Language of document : ECLI:EU:T:2005:311

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

13 settembre 2005 (*)

«Diritto doganale − Operazione di transito comunitario esterno relativo a sigarette − Frode − Domanda di sgravio di dazi all’importazione − Regolamento (CEE) n. 2913/92 − Regolamento (CEE) n. 2454/93 − Clausola di equità – Rispetto dei termini – Diritti della difesa – Principio di proporzionalità – Nozione di manifesta negligenza»

Nella causa T-53/02,

Ricosmos BV, con sede in Delfzijl (Paesi Bassi), rappresentata inizialmente dagli avv.ti M. Chatelin, M. Fleers e P. Metzler, successivamente dall’avv. J. Hertoghs, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai sigg. M. van Beek e R. Tricot, successivamente dai sigg. van Beek e B. Stromsky, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 16 novembre 2001, REM 09/00, con cui si dichiara ingiustificato lo sgravio di diritti all’importazione a vantaggio della ricorrente, oggetto della domanda presentata dal Regno dei Paesi Bassi,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. J.D. Cooke, presidente, R. García-Valdecasas e dalla sig.ra V. Trstenjak, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1º marzo 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Norme relative al transito comunitario

1        Ai sensi dell’art. 91, n. 1, lett. a), del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»), il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità di merci non comunitarie in vista della loro riesportazione verso un paese terzo, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale.

2        Ai sensi dell’art. 96, n. 1, lett. a) e b), del codice doganale, l’obbligato principale del regime del transito comunitario esterno è il titolare di tale regime ed egli è tenuto a presentare le merci intatte all’ufficio doganale di destinazione nel termine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorità doganali, nonché a rispettare le disposizioni relative al regime del transito comunitario.

3        Ai sensi dell’art. 341 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del codice doganale (GU L 253, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di applicazione), qualsiasi merce, per circolare vincolata al regime di transito comunitario esterno, deve formare oggetto di una dichiarazione T 1, ossia di una dichiarazione compilata su un formulario corrispondente ai modelli di cui agli allegati 31-34 di tale regolamento ed utilizzata conformemente alle indicazioni di cui agli allegati 37 e 38 dello stesso. Dall’allegato 37 risulta che, nel regime del transito comunitario esterno, occorre utilizzare i seguenti esemplari:

–        l’esemplare n. 1, che sarà conservato dall’autorità dello Stato membro nel quale sono espletate le formalità di transito comunitario;

–        l’esemplare n. 4, che sarà conservato dall’ufficio di destinazione dopo l’operazione di transito comunitario;

–        l’esemplare n. 5, che costituisce l’esemplare di rinvio per il regime di transito comunitario;

–        l’esemplare n. 7, che sarà utilizzato per la statistica dello Stato membro di destinazione.

4        L’allegato 37 del regolamento di applicazione precisa inoltre le indicazioni relative alle varie caselle dei formulari per il transito comunitario. Così, per la casella n. 18 sono fornite le seguenti indicazioni:

«18. Identità e nazionalità del mezzo di trasporto alla partenza

Casella (…) obbligatoria quando si applica il regime di transito comunitario.

Indicare l’identità, ad esempio il(i) numero(i) d’immatricolazione o il nome del/dei mezzo(i) di trasporto (camion, nave, vagone, aereo), su cui le merci sono direttamente caricate al momento delle formalità di esportazione o di transito, poi la nazionalità di questo mezzo di trasporto (o quella del mezzo che muove il tutto quando trattasi di vari mezzi di trasporto) secondo il codice comunitario all’uopo previsto. Per esempio, quando ci si avvalga di una motrice e di un rimorchio di diversa immatricolazione indicare il numero d’immatricolazione sia della motrice che del rimorchio e la nazionalità della motrice.

(…)».

5        Ai sensi dell’art. 350, nn. 1 e 2, del regolamento di applicazione, il trasporto delle merci è effettuato in base agli esemplari del documento T 1, i quali devono essere esibiti ad ogni richiesta dell’autorità doganale. Al riguardo l’art. 356 del regolamento di applicazione precisa quanto segue:

«1. Le merci e il documento T 1 devono essere presentati all’ufficio di destinazione.

2. L’ufficio di destinazione annota gli esemplari del documento T 1 in base ai risultati del controllo effettuato, rispedisce immediatamente un esemplare all’ufficio di partenza e conserva l’altro esemplare.

3. L’operazione di transito comunitario può avere termine in un ufficio diverso da quello previsto nel documento T 1. Tale ufficio diventa, in tal caso, ufficio di destinazione.

(...)».

6        Ai sensi dell’art. 358 del regolamento di applicazione, ciascuno Stato membro ha la facoltà di designare uno o più organismi centrali cui i documenti devono essere inviati dagli uffici competenti dello Stato membro di destinazione.

7        L’art. 398 del regolamento di applicazione dispone che l’autorità doganale di ciascuno Stato membro può autorizzare qualsiasi persona in possesso dei requisiti di cui all’art. 399 del detto regolamento e che intenda eseguire operazioni di transito comunitario, denominata in prosieguo «speditore autorizzato», a non presentare all’ufficio di partenza le merci e la relativa dichiarazione di transito comunitario.

8        Ai sensi dell’art. 402, n. 1, del regolamento di applicazione, al più tardi all’atto della spedizione delle merci, lo speditore autorizzato completa la dichiarazione di transito comunitario, debitamente compilata. Ai sensi del n. 2 di tale disposizione, l’esemplare n. 1 del documento T 1 è inviato all’ufficio di partenza subito dopo la spedizione; gli altri esemplari accompagnano le merci.

9        L’art. 349, n. 1, del regolamento di applicazione dispone che l’identificazione delle merci è effettuata, di regola, mediante suggellamento. Il n. 4 di tale disposizione prevede tuttavia che l’ufficio di partenza possa rinunciare al suggellamento quando, tenuto conto di altre eventuali misure di identificazione, la descrizione delle merci nel documento T 1 o nei documenti complementari ne permetta l’identificazione.

10      L’art. 203, n. 1, del codice doganale prevede che l’obbligazione doganale all’importazione sorga in seguito alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione. Ai sensi del n. 3 di tale disposizione, tra i debitori figura, in particolare, se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.

 Norme relative al rimborso o allo sgravio dei dazi all’importazione o all’esportazione

11      L’art. 239 del codice doganale prevede la possibilità di un rimborso o di uno sgravio dei dazi all’importazione o all’esportazione in situazioni dovute a circostanze che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato.

12      L’art. 239 è stato precisato e sviluppato dal regolamento di applicazione, in particolare dai suoi artt. 899-909. L’art. 905, n. 1, del detto regolamento dispone che, quando l’autorità doganale nazionale non sia in grado di decidere sulla base dell’art. 899 e la domanda sia corredata di giustificazioni tali da costituire una situazione particolare risultante da circostanze che non implicano alcuna manovra fraudolenta o negligenza manifesta da parte dell’interessato, lo Stato membro da cui dipende tale autorità trasmette il caso alla Commissione.

13      Ai sensi del n. 2 dell’art. 905 del regolamento di applicazione, quale modificato dal regolamento (CE) della Commissione 18 dicembre 1996, n. 12/97 (GU 1997, L 9, pag. 1), la pratica trasmessa alla Commissione deve recare tutti gli elementi necessari per un esame esauriente del caso e deve inoltre contenere una dichiarazione, sottoscritta da colui che domanda il rimborso o lo sgravio, dove si attesti che il richiedente ha potuto prendere conoscenza della pratica e che indichi o che non ha nulla da aggiungere oppure tutti gli ulteriori elementi che ritiene debbano figurarvi. Quando risulti che gli elementi d’informazione comunicati dallo Stato membro sono insufficienti a consentirle di deliberare con cognizione di causa sul caso sottopostole, la Commissione può chiedere che le vengano comunicati elementi d’informazione complementari.

14      L’art. 906 bis del regolamento di applicazione, disposizione introdotta dal regolamento (CE) della Commissione 29 luglio 1998, n. 1677 (GU L 212, pag. 18), dispone che in qualsiasi momento della procedura, quando la Commissione intende adottare una decisione sfavorevole al richiedente il rimborso o lo sgravio, gli comunica le proprie obiezioni per iscritto, unitamente a tutti i documenti sui quali poggiano le dette obiezioni. Il richiedente dispone da allora del termine di un mese per comunicare le proprie osservazioni per iscritto.

15      L’art. 907 del regolamento di applicazione, nella sua formulazione risultante dal regolamento n. 1677/98, dispone quanto segue:

«Previa consultazione di un gruppo di esperti, composto di rappresentanti di tutti gli Stati membri riuniti nell’ambito del comitato per esaminare il caso in oggetto, la Commissione adotta una decisione che stabilisce che la situazione particolare esaminata giustifica la concessione del rimborso o dello sgravio oppure non la giustifica.

La decisione deve essere presa entro nove mesi dalla data di ricezione, da parte della Commissione, della pratica di cui all’articolo 905, paragrafo 2. Quando la Commissione debba chiedere allo Stato membro elementi d’informazione complementari per poter deliberare, il termine di nove mesi è prorogato del tempo intercorrente tra la data di invio da parte della Commissione della richiesta di elementi d’informazione complementari e la data in cui questi ultimi pervengono alla Commissione.

Quando la Commissione abbia comunicato le proprie obiezioni al richiedente il rimborso o lo sgravio, conformemente all’articolo 906 bis, il termine di nove mesi viene prorogato di un periodo equivalente al periodo di tempo trascorso tra la data dell’invio delle obiezioni da parte della Commissione e la data di ricevimento della risposta dell’interessato o, in mancanza di risposta, la data di scadenza del termine entro il quale egli avrebbe dovuto far conoscere la propria opinione».

16      Ai sensi dell’art. 908, n. 2, del regolamento di applicazione, l’autorità competente dello Stato membro delibera sulla domanda presentatale in base alla decisione della Commissione. Infine, ai sensi dell’art. 909 del detto regolamento, se la Commissione non ha adottato alcuna decisione nel termine di cui all’art. 907, l’autorità doganale nazionale dà seguito favorevole alla domanda di rimborso o di sgravio.

 Fatti all’origine della controversia

 Operazioni di transito comunitario esterno in questione

17      All’epoca dei fatti, la ricorrente faceva parte del gruppo Kamstra Shipstores, con sede in Delfzijl (Paesi Bassi), le cui attività consistono nel commercio all’ingrosso di vari prodotti, in particolare di sigarette, e al cui interno la ricorrente, titolare di un’autorizzazione di speditore autorizzato, svolgeva essenzialmente funzioni logistiche.

18      Nel periodo compreso tra il 16 febbraio e il 5 luglio 1994, la ricorrente ha compilato undici documenti T 1 ai fini del trasporto di carichi di sigarette destinati alla Slovacchia, in regime di transito comunitario esterno, di cui essa è l’obbligato principale.

19      Le undici operazioni di transito comunitario esterno in questione erano accompagnate dai seguenti rispettivi documenti doganali:

–        il documento T 1 n. 120228 del 16 febbraio 1994;

–        il documento T 1 n. 120274 del 25 febbraio 1994;

–        il documento T 1 n. 120372 dell’11 marzo 1994;

–        il documento T 1 n. 120404 del 19 marzo 1994;

–        il documento T 1 n. 120410 del 23 marzo 1994;

–        il documento T 1 n. 120674 del 9 maggio 1994;

–        il documento T 1 n. 120697 del 16 maggio 1994;

–        il documento T 1 n. 120733 del 24 maggio 1994;

–        il documento T 1 n. 120754 del 25 maggio 1994;

–        il documento T 1 n. 120936 del 28 giugno 1994;

–        il documento T 1 n. 120986 del 5 luglio 1994.

20      In tali documenti doganali figuravano, come acquirenti finali delle sigarette, la Intertrade e l’Ikoma, imprese che asserivano di avere sede in Slovacchia. Tuttavia, la ricorrente non ha avuto contatti diretti con gli acquirenti, i quali usufruivano dei servizi offerti da un commissionario per l’acquisto, il sig. C.. La ricorrente intratteneva rapporti d’affari con quest’ultimo da vari anni. Il commissionario scortava i trasporti delle merci fino all’ufficio di destinazione.

21      Per quanto riguarda le prime nove operazioni doganali in questione, ossia quelle effettuate tra il 16 febbraio e il 25 maggio 1994, l’ufficio doganale di destinazione menzionato nei corrispondenti documenti T 1 era quello di Schirnding (Germania). L’ufficio di destinazione indicato per le ultime due operazioni, ossia quelle del 28 giugno e del 5 luglio 1994, era quello di Philippsreut (Germania). Tuttavia, tutte le merci sono arrivate all’ufficio doganale di Philippsreut.

22      La ricorrente ha avvisato via fax l’ufficio di partenza, ossia l’ufficio doganale di Delfzijl, del carico di ciascun trasporto, in quanto tale ufficio procede di solito alla verifica dei documenti e al controllo dei camion nel luogo di carico. Essendo stato introdotto nei Paesi Bassi, il 1º aprile 1994, il sistema degli «avvisi anticipati di partenza», i sei ultimi documenti, ossia quelli corrispondenti alle operazioni effettuate tra il 9 maggio e il 5 luglio 1994, sono stati notificati dalle autorità doganali di Delfzijl, per mezzo della Douane Informatie Centrum (centrale informativa doganale), all’ufficio di destinazione indicato. Tale sistema di avvisi anticipati, però, è stato introdotto in Germania solo nell’agosto 1994, per problemi tecnici.

23      Il numero d’immatricolazione dei mezzi di trasporto utilizzati è stato indicato solo sull’esemplare n. 4 del documento T 1, destinato all’ufficio di destinazione. Tali numeri di immatricolazione non figuravano quindi nell’esemplare n. 1 (esemplare conservato dalle autorità dello Stato membro di partenza) e nell’esemplare n. 5 (esemplare da rinviare all’ufficio di partenza).

