Language of document : ECLI:EU:C:2024:409

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 16 maggio 2024 (1)

Causa C185/23

protectus s.r.o., già BONUL s.r.o.,

contro

Výbor Národnej rady Slovenskej republiky na preskúmavanie rozhodnutí Národného bezpečnostného úradu

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Corte suprema amministrativa della Repubblica slovacca)]

«Rinvio pregiudiziale – Decisione 2013/488/UE – Informazioni classificate dell’Unione europea – Nulla osta di sicurezza delle imprese – Revoca del nulla osta – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Accesso al fascicolo – Articolo 51 – Attuazione del diritto dell’Unione»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (2), e degli articoli 47 e 51, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (3).

2.        Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone la protectus s.r.o., già BONUL s.r.o. (in prosieguo: la «protectus» o la «ricorrente nel procedimento principale»), al Výbor Národnej rady Slovenskej republiky na preskúmavanie rozhodnutí Národného bezpečnostného úradu (comitato del Consiglio nazionale della Repubblica slovacca per il riesame delle decisioni dell’Ufficio nazionale per la sicurezza) (in prosieguo: il «comitato») con riferimento al rigetto, da parte di quest’ultimo, del ricorso proposto dalla protectus contro la decisione con cui il Národný bezpečnostný úrad (Ufficio nazionale per la sicurezza, Slovacchia) (in prosieguo: il «NBÚ») ha annullato il suo attestato di sicurezza industriale e, per effetto di detto annullamento, ha revocato il suo certificato di sicurezza industriale.

3.        Nel diritto slovacco, l’attestato di sicurezza industriale è volto ad autorizzare una persona ad accedere ad informazioni classificate in forza del diritto nazionale. Il certificato di sicurezza industriale consente, dal canto suo, a una persona di accedere a informazioni classificate dell’Unione europea (in prosieguo: le «ICUE»).

4.        La decisione di annullamento dell’attestato di sicurezza industriale di cui la protectus beneficiava è stata adottata in virtù del fatto che era stato riconosciuto un rischio di sicurezza riguardante detta impresa sulla base, in parte, di informazioni classificate. Inoltre, nella decisione in parola, il NBÚ ha ritenuto che l’annullamento di detto attestato comportasse necessariamente quello del suo certificato di sicurezza industriale, nella misura in cui il diritto nazionale opera un collegamento tra queste due tipologie di nulla osta di sicurezza.

5.        Il settore delle ICUE non è ancora oggetto di una normativa orizzontale nel diritto dell’Unione, ma è rimesso alle decisioni specifiche di ciascuna istituzione dell’Unione (4). Inoltre, la protezione delle ICUE è disciplinata dal diritto dell’Unione solo in modo parziale e limitato. In tale materia, il diritto dell’Unione si fonda sui sistemi nazionali già esistenti di protezione delle informazioni classificate sulla base di un livello di protezione equivalente.

6.        La Corte è già stata chiamata in più occasioni a pronunciarsi sulla ponderazione che deve essere compiuta tra il diritto a un ricorso effettivo e gli interessi invocati per giustificare la mancata divulgazione di talune informazioni, in particolare quando detti interessi riguardano la sicurezza nazionale. Tuttavia, è la prima volta che la Corte è chiamata a fornire precisazioni in merito a detta ponderazione con riferimento alle ICUE.

7.        In risposta alle questioni poste dal Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Corte suprema amministrativa della Repubblica slovacca), per tracciare i contorni di una siffatta ponderazione sosterrò la posizione di seguito illustrata.

8.        In primo luogo, esporrò le ragioni per cui ritengo che la situazione in cui un giudice nazionale è chiamato a controllare la legittimità di una decisione con cui è revocato a una persona un nulla osta di sicurezza che le consente di venire a conoscenza di ICUE, in applicazione della decisione 2013/488, costituisca un’attuazione del diritto dell’Unione, in linea con quanto previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Ne consegue che quest’ultima è, a mio avviso, applicabile nell’ambito della presente causa.

9.        In secondo luogo, spiegherò perché occorre, a mio parere, respingere gli argomenti addotti dalla maggior parte dei partecipanti al presente procedimento per sostenere che l’articolo 47 della Carta non è applicabile nelle circostanze di cui al procedimento principale. Nel merito, indicherò le ragioni per le quali considero, alla luce delle caratteristiche particolari del settore relativo alla protezione delle ICUE, che la normativa slovacca prevede garanzie sufficienti per proteggere i diritti della difesa delle persone che si vedono revocare il proprio nulla osta di sicurezza.

10.      In terzo luogo, preciserò che le garanzie risultanti dall’articolo 47 della Carta non possono, in nessun caso, imporre di riconoscere a un giudice, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di una decisione di revoca di un nulla osta di sicurezza fondata in parte su informazioni classificate, il potere di autorizzare l’accesso della persona destinataria di tale decisione al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente tali informazioni.

II.    Fatti di cui al procedimento principale e questioni pregiudiziali

11.      Il 6 settembre 2018 il NBÚ ha rilasciato alla ricorrente nel procedimento principale un attestato di sicurezza industriale che l’autorizzava a prendere conoscenza di informazioni classificate al livello «Segretissimo», a trasmettere informazioni classificate al livello «Segreto» in forma fisica ed elettronica, e a generare informazioni classificate al livello «Segreto». Inoltre, su richiesta della ricorrente nel procedimento principale, il NBÚ le ha rilasciato, il 15 novembre 2018, un certificato di sicurezza industriale per il livello SECRET UE/EU SECRET.

12.      Successivamente, il NBÚ è venuto a conoscenza di informazioni non classificate indicanti, in particolare, che la ricorrente nel procedimento principale o i suoi amministratori erano sottoposti a un’indagine penale, che essa aveva stipulato contratti con società sottoposte a indagine penale e aveva versato loro importi anomali e che vi era il sospetto di legami tra il suo personale e un’altra società con la quale essa aveva partecipato a gare di appalto, cosicché le due società avevano presentato offerte trovandosi sotto controllo congiunto.

13.      Il NBÚ ha altresì ottenuto altre informazioni contenute in documenti che sono stati qualificati come prove documentali classificate.

14.      Il NBÚ ha consentito alla ricorrente nel procedimento principale di formulare osservazioni su alcune delle informazioni ottenute, ma non sulle singole prove documentali classificate, né sulle informazioni in esse contenute.

15.      Con decisione del 25 agosto 2020, il NBÚ ha annullato l’attestato di sicurezza industriale e il certificato di sicurezza industriale della ricorrente nel procedimento principale. L’annullamento di detto attestato si fondava sulla constatazione secondo cui la ricorrente nel procedimento principale presentava un rischio per la sicurezza a causa dell’esistenza di un rapporto commerciale che avrebbe potuto arrecare pregiudizio agli interessi della Repubblica slovacca in materia di sicurezza, nonché di attività contrarie agli interessi economici di detto Stato membro. Per motivare tale decisione, il NBÚ ha rinviato, da un lato, a informazioni non classificate da esso illustrate in dettaglio e, dall’altro, a informazioni classificate di cui non ha precisato il contenuto. In detta decisione, il NBÚ ha altresì precisato che l’annullamento dell’attestato di sicurezza industriale implicava l’annullamento del certificato di sicurezza industriale, nella misura in cui la validità di quest’ultimo dipendeva dalla validità di tale attestato.

16.      La ricorrente nel procedimento principale ha proposto dinanzi al comitato un ricorso avverso la decisione del NBÚ. A sostegno di detto ricorso, essa ha sostenuto, in via principale, di non aver avuto la possibilità di consultare il fascicolo del NBÚ, né di prendere conoscenza del contenuto delle prove documentali classificate. La ricorrente nel procedimento principale ha altresì contestato le conclusioni del NBÚ, nella parte in cui si fondavano su informazioni non classificate.

17.      Con decisione del 4 novembre 2020, il comitato ha respinto detto ricorso.

18.      La ricorrente nel procedimento principale ha proposto un ricorso avverso detta decisione dinanzi al Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca).

19.      Con detto ricorso, la ricorrente nel procedimento principale sostiene che i suoi diritti procedurali in materia di accesso al contenuto del fascicolo non potevano subire una limitazione in termini assoluti in virtù del solo generico motivo che si trattava di informazioni classificate. Essa critica altresì il fatto che il suo avvocato si sia visto negare dal direttore del NBÚ l’accesso a tali informazioni sulla base di motivazioni estremamente generiche. Essa rimette altresì in discussione le diverse considerazioni di fatto e giuridiche sulla cui base il NBÚ e il comitato sono giunti alla conclusione che essa presentasse un rischio di sicurezza.

20.      Successivamente alla proposizione di detto ricorso, la competenza ad esaminarlo è stata trasferita al Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Corte suprema amministrativa della Repubblica slovacca). Il 28 settembre 2022 il NBÚ ha trasmesso a quest’ultimo giudice l’intero fascicolo, comprese le prove documentali classificate. Con decisione del 4 ottobre 2022, il presidente della sezione chiamata a pronunciarsi sul ricorso ha escluso dalla consultazione dette parti classificate del fascicolo.

21.      Lo stesso giorno, l’avvocato della ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al suddetto giudice di poter consultare le prove documentali classificate trasmesse dal NBÚ. Con lettera del 5 ottobre 2022, il presidente della sezione investita del ricorso ha respinto tale domanda, chiedendo, tuttavia, al NBÚ di valutare una possibile autorizzazione della comunicazione di dette prove a tale avvocato. Con lettera del 25 novembre 2022, il NBÚ ha autorizzato unicamente la comunicazione di due prove documentali classificate. Esso ha, per contro, negato il suo consenso alla comunicazione delle altre prove documentali classificate di cui trattasi, in quanto tale comunicazione avrebbe potuto comportare la divulgazione di fonti di informazioni e compromettere le indagini condotte nei confronti della ricorrente nel procedimento principale. Con lettera del 16 gennaio 2023, l’avvocato della ricorrente nel procedimento principale ha nuovamente chiesto di poter consultare tutte le prove documentali classificate, fondandosi, in particolare, sull’articolo 47 della Carta, come interpretato dalla Corte nella sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (5).

22.      In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga sull’applicabilità della Carta nel procedimento principale.

23.      A questo proposito, esso sottolinea, in particolare, che le condizioni di validità del certificato di sicurezza industriale sono determinate dal diritto slovacco, il quale collega la validità di un siffatto certificato a quella dell’attestato di sicurezza industriale, senza disciplinare in maniera più dettagliata il trattamento delle ICUE, né l’accesso ad esse. Tuttavia, esso osserva che la decisione 2013/488 impone agli Stati membri taluni obblighi specifici in materia di autorizzazione dei contraenti, definiti, nell’appendice A di detta decisione, come tutte le persone fisiche o giuridiche aventi la capacità giuridica di sottoscrivere un contratto. Ecco perché le autorità nazionali dovrebbero tenere conto degli obblighi derivanti da detta decisione in sede di rilascio o revoca dei certificati di sicurezza industriale. Il fatto che talune disposizioni della decisione 2013/488 rinviino alla normativa nazionale che dette autorità devono rispettare non inciderebbe in alcun modo su tale constatazione, posto che gli Stati membri devono applicare tale decisione utilizzando i mezzi e le procedure previsti del diritto nazionale.

