Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JEAN RICHARD DE LA TOUR
presentate il 16 maggio 2024 (1)
Causa C‑156/23 [Ararat] (i)
K,
L,
M,
N
contro
Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi)]
«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 5 – Principio di «non-refoulement» (non respingimento) – Provvedimento con cui l’autorità nazionale competente rigetta una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale e fa riferimento a una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva – Legittimità dell’esecuzione della decisione di rimpatrio – Obbligo di effettuare una valutazione aggiornata dei rischi corsi in caso di allontanamento – Articolo 13 – Mezzi di ricorso – Obbligo per l’autorità giudiziaria di rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 19, paragrafo 2 – Protezione in caso di allontanamento – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo»
I. Introduzione
1. Il rispetto del principio di non respingimento nel contesto del rimpatrio di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare solleva una problematica particolare quando lo Stato membro non esegue in tempi brevi la decisione di rimpatrio che ha emesso nei suoi confronti. Infatti, con il passare del tempo, sebbene tale decisione acquisisca un carattere definitivo per il cittadino interessato, la valutazione su cui essa si fonda, e in particolare la valutazione dei rischi che quest’ultimo correrebbe in caso di allontanamento verso il paese di destinazione previsto, diventa obsoleta.
2. A questo proposito, il giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Ledi Bianku rilevava che «la questione del non respingimento e del ruolo dei tribunali nella sua attuazione [è un argomento che] presenta una particolare difficoltà poiché riguarda cause che vertono soprattutto sui diritti assoluti tutelati dalla [Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (2)]. Peraltro, i giudici, nazionali o internazionali, devono pronunciarsi su situazioni molto lontane e di cui non hanno necessariamente una conoscenza diretta e completa. Inoltre, le cause in materia di non respingimento riguardano di norma situazioni instabili, situazioni che cambiano» (traduzione libera) (3).
3. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 5 e 13 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (4), che garantiscono rispettivamente il rispetto del principio di non respingimento e una tutela giurisdizionale effettiva a tali cittadini.
4. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra K, L, M e N, cittadini armeni, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «Segretario di Stato»), in merito alla legittimità di un atto con il quale quest’ultimo ha respinto la loro richiesta di permesso di soggiorno previsto dal diritto dei Paesi Bassi e nel quale esso ha fatto riferimento a una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva, ai fini della ripresa del procedimento di rimpatrio.
5. Detta domanda contiene, in sostanza, due questioni.
6. In primo luogo, il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi) chiede alla Corte se, in una situazione in cui un’autorità nazionale competente constata l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nei confronti del quale è stata adottata una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva, tale autorità sia tenuta, prima di riprendere il procedimento di rimpatrio, ad effettuare una valutazione aggiornata dei rischi che tale cittadino correrebbe in caso di ritorno nel paese di destinazione previsto.
7. In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’autorità giudiziaria sia tenuta, nell’ambito del controllo di legittimità che è chiamata a svolgere e sulla base degli elementi di cui dispone, a rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento nel caso in cui l’autorità nazionale competente non abbia effettuato una siffatta valutazione.
8. Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di dichiarare che, in una situazione in cui il procedimento di rimpatrio sia stato sospeso per un periodo di tempo considerevole, l’autorità nazionale competente è tenuta a determinare, prima di eseguire la precedente decisione di rimpatrio, se la situazione del cittadino di un paese terzo sia cambiata in modo tale che sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di esecuzione di tale decisione, quest’ultimo sarebbe esposto a un rischio di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti nel paese di destinazione previsto. Esporrò inoltre le ragioni per le quali ritengo che, in assenza di una simile valutazione, il giudice nazionale sia tenuto a rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento che non sia stata invocata da tale cittadino, qualora disponga di elementi in tal senso.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
9. La direttiva 2008/115 prevede, all’articolo 5, che, «[n]ell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri (...) rispettano il principio di non-refoulement».
10. L’articolo 6, paragrafi 1 e 6, di tale direttiva è formulato come segue:
«1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.
(...)
6. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale».
11. L’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva così dispone:
«Gli Stati membri rinviano l’allontanamento:
a) qualora violi il principio di non-refoulement (...)».
12. Infine, l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva è così formulato:
«1. Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.
2. L’autorità o l’organo menzionati al paragrafo 1 hanno la facoltà di rivedere le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, compresa la possibilità di sospenderne temporaneamente l’esecuzione, a meno che la sospensione temporanea sia già applicabile ai sensi del diritto interno».
