servier/Commissione, citata supra al punto 41, dedotta dalla ricorrente, non può esserle d’ausilio in quanto vertente sull’incompetenza dell’istituzione che ha adottato l’atto impugnato e non sull’incompetenza dell’istituzione che ha adottato l’atto sulla base del quale l’atto impugnato è stato adottato.

53      Alla luce di quanto precede, l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente va dichiarata irricevibile.

54      Occorre poi esaminare se il gruppo di esperti che, ai sensi dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione, si riunisce «nell’ambito del comitato [del codice doganale]» costituisca o meno un comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisone comitatologia.

55      In proposito occorre ricordare che, come risulta dal settimo ‘considerando’ e dall’art. 5 della decisione comitatologia, la procedura di regolamentazione è utilizzata per le «misure di portata generale intese ad applicare le disposizioni essenziali di atti di base».

56      Orbene, è pacifico che le decisioni controverse sono decisioni individuali, del tutto prive, pertanto, di portata generale.

57      Ammettere, alla stregua della ricorrente, che il comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisione comitatologia sia competente ad esprimere un parere su una proposta di decisione individuale di rimborso o di sgravio di dazi doganali equivarrebbe ad assimilare sic et simpliciter le nozioni di decisione e di atto di portata generale, che sono invece fondamentalmente distinte ai sensi dell’art. 249 CE nonché della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 dicembre 1962, cause riunite 16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes e a./Consiglio, Racc. pag. 877), e, con ciò, a violare quest’ultima disposizione, così come l’art. 7 CE e la decisione comitatologia.

58      Questo motivo è già di per sé sufficiente a concludere che il gruppo di esperti cui fa riferimento l’art. 907 del regolamento d’applicazione non è un comitato di regolamentazione ai sensi dell’art. 5 della decisione comitatologia.

59      Tale conclusione è corroborata dal tenore testuale dell’art. 907, primo comma, del regolamento d’applicazione. L’espressione «nell’ambito del comitato» riflette il fatto che il gruppo di esperti citato all’art. 907 è manifestamente un’entità diversa, sul piano funzionale, dal comitato del codice doganale. Ove il legislatore, nella fattispecie la Commissione, avesse voluto che il comitato del codice doganale fosse consultato nell’ambito delle procedure individuali di sgravio o di rimborso, avrebbe senza dubbio utilizzato l’espressione «previa consultazione del comitato».

60      Ne consegue che la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte del primo motivo d’annullamento, vertente sulla violazione dell’art. 906, primo comma, del regolamento d’applicazione

–       Argomenti delle parti

61      La ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso una violazione sostanziale delle regole di procedura previste dall’art. 906, primo comma, del regolamento d’applicazione allorché ha omesso di inviare agli Stati membri una copia delle pratiche trasmesse dalle autorità doganali francesi nei quindici giorni successivi alla ricezione da parte dei suoi servizi. Allega che tali pratiche sono state trasmesse agli Stati membri soltanto qualche giorno prima della riunione del gruppo di esperti menzionata supra al punto 27, vale a dire molti mesi dopo la scadenza del termine sancito dall’art. 906, primo comma, del regolamento d’applicazione.

62      La Commissione afferma in sostanza che erroneamente la ricorrente equipara, ai fini dell’attuazione dell’art. 906, primo comma, del regolamento d’applicazione, la domanda di sgravio trasmessa alla Commissione dalle autorità doganali francesi alla proposta di decisione negativa della Commissione. Essa sostiene, sulla base dei documenti prodotti, di aver trasmesso tale domanda agli Stati membri il 28 febbraio 2002, avendola ricevuta il 14 febbraio 2002. Ciò considerato, il vizio procedurale allegato dalla ricorrente non sarebbe provato.

63      La Commissione aggiunge che, quand’anche il detto vizio procedurale fosse dimostrato, esso non potrebbe in ogni caso qualificarsi come «sostanziale», cioè come tale da aver influito sulle decisioni controverse e da determinarne l’annullamento.

64      Per giunta, la Commissione nutre forti dubbi sul fatto che un operatore possa appellarsi alla violazione dell’art. 906 del regolamento di applicazione ai fini dell’annullamento delle decisioni controverse. Essa rileva che tale articolo è volto a garantire una rapida informazione degli Stati membri in modo da consentir loro di prepararsi a contribuire all’iter decisionale. Pertanto l’art. 906, pur conferendo un diritto soggettivo agli Stati membri, non conferirebbe affatto un diritto del genere a vantaggio dei singoli.

–       Giudizio del Tribunale

65      Va rilevato che la ricorrente, la quale nella replica non ha risposto agli argomenti dedotti dalla Commissione nel controricorso, non ha dimostrato né che la Commissione non abbia inviato, nella sua lettera del 28 febbraio 2002 agli Stati membri, l’integralità della pratica menzionata all’art. 906, primo comma, cui si riferisce l’art. 905, n. 2, del regolamento d’applicazione, né che, pertanto, gli Stati membri non siano stati adeguatamente informati. Sotto questo profilo, emerge dal verbale della riunione del gruppo di esperti menzionato supra al punto 27 che ha avuto luogo una consultazione sui punti chiave della domanda di rimborso. Risulta inoltre dal detto verbale che i legali della ricorrente hanno direttamente trasmesso alcuni documenti ai rappresentanti di tutti gli Stati membri che sedevano nel gruppo di esperti. Considerate le circostanze, la ricorrente non ha dimostrato alcuna violazione dell’art. 906 del regolamento d’applicazione. In ogni caso, essa non dimostra che l’omissione allegata abbia avuto alcuna influenza sulle decisioni controverse.

66      Ne consegue che la seconda parte del primo motivo di annullamento deve essere respinta.

 Sulla terza parte del primo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale

–       Argomenti delle parti

67      La ricorrente afferma che le decisioni controverse sono affette da un vizio di forma sostanziale in quanto adottate in violazione dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale, ai sensi del quale «ogni altro documento di lavoro» deve, di regola, essere trasmesso al più tardi quattordici giorni di calendario prima della data della riunione del comitato.

