Language of document : ECLI:EU:T:2010:202

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

19 maggio 2010 (*)

«Concorrenza – Intese – Settore dei tubi idrotermosanitari in rame – Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE – Infrazione continuata e multiforme – Interruzione della partecipazione – Ammenda – Partecipazione limitata all’intesa»

Nella causa T‑18/05,

IMI plc, con sede in Birmingham, Warwickshire (Regno Unito),

IMI Kynoch Ltd, con sede in Birmingham,

Yorkshire Copper Tube, con sede in Liverpool, Merseyside (Regno Unito),

rappresentate dagli avv.ti M. Struys e D. Arts,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. É. Gippini Fournier e S. Noë, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, da una parte, la domanda di annullamento dell’art. 1, lett. h)‑j), e dell’art. 2, lett. f), della decisione della Commissione 3 settembre 2004, C (2004) 2826, relativa a un procedimento di cui all’articolo 81 [CE] e all’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E‑1.38.069 – Tubi idrotermosanitari in rame), e, dall’altra, in subordine, la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta con tale decisione alle ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. S. Papasavvas e N. Wahl (relatore), giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La IMI plc, la IMI Kynoch Ltd e la Yorkshire Copper Tube (in prosieguo, indicate congiuntamente, il «gruppo IMI» o le «ricorrenti») fanno parte di un gruppo di imprese internazionali di ingegneria, la cui società madre, la IMI, è una società di diritto inglese quotata alla Borsa di Londra (London Stock Exchange).

1.     Fase amministrativa del procedimento

2        In esito alla comunicazione di informazioni da parte della Mueller Industries Inc. (in prosieguo: la «Mueller») nel gennaio 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proceduto a taluni accertamenti a sorpresa, nel marzo 2001, nei locali di varie imprese attive nel settore dei tubi idrotermosanitari in rame, ai sensi dell’art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204).

3        Il 9 e 10 aprile 2001, sono stati effettuati controlli supplementari nei locali della KME Germany AG (già KM Europa Metal AG) nonché della Outokumpu Oyj e della Luvata Oy (già Outokumpu Copper Products Oy) (in prosieguo, indicate congiuntamente, il «gruppo Outokumpu»). Il 9 aprile 2001, la Outokumpu ha sottoposto alla Commissione un’offerta di cooperazione ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione del 1996 sulla cooperazione») sia per i tubi industriali sia per i tubi idrotermosanitari. In esito a controlli complementari, la Commissione ha scisso la sua indagine relativa ai tubi idrotermosanitari in rame in tre procedimenti distinti, vale a dire il caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), il caso COMP/E‑1/38.121 (Raccordi) e il caso COMP/E‑1/38.240 (Tubi industriali).

4        Con lettera del 30 maggio 2001, il gruppo Outokumpu ha inviato alla Commissione un memorandum, unitamente a taluni allegati, contenente una descrizione del settore dei tubi idrotermosanitari in rame e gli accordi collusivi ad esso attinenti.

5        Il 5 giugno 2002, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.240 (Tubi industriali), si sono svolti incontri relativi all’offerta di cooperazione del gruppo Outokumpu, su iniziativa della Commissione, con rappresentanti di tale impresa. Quest’ultima ha parimenti reso noto di essere disposta ad accettare che la Commissione interrogasse i membri del suo personale implicati negli accordi di cui al caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame).

6        Nel luglio 2002, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.240 (Tubi industriali), la Commissione, ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, da una parte, ha rivolto talune richieste di informazioni alla Wieland-Werke AG (in prosieguo: la «Wieland») e al gruppo KME [composto dalla KME Germany, dalla KME France SAS (già Tréfimétaux SA) e dalla KME Italy SpA (già Europa Metalli SpA)] e, dall’altra, ha invitato il gruppo Outokumpu a comunicarle informazioni complementari. Il 15 ottobre 2002, il gruppo KME ha risposto a tale richiesta di informazioni. La sua risposta conteneva parimenti una dichiarazione e la domanda diretta a beneficiare dell’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame). Inoltre, il gruppo KME ha consentito alla Commissione di utilizzare tutte le informazioni fornite nel contesto del caso COMP/E‑1/38.240 (Tubi industriali) in quello del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame).

7        Il 23 gennaio 2003, la Wieland ha comunicato alla Commissione una dichiarazione comprendente la domanda diretta a beneficiare, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), dell’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

8        Nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), la Commissione, il 3 marzo 2003, ha rivolto talune richieste di informazioni al gruppo Boliden [composto dalla Boliden AB, dalla Outokumpu Copper Fabrication AB (già Boliden Fabrication AB) e dalla Outokumpu Copper BCZ SA (già Boliden Cuivre & Zinc SA)], alla HME Nederland BV (in prosieguo: la «HME») e alla Chalkor AE Epexergasias Metallon (in prosieguo: la «Chalkor»), nonché, il 20 marzo 2003, al gruppo IMI.

9        Il 9 aprile 2003, alcuni rappresentanti della Chalkor hanno incontrato i rappresentanti della Commissione e hanno chiesto, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), l’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

10      Il 29 agosto 2003, la Commissione, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), ha emanato una comunicazione degli addebiti indirizzata alle società interessate. Dette società, dopo aver avuto accesso agli atti, in formato elettronico, e dopo aver presentato osservazioni scritte, hanno partecipato, salvo la HME, a un’audizione svoltasi il 28 novembre 2003.

11      Il 16 dicembre 2003, la Commissione ha adottato la decisione C (2003) 4820 def., relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E‑1/38.240 – Tubi industriali), una sintesi della quale è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 28 aprile 2004 (GU L 125, pag. 50).

2.     Decisione impugnata

12      Il 3 settembre 2004, la Commissione ha adottato la decisione C (2004) 2826, relativa a un procedimento di cui all’articolo 81 [CE] e all’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/38.069 – Tubi idrotermosanitari in rame) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), una sintesi della quale è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 13 luglio 2006 (GU L 192, pag. 21).

13      La decisione impugnata contiene, segnatamente, le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato le disposizioni dell’art. 81, n. 1, [CE] e, a far data dal 1° gennaio 1994, dell’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE, partecipando, nei periodi indicati, ad un insieme di accordi e di pratiche concordate consistenti nella fissazione dei prezzi e nella spartizione del mercato nel settore dei tubi idrotermosanitari in rame:

a)      la Boliden (…), in solido con la [Outokumpu Copper Fabrication] e la [Outokumpu Copper BCZ], dal 3 giugno 1988 al 22 marzo 2001;

b)      la [Outokumpu Copper Fabrication], in solido con la Boliden […] e la [Outokumpu Copper BCZ], dal 3 giugno 1988 al 22 marzo 2001;

c)      la [Outokumpu Copper BCZ], in solido con la Boliden (…) e la [Outokumpu Copper Fabrication], dal 3 giugno 1988 al 22 marzo 2001;

d)      la Austria Buntmetall AG:

i)      in solido con la Buntmetall Amstetten [GmbH], dal 29 agosto 1998 almeno all’8 luglio 1999, e

ii)      in solido con la [Wieland] e la Buntmetall Amstetten (…), dal 9 luglio 1999 al 22 marzo 2001;

e)      la Buntmetall Amstetten (…):

i)      in solido con la Austria Buntmetall (…), dal 29 agosto 1998 almeno all’8 luglio 1999, e

ii)      in solido con la [Wieland] e la Austria Buntmetall (…), dal 9 luglio 1999 al 22 marzo 2001;

f)      la [Chalkor], almeno dal 29 agosto 1998 sino almeno all’inizio del settembre 1999;

g)      la [HME] dal 29 agosto 1998 almeno sino al 22 marzo 2001;

h)      la IMI (…), in solido con la IMI Kynoch (…) e la Yorkshire Copper Tube (…), dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001;

i)      la IMI Kynoch (…), in solido con la IMI (…) e la Yorkshire Copper Tube (…), dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001;

j)      la Yorkshire Copper Tube […], in solido con la IMI (…) e la IMI Kynoch (…), dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001;

k)      la [KME Germany]:

i)      singolarmente, dal 3 giugno 1988 al 19 giugno 1995, e

ii)      in solido con la [KME France] e la [KME Italy], dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001;

l)      la [KME Italy]:

i)      in solido con la [KME France], dal 29 settembre 1989 al 19 giugno 1995, e

ii)      in solido con la [KME Germany] e la [KME France], dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001;

m)      la [KME France]:

i)      in solido con la [KME Italy], dal 29 settembre 1989 al 19 giugno 1995, e

ii)      in solido con la [KME Germany] e la [KME Italy], dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001;

(…)

s)      la Outokumpu (…), in solido con la [Luvata], dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001;

t)      la [Luvata], in solido con la Outokumpu (…), dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001;

u)      la [Wieland]:

i)      singolarmente dal 29 settembre 1989 all’8 luglio 1999, e

ii)      in solido con la Austria Buntmetall (…) e la Buntmetall Amstetten (…), dal 9 luglio 1999 al 22 marzo 2001.

Articolo 2

Per le infrazioni di cui all’art. 1, sono inflitte le seguenti ammende:

a)      alla Boliden […], alla [Outokumpu Copper Fabrication] e alla [Outokumpu Copper BCZ], in solido: EUR 32,6 milioni;

b)      alla Austria Buntmetall […] e alla Buntmetall Amstetten […], in solido: EUR 0,6695 milioni;

c)      alla Austria Buntmetall […], alla Buntmetall Amstetten […] e alla [Wieland], in solido: EUR 2,43 milioni;

d)      alla [Chalkor]: EUR 9,16 milioni;

e)      alla [HME]: EUR 4,49 milioni;

f)      alla IMI […], alla IMI Kynoch […] e alla Yorkshire Copper Tube […], in solido: EUR 44,98 milioni;

g)      alla [KME Germany]: EUR 17,96 milioni;

h)      alla [KME Germany], alla [KME France] e alla [KME Italy], in solido: EUR 32,75 milioni;

i)      alla [KME Italy] e alla [KME France], in solido: EUR 16,37 milioni;

j)      alla Outokumpu […] e alla [Luvata], in solido: EUR 36,14 milioni;

k)      alla [Wieland], singolarmente: EUR 24,7416 milioni.

(…)».

14      La Commissione ha ritenuto che le imprese in oggetto avessero partecipato ad un’infrazione (in prosieguo: il «cartello» o l’«infrazione di cui trattasi») unica, continuata, complessa e, nel caso del gruppo Boliden, del gruppo KME e della Wieland, multiforme. La Commissione ha precisato che la decisione impugnata non riguardava gli accordi nazionali in quanto tali (‘considerando’ 2 e 106 della decisione impugnata).

 Prodotti e mercati di cui trattasi

15      Il settore interessato, che è quello della fabbricazione di tubi idrosanitari in rame, comprende due gruppi di prodotti, vale a dire, da una parte, i tubi industriali, che si suddividono in differenti sottogruppi in funzione della loro utilizzazione finale (condizionamento dell’aria e refrigerazione, impianti, riscaldamento a gas, filtri/essiccatori e cavi per telecomunicazioni) e, dall’altra, i tubi idrotermosanitari, denominati anche «tubi per impianti», che vengono utilizzati nel settore edilizio per installare acqua, gasolio, gas e impianti di riscaldamento (‘considerando’ 3 della decisione impugnata).

16      La Commissione ha ritenuto che i casi COMP/E-1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame) e COMP/E-1/38.240 (Tubi industriali) concernessero due infrazioni distinte. Al riguardo, si è fondata principalmente sul fatto che «imprese diverse (e membri diversi del personale di tali imprese) erano implicate negli accordi relativi ai tubi sanitari, da una parte, e ai tubi industriali, dall’altra, accordi la cui organizzazione anche era diversa». Inoltre, la Commissione ha ritenuto che il settore dei tubi sanitari si distinguesse da quello dei tubi industriali riguardo alla clientela interessata, all’utilizzazione finale e alle caratteristiche tecniche dei prodotti (‘considerando’ 4 e 5 della decisione impugnata).