24.      Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che la circostanza che la normativa slovacca applicabile non sia stata adottata in vista di assicurare l’attuazione di uno specifico atto di diritto dell’Unione e che essa crei un collegamento tra la validità del certificato di sicurezza industriale e un attestato nazionale di sicurezza industriale non significa che l’applicazione di detta normativa non possa costituire un’attuazione del diritto dell’Unione. Detto giudice osserva, altresì, che il controllo della decisione impugnata che esso è chiamato a compiere può costituire una situazione in cui uno Stato membro dà attuazione al diritto dell’Unione e che né la base giuridica della decisione 2013/488, né l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE possono escludere l’applicazione della Carta.

25.      Nell’eventualità che la Carta sia applicabile al procedimento principale, il giudice del rinvio si chiede se la normativa e la prassi slovacche in materia di informazioni classificate siano compatibili con l’articolo 47 della Carta.

26.      Il giudice del rinvio precisa che, in forza di detta normativa, tali informazioni sono accessibili, senza restrizioni, per i giudici chiamati a pronunciarsi sui ricorsi proposti avverso decisioni basate su di esse. L’avvocato di una parte ricorrente può, quanto a lui, accedere a dette informazioni solo previa autorizzazione dell’autorità che ha identificato l’informazione classificata di cui trattasi, senza che la mancata concessione di tale autorizzazione possa essere assoggettata al sindacato di un organo giurisdizionale. Inoltre, detto avvocato resta vincolato all’obbligo di riservatezza e non può, quindi, divulgare al suo cliente il contenuto delle informazioni classificate cui abbia avuto accesso.

27.      Alla luce di questi elementi, il giudice del rinvio osserva che la risposta alla questione se detta normativa sia compatibile con l’articolo 47 della Carta potrebbe essere considerata deducibile dalla sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e de Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (6), letto in combinato disposto con l’articolo 45, paragrafo 4, della medesima direttiva e alla luce del principio generale del diritto dell’Unione relativo al diritto alla buona amministrazione, nonché dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale preveda che, allorché una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale o di revoca di tale protezione è fondata su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro di cui trattasi, la persona interessata o il suo consulente possano accedere a tali informazioni soltanto dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non ricevano in comunicazione neppure il contenuto essenziale della motivazione su cui sono fondate le decisioni suddette, e comunque non possano utilizzare, ai fini del procedimento amministrativo o di quello giurisdizionale, le informazioni alle quali abbiano potuto avere accesso (7). In detta sentenza la Corte ha inoltre precisato che, al fine di garantire i diritti della difesa della persona interessata, la facoltà del giudice competente di accedere al fascicolo non può sostituirsi all’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte della persona interessata o del suo consulente (8).

28.      A parere del giudice del rinvio, sarebbe tuttavia necessario stabilire se la soluzione risultante dalla sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., che riguarda il settore delle procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, sia pienamente trasponibile nel caso di specie. Infatti, diversamente da quanto verificatosi nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, non sarebbe evidente che le norme previste dalla decisione 2013/488, in particolare all’articolo 11 e all’allegato V di quest’ultima, ai fini della concessione da parte dell’autorità nazionale di sicurezza di un nulla osta di sicurezza delle imprese, possano fondare, a beneficio del contraente interessato, un diritto garantito dal diritto dell’Unione, di cui esso potrebbe invocare la protezione sulla base dell’articolo 47 della Carta. Se del caso, il giudice del rinvio desidererebbe altresì ottenere precisazioni sul contenuto della protezione giurisdizionale derivante da detto articolo e sui poteri di cui esso deve disporre per garantire i diritti derivanti da detto articolo in una situazione come quella controversa nel procedimento principale.

29.      In tali circostanze, il Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Corte suprema amministrativa della Repubblica slovacca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 51, paragrafo 1, della [Carta] debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro attui il diritto dell’Unione in una situazione in cui un organo giurisdizionale di tale Stato membro valuta la legittimità della decisione di un comitato speciale del Parlamento di tale Stato che ha confermato in secondo grado una decisione amministrativa di un’autorità di sicurezza nazionale (NSA) con la quale è stato annullato (revocato) alla persona giuridica

–        sia l’attestato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a informazioni classificate ai sensi del diritto nazionale,

–        sia, contestualmente e unicamente come conseguenza dell’annullamento di questo attestato anche il certificato di sicurezza industriale rilasciato alla medesima persona giuridica ai fini dell’accesso alle informazioni classificate “SECRET UE/EU SECRET” ai sensi dell’articolo 11 e dell’allegato V della decisione [2013/488].

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione : [s]e l’articolo 47, [commi primo e secondo], della Carta debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa e a una prassi nazionali in virtù delle quali

a)      la decisione dell’NSA di annullare (revocare) il suddetto attestato e il certificato non riporta le informazioni classificate che hanno indotto tale autorità a concludere che le condizioni per l’annullamento (revoca) siano soddisfatte, ma fa unicamente riferimento al documento corrispondente del fascicolo di tale autorità in cui sono contenute le informazioni classificate,

b)      la persona giuridica interessata non ha accesso al fascicolo dell’NSA e ai singoli documenti contenenti le informazioni classificate che hanno portato l’NSA alla conclusione di annullare (revocare) il suddetto attestato e il certificato,

c)      l’accesso al fascicolo e alla documentazione può essere concesso all’avvocato della persona giuridica interessata, ma solo con il consenso del direttore dell’NSA, o, a seconda dei casi, con il consenso di un’altra autorità che ha trasmesso tali documenti all’NSA, e, anche dopo tale l’accesso, l’avvocato sia tenuto a non divulgare il contenuto del fascicolo e di tali documenti;

d)      tuttavia, l’accesso a tale fascicolo e documenti spetta pienamente al giudice che valuta la legittimità della decisione descritta nella [prima questione].

3)      In caso di risposta affermativa alla seconda questione: [s]e l’articolo 47, [commi primo e secondo], della Carta debba essere interpretato nel senso che consenta direttamente (o, a seconda dei casi, imponga) a un organo giurisdizionale che valuta la legittimità della decisione descritta nella [prima questione] di non applicare la normativa e la prassi di cui alla [seconda questione] e di consentire alla persona giuridica interessata, o al suo avvocato, l’accesso al fascicolo dell’NSA o, a seconda dei casi, ai documenti contenenti le informazioni classificate, qualora tale organo giurisdizionale lo ritenga necessario al fine di assicurare il diritto a un ricorso effettivo e a un procedimento in contraddittorio.

4.      In caso di risposta affermativa alla terza questione: [s]e l’articolo 51, paragrafi 1 e 2, della Carta debba essere interpretato nel senso che il potere dell’organo giurisdizionale di concedere l’accesso al fascicolo o, a seconda dei casi, ai documenti, accesso come quello di cui alla [terza questione], si riferisca

–        solo a quelle parti del fascicolo o ai documenti che riportano fatti rilevanti per la valutazione della sicurezza industriale ai sensi dell’articolo 11 e dell’allegato V della decisione [2013/488], oppure

–        anche a quelle parti del fascicolo ed ai documenti che riportano fatti rilevanti solo per la valutazione della sicurezza industriale ai sensi del diritto nazionale, vale a dire al di là dei motivi previsti dalla decisione [2013/488]».

30.      Hanno presentato osservazioni scritte il comitato, i governi slovacco ed estone, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea.

31.      Un’udienza di discussione si è tenuta il 30 gennaio 2024, alla presenza della protectus, del comitato, dei governi slovacco e francese, del Consiglio e della Commissione.

III. Analisi

32.      Nella presente causa, il giudice del rinvio desidera ottenere precisazioni da parte della Corte sulla ponderazione che occorre compiere tra il diritto a un ricorso effettivo e la tutela della sicurezza nazionale, nell’ambito di un ricorso presentato contro una decisione, fondata, segnatamente, su informazioni classificate, che revoca, da un lato, un attestato di sicurezza industriale che consente di accedere a informazioni classificate da uno Stato membro e, dall’altro, un certificato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a ICUE.

33.      Al fine di statuire sul ricorso proposto avverso detta decisione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità della normativa slovacca con il diritto dell’Unione, nella misura in cui essa limita l’accesso della persona interessata alle informazioni classificate alla base della decisione adottata nei suoi confronti, nonché sui poteri di cui il giudice competente deve disporre per garantire i diritti di detta persona.

A.      Sulla competenza della Corte

34.      Il comitato eccepisce l’incompetenza della Corte a rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale, poiché la situazione oggetto del procedimento principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

35.      Nella misura in cui gli argomenti addotti a questo proposito mirano a stabilire che la Carta non è applicabile nel procedimento principale, essi devono essere esaminati nell’ottica di rispondere alla prima questione pregiudiziale, vertente su tale punto. A fondamento di tale constatazione, occorre osservare che l’obiezione vertente sull’inapplicabilità di una disposizione del diritto dell’Unione al procedimento principale rientra nel merito di detta questione (9).

B.      Sulla prima questione pregiudiziale

36.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro dà attuazione al diritto dell’Unione quando uno dei suoi organi giurisdizionali controlla la legittimità di una decisione che annulla, da un lato, un attestato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a informazioni classificate da uno Stato membro e, dall’altro, un certificato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a ICUE, ai sensi dell’articolo 11 e dell’allegato V della decisione 2013/488.

37.      Le informazioni classificate, le condizioni per prenderne visione, le condizioni di rilascio e di annullamento dell’attestato di sicurezza industriale e la relativa procedura sono disciplinate, nel diritto slovacco, dallo zákon č. 215/2004 Z. z. o ochrane utajovaných skutočností (legge n. 215/2004 sulla protezione delle informazioni classificate (10)).

38.      Dall’articolo 50, paragrafo 1, della legge n. 215/2004 si evince che, «[s]e dal controllo di sicurezza risulta che l’imprenditore soddisfa le condizioni di cui all’articolo 46 [(11)], il NBÚ gli rilascia un attestato di sicurezza industriale (...)». Ai sensi del paragrafo 5 di detto articolo, «[q]ualora il NBÚ accerti che l’imprenditore non soddisfa più una delle condizioni di sicurezza industriale fissate all’articolo 46 o che ha gravemente o ripetutamente violato gli obblighi in materia di protezione delle informazioni classificate, annulla la validità dell’attestazione». È sulla base di quest’ultima disposizione che il NBÚ ha deciso di annullare l’attestato di sicurezza industriale che era stato rilasciato alla protectus.

39.      Le condizioni di rilascio del certificato di sicurezza industriale sono, dal canto loro, previste all’articolo 5, paragrafo 6, del vyhláška č. 134/2016 Z. z. o personálnej bezpečnosti (decreto n. 134/2016 sulla sicurezza del personale) (12) che rinvia alle condizioni di rilascio del certificato di nulla osta di sicurezza di una persona fisica di cui ai paragrafi da 1 a 5 di detto articolo. Dal combinato disposto di queste disposizioni emerge, in particolare, da un lato, che il certificato di sicurezza industriale indica il livello massimo di ICUE a cui una persona può avere accesso e le corrispondenti disposizioni della normativa dell’Unione in forza della quale l’accesso di detta persona alle informazioni classificate è autorizzato (13). Dall’altro, la validità di detto certificato è legata a quella dell’attestato di sicurezza industriale (14).

40.      Per stabilire se il caso in cui un organo giurisdizionale nazionale controlla la legittimità di una decisione di annullamento di tali nulla osta di sicurezza nel quadro giuridico nazionale sopra descritto costituisca un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione, occorre ricordare l’ambito di applicazione della Carta con riferimento all’operato degli Stati membri. Tale ambito è definito dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, ai sensi del quale le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Questo articolo della Carta conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo cui i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse (15). Così, una volta che una normativa nazionale rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di tale normativa con i diritti fondamentali di cui essa garantisce il rispetto (16). Laddove, per contro, una situazione giuridica non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente al riguardo e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza (17).