68      Orbene, risulterebbe dai contatti che i legali della ricorrente hanno preso direttamente con i rappresentanti degli Stati membri partecipanti al gruppo di esperti che questi ultimi hanno ricevuto la risposta dell’11 ottobre della ricorrente alle lettere della Commissione del 9 e 10 settembre 2002, di cui supra al punto 26, soltanto sette giorni di calendario prima della riunione. Il tempo supplementare concesso ai membri del gruppo di esperti prima di procedere alla votazione avrebbe prorogato tale termine a undici giorni, un termine, pertanto, inferiore ai quattordici giorni previsti all’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale. La ricorrente asserisce che tale ritardo nella trasmissione, da parte della Commissione, dei suoi argomenti in risposta alle lettere del 9 e 10 settembre 2002 integra gli estremi di una violazione dei diritti della difesa, che l’autorizza a dedurre la violazione dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale.

69      A sostegno del proprio argomento la ricorrente si richiama alla sentenza 10 febbraio 1998, causa C‑263/95, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑441, punti 31 e 32), in cui la Corte ha dichiarato che il termine per l’invio di un fascicolo nell’ambito di un procedimento dinanzi a un comitato di regolamentazione è incomprimibile e che l’inosservanza di tale termine costituiva violazione delle forme sostanziali tale da determinare l’annullamento della decisione adottata dalla Commissione. Alla Commissione, che risponde (v. infra, punto 72) che la citata sentenza non è pertinente nella fattispecie, in quanto pronunciata su ricorso di uno Stato membro di cui non erano stati rispettati i diritti, la ricorrente replica che tale sentenza non esclude specificamente la possibilità che siano persone giuridiche a contestare violazioni commesse nel corso della consultazione del comitato di cui trattasi.

70      Alla Commissione, la quale afferma che un operatore non è legittimato a dedurre la violazione dell’art. 4 del regolamento interno del comitato del codice doganale (v. infra, punto 73), la ricorrente oppone la sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I‑2555).

71      Alla Commissione, secondo la quale, in ogni caso, i termini previsti dall’art. 4, nn. 2 e 3, del regolamento interno del comitato del codice doganale sono stati rispettati, tenuto conto della situazione d’urgenza che caratterizzava le presenti cause (v. infra, punto 75), la ricorrente replica che non vi era alcuna situazione d’urgenza. Afferma che tale argomento della Commissione è contraddetto dal fatto che, nonostante l’asserita urgenza, quest’ultima ha concesso ai membri del gruppo di esperti un termine supplementare per pronunciarsi sul suo progetto di decisione negativa, il quale invece, da parte sua, era stato trasmesso entro i termini di legge.

72      La Commissione sostiene che il riferimento che la ricorrente opera alla sentenza Germania/Commissione, citata supra al punto 69, non è pertinente nella fattispecie. Essa rileva che, nella causa definita con tale sentenza, il ricorrente era uno Stato membro che non aveva potuto esercitare le proprie competenze in seno al comitato a causa del ritardo nella trasmissione dei documenti. Per contro, nelle presenti cause, un ritardo – quand’anche fosse accertato – nella trasmissione dei documenti al gruppo di esperti non avrebbe leso i diritti della ricorrente.

73      La Commissione nutre inoltre dubbi in ordine alla possibilità che un operatore alleghi la violazione di una norma di ordine interno (come quella prevista dall’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale) per suffragare una domanda di annullamento di decisioni come quelle di cui trattasi. In proposito essa fa riferimento alla sentenza della Corte 7 maggio 1991, causa C‑69/89, Nakajima/Consiglio (Racc. pag. I‑2069, punti 49‑51). Nella controreplica la Commissione aggiunge che a nulla vale il richiamo operato dalla ricorrente alla sentenza Commissione/BASF e a., citata supra al punto 70, in quanto, contrariamente alla norma di cui si allegava la violazione nella causa che ha dato luogo a quella sentenza, l’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale non è volto a tutelare i diritti delle imprese.

74      La Commissione afferma inoltre che il documento essenziale ai fini dell’applicazione dell’art. 4 del regolamento interno del comitato del codice doganale, vale a dire il suo progetto di decisione negativa, è stato trasmesso tempestivamente ai membri del gruppo di esperti. Questi ultimi sarebbero stati altresì destinatari, fin dal 23 settembre 2002, delle lettere dette dei diritti della difesa inviate alla ricorrente il 9 e 10 settembre 2002.

75      Peraltro, quand’anche si ritenesse che il termine di quattordici giorni di calendario prescritto dall’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale non sia stato rispettato, tale termine varrebbe di regola, ma potrebbe essere ridotto in caso di urgenza, ai sensi dell’art. 4, nn. 2 e 3, dello stesso regolamento interno. Orbene, nella fattispecie vi sarebbe stata urgenza, data la necessità, per la Commissione, di adottare le decisioni controverse entro il termine impartito dall’art. 907, secondo comma, del regolamento d’applicazione, giacché la mancata risposta entro il detto termine avrebbe avuto il valore di accettazione della domanda della ricorrente.

76      La ricorrente non dimostrerebbe inoltre sotto quale profilo i suoi diritti sarebbero stati lesi dalla trasmissione tardiva della sua lettera dell’11 ottobre 2002. Ciò considerato, non vi sarebbe stata violazione dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale.

–       Giudizio del Tribunale

77      Senza che occorra accertare se la risposta della ricorrente dell’11 ottobre 2002 alle lettere della Commissione del 9 e 10 settembre 2002 costituisca un documento di lavoro ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale, né se vi fosse una situazione d’urgenza ai sensi dei nn. 2 e 3 dello stesso articolo, si deve osservare che, come risulta dagli atti, i membri del gruppo di esperti hanno avuto a disposizione tredici giorni di calendario (dal 6 al 18 novembre 2002) per prendere conoscenza della risposta della ricorrente.

78      Con riferimento alla sentenza Germania/Commissione, citata supra al punto 69, cui si richiama la ricorrente, è sufficiente osservare che, non essendo il gruppo di esperti un comitato di regolamentazione, la soluzione elaborata in tale sentenza non trova applicazione nelle presenti cause.

79      Del resto, occorre rilevare che l’art. 4, n. 1, del regolamento interno del comitato del codice doganale ha il fine di assicurare il funzionamento interno del detto comitato nel pieno rispetto delle prerogative dei suoi membri. Ne deriva che le persone fisiche o giuridiche non possono eccepire una pretesa violazione di tale regolamento, che non è preordinato alla tutela dei singoli (v., in tal senso, sentenza Nakajima/Consiglio, citata supra al punto 73, punti 49‑51). Orbene, essendo la ricorrente un terzo, contrariamente alla Germania nella sentenza Germania/Commissione, citata supra al punto 69, la soluzione elaborata in quella sentenza non può, anche per questa ragione, trovare applicazione nella fattispecie.