B. Diritto dei Paesi Bassi
13. L’articolo 8:69 dell’Algemene wet bestuursrecht (legge generale sul diritto amministrativo) (5), del 4 giugno 1992, così dispone:
«1. Il giudice adito si pronuncia sulla base del ricorso, dei documenti presentati, dell’istruttoria e della trattazione della causa in udienza.
2. Il giudice a integra d’ufficio i motivi di diritto.
3. Il giudice può integrare d’ufficio i fatti».
III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali
14. Il 16 marzo 2011 i ricorrenti, una famiglia composta da due sorelle, K e L, e dai loro genitori, M e N, tutti di nazionalità armena, hanno presentato una domanda di protezione internazionale. Tale domanda è stata respinta con decisione del 9 agosto 2012. Inoltre, ai ricorrenti è stata notificata una decisione di rimpatrio adottata dopo una valutazione dei rischi che essi avrebbero corso in caso di allontanamento verso l’Armenia. Tale decisione è divenuta definitiva.
15. Il 10 maggio 2016 i ricorrenti hanno presentato una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto dei Paesi Bassi. Tale domanda è stata respinta con decisione del 16 giugno 2016, anch’essa divenuta definitiva a seguito del rigetto dei loro ricorsi.
16. Il 18 febbraio 2019 i ricorrenti hanno chiesto un altro permesso di soggiorno, anch’esso previsto dal diritto dei Paesi Bassi, a favore dei minori soggiornanti di lungo periodo [«afsluitingsregeling langdurig verblijvende kinderen» (regime finale relativo ai minori soggiornanti di lungo periodo)] (6). Con provvedimento dell’8 ottobre 2019, il Segretario di Stato ha respinto la loro domanda e ha constatato, da un lato, l’irregolarità del loro soggiorno e, dall’altro, la validità della decisione di rimpatrio adottata nei loro confronti il 9 agosto 2012 (in prosieguo: il «provvedimento controverso»). Tale provvedimento è stato confermato il 12 novembre 2020 a seguito del rigetto del reclamo proposto dai ricorrenti.
17. I ricorrenti hanno proposto ricorso avverso tale rigetto dinanzi al rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond), il quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(7)], in combinato disposto con gli articoli 4 e 19, paragrafo 2, della [Carta] e con l’articolo 5 della direttiva [2008/115], debba essere interpretato nel senso che un’autorità giurisdizionale deve rilevare d’ufficio l’eventuale mancato rispetto dell’obbligo di non-refoulement [non respingimento] sulla base degli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza, come integrati o chiariti durante il procedimento contraddittorio dinanzi a essa. Se la portata di tale obbligo dipenda dalla circostanza se il procedimento in contraddittorio sia stato instaurato con una domanda di protezione internazionale e se la portata di detto obbligo sia dunque diversa nel caso in cui un rischio di refoulement venga valutato nel contesto dell’ammissione, oppure invece nel contesto del rimpatrio.
2) Se l’articolo 5 della direttiva [2008/115], in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della [Carta], debba essere interpretato nel senso che, qualora venga presa una decisione di rimpatrio in un procedimento non instaurato con una domanda di protezione internazionale, la valutazione se il divieto di refoulement osti al rimpatrio deve avere luogo prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio e se un rischio di refoulement accertato osti allora all’adozione di una decisione di rimpatrio o se in siffatta situazione un rischio di refoulement accertato configuri un ostacolo per l’allontanamento.
3) Se una decisione di rimpatrio riacquisti efficacia allorché essa è stata sospesa da un nuovo procedimento non introdotto con una domanda di protezione internazionale, o se l’articolo 5 della direttiva [2008/115], in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della [Carta], debba essere interpretato nel senso che, qualora il rischio di respingimento non sia stato valutato nel procedimento che porta alla rinnovata constatazione dell’irregolarità del soggiorno, deve aver luogo una valutazione attuale del rischio di refoulement e deve allora essere adottata una nuova decisione di rimpatrio. Se la risposta a detta questione sia diversa nel caso in cui non si configuri una decisione di rimpatrio sospesa, bensì una decisione di rimpatrio alla quale il cittadino del paese terzo e le autorità per lungo tempo non hanno dato esecuzione».
18. Hanno presentato osservazioni scritte i governi dei Paesi Bassi, tedesco e svizzero nonché la Commissione europea. Il governo dei Paesi Bassi e la Commissione, ai quali si sono aggiunti i ricorrenti e il governo danese, hanno partecipato all’udienza tenutasi il 21 marzo 2024, nel corso della quale essi hanno anche risposto ai quesiti per risposta orale loro rivolti dalla Corte.