41.      Secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, presuppone l’esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell’Unione e la misura nazionale in causa che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra, tenuto conto dei criteri di valutazione definiti dalla Corte (18).

42.      Pertanto, al fine di stabilire se una misura nazionale rientri nell’«attuazione del diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta occorre verificare, inter alia, se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo, nonché se esista una normativa di diritto dell’Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa (19).

43.      Ho indicato in precedenza che la protezione delle ICUE non è ancora oggetto, nel diritto dell’Unione, di una norma orizzontale che copra tutte le istituzioni e gli organi dell’Unione. Il regime di tale protezione risulta, quindi, da più atti distinti propri di ciascuna istituzione o organo dell’Unione.

44.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio cita la decisione 2013/488 come la norma di diritto dell’Unione applicabile nell’ambito del procedimento principale. In mancanza di precisazioni da parte di detto giudice in merito alla sua scelta di chiedere l’interpretazione di detta decisione piuttosto che di un’altra, occorre, a mio avviso, muovere dalla premessa alla base della cooperazione giurisdizionale instaurata dalla procedura di cui all’articolo 267 TFUE, vale a dire che il giudice nazionale ha la responsabilità di definire il contesto di diritto e di fatto del rinvio pregiudiziale, senza che spetti alla Corte verificarne l’esattezza, e che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale in tale contesto godono di una presunzione di rilevanza (20). Ritengo, quindi, che la valutazione della sussistenza di un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione nella fattispecie oggetto del procedimento principale debba essere effettuata alla luce della suddetta decisione.

45.      Per stabilire se la situazione oggetto del procedimento principale costituisca un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione, occorre indicare i diversi obblighi che la decisione 2013/488, adottata dal Consiglio in forza dei suoi poteri di organizzazione interna, impone agli Stati membri.

46.      Come indicato dal considerando 1 di detta decisione, essa mira a «sviluppare le attività del Consiglio in tutti i settori che richiedono il trattamento di informazioni classificate [ponendo] in essere un sistema di sicurezza globale per la protezione delle informazioni classificate riguardante il Consiglio, il suo segretariato generale e gli Stati membri». In tale ottica, dal considerando 3 della suddetta decisione emerge che, «[i]n conformità delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali e nella misura richiesta per il funzionamento del Consiglio, gli Stati membri dovrebbero rispettare la presente decisione nei casi in cui le loro autorità competenti, il loro personale e i loro contraenti trattino ICUE, affinché tutti possano avere la certezza che un livello equivalente di protezione è assicurato alle ICUE».

47.      Così, come prevede l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2013/488, quest’ultima «stabilisce i principi fondamentali e le norme minime di sicurezza per proteggere le ICUE». Conformemente al paragrafo 2 di detto articolo, «[t]ali principi fondamentali e norme minime di sicurezza si applicano al Consiglio e [al Segretariato generale del Consiglio (in prosieguo: l’“SGC”)] e sono rispettati dagli Stati membri conformemente alle loro rispettive disposizioni legislative e regolamentari nazionali, affinché tutti possano avere la certezza che un livello equivalente di protezione è assicurato alle ICUE».

48.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta decisione, «[p]er [ICUE] si intende qualsiasi informazione o qualsiasi materiale designati da una classifica di sicurezza UE, la cui divulgazione non autorizzata potrebbe recare in varia misura pregiudizio agli interessi dell’Unione europea o di uno o più Stati membri».

49.      La protezione delle ICUE richiede l’adozione, da parte degli Stati membri, di misure quando gli operatori economici sono chiamati ad avere accesso a tali informazioni.

50.      In questa prospettiva, l’articolo 11, paragrafo 1, della decisione 2013/488 definisce la «sicurezza industriale» come «l’applicazione di misure che assicurino la protezione delle ICUE da parte di contraenti o subcontraenti in sede di negoziati precontrattuali e lungo tutto il ciclo di vita dei contratti classificati. Tali contratti non contemplano l’accesso alle informazioni classificate di livello TRÈS SECRET UE/EU TOP SECRET».

51.      L’applicazione di tali misure è richiesta laddove, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della decisione 2013/488, «[l]’SGC può affidare per contratto mansioni che comportano o implicano l’accesso a, il trattamento o la conservazione di ICUE da parte di soggetti industriali o di altra natura registrati in uno Stato membro».

52.      In tale contesto, la protezione delle ICUE implica, in particolare, che:

–        in quanto autorità contraente, l’SGC, nell’aggiudicare un contratto classificato a un soggetto industriale o di altra natura, assicura il rispetto delle norme minime sulla sicurezza industriale previste nella decisione 2013/488 e a cui fa riferimento il contratto (articolo 11, paragrafo 3);

–        l’autorità di sicurezza nazionale, l’autorità di sicurezza designata o qualsiasi altra autorità nazionale competente di ciascuno Stato membro assicura, per quanto possibile ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali, che i contraenti e i subcontraenti registrati nel suo territorio adottino tutte le misure adeguate per proteggere le ICUE nei negoziati precontrattuali e nell’esecuzione di un contratto classificato (articolo 11, paragrafo 4), e

–        l’autorità di sicurezza nazionale, l’autorità di sicurezza designata o qualsiasi altra autorità di sicurezza competente di ciascuno Stato membro assicura conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari nazionali, che i contraenti o i subcontraenti registrati nel territorio del rispettivo Stato membro, partecipanti a contratti o subcontratti classificati che richiedono l’accesso a informazioni classificate CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o SECRET UE/EU SECRET nelle loro strutture dispongano, nell’esecuzione di tali contratti o nella fase precontrattuale, di un nulla osta di sicurezza delle imprese (FSC) del livello di classifica adeguato (articolo 11, paragrafo 5).

53.      Nell’appendice A della decisione 2013/488, il contratto classificato è definito come «un contratto di fornitura di beni, di esecuzione di lavori o di prestazione di servizi, stipulato fra l’SGC e un contraente, la cui esecuzione richiede o implica l’accesso o la produzione di ICUE». L’FSC è definito, quanto ad esso, come «una decisione amministrativa di un’[autorità nazionale di sicurezza] o un’[autorità di sicurezza designata], secondo la quale un’impresa è in grado, sotto il profilo della sicurezza, di offrire un adeguato livello di protezione alle ICUE di un determinato livello di classifica di sicurezza».

54.      Come indica l’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2013/488, la responsabilità dell’attuazione dei principi fondamentali e delle norme minime di sicurezza per proteggere le ICUE grava, in particolare, sugli Stati membri.

55.      Così, questi ultimi devono adottare «tutte le misure adeguate, conformemente alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari nazionali, per garantire che, nel trattamento o nella conservazione di ICUE, la [decisione 2013/488]» sia rispettata da una serie di persone tra cui quelle che sono «debitamente autorizzate in virtù delle loro funzioni ad avere accesso ad ICUE» [articolo 15, paragrafo 3, lettera c)] e «dai contraenti degli Stati membri, nel territorio degli Stati membri o all’estero» [articolo 15, paragrafo 3, lettera d)].

56.      Inoltre, ai fini dell’attuazione dell’articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2013/488, l’articolo 16, paragrafo 3, lettera a), di detta decisione prevede che gli Stati membri designano un’autorità nazionale di sicurezza responsabile dei dispositivi di sicurezza per proteggere le ICUE affinché, in particolare:

–        «le ICUE detenute da qualsiasi servizio, organo o agenzia nazionale, pubblico o privato, sul territorio nazionale o all’estero, siano protette conformemente alla presente decisione» [articolo 16, paragrafo 3, lettera a), i)];

–        «i dispositivi di sicurezza per la protezione delle ICUE siano ispezionati o valutati regolarmente» [articolo 16, paragrafo 3, lettera a), ii)], e

–        «tutte le persone impiegate in un’amministrazione nazionale o da un contraente cui può essere concesso l’accesso a informazioni classificate di livello CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o superiore abbiano ottenuto il nulla osta di sicurezza adeguato o siano in altro modo debitamente autorizzate in virtù delle rispettive funzioni conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari nazionali» [articolo 16, paragrafo 3, lettera a), iii)].

57.      Da queste disposizioni emerge che la decisione 2013/488 impone una serie di obblighi concreti agli Stati membri in materia di protezione delle ICUE. Tra tali obblighi figura quello secondo cui gli Stati membri devono garantire che le persone che sono chiamate, nell’ambito delle loro attività, ad avere accesso a ICUE, ottengano un nulla osta di sicurezza da parte di un’autorità nazionale di sicurezza.

58.      In sintesi, la decisione 2013/488 prevede una responsabilità generale degli Stati membri per quanto attiene al rispetto di detta decisione da parte di determinate persone (articolo 15, paragrafo 3) e per assicurare l’applicazione delle disposizioni volte a garantire la protezione delle ICUE (articolo 16, paragrafo 3) o il possesso di un FSC da parte dei contraenti e dei subcontraenti che partecipano a contratti classificati (articolo 11, paragrafo 5).

59.      Osservo che la decisione 2013/488 non si limita ad imporre in termini generali, in capo alle persone che, nell’ambito della loro attività, sono chiamate ad avere accesso a ICUE, un obbligo di ottenere un nulla osta di sicurezza da parte di un’autorità nazionale di sicurezza. Tale decisione introduce, infatti, anche talune regole volte a disciplinare il procedimento per il nulla osta e le relative condizioni.

60.      In tal senso, l’allegato V della decisione succitata contiene, nel suo titolo III, i seguenti paragrafi da 8 a 13:

«8.      L’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] o altra autorità di sicurezza competente di uno Stato membro concede un FSC per indicare, conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari nazionali, che un soggetto industriale o di altra natura è in grado di proteggere le ICUE al livello adatto di classifica (CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o SECRET UE/EU SECRET) all’interno delle proprie strutture. L’FSC è presentato all’SGC in quanto autorità contraente prima che al contraente o al subcontraente, effettivo o potenziale, possano essere comunicate delle ICUE o possa essere concesso un accesso alle ICUE.

9.      Quando rilascia un FSC, l’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] competente, come minimo:

a)      valuta l’integrità del soggetto industriale o di altra natura;

b)      valuta la titolarità, il controllo o il potenziale di influenza indebita che può essere considerato un rischio per la sicurezza;

c)      verifica che il soggetto industriale o di altra natura abbia stabilito un sistema di sicurezza nella struttura che contempli tutte le misure appropriate in materia di sicurezza necessarie per la protezione delle informazioni o del materiale classificato CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o SECRET UE/EU SECRET conformemente ai requisiti stabiliti dalla presente decisione;

d)      verifica che lo status in materia di sicurezza del personale della direzione, dei proprietari e degli impiegati che devono avere accesso a informazioni classificate CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o SECRET UE/EU SECRET sia stato stabilito conformemente ai requisiti stabiliti dalla presente decisione; e

e)      verifica che il soggetto industriale o di altra natura abbia nominato un responsabile della sicurezza delle imprese che risponde alla direzione dell’osservanza degli obblighi di sicurezza all’interno del soggetto stesso.