80      Ne consegue che anche la terza parte del primo motivo di annullamento dev’essere respinta.

 Sulla quarta parte del primo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dell’art. 3 del regolamento n. 1

–       Argomenti delle parti

81      Secondo la ricorrente, i rappresentanti di alcuni Stati membri che partecipavano al gruppo di esperti non hanno ricevuto nella loro lingua copia di alcuni documenti della pratica della Commissione. Ciò sarebbe particolarmente increscioso considerate la complessità e la tecnicità delle pratiche nonché la brevità del termine impartito ai rappresentanti degli Stati membri per studiarle. La ricorrente sottolinea in proposito che alcuni rappresentanti degli Stati membri si sono lamentati di non aver ricevuto i documenti di cui trattasi nella loro lingua. Ciò considerato, le decisioni controverse sarebbero state adottate in violazione dell’art. 3 del regolamento n. 1 e, pertanto, di una forma sostanziale.

82      Nella replica la ricorrente deduce che l’approccio della Commissione, esposto infra al punto 85, implica l’esclusione di qualunque controllo giurisdizionale qualora uno Stato membro non eccepisca una violazione del regolamento in oggetto.

83      La Commissione afferma anzitutto che la prassi amministrativa del gruppo di esperti (che — essa ricorda — non ha compiti legislativi) consiste nell’inviare la lettera «detta dei diritti della difesa» (di cui supra al punto 26) ai rappresentanti degli Stati membri nella loro lingua, mentre gli altri documenti sono inviati in francese e in inglese.

84      La Commissione deduce inoltre che la ricorrente non dimostra sotto quale profilo la prassi seguita leda la sua propria situazione giuridica. Ammette che tale prassi potrebbe ledere i diritti degli Stati membri destinatari dei documenti in parola, ma ritiene che, in un caso del genere, spetti agli Stati membri far valere i loro diritti.

85      Ciò premesso, un singolo non potrebbe dedurre la violazione di un diritto di uno Stato membro qualora quest’ultimo non se ne dolga. Orbene, nella fattispecie la procedura seguita non avrebbe suscitato alcuna contestazione da parte dei rappresentanti degli Stati membri né alcuna richiesta di traduzione.

–       Giudizio del Tribunale

86      L’art. 3 del regolamento n. 1 è volto a garantire che i testi diretti da un’istituzione a uno Stato membro o a una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro siano redatti nella lingua di tale Stato. Orbene, nella fattispecie il destinatario dei documenti della pratica della Commissione non era la ricorrente, bensì i rappresentanti degli Stati membri che componevano il gruppo di esperti menzionato dall’art. 907 del regolamento d’applicazione. Pertanto, atteso che la detta disposizione non mirava, nella fattispecie, a garantire i diritti della ricorrente né la sua propria posizione giuridica nell’ambito del procedimento amministrativo di sgravio dei dazi all’importazione, quest’ultima non può far valere una presunta violazione di tale norma.

87      Per giunta, e in ogni caso, la ricorrente non ha fornito la prova che un qualunque membro del gruppo di esperti abbia incontrato difficoltà nel prestare il proprio contributo alla redazione del parere di tale gruppo a causa della mancanza di una particolare versione linguistica di uno dei documenti trasmessi dalla Commissione. Da un lato, infatti, le deduzioni probatorie della ricorrente sul punto si limitano a un’attestazione da essa stessa redatta e firmata. D’altro lato, l’insieme delle informazioni contenute nel fascicolo non consente di giungere a una tale conclusione.

88      Ne consegue che anche la quarta parte del primo motivo di annullamento dev’essere respinta.

 Sulla quinta parte del primo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

–       Argomenti delle parti

89      La ricorrente sostiene che la Commissione non ha rispettato i diritti della difesa, non avendole concesso né audizione né un accesso agevole e il più ampio possibile ai documenti che essa aveva richiesto.

90      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’audizione, la ricorrente afferma di aver chiesto alla Commissione, il 2 ottobre 2002, di essere ascoltata in merito alle presenti cause. La domanda sarebbe stata respinta con lettera dell’8 ottobre 2002 in quanto la procedura di cui all’art. 906 bis del regolamento d’applicazione prevedeva che l’interessato esponesse il proprio punto di vista per iscritto, e in quanto la ricorrente era stata ricevuta dagli uffici della Commissione a tre riprese prima del deposito della domanda iniziale di sgravio. Inoltre, la Commissione avrebbe sottolineato nelle decisioni controverse che la ricorrente non aveva provato che il suo punto di vista potesse essere esposto solo oralmente.

91      La ricorrente ritiene che il diniego della Commissione configuri una violazione del diritto di essere sentiti e un manifesto errore di valutazione.

92      La ricorrente ricorda che, per giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa concludersi con un atto per questa lesivo costituisce un principio fondamentale di diritto comunitario e dev’essere garantito anche in assenza di norme riguardanti il procedimento di cui trattasi (sentenze della Corte 12 febbraio 1992, cause riunite C‑48/90 e C‑66/90, Paesi Bassi e a./Commissione, Racc. pag. I‑565, punto 44; 29 giugno 1994, causa C‑135/92, Fiskano/Commissione, Racc. pag. I‑2885, punto 39, e 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I‑5373, punto 21 ; sentenza del Tribunale 10 maggio 2001, cause riunite T‑186/97, T‑187/97, da T‑190/97 a T‑192/97, T‑210/97, T‑211/97, da T‑216/97 a T‑218/97, T‑279/97, T‑280/97, T‑293/97 e T‑147/99, Kaufring e a./Commissione, Racc. pag. II‑1337, punto 151). La ricorrente prosegue affermando che la Corte ha costantemente riconosciuto il principio del diritto ad una fase orale del procedimento (auditur et altera pars) come regola procedurale essenziale, segnatamente in materia di procedimento amministrativo (sentenze della Corte 23 ottobre 1974, causa 17/74, Transocean Marine Paint/Commissione, Racc. pag. 1063; 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffman‑La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, e 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic/Commissione, Racc. pag. 2033). Aggiunge che, considerata la discrezionalità di cui la Commissione dispone allorché adotta una decisione in applicazione della clausola generale di equità di cui all’art. 239 del codice doganale, dev’essere a maggior ragione rispettato il diritto ad essere sentiti (sentenze del Tribunale 9 novembre 1995, causa T‑346/94, France‑aviation/Commissione, Racc. pag. II‑2841, punto 34; 19 febbraio 1998, causa T‑42/96, Eyckeler & Malt/Commissione, Racc. pag. II‑401, punto 77; 17 settembre 1998, causa T‑50/96, Primex Produkte Import-Export e a./Commissione, Racc. pag. II‑3773, punto 60 ; 18 gennaio 2000, causa T‑290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II‑15, punto 46, e Kaufring e a./Commissione, cit., punto 152).

