Language of document : ECLI:EU:C:2023:499

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 giugno 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 20 TFUE – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Decisione di diniego del soggiorno opposta da uno Stato membro a un cittadino di un paese terzo genitore di un figlio minorenne, avente la cittadinanza di tale Stato membro – Minore che si trova al di fuori del territorio dell’Unione europea e che non ha mai soggiornato nel territorio di quest’ultima»

Nella causa C‑459/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats Utrecht (Tribunale dell’Aia, sede di Utrecht, Paesi Bassi), con decisione del 10 settembre 2020, pervenuta in cancelleria il 15 settembre 2020, nel procedimento

X

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della prima sezione, P.G. Xuereb, A. Kumin (relatore) e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 febbraio 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per X, da M. van Werven e J. Werner, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e C.S. Schillemans, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, da M. Jespersen, J. Nymann-Lindegren e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Ladenburger, E. Montaguti e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 giugno 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra X, una cittadina thailandese, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «Segretario di Stato»), in merito al rigetto da parte di quest’ultimo della domanda di permesso di soggiorno di X.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

3        X ha soggiornato regolarmente nei Paesi Bassi, dove è stata sposata con A, un cittadino dei Paesi Bassi. Da tale unione è nato un figlio avente la cittadinanza dei Paesi Bassi.

4        Tale figlio, che aveva dieci anni alla data di presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale, è nato in Thailandia dove è stato allevato dalla nonna materna, mentre X è ritornata nei Paesi Bassi dopo tale nascita. Il minore ha sempre abitato in detto paese terzo e non si è mai recato nei Paesi Bassi né in nessun altro Stato membro dell’Unione europea.

5        Con decisione del 22 maggio 2017, le autorità dei Paesi Bassi hanno revocato il diritto di soggiorno di X con effetto retroattivo a partire dal 1° giugno 2016, data della separazione di fatto tra A e X.

6        Il 17 maggio 2018, è stato pronunciato il divorzio tra A e X.

7        Il 6 maggio 2019, il segretario di Stato ha notificato a X che sarebbe stata espulsa verso Bangkok (Thailandia) l’8 maggio 2019.

8        Il 7 maggio 2019, X ha chiesto di soggiornare nei Paesi Bassi presso B, cittadino di tale Stato membro. In sede di esame di tale domanda, le autorità dei Paesi Bassi hanno verificato d’ufficio se la ricorrente nel procedimento principale potesse ottenere un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE al fine di poter soggiornare con suo figlio nel territorio dell’Unione.

9        Con decisione dell’8 maggio 2019, il segretario di Stato ha respinto detta domanda in base al rilievo, in particolare, che X non poteva rivendicare un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE, quale riconosciuto dalla Corte nella sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354).

10      L’8 maggio 2019, X è stata espulsa verso Bangkok.

11      Con decisione del 2 luglio 2019, il segretario di Stato ha respinto un reclamo presentato da X avverso la decisione dell’8 maggio 2019. X ha quindi adito il giudice del rinvio con un ricorso nell’ambito del quale sostiene che, a causa di tale decisione di diniego di soggiorno, suo figlio, benché cittadino dei Paesi Bassi, è privato della possibilità di soggiornare nell’Unione e che, di conseguenza, detta decisione mette in discussione l’effetto utile dei diritti di cui egli dispone in forza del suo status di cittadino dell’Unione.

12      A tal riguardo, X sottolinea che suo figlio, che è sempre stato a suo carico sia giuridicamente che finanziariamente e con il quale ha sempre intrattenuto un rapporto affettivo, è interamente dipendente da lei. Essa precisa che, dal suo ritorno in Thailandia, essa si occupa quotidianamente di lui. La nonna materna del minore, a causa delle sue condizioni di salute, non potrebbe più prendersi cura di quest’ultimo. X aggiunge che, con sentenza del Tribunale di Surin (Thailandia) del 5 febbraio 2020, le sarebbe stato concesso l’affidamento esclusivo del figlio.

13      Poiché il figlio non parla né inglese né neerlandese, egli non potrebbe comunicare con il padre con il quale non avrebbe più avuto alcun contatto dal 2017. Secondo X, A non ha alcun rapporto affettivo con il figlio e non ha assunto alcun onere nei suoi confronti.