10.      Ove opportuno, l’SGC in quanto autorità contraente comunica all’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] pertinente o altra autorità di sicurezza competente che è necessario un FSC in fase precontrattuale o di esecuzione del contratto. In fase precontrattuale è richiesto un FSC o un [nulla osta di sicurezza del personale (PSC)] laddove occorre fornire ICUE classificate CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o SECRET UE/EU SECRET durante il processo di presentazione delle offerte.

11.      L’autorità contraente non assegna all’offerente selezionato un contratto classificato prima di aver ricevuto conferma dall’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata], o da altra autorità di sicurezza competente dello Stato membro in cui ha sede il contraente o subcontraente interessato, che laddove necessario è stato rilasciato l’FSC adatto.

12.      L’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] o altra autorità di sicurezza competente che ha rilasciato un FSC comunica all’SGC in quanto autorità contraente le modifiche inerenti l’FSC. In caso di subcontratto, l’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] o altra autorità di sicurezza competente è informata di conseguenza.

13.      La revoca dell’FSC da parte dell’[autorità nazionale di sicurezza]/[autorità di sicurezza designata] interessata o da altra autorità di sicurezza competente è motivo sufficiente per far sì che l’SGC in quanto autorità contraente estingua il contratto classificato o escluda l’offerente dalla gara».

61.      Per stabilire se, alla luce delle norme del diritto dell’Unione sopra descritte, la situazione oggetto del procedimento principale rappresenti un’ipotesi di attuazione di detto diritto, occorre, a mio avviso, operare una distinzione tra il nulla osta di cui godeva la protectus per accedere ad informazioni classificate in forza del diritto nazionale e quello che le consentiva di venire a conoscenza di ICUE.

62.      La situazione che ha portato il NBÚ, da un lato, a rilasciare alla protectus un attestato di sicurezza industriale che l’autorizzava a venire a conoscenza di informazioni classificate in forza del diritto nazionale e, dall’altro, ad annullare detto attestato non costituisce, pertanto, a mio avviso, un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione. Infatti, la decisione 2013/488 non contiene disposizioni volte a disciplinare le decisioni adottate dalle autorità nazionali con riferimento all’accesso, per le finalità previste dal diritto nazionale, alle informazioni classificate in forza di detto diritto. Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che altri atti dell’Unione procedano ad una qualche forma di armonizzazione delle norme nazionali che disciplinano lo status di tali informazioni. Del resto, nella sua sentenza NW e PQ, la Corte ha recentemente dichiarato che le regole relative alla classificazione e alla declassificazione delle informazioni ai sensi di normative nazionali non sono oggetto di regole armonizzate da un atto dell’Unione (21).

63.      Ne consegue che la normativa slovacca relativa all’attestato di sicurezza industriale, così come tutte le misure relative a tale attestato adottate dalle autorità slovacche, devono essere considerate come rientranti nel solo diritto nazionale e come escluse, pertanto, dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Di conseguenza, la valutazione della legittimità di una decisione che annulla un attestato di sicurezza industriale non sembra costituire direttamente una forma di «attuazione del diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

64.      Per contro, la situazione che ha portato il NBÚ, da un lato, a rilasciare alla protectus un certificato di sicurezza industriale che l’autorizza ad avere accesso a ICUE per il livello SECRET UE/EU SECRET e, dall’altro, ad annullare detto certificato, mi sembra costituire, dal canto suo, un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione.

65.      Infatti, il certificato di sicurezza industriale che, lo ricordo, indica, in virtù della normativa slovacca, il livello massimo di classificazione delle ICUE a cui una persona può avere accesso e le corrispondenti disposizioni della normativa dell’Unione in forza della quale l’accesso di detta persona alle informazioni classificate è autorizzato, può essere considerato come avente un oggetto ed effetti che coincidono con quelli dell’FSC previsto dalla decisione 2013/488. Inoltre, in linea con quanto risulta da detta decisione, un’autorità nazionale di sicurezza, nella specie il NBÚ, ha il compito di condurre il procedimento per il nulla osta. Dalla normativa slovacca risulta altresì che la procedura per il nulla osta di sicurezza è volta a consentire alla persona che detiene un siffatto nulla osta di venire a conoscenza di informazioni classificate nel quadro dello svolgimento di attività risultanti da un trattato internazionale di cui la Repubblica slovacca è firmataria (22), circostanza questa da cui si può dedurre che tale normativa non persegue un obiettivo puramente nazionale che si distinguerebbe, quindi, da quello perseguito dalla decisione 2013/488.

66.      Aggiungo che i motivi per cui il NBÚ ha annullato il certificato di sicurezza industriale della ricorrente nel procedimento principale, i quali vertono, in sostanza, sul fatto che essa presentava un rischio per la sicurezza in ragione dell’esistenza di un rapporto commerciale che avrebbe potuto arrecare pregiudizio agli interessi della Repubblica slovacca in materia di sicurezza e di attività contrarie agli interessi economici di detto Stato membro, possono essere letti nel senso che i requisiti minimi di concessione dell’FSC di cui all’allegato V della decisione 2013/488 (23) non sono più rispettati dalla ricorrente nel procedimento principale.

67.      Il fatto che, in forza della normativa slovacca, la validità del certificato di sicurezza industriale è collegata a quella dell’attestato di sicurezza industriale (24) non giustifica, a mio avviso, l’esclusione della situazione oggetto del procedimento principale dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Infatti, è proprio in ragione di un rischio di sicurezza identificato che i due nulla osta di sicurezza sono stati annullati.

68.      Inoltre, il legame tra la validità del certificato di sicurezza industriale e quella dell’attestato di sicurezza industriale mi sembra logico, poiché, come riconosce il comitato nelle sue osservazioni scritte, se un rischio di sicurezza è stato identificato con riferimento all’ente di cui trattasi in forza del diritto nazionale, tale rischio non può essere limitato al solo territorio della Repubblica slovacca, ma deve necessariamente essere esteso a tutti gli ambiti delle relazioni esterne di detto Stato membro. In tale materia, gli interessi degli Stati membri e gli interessi dell’Unione sono intrinsecamente collegati, cosicché è normale che un rischio di sicurezza identificato a livello nazionale, sulla base, segnatamente, di informazioni classificate in forza del diritto nazionale, abbia una ripercussione diretta su un nulla osta ad accedere a ICUE. Questo legame tra gli interessi degli Stati membri e gli interessi dell’Unione è espresso peraltro nella definizione stessa della nozione di ICUE presente all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2013/488, che pone l’accento sul fatto che tali informazioni sono quelle «la cui divulgazione non autorizzata potrebbe recare in varia misura pregiudizio agli interessi dell’Unione europea o di uno o più Stati membri» (25).

69.      Inoltre, la vulnerabilità dell’impresa di cui trattasi può emergere da informazioni classificate in forza del diritto nazionale, senza che ciò escluda l’esistenza di un’attuazione del diritto dell’Unione per quanto attiene all’annullamento dell’atto che autorizza una persona ad accedere a ICUE. Occorre altresì precisare che la circostanza per cui, come indicato dal giudice del rinvio ai punti 35 e 37 della sua decisione di rinvio, la revoca dell’attestato di sicurezza industriale nazionale si fondava esclusivamente sul criterio dell’affidabilità dal punto di vista della sicurezza, come definito nella normativa nazionale, non osta a che la situazione oggetto del procedimento principale integri un’attuazione del diritto dell’Unione. Osservo, a tal proposito, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, sebbene spetti ai soli Stati membri definire i loro interessi essenziali in materia di sicurezza e decidere le misure idonee a garantire la loro sicurezza interna ed esterna, la mera circostanza che una misura nazionale sia stata adottata ai fini della tutela della sicurezza nazionale non può comportare l’inapplicabilità del diritto dell’Unione e dispensare gli Stati membri dal necessario rispetto di tale diritto (26).

70.      Quanto al fatto che la normativa slovacca non sarebbe stata adottata specificamente per applicare la decisione 2013/488, occorre ricordare che il fatto che una normativa nazionale non sia stata adottata per trasporre un atto dell’Unione è irrilevante, quando l’applicazione di detta normativa dà effettivamente attuazione al diritto dell’Unione (27).

71.      È irrilevante, a mio avviso, che la decisione 2013/488 riconosca agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità nello stabilire l’esistenza e i criteri di un rischio di sicurezza nell’ambito della procedura volta a rilasciare, modificare o revocare un FSC. Questa situazione corrisponde a quella in cui un atto dell’Unione conferisce agli Stati membri una libertà di scegliere tra varie modalità di applicazione o un potere discrezionale o di valutazione che fa parte integrante del regime istituito da tale atto (28).

72.      Inoltre, il fatto che l’esecuzione degli obblighi previsti dalla decisione 2013/488 avvenga coinvolgendo le autorità e le procedure nazionali non impedisce di riconoscere l’esistenza di un’ipotesi di attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Si tratta unicamente di una classica espressione della regola secondo cui gli Stati membri devono, nell’ambito delle loro strutture e delle loro procedure nazionali, garantire l’applicazione delle norme di diritto dell’Unione che prevedono obblighi a loro carico.

73.      A mio avviso, l’assenza di un diritto formale all’ottenimento o al mantenimento di un FSC non costituisce nemmeno una condizione cui possa essere subordinata l’applicabilità della Carta.

74.      La protezione delle ICUE è quindi garantita dagli Stati membri e dalle loro autorità di sicurezza nazionali conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari nazionali (29). Questo riferimento al diritto nazionale non può essere inteso nel senso che lascia agli Stati membri il potere di fissare in maniera autonoma il contesto della protezione delle ICUE. Gli Stati membri sono, pertanto, tenuti a garantire una siffatta protezione nel rispetto delle norme fissate dal diritto dell’Unione.

75.      Più in generale, mi sembra impossibile sostenere che il diritto dell’Unione sia estraneo alla definizione e all’attuazione delle norme in materia di protezione delle ICUE, benché tali norme mirino a garantire il buon funzionamento dell’Unione. Ciò equivarrebbe a ritenere che la concessione o la revoca di un nulla osta ad accedere a siffatte informazioni possa essere considerata come l’esercizio, da parte degli Stati membri, di una competenza mantenuta che esulerebbe dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e, di conseguenza, da quella della Carta. Al contrario, a mio avviso, l’applicazione, nell’ambito della protezione delle ICUE, delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali in materia di informazioni classificate deve avvenire in maniera conforme al diritto dell’Unione.

76.      Dagli elementi che precedono deduco che, alla luce delle norme in materia di protezione delle ICUE enunciate dalla decisione 2013/488, un’autorità nazionale che attribuisce un certificato di sicurezza industriale equivalente a un FSC concede un’autorizzazione prevista dal diritto dell’Unione. Gli effetti di detta autorizzazione, al pari di quelli della sua revoca, sono definiti dal diritto dell’Unione e sono destinati a prodursi essenzialmente nei rapporti tra la persona interessata e le istituzioni dell’Unione. Inoltre, l’autorità nazionale competente che decide di annullare un FSC agisce in esecuzione di un compito ad essa delegato dalle istituzioni dell’Unione nell’ottica di assicurare la protezione delle ICUE. Tale autorità deve, quindi, conformarsi ai requisiti minimi definiti dal diritto dell’Unione.

77.      Per quanto attiene alla ricorrente nel procedimento principale, occorre altresì sottolineare il carattere particolarmente ampio dell’ambito di applicazione ratione personae della decisione 2013/488. Osservo, a tal proposito, che il paragrafo 8 dell’allegato V di detta decisione è formulato in termini generali in quanto non limita le persone cui un FSC deve essere rilasciato (30).