93      La ricorrente ritiene pertanto, in sostanza, che il diritto ad essere sentiti debba essere interpretato estensivamente, nel senso che essa avrebbe il diritto di essere sentita tanto attraverso le sue memorie scritte quanto oralmente. Su questo punto, il fatto che il regolamento d’applicazione preveda soltanto, all’art. 906 bis, una fase scritta, non significherebbe che una fase orale sia stata espressamente esclusa. La ricorrente evoca, in proposito, i settori del diritto della concorrenza e del diritto antidumping, in cui sono previste procedure scritte ed orali. Aggiunge che, nel settore degli aiuti di Stato, la giurisprudenza ha ammesso il principio di un’audizione orale in assenza di norme che la prevedano formalmente.

94      La ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’interessato dev’essere messo in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista nel corso del procedimento amministrativo (sentenza della Corte 11 novembre 1987, causa 259/85, Francia/Commissione, Racc. pag. 4393, punto 12). Ne deriverebbe, in pratica, la possibilità per l’interessato di essere sentito oralmente. Analogamente, l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali dovrebbe essere interpretato estensivamente, nel senso cioè di includervi il diritto di essere sentiti non solo per iscritto, ma anche oralmente.

95      Ciò premesso, la ricorrente ritiene che, allorché ha respinto la sua domanda di essere sentita oralmente in quanto non avrebbe provato che il suo punto di vista avrebbe potuto essere meglio illustrato oralmente, la Commissione non si sia conformata alla citata giurisprudenza, e ciò senza alcuna giustificazione. La ricorrente sostiene ancora che non le spettava fornire tale prova.

96      Secondo la ricorrente, infine, l’unica questione pertinente da accertare è se essa sia stata posta in grado, nel corso del procedimento, di far valere efficacemente il proprio punto di vista in risposta alle censure della Commissione. Orbene, ciò non sarebbe avvenuto. La ricorrente afferma infatti che è stata effettivamente ricevuta per tre volte dagli uffici della Commissione, ma che tali colloqui avrebbero avuto luogo ben prima del trasferimento della domanda di sgravio alla Commissione e con interlocutori diversi. Inoltre, nel corso di tali colloqui, nessuno degli argomenti sollevati dalla Commissione sarebbe ancora stato noto alla ricorrente per il semplice fatto che il procedimento dinanzi alla Commissione stessa non era ancora stato avviato. Soprattutto, la ricorrente ritiene che i semplici scambi di corrispondenza tra essa, le autorità francesi e la Commissione non abbiano consentito di chiarire alcuni punti essenziali. Tali punti avrebbero potuto essere affrontati nell’ambito di una procedura più diretta e più dinamica, come un’audizione da parte degli uffici della Commissione, grazie alla quale i diritti della difesa sarebbero stati salvaguardati. A titolo di esempio, la ricorrente afferma che, nella causa T‑134/03, essa non è stata in grado, ricorrendo alle sole memorie scritte, di dissipare il dubbio nutrito dalle autorità doganali francesi in merito alle realtà dell’errore tecnico commesso dalla Cogema, dubbio che avrebbe indotto queste ultime a concludere per l’insussistenza di una situazione particolare. Nella causa T‑135/03, in sostanza, la Commissione non affronterebbe la questione se vi sia stata o meno elusione della legislazione antidumping da parte della ricorrente, quando invece tale elemento sarebbe stato capitale per stabilire eventualmente l’esistenza di una situazione particolare ai sensi dell’art. 239 del codice doganale.

97      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’accesso alla pratica, la ricorrente, facendo riferimento all’art. 1 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), afferma che la Commissione soltanto frapponendo difficoltà, e soltanto parzialmente il giorno del deposito degli atti di ricorso, ha accolto la sua legittima domanda di accesso a taluni documenti.

98      La ricorrente afferma, in particolare, di aver chiesto alla Commissione, il 23 gennaio 2003, l’accesso al resoconto della riunione del gruppo di esperti del 12 novembre 2002, poi di aver dovuto riformulare tale domanda il 24 febbraio e il 20 marzo 2003 a causa del carattere estremamente succinto dell’informazione comunicata dalla Commissione con lettera del 3 febbraio 2003.

99      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’audizione, la Commissione ritiene che la ricorrente sia stata perfettamente in grado di far conoscere il suo punto di vista, come attesterebbero le sue ampie e dettagliate risposte dell’11 ottobre 2002 nel procedimento REM 02/02. Sottolinea peraltro di aver dato prova di un grande spirito di apertura ricevendo la ricorrente per tre volte. Sostiene ancora che l’argomento della ricorrente potrebbe avere una certa pertinenza ove quest’ultima dimostrasse di non essere stata in grado di esporre efficacemente il suo punto di vista. Orbene, la ricorrente non avrebbe affatto dimostrato che l’utilizzo esclusivo di un procedimento scritto abbia ridotto l’efficacia della sua difesa.

100    La Commissione afferma poi che la giurisprudenza citata dalla ricorrente riguarda una situazione anteriore all’entrata in vigore del regolamento n. 1677/98 che ha inserito, tra l’altro, in quest’ultimo un nuovo art. 906 bis, il quale prevede che il richiedente del rimborso o dello sgravio comunichi le proprie obiezioni per iscritto alla Commissione allorché quest’ultima intende adottare una decisione negativa.

