Language of document : ECLI:EU:T:2005:303

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

8 settembre 2005 (*)

«Marchio comunitario – Segni denominativi DigiFilm e DigiFilmMaker – Impedimenti assoluti alla registrazione – Art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nelle cause riunite T‑178/03 e T-179/03,

CeWe Color AG & Co. OHG, con sede in Oldenburg (Germania), rappresentata dagli avv.ti C. Spintig, S. Richter, U. Sander e H. Förster,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)      (UAMI), rappresentato dalla sig.ra I. Mayer e dal sig, G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto due ricorsi proposti contro le decisioni della terza commissione di ricorso dell’UAMI 12 marzo 2003 (fascicoli R 638/2002‑3 e R 641/2002‑3), relativi alla registrazione dei segni denominativi DigiFilmMaker e DigiFilm come marchi comunitari,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dai sigg. F. Dehousse e D. Šváby, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

visto i ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 19 e il 21 maggio 2003,

vista l’ordinanza di riunione del 18 settembre 2003,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 dicembre 2003,

a seguito dell’udienza del 12 aprile 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 19 novembre 2001 la ricorrente presentava all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) due domande di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        I marchi di cui veniva domandata la registrazione sono i segni denominativi DigiFilmMaker e DigiFilm (in prosieguo, considerati congiuntamente: i «marchi richiesti»).

3        I prodotti e i servizi per i quali veniva richiesta la registrazione del marchio rientrano nelle classi 9, 16 e 42 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, quale riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 9: «Unità di memoria, supporti di registrazione, in particolare supporti di registrazione ottici, in particolare CD‑ROM, tutti i suddetti prodotti contenenti anche registrazioni di foto; apparecchi e strumenti fotografici e cinematografici (compresi nella classe 9); apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o/e delle immagini; apparecchi per l’elaborazione dati; computers, software per computer»;

–        classe 16: «Fotografie sotto forma di fotocartacei, negativi, diapositive»;

–        classe 42: «Scrittura di supporti di registrazione, in particolare con dati digitali, in particolare dati visivi; composizione di fotografie; stampa di fotografie; gestione di un servizio di stampa fotografica on line; consulenza in materia di software, manutenzione di software, creazione di programmi per l’elaborazione dati».

4        I prodotti ed i servizi per i quali veniva domandata la registrazione del marchio DigiFilmMaker sono, oltre agli stessi prodotti e servizi contemplati nella domanda di marchio relativa alla DigiFilm, taluni prodotti rientranti nella classe 9 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Apparecchi ed apparecchi automatici per la scrittura di supporti di registrazione, in particolare apparecchi per la trasmissione di dati digitali (in particolare dati visivi) su supporti di registrazione (in particolare CD‑ROM)».

5        Con lettere 22 febbraio 2002, indirizzate, in applicazione della regola 11, n. 1, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), l’esaminatore informava la ricorrente che, tenuto conto dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94, non riteneva i marchi richiesti registrabili, fatta eccezione dei seguenti prodotti e servizi:

–        classe 16 : «Fotografie sotto forma di fotocartacei, negativi e diapositive»;

–        classe 42 : «Consulenza in materia di software, manutenzione di software, creazione di programmi per l’elaborazione dati».

6        Con lettere 22 aprile 2002, la ricorrente manteneva le domande di marchi comunitari.

7        Con decisioni 4 giugno 2002, adottate in applicazione della regola 11, n. 3, del regolamento n. 2868/95, l’esaminatore respingeva tali domande sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94, per i seguenti prodotti e servizi:

–        classe 9: «Unità di memoria, supporti di registrazione, in particolare supporti di registrazione ottici, in particolare CD‑ROM, tutti i suddetti prodotti contenenti anche registrazioni di foto; apparecchi e strumenti fotografici e cinematografici (compresi nella classe 9); apparecchi per la registrazione, la trasmissione o la riproduzione del suono e/o delle immagini; apparecchi per l’elaborazione dati; computers; sofware per computer»;

–        classe 42: «Scrittura di supporti di registrazione, in particolare con dati digitali, in particolare dati visivi; composizione di fotografie; stampa di fotografie; gestione di un servizio di stampa fotografica on line».