17      Quanto ai tubi sanitari in rame, la Commissione ha affermato nella decisione impugnata che tale gruppo di prodotti comprendeva due «sotto-famiglie» di prodotti: i tubi idrotermosanitari in rame, da una parte, e i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica, dall’altra. L’Istituzione ha rilevato che «i tubi idrotermosanitari in rame e i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica non sono obbligatoriamente intercambiabili e possono costituire mercati di prodotti distinti alla luce della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza» (GU 1997, C 372, pag. 5). Tuttavia, ai fini della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che queste due «sotto-famiglie» di prodotti dovessero essere considerate come «un solo e medesimo gruppo di prodotti (…) in quanto si tratta essenzialmente delle stesse imprese (e degli stessi membri del personale di tali imprese) che sono state coinvolte negli accordi su tali due sotto‑famiglie di prodotti e gli accordi erano organizzati in modo simile» (‘considerando’ 13 e 459 della decisione impugnata).

18      Nella decisione impugnata, la Commissione ha parimenti indicato che il mercato geografico rilevante era lo Spazio economico europeo (SEE). L’Istituzione ha ritenuto che, nel 2000, nel SEE, il valore del mercato dei tubi idrotermosanitari in rame era di circa EUR 970,1 milioni e quello del mercato dei tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica di EUR 180,9 milioni. Il valore congiunto di tali due mercati, conseguentemente, è stato valutato in EUR 1 151 milioni nel 2000 nel SEE (‘considerando’ 17 e 23 della decisione impugnata).

 Componenti dell’infrazione di cui trattasi

19      La Commissione ha rilevato che l’infrazione di cui trattasi si era manifestata in tre forme distinte, ma connesse (‘considerando’ 458 e 459 della decisione impugnata). La prima parte del cartello consisteva negli accordi conclusi tra i «produttori SANCO». La seconda parte dell’infrazione di cui trattasi comprendeva gli accordi conclusi tra i «produttori WICU e Cuprotherm». Infine, la terza parte del cartello riguardava gli accordi conclusi nell’ambito di un gruppo più ampio di produttori di tubi idrotermosanitari in rame ed è stata chiamata «accordi europei ampliati».

 Accordi tra «produttori SANCO»

20      SANCO è sia un marchio sia la designazione di un procedimento tecnico specifico per la fabbricazione di tubi idrotermosanitari in rame anticorrosione di qualità superiore. La tecnica è stata brevettata nel 1980 dall’impresa Usines à cuivre et à zinc (Fabbriche di rame e di zinco). Il gruppo Boliden è stato il titolare del brevetto iniziale del procedimento di fabbricazione sino alla sua scadenza nel 2000, ma non era titolare del marchio SANCO in tutti i paesi europei. Il suo concorrente, il gruppo KME, ha chiesto e ottenuto la registrazione del marchio SANCO sotto il proprio nome in diversi paesi europei. In seguito, il gruppo KME ha fatto brevettare taluni miglioramenti rispetto al brevetto originale e i due concorrenti si sono concessi licenze reciproche sui loro brevetti e i loro marchi rispettivi. Dal 1981, il gruppo KME e il gruppo Boliden hanno concesso una licenza del marchio e del brevetto alla Wieland (‘considerando’ 115‑118 della decisione impugnata).

21      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, dal 1988, gli accordi tra «produttori SANCO» erano andati oltre una semplice relazione tra «concedenti di licenze» e «licenziatari». A suo avviso, sussistevano tra tali produttori, vale a dire, il gruppo KME, il gruppo Boliden e la Wieland, dal giugno 1988 sino alla fine del primo semestre del 1994, accordi sugli obiettivi di prezzi e sui tassi di sconto nonché sulla ripartizione delle vendite e delle parti di mercato (in prosieguo: gli «accordi SANCO»). La sorveglianza dell’attuazione di tali accordi si fondava principalmente sulla comunicazione, tra i «produttori SANCO», delle cifre relative alla loro produzione e alle loro vendite (‘considerando’ 125‑146 e 456 della decisione impugnata).

 Accordi tra «produttori WICU e Cuprotherm»

22      WICU e Cuprotherm sono marchi relativi a tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica, che costituiscono oggetto di brevetti.

23      Il marchio WICU e i brevetti ad esso relativi appartengono al gruppo KME, che ha concesso, segnatamente, una licenza di marchio e di brevetto alla Wieland. Al contrario, il marchio Cuprotherm e il brevetto ad esso relativo appartengono alla Wieland, che ha concesso una licenza di marchio e di brevetto al gruppo KME (‘considerando’ 121 della decisione impugnata).

24      La Commissione ha affermato, nella decisione impugnata, che gli accordi conclusi tra il gruppo KME e la Wieland con riguardo ai tubi WICU e Cuprotherm andassero oltre una semplice relazione tra «concedenti di licenze» e «licenziatari». Il gruppo KME e la Wieland avrebbero intrattenuto contatti a fini anticoncorrenziali nella forma di un scambio di informazioni sensibili e di una coordinazione dei volumi e dei prezzi riguardo ai tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica (in prosieguo: gli «accordi WICU e Cuprotherm») (‘considerando’ 149 della decisione impugnata).

 Accordi europei ampliati

25      Nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, parallelamente agli accordi SANCO e agli accordi WICU e Cuprotherm, l’infrazione di cui trattasi presentava una terza parte, che comprendeva accordi tra membri di un gruppo più ampio di produttori di tubi idrotermosanitari in rame (‘considerando’ 102, 104, 105, 108‑111, 147, 148, 461 e 462 della decisione impugnata).

26      Il numero dei partecipanti a tale gruppo più ampio era, inizialmente, di cinque, vale a dire il gruppo KME, la Wieland, il gruppo Outokumpu, il gruppo IMI e la Mueller (in prosieguo: il «Gruppo dei cinque»). In esito al sopraggiungere della Chalkor, della HME, del gruppo Boliden e del gruppo Buntmetall (composto dalla Austria Buntmetall e dalla Buntmetall Amstetten), il numero dei partecipanti a tale gruppo è aumentato a nove (in prosieguo: il «Gruppo dei nove» (‘considerando’ 216 della decisione impugnata).

27      Secondo la Commissione, tali nove partecipanti hanno tentato di stabilizzare il mercato dei tubi idrotermosanitari in rame fondandosi sulle quote di mercato di un anno di riferimento per prevedere un obiettivo per le quote di mercato future. Peraltro, nella decisione impugnata l’Istituzione ha ritenuto che tali partecipanti si fossero accordati in ordine a scambi di informazioni sensibili, alla ripartizione delle quote di mercato, al controllo dei volumi delle vendite, a un meccanismo di «posizione dominante» per mercato nonché in ordine ad una coordinazione dei prezzi, comprensiva di tabelle, all’applicazione di «coordinamento dei prezzi» e di riduzioni (‘considerando’ 192 della decisione impugnata).

 Durata e carattere continuativo dell’infrazione di cui trattasi

28      Nella decisione impugnata la Commissione ha rilevato che l’infrazione di cui trattasi aveva avuto inizio il 3 giugno 1988 riguardo al gruppo KME e al gruppo Boliden, il 29 settembre 1989 riguardo al gruppo IMI, al gruppo Outokumpu e alla Wieland, il 21 ottobre 1997 riguardo alla Mueller e, al più tardi, il 29 agosto 1998 riguardo alla Chalkor, al gruppo Buntmetall e alla HME. Quanto alla data in cui l’infrazione è venuta meno, la Commissione ha considerato quella del 22 marzo 2001, salvo riguardo alla Mueller e alla Chalkor, che, secondo la Commissione, hanno rispettivamente smesso di partecipare al cartello l’8 gennaio 2001 e nel mese di settembre 1999 (‘considerando’ 597 della decisione impugnata).

29      Quanto al carattere continuativo dell’infrazione di cui trattasi, riguardo al gruppo Boliden, al gruppo IMI, al gruppo KME, al gruppo Outokumpu ed alla Wieland, la Commissione ha rilevato nella decisione impugnata che, benché il cartello avesse avuto periodi di attività meno intensa tra il 1990 e il dicembre 1992, da una parte, e tra luglio 1994 e luglio 1997, dall’altra, l’attività costitutiva dell’infrazione non era tuttavia mai del tutto cessata, sicché l’infrazione di cui trattasi costituiva effettivamente un’infrazione unica non prescritta (‘considerando’ 466, 471, 476, 477 e 592 della decisione impugnata).

30      Quanto alla HME, al gruppo Buntmetall ed alla Chalkor, dalla decisione impugnata risulta che la Commissione non ha potuto provare la loro partecipazione al cartello per il periodo precedente al 29 agosto 1998 (‘considerando’ 592 e 597 della decisione impugnata).

 Determinazione dell’importo delle ammende

31      Con la decisione impugnata, la Commissione ha inflitto una serie di ammende, ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, al gruppo Boliden, al gruppo Buntmetall, alla Chalkor, alla HME, al gruppo IMI, al gruppo KME, al gruppo Outokumpu e alla Wieland (‘considerando’ 842 e art. 2 della decisione impugnata).

32      Gli importi delle ammende sono stati determinati dalla Commissione in funzione della gravità e della durata dell’infrazione di cui trattasi, e cioè i due criteri esplicitamente menzionati all’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003 e all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che era, secondo la decisione impugnata, applicabile all’epoca dell’infrazione di cui trattasi (‘considerando’ 601‑603 della decisione impugnata).

33      Ai fini della fissazione dell’importo dell’ammenda inflitta ad ogni singola impresa, la Commissione ha applicato la metodologia definita negli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), pur non essendosi sistematicamente riferita ad essi. Nella decisione impugnata, la Commissione ha parimenti valutato se, e in qual misura, le imprese interessate soddisfacessero i requisiti fissati dalla comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

 Importo di partenza delle ammende

–       Gravità

34      Quanto alla valutazione della gravità dell’infrazione di cui trattasi, la Commissione ha tenuto conto della natura propria dell’infrazione, del suo impatto concreto sul mercato, dell’estensione del mercato geografico di cui trattasi e della misura del mercato stesso (‘considerando’ 605 e 678 della decisione impugnata).

35      L’Istituzione ha fatto valere che le pratiche di ripartizione dei mercati e di fissazione dei prezzi, come quelle considerate nel caso di specie, costituivano, per la loro stessa natura, un’infrazione molto grave e ha ritenuto che il mercato geografico interessato dal cartello corrispondesse a quello del territorio del SEE. La Commissione ha parimenti tenuto conto del fatto che il mercato dei tubi idrotermosanitari in rame costituiva un settore industriale molto rilevante, il cui valore era stato stimato pari a EUR 1 151 milioni nel SEE nel 2000, ultimo anno compiuto del cartello (‘considerando’ 606 e 674‑678 della decisione impugnata).

36      Per quanto riguarda l’impatto concreto sul mercato, la Commissione ha rilevato che sussistevano prove sufficienti per dimostrare che il cartello aveva globalmente prodotto determinati effetti sul mercato interessato, segnatamente sui prezzi, anche se era impossibile quantificarli precisamente (‘considerando’ 670 e 673 della decisione impugnata). Ai fini di tale affermazione, l’Istituzione si è fondata, segnatamente, su diversi indici. In primo luogo, si è basata sull’attuazione dell’intesa riferendosi al fatto che i partecipanti avevano scambiato informazioni sui volumi delle vendite e sui livelli dei prezzi (‘considerando’ 629 e 630 della decisione impugnata).

37      In secondo luogo, essa ha tenuto conto della circostanza che i membri del cartello detenevano una parte rilevante, vale a dire l’84,6%, del mercato nel SEE (‘considerando’ 635 della decisione impugnata).

38      In terzo luogo, la Commissione si è fondata su tabelle, memorandum e note redatte nel contesto delle riunioni del cartello da parte dei suoi stessi membri. Tali documenti attesterebbero che i prezzi erano aumentati nel corso di alcuni periodi del cartello e che i membri del cartello avevano realizzato profitti supplementari rispetto ai periodi precedenti. Alcuni di tali documenti indicherebbero che i soggetti coinvolti nel cartello ritenevano che esso avesse consentito alle imprese interessate di conseguire i loro obiettivi di prezzo. La Commissione si è parimenti fondata sulle dichiarazioni del sig. M., ex amministratore di una delle società del gruppo Boliden, nonché della Wieland, del gruppo Boliden e della Mueller nel contesto delle loro rispettive cooperazioni (‘considerando’ 637‑654 della decisione impugnata).

39      Infine, la Commissione ha rilevato che le rispettive quote di mercato dei partecipanti all’intesa erano rimaste relativamente stabili per tutta la durata del cartello, anche se i clienti dei partecipanti talvolta erano cambiati (‘considerando’ 671 della decisione impugnata).