24      Dopo la partenza di ogni carico, la ricorrente ha inviato l’esemplare n. 1 del documento T 1 all’ufficio di partenza, mentre gli altri esemplari accompagnavano il trasporto. La ricorrente consegnava all’autista del camion alcune buste affrancate recanti l’indirizzo dell’ufficio doganale di appuramento di Coevorden (Paesi Bassi). Tali buste dovevano essere fornite dalle autorità dell’ufficio di destinazione affinché le stesse le utilizzassero per la trasmissione degli esemplari n. 5 dei documenti T 1 all’ufficio di appuramento. Tuttavia, l’agente doganale dell’ufficio di Philippsreut a cui sono stati presentati i documenti di transito, sig. Mauritz, non si è servito di tali buste e non ha quindi inviato direttamente per posta gli esemplari n. 5 dei documenti T 1 all’ufficio di appuramento. Tali documenti di transito non sono stati nemmeno inviati per via ufficiale, ossia tramite l’organismo centrale di invio dell’amministrazione tedesca e la sede centrale di ritorno nei Paesi Bassi. Infatti, il sig. Mauritz ha consegnato gli esemplari n. 5 dei documenti di transito al sig. C., il commissionario, o all’autista del camion, che hanno poi provveduto a riportarli nei Paesi Bassi e a restituirli alla ricorrente. Quest’ultima li ha trasmessi all’ufficio di appuramento via fax e per posta.

25      Gli undici documenti di transito comunitario in questione sono stati stampigliati dal sig. Mauritz con un timbro originale della dogana tedesca. I numeri di tali documenti non sono stati però rinvenuti nei registri della dogana tedesca. Infatti, i timbri apposti sui documenti doganali e i numeri della dogana tedesca ivi indicati non sono stati registrati per l’esportazione di sigarette e per i relativi documenti doganali T 1, ma per altre merci ed altri documenti doganali. In particolare, dalla mancata iscrizione dei carichi di sigarette nel registro dell’ufficio doganale di Philippsreut è derivato che le autorità tedesche non hanno comunicato alle autorità doganali ceche, conformemente al sistema di mutua informazione introdotto dal gennaio 1994, che tali partite dovevano essere in corso di trasporto verso la Repubblica ceca.

26      Un’inchiesta condotta dalle autorità olandesi, in particolare dal Fiscale Inlichtingen en Opsporingsdienst (Servizio di informazioni e di ricerche fiscali; in prosieguo: il «FIOD»), ha poi rivelato che i suddetti titoli di trasporto non erano stati appurati correttamente. La relazione di tale inchiesta è datata 30 dicembre 1996 (in prosieguo: la «relazione del FIOD»).

27      L’agente doganale tedesco, sig. Mauritz, e un ex agente doganale ceco, sig. Sykora, sono stati assoggettati a condanne penali in Germania, in particolare per la loro partecipazione a reati di falso in scrittura. Altre due persone, i sigg. Chovan e Sanda, sono stati condannati nella Repubblica ceca a causa della loro partecipazione ad attività di contrabbando di sigarette [sentenza del Vrchní Soud (Corte d’appello) di Praga 30 novembre 2004]. Le autorità olandesi hanno aperto un’istruttoria nei confronti dei sigg. B. e FB., due dipendenti della ricorrente, al fine di stabilire il loro eventuale coinvolgimento in tale contrabbando di sigarette. Tale procedimento è stato però archiviato. Infine, le inchieste effettuate hanno rivelato che l’Intertrade e l’Ikoma, che figuravano come acquirenti nei documenti corrispondenti alle operazioni di cui trattasi, non erano immatricolate nel registro della camera di commercio locale in Slovacchia.

 Procedimento amministrativo

28      Il 15 marzo 1995, le autorità olandesi hanno chiesto alla ricorrente una somma pari a 4 006 168,20 fiorini olandesi (NLG) a titolo di dazi all’importazione. In particolare, esse hanno ritenuto che le merci in questione non fossero state presentate all’ufficio di destinazione e non fossero state correttamente appurate. A parere delle autorità olandesi, tale sottrazione al controllo doganale ha fatto sorgere un’obbligazione doganale all’importazione, conformemente all’art. 203 del codice doganale. La ricorrente ha impugnato la decisione di recupero dinanzi ai giudici nazionali. Nel corso del procedimento dinanzi a questi, le autorità olandesi hanno ridotto a NLG 2 293 042,50 l’importo richiesto a titolo di dazi all’importazione.

29      Il 15 dicembre 1997 la ricorrente ha presentato una domanda di sgravio di dazi all’importazione dinanzi alle autorità doganali olandesi. L’8 febbraio 1999 queste hanno sottoposto alla Commissione una domanda di sgravio dei dazi in questione, senza però prima permettere alla ricorrente di accedere all’insieme della pratica. Il 10 maggio 1999 la Commissione ha informato la ricorrente del fatto che, non avendo potuto prendere conoscenza integrale della pratica, si apprestava a dichiarare irricevibile tale domanda di sgravio. Nel febbraio 2000 la ricorrente ha finalmente avuto accesso all’insieme della pratica istruita dalle autorità olandesi. Il 2 maggio 2000 la ricorrente ha comunicato a queste ultime le sue osservazioni relative alla pratica.

30      Con lettera del 22 maggio 2000, ricevuta il 29 maggio 2000, le autorità olandesi hanno nuovamente investito la Commissione di una domanda di sgravio di dazi all’importazione. Tale domanda ha costituito l’oggetto del procedimento REM 09/00, oggetto del presente ricorso.

31      Con lettera del 27 ottobre 2000, la Commissione ha chiesto alle autorità olandesi elementi d’informazione complementari. Le risposte di tali autorità ai cinque quesiti posti dalla Commissione sono state inviate a quest’ultima con lettera del 23 aprile 2001, registrata il 4 maggio 2001.

32      Con lettera del 3 aprile 2001, la ricorrente ha chiesto alla Commissione conferma della scadenza del termine di nove mesi previsto per l’esame della sua domanda di sgravio, nonché del fatto che le autorità olandesi avrebbero dato un seguito favorevole a quest’ultima. Il 4 aprile 2001 la Commissione ha comunicato alla ricorrente che il termine era stato sospeso a causa della richiesta di elementi d’informazione complementari da essa indirizzata alle autorità olandesi il 27 ottobre 2000.

33      Con lettera del 23 aprile 2001, le autorità olandesi hanno informato la ricorrente della sospensione del termine, comunicandole che, in tale fase, essa non poteva prendere conoscenza dei quesiti posti dalla Commissione, ma che ciò sarebbe stato possibile nel caso in cui quest’ultima intendesse respingere la domanda.

34      Con lettera del 13 giugno 2001, la Commissione ha chiesto alle autorità olandesi di trasmetterle la relazione del FIOD. Il 5 luglio 2001 le autorità olandesi hanno informato la ricorrente di tale seconda richiesta di elementi d’informazioni complementari e della nuova proroga del termine. Con lettera del 23 luglio 2001, registrata il 2 agosto 2001, le autorità olandesi hanno trasmesso la relazione del FIOD alla Commissione.

35      Con lettera del 21 settembre 2001, la Commissione ha comunicato alla ricorrente che essa intendeva adottare una decisione sfavorevole alla sua domanda di sgravio, precisando le sue obiezioni nei confronti della stessa. La Commissione l’ha informata della possibilità, di cui disponeva per un periodo di un mese, di consultare i documenti non riservati del fascicolo, ossia la domanda di sgravio del 22 maggio 2000 e i suoi allegati, quali trasmessi dalle autorità olandesi, nonché una copia della relazione del FIOD.

36      Il 3 ottobre 2001 la ricorrente ha contattato telefonicamente la Commissione per chiedere l’accesso a tutti i documenti del fascicolo. La ricorrente ha poi anche presentato tale domanda alle autorità olandesi, le quali, con lettera dell’11 ottobre 2001, le hanno inviato la relazione del FIOD, la loro risposta alla prima richiesta di informazioni della Commissione del 27 ottobre 2000 nonché la seconda richiesta di informazioni della Commissione del 13 giugno 2001 e la loro riposta al riguardo. Il 12 ottobre 2001 la Commissione, in risposta a una nuova domanda della ricorrente della stessa data, le ha trasmesso l’elenco completo dei documenti messi a sua disposizione.

37      Con lettera del 17 ottobre 2001, ricevuta dalla Commissione il giorno stesso, l’interessata ha preso posizione sulle obiezioni sollevate da quest’ultima.

38      Il 9 novembre 2001 la Commissione ha consultato il gruppo di esperti, composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri riuniti nell’ambito del comitato del codice doganale, relativamente alla domanda delle autorità olandesi.

39      Il 16 novembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione REM 09/00, con cui dichiara ingiustificato lo sgravio dei dazi all’importazione (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Il 14 dicembre 2001 le autorità olandesi hanno comunicato alla ricorrente che la domanda di sgravio era stata respinta.

 Procedimento e conclusioni delle parti

40      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

41      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la Commissione a produrre taluni documenti e ha invitato le parti a rispondere per iscritto ad alcuni quesiti. Le parti hanno ottemperato a tali richieste nei termini impartiti.

42      Nelle sue memorie, la ricorrente ha proposto di produrre alcune prove particolareggiate a sostegno di tutte le sue affermazioni. In particolare, essa ha proposto al Tribunale di sentire alcuni agenti doganali olandesi come testimoni.

43      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 1º marzo 2005.

44      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

45      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

46      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce, innanzi tutto, un motivo relativo a violazioni della procedura di sgravio dei dazi all’importazione e del principio di certezza del diritto; in secondo luogo, un motivo relativo all’assenza di manifesta negligenza, ai sensi dell’art. 239 del codice doganale e dell’art. 905 del regolamento di applicazione, e, in terzo luogo, un motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità. In udienza, la ricorrente ha dedotto un quarto motivo, relativo all’inesistenza dell’obbligazione doganale a cui si riferisce la domanda di sgravio respinta con la decisione impugnata.

 Sul primo motivo, relativo a violazioni della procedura di sgravio dei dazi all’importazione e del principio di certezza del diritto

47      La ricorrente evidenzia che, ai sensi dell’art. 907 del regolamento di applicazione, la decisione della Commissione deve essere presa entro nove mesi dalla data di trasmissione della pratica da parte delle autorità nazionali e che tale termine può essere prorogato solo in caso di una domanda di informazioni complementari alle autorità nazionali e della trasmissione al richiedente delle obiezioni della Commissione.

48      La ricorrente sostiene che tale termine non è stato rispettato nella fattispecie. Essa contesta, infatti, la validità delle proroghe di tale termine intervenute nel caso concreto. La ricorrente rileva quindi, innanzi tutto, che la Commissione ha omesso di avvertirla del prolungamento del termine, violando così il principio di certezza del diritto; in secondo luogo, che essa non le ha dato la possibilità di prendere conoscenza in tempo utile delle richieste di informazioni complementari e delle relative risposte; in terzo luogo, che la Commissione le ha permesso tardivamente di accedere all’insieme della pratica; in quarto luogo, che i periodi di tempo trascorsi tra l’invio delle risposte delle autorità olandesi e la ricezione delle stesse da parte della Commissione sono stati eccessivi e, in quinto luogo, che il tempo impiegato da tali autorità per procedere alla trasmissione della relazione del FIOD non è giustificato. La ricorrente solleva, in sesto luogo, una censura inerente al ritardo nel trattamento della domanda di sgravio.

49      La Commissione sostiene di avere rispettato il termine di nove mesi previsto dall’art. 907 del regolamento di applicazione e che il procedimento amministrativo non è viziato da alcuna irregolarità.

 1. Relativamente alla censura inerente all’omesso avviso di proroga del termine e alla violazione del principio di certezza del diritto

– Argomenti delle parti

50      La ricorrente sostiene che la Commissione ha omesso di avvertirla in tempo utile della formulazione delle due richieste di informazioni complementari indirizzate alle autorità olandesi e quindi della proroga del termine imposto per l’adozione della decisione.

51      La ricorrente fa valere che, poiché il termine imposto per l’adozione della decisione serve principalmente gli interessi e i diritti del richiedente lo sgravio, nessuna sospensione del detto termine può avere luogo senza informare immediatamente quest’ultimo della sospensione e delle circostanze che la giustificano. Essa rileva, infatti, che il termine di nove mesi previsto in maniera chiara e precisa dall’art. 907, secondo comma, del regolamento di applicazione mira a garantire la posizione giuridica del richiedente lo sgravio e sostiene che, alla scadenza di detto termine, essa poteva riporre una certezza circa la concessione del suo sgravio, a meno che non fosse stata informata di una valida proroga. Essa aggiunge che, non avendo ricevuto alcun avviso da parte della Commissione in pendenza di tale termine, essa ha ritenuto che la Commissione avesse rinunciato a prendere una decisione. La posteriore adozione della decisione impugnata avrebbe quindi violato il principio di certezza del diritto, il quale mirerebbe a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario (sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a., Racc. pag. I‑569, punto 20).

52      La Commissione evidenzia che gli artt. 905 e seguenti del regolamento di applicazione prevedono, in termini chiari, che la procedura di sgravio per motivi di equità può essere prolungata e sostiene che nessuna disposizione del detto regolamento le impone di informare il richiedente lo sgravio delle richieste di informazioni complementari che lo riguardano e quindi della proroga del termine. L’art. 907 del regolamento di applicazione non fornirebbe quindi all’interessato nessuna garanzia di poter ottenere una decisione entro i nove mesi seguenti la ricezione della sua pratica. Di conseguenza, la ricorrente non potrebbe avvalersi dell’assenza di informazione da parte delle autorità olandesi o della Commissione durante i nove mesi per sostenere che il termine era scaduto e quindi contare, in forza dell’art. 909 del regolamento di applicazione, su un accoglimento della sua domanda di sgravio.

– Giudizio del Tribunale

53      Ai sensi di una giurisprudenza costante, il principio di certezza del diritto esige che le norme giuridiche siano chiare e precise e ha lo scopo di garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario (sentenza Duff e a., cit., punto 20, e sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 113).

54      L’art. 907, secondo comma, del regolamento di applicazione stabilisce che la decisione della Commissione deve essere presa entro nove mesi dalla data di ricezione, da parte della stessa, della pratica relativa alla domanda di sgravio. Tuttavia, tale disposizione prevede anche che, quando la Commissione debba chiedere allo Stato membro elementi d’informazione complementari per poter deliberare, il termine di nove mesi è prorogato del tempo intercorrente tra la data di invio di tale richiesta da parte della Commissione e la data in cui perviene ad essa la risposta delle autorità nazionali.