14      Il segretario di Stato sostiene che la decisione di diniego di soggiorno trasmessa a X non implica che suo figlio sia tenuto a lasciare il territorio dell’Unione, poiché egli soggiorna in Thailandia sin dalla nascita. Inoltre, non si potrebbe automaticamente ritenere che X abbia l’affidamento esclusivo del minore, poiché la sentenza del giudice thailandese di cui essa si avvale a tal riguardo non sarebbe stata legalizzata. Peraltro, X non avrebbe dimostrato di prendersi effettivamente cura del figlio da quando è tornata in Thailandia. Non esisterebbe alcuna prova oggettiva dell’esistenza, tra lei e il figlio, di un legame di dipendenza tale da costringere quest’ultimo a soggiornare al di fuori del territorio dell’Unione qualora a X venisse negato un diritto di soggiorno. Sarebbe probabile che il fatto che il figlio sia stato separato dalla madre per quasi tutta la sua vita abbia influito sul suo attaccamento e quindi sulla sua dipendenza da quest’ultima. Inoltre, il ruolo di A nella vita del figlio non sarebbe chiaro e il fatto che X affermi che A non si occupa di lui sarebbe un elemento soggettivo. Il segretario di Stato aggiunge che X non ha dimostrato che suo figlio intenda andare a vivere nei Paesi Bassi o che sia nell’interesse di quest’ultimo che sua madre disponga di un titolo di soggiorno in tale Stato membro.

15      Il giudice del rinvio si interroga sull’applicabilità dei principi enunciati dalla Corte nelle sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734), del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776), nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354), in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, in cui il minore, cittadino dell’Unione, soggiorna al di fuori del territorio dell’Unione o non ha mai soggiornato in tale territorio.

16      Il giudice del rinvio precisa che una risposta negativa della Corte significherebbe, secondo il diritto dei Paesi Bassi, che a un cittadino di un paese terzo, genitore di un cittadino dell’Unione minorenne, non potrebbe mai essere concesso un diritto di soggiorno derivato dall’articolo 20 TFUE e potrebbe entrare nei Paesi Bassi in modo regolare solo se presentasse una domanda di soggiorno fondata sul diritto alla vita privata e familiare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Conformemente alla legislazione dei Paesi Bassi, una siffatta domanda presuppone, in linea di principio, che il richiedente disponga di un permesso di soggiorno provvisorio in quanto membro della famiglia allargata. A tal fine occorrerebbe tuttavia, tra l’altro, che il familiare presso il quale è previsto il soggiorno, ossia il «soggiornante», sia da parte sua di età superiore a 21 anni. Orbene, per definizione, un figlio minorenne non potrebbe soddisfare tale condizione, il che significherebbe che una siffatta domanda di soggiorno non avrebbe, fin dall’inizio, alcuna possibilità di esito positivo.

17      Peraltro, il giudice del rinvio si interroga sui criteri di valutazione dell’esistenza di un rapporto di dipendenza del cittadino dell’Unione nei confronti di un cittadino di un paese terzo nonché sulla questione dell’affidamento effettivo del minore nel contesto del procedimento principale.

18      Ciò premesso, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Utrecht (Tribunale dell’Aia, sede di Utrecht, Paesi Bassi) ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo, che abbia a carico il proprio figlio minorenne, cittadino dell’Unione e allorché tale figlio minorenne si trova in un’effettiva relazione di dipendenza dal cittadino del paese terzo, il diritto di soggiorno nello Stato membro di cui il minore cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza, mentre il cittadino dell’Unione minorenne si trova al di fuori del territorio di tale Stato membro o dell’Unione e/o non si è mai trovato sul territorio dell’Unione, per cui al cittadino dell’Unione minorenne viene di fatto negato l’ingresso nel territorio dell’Unione.

2)      a)      Se i cittadini dell’Unione (minorenni) debbano affermare o dimostrare un interesse all’esercizio dei diritti loro spettanti in base alla cittadinanza dell’Unione.

b)      Se a tale riguardo può essere rilevante che i cittadini dell’Unione minorenni di norma non possono far valere autonomamente i loro diritti e non hanno essi stessi il controllo sul luogo di residenza, ma a questo riguardo dipendono dal loro genitore (dai loro genitori) e che ciò potrebbe comportare che l’esercizio dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione venga rivendicato in nome di un cittadino dell’Unione minorenne, mentre ciò potrebbe essere contrario agli altri suoi interessi, come menzionato tra l’altro nella sentenza Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354).

c)      Se tali diritti siano assoluti, nel senso che ad essi non possono essere frapposti ostacoli o che per lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione (minorenne) possiede la cittadinanza esiste addirittura un obbligo positivo di consentire l’esercizio di tali diritti.