40      La Commissione ne ha tratto la conclusione che le imprese interessate avessero commesso un’infrazione molto grave (‘considerando’ 680 della decisione impugnata).

–       Trattamento differenziato

41      La Commissione ha individuato nella decisione impugnata quattro gruppi che essa riteneva rappresentativi dell’importanza relativa delle imprese nell’infrazione di cui trattasi. La ripartizione dei membri del cartello in diverse categorie effettuata dalla Commissione si è fondata sulle rispettive quote di mercato dei partecipanti al cartello per le vendite dei prodotti interessati nel SEE nel corso dell’anno 2000. Conseguentemente, il gruppo KME è stato considerato come il principale attore sul mercato interessato ed è stato classificato nella prima categoria. I gruppi Wieland (composto dalla Wieland e dal gruppo Buntmetall, di cui la Wieland ha assunto il controllo nel luglio 1999), IMI e Outokumpu sono stati considerati come operatori di taglia media su tale mercato e sono stati collocati nella seconda categoria. Il gruppo Boliden è stato collocato nella terza categoria. Nella quarta categoria figurano la HME e la Chalkor (‘considerando’ 681‑692 della decisione impugnata).

42      Le quote di mercato sono state determinate in funzione del fatturato, realizzato da ogni contravventore, proveniente dalle vendite di tubi idrotermosanitari sul mercato complessivo dei tubi idrotermosanitari in rame e dei tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica. Pertanto, le quote di mercato delle imprese che non vendevano tubi WICU e Cuprotherm sono state calcolate dividendo il loro fatturato relativo ai tubi idrotermosanitari in rame per la misura complessiva del mercato dei tubi idrotermosanitari in rame senza e con rivestimento in plastica (‘considerando’ 683 e 692 della decisione impugnata).

43      La Commissione ha conseguentemente fissato l’importo di partenza delle ammende in EUR 70 milioni per il gruppo KME, in EUR 23,8 milioni per i gruppi Wieland, IMI e Outokumpu, in EUR 16,1 milioni per il gruppo Boliden e in EUR 9,8 milioni per la Chalkor e per la HME (‘considerando’ 693 della decisione impugnata).

44      In considerazione del fatto che, dopo il luglio 1999, la Wieland e il gruppo Buntmetall costituivano un’unica impresa e che, sino al giugno 1995, la KME France e la KME Italy costituivano congiuntamente un’impresa distinta dalla KME Germany, l’importo di partenza delle ammende che sono state loro rispettivamente inflitte è stato fissato come segue: EUR 35 milioni per il gruppo KME (KME Germany, KME France e KME Italy in solido); EUR 17,5 milioni per la KME Germany; EUR 17,5 milioni per la KME Italy e la KME France in solido; EUR 3,25 milioni per il gruppo Wieland; EUR 19,52 milioni per la Wieland e EUR 1,03 milioni per il gruppo Buntmetall (‘considerando’ 694‑696 della decisione impugnata).

45      Per tener conto della necessità di fissare l’ammenda a un livello che ne garantisse l’effetto dissuasivo, la Commissione ha maggiorato l’importo di partenza dell’ammenda inflitta al gruppo Outokumpu del 50%, portandolo in tal modo a EUR 35,7 milioni, ritenendo che il suo fatturato mondiale, superiore a EUR 5 miliardi, indicasse che esso disponesse di una misura e di un potere economico tali da giustificare detta maggiorazione (‘considerando’ 703 della decisione impugnata).

 Importo di base delle ammende

46      Dalla decisione impugnata risulta che la Commissione ha maggiorato gli importi di partenza delle ammende del 10% per anno compiuto di infrazione e del 5% per ogni periodo supplementare pari o superiore a sei mesi, ma inferiore a un anno. Così, si è concluso nel senso che:

–        doveva essere applicata al gruppo IMI, dal momento che ha partecipato al cartello per undici anni e cinque mesi, una maggiorazione del 110% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 23,8 milioni;

–        doveva essere applicata al gruppo Outokumpu, dal momento che ha partecipato al cartello per undici anni e cinque mesi, una maggiorazione del 110% dell’importo di partenza dell’ammenda, fissato in EUR 35,7 milioni in seguito al suo aumento a fini dissuasivi;

–        doveva essere applicata al gruppo Boliden, dal momento che ha partecipato al cartello per dodici anni e nove mesi, una maggiorazione del 125% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 16,1 milioni;

–        doveva essere applicata alla Chalkor, dal momento che ha partecipato al cartello per dodici mesi, una maggiorazione del 10% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 9,8 milioni;

–        doveva essere applicata alla HME, dal momento che ha partecipato al cartello per due anni e sei mesi, una maggiorazione del 25% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 9,8 milioni;

–        doveva essere applicata al gruppo KME, dal momento che ha partecipato al cartello per cinque anni e sette mesi, una maggiorazione del 55% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 35 milioni;

–        doveva essere applicata al gruppo KME Germany, dal momento che ha partecipato al cartello per sette anni e due mesi, una maggiorazione del 70% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 17,5 milioni;

–        doveva essere applicata alla KME France e alla KME Italy, dal momento che hanno partecipato al cartello per cinque anni e dieci mesi, una maggiorazione del 55% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 17,5 milioni;

–        sono state applicate alla Wieland, dal momento che è stata ritenuta responsabile, da una parte, singolarmente, per un periodo di nove anni e nove mesi e, dall’altra, in solido con il gruppo Buntmetall per un periodo ulteriore di un anno e otto mesi, una maggiorazione del 95% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 19,52 milioni, per il quale la Wieland è l’unica responsabile, e una maggiorazione del 15% dell’importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,25 milioni, per il quale la Wieland e il gruppo Buntmetall sono responsabili in solido (‘considerando’ 706‑714 della decisione impugnata).

47      Pertanto, gli importi di base delle ammende inflitte alle imprese di cui trattasi sono stati determinati come segue:

–        per il gruppo KME: EUR 54,25 milioni;

–        per la KME Germany: EUR 29,75 milioni;

–        per la KME France e la KME Italy (in solido): EUR 27,13 milioni;

–        per il gruppo Buntmetall: EUR 1,03 milioni;

–        per il gruppo Wieland: EUR 3,74 milioni;

–        per la Wieland: EUR 38,06 milioni;

–        per il gruppo IMI: EUR 49,98 milioni;

–        per il gruppo Outokumpu: EUR 74,97 milioni;

–        per la Chalkor: EUR 10,78 milioni;

–        per la HME: EUR 12,25 milioni;

–        per il gruppo Boliden: EUR 36,225 milioni (‘considerando’ 719 della decisione impugnata).

 Circostanze aggravanti e attenuanti

48      L’importo di base dell’ammenda inflitta al gruppo Outokumpu è stato maggiorato del 50% argomentando che detto gruppo era autore di una recidiva, essendo stato destinatario della decisione della Commissione 18 luglio 1990, 90/417/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 [CA] concernente l’accordo e le pratiche concordate, posti in essere dai produttori europei di prodotti piatti di acciaio inossidabil[e] laminati a freddo (GU L 220, pag. 28) (‘considerando’ 720‑726 della decisione impugnata).

49      Quali circostanze attenuanti, la Commissione ha tenuto conto del fatto che i gruppi KME e Outokumpu le avevano fornito talune informazioni, nel contesto delle loro rispettive cooperazioni, che non ricadevano nella comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

50      Pertanto, la Commissione ha ridotto l’importo di base dell’ammenda inflitta al gruppo Outokumpu di EUR 40,17 milioni, il che corrisponderebbe all’ammenda che sarebbe stata inflitta a detto gruppo per il periodo di durata dell’infrazione da settembre 1989 a luglio 1997, il cui accertamento era stato reso possibile dalle informazioni che il gruppo medesimo aveva fornito alla Commissione (‘considerando’ 758 e 759 della decisione impugnata).

51      Quanto al gruppo KME, l’importo di base dell’ammenda che le è stata inflitta è stato ridotto di EUR 7,93 milioni in ragione della sua cooperazione, che aveva consentito alla Commissione di accertare che l’infrazione di cui trattasi comprendeva i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica (‘considerando’ 760 e 761 della decisione impugnata).

 Applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione

52      La Commissione, ai sensi del punto D della comunicazione del 1996 sulla cooperazione, ha concesso una riduzione dell’importo delle ammende del 50% al gruppo Outokumpu, del 35% al gruppo Wieland, del 15% alla Chalkor, del 10% al gruppo Boliden e al gruppo IMI e del 35% al gruppo KME. La HME non ha beneficiato di alcuna riduzione ai sensi di tale comunicazione (‘considerando’ 815 della decisione impugnata).

 Importo definitivo delle ammende

53      Conformemente all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha fissato gli importi delle ammende da infliggere alle imprese destinatarie della decisione impugnata come segue:

–        per il gruppo Boliden: EUR 32,6 milioni;

–        per il gruppo Buntmetall: EUR 0,6695 milioni;

–        per la Chalkor: EUR 9,16 milioni;

–        per la HME: EUR 4,49 milioni;

–        per il gruppo IMI: EUR 44,98 milioni;

–        per il gruppo KME: EUR 32,75 milioni;

–        per la KME Germany: EUR 17,96 milioni;

–        per la KME France e la KME Italy (in solido): EUR 16,37 milioni;

–        per il gruppo Outokumpu: EUR 36,14 milioni;

–        per il gruppo Wieland: EUR 2,43 milioni;

–        per la Wieland: EUR 24,7416 milioni (‘considerando’ 842 della decisione impugnata).

 Procedimento e conclusioni delle parti

54      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2005, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

55      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

56      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1 della decisione impugnata per quanto riguarda le imprese elencate lett. h)‑j), e l’art. 2, lett. f), della decisione impugnata;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda loro inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

57      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

58      Con il loro ricorso, le ricorrenti chiedono sia l’annullamento parziale della decisione impugnata sia la riduzione dell’ammenda che è stata loro inflitta.

1.     Sulla domanda intesa all’annullamento parziale della decisione impugnata

59      A sostegno di tale domanda, le ricorrenti deducono due motivi, attinenti, rispettivamente, alla violazione del principio di parità di trattamento e a un errore manifesto di valutazione, nonché alla violazione dei diritti della difesa.

 Sul motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento e ad un errore manifesto di valutazione

 Argomenti delle parti

60      Le ricorrenti asseriscono di non contestare alcuno dei fatti sui quali la Commissione si è fondata per dimostrare la continuatività dell’infrazione nei loro confronti. Per contro, esse fanno valere che la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento ed è incorsa in un errore manifesto di valutazione nel ritenere che esse avessero partecipato al cartello tra il 16 giugno 1994 e l’11 aprile 1996 (in prosieguo: il «periodo controverso»). Al riguardo, esse sostengono che la loro situazione fosse comparabile a quella della HME, del gruppo Buntmetall, della Chalkor e della Mueller, per le quali la Commissione ha ritenuto che la prescrizione si applicasse con riferimento alla loro implicazione nel cartello sino al 1994.

61      Secondo le ricorrenti, dalla decisione impugnata (‘considerando’ 476 e 490) risulta che la Commissione ha ritenuto che il criterio pertinente per determinare se un’impresa avesse continuato a partecipare a un’intesa era il fatto che l’impresa avesse intrattenuto contatti o partecipato a riunioni durante il periodo nel corso del quale essa affermava di aver cessato la propria partecipazione a detta intesa. La Commissione avrebbe applicato tale criterio concludendo che essa non poteva dimostrare la continuatività della partecipazione della HME, del gruppo Buntmetall, della Chalkor e della Mueller all’infrazione di cui trattasi.

62      Le ricorrenti deducono che è incontestabile che esse non hanno partecipato ad alcuna riunione del cartello né intrattenuto alcun contatto nel contesto degli accordi europei ampliati durante il periodo controverso. Conseguentemente, la Commissione avrebbe parimenti dovuto dichiarare di non essere nemmeno in grado di dimostrare la continuatività della loro adesione al cartello.

63      Secondo le ricorrenti, il fatto che la HME, il gruppo Buntmetall, la Chalkor e la Mueller si siano astenuti dal partecipare alle attività del cartello per tre anni e che il gruppo IMI se ne sia astenuto per quasi due anni non è stato considerato dalla Commissione come un elemento pertinente per dimostrare la continuatività o la cessazione della loro partecipazione rispettiva.

