Language of document : ECLI:EU:T:2011:605

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

19 ottobre 2011 (*)

«Mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento di uno Stato – Penalità – Adozione di talune misure da parte dello Stato membro – Domanda di pagamento – Competenza della Commissione – Competenza del Tribunale»

Nella causa T‑139/06,

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E. Belliard, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra S. Gasri, successivamente dalla sig.ra Belliard, dai sigg. de Bergues e B. Cabouat, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dal sig. T. van Rijn, dalle sig.re K. Banks e F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalle sig.re S. Behzadi-Spencer, T. Harris e C. Murrell in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 1° marzo 2006, C (2006) 659 def., recante domanda di pagamento delle penalità dovute in esecuzione della sentenza della Corte 12 luglio 2005, causa C‑304/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6263),

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto dai sigg. E. Moavero Milanesi, presidente, N. Wahl e S. Soldevila Fragoso (relatore), giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 maggio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con sentenza 11 giugno 1991, causa C‑64/88, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑2727; in prosieguo: la «sentenza 11 giugno 1991»), la Corte ha dichiarato e statuito quanto segue:

«Non avendo assicurato, dal 1984 al 1987, un controllo che garantisse il rispetto delle misure tecniche comunitarie per la conservazione delle risorse di pesca, prescritte dal regolamento (CEE) del Consiglio 25 gennaio 1983, n. 171, nonché dal regolamento (CEE) del Consiglio 7 ottobre 1986, n. 3094, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 giugno 1982, n. 2057, che istituisce alcune misure di controllo delle attività di pesca esercitate dai pescherecci degli Stati membri, nonché dall’art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1987, n. 2241, che istituisce alcune misure di controllo delle attività di pesca».

2        Con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 27 agosto 2002, la Commissione delle Comunità europee ha proposto un ricorso, in forza dell’art. 228 CE, diretto a far dichiarare che la Repubblica francese non si era conformata agli obblighi imposti dalla sentenza 11 giugno 1991, e ad ottenere la sua condanna al pagamento di una penalità.

3        Con sentenza 12 luglio 2005, causa C‑304/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6263; in prosieguo: la «sentenza 12 luglio 2005»), la Corte ha dichiarato e statuito come segue:

«1)      Non avendo assicurato un controllo delle attività di pesca conforme agli obblighi previsti dalle disposizioni comunitarie, e non avendo garantito che le infrazioni alla disciplina delle attività di pesca fossero perseguite conformemente agli obblighi previsti dalle disposizioni comunitarie, la Repubblica francese non ha adottato tutte le misure che l’esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 (…) comporta, venendo pertanto meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 228 CE.

2)      La Repubblica francese è condannata a pagare alla Commissione delle Comunità europee, sul conto “Risorse proprie della Comunità europea”, una penalità di EUR 57 761 250 per ciascun semestre a partire dalla pronuncia della presente sentenza al termine del quale alla sentenza 11 giugno 1991, (…), non sia stata ancora data piena esecuzione.

3)      La Repubblica francese è condannata a pagare alla Commissione delle Comunità europee, sul conto “Risorse proprie della Comunità europea”, una somma forfettaria di EUR 20 000 000.

4)      La Repubblica francese è condannata alle spese».

4        Con nota JUR JM 1128 del 29 luglio 2005, le autorità francesi informavano la Commissione delle misure da esse adottate a partire dal 2003 ai fini del rafforzamento dei controlli in materia di politica comune della pesca, per quanto concerne, in particolare, il controllo della taglia regolamentare delle catture, e le hanno trasmesso i piani di controllo della pesca relativamente agli anni 2004 e 2005.

5        La Commissione rispondeva a dette autorità con la nota FISH/D/3/AC/mrh D 10572 del 28 settembre 2005, nella quale essa rilevava che gli elementi informativi così forniti non le consentivano di accertare la piena esecuzione della sentenza 12 luglio 2005. Con la medesima nota, la Commissione chiedeva, inoltre, alle autorità francesi di fornirle al più presto talune informazioni che essa riteneva necessarie per valutare il grado di esecuzione di tale sentenza.

6        Le autorità francesi rispondevano a questa richiesta con nota JUR SJ 1808 del 15 dicembre 2005.

7        La Commissione rilevava che dette risposte erano incomplete e, pertanto, con la nota FISH/D/3/AC/mhr D del 23 dicembre 2005, precisava alle autorità francesi i documenti che queste ultime dovevano inviarle.

8        Le autorità francesi rispondevano alla Commissione con nota JUR SJ 42 del 16 gennaio 2006.

9        Nel periodo compreso dall’ottobre al dicembre 2005, la Commissione effettuava, inoltre, cinque ispezioni, di cui tre improvvise. Le relazioni corrispondenti a queste ispezioni venivano trasmesse alle autorità francesi il 21 e il 23 dicembre 2005.

