Language of document : ECLI:EU:T:2018:456

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

12 luglio 2018 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Infrazione unica e continuata – Illegittimità della decisione di ispezione – Termine ragionevole – Principio di buona amministrazione – Principio della responsabilità personale – Responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda – Prova sufficiente dell’infrazione – Durata dell’infrazione – Ammende – Proporzionalità – Parità di trattamento – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑449/14,

Nexans Francia SAS, con sede in Courbevoie (Francia),

Nexans SA, con sede in Courbevoie,

rappresentate da G. Forwood, avvocato, M. Powell, A. Rogers e A. Oh, solicitors,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da C. Giolito, H. van Vliet e A. Biolan, successivamente da C. Giolito e H. van Vliet, in qualità di agenti, assistiti da B. Doherty, barrister,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE intesa a ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione C(2014) 2139 final della Commissione, del 2 aprile 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici), nella parte riguardante le ricorrenti, nonché, in subordine, la riduzione dell’importo delle ammende inflitte a queste ultime,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva (relatore) e R. Barents, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 marzo 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Ricorrenti e settore interessato

1        Le ricorrenti, Nexans France SAS e la sua società madre, Nexans SA, sono società francesi operanti nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini.

2        I cavi elettrici sottomarini e sotterranei sono utilizzati, rispettivamente sott’acqua e sotto terra, per la trasmissione e la distribuzione di elettricità. Essi sono classificati in tre categorie: bassa tensione, media tensione, nonché alta e altissima tensione. I cavi elettrici ad alta e altissima tensione sono, nella maggioranza dei casi, venduti nell’ambito di progetti. Tali progetti consistono in una combinazione formata dal cavo elettrico e dalle attrezzature, dagli impianti e dai servizi supplementari necessari. I cavi elettrici ad alta ed altissima tensione vengono venduti nel mondo intero a grandi gestori di reti nazionali e ad altre imprese di elettricità, principalmente nell’ambito di appalti pubblici.

B.      Procedimento amministrativo

3        Con lettera del 17 ottobre 2008, la società svedese ABB AB ha fornito alla Commissione delle Comunità europee una serie di dichiarazioni e di documenti relativi a pratiche commerciali restrittive nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini. Tali dichiarazioni e tali documenti sono stati presentati nell’ambito di una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole»).

4        Dal 28 gennaio al 3 febbraio 2009, a seguito delle dichiarazioni della ABB, la Commissione ha effettuato delle ispezioni nei locali della Prysmian SpA e della Prysmian Cavi e Sistemi Srl, nonché delle ricorrenti.

5        Il 2 febbraio 2009, le società giapponesi Sumitomo Electric Industries Ltd, Hitachi Cable Ltd e J‑Power Systems Corp. hanno presentato una domanda congiunta di immunità dall’ammenda a norma del paragrafo 14 della comunicazione sul trattamento favorevole o, in subordine, di riduzione del suo importo, a norma del paragrafo 27 della medesima comunicazione. Dette società hanno poi fornito alla Commissione ulteriori dichiarazioni orali e altri documenti.

6        Nel corso dell’indagine, la Commissione ha inviato varie richieste di informazioni, a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché ai sensi del paragrafo 12 della comunicazione sul trattamento favorevole, a imprese del settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini.

7        Il 30 giugno 2011, la Commissione ha aperto un procedimento e ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti delle seguenti entità giuridiche: Pirelli & C. SpA, Prysmian Cavi e Sistemi Energia, Prysmian, The Goldman Sachs Group, Inc., Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable, J‑Power Systems, Furukawa Electric Co. Ltd, Fujikura Ltd, Viscas Corp., SWCC Showa Holdings Co. Ltd, Mitsubishi Cable Industries Ltd, Exsym Corp., ABB, ABB Ltd, Brugg Kabel AG, Kabelwerke Brugg AG Holding, nkt cables GmbH, NKT Holding A/S, Silec Cable SAS, Grupo General Cable Sistemas, SA, Safran SA, General Cable Corp., LS Cable & System Ltd, Taihan Electric Wire Co. Ltd e le ricorrenti.

8        Dall’11 al 18 giugno 2012, tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti, ad eccezione della Furukawa Electric, hanno partecipato a un’audizione amministrativa dinanzi alla Commissione

9        Con sentenze in data 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), e 14 novembre 2012, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione (T‑140/09, non pubblicata, EU:T:2012:597), il Tribunale ha parzialmente annullato le decisioni di ispezione rivolte, da un lato, nei confronti delle ricorrenti e, dall’altro, nei confronti della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia, nella parte in cui esse riguardavano cavi elettrici diversi dai cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta tensione e il materiale connesso ai cavi diversi da questi ultimi, ed ha respinto i ricorsi per il resto. Il 24 gennaio 2013, le ricorrenti hanno proposto un’impugnazione contro la prima di queste sentenze. Con sentenza del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030), la Corte ha respinto tale impugnazione.

10      Il 2 aprile 2014, la Commissione ha adottato la propria decisione C(2014) 2139 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

C.      Decisione impugnata

1.      Infrazione in esame

11      L’articolo 1 della decisione impugnata stabilisce che varie imprese hanno partecipato nel corso dei diversi periodi a un’infrazione unica e continuata dell’articolo 101 TFUE «avente per oggetto i cavi elettrici ad alta (altissima) tensione sotterranei e/o sottomarini». In sostanza, la Commissione ha constatato che, a partire dal febbraio 1999 e fino alla fine del gennaio 2009, i principali produttori europei, giapponesi e sudcoreani di cavi elettrici sottomarini e sotterranei hanno partecipato ad una rete di riunioni multilaterali e bilaterali e hanno stabilito contatti intesi a restringere la concorrenza per progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini ad alta (altissima) tensione in territori specifici, ripartendosi i mercati e i clienti e falsando così il normale gioco della concorrenza (punti da 10 a 13 e 66 della suddetta decisione).

12      Nella decisione impugnata, la Commissione ha affermato che l’intesa rivestiva due configurazioni principali che costituivano un insieme articolato. Più precisamente, a suo avviso, l’intesa si componeva di due parti, vale a dire:

–        la «configurazione A/R di cartello», che raggruppava le imprese europee, generalmente denominate «membri R», le imprese giapponesi, designate come «membri A», e, infine, le imprese sudcoreane, designate come «membri K». Detta configurazione permetteva di realizzare l’obiettivo di assegnazione di territori e di clienti tra produttori europei, giapponesi e sudcoreani. Tale assegnazione veniva effettuata in base ad un accordo sul «territorio domestico», in virtù del quale i produttori giapponesi e sudcoreani si astenevano dall’entrare in concorrenza per progetti da realizzare nel «territorio domestico» dei produttori europei, mentre questi ultimi si impegnavano a restare al di fuori dei mercati del Giappone e della Corea del Sud. A ciò si aggiungeva l’assegnazione di progetti nei «territori di esportazione», ossia il resto del mondo ad esclusione, in particolare, degli Stati Uniti, assegnazione che, per un certo periodo, ha rispettato una «regola del 60/40», la quale significava che il 60% dei progetti era riservato ai produttori europei ed il restante 40% ai produttori asiatici;

–        la «configurazione europea di cartello», che prevedeva l’assegnazione di territori e clienti da parte dei produttori europei per progetti da realizzare nel «territorio domestico» europeo o attribuiti ai produttori europei (v. sezione 3.3 della decisione impugnata e, in particolare, punti 73 e 74 di detta decisione).

13      La Commissione ha constatato che i partecipanti all’intesa avevano istituito obblighi di comunicazione di dati, per consentire il controllo delle assegnazioni concordate (punti da 94 a 106 e da 111 a 115 della decisione impugnata).

14      Tenendo conto del ruolo ricoperto dai diversi partecipanti all’intesa nell’attuazione di quest’ultima, la Commissione li ha classificati in tre gruppi. Anzitutto, essa ha definito il nucleo centrale dell’intesa, del quale facevano parte, da un lato, le imprese europee Nexans France, le imprese partecipate da Pirelli & C., già Pirelli SpA, che hanno successivamente partecipato all’intesa (in prosieguo: «Pirelli»), e Prysmian Cavi e Sistemi Energia, e, dall’altro, le imprese giapponesi Furukawa Electric, Fujikura e la loro impresa comune Viscas, nonché Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e la loro impresa comune J‑Power Systems (punti da 545 a 561 della decisione impugnata). Poi, essa ha identificato un gruppo di imprese che non avevano fatto parte del nucleo centrale, ma che non potevano per questo essere considerate membri marginali dell’intesa, ed ha classificato in tale gruppo ABB, Exsym, Brugg Kabel e l’entità costituita da Sagem SA, da Safran e da Silec Cable (punti da 562 a 575 di detta decisione). Infine, la Commissione ha considerato che Mitsubishi Cable Industries, SWCC Showa Holdings. Ltd, LS Cable & System, Taihan Electric Wire e nkt cables erano membri marginali dell’intesa (punti da 576 a 594 della citata decisione).

2.      Responsabilità delle ricorrenti

15      La responsabilità della Nexans France è stata ritenuta sussistente a motivo della sua partecipazione diretta all’intesa dal 13 novembre 2000 al 28 gennaio 2009. La Nexans è stata considerata responsabile dell’infrazione in qualità di società madre della Nexans France a partire dal 12 giugno 2001 fino al 28 gennaio 2009 (punti 712 e 714 della decisione impugnata).

3.      Ammende inflitte

16      L’articolo 2, lettere c) e d), della decisione impugnata infligge, da un lato, un’ammenda dell’importo di EUR 4 903 000 alla Nexans France (per il periodo dal 13 novembre 2000 all’11 giugno 2001) e, dall’altro, un’ammenda di un importo di EUR 65 767 000 alla Nexans France «in solido» con la Nexans (per il periodo dal 12 giugno 2001 al 28 gennaio 2009).

17      Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, nonché la metodologia illustrata negli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione del citato articolo (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende»).

18      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base delle ammende, la Commissione, dopo aver stabilito il valore delle vendite appropriato, in conformità del paragrafo 18 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende (punti da 963 a 994 della decisione impugnata), ha fissato la percentuale di tale valore delle vendite che rispecchiava la gravità dell’infrazione, in conformità dei paragrafi 22 e 23 dei medesimi orientamenti. A questo proposito, essa ha ritenuto che l’infrazione, per sua natura, costituisse una delle più gravi restrizioni della concorrenza, ciò che giustificava un coefficiente di gravità del 15%. Del pari, essa ha applicato una maggiorazione del 2% del coefficiente di gravità per l’insieme dei destinatari in ragione della quota di mercato aggregata nonché della portata geografica quasi mondiale dell’intesa, che copriva segnatamente l’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE). Inoltre, essa ha ritenuto, in particolare, che il comportamento delle imprese europee fosse più dannoso per la concorrenza di quello delle altre imprese, in quanto, oltre alla loro partecipazione alla configurazione A/R del cartello, le imprese europee si erano spartite i progetti di cavi elettrici nell’ambito della configurazione europea del cartello. Per tale ragione, la Commissione ha fissato la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo della gravità dell’infrazione nella misura del 19% per le imprese europee e del 17% per le altre imprese (punti da 997 a 1010 di detta decisione).

19      Per quanto riguarda il coefficiente moltiplicatore relativo alla durata dell’infrazione, la Commissione ha adottato, relativamente alla Nexans France, un coefficiente di 8,16 per il periodo compreso tra il 13 novembre 2000 e il 28 gennaio 2009 e, relativamente alla Nexans, un coefficiente di 7,58 per il periodo compreso tra il 12 giugno 2001 e il 28 gennaio 2009. Per la Nexans France essa ha inoltre incluso nell’importo di base delle ammende un importo supplementare (il diritto d’ingresso) corrispondente al 19% del valore delle vendite. Questo importo così determinato ammontava a EUR 70 670 000 (punti da 1011 a 1016 della decisione impugnata).