64      In ogni caso, le ricorrenti rilevano che la Commissione, anche se avesse tenuto conto della durata dell’interruzione dei contatti controversi nel contesto delle sue conclusioni formulate in ordine alla questione della continuatività del comportamento costitutivo dell’infrazione, avrebbe dovuto chiarire per quale ragione l’assenza di qualsivoglia contatto anticoncorrenziale per un periodo di quasi due anni non sarebbe stato sufficiente per dimostrare la cessazione dell’infrazione, mentre tale assenza di contatti anticoncorrenziali per un periodo di tre anni lo era stato.

65      Infine, le ricorrenti deducono che la decisione della Commissione di trattarle in modo diverso dalla HME, dal gruppo Buntmetall, dalla Chalkor e dalla Mueller si fonda su elementi non pertinenti al fine di dimostrare la continuatività dell’infrazione.

66      All’udienza, le ricorrenti hanno precisato che non rimettevano in discussione la dichiarazione della Commissione secondo la quale esse avrebbero aumentato i prezzi nel Regno Unito nel novembre 1994, ma che contestavano che detto aumento avesse costituito il risultato della loro partecipazione alle riunioni collusorie nel 1994.

67      La Commissione fa valere, in primo luogo, che è stato provato a sufficienza che le ricorrenti avevano commesso un’infrazione continuata dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001. In tale contesto, l’Istituzione indica che dalla decisione impugnata (‘considerando’ 479‑481, 483, 489, 639 e 664) e dal fascicolo del procedimento amministrativo emerge che la volontà dei ricorrenti di perseguire la coordinazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati è perdurata durante tutto il periodo da giugno 1994 ad aprile 1996.

68      Anzitutto, le ricorrenti non avrebbero pubblicamente annunciato il loro ritiro agli altri partecipanti al cartello. Inoltre, i partecipanti al cartello avrebbero coordinato e attuato taluni aumenti di prezzi nel Regno Unito sino al novembre 1994. Sembrerebbe, inoltre, che gli effetti di tale coordinamento dei prezzi si siano manifestati ben oltre tale data. È del tutto evidente che un’impresa non possa sostenere di essersi ritirata da un’intesa, dal momento che applica gli aumenti di prezzi precedentemente convenuti con i suoi concorrenti. Infine, le ricorrenti avrebbero continuato a partecipare alle riunioni relative a mercati nazionali specifici durante il periodo compreso tra giugno 1994 e aprile 1996.

69      La Commissione sostiene, in secondo luogo, di non aver violato il principio di parità di trattamento dal momento che la situazione delle ricorrenti non era comparabile a quella della Chalkor, della HME, del gruppo Buntmetall e della Mueller.

70      A tal riguardo, la Commissione sostiene che la durata del periodo per il quale non ha potuto dimostrare la partecipazione del gruppo IMI alle riunioni nel contesto degli accordi europei ampliati è estremamente differente da quella di cui è causa riguardo alla HME, al gruppo Buntmetall, alla Chalkor e alla Mueller. Infatti, nella decisione impugnata si sarebbe rilevato che queste quattro imprese non avevano partecipato a tali riunioni per più di tre anni. In concreto, il periodo di mancata partecipazione sarebbe stato di tre anni e quattro mesi, vale a dire dal 16 giugno 1994 all’ottobre 1997, per la Mueller e la HME, e di quattro anni e due mesi, vale a dire dal 16 giugno 1994 al 29 agosto 1998, quanto al gruppo Buntmetall e alla Chalkor (‘considerando’ 282, 305, 306 e 325 della decisione impugnata). Per contro, la mancata partecipazione delle ricorrenti alle riunioni svoltasi nel contesto degli accordi europei ampliati sarebbe stata dimostrata solo tra il 16 giugno 1994 e l’11 aprile 1996, vale a dire solo per un periodo di un anno e dieci mesi.

71      La Commissione respinge l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale, nella decisione impugnata, non avrebbe considerato pertinente il periodo per il quale non ha potuto dimostrare la partecipazione dei contravventori alle riunioni collusorie. Infatti, secondo la Commissione dal ‘considerando’ 490 della decisione impugnata emerge che essa ha ritenuto tale elemento particolarmente pertinente per valutare la continuatività della loro partecipazione all’infrazione. Essa non sarebbe stata tenuta a indicare nella decisione impugnata un termine preciso o una «data limite» oltre la quale la continuatività della partecipazione al cartello non poteva più essere dimostrata. La questione essenziale sarebbe se tale continuatività del comportamento costitutivo dell’infrazione possa essere dimostrata riguardo a un contravventore determinato e non dove si collochi il limite teorico.

72      A sostegno della sua affermazione secondo la quale la situazione della Chalkor, della HME, del gruppo Buntmetall e della Mueller non sarebbe comparabile con quella delle ricorrenti, la Commissione fa parimenti valere che dalla decisione impugnata (‘considerando’ 277, 282, 305, 306, 325, 497, 589 e 592) emerge che queste ultime avevano un ruolo determinante nell’infrazione e nel ripristino del cartello durante il periodo dal 1994 al 1997. Il ruolo delle ricorrenti durante tale periodo sarebbe stato incommensurabile rispetto a quello dei «nuovi arrivati» di misura più esigua, quali la HME, il gruppo Buntmetall, la Chalkor e la Mueller. Infatti, la circostanza che queste quattro imprese abbiano iniziato a partecipare all’infrazione nell’ottobre 1997 e nell’agosto 1998 indicherebbe che la questione della continuatività della loro partecipazione al cartello tra luglio 1994 e luglio 1997 non dovrebbe porsi.

73      Del pari, l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale la Commissione avrebbe ritenuto che le altre quattro imprese avevano interrotto la loro partecipazione all’infrazione di cui trattasi sarebbe erronea, dal momento che la Commissione, nella decisione impugnata, avrebbe semplicemente dichiarato che l’inizio della partecipazione di queste altre quattro imprese al cartello era successivo rispetto a quello delle ricorrenti.

74      In terzo luogo, la Commissione sostiene che, anche a voler ritenere che le ricorrenti si siano trovate in una situazione comparabile a quella della HME, del gruppo Buntmetall, della Chalkor e della Mueller, esse non potrebbero invocare il principio di parità di trattamento per sostenere di non aver partecipato ad un’infrazione continuata nel corso del periodo compreso tra il 29 settembre 1989 e il 22 marzo 2001. Infatti, dal momento che nessuno può invocare a proprio vantaggio un’illegittimità commessa a favore di altri, sarebbe irrilevante, al fine di stabilire se le ricorrenti abbiano partecipato ad un’infrazione continuata, che le conclusioni relative alla continuatività dell’infrazione commessa da altri partecipanti siano state erronee o meno.

75      La Commissione afferma che dalla giurisprudenza risulta che l’assenza di procedimenti contro una o più imprese non le impedisce di perseguire e sanzionare altre imprese, anche se tutte hanno partecipato alla medesima infrazione.

76      Inoltre, la Commissione sostiene che il motivo dedotto dalle ricorrenti equivalga ad una richiesta al Tribunale di accertare che la HME, il gruppo Buntmetall, la Chalkor e la Mueller abbiano parimenti partecipato a un’infrazione continuata nel corso del periodo da luglio 1994 a luglio 1997. Orbene, un tale accertamento non ricadrebbe nelle competenze del Tribunale.

77      Pertanto, dal momento che nella decisione impugnata sarebbe sufficientemente dimostrata la loro partecipazione ad un’infrazione continuata, le ricorrenti non potrebbero invocare il trattamento troppo favorevole o illegittimo eventualmente concesso ad altre imprese per confutare detta affermazione.

78      In quarto luogo, la Commissione rileva che, nel loro ricorso, le ricorrenti chiedono al Tribunale di annullare l’art. 1 della decisione impugnata «per quanto riguarda le imprese elencate [alle lett.] h)‑j)». Ciò implicherebbe che le ricorrenti contestino la dichiarazione resa nella decisione impugnata secondo la quale esse avrebbero violato l’art. 81, n. 1, CE e, a far data dal 1° gennaio 1994, l’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE partecipando, dal 29 settembre 1989 al 22 marzo 2001, a un insieme di accordi e di pratiche concertate relative alla fissazione dei prezzi e alla spartizione dei mercati nel settore dei tubi idrotermosanitari in rame. Secondo la Commissione, dal ricorso non emerge alcun elemento tale da avvalorare la contestazione delle ricorrenti relativa all’art. 1 della decisione impugnata quanto al periodo dal 29 settembre 1989 al luglio 1994 e al periodo dal luglio 1996 al 22 marzo 2001. L’Istituzione ritiene, pertanto, che la domanda di annullamento dell’art. 1 debba essere respinta in toto.

 Giudizio del Tribunale

79      In limine, occorre rilevare che, anche se le ricorrenti hanno presentato i loro argomenti nella prospettiva di un’asserita violazione del principio di parità di trattamento e di un errore manifesto di valutazione, in realtà esse rimettono in discussione il fatto che la decisione impugnata attesti la loro partecipazione ininterrotta al cartello tra settembre 1989 e marzo 2001. Occorre parimenti rilevare che, a sostegno del loro motivo, le ricorrenti deducono unicamente argomenti relativi al periodo controverso.

80      Ne consegue che l’esame del Tribunale deve vertere sulla questione se la Commissione, nella decisione impugnata, abbia dimostrato sufficientemente che le ricorrenti, durante il periodo controverso, hanno partecipato al cartello senza soluzione di continuità.

81      In tale contesto, occorre ricordare che dalla decisione impugnata risulta che le ricorrenti sono ritenute responsabili solo per la loro partecipazione alla terza parte del cartello, vale a dire gli accordi europei ampliati (‘considerando’ 458 e 461 della decisione impugnata). Risulta parimenti da detta decisione che, nel contesto del cartello, «praticamente nessun accordo sui volumi o i prezzi è stato concluso e/o attuato tra maggio 1994 e luglio 1997» e che, riguardo agli accordi europei ampliati, non risultava acclarato che si fossero verificati contatti collusori nel 1995 (‘considerando’ 285 e 485). Inoltre, è pacifico inter partes che non sia stato dimostrato che le ricorrenti abbiano avuto contatti collusori nel contesto degli accordi europei ampliati durante il periodo controverso.

82      La Commissione ha tuttavia concluso che l’infrazione di cui trattasi era ininterrotta da settembre 1989 a marzo 2001, anche riguardo alle ricorrenti (‘considerando’ 463 della decisione impugnata). Nel trarre tale conclusione, l’Istituzione si è fondata principalmente sui seguenti elementi.

83      In primo luogo, sarebbe sussistita una continuatività manifesta nei metodi e nelle prassi del cartello per tutto il periodo compreso tra settembre 1989 e marzo 2001 (‘considerando’ 486 della decisione impugnata). Al riguardo, occorre osservare che tale rilievo non costituisce prova sufficiente della partecipazione continuata delle ricorrenti all’infrazione di cui trattasi durante il periodo controverso. Infatti, la circostanza che il cartello, in quanto tale, sia stato ininterrotto non consente di escludere che uno o più dei suoi partecipanti abbiano interrotto la loro partecipazione per un certo periodo.

84      In secondo luogo, ancorché le ricorrenti non abbiano partecipato ad alcuna riunione e non abbiano intrattenuto alcun contatto nel contesto degli accordi europei ampliati durante il periodo controverso, la loro partecipazione al cartello sarebbe stata ininterrotta durante tutto questo periodo, dal momento che esse avrebbero attuato aumenti di prezzi nel Regno Unito fino al novembre 1994, che avrebbero contribuito attivamente alle negoziazioni intese a rilanciare il cartello nel 1996, che avrebbero avuto un ruolo attivo nell’aumento del numero dei partecipanti al cartello nel 1997 e nel 1998 e che avrebbero avuto un ruolo cruciale assumendo il ruolo di posizione dominante sul mercato del Regno Unito (‘considerando’ 490 della decisione impugnata).

85      Nessuno di tali elementi, ad eccezione del rilievo sull’aumento dei prezzi nel novembre 1994 (al riguardo, v. i successivi punti 90‑92), è rilevante per acclarare la partecipazione ininterrotta delle ricorrenti all’infrazione di cui trattasi, dal momento che essi vertono unicamente sul loro comportamento dopo il periodo controverso senza chiarire i fatti coevi al periodo medesimo.

