Language of document : ECLI:EU:T:2012:6

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

17 gennaio 2012 (*)

«Polizia sanitaria – Influenza aviaria – Mercato italiano della carne di pollame – Richiesta delle autorità italiane di adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato – Decisione di rigetto della Commissione»

Nella causa T‑135/07,

Repubblica italiana, rappresentata dai sigg. G. Aiello e G. Palmieri, avvocati dello Stato, assistiti dall’avv. M. Moretto,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra C. Cattabriga, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione, del 7 febbraio 2007, che ha respinto la richiesta della Repubblica italiana di adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato italiano della carne di pollame, in applicazione dell’art. 14 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2777, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (GU L 282, pag. 77),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, N.J. Forwood (relatore) e J. Schwarcz, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 maggio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

 Epidemie di influenza aviaria in Italia e misure adottate per eradicarle

1        Nel periodo dicembre 1999 - aprile 2000 talune regioni d’Italia, segnatamente la Lombardia, il Veneto e la Sardegna, nonché la Provincia autonoma di Trento risultavano colpite da una grave epidemia di influenza aviaria (in prosieguo: la «prima epidemia di influenza aviaria»). Nel periodo agosto 2000 - marzo 2001 si verificava una nuova epidemia nel Veneto, che interessava principalmente i tacchini da carne. Tra l’ottobre 2002 e il settembre 2003 veniva individuato un nuovo stipite virale in allevamenti della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna.

2        Per far fronte alla prima epidemia di influenza aviaria il Ministero della Sanità italiano adottava, inter alia, nell’ambito delle misure di attuazione della direttiva del Consiglio 19 maggio 1992, 92/40/CEE, che istituisce delle misure comunitarie di lotta contro l’influenza aviaria (GU L 167, pag. 1), le decisioni 23 dicembre 1999 e 14 gennaio 2000 (in prosieguo, rispettivamente: la «decisione 23 dicembre 1999» e la «decisione 14 gennaio 2000»). Tali decisioni istituivano, in particolare, una zona di protezione, attorno ad ogni azienda infetta, di un raggio minimo di km 3, a sua volta iscritta in una zona di sorveglianza di un raggio minimo di km 10. All’interno di tali zone gli avicoltori erano tenuti non solo ad abbattere gli animali colpiti dalla malattia, ma anche ad attuare piani di depopolamento o addirittura di fermo delle attività produttive, al fine di ridurre la densità dei loro allevamenti.

3        La decisione 23 dicembre 1999 introduceva il divieto generale di esportazione di pollame e di uova da cova dalle regioni interessate da focolai di influenza aviaria verso il resto del territorio nazionale, nonché verso gli altri Stati membri e i paesi terzi, e limitava la movimentazione di animali vivi e di uova da cova all’interno delle regioni colpite. Detta decisione prevedeva nondimeno, in via eccezionale e a determinate condizioni, la possibilità di accasare i pulcini e i tacchinotti di un giorno in allevamenti situati all’interno delle regioni colpite dall’epidemia.

4        Mentre ribadiva il divieto di esportazione di pollame vivo e di uova da cova dalle regioni sede di focolai, la decisione 14 gennaio 2000 consentiva, a determinate condizioni, la loro esportazione e movimentazione da allevamenti situati al di fuori delle regioni e della provincia autonoma colpite. Detta decisione disciplinava altresì la movimentazione di pollame vivo e di uova da cova da stabilimenti situati nelle province senza focolai delle regioni colpite nonché, con maggiori restrizioni, da stabilimenti nelle province sede di focolai. La movimentazione di animali vivi e di uova da cova provenienti da stabilimenti ubicati nelle province sede di focolai, ma al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza era in linea di principio permessa, ma unicamente all’interno e tra le regioni interessate. Quanto ai pulcini di un giorno, tale possibilità era limitata ai soli spostamenti verso pulcinaie sottoposte a controllo sanitario.

5        I pulcini di un giorno nati da uova provenienti da aziende stabilite nelle province sede di focolai delle regioni colpite, ma su territori esterni alle zone di protezione e di sorveglianza potevano essere trasferiti, sotto controllo sanitario, nelle regioni che non erano toccate dall’epidemia, a condizione tuttavia che l’autorità regionale competente per il territorio di destinazione acconsentisse.

6        Le diverse regioni interessate completavano queste disposizioni. In particolare, le autorità delle regioni colpite vietavano il trasferimento dei pulcini di un giorno nati nei centri di incubazione situati al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza verso allevamenti siti all’interno delle zone di protezione e lo limitavano fortemente verso gli allevamenti nelle zone di sorveglianza. In seguito all’adozione di tali misure di divieto o di limitazione della circolazione, i produttori di pulcini di un giorno con centri di incubazione situati all’esterno delle zone di produzione e di sorveglianza, ma sul territorio di regioni colpite dall’epidemia sopprimevano, in particolare, i pulcini la cui incubazione era iniziata prima che dette misure fossero decretate.

7        A causa della presenza di ceppi virali di influenza aviaria a bassa patogenicità, tra l’agosto 2000 e il marzo 2001, da un lato, nonché tra l’ottobre 2002 e l’ottobre 2003, dall’altro, e della possibilità che questo virus mutasse in uno altamente patogenico, le autorità italiane adottavano misure di controllo analoghe a quelle adottate in occasione della prima epidemia di influenza aviaria.

8        Con riferimento a dette diverse epidemie le autorità italiane notificavano alla Commissione delle Comunità europee, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, quattro misure di sostegno regionali. Per nessuna di tali misure la Commissione sollevava obiezioni, ritenendo applicabile loro la deroga prevista all’art. 87, n. 3, lett. e), CE. Le decisioni della Commissione venivano notificate al governo italiano con lettere datate, rispettivamente, 13 dicembre 2000, 5 aprile 2002, 25 febbraio 2003, 1° marzo e 10 novembre 2004.

9        Con decisione 26 luglio 2000, 2000/510/CE, relativa a un contributo finanziario della Comunità nel quadro dell’eradicazione della peste aviaria in Italia nel 1999 (GU L 205, pag. 13), la Commissione concedeva, inoltre, a tale Stato membro, in applicazione della decisione del Consiglio 26 giugno 1990, 90/424/CEE, relativa a talune spese nel settore veterinario (GU L 224, pag. 19), una partecipazione finanziaria alle spese sostenute nell’ambito delle misure di eradicazione dei focolai di peste aviaria comparsi nel periodo 1999‑2000. Per effetto di tale decisione le autorità italiane ricevevano una somma pari a EUR 31 764 869.