20      In secondo luogo, per quanto riguarda gli adattamenti dell’importo di base delle ammende, la Commissione non ha constatato l’esistenza di circostanze aggravanti che potessero influire sull’importo di base dell’ammenda stabilito nei confronti di ciascuno dei partecipanti all’intesa, fatta eccezione per la ABB. Per contro, per quanto riguarda le circostanze attenuanti, essa ha deciso di far sì che l’importo delle ammende rispecchiasse il livello di partecipazione delle diverse imprese nell’attuazione dell’intesa. Pertanto, essa ha ridotto del 10% l’importo di base dell’ammenda da infliggere per i membri marginali dell’intesa, e del 5% l’importo di base delle ammende da infliggere per le imprese il cui livello di coinvolgimento nell’intesa era medio. Inoltre, essa ha riconosciuto alla Mitsubishi Cable Industries e alla SWCC Showa Holdings per il periodo precedente la creazione della Exsym, nonché alla LS Cable & System e alla Taihan Electric Wire, una riduzione supplementare dell’1% per non essere state a conoscenza di taluni aspetti dell’infrazione unica e continuata e per la loro mancanza di responsabilità in questi ultimi. Per contro, nessuna riduzione dell’importo di base dell’ammenda è stata riconosciuta alle imprese appartenenti al nucleo centrale dell’intesa, ivi comprese le ricorrenti (punti da 1017 a 1020 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha concesso, in applicazione degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, una riduzione supplementare del 3% alla Mitsubishi Cable Industries a motivo della sua collaborazione effettiva fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole (punto 1041 di detta decisione).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2014, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

22      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del suo regolamento di procedura, il Tribunale (Ottava Sezione) ha posto alle parti alcuni quesiti cui rispondere per iscritto e ha chiesto alla Commissione di produrre documenti.

23      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione (nuova formazione), alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

24      Le parti hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale entro il termine impartito. La Commissione ha prodotto uno dei documenti richiesti e ha chiesto l’adozione di una misura istruttoria al fine di produrre gli altri documenti la cui presentazione era stata chiesta dal Tribunale, ossia le trascrizioni delle dichiarazioni orali fornite dalla J‑Power Systems nell’ambito della sua domanda congiunta di immunità con la Hitachi Cable e la Sumitomo Electric Industries. Con ordinanza del 17 gennaio 2017 il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha adottato una misura istruttoria diretta a ottenere la produzione delle trascrizioni in questione da parte della Commissione. La Commissione ha ottemperato a tale misura istruttoria il 24 gennaio 2017.

25      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno illustrato le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale in occasione dell’udienza del 21 marzo 2017.

26      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui si basa su documenti ottenuti illegittimamente presso la Nexans France;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui essa ha concluso che la Nexans France ha partecipato all’infrazione prima del 22 febbraio 2001;

–        ridurre gli importi delle ammende loro inflitte a un importo corrispondente a una durata inferiore e a un coefficiente di gravità ridotto;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

28      Nell’ambito del ricorso, le ricorrenti presentano sia conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata, sia conclusioni intese alla riduzione dell’importo delle ammende che sono state loro inflitte.

29      Per quanto concerne, in primo luogo, le conclusioni di annullamento, esse sono dirette a ottenere l’annullamento totale o parziale della decisione impugnata nella parte in cui essa, da un lato, si basa su documenti ottenuti illegittimamente presso la Nexans France e, dall’altra, dichiara che la Nexans France ha partecipato all’infrazione prima del 22 febbraio 2001.

30      Le ricorrenti deducono due motivi comuni a sostegno delle loro conclusioni di annullamento. Il primo riguarda la violazione dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, del regolamento n. 1/2003, della decisione della Commissione del 9 gennaio 2009 (in prosieguo: la «decisione di ispezione»), dei diritti della difesa e dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e il secondo concerne un errore di valutazione relativamente alla determinazione della data di inizio della partecipazione della Nexans France all’intesa.

31      Per quanto riguarda, in secondo luogo, le conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte, esse mirano a far sì che il Tribunale sostituisca la sua valutazione a quella della Commissione al fine di tenere conto degli errori commessi da quest’ultima in ordine agli elementi di calcolo delle suddette ammende, vale a dire la durata della partecipazione della Nexans France all’infrazione nonché il coefficiente di gravità.

32      A sostegno delle conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte, le ricorrenti invocano, oltre all’errore della Commissione relativo alla durata dell’infrazione contestata nell’ambito del secondo motivo di ricorso, un motivo specifico, vertente su un errore manifesto di valutazione e su violazioni dell’obbligo di motivazione nonché del principio della parità di trattamento nella fissazione del coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo delle ammende.

A.      Sulle conclusioni di annullamento

1.      Sul primo motivo, riguardante una mancanza di base giuridica e una violazione della decisione di ispezione, dei diritti della difesa, dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 7 della Carta

33      Le ricorrenti sostengono che talune misure adottate dalla Commissione in occasione dell’ispezione senza preavviso alla quale si sono dovute sottoporre dal 28 al 30 gennaio e il 3 febbraio 2009, conformemente alla decisione del 9 gennaio 2009 (in prosieguo: la «decisione di ispezione»), sono illegittime e che le informazioni ottenute dalla Commissione in tale contesto non avrebbero dovuto essere ammesse nel procedimento amministrativo né prese in considerazione nella decisione impugnata.

34      Le ricorrenti addebitano quindi agli ispettori della Commissione di avere effettuato copie di svariati gruppi di e-mail ritrovati sul computer del sig. J e su quello del sig. R, nonché una copia dell’intero disco rigido del computer del sig. J, e di avere portato con sé tali copie per ricercarvi in seguito elementi rilevanti per l’indagine nei locali della Commissione a Bruxelles (Belgio) (in prosieguo: le «misure controverse»).

35      In primo luogo le ricorrenti sostengono che, agendo in tal modo, gli agenti della Commissione hanno ecceduto i poteri loro conferiti dall’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. In particolare, esse sostengono che, conformemente all’articolo 20, paragrafo 2, lettera c), del predetto regolamento, tali agenti non possono appropriarsi di documenti o copiarli senza averli prima esaminati. In caso contrario, nell’effettuare un’ispezione la Commissione potrebbe semplicemente procurarsi la copia del sistema informatico di una società nel suo complesso, e con essa un gran numero di documenti completamente irrilevanti ai fini dell’indagine, per poi esaminarli a propria discrezione nei suoi locali a Bruxelles.

36      In secondo luogo, secondo le ricorrenti, la copia di tali dati da parte della Commissione al fine di esaminarli successivamente nei propri locali a Bruxelles eccedeva i termini della decisione di ispezione, che limitava la portata geografica dell’ispezione ai soli locali della Nexans.

37      In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che le misure controverse hanno violato i loro diritti della difesa, nel senso che hanno compromesso la possibilità di far valere i loro interessi. Esse ritengono che il fatto di avere prolungato di un mese e mezzo l’ispezione abbia infatti pregiudicato la loro possibilità di procedere a una seria valutazione dell’opportunità di presentare una domanda di immunità, poiché nel corso di tale periodo era stato impossibile valutare quale «valore aggiunto significativo» sarebbe stato possibile apportare agli elementi probatori già raccolti dalla Commissione.

38      In quarto luogo, secondo le ricorrenti, dal momento che, nel caso di specie, l’ispezione era iniziata in Francia ma era proseguita in Belgio, la Commissione avrebbe dovuto avvisare l’Autorità belga garante della concorrenza (Belgio) del proseguimento dell’ispezione in tale paese, conformemente all’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003.

39      In quinto luogo, le ricorrenti sostengono che, poiché la copia «in massa» di dati che non erano stati previamente consultati dalla Commissione non rientrava nei suoi poteri ai sensi del regolamento n. 1/2003, una tale appropriazione costituisce un intervento arbitrario e sproporzionato nella sfera della loro attività privata, tutelata dall’articolo 7 della Carta.

40      La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

41      Prima di rispondere agli argomenti delle parti occorre ritornare brevemente sullo svolgimento dell’ispezione effettuata nei locali delle ricorrenti dagli agenti della Commissione.

a)      Sullo svolgimento dell’ispezione

42      Come risulta dalla sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), il 28 gennaio 2009 gli ispettori della Commissione, accompagnati da rappresentanti dell’Autorità francese garante della concorrenza, si sono recati nei locali della Nexans France a Clichy (Francia) al fine di effettuare un’ispezione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003. Essi hanno notificato all’impresa la decisione di ispezione riguardante la «Nexans (…), insieme alle sue (loro) controllate dirette o indirette tra cui Nexans France», e la nota esplicativa relativa alle ispezioni.

43      Gli ispettori hanno manifestato l’intenzione di esaminare i documenti nonché i computer di alcuni dipendenti della Nexans France, ossia il sig. R (direttore generale aggiunto e direttore del marketing – reparto «Alta tensione»), il sig. B (direttore generale – reparto «Alta tensione») e il sig. J. (direttore delle vendite e del marketing dell’unità commerciale «Alta tensione terrestre»). Gli ispettori sono stati informati del fatto che il sig. J. era in viaggio, con il suo computer, e che sarebbe tornato soltanto il 30 gennaio 2009.

44      Gli ispettori hanno dapprima esaminato documenti cartacei negli uffici dei sigg. R., B. e J., nonché nell’ufficio del loro assistente comune. Essi hanno poi trasferito i computer dei sigg. R., B. e D. (direttore di progetto – reparto «Alta tensione») nella sala riunioni messa a loro disposizione. Grazie alla tecnologia investigativa dell’informatica forense (in prosieguo: la «FIT»), essi hanno estratto copie-immagine dei dischi rigidi di tali computer e li hanno preparati per un’indicizzazione che sarebbe stata terminata il giorno successivo. Alla fine del primo giorno dell’ispezione, l’ufficio del sig. J. e la sala riunioni messa a disposizione degli ispettori sono stati posti sotto sigilli. Il secondo giorno dell’ispezione, la ricerca delle informazioni su tali copie-immagine è proseguita. A fine giornata la sala riunioni messa a loro disposizione è stata anch’essa posta sotto sigilli.

45      Il terzo giorno dell’ispezione gli ispettori hanno potuto esaminare il computer portatile del sig. J., che era tornato in ufficio. All’inizio non è stata realizzata nessuna immagine del contenuto di detto computer, ma grazie all’utilizzo della FIT è stato possibile consultare i file, i documenti e le e-mail che erano stati eliminati dal disco rigido di tale computer, e constatare che tali documenti erano rilevanti per l’indagine. Gli ispettori hanno deciso di estrarre una copia-immagine di tale disco rigido. Tuttavia, a quel punto dell’indagine, non avevano più tempo sufficiente per realizzare tale copia. Essi hanno quindi deciso di estrarre una copia di dati selezionati e di salvarli su dispositivi informatici per la registrazione di dati (in prosieguo: i «DRD») che intendevano portare con sé a Bruxelles. Si trattava di due gruppi di e-mail ritrovati nel computer portatile del sig. J. che sono stati registrati sui DRD denominati JABR 12 e JABR 13. Essi hanno inoltre copiato un gruppo di e-mail trovate nel computer del sig. R. su due DRD denominati JABR 14 e JABR 15. Questi quattro DRD sono stati inseriti in buste sigillate e firmate successivamente da un rappresentante delle ricorrenti. Tali buste sigillate sono state portate negli uffici della Commissione a Bruxelles. Il computer del sig. J insieme a un DRD trovato nel suo ufficio e contenente documenti protetti da una password sono stati riposti in un armadio che è stato posto sotto sigilli dagli ispettori. I dischi rigidi dei computer della Commissione utilizzati ai fini delle ricerche sono poi stati cancellati e, dopo tale operazione, non contenevano più nessuno dei file estratti nel corso dell’ispezione. Gli ispettori hanno informato le ricorrenti che avrebbero indicato loro la data per la prosecuzione dell’ispezione. Le ricorrenti hanno affermato di preferire che l’eventuale esame del disco rigido del computer del sig. J avesse luogo presso i locali della Nexans France, e non negli uffici della Commissione.

46      Gli ispettori sono ritornati nei locali della Nexans France martedì 3 febbraio 2009. Essi hanno aperto l’armadio sotto sigilli contenente il DRD trovato nell’ufficio del sig. J. e il computer di quest’ultimo. Essi hanno esaminato in loco il DRD, hanno stampato e conservato due documenti estratti da tale DRD e lo hanno restituito ai rappresentanti delle ricorrenti. Essi hanno poi effettuato tre copie-immagine del disco rigido del computer del sig. J. che sono state registrate su tre DRD. Gli ispettori hanno consegnato uno dei tre DRD ai rappresentanti delle ricorrenti e hanno posto gli altri due in buste sigillate che hanno portato a Bruxelles dopo aver preso atto del fatto che le ricorrenti contestavano la legittimità di tale procedura. Gli ispettori hanno affermato che le buste sigillate sarebbero state aperte unicamente nei locali della Commissione alla presenza dei rappresentanti delle ricorrenti.