55      Dal citato art. 907 emerge in modo univoco che il termine di cui dispone la Commissione per adottare la sua decisione può essere prorogato. Quindi, la ricorrente non poteva ignorare che il procedimento era passibile di sospensione. Inoltre, né il codice doganale né il regolamento di applicazione prevedono che l’interessato debba essere immediatamente informato della presentazione da parte della Commissione di richieste di elementi d’informazione complementari alle autorità nazionali. Un tale obbligo, in particolare, non risulta né dall’art. 905, n. 2, né dall’art. 906 bis del regolamento di applicazione (v. i seguenti punti 61 e 62). Ne consegue che la ricorrente non poteva avere la garanzia che, a causa della mera scadenza del termine di nove mesi, la domanda di sgravio fosse stata accolta, quand’anche non sia stata informata della proroga del detto termine. Infine, occorre ricordare che, ad ogni modo, in seguito alla lettera della ricorrente del 3 aprile 2001, la Commissione ha immediatamente informato quest’ultima, il 4 aprile 2001, della sospensione del termine.

56      Pertanto, tale censura deve essere respinta.

 2. Relativamente alla censura inerente alla mancata trasmissione in tempo utile delle richieste di informazioni complementari

– Argomenti delle parti

57      La ricorrente sostiene che la Commissione ha omesso di darle la possibilità di prendere conoscenza delle richieste di elementi d’informazione complementari indirizzate alle autorità nazionali e delle relative risposte. Così, la ricorrente sarebbe stata informata della richiesta del 27 ottobre 2000 solo il 4 aprile 2001, in seguito alla lettera da essa indirizzata alla Commissione il 3 aprile 2001. Allo stesso modo, essa sarebbe stata informata dalle autorità olandesi solo il 5 luglio 2001 del fatto che la Commissione aveva chiesto, il 13 giugno 2001, nuove informazioni. Inoltre, la Commissione le avrebbe permesso di prendere visione del contenuto delle sue richieste di informazioni, nonché delle risposte delle autorità olandesi, solo l’11 ottobre 2001.

58      La ricorrente fa valere che, in forza dell’art. 905, n. 2, e dell’art. 906 bis del regolamento di applicazione, nonché del principio del contraddittorio, il richiedente deve essere informato in qualsiasi momento dello stato del procedimento di sgravio e deve avere accesso al contenuto dei documenti scambiati tra la Commissione e le autorità nazionali nel momento stesso della formulazione delle richieste di informazioni o della trasmissione delle risposte.

59      L’accesso in tempo utile ai documenti della pratica non sarebbe quindi limitato alle fasi di istruzione della stessa da parte delle autorità nazionali e di trasmissione da parte della Commissione della sua posizione preliminare sfavorevole alla sgravio. Infatti, come prima considerazione, se il richiedente potesse esprimere la sua opinione solo relativamente ai documenti della pratica trasmessi inizialmente alla Commissione, i suoi diritti dipenderebbero dalla completezza del fascicolo inviato dalle autorità nazionali, il che rischierebbe di dare luogo ad abusi da parte delle stesse, eventualmente di concerto con la Commissione. La ricorrente precisa al riguardo che la pratica trasmessa dalle autorità olandesi alla Commissione era incompleta, avendo quest’ultima dovuto chiedere a due riprese informazioni complementari. In secondo luogo, la ricorrente rileva che non basta che essa abbia potuto presentare le sue osservazioni sulla pratica quando la Commissione aveva già preso una decisione provvisoria sulla domanda di sgravio, in quanto i suoi diritti sarebbero stati rispettati solo se essa avesse potuto far valere la sua posizione in tempo utile.

60      La Commissione sostiene che, se deve garantire che l’interessato possa esercitare i diritti della difesa prima che essa prenda la sua decisione, non è affatto tenuta a tenerlo costantemente informato di tutte le fasi anteriori all’adozione della sua decisione. Essa dichiara tuttavia che, in presenza di un’istanza del richiedente, come nella fattispecie, essa lo informa dello stato di avanzamento dell’esame della domanda introdotta in suo nome.

– Giudizio del Tribunale

61      Ai sensi dell’art. 905, n. 2, primo comma, del regolamento di applicazione, la pratica trasmessa alla Commissione dalle autorità nazionali deve recare tutti gli elementi necessari per un esame esauriente del caso e deve inoltre contenere una dichiarazione, sottoscritta da colui che domanda il rimborso o lo sgravio, in cui si attesti che il richiedente ha potuto prendere conoscenza della pratica e si indichi che egli non ha nulla da aggiungere oppure tutti gli ulteriori elementi che ritiene debbano figurarvi. Tale meccanismo consente all’operatore economico che chiede lo sgravio, e che non è stato necessariamente coinvolto in sede di istruzione della pratica da parte delle competenti autorità nazionali, di avvalersi efficacemente del suo diritto di essere sentito nel corso della prima fase del procedimento amministrativo, quella che si svolge a livello nazionale (sentenza del Tribunale 18 gennaio 2000, causa T‑290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II‑15, punto 44). Tale disposizione non può fondare un obbligo di informazione nei confronti dell’interessato e di comunicazione immediata allo stesso delle richieste di informazioni che la Commissione rivolge alle autorità nazionali durante la seconda fase del procedimento, che si svolge dinanzi alla Commissione. Al riguardo occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che la Commissione ritenga utile chiedere informazioni non significa che la pratica sia incompleta, ma semplicemente che essa considera appropriata la produzione di elementi complementari per deliberare con cognizione di causa sul caso sottopostole, come enuncia l’art. 905, n. 2, terzo comma, del regolamento di applicazione.

62      Per quanto riguarda l’art. 906 bis del regolamento di applicazione, esso dispone che in qualsiasi momento della procedura, quando la Commissione intende adottare una decisione negativa nei confronti del richiedente lo sgravio, gli comunica le proprie obiezioni per iscritto, unitamente a tutti i documenti sui quali poggiano tali obiezioni. Come emerge dal tenore della detta disposizione, tale obbligo d’informazione e di comunicazione sorge solo nel momento in cui la Commissione, dopo il suo esame della domanda di sgravio, è giunta ad una conclusione preliminare negativa relativa alla stessa. Da tale disposizione non risulta quindi che la Commissione sia tenuta a tenere costantemente informato l’interessato circa lo svolgimento del procedimento.

63      Occorre quindi concludere che la normativa doganale non prevede che l’interessato debba essere immediatamente informato della presentazione da parte della Commissione di richieste di elementi d’informazione complementari alle autorità nazionali, nonché delle risposte fornite da queste ultime, né che gli si debba comunicare immediatamente il contenuto di tali scambi.

64      Ad abundantiam, occorre rilevare che, nella fattispecie, la ricorrente è stata informata a sufficienza durante il procedimento relativamente a tali richieste di elementi d’informazione complementari e ha avuto la possibilità di far conoscere efficacemente il suo punto di vista. Così, per quanto riguarda la prima richiesta di informazioni, datata 27 ottobre 2000, la ricorrente ne ha avuto conoscenza il 4 aprile 2001; la risposta delle autorità olandesi è stata inviata alla Commissione il 23 aprile 2001. Per quanto riguarda la seconda richiesta, del 13 giugno 2001, la ricorrente ne è stata informata il 5 luglio 2001; le autorità olandesi hanno risposto il 23 luglio 2001. La ricorrente ha preso conoscenza del contenuto di tali richieste e delle relative risposte l’11 ottobre 2001 e ha preso posizione sulle obiezioni della Commissione il 17 ottobre 2001, prima dell’adozione della decisione impugnata, il 16 novembre 2001.

65      Pertanto, tale censura deve essere respinta.

 3. Relativamente alle censure inerenti all’accesso tardivo e incompleto alla pratica

– Argomenti delle parti

66      La ricorrente evidenzia come la Commissione, comunicandole con lettera del 21 settembre 2001 le sue obiezioni allo sgravio, non le abbia materialmente trasmesso tutti i documenti sui quali tali obiezioni si fondavano. Tale omessa trasmissione dei documenti in questione comporterebbe la violazione dell’art. 906 bis del regolamento di applicazione. La ricorrente fa valere che, quindi, il termine per adottare una decisione non è stato sospeso, non essendo essa stata messa in condizione di beneficiare pienamente del principio del contraddittorio. Essa rileva, infine, che il fatto che le autorità olandesi le abbiano comunicato, l’11 ottobre 2001, una parte della loro corrispondenza con la Commissione non basta a garantire nella fattispecie il rispetto del principio del contraddittorio. Essa precisa che, in tale circostanza, le autorità olandesi non le hanno trasmesso la prima richiesta di informazioni complementari della Commissione, del 27 ottobre 2000.

67      In via subordinata, la ricorrente sostiene che, anche se la Commissione non era obbligata a trasmetterle materialmente i documenti della pratica, essa, da parte sua e in ogni caso, aveva diritto ad accedere a tutti gli atti ivi contenuti, inclusi i documenti che la Commissione non considerava rilevanti. Orbene, la Commissione le avrebbe consentito un accesso completo al fascicolo solo il 12 ottobre 2001, data in cui la ricorrente ha potuto prendere conoscenza dell’elenco di tutti i documenti di cui essa poteva esigere la consultazione.

68      La ricorrente rileva anche che, come emerge dalla lettera che le autorità olandesi le hanno inviato il 23 aprile 2001, la Commissione ha posto a queste ultime alcuni quesiti orali relativi alla domanda in questione, in occasione di una riunione del comitato del codice doganale il 20 settembre 2000. Orbene, alcuni di tali quesiti e delle relative risposte non sarebbero stati trascritti, di modo che la ricorrente non avrebbe potuto venirne a conoscenza né formulare osservazioni al riguardo. In udienza, la ricorrente ha sostenuto che la Commissione aveva anche violato i diritti della difesa non avendole dato la possibilità di presentare osservazioni in occasione della riunione del gruppo di esperti, composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri riunitisi il 9 novembre 2001 nell’ambito del comitato del codice doganale per trattare la domanda di sgravio in questione, non avendola messa a conoscenza del contenuto della discussione e non avendole comunicato il parere adottato dal comitato o il verbale della riunione.

69      Infine, la ricorrente obietta che le autorità olandesi non potevano produrre, senza la sua autorizzazione, verbali redatti nell’ambito di un’inchiesta di natura penale, in quanto ciò sarebbe contrario al principio del corretto svolgimento del procedimento.

70      La Commissione mette in luce che tutti i fatti alla base della sua decisione di rigetto figuravano già nella pratica di cui è stata investita da parte dell’amministrazione olandese il 22 maggio 2000, a cui la ricorrente ha avuto accesso. Quest’ultima, inoltre, avrebbe avuto la possibilità di prendere conoscenza dell’insieme della pratica a partire del 21 settembre 2001, ma il suo difensore non avrebbe voluto prendere in considerazione tale possibilità prima di essere in possesso dell’elenco esaustivo dei documenti ivi contenuti. Secondo la Commissione, una tale richiesta è inusuale e non si fonda su alcuna disposizione della normativa doganale comunitaria, dato che l’art. 906 bis del regolamento di applicazione la obbliga unicamente a consentire al richiedente di consultare i documenti sui quali essa fonda le sue obiezioni. Infatti, il principio del rispetto dei diritti della difesa implicherebbe unicamente che l’interessato possa esporre utilmente le sue opinioni sugli elementi che la Commissione, nel fondare la propria decisione sulla domanda di sgravio, ha contestato all’interessato medesimo, ma non esigerebbe pertanto che la Commissione consenta, di propria iniziativa, l’accesso a tutti i documenti eventualmente connessi con il caso di specie. Incomberebbe quindi all’interessato chiedere l’accesso ai documenti che esso reputi necessari, non essendovi alcun obbligo per le istituzioni di concedere spontaneamente l’accesso a tutti i documenti attinenti al contesto in cui una determinata pratica si colloca (sentenza del Tribunale 11 luglio 2002, causa T‑205/99, Hyper/Commissione, Racc. pag. II‑3141, punti 63 e 64).

– Giudizio del Tribunale

71      Per quanto riguarda la censura della ricorrente relativa al fatto che la Commissione, inviandole le sue obiezioni sulla domanda di sgravio, non le abbia materialmente trasmesso i documenti sui quali esse si fondavano, limitandosi ad informarla dell’esistenza dei documenti da essa consultabili, il Tribunale rileva che l’art. 906 bis del regolamento di applicazione prevede solo l’obbligo per la Commissione di comunicare al richiedente lo sgravio tutti i documenti sui quali poggiano le sue obiezioni. Orbene, secondo il Tribunale, la Commissione ha soddisfatto a sufficienza tale obbligo mettendo a disposizione della ricorrente i documenti della pratica (v., per analogia, sentenza del Tribunale 29 giugno 1995, causa T‑36/91, ICI/Commissione, Racc. pag. II‑1847, punto 99).

72      Riguardo alla questione dell’individuazione dei documenti facenti parte del fascicolo che devono essere resi accessibili al richiedente, il Tribunale non può accogliere la tesi della Commissione secondo la quale essa deve solo comunicare di propria iniziativa i documenti di cui essa si è servita per fondare le sue obiezioni. Se è vero che l’art. 906 bis del regolamento di applicazione richiede unicamente che la Commissione comunichi i documenti sui quali poggiano le sue obiezioni, ciò nondimeno il principio del rispetto dei diritti della difesa ha esteso la portata degli obblighi che tale disposizione impone alla Commissione. Infatti, in forza di tale principio, non può spettare alla sola Commissione decidere quali siano i documenti utili all’interessato ai fini della procedura di sgravio. Il fascicolo amministrativo può includere documenti contenenti elementi favorevoli allo sgravio, utilizzabili dall’interessato a sostegno della sua domanda, anche se la Commissione non se ne è servita. Il richiedente deve quindi potere accedere a tutti i documenti non riservati figuranti nel fascicolo, ivi inclusi quelli non utilizzati per fondare le obiezioni della Commissione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 19 febbraio 1998, causa T‑42/96, Eyckeler & Malt/Commissione, Racc. pag. II‑401, punto 81, e 17 settembre 1998, causa T‑50/96, Primex Produkte Import-Export e a./Commissione, Racc. pag. II‑3773, punto 64).