 Epidemie di influenza aviaria nei Paesi Bassi e in Belgio e misure adottate per eradicarle

10      Tra il febbraio e il maggio 2003 i Paesi Bassi e il Belgio venivano colpiti da una grave epidemia di influenza aviaria causata da un ceppo virale ad alta patogenicità. Le autorità olandesi e belghe adottavano immediatamente misure dirette a contrastare la propagazione della malattia, sul fondamento delle norme nazionali di attuazione della direttiva 92/40. A tali misure si aggiungevano le diverse decisioni prese dalla Commissione nei confronti dei Paesi Bassi e dell’Italia, in base alla direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29).

11      Tali misure comprendevano, nei Paesi Bassi come in Belgio, l’istituzione di zone di protezione e di zone di sorveglianza attorno alle aziende infette nonché il divieto di trasportare o di spedire pollame vivo o uova da cova tanto all’interno dei due paesi quanto verso altri Stati membri o paesi terzi. Deroghe a tale divieto potevano tuttavia essere accordate, in questi due Stati membri, per il trasporto interno di volatili destinati alla macellazione immediata fino ad un macello designato dall’autorità competente, per il trasporto dei pulcini di un giorno fino ad un’azienda sotto controllo ufficiale nonché per il trasporto interno di uova da cova verso un centro di incubazione autorizzato. La Commissione confermava tali misure, ma estendeva alle uova da cova l’eccezione al divieto di trasporto, consentendone la movimentazione verso i centri d’incubazione sotto controllo ufficiale. Le autorità olandesi autorizzavano, peraltro, l’utilizzo delle uova da cova che non potevano più essere incubate per la trasformazione in ovoprodotti.

 Le richieste del governo italiano di adozione di misure eccezionali ai sensi dell’art. 14 del regolamento (CEE) n. 2777/75

12      Il 26 gennaio 2000 la Repubblica italiana chiedeva alla Commissione l’adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato nel settore della carne di pollame, segnatamente per i pulcini di un giorno, in applicazione dell’art. 14 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2777, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (GU L 282, pag. 77).

13      Con lettera del 15 febbraio 2000 la Commissione respingeva tale richiesta argomentando, in particolare, che i danni indiretti subiti dalle aziende avicole infette o sospettate di infezione, vale a dire i costi fissi non assorbiti e il mancato guadagno nei periodi di fermo sanitario e di riavvio della produzione, non potevano essere ammessi ad un finanziamento a titolo di misure eccezionali di sostegno al mercato. La Commissione lasciava tuttavia aperta la possibilità di adottare misure eccezionali di sostegno per far fronte ad eventuali turbative del mercato derivanti dall’impossibilità, per le aziende non infette né sospettate site nelle zone di protezione e di sorveglianza, di disporre dei propri normali sbocchi di mercato.

14      In risposta a una lettera del Ministro italiano per le Politiche agricole e forestali datata 5 aprile 2000, il quale ribadiva le sue spiegazioni quanto ai danni indiretti, la Commissione annunciava alle autorità italiane, con lettera del 7 giugno 2000, la sua intenzione di non proporre l’adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato in favore degli avicoltori italiani per mancanza, a suo avviso, dei requisiti fissati dall’art. 14 del regolamento n. 2777/75; le misure eccezionali di sostegno sarebbero state limitate, infatti, «a quanto strettamente necessario per compensare l’impatto delle restrizioni alla libera circolazione causate da misure di polizia veterinaria, come nel caso di animali/prodotti provenienti da aziende non infette e non sospettate situate all’interno della zone di protezione e di sorveglianza che non [avevano potuto] disporre dei normali sbocchi di mercato».

15      In occasione delle due nuove epidemie di influenza aviaria il competente Ministero italiano chiedeva nuovamente alla Commissione, con fax del 15 novembre 2002 e lettera del 27 novembre 2002, l’adozione di misure di sostegno al mercato della carne di pollame ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75. Nelle lettere di risposta del 6 e del 18 dicembre 2002 la Commissione escludeva la possibilità di applicare l’art. 14 del regolamento n. 2777/75 poiché, a suo avviso, nella fattispecie non erano state imposte limitazioni alla libera circolazione dei prodotti per i quali era stata formulata la richiesta di sostegno del mercato.

16      Nel gennaio 2004, in esito ai provvedimenti adottati dalle autorità olandesi nel periodo febbraio‑maggio 2003, la Commissione ripristinava la linea B 05 03 04 08 nel bilancio della Comunità per le misure di sostegno del mercato, con una dotazione finanziaria ai produttori olandesi di 3 milioni di euro.

17      A seguito di questa decisione del gennaio 2004, tanto l’Unione nazionale dell’avicoltura (UNA), con lettera del 27 gennaio 2004, quanto il Ministero italiano competente, con lettere del 13 maggio e dell’8 giugno 2004, si rivolgevano ai servizi della Commissione invitandoli a riconsiderare le richieste di adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato per i danni subiti dagli avicoltori nel corso della prima epidemia di influenza aviaria e di quella del 2002‑2003. In risposta a una lettera dell’UNA del 5 agosto 2004 la Commissione faceva osservare, con lettera del 15 settembre 2004, che «non [era] prevista alcuna compensazione per i pulcini di un giorno in quanto non concessa ai paesi sopra citati [Paesi Bassi e Belgio]».

18      Il 7 luglio 2004 la Commissione adottava, sulla base dell’art. 14 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2771, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore delle uova (GU L 282, pag. 49), il regolamento (CE) n. 1249/2004, relativo a talune misure eccezionali di sostegno del mercato nel settore delle uova nei Paesi Bassi (GU L 237, pag. 12), e, il 24 agosto 2004, il regolamento (CE) n. 1499/2004, relativo a talune misure eccezionali di sostegno del mercato nel settore delle uova in Belgio (GU L 275, pag. 10). Ivi la Commissione equiparava le misure di sostegno adottate da tali due Stati membri, riguardo alle uova da cova, alle misure eccezionali di sostegno del mercato adottate ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 2771/75 e concedeva tanto al Regno dei Paesi Bassi quanto al Regno del Belgio un aiuto per compensare una parte delle perdite economiche derivanti dalla trasformazione delle uova da cova in ovoprodotti.