47      Le buste sigillate contenenti i DRD prelevati dalla Commissione sono state aperte nei suoi uffici a Bruxelles il 2 marzo 2009 in presenza degli avvocati delle ricorrenti. I documenti registrati su tali DRD sono stati esaminati e gli ispettori hanno stampato su carta quelli ritenuti rilevanti per l’indagine. Una seconda copia cartacea di tali documenti e un elenco degli stessi sono stati consegnati agli avvocati delle ricorrenti. L’esame di tutti i dati registrati sui DRD in questione è durato 8 giorni lavorativi e si è concluso l’11 marzo 2009. L’ufficio nel quale i documenti e i DRD sono stati esaminati è stato posto sotto sigilli alla fine di ogni giornata di lavoro, alla presenza degli avvocati delle ricorrenti, per essere riaperto il giorno dopo, sempre alla loro presenza. Alla fine di tali operazioni, i dischi rigidi dei computer sui quali gli ispettori della Commissione hanno lavorato sono stati cancellati.

b)      Sull’asserita assenza di base giuridica delle misure controverse

48      Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che, realizzando una copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J., nonché di tutte le e-mail ritrovate in detto computer e in quello del sig. R. al fine di ricercarvi successivamente nei locali della Commissione a Bruxelles documenti rilevanti per l’indagine, gli agenti della Commissione hanno agito eccedendo i poteri conferiti alla Commissione dall’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

49      In via preliminare occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1/2003, «[a]i fini dell’applicazione degli articoli [101] e [102] del trattato, alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

50      L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che per l’assolvimento dei compiti affidatile dal suddetto regolamento, la Commissione può procedere a tutte le ispezioni necessarie presso le imprese e associazioni di imprese.

51      Per quanto riguarda i poteri di cui dispone la Commissione per procedere a un’ispezione, l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 dispone, in particolare, quanto segue:

«Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere [a un’ispezione] dispongono dei seguenti poteri:

(…)

b)      controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto;

c)      fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti dei suddetti libri o documenti;

d)      apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata [dell’ispezione] e nella misura necessaria al [suo] espletamento;

(…)».

52      Nel caso di specie occorre precisare che la prassi consistente nel realizzare una copia-immagine di un disco rigido di un computer o una copia dei dati salvati su un supporto di dati digitali è utilizzata nell’ambito dell’attuazione della FIT, impiegata dagli agenti della Commissione durante le loro ispezioni. Infatti, come descritto dalla Commissione nelle sue memorie, senza che ciò sia contestato dalle ricorrenti, l’impiego di tale tecnologia consiste nel ricercare sul disco rigido di un computer o su qualsiasi altro supporto di dati digitali, con l’aiuto di un software specifico, le informazioni rilevanti per l’oggetto dell’ispezione mediante l’utilizzo di parole chiave. Tale ricerca richiede una fase preliminare chiamata «indicizzazione», durante la quale il software inserisce in un catalogo tutte le lettere e le parole contenute nel disco rigido di un computer o in qualsiasi altro supporto di dati digitali sottoposto a ispezione. La durata di tale indicizzazione dipende dalla dimensione del supporto digitale in questione, ma generalmente richiede un tempo notevole. In tali circostanze, gli agenti della Commissione realizzano di norma una copia dei dati contenuti nel supporto di dati digitali dell’impresa sottoposta a ispezione al fine di procedere all’indicizzazione dei dati salvati su tale supporto. Nel caso del disco rigido di un computer, tale copia può assumere la forma di una copia-immagine. Detta copia-immagine consente di ottenere una copia esatta del disco rigido oggetto dell’ispezione, contenente tutti i dati presentati su tale disco rigido al momento preciso in cui la copia è realizzata, compresi i file in apparenza eliminati.

53      A tale proposito si deve constatare, in primo luogo, che, qualora, da un lato, come spiegato al precedente punto 52, la copia dei dati salvati su un supporto di dati digitali dell’impresa sottoposta a ispezione sia realizzata al fine di procedere all’indicizzazione e, dall’altro, tale indicizzazione sia diretta a consentire di ricercare successivamente documenti rilevanti per l’indagine, la realizzazione di tale copia rientra nei poteri conferiti alla Commissione dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003.

54      Infatti, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003 non risulta che il potere della Commissione di fare o ottenere copie o estratti dei libri e dei documenti aziendali di un’impresa sottoposta a ispezione si limiti ai libri e ai documenti aziendali che sono già stati controllati.

55      Occorre inoltre osservare che una siffatta interpretazione potrebbe pregiudicare l’effetto utile dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del suddetto regolamento, in quanto, in talune circostanze, il controllo dei libri e dei documenti aziendali dell’impresa sottoposta a ispezione può richiedere la previa realizzazione di copie dei libri o dei documenti aziendali, o essere semplificato, come nel caso di specie, da tale realizzazione.

56      Di conseguenza è inevitabile constatare che, dal momento che la realizzazione della copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. e delle copie di gruppi di e-mail ritrovati in tale computer e in quello del sig. R. si inserivano nell’ambito dell’attuazione della FIT da parte degli agenti della Commissione, il cui obiettivo era quello di ricercare le informazioni rilevanti per l’indagine, la realizzazione di tali copie rientrava nei poteri previsti dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c) del regolamento n. 1/2003.

57      In secondo luogo, nella misura in cui l’argomento delle ricorrenti debba essere inteso nel senso che esse criticano gli agenti della Commissione per avere inserito nel fascicolo istruttorio le copie dei gruppi di e-mail ritrovati nel computer del sig. R. e in quello del sig. J., nonché la copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer, senza avere previamente verificato che i documenti contenuti in dette copie fossero rilevanti alla luce dell’oggetto dell’ispezione, detto argomento non può essere accolto.

58      Infatti, come risulta dai precedenti punti da 42 a 47, unicamente dopo avere constatato, in occasione del controllo dei documenti contenuti nelle copie dei gruppi di e-mail ritrovati nel computer del sig. R. e in quello del sig. J., nonché nella copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer, nei locali della Commissione a Bruxelles e in presenza dei rappresentanti delle ricorrenti, che taluni di questi documenti erano rilevanti prima facie alla luce dell’oggetto dell’ispezione, gli agenti della Commissione hanno alla fine inserito nel fascicolo istruttorio una versione cartacea di tali documenti.

59      Si deve quindi necessariamente constatare, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che gli agenti della Commissione non hanno inserito direttamente nel fascicolo istruttorio i documenti contenuti nelle copie dei gruppi di e-mail ritrovati nel computer del sig. R. e in quello del sig. J., nonché nella copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer, senza avere prima verificato la loro rilevanza alla luce dell’oggetto dell’ispezione.

60      In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale gli agenti della Commissione non avevano il potere di procedere alla ricerca delle informazioni rilevanti per l’indagine contenute nella copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J., nonché nelle copie dei gruppi di e-mail ritrovati nel suddetto computer e in quello del sig. R. nei locali della Commissione, si deve rilevare che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 non stabilisce, come affermano le ricorrenti, che il controllo dei libri e dei documenti aziendali delle imprese oggetto dell’ispezione si effettua esclusivamente nei loro locali, qualora, come nel caso di specie, non sia stato possibile portare a termine detta ispezione nel periodo di tempo inizialmente previsto. Esso obbliga unicamente la Commissione, in sede di controllo dei documenti nei propri locali, a rispettare, nei confronti delle imprese sottoposte a ispezione, le stesse garanzie che la stessa è tenuta a osservare nel caso di un controllo in loco.

61      Orbene, occorre rilevare che, in udienza, in risposta a un quesito del Tribunale, le ricorrenti hanno ammesso di non addebitare alla Commissione, in occasione del controllo della copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. e delle copie dei gruppi di e-mail ritrovati in detto computer, nonché nel computer del sig. R., effettuato nei locali della stessa Commissione a Bruxelles, di avere agito in maniera diversa da quella in cui essa avrebbe agito se tale controllo si fosse svolto nei locali delle ricorrenti. Le ricorrenti hanno soltanto sostenuto che il fatto di avere realizzato tale controllo nei locali della Commissione le aveva private dell’assistenza dei dipendenti competenti a fornire spiegazioni alla Commissione sui documenti esaminati durante tale controllo.

62      A tale proposito è sufficiente osservare che le ricorrenti non affermano che la Commissione si sia opposta a che i loro rappresentanti fossero assistiti da alcuni dei loro dipendenti durante l’esame delle copie di cui trattasi nei locali della Commissione.

63      In ogni caso, occorre ricordare, come risulta dall’esposizione dei fatti che emerge dai precedenti punti 46 e 47, che le copie di cui trattasi sono state trasportate a Bruxelles in buste sigillate, che l’apertura delle buste contenenti tali copie e il loro esame sono stati effettuati alla data concordata con le ricorrenti e in presenza dei loro rappresentanti, che i locali della Commissione in cui è stato effettuato tale esame sono stati debitamente protetti mediante apposizione dei sigilli, che i documenti estratti di tali dati che la Commissione ha deciso di allegare al fascicolo dell’indagine sono stati stampati ed elencati, che la copia è stata fornita alle ricorrenti e che, al termine dell’esame, la copia -immagine del disco rigido del computer del sig. J. e le copie dei gruppi di e-mail ritrovati nel suddetto computer e nel computer del sig. R. sono state definitivamente cancellate.

64      In considerazione di quanto precede si deve concludere che, durante l’ispezione, la Commissione non ha agito eccedendo i poteri che le sono conferiti dall’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Pertanto, la censura delle ricorrenti a tale riguardo dev’essere respinta.

c)      Sull’asserita violazione della decisione di ispezione

65      Per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, in sostanza, procedendo alla ricerca di informazioni rilevanti per l’indagine nella copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J., nonché nelle copie dei gruppi di e-mail ritrovati in detto computer e in quello del sig. R. nei locali della Commissione, gli agenti della Commissione hanno violato la portata della decisione di ispezione, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la motivazione della suddetta decisione delimita l’ambito dei poteri conferiti agli agenti della Commissione dall’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (sentenza del 18 giugno 2015, Detusche Bahn e a./Commissione, C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 60).

66      Nel caso di specie, per quanto concerne, da un lato, la portata geografica della decisione di ispezione, occorre constatare che all’articolo 1, secondo comma, della suddetta decisione era indicato quanto segue:

«L’ispezione può essere svolta in qualsiasi locale controllato dall’impresa, in particolare negli uffici situati al seguente indirizzo: 4-10 Rue Mozart, 92110 Clichy, Francia».

67      Dalla decisione di ispezione risulta quindi che, se l’ispezione «p[oteva]» svolgersi in «qualsiasi locale controllato» dalle ricorrenti, in particolare nei loro uffici situati a Clichy, essa non doveva, come affermano le ricorrenti, svolgersi esclusivamente nei loro locali, escludendo nel contempo la possibilità per la Commissione di proseguire l’ispezione a Bruxelles.

68      Per quanto riguarda, dall’altro lato, la portata temporale della decisione di ispezione, occorre rilevare che l’articolo 2 di tale decisione stabiliva la data a partire dalla quale l’ispezione poteva avere luogo, ma non precisava la data alla quale si sarebbe dovuta concludere.

69      Senza dubbio l’assenza di precisazioni in ordine alla data della fine dell’ispezione non significa che essa poteva estendersi nel tempo in maniera illimitata, dato che la Commissione era tenuta, in proposito, al rispetto di un termine ragionevole, conformemente all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta.

70      Tuttavia, nel caso di specie, si deve inevitabilmente constatare che, nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti non sostengono che il periodo di un mese trascorso tra l’ispezione effettuata nei locali delle ricorrenti, da un lato, e la prosecuzione di tale ispezione a Bruxelles, dall’altro, era irragionevole.

71      Ne consegue che, contrariamente a quanto asseriscono le ricorrenti, la decisione di ispezione non ostava a che gli agenti della Commissione proseguissero, nei locali di quest’ultima a Bruxelles, la ricerca di elementi rilevanti per l’indagine nelle copie-immagine dei dischi rigidi dei computer di alcuni dipendenti della Nexans France.

72      Alla luce di quanto precede, occorre concludere che la Commissione nemmeno ha violato la portata della decisione di ispezione adottando le misure controverse in occasione dello svolgimento dell’ispezione. Pertanto, occorre respingere le censure delle ricorrenti a tale proposito.

d)      Sulla presunta violazione dei diritti della difesa

73      Le ricorrenti sostengono che la sospensione delle operazioni di selezione dei documenti rilevanti per l’oggetto dell’ispezione tra il 3 febbraio 2009 e il 2 marzo 2009, data in cui sono state aperte le buste sigillate contenenti i supporti elettronici sui quali tutte le e-mail di alcuni dipendenti della Nexans France e la copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. erano state copiate, le ha private della possibilità di procedere a una seria valutazione dell’opportunità di presentare una domanda di immunità, dal momento che, durante tale periodo, esse non potevano determinare il valore aggiunto delle altre informazioni in loro possesso. Ne conseguirebbe che la Commissione ha leso in tal modo i loro diritti della difesa.