3)      a)      Se per valutare se si configuri una relazione di dipendenza ai sensi della prima questione assuma rilevanza decisiva la questione se, prima della domanda o prima della decisione con cui gli viene negato il diritto di soggiorno o ancora prima del momento in cui un organo giurisdizionale (nazionale) deve pronunciarsi in un procedimento avviato a causa di tale diniego, il genitore, cittadino di un paese terzo, avesse o meno la cura quotidiana del cittadino dell’Unione minorenne, e se vi siano altri che in passato si sono assunti tale cura e/o se questi possano continuare ad assumerla.

b)      Se a questo riguardo si possa esigere dal cittadino dell’Unione minorenne che questo, al fine di poter effettivamente esercitare i suoi diritti dell’Unione, si stabilisca nel territorio dell’Unione presso il suo altro genitore, che è cittadino dell’Unione, e che potrebbe non avere più l’affidamento del minore.

c)      In caso affermativo, se rivesta importanza la circostanza se tale genitore abbia (avuto) o meno l’affidamento e/o l’onere legale, finanziario o affettivo del minore e se questo sia o meno disposto ad assumersi detto onere (detti oneri) e/o la cura del minore.

d)      Qualora si accertasse che il genitore, cittadino di un paese terzo, ha l’affidamento esclusivo del cittadino dell’Unione minorenne, se ciò significhi che occorre attribuire minore importanza alla questione dell’onere legale, finanziario e/o affettivo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

19      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che la circostanza che un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro, viva sin dalla nascita al di fuori del territorio di tale Stato membro e non abbia mai soggiornato nel territorio dell’Unione esclude che uno dei suoi genitori, cittadino di un paese terzo, dal quale tale figlio è dipendente, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato fondato sull’articolo in parola.

20      Occorre preliminarmente ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Corte, l’articolo 20 TFUE conferisce a chiunque possegga la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione, il quale è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 41, e del 9 giugno 2022, Préfet du Gers et Institut national de la statistique et des études économiques, C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

21      La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto fondamentale e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato FUE e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso (sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

22      La Corte ha statuito che l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali, comprese eventuali decisioni di diniego del diritto di soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione, che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal loro status (v., in particolare, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 42; del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 45, nonché del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 61).

23      Per contro, le disposizioni del Trattato FUE relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di paesi terzi. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di detti diritti derivati si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento può pregiudicare, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione nel territorio dell’Unione [sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

24      A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato dell’Unione relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare di detto cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, in conseguenza del negato riconoscimento di un siffatto diritto, tale cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status [sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

25      Le situazioni menzionate al punto precedente della presente sentenza sono caratterizzate dal fatto che, pur essendo disciplinate da normative che in astratto rientrano nella competenza degli Stati membri, ossia quelle sul diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi al di fuori dell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto derivato dell’Unione, che, a certe condizioni, prevedono il conferimento di un siffatto diritto, tali situazioni hanno però una relazione intrinseca con la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione, la quale osta a che tale diritto di ingresso e di soggiorno venga rifiutato ai suddetti cittadini di paesi terzi nello Stato membro in cui risiede il cittadino dell’Unione in questione, affinché non venga lesa detta libertà (sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

26      Tuttavia, dalla giurisprudenza costante della Corte emerge anche che il rifiuto di concedere un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo può mettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione solo se tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, esiste un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo sarebbe costretto a seguire il cittadino del paese terzo di cui trattasi e a lasciare il territorio dell’Unione, inteso globalmente [sentenza dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

27      Dalla giurisprudenza della Corte emerge anche che, al pari del diniego o della perdita di un diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro, un divieto d’ingresso nel territorio dell’Unione, imposto a un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, può condurre a privare tale cittadino dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal suo status, qualora, a causa del rapporto di dipendenza esistente tra le persone di cui trattasi, tale divieto d’ingresso costringa, di fatto, il cittadino dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione, inteso globalmente, per seguire il proprio familiare, cittadino di un paese terzo oggetto del citato divieto [sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria) C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 60 e giurisprudenza ivi citata].