19      Nonostante il parere sfavorevole emesso dalla Repubblica italiana in seno al Comitato di gestione del 19 ottobre 2004, la Commissione adottava, il 9 dicembre 2004, sulla base dell’art. 14 del regolamento n. 2771/75, il regolamento (CE) n. 2102/2004, relativo ad alcune misure eccezionali di sostegno al mercato nel settore delle uova in Italia (GU L 365, pag. 10). Partendo dalla constatazione che le restrizioni alla libera circolazione risultanti dall’applicazione delle misure veterinarie rischiavano di alterare seriamente il mercato delle uova in Italia, e fondandosi sulle misure di sostegno al mercato adottate dalla Repubblica italiana, detto regolamento prevedeva la concessione a quest’ultima di un aiuto diretto a compensare una parte delle perdite economiche causate non solo dall’utilizzo delle uova da cova per la trasformazione in ovoprodotti, ma anche dalla distruzione delle uova la cui incubazione non avrebbe più consentito una tale trasformazione.

 Procedimenti giurisdizionali promossi dalla Repubblica italiana a seguito dell’adozione del regolamento n. 2102/2004

20      Con ordinanza 14 giugno 2006, causa T‑110/05, Italia/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale respingeva il ricorso di annullamento proposto dalla Repubblica italiana contro il regolamento n. 2102/2004 come manifestamente irricevibile, dato che il mezzo per far accertare l’obbligo per la Commissione di prendere le misure richieste dalla Repubblica italiana nel settore della carne di pollame sarebbe stato, a fronte dell’inerzia di detta istituzione, il ricorso per carenza previsto all’art. 232 CE.

21      Un ricorso per carenza introdotto dalla Repubblica italiana in seguito alla suddetta ordinanza diveniva oggetto dell’ordinanza di non luogo a statuire del Tribunale, del 22 maggio 2007, causa T‑335/06, Italia/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), giacché la Commissione aveva nel frattempo respinto esplicitamente, con la lettera del 7 febbraio 2007, le domande di misure eccezionali di sostegno al mercato italiano nel settore della carne di pollame.

 Decisione impugnata

22      Nella lettera del 7 febbraio 2007 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione considerava che le condizioni restrittive imposte dall’art. 14 del regolamento n. 2777/75 per l’adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame non erano soddisfatte nella fattispecie. I motivi di tale decisione sono enunciati ai punti 3‑6 di quest’ultima nei termini seguenti:

«3.      Per quanto riguarda i pulcini di un giorno menzionati nella domanda di codesto Ministero, si deve prendere in considerazione il fatto che la produzione di tali pulcini si trovava al di fuori delle zone sottoposte a restrizione veterinaria della libera circolazione.

I pulcini di un giorno potevano pertanto circolare liberamente ed essere commercializzati in Italia al di fuori delle zone a protezione e sorveglianza o al di fuori dell’Italia. Inoltre, la circolazione e commercializzazione nelle zone sotto protezione e sorveglianza era[no] possibil[i], in via eccezionale e a certe condizioni, in virtù delle deroghe previste dai differenti decreti emessi dai servizi veterinari italiani.

4.      Conviene sottolineare inoltre che, a differenza della produzione delle uova da cova, la produzione dei pulcini di un giorno può esser interrotta molto rapidamente semplicemente evitando di mettere le uova da cova in incubazione o inviandole alla sgusciatura. Ne consegue che anche se il mercato al di fuori delle zone soggette a protezione e sorveglianza non era in grado di assorbire i pulcini di un giorno in questione, la produzione avrebbe potuto essere interrotta, almeno temporaneamente, allo scopo di evitare un aumento delle perdite economiche.

5.      Tale differenza essenziale spiega perché la Commissione, al momento di adottare le misure eccezionali di sostegno al mercato, ha adottato un approccio differente per quanto riguarda le uova da cova rispetto ai pulcini di un giorno.

6.      Secondo le autorità italiane, la filiera di produzione della carne di pollame in Italia è strutturata di modo che [era] praticamente impossibile per gli operatori interessati avere accesso agli incubatoi posti al di fuori delle zone sottoposte a protezione e sorveglianza.

Tuttavia, le perdite subite dai produttori di pulcini di un giorno dovute al divieto di inviare i pulcini verso le zone sottoposte alle misure veterinarie sembrano essere soprattutto il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia. Tale struttura dipende a sua volta dalle scelte commerciali fatte dagli operatori.

I servizi della Commissione sono dell’avviso che la condizione secondo la quale per adottare delle misure in virtù dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 tali misure devono risultare “strettamente necessarie” non permette la copertura di costi risultanti da scelte commerciali fatte dagli operatori».

 Procedimento e conclusioni delle parti

23      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2007, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

24      La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

26      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha rivolto due quesiti scritti alle parti. Queste vi hanno risposto entro i termini impartiti.

27      Le parti hanno svolto le proprie difese orali e risposto ai quesiti loro posti dal Tribunale durante l’udienza del 19 maggio 2010.

28      A causa dell’impedimento di un membro della Settima Sezione, il presidente del Tribunale ha designato se stesso, in applicazione dell’art. 32, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, per completare la sezione.

29      Con ordinanza 18 novembre 2011, il Tribunale (Settima Sezione), nella sua nuova composizione, ha riaperto la fase orale e ha informato le parti che sarebbero state sentite in una nuova udienza.

30      Con lettere, rispettivamente, del 21 e del 22 novembre 2011, la ricorrente e la Commissione hanno informato il Tribunale che rinunciavano ad essere sentire nuovamente.

31      Il presidente del Tribunale ha indi deciso di chiudere la fase orale.

 In diritto

32      A sostegno del suo ricorso la Repubblica italiana solleva, in sostanza, quattro motivi, vertenti, il primo, sulla violazione del principio di non discriminazione enunciato all’art. 34, n. 2, secondo comma, CE, il secondo, su uno sviamento di potere e un errore manifesto di valutazione, il terzo, su un’errata interpretazione e, conseguentemente, su una violazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 nonché, il quarto, su una violazione dei principi di buona amministrazione, di imparzialità, di equità e di trasparenza.