74      A tale proposito occorre ricordare che, conformemente al paragrafo 10 della comunicazione sul trattamento favorevole, l’immunità non può essere accordata «se, al momento della domanda, la Commissione è già in possesso di elementi probatori sufficienti per decidere di effettuare un’ispezione riguardo al presunto cartello o se essa ha già effettuato tale ispezione».

75      Orbene, nel caso di specie, come confermato dal Tribunale al punto 93 della sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), la Commissione disponeva di prove sufficienti, per quanto riguarda i cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta tensione, per ordinare l’ispezione che si è svolta nei locali della Nexans. Ne consegue che le ricorrenti non avrebbero potuto beneficiare di un’immunità dall’ammenda ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole.

76      Certamente, in conformità al paragrafo 23 della comunicazione sul trattamento favorevole, le imprese che rivelano la loro partecipazione a un presunto cartello avente ripercussioni negative sull’Unione europea, ma che non soddisfano i requisiti per beneficiare da un’immunità dall’ammenda, possono tuttavia beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda rispetto a quello che altrimenti sarebbe loro inflitto. Secondo il paragrafo 24 della suddetta comunicazione, al fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi probatori della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi probatori già in possesso della Commissione.

77      Tuttavia, si deve osservare che le ricorrenti sono rimaste in possesso dei dati di cui una copia era stata realizzata dagli agenti della Commissione. Esse erano quindi perfettamente in grado di determinare le informazioni che non erano contenute in tali copie digitali e che, alla luce dell’oggetto dell’ispezione, erano atte a fornire un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi probatori già in possesso della Commissione.

78      Inoltre, anche se, come sostengono in sostanza le ricorrenti, la Commissione disponeva già di dischi rigidi di computer contenenti le informazioni che avrebbero potuto essere presentate nella loro domanda di immunità, si deve ricordare, nuovamente, che il fatto che la Commissione abbia realizzato delle copie di tutte le e-mail di alcuni dipendenti della Nexans France e la copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. non significa che li abbia esaminati e che avesse già avuto accesso alle informazioni ivi contenute. Infatti, tale ispezione è proseguita soltanto dopo che le copie di cui trattasi sono state estratte dalle buste sigillate a Bruxelles. In tale contesto, le ricorrenti disponevano ancora della possibilità di esaminare il contenuto del suddetto disco rigido e delle e-mail e di informare la Commissione in merito ai documenti o agli elementi probatori in essi contenuti che presentavano un valore aggiunto rispetto agli altri elementi già raccolti dalla Commissione nell’ambito dell’indagine.

79      Ne consegue, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che la Commissione non ha ostacolato la loro possibilità di procedere a una valutazione sulla possibilità di presentare una domanda di immunità.

80      Nei limiti in cui le ricorrenti invocano una violazione dei loro diritti della difesa, occorre ricordare che le misure istruttorie adottate dalla Commissione durante la fase di indagine preliminare, segnatamente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, implicano per loro natura che la Commissione sospetti che un’infrazione è stata commessa e sono atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate. Pertanto, occorre evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi durante tale fase del procedimento amministrativo, dal momento che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per la costituzione di prove attestanti l’illegittimità di comportamenti di imprese che possono farne sorgere la responsabilità (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2014, Orange/Commissione, T‑402/13, EU:T:2014:991, punto 79 e giurisprudenza citata).

81      Tuttavia, nella fattispecie, il fatto stesso che i dati elettronici in questione non siano stati esaminati nei locali della Nexans France a Clichy ma nei locali della Commissione a Bruxelles è irrilevante per il rispetto dei diritti della difesa delle ricorrenti, dal momento che risulta accertato che i DRD sui quali le copie dei dati elettronici in questione sono stati registrati sono stati trasportati a Bruxelles in buste sigillate, che la Commissione ha trasmesso alle ricorrenti una copia di tali dati, che l’apertura delle buste contenenti i DRD con tali dati e il loro esame supplementare sono stati effettuati alla data concordata con le ricorrenti e in presenza dei loro rappresentanti, che i locali della Commissione nei quali è stato effettuato tale esame erano stati debitamente protetti mediante apposizione dei sigilli, che i documenti estratti da tali dati, che la Commissione ha deciso di allegare al fascicolo dell’indagine, sono stati stampati ed elencati, che ne è stata fornita copia alle ricorrenti e che, al termine dell’esame, il contenuto di tutti i DRD e dei computer utilizzati per il loro esame è stato definitivamente cancellato.

82      Si deve dunque respingere, in quanto infondata, la censura delle ricorrenti riguardante la violazione dei loro diritti della difesa.

e)      Sull’asserita violazione dell’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003

83      Le ricorrenti criticano la Commissione per avere proseguito l’esame della copia di tutte le e-mail di alcuni dipendenti della Nexans France e della copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. nei propri locali a Bruxelles, senza avere preventivamente avvisato l’Autorità belga garante della concorrenza.

84      A tale proposito occorre ricordare che, da un lato, in forza dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, «la Commissione adotta [le decisioni di ispezione] dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio dev[e] essere effettuat[a] [l’ispezione]» e, dall’altro, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 3, di tale medesimo regolamento, «[p]rima [dell’ispezione], la Commissione avvisa in tempo utile l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio ess[a] dev[e] essere compiut[a]».

85      La ratio legis dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, esposta al considerando 24 del predetto regolamento, è quella di consentire alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di prestare la loro attiva collaborazione all’esercizio, da parte della Commissione, del potere ad essa derivante dall’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento in materia di ispezioni.

86      In tal senso, all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2003 viene precisato che «[g]li agenti dell’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio dev[e] essere effettuat[a] [l’ispezione] o le persone da essa autorizzate o incaricate, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestano attivamente assistenza agli agenti e alle altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione» e che «essi dispongono a tal fine dei poteri definiti al paragrafo 2».

87      Nel caso di specie è pacifico che la Commissione abbia sentito l’Autorità garante della concorrenza (Francia) prima di adottare la decisione di ispezione. È altresì pacifico che la Commissione ha avvisato in tempo utile la suddetta autorità prima dell’ispezione nei locali della Nexans France. Non si contesta nemmeno il fatto che gli ispettori della Commissione siano stati accompagnati da rappresentanti della suddetta autorità durante l’ispezione nei locali della Nexans France.

88      Si deve quindi dichiarare che la Commissione ha rispettato, nel caso di specie, le prescrizioni dell’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003.

89      Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti.

90      Infatti, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dall’articolo 20, paragrafi 3 e 4 del regolamento n. 1/2003 non discende che, nel caso di specie, la Commissione fosse tenuta a «sentire» o «avvisare in tempo utile» l’Autorità belga garante della concorrenza quando essa ha ritenuto, per ragioni pratiche, di proseguire nei propri locali, a Bruxelles, l’esame dei documenti iniziato nell’ambito di un’ispezione realizzata ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, nel territorio di un altro Stato membro, ma unicamente quando essa intende procedere a un’ispezione nei locali di un’impresa situata in Belgio.

91      Ne consegue che la censura delle ricorrenti riguardante la violazione, da parte della Commissione, dell’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003 deve essere respinta in quanto infondata.

f)      Sull’asserita violazione dell’articolo 7 della Carta

92      Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che, poiché le misure controverse eccedevano i poteri della Commissione ai sensi del regolamento n. 1/2003, dette misure erano inoltre contrarie al requisito di una tutela contro interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di una persona, sia essa fisica o giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati.

93      A tale proposito occorre ricordare che, come è stato accertato al precedente punto 64, le misure controverse non eccedevano i poteri della Commissione ai sensi del regolamento n. 1/2003. Di conseguenza, nei limiti in cui le ricorrenti riconnettono la censura vertente sulla violazione dell’articolo 7 della Carta al previo accertamento della violazione dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, tale censura dev’essere respinta in quanto infondata.

94      Inoltre, nei limiti in cui la censura relativa alla violazione dell’articolo 7 della Carta debba essere interpretata come una censura indipendente, si deve rilevare che l’argomento delle ricorrenti a tale riguardo si basa su una premessa identica a quella che serve da fondamento all’argomento relativo alla violazione dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, vale a dire che gli agenti della Commissione avrebbero realizzato una copia dei gruppi di e-mail ritrovati nei computer dei sigg. R. e J. nonché una copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. e avrebbero allegato direttamente tali copie al fascicolo istruttorio, senza prima verificare che i documenti che contenevano fossero rilevanti alla luce dell’oggetto dell’ispezione.

95      Orbene, come è già stato constatato ai precedenti punti da 48 a 72, tale premessa è errata, e di conseguenza l’argomento delle ricorrenti concernente la violazione dell’articolo 7 della Carta è privo di fondamento.

96      Occorre pertanto respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale i documenti prelevati durante l’ispezione nei loro locali dalla Commissione non potevano essere utilizzati a fondamento della decisione impugnata per il motivo che essi erano stati ottenuti illegittimamente.

97      Peraltro, si deve parimenti respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la decisione impugnata non potrebbe fondarsi sui documenti prelevati durante l’ispezione effettuata dalla Commissione nei locali della Prysmian, a motivo del fatto che la Commissione avrebbe utilizzato lo stesso metodo per raccogliere tali documenti e quelli utilizzati nel corso dell’ispezione condotta dalla Commissione nei loro locali. Infatti, ammettendo che, come le ricorrenti si limitano ad affermare, i documenti allegati al fascicolo al termine dell’ispezione nei locali della Prysmian siano stati raccolti secondo lo stesso metodo impiegato nella presente causa, è sufficiente rilevare che gli argomenti delle ricorrenti riguardanti l’illegittimità del suddetto metodo sono stati respinti dal Tribunale in quanto infondati.

98      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che le copie dei dati elettronici in questione non sono state ottenute illegittimamente e che, di conseguenza, contrariamente a quanto asseriscono le ricorrenti, la Commissione aveva il diritto di utilizzare tali dati a sostegno delle sue conclusioni relative alla sussistenza dell’infrazione accertata nella decisione impugnata.

99      Da tutte le precedenti considerazioni discende che il primo motivo del ricorso dev’essere respinto in quanto infondato.

2.      Sul secondo motivo, riguardante un errore di valutazione nella determinazione della data di inizio della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

100    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha fissato erroneamente al 13 novembre 2000 la data di inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione. Tale partecipazione sarebbe iniziata soltanto il 22 febbraio 2001, quando alcuni dipendenti della Nexans, ossia i sigg. R. e J., avrebbero partecipato a una riunione A/R organizzata a Londra (Regno Unito), vertente sull’attribuzione dei progetti dei cavi elettrici sottomarini e sotterranei.

101    A tale proposito, da un lato, le ricorrenti affermano che le prove versate agli atti, considerate nel loro insieme, non dimostrano sufficientemente la partecipazione di dipendenti della Nexans France alla riunione A/R del 29 novembre 2000 a Kuala Lumpur (Malaysia).

102    Dall’altro lato, le ricorrenti osservano che, sebbene la Commissione giustamente non le consideri responsabili di un’infrazione precedente al 13 novembre 2000, essa deduce la loro partecipazione all’infrazione dopo tale data dal fatto che l’infrazione era già in corso dal 18 febbraio 1999. Orbene, l’esistenza di tale infrazione, almeno a partire da quest’ultima data, non sarebbe sufficientemente dimostrata, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 1064 della decisione impugnata.

103    Anzitutto, secondo le ricorrenti, la Commissione si è fondata in proposito unicamente sugli elementi di prova forniti da alcuni richiedenti il trattamento favorevole, ossia Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems, che sarebbero semplici prove de relato la cui credibilità sarebbe messa in discussione dalla stessa Commissione. Nemmeno le dichiarazioni dell’ABB nell’ambito della sua domanda di immunità invocate dalla Commissione sarebbero credibili.

104    Inoltre, contrariamente a quanto risulta dalla decisione impugnata, le dichiarazioni di trattamento favorevole di cui dispone la Commissione confermerebbero che, durante il 1999 e fino all’inizio del 2001, l’intesa non esisteva ancora. Da un lato, le prove contenute nel fascicolo e provenienti da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems dimostrerebbero soltanto che alcuni produttori di cavi elettrici si riunivano, senza per questo giungere a concludere un accordo. Dall’altro, le prove provenienti dall’ABB attesterebbero solamente un tentativo di cooperazione legittima e favorevole alla concorrenza nell’ambito di un consorzio legale.

105    Da ultimo, le ricorrenti contestano il valore probatorio degli elementi di prova diretti citati nella decisione impugnata per confermare l’esistenza dell’infrazione dal 18 febbraio 1999. La maggior parte di tali prove sarebbe costituita da annotazioni nelle agende che sarebbero generali, poco comprensibili e non fornirebbero informazioni relative al contenuto di eventuali riunioni, e nemmeno dei loro partecipanti.