10      Le autorità francesi presentavano le proprie osservazioni su tali relazioni con nota JUR SJ 43 del 16 gennaio 2006.

11      Con nota JUR SJ 212 del 15 febbraio 2006, le autorità francesi aggiornavano i dati trasmessi alla Commissione con le loro precedenti note.

12      Inoltre, in data 18 luglio e 12 ottobre 2005 si svolgevano due riunioni tra i servizi della Commissione e le autorità francesi.

13      Infine, la Commissione procedeva a due nuove ispezioni nel periodo compreso tra il 7 e il 9 febbraio 2006.

14      Il 21 febbraio 2006 le relazioni di ispezione venivano trasmesse alle autorità francesi, le quali replicavano con nota AGRAP‑RP/162 del 7 marzo 2006, peraltro già inviata per posta elettronica alla Commissione il 24 febbraio 2006.

15      L’Istituzione, ritenendo che la Repubblica francese non avesse dato pienamente esecuzione alla sentenza 12 luglio 2005, le notificava, di conseguenza, il 2 marzo 2006, la decisione 1° marzo 2006, C (2006) 659 def., recante domanda di pagamento della somma di EUR 57 761 250 in esecuzione di detta sentenza (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 maggio 2006, la Repubblica francese ha proposto il presente ricorso.

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 settembre 2006, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della domanda della Commissione. Con ordinanza 12 ottobre 2006, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il Regno Unito ha depositato la propria memoria e le altre parti hanno presentato le loro osservazioni su quest’ultima entro i termini prescritti.

18      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

19      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a rispondere per iscritto, prima dell’udienza, ad un quesito circa l’eventuale incidenza sulla presente controversia della sentenza del Tribunale 29 marzo 2011, causa T‑33/09, Portogallo/Commissione (Racc. pag. II‑1429). Il 12 maggio 2011 le parti, ad eccezione del Regno Unito che non vi ha partecipato, sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti orali loro rivolti in udienza dal Tribunale.

20      La Repubblica francese chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, ridurre l’importo della penalità;

–        condannare la Commissione alle spese o, qualora il Tribunale riducesse l’importo della penalità, compensare le proprie spese.

21      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere la domanda della Repubblica francese;

–        condannare la Repubblica francese alle spese.

22      Il Regno Unito, interveniente a sostegno della Commissione, chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

 In diritto

23      La Repubblica francese deduce quattro motivi, relativi all’incompetenza della Commissione a recuperare la penalità, alla violazione dei diritti della difesa, ad un’errata valutazione delle misure da essa adottate per conformarsi alle sentenze della Corte nonché al fatto che la Commissione avrebbe dovuto fissare l’importo della penalità in misura inferiore.

 Sul primo motivo, relativo all’incompetenza della Commissione

24      In sostanza, la Repubblica francese ritiene che i Trattati non attribuiscano alla Commissione la competenza ad esigere il pagamento di una penalità a norma dell’art. 228 CE, e che l’unico modo di procedere sia la proposizione da parte della Commissione di un nuovo ricorso per inadempimento ex art. 226 CE.

25      In limine, si deve rilevare che il Trattato CE non stabilisce le modalità di esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte in esito al procedimento previsto dall’art. 228 CE, in particolare qualora venga imposta una penalità (sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra, punto 61).

26      Se è pur vero che i procedimenti previsti dagli artt. 226 CE e 228 CE hanno la stessa finalità, vale a dire quella di garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione, resta il fatto che essi rappresentano due procedimenti distinti, con oggetti diversi.

27      Il procedimento istituito dall’art. 226 CE mira infatti a far accertare e a far cessare il comportamento di uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione (sentenze della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione, Racc. pag. 321, punto 27, e 6 dicembre 2007, causa C‑456/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑10517, punto 25), mentre l’oggetto del procedimento di cui all’art. 228 CE è assai più circoscritto, mirando esclusivamente a spingere lo Stato membro inadempiente ad eseguire una sentenza per inadempimento (sentenza 12 luglio 2005, punto 80).

28      Ne consegue che, una volta che la Corte abbia constatato, mediante una sentenza pronunciata sulla base dell’art. 226 CE, che uno Stato membro è venuto meno ai propri obblighi, la prosecuzione dei negoziati tra tale Stato membro e la Commissione non verterà più sull’esistenza dell’inadempimento – che appunto è già stato constatato dalla Corte –, bensì sulla questione se ricorrano le condizioni necessarie per la proposizione di un ricorso ai sensi dell’art. 228 CE (sentenza della Corte 21 settembre 2010, cause riunite C‑514/07 P, causa C‑528/07 P e C‑532/07 P, Svezia/API e Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 118‑120).

