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Ricorso proposto l'11 aprile 2011 - Ternavsky / Consiglio

(Causa T-163/12)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: Anatoly Ternavsky (Mosca, Russia) (rappresentanti: C. Rapin ed E. Van den Haute, avvocati)

Convenuto: Consiglio dell'Unione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

dichiarare il presente ricorso ricevibile;

annullare il punto 2 dell'allegato II della decisione di esecuzione 2012/171/PESC del Consiglio, del 23 marzo 2012, che attua la decisione 2010/639/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Bielorussia, e il punto 2 dell'allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 265/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, che attua l'articolo 8 bis, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 765/2006 relativo a misure restrittive nei confronti della Bielorussia;

condannare il Consiglio al pagamento integrale delle spese;

qualora il Tribunale statuisca che non vi è luogo a provvedere, condannare il Consiglio alle spese in applicazione del combinato disposto dell'articolo 87, paragrafo 6, e dell'articolo 90, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce tre motivi.

Primo motivo, vertente su una ricostruzione manifestamente erronea dei fatti per quanto riguarda le ragioni che hanno condotto all'iscrizione del ricorrente nell'elenco delle persone sanzionate, menzionate dagli atti del Consiglio.

Secondo motivo, vertente sull'insufficiente motivazione degli atti impugnati, dal momento che le ragioni indicate non sarebbero di alcuna utilità per comprendere la necessità di tale iscrizione.

Terzo motivo, vertente su una violazione della decisione 2010/639/PESC e del regolamento (CE) n. 765/2006, come modificati, nonché del principio di non discriminazione, da un lato, in quanto l'ambito di applicazione di tali atti sarebbe stato esteso ad un uomo d'affari senza dimostrare condotte a sostegno del regime del presidente Lukashenko che potessero essergli imputate e, dall'altro, in quanto altri uomini d'affari, che il Consiglio riteneva a loro volta vicini al potere bielorusso, non sono stati iscritti negli elenchi europei dei soggetti sanzionati, a differenza del ricorrente.

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