101    La Commissione rileva che queste nuove disposizioni sono state applicate nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 92. Sottolinea che il Tribunale non ha annullato la decisione della Commissione in quella causa per mancata audizione e che ha ritenuto sufficiente la possibilità, offerta dall’art. 906 bis del regolamento di applicazione, di presentare osservazioni scritte.

102    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’accesso alla pratica, la Commissione ritiene che l’argomento della ricorrente sia privo di pertinenza. Sostiene di aver trasmesso alla ricorrente tutti i documenti richiesti. La Commissione rileva ancora che, quanto al solo documento al quale la ricorrente non ha avuto accesso immediatamente, vale a dire il resoconto della riunione del gruppo di esperti, la corrispondente domanda di accesso è stata presentata il 23 gennaio 2003, vale a dire dopo la data di adozione delle decisioni controverse. Ciò considerato, anche ammettendo che vi sia stato un diniego di accesso alla pratica, quod non, tale diniego non avrebbe potuto incidere sulla validità delle decisioni controverse.

103    La Commissione afferma, ad abudantiam, che il ritardo nella trasmissione del detto resoconto era giustificato alla luce del regolamento n. 1049/2001. Il documento di cui trattasi, infatti, conterrebbe informazioni sensibili attinenti ad interessi commerciali e il legale della ricorrente non avrebbe giustificato immediatamente i propri poteri al momento del deposito della domanda di accesso.

104    La Commissione sottolinea infine che la ricorrente non deduce una violazione dell’art. 906 bis del regolamento di applicazione.

–       Giudizio del Tribunale

105    Occorre ricordare anzitutto che il principio del rispetto dei diritti della difesa impone che chiunque possa essere destinatario di una decisione lesiva dei suoi interessi debba essere messo in grado di esporre efficacemente la propria opinione, quanto meno in merito agli addebiti sui quali la Commissione ha fondato la sua decisione (v., in tal senso, sentenze Fiskano/Commissione, citata supra al punto 92, punto 40; Commissione/Lisrestal e a., citata supra al punto 92, punto 21, e Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 92, punto 153).

106    Nel caso delle decisioni adottate dalla Commissione in forza dell’art. 239 del codice doganale, il rispetto dei diritti della difesa di colui che richiede lo sgravio è garantito dal procedimento previsto dall’art. 906 bis del regolamento di applicazione (v. supra, punto 11).

107    Nella fattispecie, tale procedimento è stato seguito mediante la comunicazione, in allegato alla lettera del 9 settembre 2002 (v. supra, punto 26), di un memorandum di dieci pagine in cui erano esposti gli elementi di fatto e normativi in base ai quali la Commissione intendeva adottare una decisione negativa nelle pratiche REM 02/02 e REM 03/02. Per giunta, la ricorrente ha esercitato il suo diritto di esporre il proprio punto di vista sulle obiezioni della Commissione con l’invio della lettera dell’11 ottobre 2002, contenente 24 pagine integrate da 14 allegati, nella pratica REM 02/02 e 21 pagine, integrate da 10 allegati, nella pratica REM 03/02, in cui erano sviluppati i suoi commenti e argomenti.

108    Per quanto riguarda, in primo luogo, il diniego opposto alla domanda della ricorrente di essere sentita nel corso di un’audizione, è sufficiente rilevare che né la disposizione specifica relativa al procedimento amministrativo di cui trattasi, vale a dire l’art. 906 bis del regolamento d’applicazione, né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono a chi richiede il rimborso il diritto a una tale audizione.

109    Inoltre, la natura specifica della decisione adottata dalla Commissione ai sensi dell’art. 239 del codice doganale non rende affatto indispensabile concedere a colui che richiede lo sgravio la possibilità di presentare osservazioni oralmente, in aggiunta all’esposizione scritta del suo punto di vista.

110    Il Tribunale ritiene pertanto che, con la sua dettagliata lettera dell’11 ottobre 2002, la ricorrente abbia pienamente esercitato la possibilità che le era offerta di esporre alla Commissione il suo punto di vista. Gli esempi portati dalla ricorrente (v. supra, punto 96) a sostegno della posizione contraria non sono idonei a inficiare tale conclusione, considerato che tali esempi non rivelano alcun elemento che la ricorrente non potesse illustrare per iscritto.

111    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’accesso alla pratica, occorre rilevare, come giustamente fa la Commissione, che la domanda di accesso è stata presentata successivamente all’adozione delle decisioni controverse, nel corso della preparazione del presente ricorso. Pertanto, la violazione del regolamento n. 1049/2001 allegata dalla ricorrente, quand’anche fosse dimostrata, non potrebbe incidere sulla validità delle decisioni controverse, che deve essere valutata al giorno della loro adozione. Inoltre, il Tribunale rileva che la ricorrente non ha dimostrato di non aver potuto accedere ai documenti richiesti. Il resoconto della riunione del gruppo di esperti, infatti, è stato fornito dalla Commissione nella sua versione integrale.

112    Ne consegue che la quinta parte del primo motivo di annullamento deve essere respinta sotto entrambi gli aspetti di cui si compone.

113    Atteso che nessuna delle cinque parti in cui si articola il primo motivo di annullamento è stata accolta, esso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo di annullamento, vertente su un manifesto errore di valutazione nell’applicazione dell’art. 239 del codice doganale

114    Il secondo motivo di annullamento verte su un errore manifesto di valutazione nel quale la Commissione sarebbe incorsa allorché ha ritenuto non sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art. 239 del codice doganale. Il motivo si articola in tre parti. La prima parte verte sul diniego da parte della Commissione di riconoscere la sussistenza di una situazione particolare. La seconda parte verte sull’assenza di frode da parte della ricorrente. La terza parte verte sul rifiuto da parte della Commissione di constatare la mancanza di manifesta negligenza da parte della ricorrente.

115    È pacifico che la ricorrente non ha commesso frodi, cosicché non occorre esaminare la seconda parte del motivo. Quanto al resto, giova esaminare anzitutto la terza parte, relativa all’asserita mancanza di negligenza da parte della ricorrente.

 Argomenti delle parti

116    La ricorrente ricorda che uno dei presupposti cumulativi ai fini dell’applicazione dell’art. 239 del codice doganale è la mancanza della negligenza manifesta dell’operatore. Aggiunge che, secondo la giurisprudenza (sentenza Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 92, punto 278), la negligenza manifesta corrisponde alla rilevabilità dell’errore ai sensi dell’art. 220, n. 2, del codice doganale.