29      Nella specie, la Corte, con la sentenza 12 luglio 2005, ha constatato la violazione dell’art. 228 CE da parte della Repubblica francese condannandola a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie della Comunità europea», una penalità di EUR 57 761 250 per ogni semestre, a decorrere dalla pronuncia di detta sentenza, entro il quale non fosse stata data piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991.

30      Dal dispositivo della sentenza 12 luglio 2005 emerge che la Corte, nell’ambito dello speciale procedimento giudiziario di esecuzione delle sentenze previsto all’art. 228, n. 2, CE, il quale è stato paragonato ad un mezzo di esecuzione (sentenza 12 luglio 2005, punto 92), ha determinato con precisione sia l’importo della penalità sia l’autorità amministrativa incaricata del suo recupero.

31      Nel rispetto del procedimento previsto dal Trattato, a seguito di un ricorso della Commissione fondato sull’art. 226 CE, la Corte ha condannato per inadempimento la Repubblica francese con la sentenza 11 giugno 1991. Successivamente ad un ricorso della Commissione basato sull’art. 228 CE, la Corte ha constatato la mancata esecuzione di questa prima sentenza e ha condannato la Repubblica francese al pagamento di una penalità e di una somma forfettaria al fine di indurla a conformarsi quanto prima alla sentenza 11 giugno 1991.

32      Secondo gli artt. 226 CE‑228 CE, la determinazione dei diritti e degli obblighi degli Stati membri nonché il giudizio sul loro comportamento possono risultare unicamente da una sentenza della Corte (sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5449, punto 45; v., per analogia, sentenza della Corte 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, Racc. pag. 1413, punti 15 e 16). Poiché la Corte, nella sentenza 12 luglio 2005, ha determinato in modo chiaro gli obblighi della Repubblica francese, risulterebbe contrario allo spirito del Trattato e alla finalità del meccanismo di cui all’art. 228 CE imporre alla Commissione la proposizione di un nuovo ricorso per inadempimento sul fondamento dell’art. 226 CE.

33      Con la sentenza 12 luglio 2005, da un lato, la somma forfettaria cui è stata condannata la Repubblica francese è divenuta immediatamente esigibile, in quanto essa sanziona il ritardo delle autorità francesi nella piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 e, dall’altro, il pagamento dell’eventuale penalità è stato soggetto alla verifica semestrale, da parte della Commissione, della mancata piena esecuzione di detta sentenza. La sentenza 12 luglio 2005, nell’ambito dell’art. 228 CE, attribuisce alla Commissione la competenza ad effettuare autonomamente tale verifica e la Repubblica francese può contestare l’accertamento della mancata esecuzione mediante ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale, come è avvenuto nella specie. Con questo ricorso, la Repubblica francese può dimostrare che la Commissione ha oltrepassato i limiti del mandato conferito dalla Corte e che, successivamente a ciascuna verifica semestrale, sono state adottate misure specifiche al fine di garantire la piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 che ha accertato il suo inadempimento.

34      Inoltre, le disposizioni del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 25 giugno 2002, n. 1605, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248, pag. 1), quali precisate dal regolamento (CE, Euratom) della Commissione 23 dicembre 2002, n. 2342, recante modalità d’esecuzione del regolamento n. 1605/2002 (GU L 357, pag. 1), forniscono alla decisione impugnata un fondamento normativo per quanto riguarda le modalità di recupero di una penalità e di una somma forfettaria. Infatti, ai sensi della sentenza 12 luglio 2005, la Repubblica francese è condannata a pagare alla Commissione, sul conto «risorse proprie della Comunità europea», una penalità e una somma forfettaria.

35      L’art. 274 CE stabilisce che «[l]a Commissione cura l’esecuzione del bilancio, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 279 CE». Inoltre, l’art. 60 del regolamento n. 1605/2002 dispone che l’ordinatore è incaricato di eseguire le entrate e, in particolare, l’accertamento dei diritti da recuperare e l’emissione degli ordini di recupero. Infine, l’art. 78, n. 1, del regolamento n. 2342/2002 precisa che l’accertamento di un credito da parte dell’ordinatore costituisce il riconoscimento del diritto vantato dalle Comunità nei confronti di un debitore e la formazione del titolo ad esigere dal debitore il pagamento del debito.

36      Nella fattispecie, l’ordinatore, ossia la Commissione, conformemente all’art. 59, n. 1, del regolamento n. 1605/2002, verifica l’esistenza del debito e, essendo soddisfatte le condizioni di esigibilità di quest’ultimo, ne chiede il pagamento alla Repubblica francese in esecuzione della sentenza della Corte.