8        L’esaminatore considerava che i marchi richiesti erano costituiti da neologismi descrittivi dei prodotti e servizi sopra indicati. Il termine «digi» sarebbe un’abbreviazione inglese corrente di «digital» (digitale) e i segni DigiFilm e DigiFilmMaker rinviano direttamente ai seguenti rispettivi significati: film digitale (digital film) e persona che realizza film digitali o apparecchi a tal fine utilizzati (digital film-maker). L’esaminatore ha inoltre considerato che le giustapposizioni dei termini «Digi», «Film» e «Maker» non presentavano alcun carattere aggiuntivo idoneo a rendere distintivi i marchi richiesti.

9        Il 26 luglio 2002 la ricorrente presentava avverso le decisioni dell’esaminatore due ricorsi presso l’UAMI, conformemente all’art. 59 del regolamento n. 40/94.

10      Con decisioni 12 marzo 2003 (in prosieguo: la «decisione DigiFilm» e la «decisione DigiFilmMaker», e, insieme considerate, le «decisioni impugnate»), notificate alla ricorrente con lettere del 18 e, rispettivamente, 13 marzo 2003, la terza commissione di ricorso rigettava i ricorsi.

11      La commissione di ricorso, confermando le valutazioni dell’esaminatore, ha in sostanza considerato che i marchi richiesti erano descrittivi dei restanti prodotti e servizi controversi (cioè per i marchi DigiFilm, i prodotti e i servizi menzionati al punto 7 supra e, per il marchio DigiFilmMaker, gli stessi prodotti e servizi nonché i prodotti menzionati al punto 4 supra) (in prosieguo: i «prodotti e i servizi controversi»), e ha aggiunto che tali marchi erano privi, in assenza di ogni elemento o particolarità aggiuntiva, del minimo grado di carattere distintivo richiesto.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare l’UAMI alle spese.

13      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

14      In ciascuna causa, la ricorrente si avvale, in termini analoghi, di due motivi che deducono la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 e, rispettivamente, la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento.

 Sul primo motivo, che deduce la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

15      La ricorrente nega che i marchi richiesti siano descrittivi dei prodotti e dei servizi controversi. Censura la commissione di ricorso di essersi avvalsa di estratti di siti Internet senza esaminarli in dettaglio e di aver considerato che tali marchi non potevano essere registrati anche se non figuravano nei dizionari. Infine l’UAMI avrebbe negato il fatto di aver accettato la registrazione di segni simili ai marchi richiesti.

16      La ricorrente riconosce che «digi» è una frequente abbreviazione di «digital», che «film» designa, in numerose lingue europee, sia la pellicola come pure l’opera e che «maker» significa, in inglese, «produttore». Ciò però non implicherebbe che i marchi richiesti siano descrittivi. Infatti, da un punto di vista tecnico, non esisterebbero film digitali. La commissione di ricorso lo avrebbe ammesso, ma avrebbe considerato che il pubblico interessato non rifletterebbe sui dettagli del procedimento tecnico, chiamerebbe film digitale una successione di immagini digitali e, mutatis mutandis, agirebbe nello stesso modo nel caso di apparecchi di registrazione, dei supporti di dati e dei relativi servizi di fabbricazioni. Tale approccio non riconoscerebbe che l’idoneità di un’indicazione ad essere denominazione descrittiva è richiesta ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 («indicazioni che possono servire»). Orbene, un supporto di memoria o di registrazione, un apparecchio di registrazione ottica o ancora il servizio di scrittura di supporti di registrazione non potrebbero essere descritti dal segno DigiFilmMaker o dal segno DigiFilm. La commissione di ricorso non avrebbe operato distinzioni tra l’indicazione, che non può costituire oggetto di registrazione, e il marchio detto «vocale» il quale, questo sì, sarebbe registrabile.