117    Al fine di valutare la rilevabilità dell’errore ai sensi di quest’ultima norma, occorre tener conto segnatamente della natura precisa dell’errore, dell’esperienza professionale e della diligenza dell’operatore (sentenze della Corte 26 giugno 1990, causa C‑64/89, Deutsche Fernsprecher, Racc. pag. I‑2535, punto 24; 8 aprile 1992, causa C‑371/90, Beirafio, Racc. pag. I‑2715, punto 21; 16 luglio 1992, causa C‑187/91, Belovo, Racc. pag. I‑4937, punto 17, e 1° aprile 1993, causa C‑250/91, Hewlett Packard France, Racc. pag. I‑1819, punto 22). Tale valutazione dovrebbe essere effettuata alla luce delle circostanze particolari del caso (sentenza della Corte 14 maggio 1996, cause riunite C‑153/94 e C‑204/94, Faroe Seafood e a., Racc. pag. I‑2465, punto 101).

118    Alla luce di questi principi, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un manifesto errore di valutazione allorché ha ritenuto che il presupposto consistente nella mancanza di negligenza manifesta non ricorresse nella fattispecie.

119    Per quanto riguarda, in primo luogo, la natura precisa dell’errore, occorrerebbe, secondo la giurisprudenza, valutare quest’ultima in particolare alla luce del lasso di tempo nel corso del quale le competenti autorità hanno persistito nell’errore.

120    Orbene, a torto, secondo la ricorrente, la Commissione escluderebbe d’ufficio il criterio del lasso di tempo considerando, per negarla, la commissione di un errore soltanto da parte delle autorità doganali. Si tratterebbe piuttosto, nelle presenti cause, di valutare gli errori commessi dagli agenti doganali, vale a dire, nella causa T‑134/03, l’immissione in deposito fittizio effettuata dalla Cogema e, nella causa T‑135/03, l’inosservanza da parte della SCAC delle istruzioni che le erano state impartite, con la scelta di una procedura di sdoganamento semplificata.

121    La ricorrente sostiene che, nonostante la sua esperienza professionale e la sua diligenza, non poteva né prevedere né riconoscere tali errori degli agenti doganali.

122    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esperienza professionale dell’operatore economico, la ricorrente afferma che, ai sensi della sentenza della Corte 11 novembre 1999, causa C‑48/98, Söhl & Sölke (Racc. pag. I‑7877, punto 57), occorre verificare se l’attività di tale operatore consista essenzialmente in operazioni di importazione e di esportazione e se l’operatore in questione avesse già acquisito un’esperienza anteriore nell’espletamento di tali operazioni.

123    La ricorrente sostiene di importare frequentemente i prodotti contemplati dal regolamento n. 3319/94. Ciò non implicherebbe che essa sia specializzata nelle procedure di sdoganamento di tali prodotti in Francia. Proprio per tale ragione essa avrebbe fatto ricorso a un agente doganale autorizzato e non sarebbe stata in grado di scoprire l’errore commesso da quest’ultimo.

124    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la diligenza della ricorrente, quest’ultima afferma che, come discende dalla sentenza Söhl & Söhlke, citata supra al punto 122 (punto 58), l’operatore che nutra dubbi sull’esatta applicazione delle disposizioni il cui inadempimento può far sorgere un’obbligazione doganale deve informarsi e chiedere tutti i chiarimenti possibili per non contravvenire alle dette disposizioni.

125    Orbene, nelle presenti cause la ricorrente avrebbe dato prova di tutta la diligenza necessaria. Avrebbe anzitutto modificato, a seguito dell’adozione del regolamento, la procedura di sdoganamento seguita fino ad allora al fine di non trovarsi in situazione di fatturazione indiretta. La ricorrente sostiene poi che gli errori di fatturazione isolati e minori segnalati dalla Commissione rientrano nelle alee normali del commercio e che non potrebbe esserle imputata alcuna negligenza, posto che tali errori sono stati rettificati.

126    Nella replica, la ricorrente afferma che l’asserita irrealizzabilità delle sue istruzioni alla Cogema e alla SCAC, da una parte, e il mancato ricorso alla possibilità di rimborso prevista dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato, d’altra parte, non hanno alcun rapporto, alla luce di una consolidata giurisprudenza (v. supra, punto 124), con la dimostrazione di un’asserita mancanza di diligenza.

127    Pertanto, secondo la ricorrente, non le potrebbe essere contestata alcuna mancanza di diligenza. Da quanto precede risulterebbe che nei suoi confronti non può essere constatata alcuna diligenza manifesta.

128    La Commissione osserva, per quanto concerne, in primo luogo, la natura precisa dell’errore, che l’argomento della ricorrente diretto ad attenuarne la responsabilità a causa dell’errore che asserisce essere stato commesso dall’agente doganale è inconferente. Nell’ambito di un procedimento di sgravio, infatti, l’operatore non può vedersi esimere dalla propria responsabilità a causa dell’errore, vero o presunto, del suo agente. Un’eventuale responsabilità contrattuale di quest’ultimo esulerebbe dal procedimento che ha condotto all’adozione della decisione impugnata.

129    La Commissione sostiene inoltre che la ricorrente opera una confusione tra l’errore dell’agente e quello dell’autorità doganale, potendo solo quest’ultimo concorrere al configurarsi di una situazione particolare.

130    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esperienza professionale della ricorrente, la Commissione deduce anzitutto che la sua esperienza professionale non va valutata nell’ambito di un solo Stato membro. Alla luce della giurisprudenza, affinché la ricorrente sia considerata in possesso dell’esperienza professionale richiesta, sarebbe sufficiente che essa abbia effettuato nell’Unione europea alcune operazioni di importazione per merci analoghe a quelle di cui è causa e che abbia l’abitudine, in generale, di effettuare operazioni di importazione e d’esportazione. Orbene, è quanto avverrebbe nel caso di specie, e ciò a maggior ragione in quanto la ricorrente ha proceduto all’acquisizione del suo rappresentante fiscale in Francia, la Champagne Fertilisants, cosicché la ricorrente doveva essere considerata, e ciò fin dalla prima consegna delle merci di cui trattasi, un operatore economico esperto.