86      In terzo luogo, le ricorrenti non avrebbero dimostrato che, durante il periodo controverso, avevano manifestato apertamente il loro intento di non partecipare più al cartello (‘considerando’ 479‑481 e 490 della decisione impugnata). Al riguardo, occorre sottolineare che tale rilievo non può risultare pertinente sinché la Commissione non abbia adempiuto l’onere della prova che le incombe (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 gennaio 2004, cause riunite C‑2/01 P e C‑3/01 P, BAI e Commissione/Bayer, Racc. pag. I‑23, punti 62 e 63), vale a dire la deduzione di elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale da poter ragionevolmente presumere che la detta infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (v. sentenza del Tribunale 11 dicembre 2003, causa T‑61/99, Adriatica di Navigazione/Commissione, Racc. pag. II‑5349, punto 125, e la giurisprudenza citata).

87      In quarto luogo, risulterebbe implicitamente dal ‘considerando’ 490 della decisione impugnata che il periodo controverso di assenza di contatti collusori, vale a dire circa 22 mesi, non sia stato ritenuto dalla Commissione sufficientemente lungo per costituire un’interruzione della partecipazione delle ricorrenti al cartello.

88      In tale contesto, occorre ricordare l’art. 81, n. 1, CE si applica solo se sussiste, tra almeno due parti, una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (sentenza del Tribunale 26 ottobre 2000, causa T‑41/96, Bayer/Commissione, Racc. pag. II‑3383, punti 66‑69). Conseguentemente, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione è tenuta, come rilevato al precedente punto 86, a presentare elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente presumere che la detta infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise.

89      Pertanto, anche se il periodo che intercorre tra due manifestazioni di un comportamento costitutivo di un’infrazione costituisce un criterio pertinente per acclarare il carattere continuativo di un’infrazione, ciononostante la questione se tale periodo sia o meno sufficientemente lungo per costituire un’interruzione dell’infrazione non può essere esaminata in astratto. Al contrario, occorre valutarla nel contesto del funzionamento dell’intesa in questione.

90      Nella specie, dalla decisione impugnata risulta che le imprese appartenenti alla terza parte del cartello erano abitualmente in contatto, più volte l’anno, dal 1989 al 1994, in particolare per scambi di dati sensibili sulle loro vendite, le loro quote di mercato e i prezzi convenuti (‘considerando’ 199‑202 e 236‑284 della decisione impugnata). Tuttavia, per il periodo controverso, il solo contatto o la sola manifestazione di natura collusoria da parte delle ricorrenti che la Commissione ha potuto dimostrare è l’aumento dei prezzi nel Regno Unito nel novembre 1994.

91      Al riguardo, occorre respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la Commissione non avrebbe provato che tale aumento derivasse dal cartello. Infatti, dal ‘considerando’ 277 della decisione impugnata risulta che, nella primavera del 1994, un aumento dei prezzi nel Regno Unito è stato discusso nel corso di una riunione alla quale le ricorrenti hanno assistito, ciò che esse non contestano. Dal momento che, a seguito di tale riunione, esse hanno rapidamente attuato un aumento dei prezzi nel Regno Unito spetta alle ricorrenti provare che tale aumento non costituiva manifestazione della loro partecipazione al cartello.

92      È giocoforza rilevare che esse non vi sono riuscite. Infatti, la relazione che hanno allegato al ricorso attesta unicamente che tale aumento era «essenzialmente» dovuto all’aumento parallelo del prezzo del rame. Inoltre, da tale relazione emerge che, astrazion fatta dall’evoluzione del prezzo del rame, i prezzi delle ricorrenti nel Regno Unito sono aumentati tra aprile e novembre 1994 dal 5 al 6%.

93      Quanto all’affermazione della Commissione secondo la quale le ricorrenti avrebbero continuato a partecipare alle riunioni collusorie relative a mercati nazionali specifici nel corso del periodo compreso tra giugno 1994 e aprile 1996, non può essere condivisa. Anzitutto, tale affermazione non risulta dalla decisione impugnata. A ciò si aggiunge che gli elementi ai quali la Commissione si è riferita nel controricorso a sostegno della sua affermazione sono, tutt’al più, inconferenti.

94      Infatti, per quanto riguarda il mercato del Regno Unito, il Tribunale rileva che la Commissione ha fatto uso di un metodo di citazione basato su un pregiudizio, a causa del quale la riproduzione della Commissione risulta in contraddizione con la sostanza del testo citato. La citazione che la Commissione ha riportato nella sua memoria è stata tagliata in modo tale da eliminare il testo in cui si parlava di una sospensione delle riunioni nel Regno Unito tra luglio 1994 e giugno 1996. All’udienza, la Commissione, dopo essersi richiamata, in un primo momento, alla sua citazione, a seguito di un quesito del Tribunale, ha presentato le sue scuse e riconosciuto il carattere non fedele di tale citazione.

95      Quanto al mercato olandese, occorre rilevare che il documento al quale si riferisce la Commissione parla unicamente delle riunioni collusorie organizzate con frequenza approssimativamente trimestrale tra il 1989 e il 2001. Tuttavia, nessun elemento di prova dedotto dalla Commissione consente di dimostrare che le ricorrenti abbiano effettivamente partecipato alle riunioni collusorie relative al mercato olandese nel corso del periodo controverso.

96      Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che il periodo di assenza di contatti o di manifestazioni collusorie da parte delle ricorrenti si eleva a poco più di sedici mesi, dal 1° dicembre 1994 all’11 aprile 1996. Atteso che tale periodo eccede di più di un anno gli intervalli nei quali le imprese appartenenti alla terza parte del cartello manifestavano abitualmente le loro rispettive intenzioni di limitare la concorrenza (v. supra, punto 90), si deve concludere che la Commissione è incorsa in un errore di diritto e che occorre annullare la decisione impugnata nella parte in cui afferma la responsabilità delle ricorrenti per la loro partecipazione al cartello tra il 1° dicembre 1994 e l’11 aprile 1996.

97      Tuttavia, in considerazione del fatto che le ricorrenti hanno ripreso e ripetuto, dopo un periodo leggermente superiore a sedici mesi, la loro partecipazione a un’infrazione di cui esse non contestano che costituisca la medesima intesa alla quale avevano partecipato precedentemente all’interruzione, la prescrizione ai sensi dell’art. 25 del regolamento n. 1/2003 e dell’art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), non trova applicazione nel caso di specie. Nondimeno, occorre riformare l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti al fine di tener conto della loro partecipazione sequenziale al cartello. Le conseguenze concrete di tale riforma saranno precisate ai successivi punti 187‑190.

 Sul motivo attinente alla violazione dei diritti della difesa

 Argomenti delle parti

98      Le ricorrenti affermano che la Commissione ha leso i loro diritti della difesa invocando, nella decisione impugnata, elementi che, pur essendo stati esposti nella comunicazione degli addebiti, non erano stati ivi menzionati per giustificare la differenza di trattamento tra loro stesse e la Chalkor, la HME, il gruppo Buntmetall e la Mueller quanto alla continuatività dell’infrazione di cui trattasi. Secondo le ricorrenti, nessuno degli elementi citati al ‘considerando’ 490 della decisione impugnata risultava nella comunicazione degli addebiti al fine di distinguere la loro situazione da quella della Chalkor, del gruppo Buntmetall, della HME e della Mueller.

99      Le ricorrenti deducono che, se la Commissione avesse continuato a fondarsi sugli elementi che essa riteneva pertinenti nella fase della comunicazione degli addebiti, non avrebbe potuto concludere, nella decisione impugnata, che la loro situazione differiva da quella della Chalkor, della HME, del gruppo Buntmetall e della Mueller.

100    In risposta all’argomento della Commissione secondo il quale la decisione impugnata non sarebbe viziata da una violazione dei diritti della difesa, dato che non contiene alcuna obiezione nuova e si fonda esclusivamente su fatti già citati nella comunicazione degli addebiti, le ricorrenti replicano che il fatto di riutilizzare, nella decisione impugnata, elementi di fatto sui quali la Commissione non si era precedentemente fondata per giustificare l’applicazione, nei loro confronti, di un trattamento differente da quello delle altre imprese interessate viola gravemente i loro diritti della difesa.

101    A loro avviso, la decisione impugnata non completa né modifica il ragionamento seguito dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti al fine di replicare agli elementi dedotti dalle ricorrenti nella loro risposta a tale comunicazione. La Commissione avrebbe radicalmente modificato il ragionamento, invocando elementi rispetto ai quali le ricorrenti non avevano avuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni né di difendersi. Tale comportamento si porrebbe in flagrante contraddizione con la giurisprudenza.

102    La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

 Giudizio del Tribunale

103    Occorre esaminare se la Commissione ha violato i diritti della difesa delle ricorrenti con riferimento ai fatti che essa ha preso in considerazione al ‘considerando’ 490 della decisione impugnata per concludere che la loro partecipazione al cartello era stata ininterrotta.

104    Al riguardo, occorre sottolineare che dai precedenti punti 84 e 85 emerge che, fatto salvo il rilievo sull’aumento dei prezzi nel novembre 1994 nel Regno Unito, nessuno degli elementi di cui al ‘considerando’ 490 della decisione impugnata è stato ritenuto pertinente al fine di dimostrare sufficientemente la partecipazione continua delle ricorrenti al cartello. Emerge inoltre dal precedente punto 96 che la decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui afferma la responsabilità delle ricorrenti per la loro partecipazione al cartello tra il 1° dicembre 1994 e l’11 aprile 1996.

105    Pertanto, il presente motivo è operante solo nella parte in cui riguarda la questione della violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti quanto all’accertamento dell’aumento dei prezzi nel novembre 1994 nel Regno Unito.

106    Al riguardo, si deve ricordare che la comunicazione degli addebiti deve consentire agli interessati di prendere atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Tale esigenza è rispettata quando la decisione finale non contesti agli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prenda in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati abbiano avuto modo di manifestare il proprio punto di vista (sentenza del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II‑913, punto 109).

107    Pertanto, la Commissione deve fondare la propria decisione finale soltanto sugli addebiti in ordine ai quali le imprese interessate hanno potuto esprimere il loro punto di vista (sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 86).

108    È peraltro giurisprudenza costante che la decisione finale della Commissione non deve necessariamente ricalcare la comunicazione degli addebiti e che i diritti della difesa sono violati dall’esistenza di una discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale unicamente a condizione che un addebito figurante nella seconda non sia stato esposto nella prima in modo sufficiente per consentire ai destinatari di difendersi (sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑48/00, Corus UK/Commissione, Racc. pag. II‑2325, punto 100, e 15 settembre 2005, causa T‑325/01, DaimlerChrysler/Commissione, Racc. pag. II‑3319, punto 189).

109    Infatti, il diritto di essere sentiti si estende a tutti gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento della decisione, ma non alla posizione finale che l’amministrazione intende adottare (v. sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 94, e la giurisprudenza citata).

110    Orbene, nel caso di specie, le ricorrenti non fanno valere che, nella decisione impugnata, la Commissione ha invocato nuove censure o si è fondata su un nuovo elemento, non risultante dalla comunicazione degli addebiti, ma indicano solo che la Commissione, reagendo alla loro risposta alla comunicazione degli addebiti, ha elaborato un nuovo ragionamento per giustificare l’accertamento della loro partecipazione al cartello tra il 1994 e il 1996.

111    L’argomento delle ricorrenti si risolve nel pretendere che la Commissione, prima dell’adozione della decisione impugnata, avrebbe dovuto sentirle in ordine al ragionamento con il quale intendeva confutare gli argomenti dedotti nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti. Orbene, un obbligo di tal genere non trova alcun fondamento nella giurisprudenza e non può essere imposto alla Commissione.

112    Dalla giurisprudenza risulta, al contrario, che la decisione finale della Commissione non deve necessariamente ricalcare la comunicazione degli addebiti (v. supra, punto 108). La qualificazione giuridica dei fatti riportata nella comunicazione degli addebiti, per definizione, è provvisoria, e una decisione successiva della Commissione non può essere annullata solo perché le conclusioni definitive tratte da tali fatti non corrispondono precisamente alla detta qualificazione intermedia (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 100).