28      Ciò premesso, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il diniego del diritto di soggiorno opposto al genitore, cittadino di un paese terzo, di un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, non può condurre, contrariamente alle situazioni in esame nelle cause relative all’articolo 20 TFUE sulle quali la Corte si è già pronunciata, a far sì che tale minore sia costretto a seguire il genitore cittadino di un paese terzo e a lasciare il territorio dell’Unione, dal momento che, sin dalla nascita, egli vive in un paese terzo e non ha mai soggiornato nell’Unione.

29      Tuttavia, da un lato, sebbene la Corte abbia rilevato, nella giurisprudenza citata al punto 22 della presente sentenza, che il minore di cui trattavasi aveva sempre soggiornato nello Stato membro di cui possedeva la cittadinanza, tale precisazione mirava unicamente a sottolineare che il beneficio del diritto di soggiorno derivato discendente dall’articolo 20 TFUE non dipende dall’esercizio, da parte di tale minore, del suo diritto di libera circolazione e di soggiorno all’interno dell’Unione, bensì dalla sua cittadinanza dell’Unione, status di cui egli gode indipendentemente dall’esercizio di tale diritto, in virtù del mero possesso della cittadinanza di uno Stato membro.

30      D’altro lato, nell’ipotesi in cui sussista un legame di dipendenza tra un minore cittadino dell’Unione e il suo genitore cittadino di un paese terzo, negare il soggiorno di quest’ultimo nello Stato membro di cui tale minore possiede la cittadinanza può impedire a detto minore di soggiornare o di circolare nel territorio dell’Unione, in quanto sarebbe allora costretto a soggiornare in un paese terzo presso detto genitore.

31      A tal riguardo, le conseguenze, per il minore cittadino dell’Unione, del fatto che, in pratica, gli sia impedito di entrare e soggiornare nell’Unione devono essere considerate analoghe a quelle derivanti dal fatto di essere obbligato a lasciare il territorio dell’Unione.

32      Come risulta dal punto 23 della presente sentenza, le disposizioni del Trattato FUE relative alla cittadinanza dell’Unione conferiscono ai cittadini di paesi terzi soltanto diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione.

33      Il diritto di soggiorno riconosciuto, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, al cittadino di un paese terzo, in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione, è pertanto giustificato sulla base del rilievo che un siffatto soggiorno è necessario affinché tale cittadino dell’Unione possa godere, in maniera effettiva, del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status fintantoché perdura la relazione di dipendenza con detto cittadino di un paese terzo (sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 41].

34      Orbene, il diniego del diritto di soggiorno opposto al genitore, cittadino di un paese terzo, di un minore cittadino dell’Unione può avere conseguenze sull’esercizio di tali diritti da parte di tale minore solo nel caso in cui quest’ultimo dovesse entrare nel territorio dello Stato membro interessato con detto genitore oppure raggiungerlo, e dovesse poi rimanere in tale territorio.

35      Per contro, nel caso in cui il genitore, cittadino di un paese terzo, di un minore cittadino dell’Unione soggiornasse da solo nel territorio dell’Unione, mentre tale minore resta in un paese terzo, una decisione che nega al suddetto genitore il diritto di soggiornare in tale territorio sarà priva di qualsiasi effetto sull’esercizio da parte di detto minore dei suoi diritti.

36      Pertanto, un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 20 TFUE non può essere concesso al genitore, cittadino di un paese terzo, di un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, in una situazione in cui né la domanda di tale genitore diretta ad ottenere un diritto di soggiorno derivato né il contesto generale della causa consentono di concludere che il minore di cui trattasi, che non ha mai soggiornato nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, eserciterà i suoi diritti di cittadino dell’Unione entrando e soggiornando con detto genitore nel territorio di tale Stato membro.

37      Spetta al giudice del rinvio, unico competente al riguardo, procedere alle verifiche di fatto necessarie al fine di valutare, nel procedimento principale, non solo se esista un rapporto di dipendenza, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 26 della presente sentenza, ma anche se sia dimostrato che il minore interessato entrerà e soggiornerà nei Paesi Bassi con il genitore cittadino di un paese terzo.

38      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che la circostanza che un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro, viva sin dalla nascita al di fuori del territorio di tale Stato membro e non abbia mai soggiornato nel territorio dell’Unione, non esclude che uno dei suoi genitori, cittadino di un paese terzo, dal quale il figlio è dipendente, possa godere di un diritto di soggiorno derivato fondato su tale articolo, purché sia accertato che il figlio entrerà e soggiornerà nel territorio dello Stato membro di cui possiede la cittadinanza in compagnia del suddetto genitore.