IV. Osservazione preliminare
19. Prima di procedere all’esame delle questioni pregiudiziali, mi sembra utile formulare un’osservazione preliminare relativa al loro oggetto, alla loro ricevibilità nonché all’ordine in cui le esaminerò.
20. Anzitutto, ritengo che occorra rispondere alla terza questione, che riguarda la fase amministrativa del procedimento di rimpatrio. Infatti, il giudice del rinvio si interroga sugli effetti prodotti dalla presentazione, da parte di un cittadino di un paese terzo, di una nuova domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale sul procedimento di rimpatrio precedentemente avviato nei suoi confronti e, in particolare, sulla sussistenza, in capo all’autorità nazionale competente, di un obbligo di procedere a una valutazione aggiornata dei rischi corsi in caso di allontanamento.
21. Occorrerà poi rispondere alla prima questione, che riguarda più in particolare la fase giurisdizionale del procedimento di rimpatrio e l’obbligo incombente all’autorità giudiziaria di rilevare d’ufficio l’eventuale violazione del principio di non respingimento nell’ambito del controllo di legittimità che è chiamata ad effettuare. Sebbene il giudice del rinvio chieda alla Corte, in tale contesto, di interpretare l’articolo 5 della direttiva 2008/115, alla luce dell’articolo 4 e dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, propongo di esaminare tale questione alla luce delle disposizioni dell’articolo 13 di tale direttiva, che sancisce il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva durante lo svolgimento di detto procedimento.
22. Infine, ritengo che non occorra esaminare la seconda questione pregiudiziale poiché, a parte il carattere confuso della sua formulazione, essa non sembra avere alcuna relazione con l’oggetto del procedimento principale. Infatti, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare talune modalità relative al rispetto del principio di non respingimento nell’ipotesi in cui una decisione di rimpatrio non sia stata ancora adottata. Orbene, nel caso di specie, è assodato che i ricorrenti sono oggetto di una decisione di rimpatrio, che è stata adottata il 9 agosto 2012. Tale decisione è divenuta definitiva. Il procedimento principale verte quindi sul rispetto di tale principio nel contesto non già dell’adozione di una decisione di rimpatrio, bensì della sua esecuzione durante l’eventuale svolgimento di un procedimento di rimpatrio.
23. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che detta questione è pertanto irricevibile, poiché invita la Corte a formulare un parere a carattere consultivo su una questione ipotetica, in contrasto con il compito affidato a quest’ultima nell’ambito della cooperazione giudiziaria istituita dall’articolo 267 TFUE (8).
V. Analisi
24. Occorre determinare l’oggetto del provvedimento controverso la cui legittimità è contestata dinanzi all’autorità giudiziaria.
25. Il provvedimento controverso è un atto ibrido. Esso rientra nell’ambito di applicazione sia del diritto dei Paesi Bassi, in quanto nega ai ricorrenti il beneficio di un permesso di soggiorno previsto da tale diritto, sia del diritto dell’Unione, in quanto implica la riattivazione del procedimento di rimpatrio che era stato inizialmente avviato nei loro confronti, constatando la validità della decisione di rimpatrio adottata il 9 agosto 2012 (9).
26. Le questioni sottoposte alla Corte riguardano unicamente la legittimità dell’esecuzione di tale decisione in quanto essa costituisce una decisione di rimpatrio ai sensi dell’articolo 3, punto 4, della direttiva 2008/115 (10).
A. Sull’obbligo dell’autorità nazionale competente di effettuare una valutazione aggiornata dei rischi corsi in caso di allontanamento (terza questione pregiudiziale)
27. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se, in una situazione in cui un’autorità nazionale competente constata l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nei confronti del quale è stata adottata una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva, l’articolo 5 della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che detta autorità è tenuta a riprendere il procedimento di rimpatrio alla fase di esecuzione della decisione in parola o se, preliminarmente, essa sia tenuta ad effettuare una valutazione aggiornata dei rischi che tale cittadino correrebbe in caso di allontanamento verso il paese di destinazione previsto, tenuto conto del periodo di tempo considerevole durante il quale detto procedimento è stato sospeso.
28. Anzitutto, rilevo che il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 2008/115, non contiene disposizioni che determinino espressamente gli effetti che conseguono alla presentazione, da parte di un cittadino di un paese terzo, di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale e al successivo rigetto di tale domanda su una decisione di rimpatrio precedentemente adottata nei suoi confronti.
29. Sebbene la Corte abbia enunciato alcuni principi nella sentenza del 15 febbraio 2016, N. (11), tale sentenza è stata emessa in un contesto fattuale diverso. Infatti, nella causa decisa con detta sentenza, il procedimento di rimpatrio avviato nei confronti dell’interessato era stato interrotto a causa della presentazione non già di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale, bensì di una domanda di protezione internazionale. Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) sottolineava che, conformemente alla sua giurisprudenza, la presentazione di una simile domanda aveva l’effetto d’invalidare de iure qualsiasi decisione di rimpatrio precedentemente adottata nell’ambito di detto procedimento. Orbene, la Corte ha invece dichiarato che, quando un procedimento avviato ai sensi della direttiva 2008/115, nell’ambito del quale è stata adottata una decisione di rimpatrio, è stato interrotto a causa della presentazione di una nuova domanda di protezione internazionale, gli Stati membri sono tenuti, dal momento del rigetto di tale domanda, a riprendere detto procedimento non già all’inizio, bensì alla fase in cui è stato interrotto (12). La Corte ha basato la propria valutazione sulle esigenze di efficacia imposte dal legislatore dell’Unione in sede di attuazione di un procedimento di rimpatrio e, in particolare, sull’obbligo imposto agli Stati membri di procedere all’allontanamento con la massima celerità.
30. Nel procedimento principale, il Segretario di Stato sembra aver ripreso il procedimento di rimpatrio precedentemente avviato nei confronti dei ricorrenti non già al suo inizio, bensì alla fase in cui era stato interrotto, constatando la validità della precedente decisione di rimpatrio.
31. Orbene, in una situazione del genere, l’attuazione del principio enunciato nella sentenza del 15 febbraio 2016, N. (13), sebbene soddisfi le esigenze di efficacia menzionate segnatamente al considerando 4 della direttiva 2008/115, non consente di garantire il rispetto del principio di non respingimento.
32. In primo luogo, ciò è legato alla natura del permesso di soggiorno richiesto. Sebbene, in sede di esame di una domanda di protezione internazionale, l’autorità nazionale competente sia tenuta a rispettare il principio di non respingimento, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95/UE (14), invece, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, non sarebbe consueto nella prassi giuridica dei Paesi Bassi procedere d’ufficio a una valutazione dei rischi che una persona correrebbe in caso di allontanamento a seguito del rigetto di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto dei Paesi Bassi.
33. In secondo luogo, ciò è legato alla durata della sospensione del procedimento di rimpatrio. Nel caso di specie, sebbene il Segretario di Stato abbia adottato la decisione di rimpatrio in un momento in cui l’allontanamento dei ricorrenti verso il loro paese d’origine era legittimo alla luce del principio di non respingimento, appare, alla luce indicazioni del giudice del rinvio, che tale procedimento è stato interrotto per sette anni, vale a dire per un periodo di tempo considerevole, prima di essere ripreso a seguito del rigetto dell’ultima domanda di permesso di soggiorno. È evidente che il decorso di un tale periodo di tempo comporta verosimilmente cambiamenti per quanto riguarda la situazione del cittadino interessato e/o le circostanze esistenti nel paese di destinazione previsto.
34. Orbene, la direttiva 2008/115 mira ad instaurare una politica di allontanamento e di rimpatrio che sia non soltanto efficace, ma anche condotta nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone interessate (15).
35. Qualsiasi decisione di rimpatrio adottata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 ed eseguita sulla base dell’articolo 8, paragrafo 1, della stessa deve rispettare i diritti garantiti dalla Carta, tra cui quelli di cui all’articolo 4 e all’articolo 19, paragrafo 2, della stessa (16). Questi ultimi vietano la tortura, le pene e i trattamenti inumani o degradanti nonché l’allontanamento verso uno Stato in cui esiste un rischio serio che una persona sia sottoposta a trattamenti del genere (17). Secondo la Corte, tale divieto sancisce «uno dei valori fondamentali dell’Unione e dei suoi Stati membri» e ha carattere assoluto in quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana, di cui all’articolo 1 della Carta (18).
36. In tale contesto, l’articolo 5 della direttiva 2008/115 impone agli Stati membri di rispettare il principio di non respingimento «in tutte le fasi della procedura» (19), e ciò fino all’allontanamento (vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro (20)) della persona interessata. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, questi ultimi devono quindi consentire alle persone interessate di far valere qualsiasi mutamento delle circostanze verificatosi successivamente alla decisione di rimpatrio, che presenti rilevanza significativa per la valutazione della loro situazione con riguardo a tale direttiva e, in particolare, al suo articolo 5 (21), poiché l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva impone che essi rinviino l’allontanamento «qualora violi il principio di non-refoulement».
37. In una situazione in cui il procedimento di rimpatrio è stato sospeso per un periodo di tempo considerevole, è indispensabile che l’autorità nazionale competente effettui, prima di riprendere il procedimento di rimpatrio, una nuova valutazione dei rischi che la persona interessata correrebbe in caso di allontanamento, distinta da quella effettuata al momento dell’adozione della decisione di rimpatrio anteriore. Infatti, una sospensione del procedimento per un periodo così lungo esclude che l’autorità nazionale competente possa trarre una conclusione definitiva in merito ai rischi che tale persona correrebbe nel paese di destinazione previsto, con il rischio di violare il principio di non respingimento (22). In mancanza di una simile valutazione, l’obbligo di rimpatrio rischierebbe di non soddisfare più i requisiti di legittimità previsti dal diritto dell’Unione e di essere eseguito ancorché sussistano motivi seri e comprovati per ritenere che l’interessato correrebbe un rischio reale di essere esposto alla tortura o a pene o trattamenti inumani o degradanti in caso di allontanamento in tale paese.
38. Nel caso in cui tale nuova valutazione confermi le conclusioni alle quali l’autorità nazionale competente era giunta al momento dell’adozione della decisione di rimpatrio anteriore, detta autorità deve riprendere il procedimento di rimpatrio alla fase in cui l’ha interrotto e procedere all’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio.
39. Nel caso contrario, l’autorità nazionale competente sarebbe tenuta a rinviare l’allontanamento dell’interessato verso il paese di destinazione previsto, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/115 (23). Tuttavia, nulla osta a che essa proceda, conformemente alle disposizioni previste dal diritto nazionale, al riesame della decisione di rimpatrio anteriore o adotti una nuova decisione di rimpatrio, purché rispetti le garanzie sostanziali e procedurali previste da tale direttiva (24).
40. Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che, in una situazione in cui un’autorità nazionale competente constati l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nei confronti del quale sia stata adottata una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva, l’articolo 5 della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che tale autorità è tenuta, prima di riprendere il procedimento di rimpatrio, a determinare se, tenuto conto del considerevole periodo di tempo durante il quale il procedimento in parola è stato sospeso, la situazione del cittadino di cui trattasi non sia cambiata in modo tale che sussistano motivi seri e comprovati per ritenere che, in caso di esecuzione di detta decisione, quest’ultimo sarebbe esposto a un rischio di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti nel paese di destinazione previsto.
B. Sull’obbligo dell’autorità giudiziaria di rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento (prima questione pregiudiziale)
41. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se, in una situazione in cui un giudice è chiamato a controllare la legittimità di un atto con il quale l’autorità nazionale competente riprende il corso di un procedimento di rimpatrio sospeso per un periodo di tempo considerevole senza però aver effettuato una valutazione aggiornata dei rischi che il cittadino di un paese terzo correrebbe in caso di allontanamento, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5 di tale direttiva nonché con l’articolo 4, l’articolo 19, paragrafo 2, e l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale è tenuto a rilevare d’ufficio, nell’ambito di tale controllo sulla base degli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza e integrati o precisati nel procedimento in contraddittorio che si svolge dinanzi ad esso, la violazione del principio di non respingimento che non sia stata invocata dal cittadino in parola.
42. Secondo il giudice del rinvio, sarebbe infatti inconcepibile che l’autorità giudiziaria rimanga silente nell’ipotesi in cui un rischio di violazione del principio di non respingimento possa essere imminente o non sia stato valutato e i cittadini di paesi terzi, come nel procedimento principale, non si rendano conto di tale rischio e non lo invochino a sostegno della loro domanda di permesso di soggiorno o nell’ambito della loro contestazione della decisione che constata l’irregolarità del loro soggiorno o della decisione di rimpatrio (25).
43. Inoltre, tale giudice chiede alla Corte di precisare se la portata di detto obbligo differisca a seconda che la decisione di rimpatrio sia motivata dal rigetto di una domanda di protezione internazionale o da quello di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale.
1. Sulla sussistenza dell’obbligo
44. Il diritto dell’Unione non richiede, in linea di principio, che il giudice nazionale esamini d’ufficio un motivo vertente sulla violazione di disposizioni dell’Unione quando l’esame di tale motivo lo obbligherebbe ad oltrepassare i limiti della controversia quale è stata circoscritta dalle parti. Siffatta limitazione del potere del giudice nazionale è giustificata dal principio secondo il quale l’iniziativa di un processo spetta alle parti. Di conseguenza, secondo una giurisprudenza costante della Corte, tale giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali in cui l’interesse pubblico esige il suo intervento (26).
45. Per quanto concerne la direttiva 2008/115, l’obbligo di esame d’ufficio incombente al giudice nazionale è stato riconosciuto dalla Corte con riguardo ai presupposti di legittimità di una misura di trattenimento disposta nel corso dell’esecuzione di un procedimento di rimpatrio. Nella sua sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Esame d’ufficio del trattenimento) (27) – alla quale il giudice del rinvio fa espressamente riferimento – la Corte ha dichiarato che l’autorità giudiziaria è tenuta a prendere in considerazione tutti gli elementi, in particolare fattuali, portati a sua conoscenza, come integrati o chiariti nell’ambito di misure procedurali che essa ritenga necessario adottare in base al suo diritto nazionale, e, se del caso, a rilevare, sulla base di detti elementi, la violazione di un presupposto di legittimità derivante dal diritto dell’Unione, anche qualora una simile violazione non sia stata dedotta dall’interessato. A tal fine, la Corte ha fatto riferimento all’importanza del diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta nonché alla gravità dell’ingerenza in detto diritto costituita dal trattenimento e al requisito di una tutela giurisdizionale di livello elevato (28). Essa ha inoltre distinto il contenzioso relativo al trattenimento di un cittadino di un paese terzo, rigorosamente disciplinato dal legislatore dell’Unione, dal contenzioso amministrativo in cui l’iniziativa e la delimitazione del procedimento spettano alle parti (29).
46. Ritengo che un siffatto ragionamento possa essere esteso alla situazione in cui il giudice constata, alla luce degli elementi portati a sua conoscenza, che l’esecuzione di una decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo viola il principio di non respingimento. Infatti, per ragioni analoghe a quelle che ho esposto nelle mie conclusioni pronunciate nella causa che ha dato luogo a detta sentenza (30), la protezione di tale principio richiede che il giudice nazionale possa rilevare d’ufficio il fatto che l’autorità nazionale competente non abbia effettuato una valutazione aggiornata dei rischi corsi in caso di allontanamento verso il paese di destinazione previsto nella decisione di rimpatrio.
47. Ai paragrafi 35 e 36 delle presenti conclusioni, ho ricordato la natura e la portata del principio di non respingimento nel contesto dell’esecuzione di un procedimento di rimpatrio. Ho menzionato il suo carattere imperativo e rimarcato la sua importanza. Ho del pari ricordato che gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto del principio in parola «in tutte le fasi della procedura», vale a dire, tanto nell’ambito della fase amministrativa di quest’ultima, nel corso della quale sono adottate le decisioni connesse al rimpatrio, quanto nell’ambito della sua fase giurisdizionale, nel corso della quale viene esaminata la legittimità di tali decisioni, dato che la procedura di rimpatrio si conclude solo al momento dell’allontanamento effettivo dell’interessato verso il suo paese d’origine, un paese di transito o un altro paese.
48. Aggiungo che, in forza dell’articolo 47 della Carta, gli Stati membri devono assicurare una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione (31). Per quanto riguarda il controllo di legittimità delle decisioni connesse al rimpatrio, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 impone agli Stati membri di mettere a disposizione dell’interessato un mezzo di ricorso effettivo dinanzi a un’autorità giudiziaria o amministrativa competente. Ai sensi della giurisprudenza della Corte, le caratteristiche di tale mezzo di ricorso devono essere determinate conformemente all’articolo 47 della Carta e nel rispetto del principio di non respingimento garantito dall’articolo 18 e dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (32). Pertanto, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, un ricorso deve necessariamente essere munito di un effetto sospensivo quando è proposto avverso una decisione di rimpatrio la cui esecuzione può esporre il cittadino interessato di un paese terzo a un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, garantendo così, nei confronti di tale cittadino, il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 2, e all’articolo 47 della Carta (33).
49. Inoltre, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 stabilisce che l’autorità giudiziaria o amministrativa dinanzi alla quale viene contestata la legittimità di una decisione connessa al rimpatrio ha la facoltà di rivedere tale decisione e di rinviare, se del caso, l’allontanamento (34). Si tratta di una disposizione imperativa, come dimostra l’uso, nella versione in lingua inglese, dell’espressione «shall have the power» (e non «may have the power»).
50. Le modalità procedurali così definite all’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2008/115 hanno lo scopo di garantire che una persona nei cui confronti è stata adottata una decisione di rimpatrio non sia allontanata verso il paese di destinazione previsto quando i requisiti di legittimità enunciati all’articolo 5 di tale direttiva, tra i quali il rispetto del principio di non respingimento, non siano o non siano più soddisfatti a causa di circostanze successive all’adozione di tale decisione.
51. Orbene, la tutela giurisdizionale richiesta dall’articolo 47 della Carta non sarebbe né effettiva né completa se il giudice nazionale non avesse l’obbligo di constatare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento quando gli elementi messi a sua disposizione tendano a dimostrare che la decisione di rimpatrio sia fondata su una valutazione obsoleta dei rischi e di trarne tutte le conseguenze sull’esecuzione di tale decisione esigendo che l’autorità nazionale competente effettui una valutazione aggiornata di questi ultimi prima di attuarla. Qualora così non fosse, una limitazione del suo ufficio potrebbe comportare la conseguenza che una simile decisione sia eseguita laddove l’interessato rischierebbe di essere sottoposto, nel paese di destinazione previsto, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti che costituiscono atti vietati in modo assoluto dall’articolo 4 della Carta.
52. Al riguardo, il governo dei Paesi Bassi ha sostenuto, nelle sue osservazioni, che l’autorità giudiziaria dovrebbe rinviare l’interessato presso l’autorità competente per l’esame delle domande di protezione internazionale – vale a dire l’«autorità accertante», ai sensi dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 2013/32/UE (35) – affinché quest’ultima valuti i rischi corsi in caso di allontanamento. Sebbene la scelta dell’autorità nazionale competente a tal fine rientri nell’autonomia procedurale di ciascuno Stato membro e sebbene sia vero, come ha rilevato detto governo, che l’autorità accertante dispone di mezzi adeguati e di personale competente in materia, non si può tuttavia esigere che l’interessato presenti una domanda di protezione internazionale per garantire il pieno rispetto del principio di non respingimento sancito all’articolo 5 della direttiva 2008/115.
53. Inoltre, sottolineo che un siffatto approccio implica necessariamente che l’autorità giudiziaria sia in grado di constatare la violazione del principio di non respingimento e sia capace di valutare, in larga misura, la natura e la gravità dei trattamenti ai quali l’interessato rischia di essere esposto nel paese di destinazione previsto, prima di invitarlo a presentare una domanda di protezione internazionale. Infatti, sebbene, come sostenuto dal governo dei Paesi Bassi in udienza, una simile domanda sarebbe in tal caso prioritaria (36), resta il fatto che, nel caso di specie, essa porterebbe a sospendere nuovamente il procedimento di rimpatrio avviato nei confronti dell’interessato (37) e a prolungare il periodo durante il quale quest’ultimo si troverebbe in una situazione intermedia, nel territorio dello Stato membro, senza diritto né permesso di soggiorno.
54. Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che, in una situazione in cui un giudice è chiamato a controllare la legittimità di un atto con il quale l’autorità nazionale competente riprende il corso di un procedimento di rimpatrio sospeso per un periodo di tempo considerevole senza però aver effettuato una valutazione aggiornata dei rischi che il cittadino di un paese terzo correrebbe in caso di allontanamento, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5 di tale direttiva nonché con l’articolo 4, l’articolo 19, paragrafo 2, e l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale è tenuto a rilevare d’ufficio, nell’ambito del controllo in parola sulla base degli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza e integrati o precisati nel procedimento in contraddittorio che si svolge dinanzi ad esso, la violazione del principio di non respingimento che non sia stata invocata da tale cittadino.
2. Sulla portata dell’obbligo
55. Il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare se la portata dell’obbligo di rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento differisca a seconda che la decisione di rimpatrio sia motivata dal rigetto di una domanda di protezione internazionale o da quello di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale. Infatti, secondo tale giudice, mentre l’autorità nazionale competente è tenuta a rispettare il principio in parola ogni volta che esamina una domanda di protezione internazionale, e ciò conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, invece, nella prassi giuridica dei Paesi Bassi, non è consueto che detta autorità valuti d’ufficio il rispetto di detto principio prima del rigetto di una domanda di permesso di soggiorno fondato sul diritto dei Paesi Bassi.
56. A mio avviso, il ruolo dell’autorità giudiziaria, che si pronuncia sulla legittimità di una decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo, e la portata dell’obbligo ad essa incombente di rilevare d’ufficio una violazione del principio di non respingimento non dovrebbero essere differenziati a seconda della natura del permesso di soggiorno richiesto e, in particolare, a seconda che detta decisione sia motivata dal rigetto di una domanda di protezione internazionale o da quello di una domanda di permesso di soggiorno fondato sul diritto nazionale.