131    La Commissione aggiunge che la ricorrente ha dimostrato imprudenza nel fornire, nonostante la sua allegata inesperienza, istruzioni precise ai suoi agenti doganali anziché sollecitare la loro consulenza, e ciò a maggior ragione in quanto il regolamento n. 3319/94 solleva difficoltà di applicazione.

132    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la diligenza della ricorrente, la Commissione, pur ammettendo che sono possibili errori di fatturazione, ribadisce che la ricorrente ha mancato in diligenza anche sotto altri profili, come risulterebbe dai nn. 79-82 della decisione REM 02/025 e dai nn. 75-79 della decisione REM 03/02.

133    La ricorrente avrebbe, in particolare, impartito istruzioni irrealizzabili ai suoi agenti doganali e non si sarebbe assicurata del seguito della pratica.

134    La ricorrente, inoltre, lasciando scadere il termine corrispondente, non avrebbe tentato di avvalersi della possibilità di rimborso prevista all’art. 11, n. 8, del regolamento n. 384/96.

 Giudizio del Tribunale

135    Occorre preliminarmente ricordare che, per valutare se vi sia manifesta negligenza ai sensi dell’art. 239 del codice doganale, occorre tener conto, in particolare, della complessità delle norme il cui inadempimento ha fatto sorgere l’obbligazione doganale, nonché dell’esperienza professionale e della diligenza dell’operatore (sentenze della Corte Söhl & Söhlke, citata supra al punto 122, punto 56, e 13 marzo 2003, causa C‑156/00, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑2527, punto 92).

136    Discende peraltro da una giurisprudenza costante che la Commissione gode di un potere discrezionale allorché adotta una decisione in applicazione dell’art. 239 del codice doganale (sentenza Mehibas Dordtselaan/Commissione, citata supra al punto 92, punti 46 e 78). Occorre rilevare altresì che il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione, che possono essere concessi soltanto a determinate condizioni e in casi specificamente previsti, costituiscono un’eccezione rispetto al normale regime delle importazioni e delle esportazioni e che, di conseguenza, le disposizioni che prevedono siffatto rimborso devono essere interpretate restrittivamente. In particolare, essendo la mancanza di negligenza manifesta un presupposto essenziale per poter chiedere un rimborso o uno sgravio dei dazi all’importazione, tale nozione dev’essere interpretata in modo che il numero dei casi di rimborso o di sgravio resti limitato (sentenza Söhl & Sölke, citata supra al punto 122, punto 52).

137    Per quanto riguarda, in primo luogo, la complessità delle disposizioni la cui inosservanza ha dato luogo all’obbligazione doganale, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha già dichiarato (sentenza 21 settembre 2004, causa T‑104/02, Gondrand Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3211, punti 59-62 e 66) che l’art. 1, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 3319/94 non presentava rilevanti difficoltà d’interpretazione.

138    Per quanto riguarda, poi, la natura precisa dell’errore, il Tribunale ritiene che la giurisprudenza invocata dalla ricorrente (v. supra, punto 117) non sia pertinente, essendo in questione nella fattispecie soltanto l’asserito errore degli agenti e non quello dell’autorità doganale.

139    Occorre tuttavia sottolineare che giustamente la Commissione sostiene che la ricorrente non può esonerarsi dalla propria responsabilità invocando l’errore, vero o presunto, dei suoi agenti. In proposito si deve ricordare che lo schema d’importazione dei prodotti di cui trattasi è stato elaborato dalla sola ricorrente, la quale, inoltre, ha liberamente scelto i propri agenti doganali, cosicché poco importa, ai fini dell’applicazione dell’art. 239 del codice doganale, accertare chi, tra l’operatore e il suo mandatario, sia incorso in un eventuale errore che ha determinato la nascita dell’obbligazione doganale. Un errore del genere non può, in ogni caso, gravare sul bilancio comunitario (v., in tal senso, in merito all’esistenza di una situazione particolare, sentenza Mehibas Dordtselaan/Commissione, citata supra al punto 92, punti 76-78 e 82‑83).

140    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esperienza professionale della ricorrente, il Tribunale rammenta che occorre verificare se si tratti di un operatore economico la cui attività professionale consiste, essenzialmente, in operazioni di importazione e di esportazione e se abbia già acquisito una certa esperienza nell’espletamento di tali operazioni (sentenza Söhl & Söhlke, citata supra al punto 122, punto 57).

141    In proposito si deve necessariamente constatare che la stessa ricorrente ammette di possedere un’esperienza certa nelle operazioni d’importazione dei prodotti azotati oggetto del regolamento n. 3319/94. Inoltre, come sottolinea giustamente la Commissione, la ricorrente aveva già proceduto, prima dei fatti all’origine delle presenti cause, ad importazioni degli stessi prodotti. Ciò premesso, legittimamente la Commissione ritiene che la ricorrente disponesse dell’esperienza professionale necessaria, e ciò fin dalla prima consegna, nell’ambito della pratica REM 02/02.

142    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la diligenza dell’operatore, il Tribunale ricorda che spetta a quest’ultimo, qualora nutra dubbi sull’esatta applicazione delle disposizioni il cui inadempimento può far sorgere un’obbligazione doganale, informarsi e chiedere tutti i chiarimenti possibili per non contravvenire alle dette disposizioni (sentenza Söhl & Sölke, citata supra al punto 122, punto 58).

143    Orbene, come giustamente osserva la Commissione, risulta dagli atti che la ricorrente, nonostante alleghi un’asserita inesperienza nelle operazioni di sdoganamento dei prodotti in parola, nonché difficoltà inerenti all’applicazione del regolamento n. 3319/94, non soltanto non ha affatto sollecitato la consulenza dei suoi agenti doganali, ma ha anzi impartito loro istruzioni molto precise. Va rilevato che, nelle decisioni controverse, la Commissione non ha omesso di spiegare le ragioni per cui la ricorrente avrebbe dovuto nutrire dubbi in merito all’applicazione esatta delle disposizioni il cui inadempimento può far sorgere un’obbligazione doganale (v., in tal senso, sentenza Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 92, punto 296).

144    Inoltre, gli errori della ricorrente nella redazione delle sue fatture militano anch’essi in favore di una mancanza di diligenza da parte sua.