113    Se la Commissione deve effettivamente sentire i destinatari di una comunicazione degli addebiti e, se del caso, tenere conto delle loro osservazioni dirette a rispondere agli addebiti riportati, modificando la propria analisi, per rispettare i loro diritti della difesa (sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, cit. al punto 112 supra, punto 100), è giocoforza rilevare che essa ha proceduto proprio in tal modo nel caso di specie.

114    Dalle suesposte considerazioni discende che il presente motivo non può essere accolto.

2.     Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda

115    A sostegno di tale domanda, le ricorrenti invocano due motivi, attinenti, rispettivamente, alla violazione del principio di parità di trattamento e alla violazione del principio di proporzionalità.

116    Prima di esaminare i motivi dedotti dalle ricorrenti, si deve ricordare che dai ‘considerando’ 601 e 842 della decisione impugnata risulta che le ammende imposte dalla Commissione a causa dell’infrazione sono state inflitte ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 nonché dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Inoltre, la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando la metodologia definita negli orientamenti e la comunicazione del 1996 sulla cooperazione (v. punto 33 supra).

117    Gli orientamenti, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche, sono pur sempre indicativi della prassi da seguire e la Commissione non può discostarsene, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza della Corte 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 91, e la giurisprudenza citata).

118    Spetta pertanto al Tribunale verificare, nel contesto del controllo di legittimità delle ammende inflitte dalla decisione impugnata, se la Commissione ha esercitato il suo potere discrezionale secondo il metodo esposto negli orientamenti e, se dovesse accertare che se ne è discostata, verificare se tale divario sia giustificato e motivato sufficientemente in diritto. Al riguardo, occorre rilevare che la Corte ha confermato la validità, da una parte, del principio stesso degli orientamenti e, dall’altra, del metodo generale ivi indicato (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 252‑255, 266‑267, 312 e 313).

119    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione risultante dall’adozione degli orientamenti, infatti, non è incompatibile con il mantenimento di un margine di discrezionalità sostanziale per la Commissione. Gli orientamenti contengono vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità alle disposizioni dei regolamenti n. 17 e n. 1/2003, come interpretate dalla Corte (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 118 supra, punto 267).

120    Pertanto, nei settori in cui la Commissione ha mantenuto un margine di discrezionalità, il controllo di legittimità operato su tali scelte discrezionali si limita a quello dell’assenza di un errore manifesto di valutazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 luglio 2005, causa T‑241/01, Scandinavian Airlines System/Commissione, Racc. pag. II‑2917, punti 64 e 79).

121    Il margine di discrezionalità della Commissione ed i limiti che essa vi ha apportato non pregiudicano, in linea di principio, l’esercizio, da parte del giudice, della sua competenza anche di merito (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II‑2501, punto 538), che lo abilita a sopprimere, ridurre o maggiorare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza della Corte 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331, punti 60‑62, e sentenza del Tribunale 21 ottobre 2003, causa T‑368/00, General Motors Nederland e Opel Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑4491, punto 181).

 Sul motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento

122    Nel contesto di tale motivo, le ricorrenti deducono due censure, attinenti, rispettivamente, alle modalità con cui la Commissione ha svolto la sua indagine e al loro asserito trattamento discriminatorio rispetto ai partecipanti agli accordi SANCO e agli accordi WICU e Cuprotherm.

 Sulle modalità discriminatorie con cui la Commissione avrebbe svolto la sua indagine

–       Argomenti delle parti

123    Le ricorrenti ritengono che la maniera in cui la Commissione ha condotto la sua indagine abbia consentito ai gruppi Outokumpu e KME, alla Wieland, al gruppo Boliden, alla HME e alla Chalkor di valutarne meglio la portata e abbia dato loro la possibilità di essere le prime imprese a presentare offerte di cooperazione ai sensi della comunicazione del 1996 sulla cooperazione. Conseguentemente, tutte queste imprese, ad eccezione del gruppo Boliden, avrebbero ottenuto percentuali di riduzione dell’ammenda più importanti di quella accordata alle ricorrenti, le quali rilevano di essere state le ultime a ricevere una richiesta di informazioni e, pertanto, le ultime a chiedere l’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

124    Le ricorrenti, dunque, avrebbero conseguito solo una riduzione del 10% dell’importo della loro ammenda, dal momento che avrebbero cooperato con la Commissione in un momento in cui l’infrazione di cui trattasi era già stata accertata. Pertanto, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento omettendo di porre le imprese che avevano partecipato al cartello su un piano di parità.

125    In tale contesto, le ricorrenti ricordano che la Commissione ha effettuato, in primo luogo, nell’aprile 2001, controlli supplementari nei locali dei gruppi Outokumpu e KME senza renderli poi pubblicamente noti, in secondo luogo, ha inviato nel luglio 2002, al gruppo KME e alla Wieland, che partecipavano sia all’intesa relativa ai tubi industriali sia a quella sui tubi idrotermosanitari in rame, richieste di informazioni scritte relative al caso COMP/E-1/38.240 (Tubi industriali) e, in terzo luogo, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), ha inviato richieste di informazioni al gruppo Boliden, alla HME e alla Chalkor il 3 marzo 2003 e al gruppo IMI il 20 marzo 2003.

126    La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

–       Giudizio del Tribunale

127    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti prendono le mosse dalla premessa che la comunicazione del 1996 sulla cooperazione imponga alla Commissione di informare in ogni momento le imprese assoggettate a procedimento di infrazione dello svolgimento dell’indagine affinché esse possano valutare se e in qual misura sia opportuno cooperare con la Commissione.

128    Orbene, dal tenore letterale e dall’economia di detta comunicazione risulta che, da una parte, spetta all’impresa che sollecita la sua applicazione mettersi in contatto con la Commissione e, dall’altra, che una strategia di cooperazione tardiva o minima può sfociare in una debole riduzione dell’importo dell’ammenda, se non nell’assenza di qualsivoglia riduzione (v. punti B‑D nonché punto E1 della comunicazione del 1996 sulla cooperazione).

129    Se è pur vero che la comunicazione del 1996 sulla cooperazione ha creato aspettative legittime sulle quali fanno affidamento le imprese che intendono informare la Commissione dell’esistenza di un’intesa (v. sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 109 supra, punti 487 e 488, e la giurisprudenza citata), tali aspettative possono riguardare unicamente il modo in cui la Commissione terrà conto dei loro contributi quando esse avranno manifestato la propria volontà di collaborare. Né dal tenore letterale della comunicazione del 1996 sulla cooperazione né dalla logica sottesa al meccanismo che essa ha attuato risulta minimamente che la Commissione sia tenuta, nel corso del procedimento amministrativo, a informare le imprese che non abbiano manifestato la propria volontà di cooperare delle misure che essa ha adottato nel contesto della sua indagine o dell’evoluzione della stessa.

130    Tutti i partecipanti a un’intesa hanno la facoltà di chiedere di beneficiare in qualsiasi momento, durante il procedimento amministrativo, dell’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione, indipendentemente dalle misure di indagine adottate dalla Commissione. Pertanto, spetta a ogni partecipante a un’intesa decidere se e in qual momento intenda avvalersi della comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

131    Nel caso di specie, le ricorrenti avrebbero potuto manifestare la loro volontà di cooperare con la Commissione in qualsiasi momento successivo alla pubblicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione, segnatamente dopo la verifica alla quale sono state assoggettate il 22 marzo 2001.

132    Pertanto, non può censurarsi alla Commissione di aver effettuato verifiche complementari presso altre imprese né, nel contesto del caso COMP/E-1/38.240 (Tubi industriali), di aver inviato richieste di informazioni senza averne informato le ricorrenti.

133    Quanto all’argomento relativo all’invio di richieste di informazioni nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), occorre ricordare che, anche se la valutazione del grado di cooperazione fornita dalle imprese non può dipendere da fattori puramente casuali, come l’ordine nel quale sono state interpellate dalla Commissione (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, causa T‑48/98, Acerinox/Commissione, Racc. pag. II‑3859, punto 140), i gradi della cooperazione fornita da diverse imprese devono essere considerati analoghi solo in quanto tali imprese hanno fornito alla Commissione, nella medesima fase del procedimento amministrativo e in circostanze analoghe, informazioni analoghe (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 245).

134    Nel caso di specie, è pacifico che la Commissione, nel contesto del caso COMP/E‑1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), abbia inviato richieste di informazioni al gruppo Boliden, alla HME e alla Chalkor il 3 marzo e alle ricorrenti il 20 marzo 2003. Al riguardo, occorre rilevare che, tra tali quattro imprese, unicamente la Chalkor ha iniziato a cooperare con la Commissione precedentemente all’invio, da parte di quest’ultima, della comunicazione degli addebiti. Infatti, sebbene la Chalkor abbia iniziato a collaborare con la Commissione nell’aprile 2003, le ricorrenti hanno presentato la loro offerta di collaborazione solo in una fase del procedimento ben successiva, vale a dire nel novembre 2003, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti il 29 agosto 2003. Atteso che le ricorrenti non hanno dimostrato che la loro collaborazione tardiva fosse dovuta alla circostanza che esse avevano ricevuto le richieste di informazioni 17 giorni dopo il gruppo Boliden, la HME e la Chalkor, il loro argomento relativo alla tardività dell’invio di dette richieste di informazioni deve essere respinto.

135    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la censura relativa alle modalità asseritamente discriminatorie con cui la Commissione ha svolto la sua indagine deve essere respinta.

 Sull’asserito trattamento discriminatorio delle ricorrenti rispetto ai partecipanti agli accordi SANCO e agli accordi WICU e Cuprotherm

–       Argomenti delle parti

136    Le ricorrenti fanno valere, principalmente, che la Commissione, nel fissare l’importo delle ammende, avrebbe dovuto effettuare una distinzione tra le imprese che avevano partecipato unicamente a una parte del cartello, e quelle che avevano partecipato a due o tre parti di esso.

137    Al riguardo, le ricorrenti contestano la conclusione della Commissione contenuta nel ‘considerando’ 689 della decisione impugnata, secondo cui non sarebbe stato possibile dimostrare che la concertazione tra i partecipanti agli accordi SANCO fosse stata considerevolmente più ridotta tra il 1988 e il 1995 rispetto a quella esistente tra i partecipanti agli accordi europei ampliati. Secondo le ricorrenti, gli accordi SANCO costituivano, contrariamente a quanto concluso dalla Commissione nella decisione impugnata, una cooperazione molto più stretta e considerevolmente più anticoncorrenziale degli accordi europei ampliati.

138    Quanto alla soluzione proposta dalla Commissione nel suo controricorso, vale a dire la maggiorazione dell’importo delle ammende inflitte ai «produttori SANCO» per porre rimedio all’eventuale disparità di trattamento, le ricorrenti asseriscono che essa costituirebbe un riconoscimento implicito ma chiaro della circostanza che l’assenza di differenziazione nell’importo delle ammende inflitte alle imprese di cui è causa non è giustificata.

139    Quanto agli accordi WICU e Cuprotherm, le ricorrenti sottolineano che la circostanza che, ai fini della determinazione delle quote di mercato, la Commissione, nel contesto del trattamento differenziato, abbia cumulato il fatturato relativo ai tubi idrotermosanitari in rame con quello relativo ai tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica non può essere considerata come un modo di sanzionare più severamente i «produttori WICU e Cuprotherm». Secondo le ricorrenti, tale cumulo era necessario, dal momento che la Commissione, al ‘considerando’ 459 della decisione impugnata, aveva dichiarato che gli accordi relativi ai tubi idrotermosanitari in rame incidevano anche, necessariamente, sui tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica.

140    Le ricorrenti ritengono, inoltre, che l’immunità di fatto concessa al gruppo KME quanto alla sua partecipazione agli accordi WICU e Cuprotherm (‘considerando’ 760 e 761 della decisione impugnata) avrebbe potuto essere ammissibile solo se i «produttori WICU e Cuprotherm», sin dall’inizio, fossero stati posti in una categoria differente ai fini della determinazione dell’importo di partenza delle ammende.

141    Le ricorrenti asseriscono, infine, che la Commissione non abbia motivato la propria decisione di non operare, ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, una distinzione tra le imprese che, come le ricorrenti stesse, erano implicate unicamente negli accordi europei ampliati, e il gruppo KME e la Wieland, che erano implicati non solo negli accordi europei ampliati, bensì parimenti negli accordi WICU e Cuprotherm. Tale omissione costituirebbe una violazione dell’art. 253 CE.