37      Nei limiti in cui una sentenza della Corte, emessa in forza dell’art. 228, n. 2, CE, condanni uno Stato membro a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie della Comunità europea», una penalità, e, a titolo dell’art. 274 CE, la Commissione cura l’esecuzione del bilancio, spetta a quest’ultima riscuotere le somme che sarebbero dovute al bilancio dell’Unione in esecuzione della sentenza, conformemente alle disposizioni dei regolamenti adottati in attuazione dell’art. 279 CE (sentenza Portogallo/Commissione, cit. supra, punto 62).

38      Dalle suesposte considerazioni emerge che la Commissione è competente, in linea di principio, ad esigere il pagamento di una penalità fissata dalla Corte; conseguentemente, il motivo relativo all’incompetenza della Commissione deve essere respinto.

39      Tuttavia, la Repubblica francese ha precisato, nella sua risposta al quesito del Tribunale e all’udienza, che, anche se la Commissione doveva poter valutare le misure adottate dallo Stato membro per conformarsi alla sentenza della Corte, «[essa] [doveva] al massimo limitarsi ad un controllo sulla manifesta omessa esecuzione della sentenza della Corte».

40      A tal proposito, dal punto 82 della citata sentenza Portogallo/Commissione emerge che l’esercizio di questo potere discrezionale della Commissione non può pregiudicare i diritti – e, segnatamente, i diritti processuali – degli Stati membri, quali risultano dal procedimento di cui all’art. 226 CE, né la competenza esclusiva della Corte a statuire sulla conformità di una normativa nazionale con il diritto comunitario. Pertanto, nell’ambito, in particolare, del terzo motivo dedotto dalla Repubblica francese, relativo all’errata valutazione delle misure adottate, occorre procedere al controllo dell’osservanza, da parte della Commissione, dei limiti posti dalle sentenze della Corte al suo potere discrezionale.

 Sul secondo motivo, attinente ad una violazione dei diritti della difesa

41      La Repubblica francese contesta alla Commissione di non averla posta in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista, prima dell’adozione della decisione impugnata, sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, dei rilievi e delle circostanze addotti dalla Commissione stessa. Essa ritiene che, per poter presentare utilmente le proprie osservazioni, l’Istituzione avrebbe dovuto indicarle i criteri che intendeva utilizzare per valutare se essa avesse dato piena esecuzione alla sentenza 12 luglio 2005.

42      Sebbene l’art. 228 CE non precisi il termine entro cui deve aver luogo l’esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’esistenza di un inadempimento, risulta da consolidata giurisprudenza che l’esigenza di un’immediata e uniforme applicazione del diritto dell’Unione impone che tale esecuzione sia iniziata immediatamente e conclusa entro termini il più possibile ristretti (v. sentenza della Corte 9 dicembre 2008, causa C‑121/07, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑9159, punto 21, e la giurisprudenza ivi citata).

43      Dallo spirito del Trattato e dal combinato disposto degli artt. 226 CE e 228 CE discende che una sentenza della Corte che accerta un inadempimento nonché una sentenza successiva che constata l’assenza di una piena esecuzione della prima sentenza devono essere considerate quale contesto normativo che consente allo Stato membro di determinare con precisione le misure necessarie da attuare per conformarsi al diritto dell’Unione.

44      A seguito della sentenza 12 luglio 2005, la Repubblica francese avrebbe dovuto presentare alla Commissione i risultati concreti delle precedenti ed eventualmente nuove misure, che consentissero di rispondere agli addebiti accolti dalla Corte e dimostrassero in tal modo la piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991. Se uno Stato membro e la Commissione devono sempre cercare un dialogo costruttivo nell’ambito dell’obbligo di leale cooperazione di cui all’art. 4, n. 3, TUE, e applicabile sia agli Stati membri sia alle istituzioni dell’Unione, una nuova condanna pronunciata dalla Corte esige che lo Stato membro si attivi per conformarsi agli obblighi ad esso incombenti con riguardo al diritto dell’Unione e per informarne la Commissione in quanto istituzione incaricata di verificare la corretta attuazione di tale diritto da parte degli Stati membri.

45      Quanto alla determinazione della corretta esecuzione della sentenza 11 giugno 1991, i criteri di valutazione utilizzati a tal fine sono stati fissati dalla Corte nella sentenza 12 luglio 2005. Questi ultimi, inoltre, sono stati illustrati dalla Commissione in occasione della riunione del 18 luglio 2005 nonché nella sua nota 28 settembre 2005, vale a dire entro un termine ragionevole di poco più di due mesi dalla pronuncia della sentenza 12 luglio 2005, dando così alle autorità francesi l’opportunità di esprimersi due volte sui criteri accolti. In ogni caso, il fatto che tali autorità ritengano di non aver potuto presentare le loro osservazioni in merito alla rilevanza di detti criteri non incide sulla circostanza che esse, nel corso della prima scadenza semestrale, alla luce della sentenza 12 luglio 2005, non avessero ancora dato piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991.