78.      Inoltre, detto paragrafo indica che «[l’]FSC è presentato all’SGC (...) prima che al contraente o al subcontraente, effettivo o potenziale, possano essere comunicate delle ICUE o possa essere concesso un accesso alle ICUE». Dalla disposizione di cui trattasi emerge che del nulla osta di sicurezza previsto dalla decisione 2013/488 può beneficiare un contraente potenziale, nozione questa molto generica che può indicare un’impresa come la ricorrente nel procedimento principale. Nello stesso senso, occorre precisare che la nozione di «contraente» è definita nell’appendice A di detta decisione come indicante «una persona fisica o giuridica avente la capacità giuridica di sottoscrivere un contratto» e non come una persona attualmente legata al Consiglio da un vincolo contrattuale o che ha già avviato iniziative nell’ottica di impegnarsi in un rapporto contrattuale.

79.      Per quanto attiene alla situazione della protectus, alla luce del suo eventuale accesso a ICUE, ciò che rileva è il fatto che, quand’anche un siffatto accesso non si sia in concreto mai verificato, tale impresa ha richiesto un certificato di sicurezza industriale il cui oggetto è, per l’appunto, di consentire al suo beneficiario di venire a conoscenza di ICUE. Inoltre, la protectus ha indicato in udienza che essa aveva contratti in corso con il Ministerstvo hospodárstva (Ministero dell’Economia, Slovacchia). Orbene, non si può escludere che ICUE possano essere presenti in tale tipologia di rapporti contrattuali in ragione delle connessioni tra i settori relativi alla protezione delle informazioni classificate a livello nazionale e delle ICUE.

80.      Alla luce dell’insieme di questi elementi, l’applicazione alla situazione oggetto del procedimento principale dei criteri accolti dalla giurisprudenza costante della Corte porta, a mio avviso, a riconoscere, contrariamente a quanto sostengono tutti i partecipanti al presente procedimento ad eccezione della protectus, che uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, in linea con quanto previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, quando uno dei suoi organi giurisdizionali verifica la legittimità di una decisione di annullamento di un certificato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a ICUE e che equivale a un FSC, ai sensi dell’articolo 11 e dell’allegato V della decisione 2013/488. È irrilevante, a tal proposito, il fatto che la normativa nazionale colleghi la validità di tale certificato di sicurezza industriale e quella di un attestato di sicurezza industriale nazionale, nella misura in cui la revoca di detto certificato si fonda sull’accertamento, in capo al suo titolare, di un rischio di sicurezza. Ne consegue che la Carta è applicabile nel procedimento principale.

C.      Sulla seconda questione pregiudiziale

81.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, sostanzialmente, di pronunciarsi sulle garanzie procedurali che devono essere fornite, in applicazione dell’articolo 47 della Carta, a un’impresa il cui FSC è stato annullato da un’autorità nazionale di sicurezza fondandosi, in parte, su informazioni classificate cui detta impresa non ha potuto avere accesso. Più nello specifico, detto giudice chiede se tale articolo osti a una normativa nazionale che non garantisce alla persona interessata e al suo avvocato l’accesso alle informazioni classificate alla base dell’annullamento di un FSC e che non consente al giudice di assicurare siffatto accesso, benché quest’ultimo abbia, dal canto suo, accesso a tali informazioni classificate.

82.      A tal proposito, il giudice del rinvio osserva che dall’articolo 26, paragrafo 3, della legge n. 215/2004, letto in combinato disposto con l’articolo 50, paragrafo 6, di detta legge, emerge che il NBÚ, quando decide che una persona non può venire a conoscenza di informazioni classificate, deve indicare nella propria decisione gli elementi su cui essa si fonda, le considerazioni che hanno guidato la sua valutazione delle prove e le informazioni relative alla possibilità di contestare la decisione.

83.      Secondo la prassi del NBÚ e quella del comitato, le diverse informazioni classificate su cui si fondano le loro decisioni non figurano nella motivazione di queste ultime, che contengono unicamente un rinvio al titolo della prova documentale contenente tali informazioni.

84.      Nella misura in cui contengono informazioni classificate, le prove documentali non sono accessibili alla persona sottoposta a una procedura per il nulla osta di sicurezza industriale.

85.      Se detta persona presenta un ricorso avverso la decisione che annulla un attestato o un certificato di sicurezza industriale, i giudici che esaminano tale ricorso sono autorizzati, in forza dell’articolo 34, paragrafo 1, lettera f), della legge n. 215/2004, a prendere conoscenza, senza alcuna restrizione, di tutte le informazioni classificate contenute nel fascicolo.

86.      In forza dell’articolo 35, paragrafo 3, della legge n. 215/2004, l’avvocato della persona interessata può anch’egli prendere conoscenza di dette informazioni classificate, ma solo con il consenso dell’autorità che ha identificato l’informazione classificata di cui trattasi e l’ha segnalata al NBÚ. Tale avvocato è, inoltre, tenuto al rispetto dell’obbligo di riservatezza su detta informazione, il che significa, in pratica, che non la può rivelare al suo cliente.

87.      Prima di esaminare la compatibilità delle garanzie procedurali così descritte con l’articolo 47 della Carta, occorre interrogarsi, come il giudice del rinvio invita la Corte a fare, sull’applicabilità di detto articolo nella situazione oggetto del procedimento principale.

1.      Sull’applicabilità dell’articolo 47 della Carta

88.      Quando attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti, in conformità all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, ad assicurare il rispetto delle prescrizioni che si impongono in virtù, segnatamente, del diritto ad un ricorso effettivo e del diritto a che la propria causa sia esaminata equamente, sanciti dall’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta (31).

89.      Prima facie, potrebbe sembrare che l’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, comporti l’applicabilità dell’articolo 47 della medesima (32). Vi sarebbe così un certo automatismo tra la condizione dell’attuazione del diritto dell’Unione e la necessità di rispettare quest’ultimo articolo.

90.      Ciò detto, la giurisprudenza della Corte sembra negare l’esistenza di un tale automatismo.

91.      Infatti, da detta giurisprudenza emerge che l’applicazione dell’articolo 47 della Carta in un determinato caso di specie presuppone che la persona che lo invoca si avvalga di diritti o di libertà garantiti dal diritto dell’Unione o che tale persona sia sottoposta a procedimenti penali che costituiscono attuazione del diritto dell’Unione (33). Tale condizione va ad aggiungersi alla condizione generale relativa all’attuazione del diritto dell’Unione sancita all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (34), oggetto della prima questione.

92.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio dubita che la ricorrente nel procedimento principale possa avvalersi di un diritto garantito dal diritto dell’Unione e invita la Corte a stabilire se le regole previste dalla decisione 2013/488 possano fondare, a favore di detta ricorrente, un diritto garantito dal diritto dell’Unione, di cui essa può invocare la protezione sulla base dell’articolo 47 della Carta.

93.      Ritengo che, nel caso di specie, questa condizione sia soddisfatta.

94.      Certamente, come ho indicato in precedenza, la decisione 2013/488 riconosce agli Stati membri un ampio potere discrezionale per stabilire in quali casi un FSC debba essere rilasciato o revocato. L’allegato V di detta decisione impone così agli Stati membri alcune verifiche minime che devono essere compiute prima di rilasciare un FSC, senza tuttavia riconoscere agli interessati un diritto di ottenere un FSC ove determinate condizioni siano soddisfatte. Questi ultimi non dispongono nemmeno di un diritto di conservare il loro nulla osta, benché continuino a soddisfare le condizioni minime previste da detta decisione.

95.      Tuttavia, ritengo che la decisione 2013/488, pur non riconoscendo a un’impresa né il diritto di ottenere un FSC, né quello di conservarlo, conferisce però all’impresa che ha ottenuto un siffatto nulla osta un diritto specifico di partecipare a contratti classificati del Consiglio.

96.      Nella stessa ottica, ai fini di stabilire se l’articolo 47 della Carta sia applicabile, occorre, a mio avviso, tenere conto degli effetti che una decisione di revoca di un FSC può avere su un’impresa. Ricordo, a questo proposito, che, all’allegato V, paragrafo 13, della decisione 2013/488, è previsto che «[l]a revoca [di un siffatto nulla osta] è motivo sufficiente per far sì che l’SGC in quanto autorità contraente estingua il contratto classificato o escluda l’offerente dalla gara». Tenuto conto delle conseguenze negative che una decisione di revoca di un FSC può comportare per un’impresa, ritengo che quest’ultima, quando contesta la legittimità di una tale decisione, possa legittimamente reclamare il rispetto dei requisiti in materia di protezione giurisdizionale effettiva.

97.      Osservo, in ogni caso, che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la tutela delle persone, sia fisiche che giuridiche, nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella loro sfera di attività privata, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione (35). Secondo la Corte, detta tutela può essere invocata da una persona giuridica, quale diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta, per esperire un rimedio giurisdizionale contro un atto che le arreca pregiudizio (36).

98.      Posto che l’applicabilità dell’articolo 47 della Carta mi sembra dimostrata, occorre precisare quali siano le garanzie procedurali che un’impresa come la protectus può trarre da detto articolo in una situazione come quella oggetto del procedimento principale.

2.      Sulle garanzie risultanti dall’articolo 47 della Carta in materia di accesso alle ICUE

99.      I quesiti posti dal giudice del rinvio in merito alla conformità con l’articolo 47 della Carta delle norme procedurali previste dalla normativa slovacca traggono origine dalle presunte differenze che esisterebbero tra la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») e quella della Corte in materia di limitazione del principio del contraddittorio in presenza di informazioni classificate.

100. Così, secondo il giudice del rinvio, nella sua sentenza del 19 settembre 2017, Regner c. Repubblica ceca (37), la Corte EDU avrebbe considerato dirimente, per negare la sussistenza di una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, il fatto che il giudice competente a controllare la legittimità di una decisione di revoca di un nulla osta di sicurezza abbia accesso a tutte le informazioni classificate alla base dell’adozione di una siffatta decisione (38).

101. In applicazione dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, si potrebbe quindi reputare sufficiente, alla luce dell’articolo 47 della Carta e della giurisprudenza della Corte EDU sull’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che il solo giudice chiamato a fornire la protezione giurisdizionale alla persona interessata abbia la possibilità di prendere conoscenza delle informazioni classificate.

102. Ciò premesso, il giudice del rinvio osserva che, alla luce della giurisprudenza della Corte, una soluzione siffatta non è necessariamente sufficiente con riferimento all’articolo 47 della Carta. Detto giudice si riferisce, in particolare, a tal proposito, alla sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a.

103. La Corte è pertanto chiamata a stabilire se, nell’ambito della protezione delle ICUE, l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale una decisione di revoca di un FSC non indica le sottostanti informazioni classificate, la persona giuridica interessata non ha accesso al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente tali informazioni, l’avvocato di detta persona giuridica può accedere al fascicolo a condizione che ottenga il consenso della suddetta autorità e garantisca la riservatezza delle informazioni comunicate e il giudice nazionale tenuto a verificare la legittimità di detta decisione ha, dal canto suo, accesso a tutte le informazioni classificate contenute in detto fascicolo.

104. Per rispondere a tale quesito, osservo che dalla giurisprudenza della Corte risulta che, in assenza di disposizioni applicabili del diritto dell’Unione relative alle modalità con cui gli Stati membri devono assicurare il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata qualora il suo diritto d’accesso al fascicolo sia limitato in applicazione di una normativa nazionale, le modalità concrete delle procedure stabilite a tale scopo rientrano nell’ordinamento giuridico interno dei singoli Stati membri, in virtù del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, a condizione però che esse non siano meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (39).