33      Siccome la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75, si deve esaminare anzitutto il terzo motivo, vertente su un’errata interpretazione e, conseguentemente, su una violazione di detta disposizione.

 Quanto al motivo vertente su una violazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75

34      La Repubblica italiana addebita alla Commissione di aver interpretato l’art. 14 del regolamento n. 2777/75 nel senso che le misure di sostegno al mercato adottate su tale fondamento possono concernere solamente gli squilibri del mercato causati dall’impossibilità per i prodotti che si trovano in una zona sotto sorveglianza o sotto protezione di avere accesso al mercato esterno a tale zona, senza tener conto, quindi, dei danni dovuti alla difficoltà dei produttori stabiliti al di fuori di una tale zona di commercializzare i propri prodotti all’interno della stessa. L’art. 14 del regolamento n. 2777/75 non limiterebbe le misure eccezionali di sostegno del mercato ai prodotti o alle aziende che si trovano all’interno di una zona in cui vige una misura restrittiva della libertà di circolazione.

35      Nel corso del presente procedimento la Commissione avrebbe offerto una nuova interpretazione, ancor più restrittiva, dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75, secondo la quale i danni subiti dai produttori potrebbero essere coperti da misure adottate in forza di tale disposizione solo nel caso di prodotti la cui libera circolazione sia «totalmente esclusa».

36      Secondo la Repubblica italiana, entrambe le interpretazioni sono errate. Nella specie, dovrebbe essere considerato che la soppressione dei pulcini di un giorno, nelle aziende interessate, era il risultato di limitazioni alla libera circolazione delle uova da cova e del pollame vivo a seguito dello scoppio della peste aviaria e che, pertanto, le condizioni di applicazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 erano soddisfatte.

37      Quanto alla prima censura, vertente su un errore di interpretazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 nel senso di escludere l’adozione di misure comunitarie di sostegno al mercato in caso di limiti alla libera circolazione di prodotti originari di stabilimenti situati fuori dalle zone di protezione o di sorveglianza verso tali zone, è sufficiente constatare, per respingerla, che una tale interpretazione non risulta dalla decisione impugnata.

38      Vero è che la Commissione ha precisato, al punto 3 della decisione impugnata, che i pulcini di un giorno menzionati nella richiesta formulata dalla Repubblica italiana non erano stati prodotti in zone sottoposte a restrizioni veterinarie. Nondimeno, essa ha apportato tale precisazione al fine di dedurre, nella seconda parte di questo stesso punto, che tali pulcini potevano, in linea di principio, circolare liberamente al di fuori di tali zone o addirittura – in via eccezionale – all’interno di esse. Pertanto, a suo avviso, siccome i danni evocati non potevano essere attribuiti direttamente ed esclusivamente a dette restrizioni, le misure richieste non erano «strettamente necessarie» al sostegno del mercato considerato.

39      Tale brano della decisione impugnata non può, dunque, essere interpretato nel senso che esso riflette l’esclusione di qualsiasi possibilità di accordare misure comunitarie di sostegno al mercato, ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75, in caso di limiti alla libera circolazione di prodotti originari di stabilimenti situati al di fuori delle zone di protezione o di sorveglianza verso tali zone.

40      Ne consegue che questa prima censura deve essere respinta in quanto infondata.

41      Quanto alla seconda censura, vertente, in sostanza, sul fatto che la Commissione avrebbe dato un’interpretazione errata dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 considerando che la possibilità per i prodotti in questione di circolare liberamente, al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza o addirittura – in via eccezionale – all’interno di tali zone, impediva che misure di sostegno al mercato di questi stessi prodotti potessero rispondere al criterio della stretta necessità enunciato in detta disposizione, neanch’essa può essere accolta.

42      Al riguardo occorre osservare che, sebbene la formulazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75 non contenga alcuna precisazione in ordine alla natura dei limiti alla libera circolazione atti a comportare l’adozione di misure di sostegno al mercato che ne è colpito, questa disposizione prevede nondimeno che provvedimenti del genere siano eccezionali e possano essere adottati solo nella misura e per la durata strettamente necessarie a un tale sostegno. L’assenza di una tale necessità potrebbe risultare, per esempio, proprio dall’esistenza di sbocchi sufficienti per i prodotti considerati.

43      Ne consegue che la Commissione non è incorsa in errore considerando che una possibilità, per i prodotti in questione, di circolare liberamente e di essere commercializzati, in particolare al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza, sarebbe in grado di impedire l’adozione, a livello comunitario, di misure di sostegno al mercato ai sensi del regolamento n. 2777/75.

44      La seconda censura deve pertanto essere respinta come infondata e, con essa, l’intero motivo vertente su un errore di interpretazione dell’art. 14 del regolamento n. 2777/75.

45      Occorre tuttavia precisare che questa conclusione concerne unicamente l’interpretazione da dare all’art. 14 del regolamento n. 2777/75. Essa non anticipa, per contro, la valutazione da parte del Tribunale dell’applicazione che ne ha fatto la Commissione nel caso di specie e che ha costituito oggetto della censura esposta al precedente punto 36. Tale applicazione sarà valutata in sede di esame del motivo attinente a una violazione, da parte della Commissione, del principio di non discriminazione enunciato all’art. 34, n. 2, secondo comma, CE.

 Quanto al motivo vertente su una violazione del principio di non discriminazione enunciato all’art. 34, n. 2, secondo comma, CE

46      Il presente motivo è suddiviso in due capi. La Repubblica italiana contesta alla Commissione anzitutto una differenza di trattamento tra i produttori italiani di uova da cova e i produttori italiani di pulcini di un giorno, laddove queste due categorie di produttori verserebbero in una situazione analoga con riferimento alle misure veterinarie adottate dalle autorità italiane. La Repubblica italiana contesta indi alla Commissione, in sostanza, di aver adottato misure identiche di sostegno al mercato delle uova da cova, in Italia, da un lato, e nei Paesi Bassi e nel Belgio, dall’altro, senza tener conto delle loro rispettive caratteristiche.