 Sulla seconda questione

39      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro investito di una domanda di diritto di soggiorno derivato presentata da un cittadino di un paese terzo, il cui figlio minorenne, cittadino dell’Unione e avente la cittadinanza di tale Stato membro, è da lui dipendente e vive sin dalla nascita in tale paese terzo senza aver mai soggiornato nel territorio dell’Unione, può respingere tale domanda con la motivazione che il trasferimento verso detto Stato membro, in conseguenza dell’esercizio da parte del figlio dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione, non è nell’interesse, reale o plausibile, del figlio stesso.

40      A tal riguardo, occorre rilevare, da un lato, che dalla giurisprudenza ricordata ai punti 20 e 22 della presente sentenza risulta che il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito ad ogni cittadino dell’Unione, deriva direttamente dallo status di cittadino dell’Unione, senza che il suo esercizio sia subordinato alla dimostrazione di un qualsivoglia interesse ad invocarne il beneficio.

41      La Corte ha d’altronde statuito al riguardo che, in virtù di un principio di diritto internazionale, dal quale non può ritenersi che il diritto dell’Unione si discosti, uno Stato membro non può negare ai propri cittadini il diritto di fare ingresso nel suo territorio e di soggiornarvi e che questi ultimi vi godono pertanto di un diritto di soggiorno incondizionato (v., in tal senso, sentenza del 14 novembre 2017, Lounes, C‑165/16, EU:C:2017:862, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

42      D’altro lato, la Corte ha già precisato che un figlio minorenne può avvalersi del diritto di libera circolazione e di soggiorno garantito dal diritto dell’Unione. L’idoneità di un cittadino di uno Stato membro ad essere titolare dei diritti garantiti dal Trattato FUE e dal diritto derivato in materia di libera circolazione delle persone non può essere subordinata alla condizione che l’interessato abbia raggiunto l’età richiesta per avere la capacità giuridica di esercitare egli stesso tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen, C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 20).

43      Inoltre, sebbene la Corte abbia certamente statuito che spettava alle autorità competenti a pronunciarsi su una domanda di permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE prendere in considerazione l’interesse superiore del minore interessato, una siffatta presa in considerazione era ipotizzabile solo al fine di valutare l’esistenza di un rapporto di dipendenza ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 26 della presente sentenza, o le conseguenze di una deroga al diritto di soggiorno derivato previsto in tale articolo fondata su considerazioni di pubblica sicurezza o di ordine pubblico [v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 71, nonché del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 53]. La Corte ha quindi dichiarato che tale interesse superiore poteva essere invocato al fine non di respingere una domanda di permesso di soggiorno, bensì, al contrario, al fine di impedire l’adozione di una decisione che costringesse tale minore a lasciare il territorio dell’Unione.

44      Pertanto, in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, tali autorità competenti non possono, se non sostituendosi indebitamente ai titolari della potestà genitoriale sul figlio, in assenza di misure adottate per disciplinare l’esercizio di tale potestà genitoriale, e se non pregiudicando l’idoneità del figlio ad esercitare i diritti che gli derivano dallo status conferitogli dall’articolo 20 TFUE, ricordata al punto 42 della presente sentenza, determinare se il trasferimento del figlio nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza sia nel suo interesse.

45      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro investito di una domanda di diritto di soggiorno derivato presentata da un cittadino di un paese terzo il cui figlio minorenne, cittadino dell’Unione e avente la cittadinanza di tale Stato membro, è da lui dipendente e vive sin dalla nascita in tale paese terzo senza aver mai soggiornato nel territorio dell’Unione, non può respingere tale domanda in base al rilievo che il trasferimento verso detto Stato membro, in conseguenza dell’esercizio da parte del figlio dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione, non è nell’interesse, reale o plausibile, del figlio stesso.

 Sulla terza questione

46      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che costituiscono elementi determinanti al fine di valutare se un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, sia dipendente dal genitore, cittadino di un paese terzo, il fatto che quest’ultimo non abbia sempre assunto la cura quotidiana di tale minore, quand’anche ne avesse l’affidamento esclusivo, nonché il fatto che detto minore possa, eventualmente, stabilirsi nel territorio dell’Unione presso l’altro suo genitore, cittadino dell’Unione.