17      Sarebbe inoltre inesatto che il pubblico di riferimento non sia a conoscenza delle differenze tra la fotografia chimica e la fotografia elettronica. Al contrario, egli percepirebbe la trasposizione del termine «film» alla fotografia elettronica come una trasposizione inabituale e di fantasia. I marchi richiesti rientrerebbero, come il segno UltraPlus, oggetto della sentenza del Tribunale 9 ottobre 2002, causa T‑360/00, Dart Industries/UAMI (UltraPlus) (Racc. pag. II‑3867), nella evocazione e non nella designazione. L’UAMI avrebbe pertanto ingiustamente considerato che le combinazioni dei termini «digi», «film» e «maker» in DigiFilm e DigiFilmMaker non sono inabituali.

18      Gli estratti di siti Internet evocati dall’esaminatore nelle lettere 22 febbraio 2002 e nelle decisioni 4 giugno 2002, e su cui la commissione di ricorso si sarebbe basata, non possono dimostrare il contrario. In particolare, varie voci di DigiFilm trovate su Internet avrebbero un’origine geografica sconosciuta o extracomunitaria o sarebbero imprecise e non pertinenti circa i prodotti cui esse si applicherebbero o, inoltre, identificherebbero DigiFilm come una denominazione commerciale protetta.

19      Inoltre, i marchi richiesti non figurerebbero nei dizionari. Essi sarebbero per questa sola ragione registrabili (sentenza della Corte 20 settembre 2001, causa C‑383/99 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I‑6251, punti 43 e 44).

20      Infine, un gran numero di segni analoghi ai marchi richiesti e ammessi alla registrazione dall’UAMI dimostrerebbero la fondatezza della posizione della ricorrente circa l’assenza di carattere descrittivo di tali marchi. L’UAMI stesso avrebbe affermato la pertinenza, nell’ambito dell’esame previsto all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94, delle sue precedenti decisioni.

21      L’UAMI contesta di aver violato l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

 Giudizio del Tribunale

22      A norma dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio». Inoltre, l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94 dispone che il «paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità».

23      Secondo la giurisprudenza, l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 osta a che i segni o le indicazioni da esso contemplati siano riservati ad una sola impresa a seguito della loro registrazione come marchi. Tale disposizione persegue quindi una finalità di interesse generale, la quale impone che siffatti segni o indicazioni possono essere liberamente utilizzati da tutti [v., per analogia, sentenza della Corte 12 febbraio 2004, causa C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland, Racc. pag. I‑1619, in prosieguo: la «sentenza Postkantoor», punto 54; sentenze del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑219/00, Ellos/UAMI (ELLOS), Racc. pag. II‑753, punto 27, e 27 novembre 2003, causa T‑348/02, Quick/UAMI (Quick), Racc. pag. II‑5071, punto 27].

24      Inoltre, i segni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono segni considerati inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o servizio, al fine di consentire così al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa (sentenze ELLOS, citata supra al punto 23, punto 28, e Quick, citata supra al punto 23, punto 28).

25      Del resto, perché un marchio costituito da una parola formata da una combinazione di elementi, come i marchi richiesti, sia considerato descrittivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non basta che venga constatato un eventuale carattere descrittivo per ciascuno dei suoi elementi. Tale carattere deve essere constatato per la parola nel suo complesso (v., per analogia, sentenza Postkantoor, citata supra al punto 23, punto 96).

26      A questo proposito, un marchio costituito da una parola composta di elementi, ciascuno dei quali è descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è domandata la registrazione, è esso stesso descrittivo delle caratteristiche di tali prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, a meno che non vi sia uno scarto percettibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono, il che presuppone, da un lato, che, a causa del carattere insolito della combinazione con riferimento ai detti prodotti e servizi, la parola produca un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice riunione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, così da prevalere sulla somma di tali elementi e, dall’altro, che la parola sia entrata nel linguaggio corrente e vi abbia acquisito un significato suo proprio, al punto da essere ormai autonoma rispetto agli elementi che la compongono. In quest’ultimo caso, si deve quindi verificare se la parola che ha acquisito un significato proprio non sia essa stessa descrittiva ai sensi della stessa disposizione (v., per analogia, sentenza Postkantoor, citata supra al punto 23, punto 104).