73      Il Tribunale ricorda che, nel settore del diritto della concorrenza, ai sensi di una giurisprudenza costante, la Commissione deve dare integralmente accesso al fascicolo dell’istruttoria, ivi inclusi gli elementi a carico e a favore (sentenza del Tribunale 19 maggio 1999, causa T‑175/95, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑1581, punto 45), anche in assenza di un’espressa istanza da parte dell’interessato (sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98, da T‑212/98 a T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punti 335-340). Tale giurisprudenza è applicabile alla presente fattispecie (sentenze citate Eyckeler & Malt/Commissione, punto 80, e Primex Produkte Import-Export e a./Commissione, punto 63). Tale obbligo è coerente anche con l’evoluzione della giurisprudenza relativa alla clausola di equità doganale, che ha lo scopo di garantire pienamente il contraddittorio nell’ambito della procedura di sgravio o di rimborso di dazi all’importazione o all’esportazione, assicurando maggiormente il rispetto dei diritti della difesa. Infine, occorre ricordare che, in forza dell’art. 906 bis del regolamento di applicazione, il richiedente dispone solo di un mese per comunicare le proprie osservazioni per iscritto sulle obiezioni della Commissione. Ora, richiedergli un’espressa istanza di accesso a tutti i documenti della pratica rischierebbe necessariamente di abbreviare significativamente il termine di cui il richiedente dispone per preparare e far valere le sue osservazioni.

74      Di conseguenza, occorre concludere che la Commissione, al momento della trasmissione delle sue obiezioni, deve dare al richiedente la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti che possano rilevare ai fini della sua domanda di sgravio o di rimborso e che, a tale scopo, la Commissione deve fornirgli perlomeno un elenco esaustivo dei documenti non riservati del fascicolo contenenti informazioni sufficientemente precise per permettere al richiedente di determinare, con cognizione di causa, se i documenti indicati possano essergli utili.

75      Per quanto riguarda la censura della ricorrente relativa all’accesso tardivo e incompleto alla pratica, occorre rilevare che, con lettera del 21 settembre 2001, la Commissione ha informato la ricorrente, insieme alla comunicazione delle sue obiezioni, che essa poteva prendere conoscenza della domanda di sgravio e dei suoi allegati, quali erano stati trasmessi dalle autorità olandesi, nonché di una copia della relazione del FIOD. Il 3 ottobre 2001 la ricorrente ha chiesto di poter accedere a tutti i documenti del fascicolo. Il 12 ottobre 2001 la Commissione le ha trasmesso un elenco completo dei documenti messi a sua disposizione.

76      Orbene, benché la Commissione, in occasione della trasmissione della comunicazione delle sue obiezioni, non abbia comunicato immediatamente alla ricorrente tutti i documenti della pratica, occorre concludere, alla luce delle circostanze del caso concreto, che tale omissione non ha leso i diritti della difesa. Infatti, come riconosciuto dalla ricorrente in udienza, dalla pratica emerge che, il 21 settembre 2001, essa era già a conoscenza dell’esistenza di tutti i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo della Commissione e del loro contenuto, tranne che di quattro, ossia le due richieste di informazioni inviate dalla Commissione alle autorità olandesi e le risposte di queste ultime. Orbene, la ricorrente ha potuto chiedere di consultare questi ultimi documenti a partire dal 21 settembre 2001. Inoltre, con lettera delle autorità olandesi dell’11 ottobre 2001, la ricorrente ha ricevuto la seconda richiesta d’informazioni della Commissione, datata il 13 giugno 2001, la risposta delle autorità olandesi del 23 aprile 2001 alla prima richiesta d’informazioni, che riproduceva integralmente le richieste presentate dalla Commissione il 27 ottobre 2000, e la risposta delle stesse autorità, del 23 luglio 2001, alla seconda richiesta d’informazioni, che includeva la relazione del FIOD.

77      In udienza, la ricorrente ha però sostenuto che essa non era venuta a conoscenza del contenuto dei due documenti che sarebbero a loro volta attinenti a tale procedimento: una lettera della Commissione alle autorità olandesi con cui queste vengono informate dell’irricevibilità della domanda di sgravio introdotta dalle stesse l’8 febbraio 1999 ed il parere o il verbale del gruppo di esperti, composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri riuniti nell’ambito del comitato del codice doganale, consultato dalla Commissione il 9 novembre 2001 relativamente alla domanda delle autorità olandesi del 22 maggio 2000.

78      Per quanto riguarda, innanzi tutto, la lettera della Commissione indirizzata alle autorità olandesi, occorre ricordare che tale comunicazione aveva lo scopo di informare queste ultime che la domanda di sgravio da esse introdotta l’8 febbraio 1999 non era ricevibile poiché la ricorrente non aveva avuto la possibilità di accedere preliminarmente all’insieme della pratica istruita da tali autorità. Orbene, occorre constatare che, il 10 maggio 1999, la Commissione stessa aveva informato la ricorrente del fatto che essa si apprestava a dichiarare irricevibile tale domanda di sgravio per tale ragione.

79      In secondo luogo, relativamente ai lavori del gruppo di esperti, composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri riuniti nell’ambito del comitato del codice doganale, consultato dalla Commissione il 9 novembre 2001, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe violato i diritti della difesa non avendole dato la possibilità di presentare osservazioni in occasione di tale riunione e non avendola informata del contenuto e del risultato della stessa. Infatti, il regolamento di applicazione non prevede la partecipazione di colui che richiede lo sgravio ai lavori del comitato del codice doganale né l’obbligo di informarlo del parere espresso da quest’ultimo. Occorre anche rilevare che la consultazione di tale gruppo costituisce l’ultima fase del procedimento di sgravio prima dell’adozione da parte della Commissione della sua decisione definitiva. Tale consultazione deve intervenire dopo che il richiedente lo sgravio ha avuto l’opportunità di accedere al fascicolo e di far valere le sue osservazioni, in quanto il comitato rende il suo parere sulla base delle censure e dei documenti del fascicolo già noti al richiedente. Allo stesso modo, per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo cui essa non avrebbe potuto sapere di alcuni scambi verbali avvenuti tra la Commissione e le autorità olandesi in occasione di una riunione anteriore del comitato del codice doganale, del 20 settembre 2000, tale argomento non può essere nemmeno accolto. Infatti, niente nella decisione impugnata consente di concludere che la Commissione abbia fondato la sua decisione di rigetto su elementi non figuranti nei documenti contenuti nel fascicolo amministrativo.

80      Ne deriva che la Commissione non ha violato il diritto della ricorrente di accedere alla pratica.

81      Infine, per quanto riguarda la censura relativa alla trasmissione della relazione del FIOD alla Commissione senza la previa autorizzazione della ricorrente, occorre constatare che è stata la stessa ricorrente, in occasione della verifica del fascicolo istruito dalle autorità olandesi, a lamentarsi, nella sua lettera del 2 maggio 2000 a tali autorità, del fatto che esso contenesse estrapolazioni della relazione in questione, mentre in tale relazione vi erano molti elementi ad essa favorevoli, e a ritenere indispensabile l’integrazione del fascicolo con documenti acclusi alla relazione del FIOD. Occorre inoltre rilevare che le autorità nazionali devono trasmettere alla Commissione tutti i documenti che sono rilevanti ai fini della pronuncia sulla domanda di sgravio senza essere obbligate a chiedere la previa autorizzazione dell’interessato.

82      Tali censure devono quindi essere respinte.

 4. Relativamente alla censura inerente al ritardo intervenuto nella ricezione delle risposte delle autorità olandesi

– Argomenti delle parti

83      La ricorrente evidenzia che, ai sensi della decisione impugnata, le risposte delle autorità olandesi alle richieste d’informazioni della Commissione, inviate il 23 aprile e il 23 luglio 2001, sono pervenute alla stessa, rispettivamente, solo il 4 maggio e il 2 agosto 2001, ossia un po’ più di una settimana e mezza più tardi. La ricorrente ritiene che tale periodo di tempo sia irragionevole e poco credibile, alla luce dei tempi di consegna della corrispondenza verso il Belgio delle poste olandesi, che sono di quattro-sei giorni lavorativi per la posta ordinaria e due-tre giorni lavorativi per la posta prioritaria. Inoltre, la data rilevante sarebbe quella della ricezione della posta da parte della Commissione e non quella della sua registrazione. Ora, non potendo la ricorrente in alcun modo verificare la data effettiva di ricezione, tale accertamento spetterebbe alla Commissione. In mancanza di tale prova, occorrerebbe prendere in considerazione il termine più lungo quale previsto dalle poste olandesi, ossia sei giorni lavorativi. In definitiva, sarebbe a torto che il termine di nove giorni è stato prorogato fino al 4 maggio e fino al 2 agosto 2001.

84      La Commissione sostiene che la proroga del termine si interrompe il giorno della ricezione effettiva degli elementi d’informazione e non in una data teorica in cui essa avrebbe dovuto ricevere la corrispondenza.

– Giudizio del Tribunale

85      L’art. 907 del regolamento di applicazione stabilisce che, quando la Commissione chiede elementi d’informazione complementari alle autorità nazionali, il termine di cui essa dispone per pronunciarsi sulla domanda di sgravio è prorogato fino alla data di ricezione di tali informazioni. Come la Commissione ha correttamente fatto valere, la data rilevante è quindi quella della ricezione effettiva dei documenti. Ora, dall’esame dei due documenti in questione emerge che essi sono stati ricevuti dai servizi competenti della Commissione rispettivamente il 4 maggio e il 2 agosto 2001. Invece, le date suggerite dalla ricorrente, calcolate in base ai tempi di distribuzione della posta quali indicati a titolo puramente informativo dalle poste olandesi, sono del tutto irrilevanti.

86      Pertanto, tale censura deve essere respinta.

 5. Relativamente alla censura inerente al ritardo delle autorità olandesi nella trasmissione della relazione del FIOD

– Argomenti delle parti

87      La ricorrente mette in luce come le autorità olandesi abbiano impiegato più di cinque settimane, ossia dal 13 giugno al 23 luglio 2001, per inviare la relazione del FIOD richiesta dalla Commissione. Ora, una semplice richiesta di invio di un documento ben preciso dovrebbe essere soddisfatta entro non più di due settimane. Il termine di nove mesi potrebbe essere prorogato solo in presenza di circostanze eccezionali, da interpretare restrittivamente. Così, il periodo di vacanze estive non può giustificare un tale ritardo. Parimenti, alla luce del fatto che la procedura di sgravio è interamente disciplinata dal diritto comunitario e del ruolo della Commissione nell’ambito della stessa, quest’ultima dovrebbe rispondere interamente dei ritardi delle autorità nazionali e il Tribunale sarebbe competente a conoscere le censure inerenti all’azione delle stesse. La ricorrente ritiene, pertanto, che il termine di nove mesi potesse essere stato prolungato di soli quindici giorni.

88      La Commissione rileva che il termine di cinque settimane è stato un po’ lungo, ma non irragionevole. Essa sostiene anche che il regolamento di applicazione non contiene alcuna disposizione che specifichi il termine di cui le autorità nazionali dispongono per fornire gli elementi d’informazione complementari alla Commissione.

– Giudizio del Tribunale

89      Occorre rilevare che, benché gli artt. 906 bis e 907 del regolamento di applicazione prevedano un termine per la formulazione da parte dell’interessato delle sue osservazioni relativamente alle obiezioni della Commissione, nessuna disposizione prevede un termine simile per la trasmissione, da parte delle autorità nazionali, delle informazioni richieste dalla Commissione. Parimenti, pretesi ritardi che deriverebbero esclusivamente dall’azione o dall’omissione delle autorità nazionali non possono essere imputati alla Commissione, salvo che in circostanze eccezionali, in particolare se questa non reagisce con una certa diligenza all’inerzia prolungata delle autorità nazionali. Ad ogni modo, nella fattispecie, secondo il Tribunale, il termine di cinque settimane per la trasmissione non era eccessivo, tenuto conto, in particolare, del fatto che la richiesta della Commissione è intervenuta durante il periodo delle vacanze estive.

90      Tale censura deve essere pertanto respinta.

 6. Relativamente alla censura inerente al ritardo eccessivo nel trattamento della domanda di sgravio

– Argomenti delle parti

91      La ricorrente ritiene che la durata del trattamento della domanda di sgravio sia stata eccessivamente lunga, ossia di quasi quattro anni, e che tale durata considerevole sia interamente imputabile alle autorità competenti. La ricorrente ricorda che il 15 dicembre 1997 essa ha presentato la sua domanda alle autorità olandesi. Il 15 maggio 1998 essa sarebbe stata informata del fatto che queste ultime avrebbero sottoposto la domanda alla Commissione e le sarebbe stato richiesto di firmare una dichiarazione di conformità. Tuttavia, non avendo avuto conoscenza del contenuto integrale del fascicolo, essa avrebbe rifiutato di firmare tale dichiarazione. L’8 febbraio 1999 la domanda sarebbe comunque stata trasmessa alla Commissione. Con lettera del 10 maggio 1999, la Commissione le avrebbe reso noto che la pratica non poteva essere trattata in assenza di tale dichiarazione. Il 24 febbraio 2000 ad essa sarebbe stato infine accordato l’accesso all’insieme del fascicolo delle autorità olandesi. Il 22 maggio 2000 la domanda di sgravio sarebbe stata inviata, per la seconda volta, alla Commissione. Successivamente, il trattamento di tale domanda sarebbe durato un anno e mezzo poiché la Commissione non avrebbe dato prova di diligenza, in particolare per quanto riguarda i ritardi delle autorità nazionali.

92      La Commissione rileva che la ricorrente non poteva trarre alcuna certezza dal termine di nove mesi previsto dall’art. 907 del regolamento di applicazione. Essa fa anche valere che la durata del trattamento della pratica da parte delle autorità olandesi non può esserle contestata in nessun caso.