47      Il primo capo di questo motivo si articola a sua volta in due censure.

48      In primo luogo, a torto la Commissione avrebbe considerato, nella decisione impugnata, che i pulcini di un giorno oggetto della richiesta di misure di sostegno al mercato potevano circolare liberamente ed essere commercializzati in Italia al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza, o al di fuori dell’Italia, e perfino nelle zone di protezione e di sorveglianza, a determinate condizioni e in via eccezionale.

49      In secondo luogo, la Commissione sarebbe incorsa in errore ritenendo che, contrariamente ai produttori di uova da cova, i produttori di pulcini di un giorno fossero in condizione di interrompere immediatamente la produzione degli stessi ponendo fine ai processi di incubazione in corso.

50      La Commissione contesta tale ragionamento. La Repubblica italiana ometterebbe di fornire qualsivoglia prova del suo assunto secondo cui la situazione dei produttori di uova da cova e quella dei produttori di pulcini erano identiche. Le perdite subite dai centri di incubazione italiani sarebbero il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia e degli errori di valutazione commessi dagli operatori del settore nonché di loro scelte commerciali azzardate.

51      La Commissione sostiene, inoltre, che la produzione di uova da cova non poteva essere sospesa in tempi brevi, semplicemente mettendo in muta gli animali riproduttori e riducendo, così, la deposizione delle uova. Una tale operazione non sarebbe né semplice né rapida, diversamente dall’interruzione dell’incubazione dei pulcini. Sarebbe a motivo di tale differenza fondamentale che la Commissione ha deciso, al punto 4 della decisione impugnata, che un trattamento differenziato tra i produttori di uova da cova e i produttori di pulcini di un giorno era giustificato a livello di misure di sostegno al mercato destinate a rispondere ai limiti alla libera circolazione conseguiti all’influenza aviaria.

52      Si deve anzitutto rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il divieto di discriminazione sancito dall’art. 34, n. 2, secondo comma, CE è solo un’espressione specifica del principio generale di uguaglianza nel diritto dell’Unione europea, il quale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera differenziata e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento differenziato non sia obiettivamente giustificato (sentenza della Corte 13 dicembre 1984, causa 106/83, Sermide, Racc. pag. 4209, punto 28).

53      Il principio di non discriminazione tra produttori o consumatori della Comunità, enunciato all’art. 34, n. 2, secondo comma, CE, è dunque uno dei principi fondamentali del Trattato (v., per analogia, sull’interpretazione dell’art. 40, n. 3, secondo comma, CEE, sentenza della Corte 13 luglio 1978, causa 8/78, Milac, Racc. pag. 1721, punto 18).

54      La violazione del principio di parità di trattamento a causa di un trattamento differenziato presuppone che le situazioni considerate siano comparabili alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione all’origine della differenza di trattamento. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui si riferisce l’atto in parola (v. sentenza della Corte 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., Racc. pag. I‑9895, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

55      D’altro lato, le istituzioni dell’Unione dispongono in materia di politica agricola comune di un ampio potere discrezionale, che tiene conto delle responsabilità che sono loro conferite in materia dal Trattato (sentenza della Corte 21 febbraio 1990, cause riunite da C‑267/88 a C‑285/88, Wuidart e a., Racc. pag. I‑435, punto 14, e sentenza del Tribunale 13 novembre 2008, causa T‑128/05, SPM/Consiglio e Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 94).

56      In tale ambito il giudice deve allora esaminare se le misure prese non siano inficiate da un errore manifesto di valutazione o da uno sviamento di potere (sentenze della Corte 8 giugno 1989, causa 167/88, AGPB, Racc. pag. 1653, punto 29, e 6 luglio 2000, causa C‑289/97, Eridania, Racc. pag. I‑5409, punto 49). Pertanto esso deve controllare se l’istituzione che ha adottato l’atto contestato abbia esaminato in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14, e sentenza del Tribunale 9 settembre 2008, causa T‑75/06, Bayer CropScience e a./Commissione, Racc. pag. II‑2081, punto 84).

57      I limiti dei poteri delle istituzioni devono essere valutati, in particolare, con riferimento agli obiettivi generali essenziali dell’organizzazione comune del mercato (v. sentenze della Corte 27 novembre 1997, causa C‑369/95, Somalfruit e Camar, Racc. pag. I‑6619, punto 62 e giurisprudenza ivi citata, nonché 15 luglio 2004, cause riunite C‑37/02 e C‑38/02, Di Lenardo e Dilexport, Racc. pag. I‑6911, punto 55).

58      Quanto alla prima censura della Repubblica italiana, relativa all’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione considerando, nella decisione impugnata, che i pulcini di un giorno oggetto della richiesta di misure di sostegno al mercato potessero circolare liberamente, il Tribunale rileva che, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale, sono state adottate e messe in atto in Italia misure di restrizione della libera circolazione a seguito delle diverse epidemie di influenza aviaria che hanno colpito il paese tra il 1999 e il 2003.

59      Per esempio, la decisione 23 dicembre 1999 ha vietato l’esportazione sia di pollame vivo sia di uova da cova dalle regioni sede di focolai, ossia il Veneto, la Lombardia e la Sardegna, verso le restanti regioni, gli altri Stati membri e i paesi terzi. La decisione 14 gennaio 2000, da parte sua, ha confermato tali divieti di esportazione ampliando al tempo stesso il loro ambito geografico di applicazione. Essa ha altresì regolamentato la movimentazione di pollame vivo e di uova da cova provenienti da stabilimenti situati non solo al di fuori delle regioni interessate, ma pure nelle province esenti da focolai delle regioni interessate, nonché, con maggiori restrizioni, la movimentazione di questi stessi animali e prodotti provenienti da stabilimenti siti nelle province dove erano stati individuati focolai di epidemia.

60      La movimentazione di pollame vivo nonché di uova da cova provenienti da stabilimenti ubicati in queste ultime province, però su territori esterni alle zone di protezione e di sorveglianza era autorizzata, ma unicamente all’interno e tra le regioni interessate e, per quanto riguarda i pulcini di un giorno, unicamente verso le pulcinaie poste sotto controllo medico. Una deroga era certamente prevista per i pulcini di un giorno, i cui movimenti verso altre regioni non colpite dall’epidemia erano possibili, sotto controllo medico, a condizione che l’autorità regionale competente per il territorio di destinazione lo autorizzasse. Questa possibilità è nondimeno rimasta, secondo la Repubblica italiana, pura teoria. Ora, non risulta da alcun punto della decisione impugnata che la Commissione sia andata a verificare che, in tali circostanze, siffatte autorizzazioni siano state rilasciate e abbiano permesso determinate movimentazioni di pulcini di un giorno provenienti da stabilimenti situati in province sede di focolai verso altre regioni non colpite dall’influenza aviaria.