106    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

107    Per quanto concerne la data scelta dalla Commissione come data di inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione, occorre rilevare che sia la Nexans France sia la Nexans traggono origine dalle attività nel settore dei cavi elettrici del gruppo francese composto da [riservato] (1) e dalle sue partecipate.

108    Così, il 13 novembre 2000, una partecipata di [riservato], ossia [riservato], ha trasferito la maggior parte delle proprie attività nel settore dei cavi elettrici sotterranei a una delle sue partecipate denominata Vivalec, in seguito ribattezzata Nexans France. Tale trasferimento di attività comprendeva anche quello di diversi dipendenti, come i sigg. B., R. e J. Nei mesi successivi, il resto delle attività nel settore dei cavi elettrici detenute da varie partecipate di [riservato] è stato trasferito a una società partecipata al 100% da quest’ultima, denominata [riservato]. Più tardi, ma prima del 12 giugno 2001, la Nexans France e la [riservato] sono state vendute alla Nexans, una partecipata di [riservato] di nuova costituzione. Il 12 giugno 2001 [riservato] ha ceduto circa l’80% delle quote della Nexans in occasione della quotazione in borsa di quest’ultima, che è divenuta indipendente dal gruppo [riservato]. [riservato] ha successivamente ceduto tutte le sue quote nella Nexans, divenuta società madre del gruppo Nexans (punti 709 e 711 della decisione impugnata).

109    Nella decisione impugnata la Commissione ha rilevato che le prove dimostravano che i dipendenti di [riservato] che erano stati trasferiti il 13 novembre 2000 alla Vivalec, successivamente divenuta Nexans France, avevano partecipato direttamente all’infrazione a partire dal 18 febbraio 1999 e fino al 28 gennaio 2009. Essa ha deciso di non inviare la comunicazione degli addebiti alle società del gruppo composto da [riservato] e dalle sue partecipate. Essa non ha nemmeno preso posizione sulla questione se la Nexans France fosse responsabile della partecipazione all’intesa prima del 13 novembre 2000 in quanto successore di [riservato]. Per contro, essa ha deciso di scegliere tale data come data di inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione. Quanto alla Nexans, essa è ritenuta responsabile, in quanto società madre, del comportamento della Nexans France soltanto a partire dal 12 giugno 2001 (punti 710, 711 e 912 della decisione impugnata).

110    Da quanto precede risulta che la data del 13 novembre 2000, individuata dalla Commissione come l’inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione, segna in realtà soltanto la data del trasferimento alla Vivalec, successivamente divenuta Nexans France, delle attività di [riservato] interessate da un’infrazione, ad avviso della Commissione, già esistente, trasferimento che riguardava anche i principali dipendenti di tali società coinvolti nelle pratiche anticoncorrenziali, ossia i sigg. B., R. e J.

111    Ne consegue che l’esame della fondatezza del presente motivo deve concentrarsi sulla questione se, alla data del 13 novembre 2000, l’infrazione oggetto della decisione impugnata, qualificata dalla Commissione come unica e continuata, esistesse già e se i dipendenti interessati di [riservato], trasferiti alla Vivalec, divenuta Nexans France, avessero già partecipato alla sua attuazione prima di tale data, in modo tale che la loro partecipazione alla riunione A/R del 22 febbraio 2001 a Londra possa essere considerata una semplice continuazione delle loro attività anticoncorrenziali precedenti. A tale proposito non è necessario verificare se la Commissione abbia correttamente fissato l’inizio dell’infrazione oggetto della decisione impugnata al 18 febbraio 1999. Infatti, ciò che rileva nella fattispecie non è stabilire se tale infrazione sia iniziata il 18 febbraio 1999, ma se essa esistesse già al più tardi il 13 novembre 2000 e se i dipendenti interessati fossero stati coinvolti in tale infrazione prima della suddetta riunione.

112    A tale riguardo, in primo luogo, per quanto riguarda l’esistenza dell’infrazione prima del 13 novembre 2000, dai punti da 137 a 157 della decisione impugnata, che fanno riferimento alle dichiarazioni di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems nel contesto della loro domanda congiunta di immunità, nonché ai documenti contemporanei ai fatti da esse forniti nell’ambito di tale domanda, risulta che tra il 18 febbraio 1999 e il 22 febbraio 2001 i rappresentanti di [riservato], in particolare i sigg. J. e R., hanno partecipato a varie riunioni il cui obiettivo era quello di elaborare le regole di assegnazione dei progetti di cavi elettrici sottomarini e sotterranei localizzati in varie parti del mondo o di assegnare tali progetti ai partecipanti all’intesa. Si tratta delle riunioni A/R organizzate il 18 febbraio 1999 a Zurigo (Svizzera), il 24 marzo 1999 a Kuala Lumpur, il 3 e 4 giugno 1999 a Tokyo (Giappone), il 26 luglio 1999 a Londra e il 19 ottobre 1999 a Kuala Lumpur. Per quanto riguarda l’anno 2000, la Commissione ha menzionato l’organizzazione di almeno quattro riunioni il 1o e 2 marzo, l’11 maggio, nel mese di luglio e il 29 novembre (punto 146 e allegato I della decisione impugnata). Essa ha inoltre accertato che, secondo le annotazioni contenute nell’agenda fornita da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems, i sigg. R. e J. avevano partecipato a queste riunioni a nome di [riservato] (punto 146 della decisione impugnata.

113    Per quanto riguarda il contenuto di tali riunioni, le prove citate dalla Commissione nella decisione impugnata, in particolare gli appunti delle riunioni riprodotti nella decisione impugnata attestano discussioni relative all’elaborazione di un accordo sulla ripartizione dei mercati, in particolare l’attuazione di un accordo nel «territorio domestico» e di un accordo sulla ripartizione dei «territori di esportazione» secondo una quota prestabilita. La Commissione adduce inoltre prove a conferma del fatto che anche le assegnazioni dei progetti hanno avuto luogo già a partire dal 1999. A tale proposito, nella suddetta decisione essa riproduce un modello di tabella ricapitolativa, ossia un documento che consentiva di annotare e di gestire le assegnazioni dei progetti di cavi elettrici ai diversi partecipanti all’intesa. A suo parere, le discussioni durante le riunioni summenzionate riguardavano anche la possibilità di coinvolgere in tali accordi imprese europee come ABB, Brugg Kabel e Sagem, nonché la necessità di nominare un coordinatore giapponese per garantire una buona comunicazione tra le due parti dell’intesa.

114    La Commissione constata inoltre che le prove fornite nell’ambito della loro domanda congiunta di immunità da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems, sulle quali essa si è basata per dimostrare l’esistenza dell’intesa prima del 13 novembre 2000, erano corroborate dalle dichiarazioni orali dell’ABB nel quadro della domanda di immunità di quest’ultima, nonché dai documenti contemporanei da essa prodotti nell’ambito di tale domanda. Essa fa infatti rinvio ai punti 149 e 150 della decisione impugnata, alle dichiarazioni dell’ABB relative a una riunione tra un dipendente di quest’ultima società e un dipendente di [riservato] nell’aprile del 2000 e a rappresaglie che l’ABB avrebbe subito a maggio 2000 da parte della Pirelli per essersi aggiudicata un progetto in Italia, territorio riservato a quest’ultima impresa. Essa riproduce inoltre, al punto 151 di tale decisione, il contenuto di un’e-mail e delle note interne attestanti che ad aprile 2000 l’ABB era già coinvolta nell’«accordo sul territorio domestico», nonché nella successiva ripartizione dei progetti europei tra i membri R dell’intesa.

115    Inoltre, gli elementi probatori citati dalla Commissione confermano anche che i dipendenti di [riservato] hanno ricoperto un ruolo importante nell’elaborazione e nel funzionamento degli accordi costitutivi dell’infrazione accertata nella decisione impugnata. Non solo essi erano attivi nell’ambito dell’intesa a partire dalla riunione del 18 febbraio 1999 a Zurigo, ma, come risulta dagli appunti della riunione del 26 luglio 1999 a Londra, citati al punto 141 di detta decisione, essi si sono impegnati a coinvolgere altre imprese europee nell’intesa. Inoltre, come rilevato dalla Commissione al punto 154 di tale decisione, le dichiarazioni orali di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems consentono di confermare che era il sig. J., ossia un dipendente di [riservato], l’autore della prima tabella ricapitolativa menzionata dalla Commissione nella decisione impugnata e risalente al mese di settembre 2000.

116    Occorre osservare che il fatto che le attività di [riservato] siano state rilevate dalla Vivalec, divenuta Nexans France, non ha modificato il modo di funzionamento dell’intesa. Infatti le stesse persone hanno continuato a rappresentare l’impresa alle riunioni dell’intesa, ricoprendo lo stesso ruolo nell’ambito dell’infrazione. In particolare, dopo il novembre 2000, il sig. J. ha continuato a essere responsabile della preparazione e dell’aggiornamento delle tabelle ricapitolative e a svolgere le funzioni di segretario del «gruppo R» incaricato dei contatti con la «parte A» dell’intesa (v., in particolare, punti 94, 96, 99 e 211 della decisione impugnata).

117    Infine, occorre rilevare il carattere unico e continuato dell’infrazione e il fatto che le prove raccolte dalla Commissione non menzionano un’interruzione dell’intesa durante il periodo compreso tra l’inizio del 1999 e l’inizio del 2001. Dalla decisione impugnata risulta inoltre che i rappresentanti di [riservato], i sigg. R. e J., hanno presenziato alle riunioni dell’intesa sia nel 1999 che nel 2000, benché, come segnala la Commissione al punto 146 della decisione impugnata, è possibile che non fossero presenti a tutte le riunioni organizzate nel 2000.

118    La possibilità che alcuni membri del personale di [riservato] fossero assenti a una delle riunioni dell’intesa organizzate nel 2000 non può generare dubbi sulla continuità della partecipazione dell’impresa interessata all’intesa, in particolare alla luce del contenuto degli appunti della riunione A/R del 22 febbraio 2001 a Londra, riunione che, secondo le ricorrenti, segna l’inizio della partecipazione della Nexans France all’intesa. Tali appunti contengono una lista di presenza nella quale, accanto ai nomi dei dipendenti della Nexans France, sigg. J. e R., figura la parola «[riservato]», che indica che si tratta di ex dipendenti di tale impresa. Inoltre, tali appunti menzionano l’avvio delle attività della Nexans France, precisano che la quotazione della Nexans in borsa era stata rinviata ma confermata e che [riservato] sarebbe stata da quel momento un’impresa di telecomunicazioni. Pertanto, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, gli appunti di tale riunione confermano che la partecipazione della Nexans France alla riunione stessa rappresentava semplicemente il seguito delle precedenti attività collusive dei sigg. [J.] e [R.] dopo una ristrutturazione dell’attività della fabbricazione dei cavi elettrici all’interno del gruppo composto da [riservato] e dalle sue partecipate.

119    Da tali elementi emerge, da un lato, che al più tardi a metà del 2000 l’intesa accertata dalla Commissione nella decisione impugnata era già stata messa in atto e che [riservato], rappresentata segnatamente dai sigg. R. e J., era uno dei membri fondatori di tale intesa. Dall’altro, ne risulta che la Commissione ha correttamente ammesso che la partecipazione della Nexans France all’intesa era soltanto una continuazione delle pratiche attuate dai dipendenti di [riservato] a partire dall’inizio del 1999. La Commissione ha quindi potuto considerare, senza incorrere in errore, che la partecipazione della Nexans France all’intesa era iniziata il 13 novembre 2000, al momento in cui la Vivalec, divenuta Nexans France, aveva rilevato le attività di [riservato] nel settore dei cavi elettrici sotterranei, compresi i dipendenti direttamente coinvolti nell’intesa.

120    Gli altri argomenti delle ricorrenti non sono idonei a mettere in discussione tale conclusione.

121    In primo luogo occorre constatare che le ricorrenti tentano di rimettere in discussione il valore probatorio degli elementi di prova raccolti dalla Commissione presentandoli e analizzandoli in maniera isolata. Esse esaminano separatamente le dichiarazioni dei richiedenti il trattamento favorevole e gli elementi di prova contemporanei che tali richiedenti hanno fornito nell’ambito delle loro domande.

122    A tale proposito si deve ricordare che, sebbene la Commissione sia tenuta a fornire prove precise e concordanti per dimostrare l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ognuna delle prove da essa prodotte non deve necessariamente rispondere a tali criteri per ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito. In tal senso, gli indizi addotti dalla Commissione nella decisione impugnata al fine di provare l’esistenza di una violazione della predetta disposizione da parte di un’impresa non devono essere valutati isolatamente, bensì nel loro complesso (v. sentenze del 17 maggio 2013, Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, T‑147/09 e T‑148/09, EU:T:2013:259, punto 51 e giurisprudenza citata, e del 12 dicembre 2014, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione, T‑562/08, non pubblicata, EU:T:2014:1078, punti 152 e 153 e giurisprudenza citata). Inoltre, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (sentenza del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 26).