46      Le prime ispezioni sono avvenute nell’ottobre 2005, ovvero tre mesi dopo la sentenza 12 luglio 2005, e le relazioni corrispondenti sono state trasmesse alla fine di dicembre, ossia entro un termine ragionevole di due mesi dalle verifiche in loco. Si deve rilevare che le domande di proroga del termine sollecitate dalla Repubblica francese sono state accolte dalla Commissione. Va peraltro osservato che la decisione impugnata è stata infine adottata il 1° marzo 2006, ossia un mese e mezzo dopo la prima scadenza semestrale, fissata dalla Corte al 12 gennaio 2006 e a seguito di nuove ispezioni in loco da parte della Commissione, senza che la Repubblica francese chiedesse una nuova proroga.

47      Al riguardo è importante sottolineare che, anche se la Commissione è obbligata a cooperare in buona fede con gli Stati membri al fine di agevolare l’attuazione del diritto dell’Unione, non può esserle contestata, nell’ambito di tale dialogo, la scadenza di un primo termine entro il quale uno Stato membro deve pagare una penalità per mancata piena esecuzione ad una sentenza per inadempimento.

48      Occorre pertanto respingere il motivo fondato sulla violazione dei diritti della difesa.

 Sul terzo motivo, afferente all’errata valutazione delle misure adottate per conformarsi alle sentenze della Corte

49      La Repubblica francese ritiene di aver dato piena esecuzione alla sentenza 12 luglio 2005.

50      Va anzitutto rilevato che la Corte, nella sentenza 12 luglio 2005, ha accertato la mancata piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 vertente sull’inadempimento della Repubblica francese dei propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Da tale constatazione emerge che qualunque misura richiamata dalla Repubblica francese, sia dinanzi alla Commissione nell’ambito della prima verifica semestrale ovvero al Tribunale nell’ambito del presente procedimento, è rilevante solo per quanto concerne la produzione di risultati concreti riguardo alla valutazione della piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 e che consentano di rispondere agli addebiti accolti dalla Corte. Il 12 luglio 2005, infatti, la Corte ha accertato la persistenza dell’inadempimento.

51      Va precisato, inoltre, che un eventuale errore di valutazione della Commissione sarebbe rilevante solo se la Repubblica francese dimostrasse di aver proceduto alla piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991. Un’esecuzione parziale sarebbe priva di conseguenze nell’esigibilità della penalità, poiché la Corte ha espressamente dichiarato che, nell’ipotesi di mancata piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991 nel semestre successivo alla pronuncia della sentenza 12 luglio 2005 e per ogni semestre successivo, la Repubblica francese sarebbe stata tenuta a pagare una penalità di EUR 57 761 250. Infatti, la Repubblica francese aveva l’obbligo di dare piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991 entro il 12 gennaio 2006.

52      Peraltro, dalla giurisprudenza risulta che nel caso in cui la Commissione nutra dubbi seri e ragionevoli sui controlli effettuati dalle autorità nazionali, lo Stato membro non può contestare gli accertamenti della stessa con semplici affermazioni non suffragate da elementi che dimostrino l’esistenza di un sistema di controllo affidabile ed operativo. È in effetti tale Stato membro che deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente dell’effettività dei propri controlli, nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione (v., per analogia, sentenza della Corte 27 ottobre 2005, causa C‑387/03, Grecia/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 96, e la giurisprudenza ivi citata). Ciò vale, a maggior ragione, nell’ambito di un procedimento di esecuzione di una sentenza della Corte per inadempimento in quanto spetta allo Stato membro dimostrare di aver posto termine all’inadempimento stesso.

53      Infatti, nell’ambito dell’esecuzione di una sentenza della Corte che infligge una penalità ad uno Stato membro, la Commissione deve poter valutare le misure adottate dallo Stato membro per conformarsi alla sentenza della Corte, in particolare, per evitare che lo Stato membro inadempiente si limiti ad adottare misure aventi, in realtà, lo stesso contenuto di quelle che hanno formato oggetto della sentenza della Corte (citata sentenza Portogallo/Commissione, punto 81).

54      Tuttavia, l’esercizio di questo potere discrezionale non può pregiudicare i diritti – e, segnatamente, i diritti processuali – degli Stati membri, quali risultano dal procedimento di cui all’art. 226 CE né la competenza esclusiva della Corte a statuire sulla conformità di una normativa nazionale con il diritto comunitario (citata sentenza Portogallo/Commissione, punto 82).

55      Di conseguenza, la Commissione, prima di procedere al recupero di una penalità, è tenuta a verificare se gli addebiti mossi dalla Corte nell’ambito di una sentenza fondata sull’art. 228 CE persistano ancora alla data del termine fissato dalla Corte.