– Giudizio del Tribunale

93      Occorre innanzi tutto rilevare che il tempo trascorso tra l’introduzione della domanda di sgravio della ricorrente presso le autorità olandesi, il 15 dicembre 1997, e la ricezione da parte della Commissione, il 29 maggio 2000, della seconda domanda di sgravio presentata da tali autorità a favore della ricorrente non può essere imputato alla Commissione. Tale periodo, infatti, è anteriore all’avvio del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione. Ora, la Commissione non è responsabile degli asseriti ritardi delle autorità nazionali nel trattamento di una domanda di sgravio. Al riguardo occorre constatare che la ricorrente non contesta la decisione della Commissione di dichiarare irricevibile la prima domanda delle autorità olandesi, presentata l’8 febbraio 1999. Tale rigetto era infatti motivato dalla preoccupazione di garantire il diritto della ricorrente ad accedere alla pratica istruita dalle autorità olandesi, come riconosciuto dalla stessa ricorrente nella memoria di replica.

94      Per quanto riguarda il tempo impiegato dalla stessa Commissione per definire la pratica, l’argomento della ricorrente non può nemmeno essere accolto. Infatti, dato che gli artt. 907 e 909 del regolamento di applicazione fissano un termine perentorio per l’adozione da parte della Commissione della sua decisione sulla domanda di sgravio, il Tribunale deve limitarsi a verificare se tale termine sia stato effettivamente rispettato. Ora, tale questione è stata esaminata nell’ambito delle censure precedenti, relative alla regolarità delle proroghe successive del termine, e il Tribunale si è già pronunciato al riguardo sulla regolarità del procedimento.

95      Pertanto, tale censura deve essere respinta.

 7. Conclusioni sul primo motivo

96      Da quanto precede risulta che le sospensioni intervenute nella procedura di sgravio dei dazi all’importazione seguita dalla Commissione erano conformi alle disposizioni rilevanti della normativa doganale. Di conseguenza, occorre dichiarare che la Commissione ha adottato la decisione impugnata nel termine all’uopo previsto. Occorre anche dichiarare che la Commissione non ha violato né la procedura di sgravio dei dazi all’importazione né i diritti della difesa.

97      Di conseguenza, tale motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo all’assenza di manifesta negligenza ai sensi dell’art. 239 del codice doganale e dell’art. 905 del regolamento di applicazione

 1. Relativamente alla nozione di manifesta negligenza e ai criteri rilevanti per valutarne l’esistenza nella fattispecie

– Argomenti delle parti

98      La ricorrente rileva che la Commissione, nella decisione impugnata, ha valutato che nella fattispecie sussisteva una situazione particolare, ossia la frode commessa da un agente doganale. Essa evidenzia che la Commissione ha riconosciuto che nessun comportamento fraudolento poteva esserle contestato. Ciò nonostante, la Commissione avrebbe ritenuto che essa fosse stata manifestamente negligente, in quanto, a dispetto del tipo di merci interessate, non aveva redatto i documenti destinati al transito doganale con una cura particolare e non aveva controllato tutti gli elementi delle spedizioni.

99      La ricorrente contesta l’argomento della Commissione secondo cui la natura delle merci sarebbe determinante nel valutare l’esistenza o meno di una manifesta negligenza. A suo parere, di norma tutte le merci devono essere trattate con la stessa cura, salvo che il legislatore abbia previsto norme precise per determinate merci. Inoltre, essa mette in luce che le operazioni doganali relative a sigarette non presentano maggiori problemi di appuramento di altri tipi di merci. Essa sostiene anche che la sua diligenza deve essere valutata alla luce del contesto vigente all’epoca dei trasporto in questione, evidenziando che a quell’epoca era impensabile per gli operatori che agenti doganali potessero essere corrotti e che la frode relativa alle sigarette fosse un fenomeno allora sconosciuto.

100    La ricorrente sottolinea che la Corte, interpretando la nozione di manifesta negligenza ai sensi dell’art. 239 del codice doganale, ha statuito che i criteri da prendere in considerazione sono la complessità della normativa la cui inosservanza ha fatto sorgere l’obbligazione doganale e la diligenza e l’esperienza professionale dell’operatore (sentenza della Corte 11 novembre 1999, causa C‑48/98, Söhl & Söhlke, Racc. pag. I‑7877, punto 56). Orbene, la Commissione avrebbe tenuto conto solo del criterio della diligenza.

101    La ricorrente fa osservare che la Commissione ha fondato la sua valutazione circa l’esistenza di una manifesta negligenza, in particolare, sulle quattro circostanze seguenti: innanzi tutto, l’omessa menzione dei numeri d’immatricolazione sugli esemplari n. 5 dei documenti di transito; in secondo luogo, il fatto che le merci non fossero state presentate all’ufficio di destinazione indicato nel documento di transito; in terzo luogo, la modalità di trasmissione dell’esemplare n. 5 del documento di transito e, in quarto luogo, l’omessa raccolta di informazioni sufficienti sugli acquirenti delle merci. Essa sostiene che tali circostanze, considerate una per una o nel loro insieme, non possono provare l’esistenza di una manifesta negligenza da parte sua. La ricorrente fa valere, infine, che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un nesso causale tra tale pretesa negligenza e la particolare situazione considerata.

102    La Commissione rileva che l’azione fraudolenta dell’agente doganale tedesco è effettivamente costituiva di una situazione particolare ai sensi dell’art. 905 del regolamento di applicazione, ma sostiene che, nella fattispecie, la ricorrente ha dato prova di negligenza manifesta. Essa ritiene che, per valutare l’esistenza di una tale negligenza, occorra esaminare se l’interessato abbia fatto tutto il possibile per rispettare il complesso delle norme doganali, agendo con una diligenza adeguata alla sua esperienza professionale. Inoltre, essa fa valere che il tipo di merci trasportate deve essere preso in considerazione nella valutazione della diligenza di cui un operatore partecipante al transito comunitario deve dar prova.

– Giudizio del Tribunale

103    L’art. 905 del regolamento di applicazione, disposizione che precisa e amplia la norma contenuta all’art. 239 del codice doganale, costituisce una clausola generale di equità intesa, in particolare, ad abbracciare situazioni eccezionali che, per loro stessa natura, non sono riconducibili ad alcuna delle ipotesi previste agli artt. 900-904 del regolamento di applicazione (sentenza della Corte 25 febbraio 1999, causa C‑86/97, TransEx-Import, Racc. pag. I‑1041, punto 18). Dal tenore del detto art. 905 risulta che il rimborso dei dazi all’importazione è subordinato a due condizioni cumulative, vale a dire anzitutto all’esistenza di una situazione particolare e poi all’assenza di negligenza manifesta e di manovre fraudolente da parte dell’interessato (sentenza del Tribunale 12 febbraio 2004, causa T‑282/01, Aslantrans/Commissione, Racc. pag. II‑693, punto 53). Di conseguenza, basta che manchi una delle due condizioni perché tale rimborso debba essere rifiutato (sentenze del Tribunale 5 giugno 1996, causa T‑75/95, Günzler Aluminium/Commissione, Racc. pag. II-497, punto 54, e Aslantrans/Commissione, cit., punto 53).

104    Orbene, dalla decisione impugnata emerge che, nel caso concreto, la condizione dell’esistenza di una situazione particolare è soddisfatta, segnatamente, dalla realizzazione di una frode alla quale ha partecipato attivamente un agente doganale, perché tale frode è stata all’origine dell’obbligazione doganale in questione. Parimenti, la Commissione ha ritenuto insussistente l’esistenza di frode da parte della ricorrente. Essa ha ritenuto, però, che questa avesse agito con negligenza manifesta. Di conseguenza, l’esame del Tribunale deve vertere esclusivamente sulla questione se la valutazione della Commissione circa la pretesa esistenza di una manifesta negligenza in capo alla ricorrente sia o meno erronea.

105    Al riguardo occorre innanzi tutto precisare che la citata sentenza Söhl & Söhlke, invocata dalla ricorrente, non stabilisce un elenco tassativo dei criteri che possono essere presi in considerazione per configurare l’esistenza di una manifesta negligenza. Infatti, il punto 56 di tale sentenza indica solo che occorre tener conto, «in particolare», e quindi non esclusivamente, della complessità delle disposizioni la cui mancata esecuzione ha fatto sorgere l’obbligazione doganale, dell’esperienza professionale dell’operatore e della sua diligenza. Pertanto, altri criteri possono essere tali da determinare la valutazione dell’esistenza o dell’inesistenza di una manifesta negligenza (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑222/01, British American Tobacco, Racc. pag. I-4683, punto 71). Inoltre, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, nella fattispecie la Commissione non si è limitata a valutare la diligenza della ricorrente, ma nella decisione impugnata ha tenuto conto anche dell’esperienza professionale della stessa nonché della sua conoscenza della normativa applicabile.

106    La tesi della ricorrente secondo cui la natura delle merci oggetto delle operazioni in questione non avrebbe dovuto essere presa in considerazione dalla Commissione non può essere accolta. Infatti, la Corte ha statuito che, nell’ambito della valutazione dell’esistenza di una manifesta negligenza, una speciale attenzione va accordata alla natura delle merci trasportate (sentenza British American Tobacco, cit., punto 72). Nello specifico, le operazioni doganali relative a merci fortemente tassate, quali le sigarette, implicano rischi particolari di frode o di furto, segnatamente durante il loro trasporto.

107    Al riguardo occorre rilevare che la frode relativa a sigarette era un fenomeno comune all’epoca. Infatti, già prima del 1994, all’epoca dei fatti di cui alla presente causa, il mercato delle sigarette si prestava particolarmente allo sviluppo di un commercio illegale (v., in tal senso, British American Tobacco, cit., punto 72). Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui, a quell’epoca, era impensabile per gli operatori economici che agenti doganali potessero essere coinvolti in casi di corruzione, occorre rilevare che, anche ammettendone la fondatezza, essa non rileva nel caso concreto. Infatti, nella sua valutazione circa l’esistenza di una situazione particolare, la Commissione ha tenuto conto della circostanza che gli operatori possano legittimamente riporre il loro affidamento nel fatto che l’esercizio della funzione amministrativa non sia stato viziato ad opera di agenti doganali corrotti.

108    Alla luce delle precedenti considerazioni, occorre analizzare le circostanze tenute in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata per valutare l’esistenza di una manifesta negligenza in capo alla ricorrente, nonché la censura invocata da quest’ultima relativamente alla pretesa assenza, nella fattispecie, di un nesso causale tra la situazione particolare e la manifesta negligenza contestatale dalla Commissione.

 2. Relativamente all’omessa indicazione dei numeri d’immatricolazione sugli esemplari n. 5 dei documenti T 1

– Argomenti delle parti

109    La ricorrente ammette che nessuno degli esemplari n. 1 e n. 5 dei documenti T 1 in questione indicava l’identità dei veicoli di trasporto, ma fa osservare che i loro numeri d’immatricolazione erano iscritti a mano sugli esemplari n. 4. Essa rileva che l’identità dei camion non era ancora nota al momento della redazione del documento T 1. Essa precisa che l’esemplare n. 1 era staccato dagli altri e la polizza di carico era fissata sul retro di ogni esemplare. A suo parere, quando il camion arrivava, il suo numero d’immatricolazione veniva iscritto sull’esemplare n. 4, ma tale iscrizione non poteva essere riprodotta sugli altri esemplari a causa della presenza delle polizze di carico. Il fatto di staccare l’esemplare n. 1 nonché l’omessa indicazione del numero d’immatricolazione sull’esemplare n. 5 sarebbero prassi correnti nei Paesi Bassi, generalmente ammesse dalle autorità doganali, come emergerebbe dalla dichiarazione scritta del sig. FB. del 6 agosto 2002.

110    La ricorrente fa anche notare che la maggior parte delle spedizioni in questione sono state controllate sul luogo dalle autorità olandesi, le quali non avrebbero sollevato obiezioni nei confronti dei corrispondenti documenti T 1. Essa rileva che, dal 1º aprile 1994, il numero d’immatricolazione era indicato anche sugli avvisi anticipati, che erano trasmessi dall’ufficio di partenza all’ufficio di destinazione. L’identità dei mezzi di trasporto sarebbe stata quindi nota sia all’ufficio di partenza sia all’ufficio di destinazione. Inoltre, la ricorrente si sarebbe mostrata particolarmente diligente procedendo per ciascun trasporto ad un suggellamento, nonostante non vi fosse obbligata. Tali sigilli stabilirebbero un collegamento tra il documento di transito e il trasporto, in quanto il numero di riconoscimento della ricorrente figurava sul documento di transito, sulla polizza di carico e sul sigillo.

111    Inoltre, la ricorrente fa valere che l’indicazione dei numeri d’immatricolazione sugli esemplari n. 5 e n. 7 dei documenti T 1 non contribuisce in alcun modo al controllo in quanto, all’ufficio di destinazione, il controllo si effettua grazie all’esemplare n. 4. Allo stesso modo, oggetto del controllo non sarebbe il veicolo, ma il container o il semirimorchio che erano stati sigillati nella fattispecie, in quanto i numeri dei sigilli figuravano sugli esemplari n. 4, n. 5 e n. 7 dei documenti T 1.

112    La Commissione risponde che, ai sensi dell’art. 341 e dell’allegato 37 del regolamento di applicazione, esiste un obbligo giuridico di identificare il mezzo di trasporto al momento della partenza. Ora, la ricorrente non avrebbe scientemente indicato il numero d’immatricolazione sull’esemplare n. 5 dei documenti T 1 in questione, il che avrebbe singolarmente complicato alle autorità doganali il controllo sul corretto svolgimento del trasporto delle merci. L’apposizione dei sigilli recanti il numero dello speditore autorizzato non sarebbe sufficiente ai fini del controllo.

– Giudizio del Tribunale

113    L’allegato 37, titolo II, punto A 18, del regolamento di applicazione sancisce che l’identità e la nazionalità del mezzo di trasporto devono essere indicati nella casella n. 18 del documento T 1. Dal detto allegato emerge in modo univoco che la dichiarazione doganale deve, in particolare, specificare il numero d’immatricolazione del veicolo, nonché quello del rimorchio se quest’ultimo ha un’immatricolazione diversa da quella della motrice. Tale casella n. 18 è obbligatoria quando si applichi il regime di transito comunitario e figura su tutti gli esemplari del documento T 1. Ne deriva che i numeri d’immatricolazione devono essere indicati su tutti gli esemplari del documento T 1 da usare nell’ambito del regime di transito comunitario.