27      Il carattere descrittivo di un marchio deve essere valutato, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi per i quali è chiesta la registrazione del segno [sentenze del Tribunale 31 gennaio 2001, causa T‑135/99, Taurus-Film/UAMI (Cine Action), Racc. pag. II‑379, punto 25, e causa T‑136/99, Taurus-Film/UAMI (Cine Comedy), Racc. pag. II‑397, punto 25] e, dall’altro, con riferimento alla percezione di un pubblico cui si rivolge il marchio che è costituito dai consumatori di tali prodotti o servizi [sentenze ELLOS, citata supra al punto 23, punto 29, e Quick, citata supra al punto 23, punto 29].

28      Nella specie, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso (decisione DigiFilm, punto 27; decisione DigiFilmMaker, punto 28), i prodotti e servizi controversi si rivolgono non solo a un pubblico specializzato, ma anche, più generalmente, al grande pubblico. Del resto, i marchi richiesti sono composti da elementi della lingua inglese. Di conseguenza, il pubblico di riferimento è il consumatore medio anglofono, normalmente informato e ragionevolmente attento.

29      Ciò considerato, si deve stabilire, nell’ambito dell’applicazione dell’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, se esista, per tale pubblico, un rapporto diretto e concreto tra i segni DigiFilm e DigiFilmMaker e i prodotti e servizi controversi.

30      Nella specie, la commissione di ricorso ha giustamente rilevato che «digi» è un’abbreviazione della parola «digital» (digitale), correntemente utilizzata, in particolare in inglese, per qualificare la tecnica digitale, che «film» è una parola inglese che designa, in tale lingua e in numerose altre, sia la pellicola sia l’opera finita o la sua realizzazione e, infine, che la parola inglese «maker» (produttore), associata come nella presente fattispecie a «film», sta ad indicare il cineasta, ma anche, se del caso, l’apparecchio che consente la realizzazione di film (decisione DigiFilm, punti 24-25; decisione DigiFilmMaker, punti 24-26 e 36).

31      Inoltre, conformemente all’esigenza, ricordata supra ai punti 25 e 26, di una valutazione del marchio richiesto nel suo insieme, la commissione di ricorso ha giustamente constatato che le giustapposizioni dei termini «digi», «film» e «maker» in DigiFilm e DigiFilmMaker formano combinazioni chiaramente scomponibili in ragione dell’impiego delle lettere maiuscole e ha altresì giustamente considerato che tali giustapposizioni non sono né inusuali né sferzanti o contrarie alle regole grammaticali (decisione DigiFilm, punto 26; decisione DigiFilmMaker, punto 27), e che esse saranno percepite dal pubblico interessato, immediatamente e senza particolari sforzi di analisi, come facenti riferimento alla registrazione, all’immagazzinamento e al trattamento di dati digitali, in particolare ottici, nonché ai supporti e agli apparecchi e computer che consentono tali operazioni, contemplati nelle domande di marchio della ricorrente e non come indicazioni di origine commerciale (decisione DigiFilm, punti 28-31; decisione DigiFilmMaker, punti 29-32). Come rilevato dalla commissione di ricorso, il messaggio che i marchi richiesti esprimono è chiaro, diretto e immediato. Essi non restano in un modo o nell’altro vaghi, non si prestano a differenti interpretazioni, non restano imprecisi o nella posizione di un segno «suggestivo» e questo a maggior ragione dal momento che la giustapposizione dei loro elementi in una sola parola non modifica in alcun modo né la pronuncia né il contenuto concettuale di quest’ultima, ma sottolinea ulteriormente il contenuto esatto del messaggio in ragione dell’uso di iniziali maiuscole in seno alla parola composta (decisione DigiFilm, punto 30; decisione DigiFilmMaker, punto 32).