105. Per quanto attiene al principio di equivalenza, ricordo che, come osservato dal giudice del rinvio, dall’articolo 26, paragrafo 3, della legge n. 215/2004, in combinato disposto con l’articolo 50, paragrafo 6, di detta legge, emerge che il NBÚ, quando decide che una persona non può venire a conoscenza di informazioni classificate in forza del diritto nazionale, segnatamente perché è stato dimostrato che essa presenta un rischio in termini di sicurezza, deve indicare nella sua decisione gli elementi su cui essa è fondata, le considerazioni che hanno guidato la sua valutazione delle prove e le informazioni relative alla possibilità di contestare la decisione.

106. Tali garanzie procedurali che consistono nell’esistenza di una decisione motivata, dovrebbero valere anche con riferimento a una decisione di revoca di un FSC, a pena di violare il principio di equivalenza. Pertanto, mi sembra pacifico che un’impresa come la protectus, oggetto di una siffatta decisione, deve essere messa nella condizione di conoscere i motivi, quanto meno quelli essenziali, alla base di tale decisione, alle condizioni previste dalle suddette disposizioni della legge n. 215/2004, come interpretate dagli organi giurisdizionali nazionali. Così sembra essere in ragione del collegamento che la normativa slovacca introduce tra la revoca di un attestato di sicurezza industriale e quello di un certificato di sicurezza industriale.

107. Tuttavia, occorre constatare che dal principio di equivalenza non può evincersi l’obbligo di comunicare alla persona oggetto di una decisione di revoca del suo FSC le informazioni classificate alla base di tale decisione. Infatti, come ho osservato in precedenza, secondo la prassi del NBÚ e quella del comitato, le diverse informazioni classificate su cui si fondano le loro decisioni non figurano nella relativa motivazione. Questo aspetto deve quindi essere esaminato dal punto di vista del principio di effettività.

108. Con riferimento a tale principio, va sottolineato che esso è soddisfatto soltanto a condizione che la norma processuale di cui trattasi sia conforme al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della Carta (40). Pertanto, l’obbligo degli Stati membri di garantire l’efficacia dei diritti che i soggetti dell’ordinamento traggono dal diritto dell’Unione implica un’esigenza di tutela giurisdizionale, sancita da detto articolo 47 della Carta, che il giudice nazionale è tenuto a rispettare. Questa tutela deve valere sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate sul diritto dell’Unione, sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali relative a siffatte azioni (41).

109. Occorre altresì ricordare che gli Stati membri, allorché attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti a garantire il rispetto delle prescrizioni scaturenti dal diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta, il quale impone, nel corso di un procedimento giurisdizionale, il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata (42).

110. Così, da una giurisprudenza costante emerge che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta, che, occorre ricordare, è di per sé sufficiente (43), presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (44). Il rispetto dei diritti della difesa implica che l’interessato possa accedere non soltanto ai motivi della decisione adottata nei suoi confronti, ma anche a tutti gli elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione si è fondata, al fine di poter effettivamente prendere posizione in merito a tali elementi (45).

111. Inoltre, il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa, contemplati dall’articolo 47 della Carta, implica che le parti di un processo devono avere il diritto di prendere conoscenza di tutti i documenti o le osservazioni presentati al giudice al fine di influire sulla sua decisione, nonché quello di discuterli, il che presuppone che la persona interessata deve poter prendere conoscenza degli elementi del suo fascicolo che sono messi a disposizione del giudice chiamato a statuire sul ricorso proposto contro tale decisione (46).

112. Ciò premesso, in linea con quanto previsto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, il diritto di accesso a un fascicolo non ha carattere assoluto alla luce dell’articolo 47 della Carta. Occorre così ricordare che i diritti della difesa non costituiscono prerogative assolute e che il diritto di accesso al fascicolo che ne è il corollario può dunque essere limitato, sulla base di una ponderazione tra, da un lato, il diritto ad un ricorso effettivo della persona interessata e, dall’altro, gli interessi evocati per giustificare la mancata divulgazione di un elemento di fascicolo a tale persona, in particolare quando questi interessi siano correlati alla sicurezza nazionale (47). Infatti, può rivelarsi necessario, tanto in un procedimento amministrativo quanto in uno giurisdizionale, non comunicare talune informazioni all’interessato, in particolare per considerazioni attinenti alla sicurezza nazionale (48).

113. Tuttavia, la Corte nega costantemente che i diritti della difesa possano essere annullati, a prescindere dal grado di delicatezza del settore di cui trattasi. Essa invita il giudice nazionale, in ciascuna causa, a ricercare il punto di equilibrio tra il diritto a un ricorso effettivo e la tutela dei requisiti di sicurezza.

114. In tal senso, a parere della Corte, la ponderazione che il giudice nazionale è tenuto a compiere non può portare, tenuto conto del necessario rispetto dell’articolo 47 della Carta, a privare di qualsiasi effettività i diritti della difesa della persona interessata e a svuotare del suo contenuto il diritto di ricorso di cui tale persona deve disporre in virtù di detto articolo, segnatamente non comunicando a detta persona, o eventualmente al suo rappresentante, almeno il contenuto essenziale della motivazione su cui si fonda la decisione presa nei suoi confronti (49).

115. Questa ponderazione può, invece, portare a far sì che alcuni elementi del fascicolo non vengano comunicati alla persona interessata, qualora la divulgazione di tali elementi sia suscettibile di compromettere in maniera diretta e particolare la sicurezza nazionale dello Stato membro di cui trattasi, in quanto essa possa segnatamente mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale e in tal modo ostacolare seriamente, o addirittura impedire, il futuro espletamento dei compiti di tali organi (50).

116. Ne consegue che, sebbene il diritto dell’Unione autorizzi gli Stati membri, segnatamente quando lo esiga la sicurezza nazionale, a non concedere all’interessato un accesso diretto alla totalità del suo fascicolo, tale diritto non può – a pena di violare il principio di effettività, il diritto ad una buona amministrazione e il diritto ad un ricorso effettivo – essere interpretato nel senso che esso permetta alle autorità competenti di porre detta persona in una situazione nella quale né essa né il suo consulente siano in grado di prendere utilmente conoscenza, eventualmente nel quadro di uno specifico procedimento destinato a salvaguardare la sicurezza nazionale, del contenuto essenziale degli elementi determinanti inseriti in tale fascicolo (51).

117. In tale contesto, la Corte ha già dichiarato, da un lato, che, qualora la divulgazione di informazioni inserite nel fascicolo sia stata limitata per un motivo di sicurezza nazionale, il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata non è garantito in maniera sufficiente dalla possibilità per tale persona di ottenere, a determinate condizioni, un’autorizzazione ad accedere a tali informazioni accompagnata da un divieto assoluto di utilizzare le informazioni così ottenute ai fini del procedimento amministrativo o del procedimento giurisdizionale (52).

118. Dall’altro lato, per quanto riguarda la questione se i diritti della difesa della persona interessata siano sufficientemente garantiti dalla facoltà del giudice competente di accedere al fascicolo, occorre sottolineare come tale facoltà non possa sostituirsi all’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte dell’interessato o del suo rappresentante (53). In tal senso, il rispetto dei diritti della difesa nel procedimento giurisdizionale implica non già che il giudice competente disponga di tutti gli elementi pertinenti per prendere la propria decisione, bensì che la persona interessata, eventualmente tramite un consulente, possa far valere i propri interessi esprimendo il proprio punto di vista su tali elementi (54). Infatti, l’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte dei giudici competenti e la creazione di procedure atte a garantire che i diritti della difesa della persona interessata siano rispettati costituiscono due esigenze distinte e cumulative (55).

119. Le considerazioni che precedono hanno portato la Corte a dichiarare nella sua giurisprudenza più recente, in linea con le sue precedenti sentenze, che il principio generale di buona amministrazione e l’articolo 47 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un permesso di soggiorno, adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo 20, si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, tale cittadino di un paese terzo o il suo rappresentante possono accedere a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non viene loro comunicato nemmeno il contenuto essenziale dei motivi sui quali simili decisioni sono fondate e non possono, in ogni caso, utilizzare, ai fini dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso (56).

120. Il giudice del rinvio desidera sapere se questi elementi tratti dalla giurisprudenza della Corte e le conclusioni a cui quest’ultima è ad oggi pervenuta siano trasponibili nel settore della protezione delle ICUE, il che potrebbe portare a riconoscere che l’articolo 47 della Carta osta alla normativa nazionale oggetto del procedimento principale.

121. Questa domanda mi sembra legittima, tenuto conto della specificità del settore della protezione delle ICUE, che lo distingue dai settori in cui la Corte ha, ad oggi, fornito indicazioni sulla ponderazione che deve essere compiuta tra il diritto a un ricorso effettivo e gli interessi evocati per giustificare la mancata divulgazione di talune informazioni, in particolare quando questi interessi siano correlati alla sicurezza nazionale.

122. Da una giurisprudenza costante della Corte emerge che l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa, compreso il diritto di accedere al fascicolo, deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, segnatamente, della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (57).

123. A tal proposito, occorre sottolineare che la presente causa si distingue da quelle che hanno dato luogo alle sentenze ZZ, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. e NW e PQ. Infatti, quando si discute di una decisione che limita la libera circolazione di un cittadino dell’Unione per ragioni di pubblica sicurezza, di una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale o di revoca di una siffatta protezione per una minaccia per la sicurezza nazionale, oppure di una decisione con cui è disposta la revoca o è negato il rilascio di un titolo di soggiorno per un motivo di sicurezza nazionale nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di detto articolo 20 TFUE, vige il principio della comunicazione completa dei motivi e delle informazioni su cui tali decisioni si fondano. La limitazione di detto principio integra quindi un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente (58).

124. Nel settore relativo alla protezione delle informazioni classificate, ritengo che la logica debba essere inversa, cosicché il principio è quello del divieto di divulgazione di tali informazioni a persone non autorizzate. La divulgazione delle informazioni classificate rappresenta così l’eccezione a detta regola e può avvenire unicamente a favore di persone che soddisfano le condizioni necessarie per beneficiare di un nulla osta di sicurezza. Trattandosi di un’eccezione, una siffatta divulgazione può a buon diritto essere assoggettata a rigide limitazioni.

125. Ne consegue che una persona il cui FSC è rimesso in discussione da un’autorità nazionale di sicurezza non può, nell’ambito del procedimento giurisdizionale diretto a contestare una decisione di revoca di detto nulla osta, rivendicare l’accesso alle informazioni classificate su cui detta decisione di basa, sia che tale classificazione derivi dal diritto nazionale, sia che essa derivi dal diritto dell’Unione. Sarebbe paradossale che, benché il suo nulla osta ad accedere a informazioni classificate sia messo in discussione da un’autorità nazionale di sicurezza, una persona possa ottenere, nell’ambito di detto procedimento, la possibilità di consultare informazioni di tale natura che la riguardano. Ciò equivarrebbe a rivelarle informazioni classificate alla base della decisione volta a impedirle di consultare ICUE e, quindi, a consentirle di venire a conoscenza di informazioni classificate nell’ottica di dimostrare che, contrariamente a quanto ritenuto dall’autorità nazionale competente, essa è idonea ad accedere a siffatte informazioni. Pertanto, tenuto conto dell’oggetto stesso della decisione di revoca di un nulla osta di sicurezza, un accesso a informazioni classificate da parte della persona destinataria di tale decisione, anche nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, finirebbe, a mio avviso, con il mettere in discussione la regola secondo cui solo le persone che detengono un tale nulla osta possono venire a conoscenza delle informazioni di cui trattasi.