123    Nel caso di specie, come esposto ai precedenti punti da 112 a 115, gli elementi di prova addotti dalla Commissione nella decisione impugnata confermano una presa di contatto illegittima tra i produttori di cavi elettrici sottomarini e sotterranei europei e giapponesi, l’elaborazione di un accordo complesso vertente su una ripartizione dei mercati tra tali produttori e l’attuazione di tale accordo a partire dall’inizio del 1999. Tali prove confermano inoltre che i dipendenti di [riservato], divenuta Vivalec, poi Nexans France, hanno svolto un ruolo chiave nell’ambito di tali contatti.

124    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, le conclusioni della Commissione relative all’esistenza dell’infrazione durante il periodo compreso tra l’inizio del 1999 e l’inizio del 2001 non si fondano unicamente sugli elementi probatori che le sono stati trasmessi da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J-Power Systems nell’ambito della loro domanda congiunta di immunità. Se è vero che tali elementi sono invocati più frequentemente a sostegno delle osservazioni della Commissione, quest’ultima si basa anche sugli elementi probatori forniti dall’ABB, che fanno esplicito riferimento alla partecipazione di [riservato] all’infrazione.

125    Le ricorrenti sono in errore circa il significato del punto 1064 della decisione impugnata quando affermano che la Commissione ha confermato essa stessa di essersi basata unicamente sulle dichiarazioni di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems per constatare l’esistenza dell’infrazione durante il periodo iniziale. In tale punto, figurante nella sezione dedicata alla valutazione, ai fini della determinazione dell’ammenda, della collaborazione congiunta di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems come secondo richiedente il trattamento favorevole, la Commissione si è limitata a constatare che le informazioni fornite da tali richiedenti equivalevano agli elementi probatori concludenti ai sensi del paragrafo 26 della comunicazione sul trattamento favorevole, ossia prove che hanno un grande valore probatorio. Essa ha inoltre rilevato di essere in grado di provare l’esistenza dell’infrazione nel corso del periodo compreso tra il 18 febbraio 1999 e il 1o marzo 2001 sulla sola base di tali informazioni, il che di per sé non esclude che essa disponesse di altri elementi di prova relativi a tale periodo, in particolare quelli forniti dall’ABB, che è stata la prima ad aver contattato la Commissione e a iniziare a collaborare nel contesto istituito da detta comunicazione.

126    In terzo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non vi è motivo di mettere in dubbio la sincerità e l’affidabilità delle dichiarazioni di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems, né di quelle di ABB.

127    Infatti, secondo la giurisprudenza, nessuna norma né principio generale del diritto dell’Unione impediscono alla Commissione di avvalersi nei confronti di un’impresa di dichiarazioni di altre imprese sottoposte a indagine. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli articoli 101 TFUE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuita dal Trattato FUE (v. sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 285 e giurisprudenza citata).

128    Inoltre, benché una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita sia generalmente opportuna, vista la possibilità che tali soggetti tendano a fornire più elementi a carico relativi all’attività dei concorrenti, ciò non toglie che il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione al fine di ottenere un’immunità dall’ammenda o una riduzione del suo importo non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori deformati sulla partecipazione degli altri membri dell’intesa. Infatti ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che questi benefici pienamente della comunicazione sulla cooperazione (sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione, T‑113/07, EU:T:2011:343, punto 94).

129    Nel caso di specie, la Commissione ha certamente messo in discussione l’affidabilità delle dichiarazioni di Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems nella loro domanda congiunta di immunità e, di conseguenza, ha limitato la riduzione dell’importo dell’ammenda da infliggere a tali imprese dal 50 al 45%. Tuttavia, i dubbi della Commissione non hanno interessato l’inizio dell’infrazione ma solamente la data del ritiro di J‑Power Systems dell’intesa, dato che i richiedenti il trattamento favorevole avevano indicato date diverse per tale ritiro. Per contro, per quanto riguarda il periodo iniziale dell’intesa, la Commissione ha sottolineato al punto 1064 della decisione impugnata che le prove fornite da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems erano state decisive.

130    Peraltro, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, le dichiarazioni depositate da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems non possono essere considerate semplici prove «de relato». Si tratta infatti di dichiarazioni effettuate dai rappresentanti legali di tali imprese, contestualizzate da elementi di prova contemporanei ai fatti, quali gli estratti delle agende e gli appunti delle riunioni. Le prove provenienti da Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e J‑Power Systems sono peraltro corroborate dalle prove fornite dall’ABB nell’ambito della propria domanda di immunità (v. punto 114 supra).

131    Inoltre, per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale, nell’ambito del ricorso contro la decisione impugnata, iscritto a ruolo con il numero T‑445/14, l’ABB sembra contestare la data individuata dalla Commissione per segnare l’inizio della sua partecipazione all’intesa, essa va respinta in quanto inconferente, poiché è priva di incidenza sul valore delle prove che tale impresa ha fornito nella sua domanda di immunità che confermano l’esistenza dell’intesa a partire dalla metà del 2000.

132    In quarto luogo, per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti secondo il quale dalle dichiarazioni dei richiedenti il trattamento favorevole emerge che, negli anni 1999 e 2000, l’intesa non esisteva ancora, basti ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, affinché vi sia un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è sufficiente che le imprese in questione abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo. Può ritenersi che un accordo ai sensi della suddetta disposizione sia stato concluso allorché vi è una comune volontà sul principio stesso di una restrizione della concorrenza, anche se gli elementi specifici della restrizione prevista sono ancora oggetto di negoziazioni (v. sentenza del 16 giugno 2011, Solvay/Commissione, T‑186/06, EU:T:2011:276, punti 85 e 86 e giurisprudenza citata).

133    Peraltro, dalla giurisprudenza risulta che, secondo la concezione intrinseca alle norme del Trattato in materia di concorrenza, ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende praticare sul mercato. Se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce e delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese (v. in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti da 116 a 118 e giurisprudenza citata).

134    Nel caso di specie, come emerge dai punti da 111 a 134 supra, è dimostrato che nel 1999 e nel 2000 i rappresentati dei principali produttori di cavi elettrici sottomarini e sotterranei giapponesi ed europei, tra cui della Nexans France, si sono riuniti al fine di elaborare le regole di assegnazione dei progetti di cavi elettrici sottomarini e sotterranei localizzati in varie parti del mondo o di assegnare tali progetti ai partecipanti all’intesa. Benché la negoziazione di tali regole si sia protratta nel tempo, non vi sono dubbi sul fatto che i rappresentanti delle imprese partecipanti a tali riunioni avessero una volontà comune di ripartirsi i mercati dei progetti di cavi elettrici sottomarini e sotterranei e che quindi abbiano concluso un accordo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

135    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il secondo motivo deve essere respinto.

136    In considerazione di quanto precede, occorre concludere che le ricorrenti non sono riuscite a dimostrare l’esistenza di un’illegittimità o di un errore commesso dalla Commissione che giustifichino l’annullamento totale o parziale della decisione impugnata.

137    Le conclusioni di annullamento devono pertanto essere respinte.

B.      Sulle conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte

138    Prima di esaminare le varie domande delle ricorrenti volte a ottenere una riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte, si deve ricordare che il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta. Occorre tuttavia sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e ricordare che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta al ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punti 130 e 131).

139    Le ricorrenti chiedono la riduzione dell’importo delle ammende che sono state loro inflitte per tener conto, da un lato, dell’errore commesso dalla Commissione relativamente alla durata della partecipazione della Nexans France all’infrazione e, dall’altro, degli errori commessi dalla Commissione in merito al coefficiente di gravità determinato nei loro confronti.

1.      Sull’errore in cui la Commissione è incorsa relativamente alla durata della partecipazione della Nexans France all’infrazione

140    Occorre rilevare che la durata della partecipazione della Nexans France all’intesa rientra negli elementi costitutivi dell’infrazione come accertata dalla Commissione nella decisione impugnata e non può, a tale titolo, essere esaminata dal giudice dell’Unione sul fondamento dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 77). Peraltro, nei limiti in cui la domanda delle ricorrenti a tale proposito debba essere interpretata nel senso che è diretta ad ottenere che il Tribunale sostituisca la propria valutazione a quella della Commissione relativamente al coefficiente moltiplicatore riguardante la durata utilizzato dalla Commissione per calcolare l’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti, si deve osservare che tale domanda si basa unicamente sull’argomento secondo il quale la Commissione è incorsa in un errore nella fissazione dell’inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione il 13 novembre 2000. Orbene, da un lato, occorre rilevare che un argomento di questo tipo è inconferente per quanto concerne l’ammenda inflitta alle ricorrenti dall’articolo 2, lettera d), della decisione impugnata, in quanto l’ammenda in questione è stata inflitta alle ricorrenti a causa della partecipazione all’infrazione dell’impresa che esse costituivano ai sensi dell’articolo 101 TFUE durante il periodo dal 12 giugno 2001 al 28 gennaio 2009. Dall’altro, si deve inoltre osservare che l’esame del secondo motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle conclusioni di annullamento, non ha rivelato alcun errore della Commissione nella fissazione dell’inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione il 13 novembre 2000. Dato che le ricorrenti non hanno prodotto elementi aggiuntivi che potrebbero, nel caso di specie, giustificare una modifica dei coefficienti moltiplicatori utilizzati dalla Commissione per calcolare l’importo di base delle ammende che sono state loro inflitte con la decisione impugnata, occorre respingere la loro domanda diretta a ottenere la riduzione dell’importo di dette ammende, in quanto essa si basa sul presunto errore commesso dalla Commissione quanto alla durata della partecipazione della Nexans France all’infrazione.

2.      Sul terzo motivo, riguardante un errore manifesto di valutazione e violazioni dell’obbligo di motivazione nonché il principio della parità di trattamento nella fissazione del coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo delle ammende

141    Il presente motivo è suddiviso in tre parti. Nell’ambito della prima parte, le ricorrenti sostengono che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione e ha violato il suo obbligo di motivazione non avendo ridotto il coefficiente di gravità alla luce delle prove attestanti che l’attuazione dell’intesa è stata parziale e limitata e in larga misura inefficace. Nell’ambito del secondo motivo, esse affermano che la Commissione ha aumentato a torto il suddetto coefficiente per tenere conto della quota di mercato aggregata delle parti. Nell’ambito del terzo motivo, esse asseriscono che, applicando loro tale coefficiente, la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento.

142    Prima di esaminare le tre parti del presente motivo si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, irrogare alle imprese che hanno commesso, intenzionalmente o per negligenza, un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE ammende il cui ammontare è determinato in considerazione, in particolare, della gravità dell’infrazione e della sua durata.

143    Conformemente ai paragrafi da 19 a 22 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, uno dei due fattori sui quali si fonda l’importo di base dell’ammenda è la proporzione del valore delle vendite interessate, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione. La gravità dell’infrazione sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. Per decidere la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso, la Commissione tiene conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione alle pratiche illecite.

144    La Commissione dispone di un margine di discrezionalità nella fissazione dell’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza. (v. sentenze del 12 dicembre 2012, Novácke chemické závody/Commissione, T‑352/09, EU:T:2012:673, punto 43 e giurisprudenza citata e del 14 marzo 2013, Dole Food e Dole Germany/Commissione, T‑588/08, EU:T:2013:130, punto 662 e giurisprudenza citata). Tuttavia, nel controllare l’importo dell’ammenda, il giudice non può basarsi su tale margine di discrezionalità né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito dell’importo dell’ammenda tanto in fatto quanto in diritto (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑272/09 P, EU:C:2011:810, punto 102). Parimenti, tutte le volte che la Commissione decide di imporre ammende ai sensi del diritto della concorrenza, essa è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, tra i quali figurano il principio di parità di trattamento e di proporzionalità, quali interpretati dai giudici dell’Unione (sentenza del 12 dicembre 2012, Novácke chemické závody/Commissione, T‑352/09, EU:T:2012:673, punto 44).