32      Infine, la commissione di ricorso ha correttamente rilevato che, in assenza di ogni elemento aggiuntivo, grafico o accompagnato da una qualsiasi particolarità, i marchi richiesti erano privi di ogni nota di fantasia e non presentavano il grado minimo di carattere distintivo richiesto, dato che vengono intesi dal pubblico di riferimento solo come indicazione della specie e della qualità dei prodotti e dei servizi considerati e non come marchi che adempiono alla funzione di indicazione dell’origine commerciale. Tale percezione dei marchi richiesti in un senso descrittivo non si trova assolutamente impedita dalla giustapposizione dei termini che compongono i detti marchi, poiché tale tecnica è corretta e usuale nel settore della pubblicità e del marketing (decisione DigiFilm, punti 36 e 37; decisione DigiFilmMaker, punti 37 e 38).

33      I marchi richiesti non prevalgono in alcun modo sulla somma degli elementi che li compongono. Essi non costituiscono neppure neologismi aventi un significato proprio e pertanto autonomi rispetto ai loro elementi costitutivi, e dei quali si dovrebbe in tal caso pertanto verificare l’eventuale carattere descrittivo nei confronti dei prodotti e servizi controversi, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 26.

34      Tali valutazioni non vengono rimesse in discussione dall’argomento della ricorrente secondo il quale i marchi richiesti sarebbero un’evocazione e non una descrizione dei prodotti e servizi controversi. Il fatto, del resto riconosciuto dalla commissione di ricorso (v. decisione DigiFilm, punti 32 e 33, e decisione DigiFilmMaker, punti 34 e 35), che la fotografia chimica corrisponde ad una riproduzione di tipo analogico di un’immagine, risultante delle modifiche chimiche di un film esposto alla luce, mentre la fotografia digitale non fa ricorso a un film di questo tipo, ma corrisponde ad una riproduzione di tipo digitale risultante dalla misura punto per punto della luce e della sua conversione in segni elettronici digitali, non implica la conseguenza che i marchi richiesti siano soltanto evocatori (o, per riprendere l’espressione della ricorrente, «parlanti») con riferimento ai prodotti e servizi controversi. Infatti, il Tribunale, allo stesso modo della commissione di ricorso, ritiene che il pubblico destinatario, anche nella misura in cui potrebbe essere cosciente del dettaglio di tali operazioni tecniche, non recederà da tale ottica e chiamerà una sequenza di immagini digitali un film digitale. Pertanto, a torto la ricorrente rivendica un carattere soltanto evocatorio per i marchi richiesti. In questo contesto non può avvalersi della sentenza UltraPlus, citata supra al punto 17, dove il Tribunale ha giudicato che il segno UltraPlus non designava una qualità o una caratteristica dei prodotti di cui trattasi (piatti per il forno) direttamente intellegibile dal consumatore, ma indirettamente vantava in modo astratto l’eccellenza di tali prodotti e rientrava così nell’evocazione e non nella designazione ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 (v. punti 25 e 27 della sentenza).

35      L’argomento della ricorrente che deduce la mancanza di pertinenza dei riferimenti Internet trovati dall’esaminatore e il fatto che la commissione di ricorso vi avrebbe fatto riferimento senza esaminarli nei dettagli non è tale da rimettere in discussione la conclusione secondo la quale i marchi richiesti sono descrittivi dei prodotti e dei servizi controversi. Infatti, l’esame dei segni DigiFilm e DigiFilmMaker, di per sé considerati, è sufficiente per concludere che essi sono, dal punto di vista del consumatore anglofono medio, descrittivi dei prodotti e dei servizi controversi senza che si renda inoltre necessario fare riferimento ai numerosi riferimenti Internet trovati dall’esaminatore (2 670 riferimenti al termine di «digifilm», e 53 500 riferimenti all’espressione «digital film»), i quali, del resto, non fanno che corroborare l’analisi svolta dalla commissione di ricorso.