61      Le regioni interessate hanno completato queste misure nazionali con differenti restrizioni supplementari alla libera circolazione, concernenti in particolare i movimenti di pollame e di altri volatili verso allevamenti situati nelle zone di protezione e di sorveglianza. In Lombardia, per esempio, l’accasamento di pollame vivo e di altri volatili è stato vietato nelle zone di protezione e sottoposto a forti limitazioni nelle zone di sorveglianza.

62      Alla luce di quanto precede la Commissione è quindi incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando, al punto 3 della decisione impugnata, che la produzione di pulcini di un giorno per i quali la Repubblica italiana aveva sollecitato una misura comunitaria di sostegno al mercato si trovasse al di fuori delle zone soggette a restrizioni veterinarie alla libera circolazione e che, pertanto, tali pulcini potessero, in linea di principio, circolare liberamente al di fuori delle zone di sorveglianza e di protezione, o al di fuori dell’Italia, e perfino in zone di sorveglianza e di protezione.

63      Riguardo alla portata geografica dei limiti alla libera circolazione esaminati sopra nonché alla loro intensità, si deve altresì considerare che a torto la Commissione ha indicato, al punto 6 della decisione impugnata, che le perdite subite dai produttori di pulcini di un giorno, a seguito del divieto di trasferire i pulcini nelle zone sottoposte a misure veterinarie, erano principalmente il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia e, quindi, delle scelte commerciali degli operatori interessati.

64      Occorre ancora rilevare che le restrizioni alla circolazione disposte dal Ministero della Sanità italiano in data 23 dicembre 1999 e 14 gennaio 2000 si applicavano non soltanto al pollame vivo originario di aziende stabilite nelle regioni colpite dall’influenza aviaria, tuttavia al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza, bensì anche alle uova da cova originarie di aziende situate su questi stessi territori. In pratica, e senza neanche considerare le restrizioni più significative che hanno potuto essere adottate a livello regionale quanto all’accasamento dei pulcini di un giorno all’interno delle zone di protezione e di sorveglianza, queste due categorie di prodotti sono state così sottoposte a un regime di limitazione della libera circolazione ampiamente simile.

65      Di conseguenza, quand’anche dimostrata, la possibilità di circolazione dei pulcini di un giorno poteva difficilmente giustificare, dal punto di vista delle misure di sostegno al mercato controverse, una differenza di trattamento tra le uova da cova originarie di aziende stabilite nelle province sede di focolai, ma al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza, da un lato, e i pulcini di un giorno originari di aziende situate su questi stessi territori, dall’altro.

66      Questo solo errore manifesto di valutazione non è, tuttavia, sufficiente per concludere che la decisione impugnata ha ignorato il principio di non discriminazione. Infatti, al punto 4 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto valere una differenza, a suo avviso sostanziale, tra la produzione delle uova da cova, da un lato, e quella dei pulcini di un giorno, dall’altro, vale a dire che solo la produzione dei secondi poteva essere interrotta facilmente e rapidamente, non mettendo più le uova da cova in incubazione o inviandole alla sgusciatura.

67      Si deve dunque esaminare la seconda censura sollevata dalla Repubblica italiana, relativa all’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione operando una distinzione del genere.

68      Occorre anzitutto ricordare che, per valutare se un atto dell’Unione sia viziato da una discriminazione, devono essere presi in considerazione, in particolare, i principi e gli obiettivi del settore cui tale atto si riferisce (sentenza Arcelor Atlantique et Lorraine e a., cit. al punto 54 supra, punto 19).

69      A tale proposito, poiché l’obiettivo principale dei provvedimenti di cui agli artt. 14 dei regolamenti nn. 2771/75 e 2777/75 è quello di ovviare agli eventuali squilibri del mercato dovuti ai limiti alla libera circolazione che potrebbero risultare dall’applicazione di misure destinate a combattere la propagazione di malattie degli animali, l’identificazione del mercato pertinente è cruciale, nella fattispecie, ai fini dell’analisi di un’eventuale discriminazione.

70      Emerge peraltro dalla formulazione del regolamento n. 2102/2004 che le misure di sostegno al mercato che esso prevede riguardano la compensazione delle perdite economiche causate tanto dall’utilizzo delle uova da cova per la trasformazione in ovoprodotti quanto dalla distruzione delle stesse. Come la Commissione ha confermato in udienza, il riferimento operato a una tale distruzione, che non ha equivalenti nei regolamenti di sostegno ai mercati olandese e belga, indica che, quanto all’Italia, compensazioni erano possibili per le uova da cova già incubate e, perciò, inadatte alla trasformazione in ovoprodotti.

71      È alla luce di tale contesto che occorre valutare l’argomento della Commissione relativo alla possibilità che, a suo parere, i produttori di pulcini di un giorno avevano, a seguito dell’entrata in vigore delle misure di restrizione alla libera circolazione, di interrompere rapidamente la produzione degli stessi non mettendo più le uova in incubazione oppure inviandole alla sgusciatura.

72      È necessario, nella fattispecie, distinguere due tipi di situazioni in cui la decisione impugnata comporta una disparità di trattamento.

73      La prima ha ad oggetto i pulcini di un giorno, da un lato, e le uova da cova che ancora non sono state messe in incubazione, dall’altro. La Commissione fa valere che i produttori di pulcini i quali non hanno immediatamente interrotto le incubazioni in corso allorché le misure di limitazione della libera circolazione sono entrate in vigore erano responsabili dell’aggravamento del loro danno e che, pertanto, non sarebbe stato giustificato farli beneficiare di misure di sostegno del mercato.

74      Ebbene, la decisione presa da taluni produttori di pulcini di un giorno di mantenere i processi di incubazione in corso deve essere valutata oggettivamente, tenendo conto delle necessità economiche che incombevano su di loro al momento dell’entrata in vigore delle misure di restrizione della circolazione delle uova da cova e del pollame vivo adottate dalle autorità italiane.