145    Nel caso di specie si deve ricordare che, nella decisione impugnata, in particolare ai punti da 997 a 1010, la Commissione ha ritenuto che, per quanto riguarda l’importo di base dell’ammenda e la determinazione della gravità, l’infrazione costituiva per sua stessa natura una delle restrizioni più gravi della concorrenza, circostanza che giustificava, a suo avviso, l’applicazione di una percentuale del 15%. Parimenti, essa ha applicato una maggiorazione del 2% a detta percentuale per tutti i destinatari in considerazione della quota di mercato aggregata nonché della portata geografica quasi mondiale dell’intesa, che copriva segnatamente l’intero territorio del SEE. Inoltre, essa ha ritenuto, in particolare, che il comportamento delle imprese europee, comprese le ricorrenti, fosse più dannoso per la concorrenza di quello delle altre imprese, in quanto, oltre alla loro partecipazione alla configurazione A/R dell’intesa, le imprese europee si erano spartite i progetti di cavi elettrici nell’ambito della configurazione europea della suddetta intesa. Per tale ragione, la Commissione ha fissato la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo della gravità dell’infrazione al 19% per le imprese europee e al 17% per le altre imprese.

146    Le tre parti del motivo dedotte dalle ricorrenti devono essere esaminate alla luce di tali considerazioni.

a)      Sulla prima parte del terzo motivo

147    Le ricorrenti rilevano che, nel corso del procedimento amministrativo, esse avevano esposto argomenti attestanti che la maggior parte delle vendite di cavi elettrici non era stata interessata dall’infrazione accertata nella decisione impugnata. Esse sostengono che, rifiutando di ridurre la proporzione del valore delle vendite per tener conto di tale attuazione parziale e ampiamente inefficace dell’infrazione, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione dal quale la decisione impugnata è inficiata in conseguenza di un difetto di motivazione in relazione alla loro domanda di riduzione del coefficiente di gravità.

148    A tale proposito le ricorrenti precisano, in primo luogo, che l’accordo sul «territorio domestico» non ha potuto dispiegare effetti nel mercato europeo, in quanto, per ragioni tecnologiche e logistiche, le imprese giapponesi non rappresentavano una reale minaccia per i produttori europei in tale mercato. Pertanto, anche in assenza dell’accordo, il risultato delle gare d’appalto europee citate nella decisione impugnata non sarebbe stato diverso.

149    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che l’intesa ha riguardato solo una parte molto limitata delle vendite di cavi elettrici in Europa. Esse osservano che, nel periodo considerato, hanno effettuato più di 4 000 vendite europee di cavi elettrici rientranti nell’infrazione. Orbene, la comunicazione degli addebiti avrebbe descritto soltanto meno di 100 casi di manipolazione di gare d’appalto. Esse affermano che non esiste un mercato unico europeo per i cavi elettrici sotterranei e sottomarini in cui tutte le vendite sono effettuate nello stesso modo e secondo le stesse condizioni di concorrenza. Pertanto, la Commissione non potrebbe procedere per estrapolazione a partire da una piccola parte dei progetti riguardanti cavi elettrici, in particolare progetti destinati a gestori di reti di trasporto, al fine di dimostrare l’esistenza di un’infrazione che interessa un ampio mercato. Le ricorrenti asseriscono inoltre che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un effetto dell’infrazione sui prezzi fatturati ai clienti o sui prezzi pagati dai consumatori.

150    In terzo luogo, secondo le ricorrenti, per la maggior parte delle vendite di cavi elettrici rientranti nel campo di applicazione della decisione impugnata non esisterebbero prove di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

151    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che, sebbene esistano prove di un accordo tra i concorrenti relativo alle vendite di cavi elettrici, nella maggioranza dei casi tale accordo non ha potuto essere attuato. Tra le ragioni che hanno impedito l’attuazione dell’accordo, che esse portano ad esempio, vengono citati un caso di progetto che non si è concretizzato, l’appalto pubblico oggetto di discussioni nell’ambito dell’intesa che è stato annullato, un caso di collaborazione legittima tra i fabbricanti di cavi elettrici, il caso di un cliente che non cercava offerte competitive, a causa, in particolare, del suo interesse per una tecnologia brevettata da un produttore specifico, e un caso di assegnazione di un progetto a un’impresa che non partecipava al cartello, malgrado il fatto che tale progetto fosse stato oggetto di discussioni tra i membri dell’intesa. Esse asseriscono inoltre che la loro struttura interna impediva l’attuazione dell’accordo, dato che i membri del personale che hanno partecipato alle riunioni dell’intesa spesso non avevano contatti con le équipe che preparavano le offerte. Del pari, il periodo molto lungo di gestazione dei progetti di cavi elettrici e i cambiamenti dei clienti e delle specificazioni delle offerte rendevano inefficaci i contatti iniziali tra i concorrenti.

152    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

1)      Sull’asserito errore di valutazione

153    Si deve constatare, da un lato, che, con i loro argomenti, le ricorrenti addebitano alla Commissione, in sostanza, di non avere tenuto conto, in fase di fissazione delle ammende, del carattere limitato, se non persino dell’assenza di effetti reali dell’infrazione sul mercato interessato. Le ricorrenti sostengono, in particolare, che l’infrazione non avrebbe «inciso» sulla maggioranza delle vendite di cavi elettrici oggetto della comunicazione degli addebiti o che l’accordo non ha «potuto avere effetti sui clienti», in particolare sui prezzi che sono stati loro fatturati. Esse affermano, infine, che gli effetti dell’intesa sono stati indeboliti da circostanze di fatto ad essa esterne.

154    Dall’altro lato, taluni argomenti delle ricorrenti fanno altresì riferimento alla mancanza di prove dell’esistenza dell’accordo. Peraltro, la risposta fornita dalla Commissione agli argomenti delle ricorrenti si colloca anch’essa sul piano della dimostrazione dell’esistenza dell’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in particolare per la questione se sia necessario dimostrare gli effetti di un’infrazione che, consistendo in una ripartizione del mercato, può essere qualificata come infrazione per oggetto. La Commissione sostiene, in sostanza, che, poiché l’infrazione accertata nella decisione impugnata è un’infrazione per oggetto, conformemente alla giurisprudenza costante (v. sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 35 e giurisprudenza citata) essa non doveva dimostrarne gli effetti. Essa richiama inoltre la giurisprudenza secondo la quale l’attuazione, ancorché parziale, di un accordo avente un oggetto anticoncorrenziale è sufficiente per escludere la possibilità di concludere che il detto accordo non ha avuto alcuna incidenza sul mercato (v. sentenza del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, EU:T:2005:367, punto 148).

155    Nella replica le ricorrenti hanno chiarito le loro affermazioni, precisando che i loro argomenti riguardanti l’attuazione limitata dell’infrazione e l’assenza di impatto dell’infrazione sul prezzo sono sollevati a proposito della gravità dell’infrazione e non dell’accertamento della sua esistenza. Secondo le ricorrenti, un accordo anticoncorrenziale che non è stato interamente attuato e che non ha, in ogni caso, alcuna incidenza sui prezzi pagati dai clienti dev’essere considerato meno grave di un accordo interamente attuato e che provoca un danno ai clienti facendo aumentare i prezzi.

156    A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare che la maggior parte degli argomenti delle ricorrenti sintetizzati ai punti da 153 a 155 supra presentano una confusione tra la nozione di «attuazione» dell’infrazione, di cui al punto 22 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, e la nozione di «impatto concreto sul mercato», impatto che, se misurabile, poteva essere preso in considerazione dalla Commissione nella determinazione dell’ammenda, secondo gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «Orientamenti del 1998 per il calcolo delle ammende»). Orbene, secondo la lettera stessa del paragrafo 22 degli orientamenti per il calcolo delle ammende del 2006, applicabili ai fatti del caso di specie, la Commissione non deve necessariamente tenere conto dell’impatto concreto sul mercato, o della sua assenza, come un fattore aggravante o attenuante in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai fini del calcolo dell’ammenda. È sufficiente che, come nella fattispecie, il livello della proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione fissato dalla Commissione sia giustificato da altri elementi idonei ad incidere sulla determinazione della gravità ai sensi di quest’ultima disposizione, quali la natura stessa dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le parti interessate e la sua portata geografica.

157    Pertanto, qualora le ricorrenti intendano dimostrare con i loro argomenti che, per ragioni indipendenti dalla volontà dei membri dell’intesa, essa non ha potuto spiegare i suoi effetti o dare i risultati sperati, tali argomenti devono essere respinti.

158    L’argomentazione delle ricorrenti non merita accoglimento neppure laddove debba essere interpretata nel senso che esse ritengono che la Commissione non abbia dimostrato l’attuazione dell’infrazione.

159    Occorre infatti rilevare che l’unico argomento esposto dalle ricorrenti che potrebbe essere considerato pertinente all’attuazione dell’infrazione è quello secondo il quale la Nexans France non ha potuto mettere in atto gli accordi a causa della sua organizzazione interna, dal momento che i membri del personale che hanno partecipato alle riunioni del cartello non avevano contatti con le équipe che preparavano le offerte. Orbene, tale argomento non può essere accolto, dal momento che l’asserita incapacità di attuare le istruzioni derivanti dagli accordi di cui trattasi non è sufficiente per confutare la constatazione della Commissione, fondata sulle prove presentate nella decisione impugnata e non contestate dalle ricorrenti, secondo la quale la Nexans France, proprio come gli altri membri dell’intesa, ha complessivamente rispettato l’accordo sul «territorio domestico» e ha partecipato alla ripartizione tra i produttori asiatici e i produttori europei dei progetti di cavi elettrici da realizzare nei «territori di esportazione», nonché alla ripartizione tra i produttori europei dei progetti di cavi elettrici da realizzare nei «territori di esportazione» attribuiti a questi ultimi e dei progetti di cavi elettrici da realizzare nel «territorio domestico» dei produttori europei.

2)      Sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione

160    Per quanto concerne la censura relativa al difetto di motivazione, occorre ricordare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in esame e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza citata).

161    Nel caso di specie occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, al punto 1007 della decisione impugnata la Commissione ha esposto il motivo per cui ha considerato, in risposta agli argomenti avanzati dalle ricorrenti nell’ambito del procedimento amministrativo, che l’infrazione unica e continuata era stata pienamente attuata nel caso di specie. La Commissione ha infatti ricordato che i giudici dell’Unione avevano confermato che «la mancanza di un’attuazione integrale degli accordi non significa che non vi sia stata nei fatti alcuna attuazione degli stessi» e che il fatto che «[essa] non possieda elementi di prova che dimostrino che vi siano state forme di collusione in ogni Stato membro e Parte contraente rientrante nell’ambito del cartello non significa che il cartello non sia stato attuato».

162    Parimenti, al punto 1006 della decisione impugnata la Commissione ha risposto all’argomento delle ricorrenti, anch’esso esposto nel corso del procedimento amministrativo, secondo il quale l’infrazione non aveva dispiegato effetti sulla concorrenza nel SEE, affermando che, poiché gli accordi oggetto della decisione impugnata costituivano un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, non risultava necessario, ai fini dell’applicazione delle ammende, dimostrare l’ampiezza degli effetti di tali accordi sul mercato o sulla concorrenza o prenderla in considerazione.

163    A tale proposito si deve sottolineare che la circostanza che la giurisprudenza citata dalla Commissione nella nota a piè di pagina 1413, a sostegno della spiegazione fornita al punto 1006 della decisione impugnata, sia irrilevante e che detta spiegazione non costituisca un fondamento adeguato per il diniego di prendere in considerazione la presunta assenza di effetti dell’infrazione nel SEE in fase di valutazione della gravità della stessa (v. punto 156 supra) è inconferente nei limiti in cui è dedotta a sostegno della presente censura.

164    Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante, il requisito della motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Le censure e gli argomenti diretti a contestare la fondatezza di tale atto sono pertanto ininfluenti nell’ambito di un motivo vertente su un difetto o su un’insufficienza di motivazione (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, EU:C:2001:178, punti da 35 a 38, e del 15 giugno 2005, Corsica Ferries France/Commissione, T‑349/03, EU:T:2005:221, punti 52 e 59).

165    Occorre pertanto respingere la prima parte del terzo motivo.

b)      Sulla seconda parte del terzo motivo

166    Le ricorrenti rilevano che dai punti da 998 a 1010 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha aumentato la proporzione del valore delle vendite del 2% per tutte le imprese, in ragione, da un lato, della dimensione della quota di marcato aggregata di tutte le imprese e, dall’altro, della portata geografica dell’infrazione. Esse sostengono che l’aumento basato sulla dimensione della quota di mercato aggregata non è fondato, in quanto un certo numero di partecipanti è cambiato nel corso dell’infrazione e poiché, in particolare, alcune imprese si sono unite all’infrazione ben oltre il 18 febbraio 1999 e hanno cessato la loro partecipazione prima della data finale del 28 gennaio 2009.