114    Nel caso concreto non viene contestato che i numeri d’immatricolazione dei mezzi di trasporto figurassero solo sull’esemplare n. 4 dei documenti T 1, quello destinato all’ufficio di destinazione. Essi non figuravano quindi sull’esemplare n. 1, quello conservato dall’ufficio di partenza, né sull’esemplare n. 5, quello che l’ufficio di destinazione deve rispedire all’ufficio di partenza. Occorre innanzi tutto notare che la ricorrente non è riuscita a spiegare in modo soddisfacente la ragione per la quale il numero d’immatricolazione non fosse indicato sui formulari n. 1 e n. 5. Infatti, benché, come da essa rilevato, l’esemplare n. 1 fosse staccato dagli altri e, a causa della presenza delle polizze di carico, non fosse possibile riprodurre in modo automatico le iscrizioni presenti sui formulari n. 4 sull’insieme degli esemplari, nulla impediva alla ricorrente d’iscrivere manualmente il numero d’immatricolazione sugli esemplari n. 1 e n. 5, come essa ha fatto sugli esemplari n. 4 (v., in tal senso, allegato 37 del regolamento di applicazione, titolo I, punto C, secondo capoverso). Tale iscrizione avrebbe dovuto essere fatta al momento in cui si veniva a conoscenza dell’identità del mezzo di trasporto o, al più tardi, al momento della spedizione della merce.

115    Inoltre, dalla relazione del FIOD (punto 9.7, pag. 45) emerge che il riferimento ai numeri d’immatricolazione dei veicoli è stato scientemente omesso dalla ricorrente, in quanto, al momento della redazione dei documenti doganali, questa conosceva l’esatto numero d’immatricolazione del camion che doveva trasportare le merci. Da tale relazione emerge anche (punto 9.7, pag. 46) che il sig. FB., responsabile delle formalità doganali, a servizio della ricorrente, aveva ricevuto espresse istruzioni dal sig. C., il commissionario, di non indicare i numeri d’immatricolazione sui documenti T 1. Ora, essendo il sig. FB. un dipendente della ricorrente, le sue azioni devono in questo caso essere imputate a quest’ultima.

116    La ricorrente fa valere che, dal 1º aprile 1994, il numero d’immatricolazione era indicato anche sugli avvisi anticipati, che erano trasmessi dall’ufficio di partenza all’ufficio di destinazione. Occorre però rilevare che il sistema degli avvisi anticipati non è stato utilizzato per le prime cinque operazioni, quelle avute luogo tra il 16 febbraio e il 23 marzo 1994, e che le autorità tedesche hanno introdotto tale sistema solo nell’agosto 1994, ossia dopo l’effettuazione dell’ultima delle operazioni in questione, il 5 luglio 1994.

117    La ricorrente rileva anche che i container o il semirimorchio erano muniti di un sigillo, il cui numero figurava sul documento di transito. Essa sostiene al riguardo che oggetto del controllo non è il veicolo, ma i container o il semirimorchio. Ora, occorre notare che, nella fattispecie, l’apposizione di sigilli era una misura facoltativa, mentre l’indicazione dei numeri d’immatricolazione era obbligatoria. Inoltre, i numeri dei sigilli stabiliscono un collegamento solo tra le merci che sono state oggetto della dichiarazione in questione e i container o il semirimorchio utilizzati per il trasporto e non con il veicolo stesso. Al riguardo occorre ricordare che l’allegato 37 del regolamento di applicazione stabilisce espressamente che la dichiarazione deve specificare sia il numero d’immatricolazione del veicolo che quello del rimorchio. Occorre quindi concludere che, nella fattispecie, l’utilizzo di sigilli non giustifica l’omessa indicazione dei numeri d’immatricolazione dei mezzi di trasporto.

118    La ricorrente sostiene anche che l’indicazione dei numeri d’immatricolazione sugli esemplari diversi dall’esemplare n. 4 non contribuisce in alcun modo al controllo in quanto, all’ufficio di destinazione, il controllo si effettua grazie al detto esemplare. Tuttavia, se, come richiesto dalla normativa doganale, l’ufficio di partenza fosse stato a conoscenza dei numeri d’immatricolazione dei veicoli utilizzati per il trasporto delle merci soggette al regime di transito, tale ufficio sarebbe stato eventualmente in grado o di chiedere ad altri uffici doganali, in particolare all’ufficio di destinazione quale indicato nei documenti T 1, di effettuare un’ispezione sui veicoli in questione al momento dell’arrivo delle merci, o di chiedere alle autorità competenti l’ispezione dei trasporti durante il tragitto. Orbene, poiché l’ufficio di partenza non disponeva del riferimento dei veicoli né in base all’esemplare n. 1 né in base all’esemplare n. 5, la possibilità di un controllo a posteriori rispetto allo svolgimento di tali operazioni era molto limitata.

119    Infine, la ricorrente fa notare che l’omessa indicazione del numero d’immatricolazione sull’esemplare n. 5 è una prassi corrente nei Paesi Bassi, ammessa dalle autorità doganali. Inoltre, essa afferma che, al momento della spedizione delle merci, nella maggior parte dei casi le autorità olandesi hanno controllato i documenti T 1 e non hanno sollevato obiezioni. Ora, anche considerando tali affermazioni come vere, occorre rilevare che la ricorrente, in quanto dichiarante dotato di molta esperienza, non può avvalersi né dell’esistenza di una certa prassi nel settore né dell’assenza iniziale di reazioni da parte delle autorità doganali olandesi al fine di non adempiere agli obblighi formali ad essa incombenti in forza del regime doganale.

120    Pertanto, è giocoforza constatare che la ricorrente è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in quanto dichiarante. Orbene, la violazione di un obbligo formale derivante dal regime del transito comunitario quale l’omessa indicazione dei numeri d’immatricolazione dei mezzi di trasporto utilizzati può costituire una circostanza atta a configurare l’esistenza di una manifesta negligenza in capo all’operatore economico (v., in tal senso, sentenza British American Tobacco, cit., punto 70). Inoltre, occorre concludere che, nella fattispecie, tale violazione poteva rendere più complicato il controllo delle operazioni doganali. Infatti, in questo caso il numero d’immatricolazione figurava solo sull’esemplare n. 4 dei documenti T 1, ossia quello che era stato vistato dall’agente doganale corrotto. Le autorità dell’ufficio di partenza, invece, non disponevano di tali numeri d’immatricolazione sugli esemplari n. 1 e n. 5. Come è stato affermato, tale circostanza ha pregiudicato la possibilità per le autorità dell’ufficio di partenza di controllare le operazioni controverse.

121    Pertanto, occorre dichiarare che la Commissione non ha commesso alcun errore considerando l’omessa indicazione, da parte della ricorrente, dei numeri d’immatricolazione dei veicoli sugli esemplari n. 5 dei documenti T 1 un elemento costitutivo di una manifesta negligenza da parte della stessa.

 3. Relativamente al cambio dell’ufficio doganale di destinazione indicato sui documenti doganali

– Argomenti delle parti

122    La ricorrente ammette che tutte le spedizioni in questione sono pervenute all’ufficio di Philippsreut, anche quelle i cui documenti di transito indicavano Schirnding come ufficio di destinazione. Tuttavia, essa fa valere che l’art. 356, n. 3, del regolamento di applicazione autorizza espressamente il cambio di ufficio di destinazione. Essa precisa che, ai sensi degli artt. 204 e 96, n. 1, del codice doganale, il dichiarante è responsabile per la presentazione delle merci a un ufficio doganale, poco importa quale, non avendo il dichiarante, in pratica, alcuna influenza sulla scelta dell’ufficio e dell’itinerario del trasportatore. Inoltre, nel sistema degli avvisi anticipati, l’ufficio in cui le merci sono presentate sarebbe tenuto a segnalare tale fatto, di modo che l’ufficio di partenza e quello di destinazione quale indicato nel documento doganale possano essere messi al corrente del cambio.

123    La ricorrente rileva che, in ogni caso, essa ha iscritto l’ufficio di destinazione in base alle indicazioni del sig. C., il commissionario, poiché essa non aveva contatti diretti con gli acquirenti finali, e sottolinea che i trasportatori non agivano su istruzioni sue, ma su quelle degli acquirenti. Essa fa anche osservare che, avendo i due pretesi acquirenti sede in Slovacchia, la scelta dell’ufficio di Schirnding era la più logica. Tuttavia, come emergerebbe da un’indagine del 1993 svolta dall’organizzazione dei trasportatori su strada dei Paesi Bassi, a tale ufficio doganale erano imputabili frequenti e gravi ritardi, il che avrebbe spiegato, agli occhi della ricorrente, la modifica da parte dei trasportatori dei loro itinerari strada facendo.

124    Inoltre, la ricorrente evidenzia che, dopo avere constatato che tutti i documenti T 1 corrispondenti alle operazioni in questione erano vistati dall’ufficio di Philippsreut, essa ha indicato quest’ultimo come ufficio di destinazione, come aveva fatto per le ultime due operazioni (documenti T 1 n. 120936 del 28 giugno 1994 e n. 120986 del 5 luglio 1994).

125    La Commissione precisa che quanto da essa contestato alla ricorrente non riguarda il cambio di ufficio di destinazione durante il trasporto, ma il fatto che, in almeno nove degli undici documenti T 1 in questione, essa abbia indicato un ufficio di destinazione benché sapesse o potesse ragionevolmente sapere che tale indicazione era inesatta. La ricorrente avrebbe indicato l’ufficio di Philippsreut sui documenti T 1 non prima del 28 giugno 1994, ossia dopo quattro mesi e nove spedizioni. Pertanto, essa non avrebbe agito con la necessaria diligenza per quanto riguarda l’esattezza delle informazioni contenute nei formulari T 1.

– Giudizio del Tribunale

126    Occorre constatare che tutti i carichi oggetto delle operazioni doganali in questione sono stati presentati all’ufficio doganale di Philippsreut. Tale ufficio costituisce quindi l’ufficio di destinazione per tali operazioni ai fini dell’applicazione del regime di transito comunitario esterno. È pacifico che, sulle undici operazioni in questione, almeno le prime nove indicavano però un diverso ufficio di destinazione, ossia quello di Schirnding.

127    La ricorrente fa valere che l’art. 356, n. 3, del regolamento di applicazione consente che un’operazione di transito comunitario abbia termine in un ufficio diverso da quello previsto nel relativo documento T 1. Tuttavia, occorre constatare che, come correttamente rilevato dalla Commissione, alla ricorrente non viene contestato il fatto di aver cambiato l’ufficio di destinazione durante il tragitto, ma il fatto di aver fornito, scientemente o per negligenza, indicazioni inesatte alle autorità doganali al momento della presentazione delle dichiarazioni.

128    Orbene, come emerge dall’art. 199 del regolamento di applicazione nonché dall’allegato 37 del detto regolamento, il deposito in un ufficio doganale di una dichiarazione firmata dal dichiarante è impegnativo per quanto riguarda l’esattezza delle indicazioni riportate nella dichiarazione e l’autenticità dei documenti acclusi. Ne deriva che il fatto di fornire scientemente o per negligenza indicazioni inesatte in una dichiarazione doganale costituisce una violazione degli obblighi incombenti al dichiarante.

129    Orbene, alcuni documenti della pratica permettono di ritenere che la ricorrente, contrariamente a quanto da essa sostenuto, sapesse già, al momento della redazione dei documenti doganali, che l’ufficio di destinazione da essa indicato non era quello in cui le merci sarebbero state presentate. Infatti, nella relazione del FIOD, le autorità olandesi hanno concluso che la ricorrente aveva scientemente indicato un falso ufficio di destinazione. La relazione (punto 5.1, pag. 24) afferma, in particolare, che «[n]ei documenti T 1 (ad eccezione degli ultimi due trasporti), nonché nelle informazioni di partenza, forniti dall’imputato [FB.] a metà marzo 1994 e presentati alla dogana di Delfzijl, viene indicato come ufficio di destinazione, ogni volta, per volontà e su ordine di [C., il commissionario,] Schirnding, mentre, in realtà, l’ufficio di destinazione era Philippsreut, come era noto anche agli imputati [B.] e [FB.]». La relazione (punto 5.3.1, pag. 25) contiene anche le seguenti dichiarazioni del sig. FB.: «Sapevo che le sigarette viaggiavano via Philippsreut. (…) Su ordine di [C., il commissionario,] dovevo sempre indicare Schirnding come ufficio di destinazione». Al riguardo occorre notare che, nell’ambito della presente causa, il sig. FB. ha contraddetto le sue anteriori dichiarazioni affermando, in una dichiarazione del 30 settembre 2002, di non sapere, al momento della partenza dei carichi, che questi sarebbero stati presentati alla dogana di Philippsreut. Il Tribunale sostiene però che tale dichiarazione, che è stata rilasciata esclusivamente ai fini della presente causa, non può privare di valore probatorio le dichiarazioni rilasciate dal sig. FB. alle autorità olandesi nel corso dell’inchiesta svolta dalle stesse.

130    Di conseguenza, occorre concludere che, per la maggior parte delle operazioni controverse, la ricorrente ha scientemente indicato un ufficio di destinazione inesatto nelle dichiarazioni doganali da essa redatte. Ora, tale comportamento costituisce non solo una violazione degli obblighi formali incombenti alla ricorrente in quanto dichiarante e obbligato principale delle operazioni in questione, ma esso è anche in grado di compromettere le possibilità che le autorità doganali hanno di controllare tali operazioni. Infatti, poiché l’ufficio di partenza non era informato della circostanza che i carichi di sigarette sarebbero stati presentati all’ufficio di Philippsreut, esso non poteva darne preavviso alle autorità di tale ufficio. Ciò ha potuto agevolare le attività fraudolente dell’agente doganale, sig. Mauritz, dato che i suoi colleghi dell’ufficio di Philippsreut non erano a conoscenza dell’arrivo previsto di importanti carichi di sigarette.

131    Tale valutazione non può essere invalidata dall’argomento della ricorrente secondo cui, nel sistema degli avvisi anticipati, l’ufficio in cui le merci sono effettivamente presentate è tenuto a segnalare tale fatto all’ufficio di partenza e a quello di destinazione quale indicato nel documento doganale. Infatti, anche considerando come accertato che tale sistema sia stato efficacemente utilizzato nella fattispecie, è giocoforza constatare che il fatto di fornire un’indicazione relativa all’ufficio di destinazione inesatta pregiudica lo scopo stesso del sistema dell’avviso anticipato, che consiste nel permettere all’ufficio di destinazione di essere informato in anticipo del fatto che un carico di merci a rischio è in viaggio.