145    Per contro, non si può contestare alla ricorrente di non essersi avvalsa della possibilità offerta dall’art. 11, n. 8, del regolamento n. 384/96. Il procedimento di riesame opera infatti qualora si registri una variazione nei dati accertati ed assunti come base per il regolamento che ha istituito i dazi antidumping. Esso ha quindi la finalità di adattare i dazi imposti alla variazione degli elementi che erano alla loro origine e presuppone la modifica di questi elementi (sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T‑7/99, Medici Grimm/Consiglio, Racc. pag. II‑2671, punto 82).

146    Globalmente considerato, il comportamento della ricorrente nello svolgimento delle operazioni di cui trattasi non può dunque considerarsi sufficientemente diligente.

147    Da quanto precede discende che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione allorché, nelle decisioni controverse, ha ritenuto che non ricorresse il presupposto consistente nella mancanza di negligenza manifesta da parte della ricorrente. Pertanto, la terza parte del secondo motivo di annullamento deve essere respinta in quanto infondata.

148    Risulta peraltro dal tenore letterale dell’art. 905 del regolamento d’applicazione che il rimborso dei dazi all’importazione è subordinato alla compresenza di due condizioni cumulative, ossia, in primo luogo, l’esistenza di una situazione particolare e, in secondo luogo, la mancanza di negligenza manifesta e frode da parte dell’interessato. Di conseguenza, basta che manchi una delle due condizioni perché il rimborso dei dazi debba essere negato (sentenze del Tribunale Mehibas Dordtselaan/Commissione, citata supra al punto 92, punto 87; 12 febbraio 2004, causa T‑282/01, Aslantrans/Commissione, Racc. pag. II‑693, punto 53; Gondrand Frères/Commissione, citata supra al punto 137, punto 57).

149    Non ricorrendo il presupposto consistente nella mancanza di negligenza manifesta, non è necessario esaminare la prima parte del secondo motivo di annullamento, vertente sulla sussistenza di una situazione particolare.

150    Il secondo motivo di annullamento va pertanto respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

151    La ricorrente sostiene che la Commissione non si è conformata all’obbligo di motivazione che le incombeva in forza dell’art. 253 CE.

152    Più precisamente, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver indicato le ragioni per cui nelle decisioni controverse non aveva preso in considerazione il fatto che la legislazione antidumping non fosse stata elusa. La ricorrente ritiene infatti che la situazione di fatturazione indiretta, creatasi a suo parere artificialmente a causa dell’errore degli agenti doganali, non possa di per sé giustificare l’imposizione del dazio specifico previsto dall’art. 1, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 3319/94.

153    La ricorrente prosegue affermando che l’art. 239 del codice doganale è una clausola di equità destinata ad applicarsi nelle circostanze in cui sarebbe iniquo imporre ad un determinato operatore economico un danno, come l’imposizione di un dazio specifico, che di regola non avrebbe subìto. Aggiunge che le decisioni controverse non possono essere considerate eque in quanto, in assenza di errori da parte della Cogema e della SCAC, essa non sarebbe stata debitrice del dazio specifico. Omettendo di precisare sotto quale profilo le sue decisioni sarebbero eque, la Commissione sarebbe venuta meno al suo obbligo di motivazione.

154    La ricorrente afferma infine che la Commissione, pur ritenendo che la pratica REM 1/98 non sia comparabile alle pratiche REM 02/02 e 03/02, ha omesso di spiegare la ragione per cui, nella pratica REM 1/98 e contrariamente alla posizione adottata nelle presenti cause, ha preso in considerazione il fatto che il prezzo all’importazione era superiore al prezzo minimo fissato dal regolamento n. 3319/94.

155    La Commissione rinvia in proposito agli argomenti sviluppati nell’ambito della prima parte del secondo motivo di annullamento, relativi, da un lato, all’asserita colpa degli agenti doganali e, dall’altro, al raffronto tra le presenti cause e la pratica REM 1/98.

 Giudizio del Tribunale

156    Per giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di difendere i propri diritti e al giudice di esercitare il proprio controllo. Tuttavia, la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. Infatti, l’accertamento del fatto che la motivazione di una decisione sia conforme o meno a tali condizioni va effettuato alla luce non soltanto del suo tenore letterale, bensì anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza Mehibas Dordtselann/Commissione, citata supra al punto 92, punto 92, nonché la giurisprudenza ivi citata).

157    Nel caso di decisioni di rigetto di domande di sgravio ai sensi dell’art. 239 del codice doganale, l’obbligo di motivazione a carico della Commissione consiste nello spiegare le ragioni per cui non sussistono i presupposti previsti dalla detta norma.

158    Orbene, come risulta dalla lettura delle decisioni controverse, la Commissione ha chiaramente esposto le ragioni per cui essa riteneva non sussistenti i presupposti di cui all’art. 239 del codice doganale. È sufficiente rilevare, infatti, che, per quanto riguarda la causa T‑134/03, la Commissione ha illustrato sotto quale profilo i presupposti che integrano l’esistenza di una situazione particolare e la mancanza di negligenza manifesta non fossero soddisfatti, rispettivamente, ai nn. 35-68 (pagg. 10-21) e 69-86 (pagg. 21-26) della decisione REM 02/03. Essa ha proceduto alla stessa stregua nella decisione REM 03/02, all’origine della causa T‑135/03, ai nn. 34-65 (pagg. 10-21) e 66-80 (pagg. 21-25).

159    Inoltre, il Tribunale constata di aver potuto esercitare il proprio controllo sulla legittimità delle decisioni controverse. Osserva altresì che risulta dal fascicolo del procedimento amministrativo, dal ricorso e dalla replica, nonché dall’udienza, che la ricorrente ha perfettamente inteso tanto i progetti di decisione negativa quanto le decisioni controverse ed è stata in grado di sviluppare una linea argomentativa solida e dettagliata, per quanto concerne il merito, a sostegno delle proprie domande di sgravio e, poi, dei propri ricorsi di annullamento proposti contro le decisioni controverse.

160    Alla luce di quanto sopra, il terzo motivo di annullamento deve essere respinto in quanto infondato.

161    Da tutto quanto precede risulta che i ricorsi devono essere respinti.

 Sulle spese

162    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, si deve disporre che essa sopporti, oltre alle proprie spese, quelle della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione.

Vesterdorf

Cooke

García-Valdecasas

Labucka

 

      V. Trstenjak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 settembre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      B. Vesterdorf


* Lingua processuale: il francese.