56      Nella sentenza 11 giugno 1991, la Corte ha ritenuto fondati cinque addebiti nei confronti della Repubblica francese:

–        insufficienza dei controlli per quanto riguarda le dimensioni minime delle maglie delle reti (punti 12‑15 della sentenza);

–        insufficienza dei controlli per quanto riguarda la fissazione alle reti di dispositivi vietati dalla normativa comunitaria (punti 16 e 17 della sentenza); 

–        inadempimento degli obblighi di controllo in materia di catture accessorie (punti 18 e 19 della sentenza);

–        inadempimento degli obblighi di controllo per quanto riguarda il rispetto delle misure tecniche di conservazione che vietano la vendita dei pesci sotto taglia (punti 20‑23 della sentenza);

–        inadempimento dell’obbligo di repressione delle infrazioni (punto 24).

57      Nella sentenza 12 luglio 2005 la Corte ha confermato la fondatezza degli addebiti che dimostrano la persistenza di un inadempimento da parte della Repubblica francese della normativa comunitaria:

–        l’insufficienza del controllo (punti 44-62);

–        l’insufficienza delle catture (punti 69-74).

58      Come ricordato dalla Corte ai punti 32-38 della sentenza 12 luglio 2005, il regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1993, n. 2847, che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca (GU L 261, pag. 1), fornisce indicazioni precise quanto al contenuto delle misure che debbono essere adottate dagli Stati membri e che debbono essere volte all’accertamento della regolarità delle operazioni di pesca al duplice scopo di prevenire eventuali irregolarità e di reprimerle. Tale obiettivo implica che le misure attuate devono avere un carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo.

59      La Repubblica francese non può quindi validamente sostenere di non avere una conoscenza precisa dell’inadempimento e delle misure che sono necessarie per garantire l’osservanza della normativa comunitaria nonché la piena esecuzione delle sentenze della Corte.

60      Occorre, inoltre, esaminare se la Commissione, nella decisione impugnata, abbia fornito prove sufficienti della persistenza dei due addebiti mossi dalla Corte nella sentenza 12 luglio 2005.

 Sull’insufficienza del controllo

61      Al punto 2 della decisione impugnata si rileva che alla fine del 2005 e all’inizio del 2006 sussistevano ancora le situazioni e i comportamenti che avevano indotto la Corte a dichiarare, nelle sentenze 11 giugno 1991 e 12 luglio 2005, l’inadempimento della Repubblica francese ai propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. In tal modo, la Commissione non ha accertato un inadempimento nuovo, bensì la mancanza di una modifica significativa di quanto già constatato dalla Corte nelle due sentenze precedenti. Orbene, al fine di dare piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991, era necessario che la Repubblica francese modificasse i comportamenti che risultavano in contrasto con la normativa dell’Unione. Pertanto, non si può contestare alla Commissione di aver proceduto a tali constatazioni nella decisione impugnata. Al contrario, tali constatazioni sono idonee a chiarire alle autorità francesi, se necessario, quali siano i comportamenti che determinano la persistenza dell’inadempimento accertato dalla Corte sin dall’11 giugno 1991, consentendo loro di definire le misure necessarie al fine di rimediarvi meglio in futuro.

62      Ciò vale, a maggior ragione, tenuto conto del fatto che la Corte, nella sentenza 12 luglio 2005, aveva sottolineato la gravità dell’infrazione e, in particolare, le conseguenze dell’omessa esecuzione sulla politica comune della pesca. Infatti, l’interesse pubblico consiste in uno sfruttamento razionale e responsabile delle risorse acquatiche su una base durevole, in condizioni economiche e sociali adeguate. In tale contesto, la protezione del novellame risulta determinante per la ricostituzione delle popolazioni ittiche. Il mancato rispetto delle misure tecniche di conservazione previste dalla politica comune, in particolare gli obblighi in materia di dimensioni minime dei pesci, costituisce quindi una minaccia grave per il mantenimento di talune specie e di talune zone di pesca e mette a repentaglio il perseguimento dell’obiettivo essenziale della politica comune della pesca (sentenza 12 luglio 2005, punto 105).

63      La Repubblica francese contesta, in sostanza, la qualità delle ispezioni effettuate dalla Commissione, senza tuttavia fornire la prova che esse abbiano in qualche modo influenzato la prassi dei servizi francesi competenti, contribuendo all’omessa piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991. Peraltro, l’accertamento della Commissione dell’assenza di un’integrazione efficace dei controlli sui vari livelli della filiera, in particolare tramite un incrocio sistematico di dati, non può essere contraddetto dalla sola affermazione della Repubblica francese secondo la quale tale incrocio di dati costituirebbe una «prassi regolare dei servizi» in base ad una circolare del 30 maggio 2005.