132    Pertanto, occorre dichiarare che la Commissione non ha commesso alcun errore ritenendo che la ricorrente avesse indicato scientemente un ufficio di destinazione di cui conosceva in anticipo l’inesattezza, e tenendo conto di tale circostanza nella sua valutazione circa l’esistenza di una manifesta negligenza in capo alla ricorrente.

 4. Relativamente alla modalità di rinvio dell’esemplare n. 5 dei documenti T 1

– Argomenti delle parti

133    La ricorrente dichiara che la trasmissione dei documenti doganali dall’ufficio di destinazione all’ufficio di appuramento per via ufficiale accusava un ritardo significativo e che essa era stata informata dalle autorità olandesi del fatto che il rinvio degli esemplari n. 5 dei documenti T 1 direttamente da parte dell’ufficio di destinazione era consentito. Essa sostiene che tale è la ragione per cui ha consegnato al conducente e al sig. C., il commissionario, buste affrancate recanti l’indirizzo dell’ufficio di Coevorden, al fine di recapitarle alle autorità tedesche. Tuttavia, l’agente doganale tedesco non avrebbe utilizzato tali buste, affidando gli esemplari n. 5 al conducente o al sig. C., il commissionario, che le avrebbero consegnate alla ricorrente, la quale, a sua volta, le avrebbe trasmesse alle autorità doganali olandesi. Ora, a parere della ricorrente, tale sistema di invio, inusuale, non era tuttavia contrario all’art. 356, n. 2, del regolamento di applicazione, che non precisa nulla relativamente alle modalità di invio del documento T 1 da parte dell’ufficio di destinazione.

134    Inoltre, una volta emerso che l’esemplare n. 5 del documento T 1 del 16 febbraio 1994 (documento T 1 n. 120228), corrispondente alla prima delle operazioni in questione, non era stato inviato all’ufficio di Coevorden, la ricorrente avrebbe contattato la divisione di appuramento dello stesso, prima per telefono poi con un fax del 25 febbraio 1994, inviando prima una copia e poi l’originale di tale esemplare. Con fax del 15 e del 28 marzo 1994, essa avrebbe inviato anche copie dei formulari n. 5 corrispondenti alle operazioni del 25 febbraio e del 23 marzo 1994 (documenti T 1 n. 120274 e n. 120410). La ricorrente avrebbe utilizzato tale procedura anche per i trasporti seguenti. Pertanto, gli uffici doganali olandesi sarebbero stati tenuti perfettamente al corrente della procedura di trasmissione utilizzata e avrebbero espressamente accettato i documenti doganali in questione.

135    Infine, secondo la ricorrente, qualora il Tribunale giudicasse che la procedura seguita fosse contraria alla normativa doganale, si dovrebbe tenere conto della complessità di tale normativa in sede di valutazione, nella fattispecie, della nozione di manifesta negligenza, conformemente alla citata sentenza Söhl & Söhlke.

136    La Commissione sostiene che l’art. 356, n. 2, del regolamento di applicazione non lascia alcun dubbio circa la procedura da seguire per il rinvio dell’esemplare n. 5 del documento T 1, poiché nulla permette di dedurre da tale disposizione che l’intervento di un terzo sia autorizzato. Infatti, si tratterebbe di una procedura puramente amministrativa che consente alle autorità doganali di controllare il corretto svolgimento del transito. Ora, nella sua qualità di operatore dotato di esperienza nel settore dei trasporti, la ricorrente non avrebbe mai dovuto accettare di intervenire attivamente nel rinvio dell’esemplare n. 5.

– Giudizio del Tribunale

137    L’art. 356, n. 2, del regolamento di applicazione dispone che, quando le merci vi arrivano, l’ufficio di destinazione annota gli esemplari del documento T 1 in base ai risultati del controllo effettuato e rispedisce immediatamente un esemplare all’ufficio di partenza. Per quanto riguarda l’art. 358 del detto regolamento, esso prevede che gli Stati membri abbiano la facoltà di designare uno o più organismi centrali cui i documenti devono essere inviati dagli uffici competenti dello Stato membro di destinazione. Ne consegue che il rinvio dell’esemplare n. 5 del documento T 1 deve avvenire per via amministrativa, direttamente dall’ufficio di destinazione all’ufficio di partenza, con l’eventuale intervento degli uffici centralizzati designati a tale scopo dagli Stati membri. Come esposto dalla Commissione in risposta alle misure di organizzazione del procedimento disposte dal Tribunale, l’invio si effettua segnatamente tramite buste debitamente contrassegnate dalle autorità doganali del paese di destinazione e tale contrassegno è garantito dall’utilizzo di timbri specifici, di impronte di macchine affrancatrici o di specifici mezzi di affrancatura, comunicati alla Commissione e conosciuti dalle altre amministrazioni nazionali competenti.

138    La normativa doganale comunitaria non consente quindi che l’ufficio di destinazione possa affidare a terzi, in particolare ad operatori privati che partecipano all’operazione di transito, il compito di trasmettere l’esemplare n. 5 del documento T 1 all’ufficio di partenza. Infatti, per quanto riguarda il ruolo incontestabilmente essenziale al buon funzionamento del regime di transito comunitario esterno che il documento di transito T 1 svolge (sentenza British American Tobacco, cit., punto 52), nonché l’importanza dell’esemplare n. 5 dello stesso relativamente alla determinazione dell’eventuale nascita di un’obbligazione doganale o alla comunicazione alle autorità dell’ufficio di partenza delle eventuali irregolarità commesse nel trasporto delle merci, la trasmissione di tale esemplare deve avvenire obbligatoriamente tra le autorità doganali senza alcun intervento degli operatori economici. La partecipazione di questi ultimi al rinvio non permette di garantire l’autenticità dei documenti in questione e delle informazioni ivi contenute e aumenta i rischi di frode.

139    In risposta ai quesiti del Tribunale, la ricorrente ha ammesso che la procedura seguita non corrispondeva alla sua prassi anteriore. Tale modalità di rinvio non era nemmeno quella statuita tra la ricorrente e il commissionario, sig. C., consistente nell’utilizzo di buste affrancate recanti l’indirizzo dell’ufficio doganale di appuramento di Coevorden, che dovevano essere trasmesse dal conducente del camion alle autorità dell’ufficio di destinazione al fine di essere utilizzate da queste ultime per l’invio per posta degli esemplari n. 5 all’ufficio di appuramento. Le seguenti dichiarazioni del sig. FB., riportate nella relazione del FIOD (punto 8.3, pagg. 40 e 41), illustrano particolarmente bene il carattere irregolare della procedura seguita:

«[L’esemplare n. 5] mi è stato recapitato da [C., il commissionario,] o indirettamente da [B.,] [superiore di FB.] (…) La mia prima reazione è stata ogni volta di paura (…) Ho comunicato il mio stupore all’interno del luogo di lavoro e mi sono lamentato presso [B] (…) Non mi sono più accordato in alcun modo con [B.] relativamente all’ulteriore rinvio al servizio di appuramento (...) Quando, un giorno, [C., il commissionario,] è tornato con un [esemplare n. 5] timbrato, ho sentito i capelli drizzarsi sulla testa, ero quantomeno stupefatto e furioso per il fatto che non si fosse attenuto a quanto convenuto. L’ho fatto sapere a [B.] e a [C., il commissionario] (...)».

140    Occorre inoltre rilevare che la ricorrente è venuta a sapere della modalità di rinvio utilizzata prima della partenza del secondo carico di sigarette, quello corrispondente all’operazione del 25 febbraio 1994. Ora, benché tale modalità di rinvio fosse contraria non solo alla normativa doganale, ma anche a quanto era stato stabilito con il commissionario, sig. C., la ricorrente ha accettato il ricorso alla detta modalità per le dieci operazioni successive, partecipando alla sua attuazione.

141    La ricorrente sostiene però che tale procedura di rinvio era stata espressamente accettata dalle autorità olandesi. In particolare, essa fa valere che, quando ha iniziato a ricevere dal commissionario, sig. C., gli esemplari n. 5, essa ha più volte contattato telefonicamente le dogane e ha ottenuto il loro accordo. Essa dichiara anche di aver inviato a queste ultime gli esemplari n. 5 e che essi sono stati accettati. Ora, benché vi siano certamente stati alcuni contatti tra la ricorrente e le autorità olandesi, dal fascicolo non risulta però che le autorità olandesi abbiano espressamente accettato la modalità di ritorno utilizzata. Invece, è pacifico che le autorità olandesi consideravano inammissibile l’intervento di operatori privati nel rinvio. Così, la relazione del FIOD (punto 3.2.3, pag. 18) contiene le seguenti dichiarazioni di un agente doganale del distretto di Groninga: «Non sono mai stato informato del fatto che gli esemplari n. 5 fossero rinviati al servizio di appuramento della dogana di Coevorden tramite la [ricorrente]. Non avremmo mai dato il nostro consenso a tale modo di appuramento (…) Non ho vietato l’altra modalità di rinvio del quinto esemplare (invio diretto tramite la dogana tedesca al servizio di appuramento di Coevorden). Invece, avrei vietato o vieterei una diversa modalità di rinvio del quinto esemplare al servizio di appuramento della dogana di Coevorden tramite [la ricorrente].» Pertanto, occorre dichiarare che, nelle circostanze di cui alla fattispecie, la ricorrente non poteva avvalersi semplicemente dell’assenza di reazioni da parte delle autorità olandesi per un certo periodo relativamente alla modalità di rinvio del formulario n. 5 per fondare il suo affidamento sulla legalità di tale metodo.

142    Infine, l’argomento dedotto dalla ricorrente in via subordinata e relativo alla complessità della normativa applicabile non può essere accolto. Come è già stato dichiarato, dall’art. 356 del regolamento di applicazione emerge chiaramente che è l’ufficio di destinazione a dover procedere al rinvio dell’esemplare n. 5 del documento T 1 all’ufficio di partenza, senza l’intervento di terzi.

143    Alla luce di quanto detto, occorre dichiarare che la ricorrente, in quanto operatore dotato di esperienza nel transito comunitario, non avrebbe dovuto accettare di intervenire attivamente nel rinvio dell’esemplare n. 5 dei documenti in questione. Occorre anche rilevare che la modalità di rinvio del formulario n. 5 utilizzata nella fattispecie lasciava supporre non solo una violazione delle norme formali del regime di transito comunitario, ma ha contribuito alla realizzazione della frode. Infatti, la mancata utilizzazione del circuito amministrativo, e in particolare la mancata trasmissione all’ufficio centralizzato tedesco, ha fatto venir meno la possibilità per le autorità tedesche di verificare i numeri di registrazione apposti dall’agente doganale corrotto sui documenti T 1 in questione, i quali – occorre ricordarlo – corrispondevano in realtà a numeri utilizzati per registrare altre merci e altri documenti doganali. Tale duplicità, verosimilmente, avrebbe potuto essere scoperta dalle autorità tedesche, ma non poteva essere constatata dalle autorità olandesi di appuramento.

144    Pertanto, occorre dichiarare che la Commissione non ha commesso alcun errore tenendo conto della partecipazione della ricorrente al rinvio irregolare degli esemplari n. 5 dei documenti T 1 nella sua valutazione circa l’esistenza di una manifesta negligenza in capo alla stessa.

 5. Relativamente all’insufficienza di informazioni sugli acquirenti

– Argomenti delle parti

145    La ricorrente fa osservare che per otto anni essa aveva avuto rapporti commerciali soddisfacenti con il commissionario, sig. C., e che nulla l’aveva portata a diffidare degli acquirenti per conto dei quali questo agiva. La richiesta della Commissione di raccogliere presso il commissionario informazioni sugli acquirenti non terrebbe conto delle realtà del commercio internazionale, in quanto il commissionario non avrebbe interesse all’esistenza di rapporti diretti tra le due parti del negozio. Tale controllo, inoltre, si effettuerebbe solo raramente nell’ambito del transito comunitario esterno, in particolare se il dichiarante agisce su istruzioni del destinatario. Inoltre, nel caso concreto, non sarebbe stato necessario verificare la solvibilità degli acquirenti, dato che il pagamento avveniva in contanti.

146    La Commissione sostiene che la ricorrente avrebbe dovuto, in particolare nella sua doppia qualità di venditore di merci e di dichiarante, cercare di verificare se gli acquirenti, di cui essa conosceva l’identità, esistessero realmente e avrebbe dovuto prendere un minimo di precauzioni per evitare di servire da copertura a una vendita fittizia atta a dare luogo a una frode nell’ambito del transito comunitario.

– Giudizio del Tribunale

147    La ricorrente non ha cercato di ottenere informazioni precise sui potenziali acquirenti delle merci oggetto delle operazioni doganali in questione. Tuttavia, alla luce delle circostanze della fattispecie, in particolare considerando l’esistenza di un lungo rapporto commerciale tra la ricorrente e il commissionario, sig. C., che affermava di rappresentare tali acquirenti, nonché le particolarità del commercio internazionale e segnatamente la difficoltà di ottenere rapidamente informazioni dettagliate su imprese situate in paesi diversi, il Tribunale dichiara che tale fatto, di per sé, non può fondare la valutazione dell’esistenza di una manifesta negligenza in capo alla ricorrente.

 6. Relativamente all’assenza di un nesso causale tra le circostanze particolari e la negligenza contestata alla ricorrente

– Argomenti delle parti

148    La ricorrente sostiene che dall’art. 239, n. 1, secondo trattino, del codice doganale risulta che lo sgravio dei dazi può essere negato solo se la situazione particolare di cui alla fattispecie è la conseguenza della manifesta negligenza del richiedente. Orbene, nella fattispecie, non vi sarebbe alcun rapporto di causa-effetto tra tale situazione, ossia la frode dell’agente doganale tedesco, e le quattro circostanze sulle quali la Commissione ha fondato la sua valutazione relativa all’asserita manifesta negligenza. Infatti, tale frode non sarebbe stata la conseguenza della mancata indicazione dei numeri di immatricolazione né dell’omessa verifica dell’identità degli acquirenti. Inoltre, il cambio dell’ufficio di destinazione e la modalità inusuale di rinvio del formulario n. 5 dei documenti T 1 avrebbero avuto come solo effetto quello di far sorgere sospetti in seno alle autorità doganali e avrebbero aumentato il rischio di scoperta della frode.