75      Ora, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, si comprende come taluni produttori di pulcini di un giorno stabiliti nelle regioni colpite dall’influenza aviaria, ma al di fuori delle zone di protezione e di sorveglianza, abbiano deciso di proseguire temporaneamente i processi di incubazione in corso nei periodi immediatamente successivi all’adozione delle prime misure veterinarie, tanto più che i loro stabilimenti di destinazione non erano ancora stati sottoposti a misure che vietavano l’accasamento di nuovi pulcini a scopo allevamento.

76      A tale riguardo occorre anzitutto sottolineare, e la Commissione non lo smentisce, che la richiesta di sostegno al mercato presentata dalla Repubblica italiana concerneva esclusivamente le distruzioni di pulcini di un giorno nati da uova la cui incubazione era iniziata quando gli allevamenti di destinazione non costituivano ancora oggetto di misure di divieto di accasamento.

77      Occorre poi rammentare che le zone di protezione e di sorveglianza entro le quali erano applicabili misure restrittive della libera circolazione sono state progressivamente estese. È così che taluni allevamenti di destinazione che non erano colpiti da misure di divieto di accasamento al momento della creazione di tali zone sono stati sottoposti a misure siffatte qualche settimana dopo.

78      Ora, poiché tali allevamenti di destinazione si trovavano in province sede di focolai, così come gli allevatori di pulcini di un giorno interessati dalla richiesta di sostegno al mercato della Repubblica italiana, sono principalmente questi ultimi, vista la loro vicinanza geografica agli allevamenti in questione, ad aver subito gli effetti dell’estensione delle misure di divieto di accasamento.

79      Messi di fronte non soltanto a misure di divieto di circolazione al di fuori delle regioni sede di focolai, ma anche a provvedimenti di divieto o di limitazione dell’accasamento all’interno delle zone di protezione e di sorveglianza, tali produttori sono stati, dunque, costretti ad abbattere i pulcini di un giorno nati immediatamente dopo dette estensioni, senza che una tale soppressione avesse potuto essere ragionevolmente anticipata al momento dell’incubazione delle uova da cui questi ultimi erano nati.

80      Occorre inoltre tener conto del fatto che la produzione di un pulcino rientra in un processo che dura dalle tre alle quattro settimane, a seconda che si tratti di un nato di pollo o di tacchino. Ciò significa che, in caso di interruzione del processo di incubazione, è necessario un periodo di tempo almeno equivalente perché i produttori di pulcini di un giorno siano di nuovo in grado di soddisfare la domanda degli allevamenti di destinazione. Inoltre, un uovo la cui incubazione è già iniziata ha valore economico solo se l’incubazione giunge a termine, poiché oramai non può più essere trasformato in ovoprodotto.

81      Alla luce di queste due osservazioni risulta evidente non solo che il danno economico conseguente a una decisione di interrompere l’incubazione era considerevole per i produttori interessati, ma anche che una tale decisione, contrariamente a quanto afferma la Commissione al punto 4 della decisione impugnata, non garantiva a questi stessi produttori una limitazione delle perdite risultanti dalle restrizioni alla libera circolazione susseguite allo scoppio delle epidemie di influenza aviaria in talune regioni d’Italia.

82      Ne consegue che a torto la Commissione, nella decisione impugnata, si è basata sulla possibilità che, a suo avviso, i produttori di pulcini di un giorno avevano, a seguito dell’entrata in vigore delle misure di restrizione alla libera circolazione, di interrompere rapidamente la produzione di tali pulcini, non mettendo più le uova da cova in incubazione oppure inviandole alla sgusciatura, per operare una distinzione tra i pulcini di un giorno, da un lato, e le uova da cova non ancora messe in incubazione, dall’altro.

83      Tuttavia, non si può dedurre da questo solo errore che, a proposito di questa prima situazione, la Commissione abbia ignorato il principio di non discriminazione. Infatti, tenuto conto dell’ampiezza del potere discrezionale di cui essa beneficia per l’organizzazione comune dei mercati, la Commissione poteva legittimamente considerare che i pulcini di un giorno, da un lato, e le uova da cova non ancora messe in incubazione, dall’altro, non versassero in una situazione analoga. Tanto più che, come giustamente sottolinea la Commissione, ognuno di questi due tipi di prodotti rientrava in un contesto regolamentare diverso per l’organizzazione comune dei mercati.

84      La seconda situazione in cui può scorgersi una differenza di trattamento nella fattispecie ha ad oggetto, da un lato, i pulcini di un giorno e, dall’altro, le uova da cova per le quali il processo di incubazione è stato avviato, ma non è ancora terminato.

85      Al riguardo, come è stato rilevato al precedente punto 70, il regolamento n. 2102/2004, sebbene miri segnatamente a sostenere il mercato delle uova introducendo un indennizzo per la trasformazione di queste ultime in ovoprodotti, si applica pure ad uova già incubate e, perciò, inadatte ad essere trasformate in ovoprodotti. Poiché una tale incubazione risponde all’unico obiettivo di produrre pulcini di un giorno destinati all’allevamento, si deve considerare che, in pratica, quest’applicazione specifica del regolamento sostiene il mercato della carne di pollame.

86      Ciò significa, come è stato confermato dalla Commissione in udienza, che non è la produzione dei pulcini di un giorno in quanto tale ad essere esclusa dalle misure comunitarie di sostegno al mercato di cui trattasi nella presente controversia, bensì le sole perdite economiche causate dalla soppressione di pulcini già usciti dall’uovo.

87      Orbene, le uova già incubate e i pulcini di un giorno, pur non essendo esattamente prodotti identici, in realtà appartengono al medesimo segmento di mercato della carne di pollame, di cui rispecchiano stadi di produzione distinti.

88      Di conseguenza, riguardo alle misure di sostegno al mercato in discussione nella presente controversia, tali prodotti si trovavano in situazioni paragonabili.