36      L’argomento secondo il quale i marchi richiesti non figurerebbero nei dizionari e dovrebbero essere registrati conformemente ai principi sviluppati nella sentenza Procter & Gamble/UAMI, citata supra al punto 19 (punti 43 e 44), va respinto. Infatti, a differenza del segno denominativo Baby-dry, che la Corte, in questa sentenza, ha considerato costituire una inusuale giustapposizione di termini e che di conseguenza aveva carattere distintivo, i segni DigiFilm e DigiFilmMaker risultano, come rilevato dalla commissione di ricorso, da giustapposizioni prive di ogni originalità di termini descrittivi, le quali sono percepite dal consumatore anglofono medio come la designazione dei prodotti e dei servizi controversi o delle loro essenziali caratteristiche e non come un’indicazione di origine commerciale. Il fatto che i marchi richiesti non siano citati nei dizionari in quanto tali non modifica in alcuna misura tale valutazione [v., in questo senso, sentenze del Tribunale 12 gennaio 2000, causa T‑19/99, DKV/UAMI (COMPANYLINE), Racc. pag. II‑1, punto 26, e 26 ottobre 2000, causa T‑345/99, Harbinger/UAMI (TRUSTEDLINK), Racc. pag. II‑3525, punto 37].

37      Infine, quanto all’argomento della ricorrente che deduce il fatto che l’UAMI avrebbe registrato numerosi marchi analoghi ai marchi richiesti, va ricordato, come riconosciuto dalla ricorrente in udienza, che le decisioni delle commissioni di ricorso riguardanti la registrazione di un segno come marchio comunitario, adottate in forza del regolamento n. 40/94, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità delle decisioni di tali commissioni dev’essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse commissioni [sentenze del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 66; 3 luglio 2003, causa T‑122/01, Best Buy Concepts/UAMI (BEST BUY), Racc. pag. II‑2235, punto 41; 21 aprile 2004, causa T‑127/02, Concept/UAMI (ECA), Racc. pag. II‑1113, punto 71, e 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag, II‑949, punto 68].

38      Dalle considerazioni di cui sopra consegue che la commissione di ricorso non ha violato l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 allorché ha considerato che i segni denominativi DigiFilm e DigiFilmMaker sono descrittivi dei prodotti e servizi controversi e che non possono perciò essere registrati.

39      Il primo motivo va pertanto respinto.

 Sul secondo motivo, che deduce la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

40      La ricorrente sostiene che le decisioni impugnate sono viziate dal momento che la commissione di ricorso ha considerato che il fatto di integrare le condizioni per l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 comporta, in modo quasi automatico, l’assenza di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento. Ad ogni modo, dal momento che, contrariamente alle valutazioni della commissione di ricorso, i marchi richiesti non sarebbero descrittivi, non vi sarebbero neppure indizi della loro asserita totale assenza di carattere distintivo.

41      L’UAMI nega di aver violato l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

 Giudizio del Tribunale

42      Dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94 emerge che basta che si applichi uno degli impedimenti assoluti alla registrazione elencati, nella presente fattispecie quello tratto dall’art. 7, n. 1, lett. c), perché il segno non possa essere registrato come marchio comunitario [sentenza COMPANYLINE, citata supra al punto 36, punto 30, e ordinanza del Tribunale 27 maggio 2004, causa T‑61/03, Irwin Industrial Tool/UAMI (QUICK-GRIP), Racc. pag. II‑1587, punto 35].

43      Si deve inoltre rilevare che, benché i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94 siano indipendenti l’uno dall’altro ed esigano un esame separato, sussiste un’evidente sovrapposizione delle rispettive sfere di applicazione dei motivi enunciati ai punti b), c) e d) della detta disposizione (v., per analogia, sentenza Postkantoor, citata supra al punto 23, punto 85).

44      In particolare, un marchio denominativo che, come nella presente fattispecie, sia descrittivo delle caratteristiche di prodotti o servizi ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, è, per questo stesso motivo, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi stessi prodotti o servizi ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento (v., per analogia, sentenza Postkantoor, citata supra al punto 23, punto 86).

45      Considerato quanto sopra e dal momento che giustamente la commissione di ricorso ha considerato, nelle decisioni impugnate, che l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 osta alla registrazione dei marchi richiesti, per i prodotti e i servizi controversi, il secondo motivo è inoperante e va respinto.

46      Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, il presente ricorso va respinto.

 Sulle spese

47      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Vilaras

Dehousse

Šváby

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 settembre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: il tedesco.