142    La Commissione conclude per il rigetto del motivo. A sostegno della sua difesa, fa valere, richiamandosi ai ‘considerando’ 459, 461 e 462 della decisione impugnata, di aver accertato che le imprese implicate in due (il gruppo Boliden) o tre (il gruppo KME e la Wieland) parti dell’infrazione avevano compiuto un’infrazione multiforme le cui manifestazioni erano distinte, ma connesse. Per contro, la Commissione sottolinea che le imprese che avevano partecipato solo alla terza parte dell’infrazione, vale a dire i gruppi IMI e Outokumpu, la Mueller, il gruppo Buntmetall, la HME e la Chalkor, non sono state considerate come partecipi agli accordi SANCO e agli accordi WICU e Cuprotherm.

143    Conseguentemente, la Commissione ritiene che, laddove ha considerato le ricorrenti responsabili di un’infrazione da esse compiuta, non ha violato il principio d’individualità delle pene e delle sanzioni.

144    Quanto agli accordi SANCO, la Commissione ribadisce che la gravità dell’infrazione commessa dai «produttori SANCO» è comparabile a quella commessa dalle ricorrenti. Richiamandosi ai ‘considerando’ 130, 131, 137, 138, 199‑213, 236, 265, 277 e 310 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che gli accordi europei ampliati riguardassero la ripartizione dei clienti, un sistema di sorveglianza regolare e sistematico nonché accordi sui prezzi.

145    Riguardo alla coesistenza degli accordi SANCO e degli accordi europei ampliati, la Commissione ricorda che i «produttori SANCO» erano considerati come un gruppo distinto nell’ambito degli accordi europei ampliati e che essi prendevano accordi tra loro prima delle riunioni del gruppo ampliato. Infatti, i membri degli accordi europei ampliati avrebbero tratto profitto dalla restrizione della concorrenza attuata dai «produttori SANCO» incorporandola nei loro accordi illegittimi. Tuttavia, la coordinazione tra i «produttori SANCO» e quella osservata nell’ambito degli accordi europei ampliati si sarebbe incentrata, essenzialmente, sulle medesime questioni.

146    La Commissione sostiene che, anche se il Tribunale dovesse accogliere l’argomento delle ricorrenti secondo cui gli accordi SANCO sarebbero stati di natura più anticoncorrenziale degli accordi europei ampliati, non sussisterebbe alcuna ragione di ridurre l’importo dell’ammenda inflitta loro. La Commissione ritiene che l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti rifletta esattamente la gravità dell’infrazione che esse hanno manifestamente commesso. In tale contesto, essa si riferisce al ‘considerando’ 490 della decisione impugnata per sottolineare che le ricorrenti hanno avuto un ruolo estremamente importante nel cartello.

147    Pertanto, la Commissione ritiene che il modo più idoneo di porre rimedio alla mancanza dedotta nel caso di specie sarebbe l’aumento dell’importo delle ammende inflitte ai «produttori SANCO», vale a dire il gruppo KME, la Wieland e il gruppo Boliden, piuttosto che la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

148    Quanto agli accordi WICU e Cuprotherm, la Commissione sostiene di aver effettivamente operato un trattamento differenziato tra le ricorrenti, da una parte, e il gruppo KME e la Wieland, dall’altra.

149    Al riguardo, la Commissione fa valere che, se nella decisione impugnata fossero state accertate infrazioni distinte, concernenti, l’una, i tubi idrotermosanitari in rame e l’altra i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica, la categorizzazione delle imprese, ai fini del trattamento differenziato riguardo l’infrazione relativa ai tubi idrotermosanitari in rame, si sarebbe fondata unicamente sulle vendite di tali prodotti. In tale ipotesi, la quota di mercato delle ricorrenti sarebbe stata superiore e l’importo dell’ammenda che sarebbe stato inflitto loro sarebbe stato più elevato. Infatti, il fatturato rilevante per le ricorrenti, e cioè quello relativo alle vendite di tubi idrotermosanitari in rame, sarebbe identico al fatturato utilizzato dalla Commissione nella decisione impugnata, ma la misura del mercato globale, vale a dire le vendite complessive di tubi idrotermosanitari in rame, sarebbe inferiore a quella alla quale si riferisce la Commissione nella decisione impugnata, vale a dire le vendite complessive di tubi idrotermosanitari in rame senza rivestimento in plastica e con tale rivestimento.

150    La Commissione respinge parimenti l’affermazione delle ricorrenti secondo cui il cumulo del fatturato relativo ai tubi idrotermosanitari in rame e di quello relativo ai tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica sarebbe stato necessario anche nell’ipotesi in cui gli accordi WICU e Cuprotherm non fossero esistiti. La Commissione ritiene che tale tesi sia «intrinsecamente illogica». Infatti, essa implicherebbe che, in assenza di accordi illegittimi relativi ai tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica, le imprese che producono al contempo tubi idrotermosanitari in rame e tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica dovrebbero subire l’imposizione di ammende più elevate di quelle che fabbricano unicamente tubi idrotermosanitari in rame. Imprese dotate della medesima importanza relativa nell’intesa sarebbero pertanto sanzionate con ammende il cui importo sarebbe differente a seconda che esse producano o meno tubi che non ricadono nell’intesa.

151    La Commissione sostiene che, se il Tribunale dovesse accogliere l’argomento delle ricorrenti, l’Istituzione proporrebbe a quest’ultimo di aumentare, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, l’ammenda loro inflitta, in modo tale da riflettere la loro quota di mercato più elevata e, pertanto, la loro accresciuta importanza relativa nell’intesa attinente ai tubi idrotermosanitari in rame.

–       Giudizio del Tribunale

152    Per quanto riguarda, in primo luogo, la deduzione di una violazione dell’obbligo di motivazione, dalla giurisprudenza risulta che, nel contesto della fissazione di ammende relative alla violazione del diritto della concorrenza, detto obbligo è soddisfatto allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione (v. sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 107 supra, punto 463, e la giurisprudenza citata).

153    Nel caso di specie, le ricorrenti non deducono che la decisione impugnata non indicherebbe gli elementi in base ai quali la Commissione ha valutato la gravità e la durata dell’infrazione da esse compiuta. La loro censura, che riguarda unicamente la circostanza che la Commissione non avrebbe chiarito la ragione per cui esse non hanno ricevuto un trattamento differenziato rispetto ai produttori «WICU e Cuprotherm», deve conseguentemente essere respinta. Infatti, l’art. 253 CE, alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 152, non può essere interpretata nel senso che impone alla Commissione di chiarire, nelle sue decisioni, le ragioni per cui non ha scelto, per il calcolo dell’importo dell’ammenda, approcci alternativi a quello effettivamente scelto nella decisione impugnata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑319/94, Fiskeby Board/Commissione, Racc. pag. II‑1331, punto 127).

154    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la fondatezza della presente censura, occorre ricordare, in limine, i principi sviluppati dalla giurisprudenza relativamente alla responsabilità individuale derivante da una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, con un cartello.

155    Quanto alla responsabilità per l’infrazione in quanto tale, dalla giurisprudenza risulta che la circostanza che un’impresa non abbia direttamente partecipato a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa globale non può scagionarla dalla responsabilità per violazione dell’art. 81, n. 1, CE, se sia comprovato che dovesse necessariamente esserle noto, da una parte, il fatto che la collusione a cui partecipava rientrava in un piano globale e, dall’altra, che questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell’intesa (v., in tal senso, sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 87; sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑295/94, Buchmann/Commissione, Racc. pag. II‑813, punto 121, e 8 luglio 2008, causa T‑99/04, AC‑Treuhand/Commissione, Racc. pag. II‑1501, punti 130 e 131).

156    Avendo dimostrato l’esistenza di un cartello e identificato i suoi partecipanti, la Commissione è tenuta, per infliggere ammende, a esaminare la gravità relativa della partecipazione di ciascuno di essi. Ciò emerge sia dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 155 supra, punti 90 e 150, e Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 118 supra, punto 145; sentenza AC‑Treuhand/Commissione, cit. al punto 155 supra, punto 133) sia dagli orientamenti, che prevedono un trattamento differenziato, che sfocia nel calcolo di un importo di partenza specifico, nonché dalla considerazione di circostanze aggravanti e attenuanti che consentano di modulare l’importo dell’ammenda, segnatamente in funzione del ruolo attivo o passivo delle imprese interessate nell’attuazione dell’infrazione.

157    Tuttavia, non può mai infliggersi a un’impresa un’ammenda il cui importo sia calcolato in funzione della partecipazione a una collusione di cui l’impresa non sia ritenuta responsabile (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑28/99, Sigma Tecnologie/Commissione, Racc. pag. II‑1845, punti 79‑82).

158    È alla luce dei principi summenzionati che deve essere esaminata la censura delle ricorrenti, secondo la quale la Commissione non avrebbe tenuto conto della loro limitata partecipazione al cartello.

159    È pacifico che le ricorrenti abbiano partecipato esclusivamente agli accordi europei ampliati e che siano ritenute responsabili unicamente per la loro partecipazione a questa parte del cartello (‘considerando’ 461 della decisione impugnata). Tuttavia, la Commissione non ha esaminato la questione se un contravvenente che partecipi ad una sola parte di un’intesa commetta un’infrazione meno grave, ai sensi dell’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, di un contravvenente che, nel contesto della medesima intesa, partecipi a tutte le sue parti. Tale questione era tanto più importante nel caso di specie, dal momento che le ricorrenti non sono state ritenute responsabili per le altre due parti del cartello, vale a dire gli accordi SANCO e gli accordi WICU e Cuprotherm.

160    La Commissione, infatti, ne ha tratto la conclusione, al ‘considerando’ 689 della decisione impugnata, che non fosse necessario operare un trattamento differenziato tra i contravventori che avevano partecipato solo agli accordi europei ampliati e quelli che avevano partecipato anche agli accordi SANCO, atteso che la cooperazione nell’ambito degli accordi SANCO non era stata considerevolmente più stretta di quella che esisteva nell’ambito degli accordi europei ampliati.

161    È giocoforza rilevare che il ragionamento della Commissione è erroneo, atteso che un raffronto tra l’intensità delle diverse parti del cartello sarebbe stata eventualmente pertinente se le ricorrenti fossero state implicate in diverse parti di esso, il che non si è verificato nella specie.

162    Infatti, un’impresa la cui responsabilità sia dichiarata riguardo a più parti di un’intesa contribuisce all’efficacia e alla gravità di tale intesa più di un contravventore implicato unicamente in una sola parte della stessa intesa. Pertanto, la prima impresa commette un’infrazione più grave di quella commessa dalla seconda.

163    Al riguardo, si deve sottolineare che, ai sensi del principio di individualità della pena e della responsabilità personale, la Commissione deve tener conto, nella valutazione della gravità relativa della partecipazione di ogni contravventore a un’intesa, del fatto che alcuni contravventori, eventualmente, non siano considerati responsabili, ai sensi della sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 155 supra (punto 87), per tutte le parti di tale intesa.

164    Nel contesto dell’applicazione degli orientamenti, tale valutazione deve necessariamente operarsi nella fase della fissazione dell’importo di partenza specifico, dal momento che la considerazione di circostanze attenuanti consente solo di modulare l’importo di base dell’ammenda in funzione delle modalità di attuazione dell’intesa da parte del contravventore. Orbene, un contravventore che non sia ritenuto responsabile di talune parti di detta intesa non può aver avuto un ruolo nell’attuazione delle stesse parti. La violazione delle norme del diritto della concorrenza è, in ragione della limitata portata dell’infrazione accertata nei suoi confronti, meno grave di quella imputata ai contravventori che abbiano partecipato a tutte le parti dell’infrazione.

165    L’argomento della Commissione secondo il quale tutti i membri degli accordi europei ampliati avrebbero tratto profitto dalla restrizione della concorrenza attuata dai «produttori SANCO» non può essere accolto, dal momento che l’Istituzione non ha considerato le ricorrenti responsabili della parte dell’infrazione di cui è causa relativa agli accordi SANCO. Al riguardo, si deve parimenti rilevare che l’impatto anticoncorrenziale di un’intesa sui prezzi è per sua natura tale da giovare a tutti i fornitori presenti sul mercato rilevante e non solo alle imprese parti dell’intesa stessa.