126. Il rispetto del principio di non divulgazione delle informazioni classificate alle persone che contestano la revoca del proprio nulla osta di sicurezza nell’ambito di un procedimento giurisdizionale è giustificato dalle esigenze di precauzione e di prevenzione inerenti al settore della protezione delle ICUE e dall’ampio margine di discrezionalità che deve essere riconosciuto agli Stati membri riguardo al rilascio o della revoca di un FSC.

127. Inoltre, come ho indicato in precedenza, la Corte ha già evidenziato la necessità che alcuni elementi del fascicolo non vengano comunicati alla persona interessata, qualora la divulgazione di tali elementi sia suscettibile di compromettere in maniera diretta e particolare la sicurezza nazionale dello Stato membro di cui trattasi, in quanto essa possa segnatamente mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale e in tal modo ostacolare seriamente, o addirittura impedire, il futuro espletamento dei compiti di tali organi (59). Tali imperativi, che la Corte ha sottolineato originariamente nella sua sentenza ZZ (60), cui si può aggiungere la necessità di non pregiudicare le indagini penali in corso, di cui la persona in questione o le persone a lei vicine possano essere oggetto (61), mi sembrano presentare una particolare rilevanza nell’ambito relativo alla protezione delle ICUE.

128. Occorre, a tal proposito, osservare che le persone che chiedono un nulla osta di sicurezza, al pari di quelle che lo hanno già ottenuto, sono sottoposte a indagini finalizzate a individuare tutti gli elementi che possono esporle al rischio di ricatti o pressioni volti a costringerle a collaborare con strutture malavitose o persone malintenzionate desiderose di avere accesso alle informazioni classificate in loro possesso. Queste indagini si fondano su criteri oggettivi e su metodi investigativi che consentono di stabilire se una persona che ha richiesto o detiene un nulla osta di sicurezza presenti, in ragione del suo comportamento o dell’ambiente in cui opera, profili di vulnerabilità che possono essere sfruttati da terzi per ottenere dati protetti. Si tratta, in pratica, per l’autorità nazionale competente, di stabilire se una persona possa o meno essere considerata affidabile dal punto di vista della sicurezza e della necessaria riservatezza delle informazioni classificate, assicurandosi che essa sia leale e meritevole di fiducia. Mi sembra essenziale che sia mantenuto non soltanto il carattere riservato delle informazioni classificate che consentono a un’autorità nazionale di sicurezza di constatare che una persona presenta un rischio di sicurezza, ma anche il segreto sulle prove e sui metodi di indagine che consentono di stabilire l’esistenza di un siffatto rischio.

129. Pertanto, le indagini volte a valutare l’esistenza di un rischio di sicurezza industriale beneficiano, per loro natura, della massima riservatezza, tanto più che occorre garantire che l’attuazione del diritto dell’Unione non leda l’esercizio della competenza puramente nazionale consistente nel tutelare le informazioni classificate in forza del diritto nazionale.

130. Da questi elementi risulta che, nel settore relativo alla protezione delle ICUE, il giudice nazionale chiamato a verificare la legittimità di una decisione di revoca di un FSC, nello svolgimento del suo compito, deve essere guidato dal principio della non divulgazione di informazioni classificate al ricorrente che contesta una tale decisione.

131. Tuttavia, come ho già precisato, la giurisprudenza della Corte mi sembra basarsi sull’idea fondamentale secondo cui, qualunque sia il grado di delicatezza del settore in discussione, i diritti della difesa non possono essere annullati e il controllo esercitato dal giudice nazionale sulla base della totalità delle informazioni pertinenti non può sostituirsi all’esercizio effettivo di detti diritti da parte della persona interessata o del suo rappresentante. I diritti della difesa, che sono fondamentali per consentire, da un lato, alla persona destinataria di una decisione di revoca di un FSC di esprimere il suo punto di vista e, dall’altro, al giudice di verificare la legittimità di detta decisione con piena cognizione di causa, presuppongono, a mio avviso, che detta persona non sia del tutto all’oscuro di quanto le viene contestato. Peraltro, i motivi su cui è fondata una decisione di revoca di un FSC non derivano necessariamente tutti da informazioni classificate, come mostra la situazione oggetto del procedimento principale. Va aggiunto che un esercizio effettivo dei diritti della difesa, in forza del quale la persona che si trova ad essere privata di un diritto derivante da un FSC deve avere la possibilità di contestare le censure che le sono mosse, non può essere compromesso dal fatto che tale persona non può rivendicare un diritto di ottenere o mantenere un tale nulla osta.

132. Ritengo, quindi, che, benché nel settore relativo alla protezione delle ICUE il principio di minimizzazione degli elementi da comunicare alla persona destinataria di una decisione di revoca di un FSC debba prevalere, tale persona o, se del caso, il suo rappresentante, deve essere messa a conoscenza, quantomeno, del contenuto essenziale dei motivi sui quali è fondata detta decisione. Una siffatta garanzia minima si evince in maniera costante dalla giurisprudenza della Corte (62). Tuttavia, nell’ambito specifico del settore oggetto della presente causa prevederei le restrizioni di seguito indicate.

133. In primo luogo, la garanzia secondo cui alla persona interessata o, se del caso, al suo rappresentante deve essere comunicato, quantomeno, il contenuto essenziale dei motivi sui quali è fondata una decisione di revoca di un FSC non può portare alla divulgazione, neppure in parte, di informazioni classificate. La comunicazione del contenuto essenziale dei motivi deve, quindi, essere compiuta nel rispetto della massima riservatezza di tale tipo di informazioni. Inoltre, una siffatta comunicazione deve essere effettuata nel rispetto di altri interessi pubblici già citati, quali la necessità di non rivelare i metodi investigativi o di non pregiudicare indagini penali in corso.

134. In secondo luogo, ritengo che, affinché i diritti della difesa della persona destinataria di una decisione di revoca del suo FSC siano sufficientemente garantiti, non sia necessario che detta persona si veda comunicare il contenuto essenziale di tutti i motivi su cui detta decisione è fondata. È sufficiente, a mio avviso, che detta persona abbia conoscenza del contenuto essenziale del motivo o dei motivi che costituiscono, per il giudice nazionale, una base sufficiente per fondare tale decisione, tenuto conto dei requisiti di precauzione e di prevenzione e dall’ampio margine di discrezionalità che deve essere riconosciuto all’autorità nazionale competente nel settore relativo alla protezione delle ICUE (63).

135. Alla luce di queste considerazioni, ritengo che la normativa slovacca contenga garanzie sufficienti che, considerate nel loro complesso, consentono di garantire il rispetto dei diritti della difesa di una persona oggetto di una decisione di revoca di un FSC.

136. A tal proposito, ricordo che, in base alle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, l’organo giurisdizionale chiamato a controllare la legittimità di detta decisione ha accesso all’intero fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza. Inoltre, benché la persona giuridica interessata non abbia accesso a detto fascicolo contenente le informazioni classificate che sono servite, unitamente ad altri elementi, da fondamento per tale decisione, l’avvocato di detta persona giuridica può aver accesso al fascicolo di cui trattasi a condizione che egli ottenga il consenso di tale autorità e garantisca la riservatezza delle informazioni comunicate. Osservo del resto che, nel corso del procedimento giudiziario, su richiesta dell’avvocato della ricorrente nel procedimento principale, il NBÚ gli ha comunicato due prove documentali classificate.

137. Oltre a queste informazioni classificate, dalla decisione di rinvio risulta che il NBÚ è venuto a conoscenza di informazioni non classificate indicanti, in particolare, che la ricorrente nel procedimento principale o i suoi amministratori erano sottoposti a un’indagine penale, che essa aveva stipulato contratti con società sottoposte a indagine penale, che aveva versato a tali società importi anomali e che vi era il sospetto di legami tra il suo personale e un’altra società con la quale essa aveva partecipato a gare di appalto, cosicché le due società hanno presentato offerte trovandosi sotto controllo congiunto. È pacifico che la ricorrente nel procedimento principale ha potuto prendere posizione sulle informazioni in tal modo ottenute dal NBÚ.

138. Inoltre, l’annullamento da parte del NBÚ dell’attestato di sicurezza industriale, che ha quale conseguenza automatica l’annullamento del certificato di sicurezza industriale, si fondava sulla constatazione secondo cui la ricorrente nel procedimento principale presentava un rischio per la sicurezza in ragione dell’esistenza di un rapporto commerciale che avrebbe potuto arrecare pregiudizio agli interessi della Repubblica slovacca in materia di sicurezza e di attività contrarie agli interessi economici di detto Stato membro. Per motivare detta decisione, il NBÚ ha rinviato, da un lato, a informazioni non classificate che ha illustrato in dettaglio e, dall’altro, a informazioni classificate di cui non ha precisato il contenuto.

139. Come indica il giudice del rinvio, nel suo ricorso la ricorrente nel procedimento principale rimette in discussione le diverse considerazioni di fatto e giuridiche sulla cui base il NBÚ e il comitato sono giunti alla conclusione che essa presentasse un rischio di sicurezza, il che lascia supporre che dette considerazioni siano state portate alla conoscenza della ricorrente nel procedimento principale la quale è stata, quindi, in grado di contestarle.

140. Deduco da questi elementi che, in applicazione delle garanzie previste dalla normativa slovacca, la ricorrente nel procedimento principale non si trovi nella posizione di ignorare quello che le viene contestato, pur non avendo disposto, a mio parere a giusto titolo, di tutte le informazioni classificate di cui avrebbe voluto avere conoscenza. Le indicazioni fornite dal giudice del rinvio mi portano al contrario a ritenere che alla ricorrente nel procedimento principale sia stato comunicato il contenuto essenziale dei motivi idonei a costituire un fondamento sufficiente a sostegno della decisione di revoca del suo FSC, aspetto questo che compete ovviamente al giudice del rinvio verificare. Ciò significa che, se detto giudice ritiene che i motivi illustrati nella suddetta decisione siano sufficienti a giustificarla, tenuto conto dell’ampia discrezionalità che deve essere riconosciuta all’autorità nazionale competente nel settore relativo alla protezione delle ICUE, e che la ricorrente nel procedimento principale ha avuto occasione di discutere detti motivi, come sembra essere il caso, non vi è motivo di riconoscere una violazione dei diritti della difesa.

141. Di conseguenza, l’articolo 47 della Carta deve, a mio avviso, essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale in forza della quale una decisione che annulla un FSC non indica le informazioni classificate che sono servite da suo fondamento e la persona giuridica interessata non ha accesso al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente dette informazioni, quando, in primo luogo, l’avvocato di detta persona giuridica può avere accesso a tale fascicolo a condizione di ottenere il consenso della suddetta autorità e di garantire la riservatezza delle informazioni comunicate, in secondo luogo, il giudice nazionale chiamato a verificare la legittimità di detta decisione ha accesso a tutte le informazioni classificate contenute nel fascicolo e, in terzo luogo, detta persona giuridica ha avuto conoscenza del contenuto essenziale dei motivi che possono costituire una base sufficiente a sostegno della decisione di cui trattasi, aspetto questo che compete al giudice del rinvio verificare.