89      Resta da valutare se la differenza di trattamento tra questi prodotti non possa essere giustificata ad altro titolo. Infatti, risulta dalla giurisprudenza che differenze oggettive delle condizioni economiche nelle quali diversi prodotti sono commercializzati possono giustificare che la Commissione riservi loro un trattamento distinto al momento dell’adozione di misure di organizzazione dei mercati [sentenze della Corte 11 marzo 1987, cause riunite 279/84, 280/84, 285/84 e 286/84, Rau Lebensmittelwerke e a./Commissione, Racc. pag. 1069, punto 22; causa 27/85, Vandemoortele/CEE, Racc. pag. 1129, punto 29; causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products (Lopik)/CEE, Racc. pag. 1155, punto 29, nonché 6 marzo 2003, causa C‑14/01, Niemann, Racc. pag. I‑2279, punti 49‑54].

90      A tale proposito si deve innanzitutto rilevare che l’argomento svolto al punto 4 della decisione impugnata, relativo alla possibilità di interrompere rapidamente e senza difficoltà la produzione di pulcini di un giorno, non può giustificare la differenza di trattamento che la decisione impugnata instaura tra, da un lato, le perdite economiche causate dalla soppressione dei pulcini di un giorno e, dall’altro, quelle causate dalla distruzione delle uova da cova per le quali l’incubazione è già iniziata, ma non è ancora giunta a termine.

91      Infatti, queste due categorie di perdite, anche se la Commissione le tratta separatamente, sono state riportate pur sempre da una sola ed unica categoria di operatori economici, ossia i produttori di pulcini di un giorno. Orbene, risulta senza ambiguità dalla formulazione della decisione impugnata che tale argomento è volto unicamente a giustificare la distinzione operata dalla Commissione fra due categorie diverse di operatori economici, cioè fra i produttori di pulcini di un giorno, da un lato, e i produttori di uova da cova, dall’altro. È, del resto, sotto questo aspetto che tale argomento è stato esaminato ai punti 73‑82 supra.

92      Un ragionamento simile deve essere seguito quanto all’argomento esposto al punto 6 della decisione impugnata, secondo il quale le perdite subite dei produttori di pulcini di un giorno, a seguito delle restrizioni alla libera circolazione del pollame vivo decretate in Italia, sarebbero principalmente il risultato della struttura della filiera di produzione della carne di pollame in tale Stato membro e, pertanto, delle scelte commerciali degli operatori interessati.

93      Infatti, anche se la Commissione ha sostenuto tale argomento, l’ha fatto di nuovo al solo fine di giustificare una disparità di trattamento, dal punto di vista delle misure di sostegno al mercato, tra i produttori di pulcini di un giorno e i produttori di uova da cova. In realtà, detto argomento, relativo ai produttori di pulcini di un giorno in generale, non è idoneo a giustificare una distinzione tra questi stessi produttori a seconda del loro comportamento di fronte alle epidemie di influenza aviaria alle quali il loro settore è stato esposto.

94      Ammesso pure che tale argomento debba essere accolto, quod non (v. punto 63 supra), ne risulterebbe una contraddizione. Infatti, come per la soppressione di pulcini, le perdite risultanti dalla distruzione di uova per le quali l’incubazione era già iniziata sono intervenute nel settore della produzione dei pulcini di un giorno. A seguire il ragionamento della Commissione, tali perdite avrebbero allora dovuto trovare anch’esse la loro causa principale nella struttura della filiera di produzione della carne di pollame in Italia e, pertanto, nelle scelte commerciali degli operatori interessati. Ebbene, le misure di sostegno al mercato decretate nel regolamento 2102/2004 prevedono un aiuto per compensare parte di tali perdite.

95      In udienza la Commissione ha invocato l’ulteriore circostanza che il costo della soppressione di un pulcino di un giorno sarebbe più elevato di quello della distruzione di un uovo. La Repubblica italiana, pur indicando che le misure di sostegno al mercato decise dalle autorità italiane prevedono che un pulcino di un giorno abbia maggior valore di un nuovo da cova trasformato in ovoprodotto, ha contestato l’esistenza di una differenza fra i costi di distruzione delle uova da cova già incubate e quelli di soppressione dei pulcini di un giorno.

96      Senza che sia necessario pronunciarsi sulla pertinenza di tale argomento per l’analisi della disparità di trattamento in causa, è giocoforza rilevare che la Commissione non ha prodotto nessun elemento atto a corroborare tale affermazione. Occorre inoltre precisare che i dati forniti dalla Repubblica italiana riguardavano solo le uova da cova trasformate in ovoprodotti e i pulcini di un giorno, ma non le uova da cova già incubate, ragion per cui non può essere tenuto conto, nella fattispecie, della differenza di valore nelle misure di sostegno al mercato adottate in Italia evocata dalla Repubblica italiana in udienza.

97      Infine, riguardo all’argomento della Commissione, anch’esso sollevato in udienza, secondo il quale il rifiuto opposto nella decisione impugnata si spiegherebbe in parte con considerazioni di tutela degli animali, occorre ricordare che per sua natura esso non è in grado di giustificare la disparità di trattamento di cui trattasi.

98      Infatti, è pacifico che le misure di sostegno al mercato contenute nel regolamento n. 2102/2004 sono state decretate allo specifico scopo di compensare, in parte, le perdite economiche causate dalla distruzione delle uova incubate. Ora, tra tali uova ve ne erano alcune il cui stadio d’incubazione era già sufficientemente avanzato perché contenessero pulcini interamente formati o quasi. Se ne inferisce che dette misure di sostegno al mercato prevedevano compensazioni altresì per perdite economiche causate dalla soppressione di animali vivi.

99      A torto, dunque, la Commissione, nell’ambito dell’adozione di misure di sostegno al mercato, ha operato una distinzione fra le perdite economiche causate dalla soppressione dei pulcini di un giorno, da un lato, e quelle dovute alla distruzione delle uova da cova per le quali il processo di incubazione era iniziato ma non ancora terminato, dall’altro.

100    Alla luce di quanto precede è giocoforza considerare che il primo capo del presente motivo è fondato e che, perciò, la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario pronunciarsi sul secondo capo di questo stesso motivo né sugli altri motivi del ricorso.

 Sulle spese

101    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

102    Poiché la Commissione risulta soccombente, occorre condannarla alle spese conformemente alle conclusioni della Repubblica italiana.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione, del 7 febbraio 2007, che ha respinto la richiesta della Repubblica italiana di adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato della carne di pollame, in applicazione dell’art. 14 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1975, n. 2777, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame, è annullata.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Jaeger

Forwood

Schwarcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 gennaio 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano