Language of document : ECLI:EU:C:2024:416

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 16 maggio 2024 (1)

Causa C184/23

Finanzamt T

contro

S

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Sesta direttiva 77/388/CEE – Articolo 2, punto 1, e articolo 4, paragrafo 4, secondo comma – Campo di applicazione dell’IVA – Soggetti passivi – Facoltà per gli Stati membri di considerare come unico soggetto passivo entità giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi (“gruppo IVA”) – Prestazioni effettuate a titolo oneroso tra membri del gruppo IVA – Assoggettamento a imposta di tali prestazioni – Destinatario della prestazione non legittimato a detrarre l’IVA – Rischio di perdite di gettito fiscale»






I.      Introduzione

1.        Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso tra soggetti rientranti in un gruppo IVA (2) (dette «operazioni interne» al gruppo IVA) ricadono nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e sono, se del caso, soggette a tale imposta? La risposta a tale quesito cambia nel caso in cui il destinatario della cessione o della prestazione non sia (o sia solo parzialmente) legittimato a detrarre l’imposta a monte?

2.        Queste sono, sostanzialmente, le questioni che la Corte deve trattare nella presente causa avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) con riferimento all’interpretazione dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (3).

3.        Tale domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia che ha già dato luogo a una prima domanda pregiudiziale cui la Corte ha risposto con la sentenza del 1º dicembre 2022, Finanzamt T (Prestazioni interne di un gruppo IVA) (C‑269/20, EU:C:2022:944; in prosieguo: la «sentenza Finanzamt T I»). È a seguito di quest’ultima sentenza e della sentenza pronunciata lo stesso giorno nella causa Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie (C‑141/20, EU:C:2022:943; in prosieguo: la «sentenza Diakonie») che il giudice del rinvio ha iniziato a nutrire i dubbi che lo hanno condotto a presentare la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

4.        La presente causa offre pertanto alla Corte l’occasione, da un lato, di fornire ulteriori chiarimenti sul regime giuridico applicabile al gruppo IVA, che è stato già oggetto di copiosa giurisprudenza, e, dall’altro, di precisare altresì la portata di queste due sentenze.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        La sesta direttiva è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 1º gennaio 2007, dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (4) (in prosieguo: la «direttiva IVA»). Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti oggetto del procedimento principale, quest’ultimo rimane disciplinato dalla sesta direttiva.

6.        L’articolo 2 della sesta direttiva così disponeva:

«Sono soggette all’[IVA]:

1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

7.        L’articolo 4, paragrafi 1 e 4, della sesta direttiva stabiliva quanto segue:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

(...)

4.      L’espressione “in modo indipendente”, di cui al paragrafo 1, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

Con riserva della consultazione di cui all’articolo 29, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

B.      Diritto tedesco

8.        L’articolo 2, paragrafo 2, dell’Umsatzsteuergesetz (legge sull’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG»), nella sua versione applicabile al procedimento principale, è formulato come segue:

«L’attività industriale, commerciale, artigianale o professionale non è esercitata in modo indipendente:

(...)

2.      qualora la struttura generale dei legami effettivi dimostri che una persona giuridica è integrata, dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo, nell’impresa della società madre (unità fiscale, “Organschaft”). Gli effetti dell’unità fiscale si limitano alle prestazioni interne tra le parti dell’impresa situate all’interno del paese. Tali parti dell’impresa devono essere trattate come un’unica impresa. (...)

(...)».

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

9.        I fatti di cui al procedimento principale sono identici a quelli illustrati nella sentenza Finanzamt T I (5). Ai fini del presente procedimento, essi possono essere riassunti come segue.

10.      S, una fondazione tedesca di diritto pubblico, costituisce la società madre sia di un dipartimento di medicina universitaria, sia della società U‑GmbH (in prosieguo: la «U‑GmbH». Detta fondazione è soggetta all’IVA per i servizi di assistenza che essa fornisce a titolo oneroso, ma non è considerata soggetto passivo per le attività di formazione che svolge nell’ambito dell’esercizio di sue prerogative di potere pubblico. Tuttavia, le prestazioni mediche sono esenti da IVA conformemente alla sesta direttiva.

11.      Per l’esercizio fiscale dell’anno 2005, la U‑GmbH ha fornito a S, tra gli altri, servizi di pulizia. Tali servizi sono stati forniti per tutto il complesso edilizio del dipartimento di medicina universitaria, di cui fanno parte le camere di degenza, i corridoi, le sale operatorie, le aule e i laboratori.

12.      Lo spazio ospedaliero, in quanto tale, purché sia dedicato alle cure dispensate ai pazienti, rientra nel settore delle attività economiche svolte da S, per le quali quest’ultima è soggetta all’IVA, mentre le aule, i laboratori e gli altri locali sono utilizzati per la formazione degli studenti, attività che tale fondazione svolgerebbe nell’esercizio di sue prerogative di potere pubblico e per la quale non sarebbe considerata assoggettata a tale imposta.

13.      La proporzione della superficie del complesso edilizio in questione, per la quale sono stati forniti servizi di pulizia per le attività esercitate da S quale autorità pubblica, ammontava al 7,6 % della superficie totale del suddetto complesso edilizio. Per tali servizi, la U‑GmbH ha ricevuto da S una retribuzione pari a un importo complessivo di EUR 76 085,48.

14.      A seguito di una verifica, l’amministrazione tributaria ha rettificato l’avviso di accertamento di S per l’esercizio fiscale di cui trattasi, considerando che gli stabilimenti di quest’ultima costituivano un’unica impresa, per la quale doveva essere redatta una sola dichiarazione IVA e, pertanto, doveva essere emesso un solo avviso di accertamento.

15.      Inoltre, secondo l’amministrazione tributaria, i servizi di pulizia di cui S aveva beneficiato per le sue attività rientranti nell’esercizio di sue prerogative di potere pubblico, le sarebbero stati forniti dalla U‑GmbH nell’ambito dell’unità fiscale (Organschaft) che tali entità componevano, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG, che mira ad attuare, nel diritto tedesco, la facoltà, prevista all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, di considerare i membri di un gruppo IVA come costituenti un unico soggetto passivo.

16.      A parere dell’amministrazione tributaria, i servizi di pulizia forniti per le attività rientranti nei pubblici poteri erano, quindi, non imponibili, sarebbero stati effettuati per finalità estranee all’impresa e avrebbero generato a favore di S una «prestazione di servizi a titolo gratuito, assimilata a una prestazione di servizi a titolo oneroso» (6).

17.      Alla luce di tali elementi, l’amministrazione tributaria ha ritenuto, tenendo conto della percentuale, pari al 7,6 % della superficie del complesso edilizio in questione, destinata alle attività svolte da S nell’esercizio di sue prerogative di potere pubblico, che la somma corrispondente alla pulizia di tale quota di superficie, da parte della U‑GmbH ammontasse a EUR 5 782,50. Previa detrazione di una maggiorazione a titolo di utili, valutata in EUR 525,66, l’amministrazione tributaria ha fissato in EUR 5 257 la base imponibile per la fornitura di una «prestazione di servizi a titolo gratuito» e, pertanto, un’IVA maggiorata di EUR 841,12.

18.      Il rigetto del reclamo amministrativo proposto da S avverso tale avviso di accertamento in rettifica è stato oggetto di ricorso dinanzi al Finanzgericht (Tribunale tributario, Germania), che ha accolto detto ricorso.

19.      L’amministrazione tributaria ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») avverso detta sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), il giudice del rinvio che ha sottoposto alla Corte la domanda di pronuncia pregiudiziale che ha dato luogo alla sentenza Finanzamt T I.

20.      Il giudice del rinvio ritiene che una domanda di pronuncia pregiudiziale si renda di nuovo necessaria nell’ambito della controversia dinanzi a lui attualmente pendente.

21.      Infatti, a parere di detto giudice, a seguito della sentenza Diakonie e, specificamente, alla luce del ragionamento contenuto ai punti da 77 a 80 di detta sentenza, persisterebbe un’incertezza quanto alla questione se l’esistenza di un gruppo di più persone considerato come un unico soggetto passivo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, comporti che le prestazioni fornite a titolo oneroso tra dette persone non ricadono nel campo di applicazione dell’IVA in forza dell’articolo 2, punto 1, di detta direttiva. Né la sentenza Diakonie né la giurisprudenza della Corte fornirebbero una risposta chiara quanto all’imponibilità delle operazioni interne.

22.      A parere di detto giudice, non è nemmeno chiaro se le operazioni interne nell’ambito di un gruppo IVA non debbano, in ogni caso, rientrare nel campo di applicazione dell’IVA, quando il destinatario della prestazione non è legittimato o è legittimato solo parzialmente a detrarre l’IVA a monte, sussistendo altrimenti un rischio di perdite di gettito fiscale. Questi dubbi deriverebbero dalle sentenze Finanzamt T I e Diakonie (7) in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva non osta all’organizzazione di un gruppo IVA come quello di cui trattasi nel diritto tedesco, in cui la società madre è designata come unico soggetto passivo, solo a condizione che ciò non comporti un rischio di perdite di gettito fiscale.

23.      In tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la riunione di più persone in un unico soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della [sesta direttiva], implichi che le prestazioni a titolo oneroso tra tali persone non ricadano nella sfera di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 2, n. 1, della direttiva medesima.

2)      Se le prestazioni a titolo oneroso tra tali soggetti ricadano in ogni caso nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, qualora il destinatario della prestazione non sia (o sia solo parzialmente) legittimato alla detrazione dell’imposta a monte, sussistendo altrimenti il rischio di perdite del gettito fiscale».

24.      S, il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte.

IV.    Analisi

25.      Con le sue due questioni pregiudiziali, che, a mio avviso, occorre trattare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 2, punto 1, e l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva debbano essere interpretati nel senso che le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso tra soggetti rientranti in un gruppo IVA – conformemente alla succitata ultima disposizione – non ricadono nel campo di applicazione dell’IVA e ciò, in ogni caso, quando il destinatario della prestazione non sarebbe (o sarebbe solo parzialmente) legittimato a detrarre l’imposta a monte, il che comporterebbe un rischio di perdite di gettito fiscale.

26.      Le due questioni pregiudiziali sollevate nella presente causa mirano, quindi, a verificare se le operazioni interne tra i membri di un gruppo IVA debbano essere considerate come operazioni soggette a IVA. A tal proposito, la Corte non ha ancora avuto occasione di pronunciarsi in maniera esplicita su detta questione.

27.      Il giudice del rinvio sostiene che i dubbi all’origine di queste due questioni pregiudiziali traggono origine da due sentenze pronunciate di recente dalla Corte, vale a dire le succitate sentenze Finanzamt T I e Diakonie. Esso precisa altresì che, secondo una giurisprudenza costante, le operazioni interne tra membri di un gruppo IVA non sono imponibili.

28.      Tuttavia, dalla lettura della domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che detto giudice tende a ritenere che, nel diritto dell’Unione, tali operazioni interne dovrebbero essere considerate come soggette a IVA. Per contro, le tre parti che hanno depositato osservazioni dinanzi alla Corte sostengono, dal canto loro, la tesi inversa secondo cui tali operazioni interne non ricadono nel campo di applicazione dell’IVA.

29.      La risposta alle due questioni pregiudiziali sollevate da detto giudice nella presente causa impone di chiarire l’interazione tra, da un lato, l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva che, nella sua vigenza, determinava il campo di applicazione dell’IVA e, dall’altro, l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di detta direttiva, che consentiva a ciascuno Stato membro di autorizzare gli operatori economici stabiliti nel territorio di quest’ultimo a costituire un gruppo IVA (8). Per determinare l’interazione tra queste due disposizioni è necessario procedere alla loro interpretazione.

30.      In tale contesto, occorre ricordare che, conformemente a una consolidata giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del loro tenore letterale, ma anche del loro contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte (9).

31.      Inoltre, dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di disposizioni di diritto dell’Unione, come le disposizioni pertinenti nella presenta causa, che non contengano alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del loro senso e della loro portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme (10).

A.      Sull’interpretazione letterale delle disposizioni pertinenti

32.      Il giudice del rinvio ritiene che la formulazione delle disposizioni pertinenti nel caso di specie deponga a favore dell’imponibilità delle operazioni interne. Ciò emergerebbe dal fatto che l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva non compie alcuna distinzione, per quanto attiene all’imponibilità, tra le operazioni interne al gruppo IVA e i servizi forniti a titolo oneroso a terzi. Secondo detto giudice, l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di detta direttiva, ammetterebbe, per contro, sia l’ipotesi dell’imponibilità che quella della non imponibilità delle operazioni interne.

33.      A tal proposito, per quanto attiene, in primo luogo, all’articolo 2 della sesta direttiva, detta disposizione definisce, come ricordato in precedenza, il campo di applicazione dell’IVA (11). Essa prevede, in particolare al suo punto 1, che sono soggette ad IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

34.      Inoltre, da una giurisprudenza consolidata si evince che «una prestazione è imponibile soltanto qualora esista tra il prestatore e il destinatario un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni», fermo restando che il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario (12).

35.      Pertanto, dalla formulazione dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva emerge in maniera esplicita che, per poter ricadere nel campo di applicazione dell’IVA, la cessione di beni o la prestazione di servizi di cui trattasi deve essere effettuata da «un soggetto passivo». Ne consegue, a contrario, che, se una cessione di beni o una prestazione di servizi è effettuata da una persona che non è qualificata come «soggetto passivo», detta cessione o prestazione non è soggetta all’IVA. La determinazione della portata della nozione di «soggetto passivo» riveste, pertanto, un ruolo determinante ai fini della determinazione dell’imponibilità o meno di determinate operazioni (13).

36.      La nozione di «soggetto passivo» è definita, in termini generali, all’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, ai sensi del quale si considera soggetto passivo chiunque esercita «in modo indipendente» una delle attività economiche di cui al paragrafo 2 di detto articolo indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

37.      A tal proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, per assicurare un’applicazione uniforme della sesta direttiva, occorre che la nozione di «soggetto passivo» di cui al capo IV della direttiva medesima sia oggetto d’interpretazione autonoma e uniforme (14).

38.      Per quanto attiene, in secondo luogo, all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva (15), dalla sua formulazione emerge che detta disposizione consente ad ogni Stato membro di considerare come unico soggetto passivo più entità qualora queste siano stabilite sul territorio dello stesso Stato membro e, sebbene siano giuridicamente indipendenti, risultino strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Detto articolo, in base alla sua formulazione, non subordina la sua applicazione ad altre condizioni e non prevede nemmeno la possibilità, per gli Stati membri, di imporre altre condizioni agli operatori economici per poter costituire un gruppo IVA (16).

39.      Secondo una giurisprudenza costante, l’attuazione del regime previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva implica che la normativa nazionale adottata sul fondamento di tale disposizione autorizzi le entità caratterizzate da vincoli di carattere finanziario, economico e organizzativo a cessare di essere considerate distinti soggetti passivi ai fini dell’IVA per essere considerate come un unico soggetto passivo. In tal senso, qualora uno Stato membro applichi tale disposizione, la o le entità subordinate ai sensi della disposizione medesima non possono essere considerate soggetti passivi ai sensi dall’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva (17).

40.      Ne consegue, sempre in base a tale giurisprudenza costante, che l’assimilazione ad un soggetto passivo unico in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva esclude che i membri del gruppo IVA continuino a presentare separatamente dichiarazioni IVA e continuino ad essere individuati, tanto all’interno quanto all’esterno del loro gruppo, quali soggetti passivi, dato che solo il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare tali dichiarazioni. La disposizione in discorso presuppone quindi necessariamente, qualora uno Stato membro ne faccia applicazione, che, per effetto della normativa nazionale di trasposizione, il soggetto passivo sia unico e che al gruppo sia assegnato un unico numero di partita IVA (18).

41.      Pertanto, dalla giurisprudenza della Corte che ho appena ricordato emerge che, quando più soggetti giuridicamente indipendenti formano un gruppo IVA ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, tali soggetti smettono di essere considerati quali soggetti passivi distinti e costituiscono insieme, ai fini dell’IVA, un soggetto passivo unico. Tale soggetto passivo unico sarà o il gruppo IVA stesso, o – se la normativa nazionale pertinente lo prevede e come chiarito dalla Corte nelle sentenze Finanzamt T I e Diakonie – uno dei suoi membri, vale a dire la società madre di detto gruppo qualora quest’ultima sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità facenti parte di detto gruppo e a condizione che la sua designazione non comporti un rischio di perdite di gettito fiscale (19).

42.      Dala fatto che un gruppo IVA sia considerato come un unico soggetto passivo, in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, risulta che le prestazioni di servizi effettuate da un terzo a favore di un membro del gruppo IVA devono essere considerate, ai fini dell’IVA, come effettuate a favore non di detto membro, ma del gruppo IVA cui il medesimo appartiene nel suo insieme (20) e viceversa (21).

43.      L’analisi letterale delle due disposizioni pertinenti compiuta alla luce della giurisprudenza della Corte ai paragrafi da 38 a 40 delle presenti conclusioni consente di stabilire l’interazione tra queste due disposizioni.

44.      Questa analisi mostra, da un lato, che, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva, affinché una cessione di beni o una prestazione di servizi possa ricadere nel campo di applicazione dell’IVA, essa deve essere effettuata da un «soggetto passivo». Dall’altro, essa mostra altresì che il gruppo IVA costituisce un unico soggetto passivo e che le entità appartenenti a detto gruppo IVA smettono di essere considerate, a titolo individuale, quali soggetti passivi distinti. Orbene, il necessario coordinamento tra queste due constatazioni depone a favore di un’interpretazione combinata delle suddette due disposizioni nel senso che le operazioni interne, vale a dire le prestazioni fornite a titolo oneroso tra i membri di un gruppo IVA, non ricadono nel campo di applicazione dell’IVA.

45.      Infatti, la soluzione opposta, secondo cui prestazioni fornite da un membro del gruppo IVA a un altro membro del medesimo gruppo IVA (o al gruppo IVA in quanto tale), costituirebbero operazioni soggette a IVA ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva presupporrebbe che detto membro sia un soggetto passivo conformemente a detta disposizione, il che è incompatibile con la natura di unico soggetto passivo del gruppo IVA, come emerge dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di detta direttiva e dalla costante giurisprudenza della Corte citata ai paragrafi da 38 a 40 delle presenti conclusioni.

46.      Con la costituzione di un gruppo IVA diventa soggetto passivo il gruppo stesso, mentre ha fine l’obbligo tributario distinto di coloro tra i suoi membri che erano soggetti passivi ai fini IVA prima di entrare nel gruppo e il trattamento ai fini dell’IVA delle operazioni del gruppo, sia tra entità al suo interno sia con terzi, è analogo a quello di un unico soggetto passivo che opera autonomamente (22).

47.      Ne consegue che una persona che, in ragione della sua appartenenza a un gruppo IVA, smette di essere considerata come soggetto passivo a fini IVA non può essere considerata come soggetto che effettua a titolo individuale una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, né all’esterno del gruppo, vale a dire a terzi, né all’interno del gruppo IVA cui essa appartiene, vale a dire ad altri membri del medesimo gruppo. All’esterno la cessione di beni o la prestazione di servizi sarà considerata, a fini IVA, come effettuata dall’unico soggetto passivo, vale a dire, in linea di principio, dal gruppo IVA stesso che sarà debitore della relativa imposta (23). All’interno del gruppo, le operazioni interne realizzate tra i membri del gruppo sono considerate realizzate dal gruppo per suo conto e, di conseguenza, sono inesistenti ai fini IVA (24). Infatti, quali operazioni (reciproche) tra entità appartenenti a un unico soggetto passivo, esse costituiscono, a fini IVA, dei «flussi interni» non imponibili, a differenza delle operazioni soggette ad imposta realizzate con terzi (25).

48.      Inoltre, una siffatta interpretazione delle disposizioni pertinenti, come emerge dalla loro analisi letterale, è, da un lato, conforme a quella contenuta negli orientamenti scaturiti dalla 119a riunione del comitato IVA del 22 novembre 2021 (26) che, benché privi di valore vincolante, rappresentano tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, un ausilio all’interpretazione della sesta direttiva (27). Dall’altro, essa è altresì conforme all’interpretazione contenuta nella comunicazione della Commissione del 2009 sui gruppi IVA (28).

49.      Pertanto, occorre verificare poi se l’interpretazione delle disposizioni pertinenti risultante dall’analisi letterale di esse, alla luce della giurisprudenza della Corte, sia confermata dalla loro interpretazione contestuale e teleologica.

B.      Sull’interpretazione contestuale delle disposizioni pertinenti

1.      Sull’analisi contestuale

50.      Il giudice del rinvio ritiene che l’analisi contestuale delle disposizioni pertinenti deponga anch’essa a favore dell’imponibilità delle operazioni interne. Infatti, i membri del gruppo IVA realizzerebbero le loro operazioni interne nell’ambito di un’«attività economica indipendente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva. La risposta fornita dalla Corte alla quarta questione pregiudiziale sottoposta nella sentenza Diakonie confermerebbe detta analisi.

51.      Per rispondere ai dubbi illustrati dal giudice del rinvio a livello contestuale, occorre affrontare la questione della relazione tra, da un lato, la condizione relativa all’esercizio di un’attività economica «in modo indipendente», cui si riferisce la definizione generale di soggetto passivo prevista all’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, e, dall’altro, il regime del gruppo IVA come risultante dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di detta direttiva.

52.      A tal riguardo, da un punto di vista contestuale, occorre anzitutto osservare che, nella sesta direttiva, l’articolo 4 costituisce il solo articolo del capo IV di tale direttiva intitolato «Soggetti passivi». Per quanto attiene alla struttura di detto articolo, il suo primo paragrafo contiene la definizione generale di soggetto passivo mentre, come sottolinea giustamente la Commissione, le altre disposizioni circoscrivono e specificano detta nozione generale includendo o escludendo taluni casi.

53.      Per quanto attiene, in particolare, alla condizione secondo cui l’attività economica deve essere esercitata «in modo indipendente», la sua portata è precisata all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva in forza del quale l’espressione «in modo indipendente» esclude dall’assoggettamento all’IVA i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato «o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro».

54.      Dalla giurisprudenza della Corte emerge, inoltre, che, per quanto riguarda il contesto dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, non risulta né da tale disposizione né dal sistema istituito dalla direttiva citata che esso sia una disposizione derogatoria o particolare che debba essere interpretata in modo restrittivo. La condizione relativa all’esistenza di uno stretto vincolo finanziario non può, pertanto, essere interpretata in maniera restrittiva (29).

55.      Inoltre, la Corte ha esplicitamente dichiarato che l’interpretazione autonoma e uniforme della nozione di «soggetto passivo», menzionata al paragrafo 37 delle presenti conclusioni, si impone anche per detta disposizione, malgrado il carattere facoltativo, per gli Stati membri, del regime che la stessa prevede, al fine di evitare, nella sua attuazione, divergenze nell’applicazione nel regime medesimo da uno Stato membro all’altro (30).

56.      Per quanto attiene alla specificazione della nozione generale di «soggetto passivo» (nel senso indicato al paragrafo 52 delle presenti conclusioni) compiuta all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, essa consiste nella previsione esplicita secondo cui – come risulta dall’analisi letterale sviluppata supra – se le condizioni richieste da detta disposizione sono soddisfatte, un gruppo IVA rappresenta, in forza di una fictio iuris, un unico soggetto passivo a fini IVA. Questo «meccanismo» presuppone che detto unico soggetto passivo si sostituisca ai membri considerati individualmente quale soggetto passivo IVA, e ciò a prescindere dalla questione se detti membri esercitino o meno in modo indipendente un’attività economica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva.

57.      A tal proposito, occorre osservare che, nella sua giurisprudenza, la Corte ha già avuto occasione di rilevare che la condizione relativa all’esercizio di un’attività economica «in modo indipendente», richiesto ai fini della qualificazione come soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, rappresenta una questione giuridica distinta rispetto a quella della configurazione del gruppo IVA come unico soggetto passivo e che queste due questioni non sono necessariamente legate tra loro. È, pertanto, in questo contesto che si inserisce, a mio parere, la risposta alla quarta questione pregiudiziale data dalla Corte nella sentenza Diakonie all’origine dei dubbi del giudice del rinvio. Esaminerò, quindi, anzitutto, la succitata giurisprudenza prima di analizzare la parte pertinente della sentenza Diakonie.

2.      Sulla giurisprudenza riguardante il rapporto tra la condizione relativa all’esercizio di un’attività economica «in modo indipendente» e il regime del gruppo IVA

58.      La prima questione pregiudiziale posta alla Corte nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza Skandia (31) riguardava la questione se prestazioni di servizi fornite da uno stabilimento principale, stabilito in un paese terzo, alla propria succursale, stabilita in uno Stato membro, costituiscano operazioni soggette a IVA qualora tale succursale appartenga a un gruppo IVA.

59.      In termini generali, secondo la giurisprudenza della Corte, uno stabilimento principale e una succursale costituiscono un unico e medesimo soggetto passivo a fini dell’IVA, salvo che sia dimostrato che la succursale svolge un’attività economica indipendente (32).

60.      In tale contesto, la Corte ha, innanzitutto, analizzato se, nel caso di specie, la succursale operasse o meno in modo autonomo. Essa ha constatato che così non era e che, quindi, detta succursale non poteva possedere, di per sé, lo status di soggetto passivo ai sensi della direttiva IVA (33).

61.      Tuttavia, la Corte ha dichiarato che, posto che detta succursale apparteneva a un gruppo IVA e formava così con gli altri appartenenti di detto gruppo un unico soggetto passivo a fini IVA, diverso dallo stabilimento principale, i servizi forniti dallo stabilimento principale alla sua succursale – non dipendente – membro di un gruppo IVA non potevano essere considerati come forniti a quest’ultima, ma dovevano ritenersi forniti al gruppo IVA e costituivano quindi operazioni soggette a IVA (34).

62.      La Corte ha poi confermato detta giurisprudenza nella causa Danske Bank (35) in cui essa ha applicato il medesimo principio a una situazione che può definirsi «inversa» in cui era lo stabilimento principale a far parte di un gruppo IVA.

63.      Tale giurisprudenza mostra che, benché la condizione relativa all’esercizio di un’attività economica «in modo indipendente» sia, in base alla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, una condizione necessaria affinché una persona possa essere qualificata come soggetto passivo, ciò non impedisce che un’entità che non soddisfa tale condizione possa comunque ricadere nel campo di applicazione dell’IVA quando appartiene a un gruppo IVA e faccia, così, parte di un unico soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, di detta direttiva.

64.      La questione del rispetto della condizione relativa all’esercizio di un’attività economica «in modo indipendente», enunciato all’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva, e le conseguenze giuridiche derivanti dall’appartenenza a un gruppo IVA costituiscono così due questioni giuridiche distinte che non sono necessariamente collegate tra di loro. Di conseguenza, il rispetto o il mancato rispetto di detta condizione non ha alcun impatto su tali conseguenze.

3.      Sulla risposta della Corte alla quarta questione pregiudiziale nella sentenza Diakonie

65.      È in tale contesto di interazione, se non di tensione, tra la condizione relativa all’indipendenza dell’attività economica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva e il regime giuridico del gruppo IVA che occorre esaminare la quarta questione pregiudiziale analizzata dalla Corte nella sentenza Diakonie.

66.      Tale questione è stata sottoposta alla Corte in un caso in cui la normativa nazionale di cui trattasi (sempre la normativa tedesca ) prevedeva che l’unico soggetto passivo ai fini IVA non fosse il gruppo IVA in quanto tale, ma un suo membro, vale a dire la sua società madre cui è attribuito l’intero fatturato realizzato dalle entità facenti parte del gruppo IVA e che è debitrice dell’IVA corrispondente all’intero fatturato (36).

67.      Inoltre, in base a detta normativa nazionale, le attività economiche e professionali delle entità integrate nella società madre dell’unità fiscale di cui le medesime facevano parte non si consideravano esercitate in modo indipendente (37) e ciò in ragione del rapporto di autorità e di subordinazione (ora) definito di «integrazione con diritto d’intervento» tra la società madre e le altre entità (38).

68.      In tale contesto, il giudice del rinvio (lo stesso della presente causa) aveva sollevato, segnatamente, una questione vertente sulla possibilità di considerare mediante tipizzazione, vale a dire «in blocco», come non indipendenti ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva le entità che appartengono al gruppo IVA in ragione di detta subordinazione.

69.      Detto giudice aveva specificamente chiesto se l’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 4, primo comma (39), della sesta direttiva consentisse a uno Stato membro, mediante tipizzazione, di considerare una persona come non indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva, nel caso in cui essa fosse integrata nel gruppo IVA di modo che la casa madre poteva imporre le proprie direttive a tale soggetto impedendo che questi agisse diversamente.

70.      È in tale contesto che la Corte ha dichiarato che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva, doveva essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro qualifichi, mediante tipizzazione, determinate entità come non indipendenti, qualora tali entità siano integrate sul piano finanziario, economico e organizzativo nella società madre di un gruppo IVA.

71.      In altre parole, la Corte ha dichiarato che la circostanza che un’entità sia membro di un gruppo IVA non può essere considerata come implicante automaticamente che detta entità non esercita attività economiche «in modo indipendente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva.

72.      La sentenza Diakonie conferma, quindi, in linea con la giurisprudenza menzionata ai paragrafi da 58 a 64 delle presenti conclusioni, che la condizione relativa all’esercizio in modo indipendente di un’attività economica ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva e le conseguenze che derivano dall’appartenenza di un’entità a un gruppo IVA sono questioni giuridiche distinte e che tale appartenenza non rileva in alcun modo ai fini della definizione di un’attività economica indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi.

73.      Pertanto, la sentenza Diakonie non rimette affatto in discussione la configurazione del gruppo IVA come unico soggetto passivo, in forza delle considerazioni e della giurisprudenza menzionate ai paragrafi da 38 a 42 delle presenti conclusioni, giurisprudenza cui, per contro, detta sentenza si riferisce esplicitamente. Ne consegue che tale sentenza non può mettere in dubbio le conseguenze di tale configurazione come indicate ai paragrafi da 43 a 47 delle presenti conclusioni alla luce della qualificazione come soggetto passivo ai fini IVA del gruppo IVA e dei suoi membri, sia all’esterno che all’interno del gruppo stesso (40).

74.      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza Diakonie, la Corte non era peraltro chiamata a trattare e non ha quindi definito la questione dell’assoggettamento o meno all’IVA delle operazioni interne al gruppo IVA.

75.      Alla luce dell’analisi contestuale che precede e della citata giurisprudenza pertinente, anche se persone appartenenti a un gruppo IVA esercitano attività economiche «in modo indipendente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva, ciò non incide in alcun modo sul fatto che, in ragione della loro appartenenza a un gruppo IVA, dette persone costituiscono insieme, ai fini IVA, un unico soggetto passivo e smettono così di essere considerate soggetti passivi distinti ai fini dell’IVA, sia nei rapporti esterni che nei rapporti interni al gruppo IVA.

76.      Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del rinvio, il fatto che i membri del gruppo IVA realizzino le loro operazioni interne nel quadro di un’«attività economica indipendente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva non corrobora la tesi dell’imponibilità di tali operazioni interne e non può rimettere in discussione l’interpretazione delle disposizioni pertinenti che figurano ai paragrafi da 43 a 47 delle presenti conclusioni.

C.      Sull’interpretazione teleologica delle disposizioni pertinenti

77.      Il giudice del rinvio ritiene che gli obiettivi perseguiti dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva non dovrebbero imporre un’esenzione da imposta delle operazioni interne. La semplificazione procedurale volta a far sì che, in ragione della costituzione del gruppo IVA, non sia più necessario depositare diverse dichiarazioni dei redditi, non dovrebbe incidere sull’esigibilità dell’imposta cosicché le operazioni interne sarebbero imponibili a fini IVA. Se la semplificazione precitata ha, per contro, natura sostanziale, ciò sarebbe comprensibile quando il membro del gruppo destinatario dell’operazione interna è autorizzato a detrarre l’IVA a monte cosicché il debito fiscale e il diritto di detrazione dell’IVA versata a monte si compensano. Tuttavia, un’esenzione generale da imposta delle operazioni interne, applicabile anche quando il membro del gruppo destinatario dell’operazione interna non ha diritto di detrarre l’IVA a monte, comporterebbe delle perdite di gettito fiscale e, in definitiva, non una semplificazione amministrativa, bensì un’esenzione. Nemmeno l’obiettivo di prevenire taluni abusi giustificherebbe l’esenzione delle operazioni interne. Al contrario, si potrebbe ritenere che integri un abuso il fatto che i membri del gruppo, che non hanno diritto di detrarre l’IVA, godano di un beneficio fiscale.

78.      Per rispondere ai dubbi sollevati dal giudice del rinvio occorre individuare la logica, vale a dire la giustificazione del meccanismo del gruppo IVA, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

79.      A questo proposito, occorre ricordare che, con riferimento agli obiettivi perseguiti dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, la Corte ha osservato come, dalla motivazione della proposta della Commissione che ha condotto all’adozione di detta direttiva [COM(73) 950 def.] emerga che il legislatore dell’Unione, adottando la disposizione in questione, ha inteso consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di «indipendenza puramente giuridica», sia a fini di semplificazione amministrativa, sia allo scopo di evitare abusi quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi per beneficiare di un particolare regime (41).

80.      Il giudice del rinvio si riferisce esplicitamente a detta giurisprudenza della Corte, ma si concentra esclusivamente sugli obiettivi di semplificazione amministrativa e di prevenzione degli abusi. Tuttavia, dal precedente paragrafo emerge che il meccanismo del gruppo IVA mira anzitutto a consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di «indipendenza puramente giuridica». Si tratta, quindi, di uno strumento che autorizza gli Stati membri a separare la questione dell’assoggettamento a IVA da quella relativa all’organizzazione dalle imprese dal punto di vista giuridico.

81.      A tal riguardo, occorre osservare che l’assoggettamento all’IVA può avere, e di fatto ha, un impatto sulla struttura e sul funzionamento degli operatori commerciali (42). Infatti, esso può influenzare le scelte organizzative delle imprese. Così, a seconda della configurazione di detto obbligo, un’impresa può essere indotta a scegliere di internalizzare talune cessioni di beni o prestazioni di servizi in seno a un’unità operativa interna all’impresa stessa, oppure ad affidarle a un’entità giuridicamente distinta, ma appartenente al gruppo (ad esempio, una società di produzione o di servizi) (43). Pertanto, la questione se le attività di un operatore economico siano internalizzate o esternalizzate (in seno al gruppo) può non dipendere unicamente da considerazioni operative o economiche, ma può dover tener conto anche delle conseguenze derivanti dall’obbligo di assolvere l’IVA.

82.      Tuttavia, in linea di principio, ai fini IVA non dovrebbe tenersi conto della circostanza che una parte dell’attività di un’impresa sia affidata a un’entità distinta (potenzialmente un contribuente distinto) appartenente a un gruppo o sia svolta da un’unità operativa interna di un’impresa di dimensioni maggiori. Infatti, è l’attività, e non la forma giuridica, a definire la qualità di soggetto passivo ai fini dell’IVA (44).

83.      Il ricorso al meccanismo del gruppo IVA consente, quindi, agli Stati membri di ridurre l’influenza dell’IVA sulle modalità di organizzazione degli operatori economici. Il meccanismo del gruppo IVA promuove dunque la neutralità fiscale «organizzativa» rendendo possibili strutture commerciali idonee senza effetti negativi in termini di esigibilità dell’IVA (45). Tuttavia, fatte salve le considerazioni svolte al paragrafo 85 delle presenti conclusioni, tale funzione presuppone che le operazioni interne al gruppo non siano imponibili. Infatti, la succitata neutralità fiscale «organizzativa» può essere garantita solo laddove il regime fiscale relativo all’IVA sia il medesimo in caso di internalizzazione o di esternalizzazione (in seno al gruppo) delle cessioni e delle prestazioni.

84.      Il riconoscimento dell’obiettivo di garantire la neutralità fiscale «organizzativa» quale funzione fondamentale e originaria del meccanismo del gruppo IVA deriva non soltanto dal contenuto della giurisprudenza della Corte citata al paragrafo 78 delle presenti conclusioni, ma anche dalla genesi della disposizione che lo prevede. La nozione di gruppo IVA è stata, in effetti, introdotta nel diritto dell’Unione dalla seconda direttiva 67/228/CEE (46) sulla base della normativa tedesca relativa all’«Organschaft» (47) di cui, come ricorda anche il giudice del rinvio (48), l’aspetto centrale era la non imponibilità delle operazioni interne finalizzata ad evitare il cumulo di imposte. Tale nozione è poi, dal canto suo, evoluta in occasione delle modifiche successive introdotte dalla sesta direttiva e, infine, dalla direttiva IVA (49).

85.      Orbene, come osservato dal giudice del rinvio, la funzione consistente nel garantire la neutralità fiscale «organizzativa» ha perso parte della sua importanza a seguito dell’introduzione della facoltà di detrarre l’IVA a monte. Infatti, in presenza di tale facoltà, il debito fiscale e il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte si compensano cosicché ove una siffatta detrazione sia ammessa, il regime del gruppo IVA non ha alcuna valenza sostanziale e la sua giustificazione risiede fondamentalmente nella semplificazione amministrativa di natura procedurale. A tal proposito, va ricordato che detta semplificazione amministrativa agevola anche l’autorità tributaria in quanto le consente di evitare un certo numero di controlli.

86.      Tuttavia, l’obiettivo di garantire la neutralità fiscale «organizzativa» di detto regime è rimasto pienamente valido per le imprese che non hanno diritto di detrarre l’IVA a monte. Infatti, qualora lo Stato membro di cui trattasi si sia avvalso della facoltà di costituire gruppi IVA – e a condizione che le operazioni interne non siano imponibili –, è indifferente che le cessioni di beni o le prestazioni di servizi siano effettuate da queste imprese stesse o per il tramite di un’impresa controllata. Nei due casi le dette cessioni di beni o prestazioni di servizi non sarebbero gravate da IVA (50). È quindi, precisamente per queste imprese che rimane valida la giustificazione relativa alla garanzia della neutralità fiscale «organizzativa». Pertanto, per dette imprese il meccanismo del gruppo IVA non ha semplicemente portata procedurale, quale semplificazione amministrativa, ma conserva una portata sostanziale (51).

87.      In tale contesto è pertinente ricordare che nella sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2013:217), la Grande Sezione della Corte ha esplicitamente dichiarato, in particolare alla luce degli obiettivi perseguiti dalla disposizione della direttiva IVA che istituisce il gruppo IVA, che nessun elemento portava a ritenere che soggetti non imponibili, che non possono quindi fatturare l’IVA, non potessero essere inclusi in un gruppo IVA (52).

88.      Per quanto attiene, infine, al rischio di asserite perdite di gettito fiscale menzionate dal giudice del rinvio, osservo quanto segue.

89.      In primo luogo, non è pertinente invocare le sentenze Finanzamt T I e Diakonie e, rispettivamente, i loro punti 50 e 57 rispettivamente, per sostenere la tesi dell’imponibilità delle operazioni interne tra i membri di un gruppo IVA rispetto a un rischio di perdite di gettito fiscale (53). Infatti, da un lato, in dette sentenze la Corte non ha minimamente esaminato la questione dell’imponibilità delle operazioni interne. Dall’altro, dalla lettura di dette sentenze emerge, invece, con chiarezza, che il riferimento della Corte a un rischio di perdite di gettito fiscale, lungi dall’essere un riferimento di portata generale, era limitato alla questione dell’attribuzione, nell’ambito della legislazione nazionale considerata, del ruolo di unico soggetto passivo alla società madre del gruppo IVA e non al gruppo IVA in quanto tale. La Corte ha ritenuto che era giustamente una tale attribuzione a non dover comportare un rischio di perdite di gettito fiscale. Ne consegue che sarà possibile attribuire alla società madre del gruppo il ruolo di unico soggetto passivo soltanto a condizione che, in applicazione del diritto nazionale, una tale attribuzione porti al medesimo risultato che si avrebbe considerando il gruppo IVA, come tale, quale unico soggetto passivo a fini IVA e non vi sia, pertanto, alcun rischio che il gettito fiscale legato a prestazioni fornite e ricevute dai membri del gruppo non sia coperto. Si deve constatare che questo ragionamento non è in alcun modo collegato alla questione dell’imponibilità delle operazioni interne al gruppo IVA.

90.      In secondo luogo, osservo che nella causa che ha dato luogo alla succitata sentenza Commissione/Irlanda, al fine di dimostrare l’inadempimento che essa contestava allo Stato membro di cui trattasi, la Commissione aveva sollevato degli argomenti vertenti sul rischio di perdite di gettito fiscale risultanti dalla possibilità per soggetti non imponibili di aderire a un gruppo IVA, e che tali argomenti corrispondevano, in sostanza, ai dubbi sollevati dal giudice del rinvio (54). Tuttavia, la Corte non li ha tuttavia accolti e ha respinto il ricorso proposto dalla Commissione il che dimostra che essa ha già considerato non pertinente tale argomentazione.

91.      In terzo luogo, dubito che, in realtà, sussista effettivamente il rischio di perdite di gettito fiscale prospettato dal giudice del rinvio. Infatti, per illustrare i suoi dubbi sull’esistenza di tali rischi di perdite di gettito fiscale, tale giudice compie una comparazione tra due crediti fiscali che si riferiscono alla situazione di diritto in presenza e in assenza di un’unità fiscale conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva (55). Tuttavia, alla luce dei paragrafi da 81 a 83 e 86 delle presenti conclusioni, in realtà, il membro del gruppo che beneficia dell’operazione interna e che non ha diritto di detrarre l’IVA, in realtà, scegliere di «internalizzare», nel quadro di un’unità organizzativa interna all’impresa, la cessione di beni o la prestazione di servizi ricevuta dai membri del gruppo IVA cosicché il risultato dell’operazione sarebbe, sotto il profilo dell’IVA, in ogni caso identico. Così, ad esempio, nel caso di specie, l’ospedale di cui trattasi nel procedimento principale potrebbe sempre affidare i servizi di pulizia a un’unità interna anziché «esternalizzarli» a un’entità giuridica appartenente al gruppo IVA. Dal punto di vista dell’IVA, nulla cambierebbe. L’ospedale in questione sarebbe invece indotto a optare per questa soluzione al fine di non dover versare l’IVA, qualora non esistesse un meccanismo di gruppo IVA senza imposizione delle prestazioni interne. Tuttavia, in un tal caso, non sarebbe garantita la succitata neutralità fiscale «organizzativa».

92.      In questa prospettiva, se non vi è alcun beneficio fiscale per i membri del gruppo che non hanno diritto di detrarre l’IVA, i dubbi del giudice del rinvio in merito all’obiettivo del regime del gruppo IVA di prevenire taluni abusi non sono giustificati.

93.      Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che, contrariamente a quanto ritiene il giudice del rinvio, gli obiettivi perseguiti dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva non ostano a un’interpretazione di tali disposizioni nel senso che le operazioni interne al gruppo IVA non sono imponibili ai fini IVA.

V.      Conclusione

94.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) come segue:

L’articolo 2, punto 1, e l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000,

devono essere interpretati nel senso che:

le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso tra soggetti appartenenti a un gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, non rientrano nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), nemmeno quando il destinatario della prestazione non è legittimato (o è legittimato solo parzialmente) a detrarre l’IVA a monte.


1      Lingua originale: il francese.


2      Gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi (in prosieguo; il «gruppo IVA»).


3      GU 1977, L 145, pag. 1, come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000 (GU 2000, L 269, pag. 44) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).


4      GU 2006, L 347, pag. 1.


5      V. punti da 11 a 19 di detta sentenza.


6      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 9a, punto 2, dell’UStG, letto alla luce dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera b, della sesta direttiva.


7      V., rispettivamente, punto 50 e punto 57 di dette sentenze.


8      Queste due disposizioni corrispondono ora, rispettivamente, all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), e all’articolo 11 della direttiva IVA.


9      V., inter alia, sentenze Finanzamt T I, punto 35 e Diakonie, punto 43.


10      V., in tal senso, sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia (C‑480/10, EU:C:2013:263, punto 33 e giurisprudenza citata).


11      L’articolo 2 della sesta direttiva è l’unico articolo contenuto nel titolo II di detta direttiva, intitolato «Campo di applicazione».


12      Sentenza del 24 gennaio 2019, Morgan Stanley & Co International (C‑165/17, EU:C:2019:58, punto 37 e giurisprudenza citata).


13      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Latvijas Informācijas un komunikācijas tehnoloģijas asociācija (C‑87/23, EU:C:2024:222, paragrafo 2).


14      V., in tal senso, per analogia, sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia (C‑480/10, EU:C:2013:263, punto 34).


15      L’articolo 4 della sesta direttiva rappresenta il solo articolo del titolo VI di detta direttiva, intitolato «Soggetti passivi».


16      V. sentenze Finanzamt T I, punto 38 e Diakonie, punto 44 e giurisprudenza citata.


17      V. sentenze Finanzamt T I, punto 39 e Diakonie, punto 45 e giurisprudenza citata. Il corsivo è mio.


18      V. sentenze Finanzamt T I, punto 40 e Diakonie, punto 46 e giurisprudenza citata.


19      V., in tal senso, sentenze Finanzamt T I, punto 53 e Diakonie, punto 60. A tal proposito, v., altresì, paragrafo 89 delle presenti conclusioni.


20      V. sentenze del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige (C‑7/13, EU:C:2014:2225, punto 29; in prosieguo: la «sentenza Skandia») e del 18 novembre 2020, Kaplan International colleges UK (C‑77/19, EU:C:2020:934, punto 46).


21      Sentenza dell’11 marzo 2021, Danske Bank (C‑812/19, EU:C:2021:196, punto 28).


22      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafo 42) e nella causa Commissione/Svizzera (C‑480/10, EU:C:2012:751, paragrafo 40).


23      V., in tal senso, sentenze dell’11 marzo 2021, Danske Bank (C‑812/19, EU:C:2021:196, punto 28) e Skandia, punto 29.


24      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafo 42) e nella causa Commissione/Svizzera (C‑480/10, EU:C:2012:751, paragrafo 40) e conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C‑108/14 e C‑109/14, EU:C:2015:212, paragrafo 49).


25      V., in tal senso, per analogia, sentenza del 24 gennaio 2019, Morgan Stanley & Co International (C‑165/17, EU:C:2019:58, punto 38).


26      Document B - taxud.c.l(2022)2315070-1034, in particolare, pag. 24, punto 3.


27      V., per analogia, ordinanza del 29 ottobre 2020, Weindel Logistik Service (C‑621/19, EU:C:2020:889, punto 48)


28      V. punto 3.4.3 della comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’opzione di IVA di gruppo prevista all’articolo 11 della direttiva 2006/112 CE del Consiglio relativa al sistema comune [IVA] [COM(2009) 0325 def. del 2 luglio 2009].


29      V. sentenze Finanzamt T I, punto 42 e Diakonie, punto 48 e giurisprudenza citata.


30      V., in tal senso, per analogia, sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia (C‑480/10, EU:C:2013:263, punto 34).


31      In detta causa, la questione pregiudiziale sottoposta alla Corte verteva sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, e degli articoli 9 e 11 della direttiva IVA.


32      V. sentenza del 24 gennaio 2019, Morgan Stanley & Co International (C‑165/17, EU:C:2019:58, punto 35).


33      V. punto 26 della sentenza Skandia.


34      V. punti 28, 30 e 31 della sentenza Skandia.


35      Sentenza dell’11 marzo 2021, Danske Bank (C‑812/19, EU:C:2021:196, punti da 17 a 35).


36      V. punti 21 e 22 della sentenza Diakonie.


37      V. articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG. V., altresì, punto 22 della sentenza Diakonie.


38      V. punto 20 della sentenza Diakonie. Per un excursus storico più dettagliato su detta questione, v., altresì, punti 85 e seguenti della domanda di pronuncia pregiudiziale in detta causa.


39      Nel caso di specie il giudice del rinvio si chiedeva se la succitata condizione relativa alla subordinazione delle entità che compongono un’unità fiscale (ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva) nei confronti della società madre di quest’ultima, prescritto nel diritto tedesco ai fini della valutazione dell’esistenza di un’unità fiscale, potesse trovare giustificazione in una lettura combinata dell’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva, in una sorta di «assimilazione» delle entità appartenenti al gruppo IVA a lavoratori dipendenti ai sensi di quest’ultima disposizione. V. sentenza Diakonie, punti da 28 a 30.


40      La questione se un’entità membro del gruppo IVA eserciti o meno in maniera indipendente un’attività economica può, se del caso, avere conseguenze nell’ambito dei rapporti interni esistenti in seno al gruppo IVA con riferimento all’onere fiscale rispettivamente sopportato da ciascuno dei suoi membri. V., a tal riguardo, sentenza Diakonie, punto 27.


41      V. sentenze Finanzamt T I, punto 43, e Diakonie, punto 49 e giurisprudenza citata.


42      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafo 49).


43      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Adient (C‑533/22, EU:C:2024:106, paragrafo 33).


44      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafo 50).


45      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafo 49) e, in tal senso, dell’avvocato generale Kokott nella causa Adient (C‑533/22, EU:C:2024:106, paragrafo 33).


46      Seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 71, pag. 1303).


47      La motivazione di detta seconda direttiva 67/228 enunciava così quanto segue: «The law currently in force in certain Member States treats persons who are independent from a juridical point of view, but organically interlinked by economic, financial or organization ties, as one single taxpayer, so that transactions among these persons do not constitute tax acts. In this view, firms forming an Organschaft are therefore, subject to the same fiscal conditions as an integrated firm which is one single juridical person». Bollettino CE, Supplemento 5/65, in particolare pag. 20 (disponibile solo in lingua inglese).


48      V. punti 47 e seguenti della decisione di rinvio e, in particolare, punto 54.


49      Per un excursus storico sulla genesi della disposizione di diritto dell’Unione riguardante il gruppo IVA, v. conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2012:753, paragrafi da 29 a 36), e Pfeiffer, S., VAT Grouping from a European Perspective, IBFD Doctoral Series, vol. 34, 2015.


50      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Adient (C‑533/22, EU:C:2024:106, paragrafo 33, nota 13).


51      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Adient (C‑533/22, EU:C:2024:106, paragrafo 33, nota 13).


52      V., specificamente, per quanto attiene all’articolo 11 della direttiva IVA, punto 50 di tale sentenza.


53      V. punto 22 di detta sentenza.


54      Sentenza del 9 aprile 2013, Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2013:217, punto 24).


55      Così, secondo il giudice del rinvio, nella prima ipotesi oggetto di comparazione (assenza di unità fiscale/non imponibilità delle operazioni interne), ne risulta un credito fiscale che non dà luogo a detrazione dell’imposta a monte. Per contro, nella seconda ipotesi oggetto di analisi comparativa (unità fiscale con esenzione delle operazioni interne), l’insorgenza di un credito fiscale è fin da subito esclusa. V. punti 31 e 32 della decisione di rinvio.