47      Come risulta dai punti da 26 a 28, 30, 31 e 33 della presente sentenza, un diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE è concesso al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, solo in situazioni molto particolari in cui esista tra il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo, in caso di mancato riconoscimento a detto cittadino di un paese terzo di un diritto di soggiorno nel territorio dell’Unione, sia costretto a seguirlo e a lasciare tale territorio, globalmente inteso, o non possa entrare e soggiornare nel territorio dello Stato membro di cui possiede la cittadinanza.

48      È dunque alla luce dell’intensità del rapporto di dipendenza tra il genitore cittadino di un paese terzo e il suo figlio minorenne, cittadino dell’Unione, che deve essere esaminata la domanda di diritto di soggiorno derivato, e siffatta valutazione deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie [v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 71; dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 72, nonché del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 56].

49      A tal riguardo, la Corte, ai fini della valutazione dell’esistenza di un siffatto rapporto di dipendenza, ha ritenuto che occorresse tener conto della questione dell’affidamento effettivo del figlio nonché della questione se l’onere legale, finanziario o affettivo di detto figlio sia assunto dal genitore cittadino di un paese terzo. Sono state considerate circostanze pertinenti anche l’età del minore, il suo sviluppo fisico ed emotivo, il grado del suo rapporto affettivo con il genitore cittadino dell’Unione e con il genitore cittadino di un paese terzo nonché il rischio che la separazione da quest’ultimo rappresenterebbe per l’equilibrio del minore [sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

50      Risulta parimenti dalla giurisprudenza della Corte che la mera circostanza che possa apparire auspicabile, per il cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che taluni dei suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione, non è di per sé sufficiente per far ritenere che il cittadino dell’Unione sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli fosse concesso [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 57 e giurisprudenza ivi citata].

51      Pertanto, l’esistenza di un vincolo familiare, di tipo biologico o giuridico, tra il cittadino dell’Unione e il familiare, cittadino di un paese terzo, non può essere sufficiente a giustificare che a tale familiare sia riconosciuto, a norma dell’articolo 20 TFUE, un diritto di soggiorno derivato nel territorio dello Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 58 e giurisprudenza ivi citata].

52      Alla luce di tutti gli elementi che precedono, occorre sottolineare, anzitutto, che le autorità competenti devono tener conto della situazione quale si presenta nel momento in cui sono chiamate a statuire, nei limiti in cui tali autorità devono valutare le prevedibili conseguenze della loro decisione sul godimento effettivo, da parte del minore interessato, del contenuto essenziale dei diritti che gli derivano dallo status conferitogli dall’articolo 20 TFUE. Al fine di evitare che detto minore sia privato di tale godimento effettivo, spetta inoltre ai giudici nazionali chiamati a pronunciarsi su un ricorso proposto contro una decisione di tali autorità prendere in considerazione gli elementi di fatto sopravvenuti successivamente a tale decisione (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero, C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

53      Pertanto, il fatto che il genitore, cittadino di un paese terzo, non si sia a priori assunto la cura quotidiana del figlio per un lungo periodo, nonché l’eventuale mancanza di un rapporto di dipendenza che può derivarne nel corso di tale periodo, non possono essere considerati determinanti, poiché tale fatto non esclude che, alla data in cui le stesse autorità o i giudici nazionali si pronunciano, detto genitore si assuma effettivamente l’onere di tale cura.

54      A tal proposito, va ricordato che la Corte ha dichiarato che la convivenza tra un genitore cittadino di un paese terzo e il figlio minorenne cittadino dell’Unione non costituisce una condizione necessaria per determinare l’esistenza di un rapporto di dipendenza tra loro [sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

55      Viceversa, la mera circostanza che detto genitore cittadino di un paese terzo presti, nel momento in cui il giudice nazionale è chiamato a statuire sulla causa, cure quotidiane effettive al figlio minorenne, cittadino dell’Unione, non può essere sufficiente per dedurre l’esistenza di un rapporto di dipendenza, dovendo tale valutazione basarsi sempre su un esame globale delle circostanze pertinenti.

56      Per quanto riguarda, poi, la circostanza che uno dei genitori del minore in questione sia un cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro, va osservato che tale circostanza sarebbe pertinente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 TFUE, se fosse accertato che tale genitore è effettivamente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo di tale minore (v., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 71).