149    La Commissione fa valere che una domanda di sgravio può essere respinta quando il richiedente si è reso colpevole di manifesta negligenza, indipendentemente dall’esistenza di un nesso con la circostanza particolare da esso invocata. Ad ogni modo, la Commissione ritiene che nella fattispecie esista un nesso causale tra la circostanza particolare e la manifesta negligenza della ricorrente, in quanto tale negligenza ha contribuito alla realizzazione della frode e ha reso più difficile la scoperta della stessa.

– Giudizio del Tribunale

150    Ai sensi dell’art. 239 del codice doganale, si può procedere al rimborso o allo sgravio dei dazi all’importazione in situazioni dovute a circostanze che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato. Inoltre, l’art. 905 del regolamento di applicazione prevede che la domanda di sgravio debba essere corredata di giustificazioni tali da costituire una situazione particolare risultante da circostanze che non implicano alcuna manovra fraudolenta o negligenza manifesta da parte dell’interessato. Contrariamente alla tesi della Commissione, dal tenore stesso di tali disposizioni risulta che debba esistere un nesso tra la negligenza contestata all’operatore e la situazione particolare constatata. In assenza di un tale nesso, sarebbe iniquo respingere la domanda di sgravio o di rimborso. Tuttavia, e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è necessario che la situazione particolare sia la conseguenza diretta e immediata della negligenza dell’interessato. Al riguardo è sufficiente che la negligenza abbia contribuito o agevolato la sottrazione di una merce al controllo doganale.

151    Nel caso concreto, la situazione particolare è costituita dal fatto che la ricorrente è stata vittima di una frode resa possibile dalla partecipazione di un agente dei servizi doganali nazionali. Pertanto, è necessario che i vari comportamenti contestati alla ricorrente in quanto costitutivi di una manifesta negligenza abbiano contribuito alla realizzazione di tale frode.

152    Orbene, è già stato dichiarato (v. punti 118, 120, 130 e 143) che tre dei comportamenti contestati alla ricorrente in quanto costitutivi di una manifesta negligenza, ossia l’omessa indicazione dei numeri di immatricolazione sugli esemplari n. 5 dei documenti T 1, la falsa indicazione di Schirnding come ufficio di destinazione e la modalità irregolare di rinvio del formulario n. 5 dei documenti T 1, hanno agevolato la realizzazione della frode e, quindi, la sottrazione della merce al controllo doganale, in particolare rendendo alle autorità doganali nazionali più complicato il controllo sul corretto svolgimento delle operazioni in questione.

153    Pertanto, la censura relativa all’assenza di un nesso causale deve essere respinta.

 7. Conclusioni sul secondo motivo

154    Per giurisprudenza costante, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità allorché adotta una decisione in applicazione della clausola generale di equità prevista dalla normativa doganale comunitaria (sentenze del Tribunale 9 novembre 1995, causa T‑346/94, France-aviation/Commissione, Racc. pag. II‑2841, punto 34; Primex Produkte Import-Export e a./Commissione, cit., punto 60; Mehibas Dordtselaan/Commissione, cit., punti 46 e 78, e Aslantrans/Commissione, cit., punto 55). Inoltre, occorre rilevare che il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione, che possono essere concessi soltanto a determinate condizioni e in casi specificamente previsti, costituiscono un’eccezione rispetto al normale regime delle importazioni e delle esportazioni e che, di conseguenza, le disposizioni che prevedono siffatto rimborso o sgravio devono essere interpretate restrittivamente (citate sentenze Söhl & Söhlke, punto 52, e Aslantrans/Commissione, punto 55). In particolare, essendo la mancanza di «manifesta negligenza» un presupposto essenziale per poter chiedere un rimborso o uno sgravio dei dazi all’importazione, ne consegue che tale nozione deve essere interpretata in modo che il numero dei casi di rimborso o di sgravio resti limitato (sentenza Söhl & Söhlke, cit., punto 52).

155    Nella fattispecie, la ricorrente era l’obbligato principale del regime del transito comunitario esterno per le operazioni doganali in questione. Di conseguenza, in quanto obbligato principale, la ricorrente aveva accettato una responsabilità particolare in rapporto a tali operazioni.

156    Tuttavia, la ricorrente ha scientemente e ripetutamente violato diversi obblighi ad essa incombenti in forza del regime di transito comunitario esterno. Infatti, innanzi tutto, non indicando i numeri d’immatricolazione dei veicoli di trasporto, essa non ha rispettato l’obbligo previsto dall’allegato 37 del regolamento d’applicazione. In secondo luogo, fornendo indicazioni false relativamente all’ufficio di destinazione nelle dichiarazioni doganali, essa ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 199 del regolamento di applicazione e dell’allegato 37 del detto regolamento. Infine, in terzo luogo, partecipando ad una modalità di rinvio irregolare degli esemplari n. 5 dei documenti T 1, essa ha contribuito alla violazione della disposizione contenuta nell’art. 356 del regolamento di applicazione. Le disposizioni violate, inoltre, non erano particolarmente complesse e non necessitavano di una difficile interpretazione. Inoltre, la ricorrente era un operatore economico dotato di molta esperienza in tale settore. Tali violazioni costituiscono non solo inadempimenti agli obblighi formali derivanti dal regime del transito comunitario, ma esse hanno anche contribuito alla realizzazione della frode e alla sottrazione della merce al controllo doganale, in particolare rendendo alle autorità doganali nazionali più complicato il controllo sul corretto svolgimento delle operazioni. Infine, occorre evidenziare che, trattandosi di operazioni doganali relative a sigarette, ossia merci a rischio, la ricorrente era tenuta a dare prova di una particolare diligenza.

157    Da quanto precede risulta che la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che, alla luce dell’insieme delle circostanze della fattispecie, la ricorrente avesse dato prova di manifesta negligenza, ai sensi dell’art. 239 del codice doganale e dell’art. 905 del regolamento di applicazione.

158    Pertanto, occorre respingere tale motivo.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità

– Argomenti delle parti

159    La ricorrente sostiene che l’art. 239 del codice doganale deve essere interpretato ed applicato in conformità al principio di proporzionalità. Ora, tenuto conto dell’importo dei dazi reclamati e della portata delle sue attività commerciali, il rigetto della domanda di sgravio si tradurrebbe in un pregiudizio molto serio e, onde evitare una violazione del principio di proporzionalità, avrebbe richiesto una particolare gravità dell’asserita manifesta negligenza constatata dalla Commissione. Sostanzialmente la Commissione avrebbe trattato in maniera eccessivamente severa la ricorrente, la cui negligenza contestatale sarebbe strettamente «subordinata» al comportamento fraudolento di un agente doganale tedesco.

160    La Commissione fa notare che, nella fattispecie, occorre applicare il principio di proporzionalità all’interpretazione delle disposizioni che disciplinano lo sgravio dell’obbligazione doganale e non alla questione della validità dell’obbligazione stessa. Essa rileva che la Corte ha stabilito che non è sproporzionato che un operatore fallisca per il fatto di dover adempiere ad un’obbligazione doganale (sentenza della Corte 14 maggio 1996, cause riunite C‑153/94 e C‑204/94, Faroe Seafood e a., Racc. pag. I‑2465, punto 116). Infine, la Commissione avrebbe tenuto conto del principio di proporzionalità nella decisione impugnata, ma le gravi censure addebitabili alla ricorrente non avrebbero permesso alcuno sgravio.

– Giudizio del Tribunale

161    Occorre rilevare che l’importo dell’obbligazione doganale imposta alla ricorrente è connesso all’importanza economica delle merci oggetto delle operazioni di transito comunitario in questione, in particolare all’ammontare dei dazi e delle imposte che gravano su tali merci, ossia le sigarette. Il fatto che l’importo richiesto a titolo di dazi all’importazione sia rilevante rientra nel novero dei rischi professionali ai quali si espone l’operatore economico (v., in tal senso, sentenza Faroe Seafood e a., cit., punto 115). Pertanto, la rilevanza di tale obbligazione per la quale è chiesto lo sgravio non è, di per sé, un elemento atto a variare la valutazione delle condizioni alle quali è subordinato tale sgravio. Occorre quindi dichiarare che la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità non tenendo conto, nella fattispecie, in sede di esame della domanda in questione, della rilevanza del danno economico che la decisione di rigetto avrebbe arrecato alla ricorrente.

162    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la manifesta negligenza che la Commissione le addebita è strettamente «subordinata» alla frode dell’agente doganale tedesco, basta constatare che tale frode è stata presa in considerazione dalla Commissione, essendo stata tale circostanza di fondamento per la valutazione circa l’esistenza nella fattispecie di una situazione particolare. Orbene, nel valutare la seconda condizione per il riconoscimento del diritto allo sgravio, ossia l’assenza di manifesta negligenza, la Commissione ha correttamente tenuto conto dei comportamenti e delle omissioni imputabili alla ricorrente, che, come è stato dichiarato, hanno contribuito alla realizzazione della frode e hanno reso più complicata la scoperta della stessa. Ne deriva che la Commissione non ha nemmeno violato il principio di proporzionalità in sede di esame del comportamento della ricorrente.

163    Occorre pertanto respingere tale motivo.

 Sul quarto motivo, relativo all’inesistenza dell’obbligazione doganale

– Argomenti delle parti

164    In udienza, la ricorrente ha dedotto un nuovo motivo, allegando la sopravvenienza di un fatto nuovo. Essa ha fatto valere che, come emerge dalla citata sentenza del Vrchní Soud di Praga 30 novembre 2004, le merci oggetto delle operazioni doganali controverse hanno lasciato il territorio doganale della Comunità. Pertanto, tali merci non sarebbero state sottratte al controllo doganale e non sarebbero quindi soggette ai dazi all’importazione. Di conseguenza, l’obbligazione doganale ad essa imposta dalle autorità olandesi, la cui domanda di sgravio è stata oggetto della decisione impugnata, non esisterebbe. Tale circostanza sarebbe idonea a giustificare lo sgravio dell’obbligazione doganale. L’applicazione della procedura prevista dall’art. 239 del codice doganale presupporrebbe la preesistenza di un’obbligazione doganale.

– Giudizio del Tribunale

165    Come emerge da un costante orientamento giurisprudenziale, le disposizioni dell’art. 239 del codice doganale e dell’art. 905 del regolamento di applicazione hanno come solo obiettivo quello di consentire, quando sono soddisfatte talune circostanze particolari e in mancanza di manifesta negligenza o di frode, di esonerare gli operatori economici dal pagamento dei dazi da essi dovuti, e non quello di permettere di contestare il principio stesso dell’esigibilità dell’obbligazione doganale [sentenze della Corte 12 marzo 1987, cause riunite 244/85 e 245/85, Cerealmangimi e Italgrani/Commissione, Racc. pag. 1303, punto 11, e 6 luglio 1993, cause riunite C‑121/91 e C‑122/91, CT Control (Rotterdam) e JCT Benelux/Commissione, Racc. pag. I‑3873, punto 43; sentenza Hyper/Commissione, cit., punto 98]. La determinazione dell’esistenza e dell’importo esatto dell’obbligazione rientra, infatti, nella competenza delle autorità nazionali. Orbene, le istanze rivolte alla Commissione in forza delle disposizioni summenzionate non riguardano la questione se le disposizioni di diritto doganale sostanziale siano state correttamente applicate dalle autorità doganali nazionali. Il Tribunale ricorda che le decisioni adottate da tali autorità possono essere impugnate dinanzi ai giudici nazionali, ferma restando per questi ultimi la possibilità di rivolgersi alla Corte di giustizia in forza dell’art. 234 CE (sentenze del Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑195/97, Kia Motors e Broekman Motorships/Commissione, Racc. pag. II‑2907, punto 36, e Hyper/Commissione, cit., punto 98).

166    Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare tale motivo irricevibile.

167    Il Tribunale dichiara che l’istruzione della causa nonché i documenti e le risposte fornite dalle parti nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento sono stati per esso sufficientemente chiarificatori e che non è necessario ordinare altre misure istruttorie, segnatamente l’audizione di testimoni proposta dalla ricorrente.

168    Da quanto precede risulta che il ricorso va respinto integralmente.

 Sulle spese

169    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Cooke

García-Valdecasas

Trstenjak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      J.D. Cooke

Indice

Contesto normativo

Fatti all’origine della controversia

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, relativo a violazioni della procedura di sgravio dei dazi all’importazione e del principio di certezza del diritto

1. Relativamente alla censura inerente all’omesso avviso di proroga del termine e alla violazione del principio di certezza del diritto

2. Relativamente alla censura inerente alla mancata trasmissione in tempo utile delle richieste di informazioni complementari

3. Relativamente alle censure inerenti all’accesso tardivo e incompleto alla pratica

4. Relativamente alla censura inerente al ritardo intervenuto nella ricezione delle risposte delle autorità olandesi

5. Relativamente alla censura inerente al ritardo delle autorità olandesi nella trasmissione della relazione del FIOD

6. Relativamente alla censura inerente al ritardo eccessivo nel trattamento della domanda di sgravio

7. Conclusioni sul primo motivo

Sul secondo motivo, relativo all’assenza di manifesta negligenza ai sensi dell’art. 239 del codice doganale e dell’art. 905 del regolamento di applicazione

1. Relativamente alla nozione di manifesta negligenza e ai criteri rilevanti per valutarne l’esistenza nella fattispecie

2. Relativamente all’omessa indicazione dei numeri d’immatricolazione sugli esemplari n. 5 dei documenti T 1

3. Relativamente al cambio dell’ufficio doganale di destinazione indicato sui documenti doganali

4. Relativamente alla modalità di rinvio dell’esemplare n. 5 dei documenti T 1

5. Relativamente all’insufficienza di informazioni sugli acquirenti

6. Relativamente all’assenza di un nesso causale tra le circostanze particolari e la negligenza contestata alla ricorrente

7. Conclusioni sul secondo motivo

Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità

Sul quarto motivo, relativo all’inesistenza dell’obbligazione doganale

Sulle spese



* Lingua processuale: l’olandese.