166    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la Commissione, omettendo di prendere in considerazione, nel calcolo dell’importo delle ammende, il fatto che, a differenza del gruppo KME, della Wieland e del gruppo Boliden, le ricorrenti avevano partecipato solo a una parte del cartello e trattando, pertanto, situazioni differenti in modo identico, senza che tale trattamento fosse obiettivamente giustificato, ha violato il principio di parità di trattamento.

167    Quanto alle conseguenze che devono trarsi da tale affermazione, la Commissione propone, quanto agli accordi SANCO, che il Tribunale aumenti gli importi delle ammende inflitte ai «produttori SANCO» invece di ridurre l’ammenda imposta alle ricorrenti. Il Tribunale ritiene tuttavia, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, che l’importo di partenza assunto dalla Commissione sia adeguato rispetto alla gravità dell’insieme delle tre parti del cartello e che occorra ridurre l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alle ricorrenti per tener conto della circostanza che esse sono state ritenute responsabili dalla Commissione unicamente per la loro partecipazione alla terza parte del cartello.

168    L’affermazione della Commissione secondo la quale le ricorrenti avrebbero avuto un ruolo importante nell’ambito del cartello non rimette in discussione tale conclusione. Infatti, si deve rilevare, in primo luogo, che la Commissione non ha ritenuto, nella decisione impugnata, che il ruolo del gruppo IMI nell’ambito degli accordi europei ampliati costituisse una circostanza aggravante ai sensi degli orientamenti. In secondo luogo, la Commissione non ha dedotto, nel presente procedimento, le ragioni per cui la sua valutazione al riguardo sarebbe stata erronea. Pertanto, nel contesto della fissazione dell’importo dell’ammenda, non occorre che il Tribunale sostituisca la propria valutazione a quella della Commissione quanto al ruolo delle ricorrenti nell’ambito degli accordi europei ampliati.

169    Peraltro, nella parte in cui può asserirsi che la mancata partecipazione delle ricorrenti agli accordi SANCO si sia sufficientemente riflessa nel loro importo di partenza specifico, dal momento che la quota di mercato delle ricorrenti, che non immettevano in commercio «tubi SANCO», è stata calcolata riguardo al fatturato di tutti i produttori di tubi idrotermosanitari in rame, ivi compreso quello corrispondente alle vendite di «tubi SANCO», deve rilevarsi quanto segue.

170    Gli accordi SANCO e gli accordi europei ampliati hanno riguardato il medesimo mercato rilevante, e cioè quello dei tubi idrotermosanitari in rame. Pertanto, la Commissione sarebbe stata tenuta, anche in assenza di accordi SANCO, a tener conto del fatturato generato dalle vendite dei tubi SANCO per calcolare la quota di mercato delle ricorrenti sul mercato rilevante.

171    Per contro, quanto agli accordi WICU e Cuprotherm, la situazione è differente. Tali accordi hanno riguardato prodotti non sostituibili ai tubi idrotermosanitari in rame privi di rivestimento in plastica. Infatti, dal ‘considerando’ 459 della decisione impugnata risulta che i tubi idrotermosanitari in rame privi di rivestimento in plastica e i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica costituiscono mercati rilevanti distinti.

172    Pertanto, nel calcolare la quota di mercato delle ricorrenti, che erano attive sul mercato dei tubi idrotermosanitari in rame privi di rivestimento in plastica, alla luce del fatturato realizzato sul mercato dei tubi idrotermosanitari in rame privi di rivestimento in plastica e di quello realizzato sul mercato dei tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica, alle ricorrenti è stata effettivamente attribuita una quota di mercato più debole e, pertanto, un importo di partenza specifico inferiore a quello che sarebbe stato fissato se la loro quota di mercato fosse stata calcolata unicamente in considerazione del fatturato realizzato sul mercato sul quale esse hanno effettivamente partecipato al cartello.

173    L’affermazione delle ricorrenti secondo la quale il cumulo del fatturato realizzato con i tubi idrotermosanitari in rame e di quello realizzato con i tubi idrotermosanitari in rame con rivestimento in plastica sarebbe stato necessario anche nell’ipotesi in cui gli accordi WICU e Cuprotherm non fossero esistiti è manifestamente infondata. Non risulta affatto, né dalla giurisprudenza né dagli orientamenti, che la Commissione sia tenuta, nel calcolo delle quote di mercato dei membri di un’intesa ai fini del trattamento differenziato, a tener conto del fatturato realizzato per prodotti diversi da quelli oggetto dell’infrazione di cui trattasi.

174    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve solo modificare l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti al fine di riflettere la loro mancata partecipazione agli accordi SANCO. Le conseguenze concrete di tale riforma saranno precisate nel prosieguo, ai punti 187‑190.

 Sul motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità

 Argomenti delle parti

175    Le ricorrenti ritengono che sussista una sproporzione tra l’importo dell’ammenda loro inflitta e il valore economico delle loro attività nel settore dei tubi idrotermosanitari in rame. Tale sproporzione sarebbe dovuta alla circostanza che la dimensione del mercato e il fatturato realizzato dalle ricorrenti, sui quali la Commissione si sarebbe fondata per fissare l’importo delle ammende, sarebbero artificialmente elevati e darebbero un’immagine del tutto erronea del valore reale del mercato e del fatturato realizzato.

176    Al riguardo, le ricorrenti asseriscono di non avere, in quanto produttrici di tubi, alcuna influenza sul prezzo della loro materia prima principale, vale a dire il rame, che rappresenterebbe tra il 50 e il 65% del prezzo finale pagato dai loro clienti. Le ricorrenti ricordano che le attività del cartello non vertevano sull’approvvigionamento del rame e non potevano assolutamente incidere sul prezzo del rame, dal momento che il prezzo del metallo è determinato dalle quotazioni giornaliere al London Metal Exchange (Borsa dei metalli di Londra). Il prezzo del metallo avrebbe costituito unicamente un elemento da ripercuotere sui clienti allo stesso livello di quello pagato dalle ricorrenti.

177    Le ricorrenti sottolineano che la loro argomentazione non verte sulla valutazione della gravità dell’infrazione e del suo rapporto con la dimensione del mercato, ma sul principio di proporzionalità di cui al punto 5, lett. b), degli orientamenti. Le ricorrenti invocano parimenti, a sostegno di tale argomento, la prassi decisionale della Commissione.

178    Le ricorrenti aggiungono di aver venduto la loro attività in materia di tubi idrotermosanitari in rame, il cui valore contabile netto era approssimativamente di EUR 34 milioni, per circa EUR 18,1 milioni. Tale prezzo dimostrerebbe che l’importo dell’ammenda inflitta, vale a dire 44,98 milioni di euro, è sproporzionato.

179    La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

 Giudizio del Tribunale

180    In limine, si deve sottolineare che, ai fini della determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, la Commissione può, senza peraltro esservi obbligata, tener conto della dimensione del mercato interessato (sentenze BASF/Commissione, cit. al punto 109 supra, punto 134, e 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punti 149 e 150), il che essa ha fatto nel caso di specie.

181    Il motivo dedotto dalla ricorrente si fonda sulla premessa secondo cui erroneamente la Commissione avrebbe tenuto conto del prezzo del rame nella sua valutazione del valore del settore interessato.

182    Tuttavia, tale premessa è erronea. Infatti, non sussiste alcuna valida ragione che imponga che il fatturato di un mercato rilevante sia calcolato escludendo alcuni costi di produzione. Come la Commissione ha correttamente rilevato, sussistono in tutti i settori dell’industria costi inerenti al prodotto finale che il fabbricante non può controllare, ma che costituiscono tuttavia un elemento essenziale dell’insieme delle sue attività e che, pertanto, non possono essere esclusi dal suo fatturato all’atto della fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punti 5030 e 5031).

183    Il fatto che il prezzo del rame costituisca una parte importante del prezzo finale dei tubi idrotermosanitari o che il rischio di fluttuazioni dei prezzi del rame sia ben più elevato rispetto ad altre materie prime non confuta tale conclusione e non obbliga la Commissione ad applicare il punto 5, lett. b), degli orientamenti.

184    Peraltro, si deve rilevare che le decisioni della Commissione invocate dalle ricorrenti sono inconferenti, dato che la prassi decisionale precedente non costituisce un contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza.

185    Inoltre, si deve rilevare che le cifre indicate dalle ricorrenti, nell’asserire che l’importo dell’ammenda loro inflitta avrebbe ecceduto la loro attività in materia di tubi idrotermosanitari in rame, non sono sufficienti per concludere che l’importo della loro ammenda era sproporzionato. Le ricorrenti, infatti, non hanno indicato gli elementi sui quali si fondano dette cifre.

186    Il presente motivo deve essere pertanto rigettato in toto in quanto infondato.

3.     Sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

187    Come risulta dai precedenti punti 79‑97 e 154‑174, si deve riformare la decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione, nel fissare l’importo dell’ammenda, non ha tenuto conto, da una parte, dell’interruzione della partecipazione delle ricorrenti al cartello tra il 1° dicembre 1994 e l’11 aprile 1996 e, dall’altra, del fatto che esse non hanno partecipato agli accordi SANCO.

188    Quanto al resto, i rilievi della Commissione esposti nella decisione impugnata nonché il metodo di calcolo delle ammende applicato nel caso di specie restano invariati. L’importo finale dell’ammenda è pertanto calcolato come segue.

189    L’importo di partenza dell’ammenda inflitta alle ricorrenti è ridotto del 10% per tener conto della minore gravità della loro partecipazione al cartello rispetto a quella dei «produttori SANCO». Il nuovo importo di partenza dell’ammenda inflitta alle ricorrenti è pertanto fissato in EUR 21,42 milioni.

190    Dal momento che le ricorrenti hanno partecipato in due riprese al cartello per un periodo effettivo di dieci anni e un mese, deve essere applicato un aumento del 100% in ragione della durata, il che si risolve in un importo di base di EUR 42,84 milioni. In considerazione della riduzione del 10% concessa alle ricorrenti dalla Commissione ai sensi del punto D della comunicazione del 1996 sulla cooperazione, l’importo finale dell’ammenda inflitta alle ricorrenti è pari, pertanto, a EUR 38,556 milioni.

 Sulle spese

191    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 3, primo comma, di detto regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, il Tribunale può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

192    In considerazione del fatto che ciascuna delle parti è rimasta parzialmente soccombente, e di quanto affermato al precedente punto 94, il Tribunale considera che si operi una giusta valutazione delle circostanze della causa decidendo che la Commissione sopporterà le proprie spese nonché il 40% delle spese delle ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1, lett. h)‑j), della decisione della Commissione 3 settembre 2004, C (2004) 2826, relativa a un procedimento di cui all’articolo 81 [CE] e all’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/38.069 – Tubi idrotermosanitari in rame), è annullato nella parte in cui riguarda il periodo dal 1° dicembre 1994 all’11 aprile 1996.

2)      L’importo dell’ammenda inflitta in solido alla IMI plc, alla IMI Kynoch Ltd e alla Yorkshire Copper Tube nell’art. 2, lett. f), della decisione C (2004) 2826 è fissato in EUR 38,556 milioni.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese e il 40% delle spese sostenute dalla IMI, dalla IMI Kynoch e dalla Yorkshire Copper Tube.

5)      La IMI, la IMI Kynoch e la Yorkshire Copper Tube sopporteranno il 60% delle proprie spese.

Martins Ribeiro

Papasavvas

Wahl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 maggio 2010.

Firme



Indice


Fatti

1. Fase amministrativa del procedimento

2. Decisione impugnata

Prodotti e mercati di cui trattasi

Componenti dell’infrazione di cui trattasi

Accordi tra «produttori SANCO»

Accordi tra «produttori WICU e Cuprotherm»

Accordi europei ampliati

Durata e carattere continuativo dell’infrazione di cui trattasi

Determinazione dell’importo delle ammende

Importo di partenza delle ammende

– Gravità

– Trattamento differenziato

Importo di base delle ammende

Circostanze aggravanti e attenuanti

Applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione

Importo definitivo delle ammende

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1. Sulla domanda intesa all’annullamento parziale della decisione impugnata

Sul motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento e ad un errore manifesto di valutazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alla violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda

Sul motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento

Sulle modalità discriminatorie con cui la Commissione avrebbe svolto la sua indagine

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’asserito trattamento discriminatorio delle ricorrenti rispetto ai partecipanti agli accordi SANCO e agli accordi WICU e Cuprotherm

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3. Sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.