64      Infatti, non viene rimessa direttamente in discussione dalla Repubblica francese la constatazione, effettuata nel corso di un’ispezione eseguita nel mercato di Rungis nel dicembre 2005, dell’omesso controllo sui documenti di trasporto che avrebbe consentito di conoscere l’origine dei diversi lotti e di pianificare i conseguenti controlli e, durante le ispezioni realizzate a Guilvinec, a Loctudy, a Saint‑Gilles‑Croix–de‑Vie e a La Cotinière nel febbraio 2006, di un’omessa sistematica convalida incrociata da parte degli ispettori nazionali dei giornali di bordo, delle dichiarazioni di sbarco e delle note di vendita. Orbene, detti accertamenti sono di per sé sufficienti a dimostrare la mancata piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991 e rendono esigibile la penalità imposta dalla Corte, conformemente alla decisione impugnata.

65      Come rilevato dalla Corte ai punti 51 e 52 della sentenza 12 luglio 2005, tali elementi consentono di dichiarare che, in mancanza di un efficace intervento delle autorità nazionali competenti, persiste una prassi di messa in vendita di pesce sotto taglia che presenta un grado di continuità e di generalità tale da compromettere gravemente, a causa del suo effetto cumulativo, gli obiettivi del regime comunitario di conservazione e di gestione delle risorse in materia di pesca.

66      Per di più, la similarità e la ripetizione delle situazioni accertate in tutte le relazioni permettono di considerare che tali casi hanno potuto essere solo la conseguenza di un’insufficienza strutturale delle misure attuate dalle autorità francesi e, di conseguenza, di un inadempimento, da parte di queste ultime, dell’obbligo di procedere a controlli effettivi, proporzionati e dissuasivi imposto loro dalla normativa comunitaria (v. sentenza 12 luglio 2005, punto 52, e la giurisprudenza ivi citata).

67      Le constatazioni effettuate dagli ispettori della Commissione durante le ispezioni del dicembre 2005 e del febbraio 2006, relative all’assenza da parte degli ispettori francesi della padronanza delle tecniche elementari di ispezione, di una conoscenza sufficiente della normativa comunitaria e di conoscenze delle tecniche di misurazione dei pesci e delle differenze biologiche che consentono di distinguere le specie soggette a normative diverse, non possono essere rimesse in discussione dalle misure di formazione adottate dalla Repubblica francese prima della realizzazione delle ispezioni in loco.

68      Infatti, anche se è probabile che misure del genere contribuiranno alla piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991, si deve necessariamente rilevare che la Commissione, nel semestre successivo alla sentenza 12 luglio 2005, ha constatato una qualità insufficiente delle ispezioni, senza che la Repubblica francese fornisse una prova contraria al riguardo. L’omesso controllo dei documenti di bordo, segnatamente, rende impossibile il confronto tra i quantitativi di pesce sotto taglia riportati nella dichiarazione di sbarco e quelli che figurano nella nota di vendita e impedisce l’individuazione di potenziali infrazioni.

69      Le difficoltà riscontrate dalla Commissione nel determinare l’organico giornaliero disponibile, incaricato delle attività di ispezione, nonché nel verificare l’osservanza del tasso di ispezione dell’1% inerente allo sbarco non sono rimesse in discussione dagli argomenti della Repubblica francese. Infatti, la questione che rileva non è quella della quantificazione teorica del personale eventualmente disponibile a realizzare una missione di ispezione, bensì quella relativa al numero concreto di ispettori qualificati che abbiano effettuato ispezioni sistematiche in loco nel periodo compreso tra il 12 luglio 2005 e la data di adozione della decisione impugnata. Orbene, detto organico non può essere determinato con precisione e il tasso di ispezione dell’1% allo sbarco, momento cruciale per determinare i quantitativi di pesce sotto taglia pescato, resta insufficiente ai fini della piena esecuzione della sentenza 11 giugno 1991.

70      Infine, e complessivamente considerato, atteso che la Commissione ha fornito sufficienti elementi da cui risulta la persistenza dell’inadempimento, spetta allo Stato membro interessato contestare in modo approfondito e particolareggiato i dati prodotti e le conseguenze che ne derivano (v. sentenza 12 luglio 2005, punto 56, e la giurisprudenza ivi citata).

71      Anche supponendo che le divergenti informazioni fornite dalla Repubblica francese possano essere considerate rivelatrici di un miglioramento della situazione, resta il fatto che gli sforzi compiuti non sono tali da scusare gli inadempimenti accertati (v. sentenza 12 luglio 2005, punto 58, e la giurisprudenza ivi citata).

 Sull’insufficienza del perseguimento delle infrazioni

72      La Commissione contesta alla Repubblica francese di non aver perseguito sistematicamente le infrazioni e di non aver realizzato un rendiconto dettagliato delle operazioni di ispezione effettuate. Così, riguardo al merluzzo sotto taglia, non è stata inflitta alcuna sanzione a seguito dei verbali redatti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2004 e il 12 gennaio 2006, il che non è contestato dalle autorità francesi.