167    La Commissione contesta l’argomento delle ricorrenti.

168    A tale proposito occorre rilevare che, sebbene, come sostengono le ricorrenti, non tutte le imprese coinvolte nell’intesa abbiano partecipato a quest’ultima durante tutto il periodo in questione, ciò non toglie che, da un lato, per la maggior parte della sua esistenza, l’intesa riuniva i principali produttori europei e giapponesi di cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta e altissima tensione. Inoltre, durante un periodo compreso tra la fine del 2001 e il 2006 l’intesa è stata rafforzata dalla partecipazione dei fornitori europei di minori dimensioni, quali Brugg Kabel, nkt cables, Safran e Silec Cable e, per il periodo compreso tra la fine del 2002 e la metà del 2005, dalla partecipazione dei fornitori sudcoreani. Dall’altro, come rileva la Commissione senza che le ricorrenti la contraddicano, il numero degli operatori di mercato interessati che non sono destinatari della decisione impugnata è molto limitato. In tali circostanze, al termine di un controllo approfondito, si deve constatare che la Commissione ha potuto ritenere, senza commettere errori, che tutti i destinatari della decisione combinati costituissero quasi la totalità delle imprese sul mercato del SEE dei cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta e altissima tensione. La Commissione ha anche potuto accertare, correttamente, che tale elemento, nonché la portata geografica quasi mondiale dell’intesa, non contestata dalle ricorrenti, aggravavano l’infrazione e aumentavano di conseguenza del 2% la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione.

169    Occorre pertanto respingere la seconda parte del terzo motivo.

c)      Sulla terza parte del terzo motivo

170    Le ricorrenti affermano che la differenziazione operata dalla Commissione tra le imprese europee e le imprese giapponesi per quanto riguarda la proporzione del valore delle vendite considerata al fine di tenere conto della gravità dell’infrazione è contraria al principio della parità di trattamento.

171    Le ricorrenti rammentano che la proporzione del valore delle vendite applicata dalla Commissione alle imprese europee era del 2% più alta rispetto a quella applicata alle altre imprese. Per motivare tale differenziazione, la Commissione avrebbe rilevato, al punto 999 della decisione impugnata, che, oltre ai meccanismi di ripartizione della «configurazione A/R di cartello», «alcuni progetti SEE erano soggetti a forme ulteriori di ripartizioni tra produttori europei attraverso la configurazione europea di cartello». Orbene, esse sottolineano che, secondo la Commissione, «[q]uesta parte del cartello, che era attuata esclusivamente dai produttori europei, non [aveva] fatto che aggravare i danni alla concorrenza già causati dall’accordo di ripartizione dei mercati sottoscritto tra i produttori europei, giapponesi e [sudcoreani] e quindi aumentare la gravità dell’infrazione» e che «[l]’ulteriore distorsione causata dalla configurazione europea di cartello giustifica[va] un aumento del 2% del coefficiente di gravità per le imprese che [avevano] preso parte anche a questa dimensione dell’infrazione».

172    Le ricorrenti contestano tale differenziazione sostenendo, da un lato, che la «configurazione europea di cartello» non è stata attuata esclusivamente dalle imprese europee. Dalla decisione impugnata risulterebbe infatti che le imprese giapponesi e sudcoreane hanno partecipato a discussioni relative a taluni progetti di clienti europei. Dall’altro, esse ritengono che la Commissione non abbia dimostrato come la suddetta configurazione avesse «aggrava[to] i danni alla concorrenza già causati», né quale fosse l’«ulteriore distorsione provocata da tale configurazione».

173    La Commissione contesta l’argomento delle ricorrenti.

174    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ogni volta che decide di infliggere ammende ai sensi del diritto della concorrenza, la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, tra i quali figura il principio della parità di trattamento, quale interpretato dai giudici dell’Unione. Tale principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenze del 27 giugno 2012, Bolloré/Commissione, T‑372/10, EU:T:2012:325, punto 85 e giurisprudenza citata, e del 19 gennaio 2016, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑409/12, EU:T:2016:17, punto 108 e giurisprudenza citata).

175    Per quanto riguarda la valutazione della gravità del comportamento delle imprese europee rispetto al comportamento delle imprese asiatiche, in particolare le imprese giapponesi, occorre ricordare che la Commissione ha qualificato l’infrazione indicata nella decisione impugnata come infrazione unica e continuata composta da due configurazioni: la «configurazione A/R» dell’intesa e la «configurazione europea» dell’intesa suddetta. La prima di tali configurazioni comportava, da un lato, un accordo sul «territorio domestico», in forza del quale le imprese giapponesi e sudcoreane si impegnavano a lasciare il «territorio domestico» europeo, riservato ai membri R di tale intesa, in cambio di un impegno reciproco di questi ultimi di lasciare il «territorio domestico» giapponese e sudcoreano e, dall’altro, una ripartizione dei progetti ubicati nella maggior parte del resto del mondo, denominata «territori di esportazione». Come emerge dal precedente punto 12, la seconda di tali configurazioni mirava a ripartire tra le imprese europee i progetti ubicati nel «territorio domestico» europeo e i progetti assegnati alla parte europea nei «territori di esportazione».

176    Le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che le due configurazioni dell’intesa facessero parte di una sola infrazione sono esposte ai punti da 527 a 619 della decisione impugnata. In tale contesto, per quanto concerne la condizione dell’esistenza di un unico e medesimo scopo che collegava le suddette configurazioni del cartello, al punto 534 della predetta decisione la Commissione ha accertato quanto segue:

«La configurazione europea di cartello (così come l’assegnazione tra le imprese asiatiche) era subordinata all’accordo quasi globale e gli conferiva efficacia. Infatti, nel corso delle riunioni europee R, il coordinatore europeo riferiva le discussioni svoltesi durante le riunioni A/R (…). A tal fine, le parti organizzavano spesso riunioni R subito prima di un incontro A/R (…). Inoltre, durante le riunioni R, le parti esprimevano il proprio interesse per progetti nei territori d’esportazione che sarebbero stati discussi durante le riunioni A/R. I partecipanti alle riunioni A/R venivano a loro volta informati delle principali discussioni tenute nella configurazione europea di cartello (…). La configurazione europea di cartello formava quindi parte integrante del piano complessivo».

177    La Commissione ha ritenuto la maggior parte delle imprese giapponesi e sudcoreane responsabili della partecipazione all’intera intesa, inclusa la sua configurazione europea. In particolare, essa ha riconosciuto, per la totalità della suddetta intesa, la responsabilità delle imprese giapponesi raggruppate nel nucleo centrale dell’intesa, vale a dire Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e la loro impresa comune J‑Power Systems, nonché Furukawa Electric, Fujikura e la loro impresa comune Viscas.

178    Tuttavia, al punto 537 della decisione impugnata, la Commissione ha sfumato il livello di partecipazione all’intesa delle diverse imprese. Essa ha infatti considerato quanto segue:

«Il gruppo principale di imprese (Nexans, Pirelli/Prysmian, Furukawa [Electric], Fujikura e Viscas, Sumitomo [Electric Industries], Hitachi [Cable] e [J‑Power Systems) era lo stesso sia per i cavi elettrici [sotterranei e sottomarini], e applicava sia [l’accordo sul] territorio domestico sia l’accordo per l’assegnazione di progetti nei territori d’esportazione. Mentre per ovvie ragioni le imprese giapponesi e [sudcoreane] non erano coinvolte nella configurazione europea di cartello, Nexans e Pirelli/Prysmian erano attive in entrambe».

179    Sulla base di tale constatazione la Commissione ha concluso, al punto 999 della decisione impugnata, su cui vertono gli argomenti delle ricorrenti, che l’infrazione commessa dalle imprese europee doveva essere considerata più grave di quella commessa dalle imprese giapponesi e che pertanto, a causa del loro coinvolgimento nella «configurazione europea di cartello», la proporzione del valore delle vendite delle imprese europee, impiegata per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda, doveva essere aumentata del 2%.

180    A tale proposito si deve considerare che il fatto che, come asseriscono le ricorrenti, la partecipazione delle imprese giapponesi sia stata analoga a quella delle imprese europee per quanto riguarda la «configurazione europea di cartello», anche ammesso che sia accertata, non è tale da mettere in discussione la conclusione della Commissione secondo la quale la ripartizione dei progetti all’interno del SEE costituiva un ulteriore elemento che meritava di essere sanzionato con una percentuale aggiuntiva a titolo della gravità dell’infrazione.

181    Infatti, da un lato, occorre rilevare che, oltre alla «configurazione A/R di cartello», in cui le imprese europee e asiatiche si sono accordate in particolare per non entrare nei rispettivi «territori domestici», i produttori europei, incluse le ricorrenti, si sono ripartiti i vari progetti di cavi elettrici assegnati ai membri R di tale cartello. In particolare, come risulta dal punto 73 della decisione impugnata, tale ripartizione ha riguardato sia l’assegnazione dei progetti nei «territori di esportazione», operata nell’ambito di tale configurazione, sia l’assegnazione dei progetti spettanti ai membri R ai sensi dell’accordo sul «territorio domestico», ossia i progetti situati nel «territorio nazionale» dei produttori europei. Dall’altro, va osservato che, sebbene la ripartizione dei progetti all’interno di detta configurazione e la ripartizione dei progetti all’interno della configurazione europea dell’intesa fossero strettamente connesse, come spiegato dalla Commissione al punto 534 della decisione impugnata, quest’ultima configurazione ha implicato un impegno supplementare di ripartizione dei progetti, che andava oltre le regole di assegnazione esistenti nella «configurazione A/R di cartello».

182    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, non vi è alcun dubbio che la ripartizione dei progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini ad alta tensione all’interno della «configurazione europea di cartello» abbia rafforzato il pregiudizio alla concorrenza causato nel SEE dalla «configurazione A/R» del suddetto cartello.

183    Era pertanto giustificato, come sostenuto dalla Commissione, che la valutazione della gravità del comportamento dei produttori partecipanti alla «configurazione europea di cartello», in particolare i produttori europei, riflettesse il pregiudizio supplementare arrecato alla concorrenza all’interno del SEE.

184    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, in sostanza, la Commissione ha commesso un errore di valutazione ritenendo che le imprese giapponesi non avessero partecipato allo stesso livello delle imprese europee alla «configurazione europea di cartello» è irrilevante per quanto riguarda l’esistenza di una violazione del principio della parità di trattamento nei confronti delle ricorrenti.

185    Infatti, tale argomento, supponendo che sia fondato, sarebbe tale da giustificare l’aumento della percentuale del valore delle vendite preso in considerazione nei confronti delle imprese giapponesi.

186    Per contro, tale circostanza è irrilevante per la percentuale del valore delle vendite presa in considerazione nei confronti delle ricorrenti per tenere conto della gravità del loro comportamento, dal momento che il principio della parità di trattamento non può fondare alcun diritto all’applicazione non discriminatoria di un trattamento illegittimo (sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 479).

187    Dalle precedenti considerazioni risulta che occorre respingere la terza parte del terzo motivo e, di conseguenza, quest’ultimo nel suo complesso.

188    Dato che i motivi e gli argomenti dedotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro conclusioni di riforma sono stati respinti e in assenza di elementi che, nel caso di specie, potrebbero giustificare una riduzione dell’importo delle ammende, occorre respingere le conclusioni dirette alla menzionata riduzione.

189    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre dichiarare che il ricorso dev’essere respinto integralmente.

IV.    Sulle spese

190    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Nexans France SAS e la Nexans SA sono condannate alle spese.

Collins

Kancheva

Barents

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2018.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Ricorrenti e settore interessato

B. Procedimento amministrativo

C. Decisione impugnata

1. Infrazione in esame

2. Responsabilità delle ricorrenti

3. Ammende inflitte

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle conclusioni di annullamento

1. Sul primo motivo, riguardante una mancanza di base giuridica e una violazione della decisione di ispezione, dei diritti della difesa, dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 7 della Carta

a) Sullo svolgimento dell’ispezione

b) Sull’asserita assenza di base giuridica delle misure controverse

c) Sull’asserita violazione della decisione di ispezione

d) Sulla presunta violazione dei diritti della difesa

e) Sull’asserita violazione dell’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003

f) Sull’asserita violazione dell’articolo 7 della Carta

2. Sul secondo motivo, riguardante un errore di valutazione nella determinazione della data di inizio della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

B. Sulle conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende inflitte

1. Sull’errore in cui la Commissione è incorsa relativamente alla durata della partecipazione della Nexans France all’infrazione

2. Sul terzo motivo, riguardante un errore manifesto di valutazione e violazioni dell’obbligo di motivazione nonché il principio della parità di trattamento nella fissazione del coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo delle ammende

a) Sulla prima parte del terzo motivo

1) Sull’asserito errore di valutazione

2) Sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione

b) Sulla seconda parte del terzo motivo

c) Sulla terza parte del terzo motivo

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.


1 Dati riservati occultati.