57. Infatti, dalla formulazione stessa dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta e, in particolare, dall’espressione «[n]essuno può essere allontanato» risulta che la protezione contro il respingimento si applica pienamente a tutti i cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status o dai motivi del loro respingimento.
58. Inoltre, la Corte ha ricordato nella sentenza del 3 giugno 2021, Westerwaldkreis (38), che l’ambito di applicazione della direttiva 2008/115 è definito con riferimento alla sola situazione di soggiorno irregolare in cui si trova un cittadino di un paese terzo, indipendentemente dai motivi di tale situazione o dalle misure che possono essere adottate nei confronti di tale cittadino (39). Risulta infatti dall’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 2008/115 e dal punto 60 della sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (40), che, sebbene la decisione di rimpatrio possa essere adottata contemporaneamente o immediatamente dopo la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale, si tratta in effetti di due decisioni distinte, e ogni decisione di rimpatrio deve rispettare le garanzie procedurali previste dal capo III di tale direttiva nonché le altre pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione e del diritto nazionale.
59. La sentenza del 6 luglio 2023, Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Rifugiato che ha commesso un reato grave) (41), ne costituisce una perfetta illustrazione. In tale sentenza, la Corte ha infatti dichiarato che non si può ritenere che la revoca dello status di rifugiato, in applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2011/95, implichi una presa di posizione riguardo alla diversa questione se tale persona possa essere allontanata verso il suo paese di origine e che le conseguenze, per il cittadino interessato di un paese terzo, di un eventuale rimpatrio di quest’ultimo nel suo paese di origine sono destinate ad essere prese in considerazione non già al momento dell’adozione della decisione di revoca dello status di rifugiato, bensì, eventualmente, quando l’autorità competente preveda di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di detto cittadino di un paese terzo (42).
60. Ne consegue che il principio di non respingimento deve essere rispettato ogniqualvolta uno Stato membro constati l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nel proprio territorio nazionale e adotti una decisione di rimpatrio, e ciò indipendentemente dalla natura dei motivi all’origine dell’adozione di una decisione di rimpatrio o dalla forma dell’atto.
61. Di conseguenza, ritengo che il ruolo dell’autorità giudiziaria che si pronuncia sulla legittimità dell’esecuzione di una decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo e la portata dell’obbligo ad essa incombente di rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento non possano essere differenziati a seconda che detta decisione sia motivata dal rigetto di una domanda di protezione internazionale o da quello di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale.
VI. Conclusione
62. Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats Roermond (Tribunale dell’Aia, sede di Roermond, Paesi Bassi) nel modo seguente:
1) L’articolo 5 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
in una situazione in cui un’autorità nazionale competente constati l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nei confronti del quale sia stata adottata una precedente decisione di rimpatrio, divenuta definitiva, tale autorità è tenuta, prima di riprendere il procedimento di rimpatrio, a determinare se, tenuto conto del considerevole periodo di tempo durante il quale il procedimento in parola è stato sospeso, la situazione del cittadino di cui trattasi non sia cambiata in modo tale che sussistano motivi seri e comprovati per ritenere che, in caso di esecuzione di detta decisione, quest’ultimo sarebbe esposto a un rischio di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti nel paese di destinazione previsto.
2) L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5 di tale direttiva nonché con l’articolo 4, l’articolo 19, paragrafo 2, e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali,
deve essere interpretato nel senso che:
in una situazione in cui un giudice è investito del controllo della legittimità di un atto con il quale l’autorità nazionale competente riprende il corso di un procedimento di rimpatrio sospeso per un periodo di tempo considerevole senza però aver effettuato una valutazione aggiornata dei rischi che il cittadino di un paese terzo correrebbe in caso di allontanamento, il giudice nazionale è tenuto a rilevare d’ufficio, nell’ambito di tale controllo sulla base degli elementi del fascicolo portati a sua conoscenza e integrati o precisati nel procedimento in contraddittorio che si svolge dinanzi ad esso, la violazione del principio di non respingimento che non sia stata invocata da tale cittadino.
Il ruolo dell’autorità giudiziaria che si pronuncia sulla legittimità dell’esecuzione di una decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo e la portata dell’obbligo ad essa incombente di rilevare d’ufficio la violazione del principio di non respingimento non possono essere differenziati a seconda che detta decisione sia motivata dal rigetto di una domanda di protezione internazionale o da quello di una domanda di permesso di soggiorno previsto dal diritto nazionale.