73      Nelle proprie memorie, la Repubblica francese espone le ragioni, legate alla sua organizzazione interna, che le hanno impedito di fornire talune informazioni richieste dalla Commissione, vale a dire, per esempio, il seguito dato ai procedimenti giudiziari avviati prima del 2004, o che l’hanno obbligata a fornire informazioni parziali. Tali spiegazioni tendono a confermare l’incompletezza delle informazioni trasmesse e, più in generale, l’incapacità delle autorità francesi di dimostrare l’efficacia del sistema nazionale di repressione e di sanzioni in materia di infrazioni alle norme concernenti il pesce sotto taglia.

74      Orbene, come rilevato dalla Corte al punto 70 della sentenza 12 luglio 2005, essendo provato che infrazioni peraltro accertabili da parte delle autorità nazionali non sono state rilevate e che non sono stati redatti verbali a carico dei contravventori, è giocoforza constatare che le dette autorità sono venute meno all’obbligo di repressione loro imposto dalla normativa comunitaria (v., in tal senso, sentenza 11 giugno 1991, punto 24).

75      Di conseguenza, alla luce degli elementi circostanziati presentati dalla Commissione, le informazioni fornite dalle autorità francesi non sono così solide da dimostrare che le misure attuate da queste ultime per quanto riguarda la repressione delle infrazioni alla disciplina della pesca presentino il carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo richiesto per soddisfare al loro obbligo di garantire l’efficacia del regime comunitario di conservazione e di gestione delle risorse in materia di pesca (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2005, punti 37, 38 e 73).

76      Dalle suesposte considerazioni discende, da un lato, che la Repubblica francese non ha dimostrato che la decisione impugnata fosse viziata da un errore di valutazione e, dall’altro, che la Commissione non abbia oltrepassato i limiti della propria competenza per essersi limitata a dimostrare, nell’ambito della decisione impugnata, la persistenza dei due addebiti accolti dalla Corte nella sua sentenza 12 luglio 2005. Pertanto, il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, relativo all’obbligo della Commissione di fissare la penalità ad un livello inferiore

77      La Repubblica francese ritiene che la Commissione avrebbe dovuto tener conto degli sforzi intrapresi al fine di dare piena esecuzione alla sentenza 12 luglio 2005 e, di conseguenza, ridurre la penalità stabilita dalla Corte.

78      Orbene, nella sentenza 12 luglio 2005 la Corte ha deciso di applicare una penalità fissa esigibile alla scadenza di ogni semestre a decorrere dalla pronuncia della sentenza al termine del quale non sia stata data piena esecuzione alla sentenza 11 giugno 1991. Ne consegue necessariamente che un’esecuzione parziale di detta sentenza non dà diritto a una riduzione dell’importo della penalità.

79      La Corte, infatti, ha previsto espressamente una «penalità fissa» e non una «penalità decrescente», come ha fatto nella sentenza 25 novembre 2003, causa C‑278/01, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑14141, punti 49-62). La Commissione, quindi, essendo vincolata alla sentenza della Corte, non era competente a ridurre l’importo di tale penalità.

80      Di conseguenza, nonostante gli eventuali progressi realizzati dalla Repubblica francese nell’esecuzione della sentenza 11 giugno 1991, quest’ultima non vi aveva ancora dato piena esecuzione alla data del 1° marzo 2006. Pertanto, la penalità di EUR 57 761 250 era interamente esigibile.

81      Peraltro, per quanto concerne la questione esposta in subordine, relativa ad un’eventuale competenza del Tribunale estesa anche al merito, nel senso di poter ridurre esso stesso l’importo della penalità, va dichiarato che l’eventuale fissazione di una penalità e del suo importo in materia di omessa esecuzione di una sentenza per inadempimento è di competenza esclusiva della Corte. Sarebbe quindi contrario alla coerenza del Trattato il fatto che il Tribunale riducesse detta penalità nell’ambito di un ricorso di annullamento. Infine, l’art. 229 CE richiede che tale competenza sia espressamente prevista. Orbene, una competenza di tal genere non può essere dedotta dai termini dell’art. 226 CE né da quelli dell’art. 228 CE.

82      Alla luce delle suesposte considerazioni, dev’essere respinto il motivo attinente all’obbligo della Commissione di fissare la penalità ad un livello inferiore e, in subordine, alla competenza del Tribunale a procedere esso stesso a tale riduzione.

83      Ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere respinto in toto.

 Sulle spese

84      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, dello stesso regolamento, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

85      La Repubblica francese, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima. Il Regno Unito sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica francese sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese.

Moavero Milanesi

Wahl

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 ottobre 2011.

Firme


*Lingua processuale: il francese.