57      Tuttavia, tale circostanza, ammesso che sia dimostrata, non è di per sé sufficiente per poter constatare l’inesistenza, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il figlio minorenne, cittadino dell’Unione, di un rapporto di dipendenza tale per cui quest’ultimo sarebbe costretto a non entrare e soggiornare nel territorio dell’Unione qualora al suddetto cittadino di un paese terzo venisse negato un diritto di soggiorno, dovendo una constatazione in tal senso essere necessariamente fondata sull’esame globale delle circostanze pertinenti [v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 67 e giurisprudenza ivi citata].

58      Se è vero che, in linea di principio, spetta al genitore cittadino di un paese terzo fornire gli elementi intesi a dimostrare che egli vanta un diritto di soggiorno sulla base dell’articolo 20 TFUE, in particolare quelli comprovanti che, in caso di rifiuto di soggiorno, il minore verrebbe privato dell’esercizio effettivo dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione, ciò non toglie che, nell’ambito della valutazione delle condizioni necessarie affinché detto cittadino di un paese terzo possa beneficiare di un siffatto diritto di soggiorno, le autorità nazionali competenti devono provvedere affinché l’applicazione di una normativa nazionale in materia di onere della prova non possa compromettere l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE (sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 76).

59      Pertanto, l’applicazione di una siffatta normativa nazionale riguardante l’onere della prova non dispensa le autorità dello Stato membro in questione dal procedere, sulla base degli elementi forniti dal cittadino di un paese terzo, alle ricerche necessarie per stabilire dove risieda il genitore cittadino di tale Stato membro e per verificare, da un lato, se questi sia o meno realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del minore, e, dall’altro, se esista o meno un rapporto di dipendenza tra il minore e il genitore cittadino di un paese terzo tale per cui una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno a quest’ultimo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi al suo status di cittadino dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 77).

60      Infine, dalla giurisprudenza citata ai punti da 48 a 50 della presente sentenza emerge che il fatto che il genitore cittadino di un paese terzo abbia l’affidamento esclusivo del figlio minorenne è un fattore pertinente, ma non decisivo, per valutare l’esistenza di una dipendenza effettiva, che non può, come risulta dal punto 51 della presente sentenza, derivare direttamente dal rapporto giuridico tra il genitore, cittadino di un paese terzo, e il figlio minorenne, cittadino dell’Unione.

61      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un figlio minorenne, cittadino dell’Unione, sia dipendente dal genitore, cittadino di un paese terzo, lo Stato membro interessato è tenuto a prendere in considerazione l’insieme delle circostanze pertinenti, senza che possano essere considerati determinanti al riguardo il fatto che il genitore cittadino di un paese terzo non si sia sempre assunto la cura quotidiana di tale figlio, ma ne abbia ormai l’affidamento esclusivo, né il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, possa assumersi l’onere quotidiano ed effettivo di detto figlio.

 Sulle spese

62      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che la circostanza che un figlio minorenne, cittadino dell’Unione europea, avente la cittadinanza di uno Stato membro, viva sin dalla nascita al di fuori del territorio di tale Stato membro e non abbia mai soggiornato nel territorio dell’Unione, non esclude che uno dei suoi genitori, cittadino di un paese terzo, dal quale il figlio è dipendente, possa godere di un diritto di soggiorno derivato fondato su tale articolo, purché sia accertato che il figlio entrerà e soggiornerà nel territorio dello Stato membro di cui possiede la cittadinanza in compagnia del suddetto genitore.

2)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro investito di una domanda di diritto di soggiorno derivato presentata da un cittadino di un paese terzo il cui figlio minorenne, cittadino dell’Unione europea e avente la cittadinanza di tale Stato membro, è da lui dipendente e vive sin dalla nascita in tale paese terzo senza aver mai soggiornato nel territorio dell’Unione, non può respingere tale domanda in base al rilievo che il trasferimento verso detto Stato membro in conseguenza dell’esercizio da parte del figlio dei suoi diritti in quanto cittadino dell’Unione non è nell’interesse, reale o plausibile, del figlio stesso.

3)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un figlio minorenne, cittadino dell’Unione europea, sia dipendente dal genitore cittadino di un paese terzo, lo Stato membro interessato è tenuto a prendere in considerazione l’insieme delle circostanze pertinenti, senza che possano essere considerati determinanti al riguardo il fatto che il genitore cittadino di un paese terzo non si sia sempre assunto la cura quotidiana di tale figlio, ma ne abbia ormai l’affidamento esclusivo, né il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, possa assumersi l’onere quotidiano ed effettivo di detto figlio.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.