D.      Sulla terza e sulla quarta questione pregiudiziale

142. Con le questioni terza e quarta, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che impone che un giudice, cui compete controllare la legittimità di una decisione che annulla un FSC fondata in parte su informazioni classificate, abbia il potere di autorizzare l’accesso della persona giuridica oggetto di tale decisione al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente tali informazioni. In caso di risposta affermativa, il giudice del rinvio desidera altresì ottenere precisazioni in merito alla portata di un siffatto potere.

143. Occorre precisare che la terza questione è posta dal giudice del rinvio nell’eventualità che la Corte risponda alla sua seconda questione nel senso che l’articolo 47 della Carta osta alla normativa slovacca. Come ho già indicato in precedenza, fatte salve le verifiche che detto giudice deve compiere, le garanzie previste da detta normativa mi sembrano, nell’insieme, sufficienti per assicurare la protezione dei diritti della difesa di una persona oggetto di una decisione di revoca del suo FSC.

144. Tuttavia, mi sembra utile fornire al giudice del rinvio una risposta sulla questione se l’articolo 47 della Carta imponga che l’organo giurisdizionale incaricato di verificare la legittimità di una tale decisione disponga, al di là delle garanzie previste dalla normativa slovacca, del potere di autorizzare l’accesso della persona interessata all’intero fascicolo contenente informazioni classificate.

145. Su tale aspetto, la soluzione accolta di recente dalla Corte nella sentenza NW e PQ deve, a mio avviso, applicarsi a fortiori nel settore della protezione delle ICUE (64).

146. Così, in detta sentenza, la Corte si è fondata sugli insegnamenti che devono essere tratti dalla sua sentenza ZZ (65) per dichiarare che gli Stati membri possono riservare alle autorità nazionali competenti in materia di sicurezza il potere di comunicare o meno motivi o elementi di prova, a condizione che il giudice competente abbia il potere di trarre le conseguenze dalla decisione adottata al riguardo, alla fine, da dette autorità (66).

147. A parere della Corte, quando un’autorità nazionale ostacola in maniera ingiustificata la comunicazione di tutti o di parte degli elementi alla base della decisione di cui trattasi, una siffatta soluzione è idonea ad assicurare il pieno rispetto dell’articolo 47 della Carta, poiché garantisce che l’inosservanza, da parte di dette autorità, degli obblighi procedurali su di loro incombenti non farà sì che la decisione giurisdizionale sia fondata su fatti o documenti di cui il richiedente non ha potuto avere conoscenza e sui quali non ha quindi potuto prendere posizione (67).

148. La Corte deduce da queste considerazioni che non si può ritenere che l’articolo 47 della Carta comporti che il giudice competente a controllare una decisione fondata su informazioni classificate deve necessariamente disporre del potere di declassificare talune informazioni e di comunicarle esso stesso al ricorrente, poiché una siffatta declassificazione e una siffatta comunicazione non sono indispensabili per garantire una tutela giurisdizionale effettiva nell’ambito della valutazione della legittimità della decisione contestata (68).

149. Alla luce di questi elementi ritengo che occorra rispondere alla terza questione che l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che non impone che un’autorità giurisdizionale, cui compete controllare la legittimità di una decisione che annulla un FSC fondata in parte su informazioni classificate, abbia il potere di autorizzare l’accesso della persona giuridica oggetto di tale decisione al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente tali informazioni.

150. Tenuto conto della risposta che propongo alla Corte di dare alla terza questione, non vi è ragione, a mio parere, di esaminare la quarta questione.

IV.    Conclusione

151. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali del Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Corte amministrativa suprema della Repubblica slovacca) nei seguenti termini:

1)      L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro attua il diritto dell’Unione quando uno dei suoi organi giurisdizionali verifica la legittimità di una decisione di annullamento di un certificato di sicurezza industriale che autorizza l’accesso a informazioni classificate dell’Unione e che equivale a un nulla osta di sicurezza delle imprese (FSC), ai sensi dell’articolo 11 e dell’allegato V della decisione 2013/488 del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE. È irrilevante, a tal proposito, che la normativa nazionale colleghi la validità di tale certificato di sicurezza industriale e quella di un attestato di sicurezza industriale nazionale, nella misura in cui la revoca di detto certificato si fonda sull’accertamento, in capo al suo titolare, di un rischio di sicurezza.

2)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale in forza della quale una decisione che annulla un FSC non indica le informazioni classificate che sono servite da suo fondamento e la persona giuridica interessata non ha accesso al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente dette informazioni, quando, in primo luogo, l’avvocato di detta persona giuridica può avere accesso a tale fascicolo a condizione di ottenere il consenso della suddetta autorità e di garantire la riservatezza delle informazioni comunicate, in secondo luogo, il giudice nazionale chiamato a verificare la legittimità di detta decisione ha accesso a tutte le informazioni classificate contenute nel fascicolo e, in terzo luogo, detta persona giuridica ha avuto conoscenza del contenuto essenziale dei motivi che possono costituire una base sufficiente a sostegno della decisione di cui trattasi.

3)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretato nel senso che non impone che un’autorità giurisdizionale, cui compete controllare la legittimità di una decisione che annulla un FSC fondata, in parte, su informazioni classificate, abbia il potere di autorizzare l’accesso della persona giuridica oggetto di tale decisione al fascicolo dell’autorità nazionale di sicurezza contenente tali informazioni.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2013, L 274, pag. 1.


3      In prosieguo: la «Carta».


4      V., segnatamente, decisione (UE, Euratom) 2015/444 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU 2015, L 72, pag. 53), e decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo, del 15 aprile 2013, sulla regolamentazione relativa al trattamento delle informazioni riservate da parte del Parlamento europeo (GU 2014, C 96, pag. 1). Occorre altresì menzionare l’accordo tra gli Stati membri dell’Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, del 4 maggio 2011, sulla protezione delle informazioni classificate scambiate nell’interesse dell’Unione europea (GU 2011, C 202, pag. 13).


5      C‑159/21, in prosieguo: la «sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a.», EU:C:2022:708.


6      GU 2013, L 180, pag. 60.


7      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 60).


8      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 57).


9      V., segnatamente, sentenza del 25 aprile 2024, NW e PQ (C‑420/22 e C‑528/22; in prosieguo: la «sentenza NW e PQ», EU:C:2024:344, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


10      In prosieguo: la «legge n. 215/2004».


11      L’articolo 46, lettera c), della legge n. 215/2004 prevede, segnatamente, che un attestato di sicurezza industriale dell’imprenditore può essere rilasciato unicamente a un imprenditore che sia «affidabile dal punto di vista della sicurezza».


12      In prosieguo: il «decreto n. 134/2016».


13      V. articolo 5, paragrafo 1, lettera d), del decreto n. 134/2016.


14      V. articolo 5, paragrafo 4, lettera a), del decreto n. 134/2016.


15      V., in particolare, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti 17 e 19, e giurisprudenza ivi citata); del 5 maggio 2022, BPC Lux 2 e a. (C‑83/20, EU:C:2022:346, punti 25 e 26), e del 25 gennaio 2024, Parchetul de pe lângă Curtea de Apel Craiova e a. (C‑58/22, EU:C:2024:70, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


16      V., segnatamente, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19), e del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 33).


17      V., segnatamente, sentenza del 25 gennaio 2024, Parchetul de pe lângă Curtea de Apel Craiova e a. (C‑58/22, EU:C:2024:70, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


18      V., segnatamente, sentenze del 6 ottobre 2016, Paoletti e a. (C‑218/15, EU:C:2016:748, punto 14 e giurisprudenza ivi citata), e del 24 febbraio 2022, Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto» (C‑262/20, EU:C:2022:117, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).


19      V., in particolare, sentenza del 5 maggio 2022, BPC Lux 2 e a. (C‑83/20, EU:C:2022:346, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


20      V., segnatamente, sentenza del 30 novembre 2023, Ministero dell’Istruzione e INPS (C‑270/22, EU:C:2023:933, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


21      V. sentenza NW e PQ (punto 103).


22      V. articolo 60, paragrafo 7, della legge n. 215/2004 che, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 6, del decreto n. 134/2016, è applicabile al certificato di sicurezza industriale.


23      V., in particolare, paragrafo 9, lettere a) e b), di detto allegato.


24      V. articolo 5, paragrafo 4, lettera a), del decreto n. 134/2016.


25      Il corsivo è mio. Anche l’appendice B della decisione 2013/488 sull’equivalenza delle classifiche di sicurezza testimonia lo stretto legame tra le classificazioni nazionali e le classificazioni dell’Unione.


26      V., segnatamente, sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo (C‑742/19, EU:C:2021:597, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., per analogia, sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 28).


28      V. sentenza del 19 novembre 2019, TSN e AKT (C‑609/17 e C‑610/17, EU:C:2019:981, punto 50).


29      V., segnatamente, articolo 1, paragrafo 2, articolo 11, paragrafi da 4 a 6, e articolo 15, paragrafo 3, della decisione 2013/488. In una logica di reciprocità, l’articolo 4, paragrafo 3, di detta decisione prevede che, «[q]uando gli Stati membri introducono informazioni classificate che recano un contrassegno di classifica di sicurezza nazionale nelle strutture o nelle reti dell’Unione, il Consiglio e l’SGC proteggono tali informazioni conformemente ai requisiti applicabili alle ICUE di livello equivalente come indicato nella tabella di equivalenza delle classifiche di sicurezza che figura nell’appendice B».


30      V. paragrafo 60 delle presenti conclusioni.


31      V., segnatamente, sentenza del 22 giugno 2023, K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale) (C‑660/21, EU:C:2023:498, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


32      V., segnatamente, sentenza del 17 maggio 2023, Funke (C‑626/21, EU:C:2023:412, punto 76).


33      V., segnatamente, sentenze del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 34); del 17 novembre 2022, Harman International Industries (C‑175/21, EU:C:2022:895, punto 32), e del 4 maggio 2023, Agenția Națională de Integritate (C‑40/21, EU:C:2023:367, punto 84).


34      V. sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 42 e 51).


35      V., segnatamente, con riferimento alla questione se una persona giuridica nei cui confronti l’autorità nazionale competente ha adottato una decisione che ingiunge la comunicazione di talune informazioni o una decisione sanzionatoria per la mancata osservanza dell’ingiunzione stessa debba vedersi riconoscere il beneficio del diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta in presenza di siffatte decisioni, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 51); del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Ricorso avverso una richiesta di informazioni in materia fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 57 e giurisprudenza ivi citata), e del 25 novembre 2021, État luxembourgeois (Informazioni su un gruppo di contribuenti) (C‑437/19, EU:C:2021:953, punto 87).


36      V., segnatamente, sentenze del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Ricorso avverso una richiesta di informazioni in materia fiscale) (C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 58 e giurisprudenza ivi citata), e del 25 novembre 2021, État luxembourgeois (Informazioni su un gruppo di contribuenti) (C‑437/19, EU:C:2021:953, punto 87).


37      CE:ECHR:2017:0919JUD003528911. All’origine di detta causa, il Národní bezpečnostní úřad (Ufficio nazionale di sicurezza, Repubblica ceca) (in prosieguo: l’«Ufficio») aveva deciso di porre fine alla validità di un attestato di sicurezza rilasciato al ricorrente per consentirgli di rivestire la funzione di assistente al Prvního náměstka ministra obrany (Viceministro della Difesa, Repubblica ceca), poiché l’interessato presentava un rischio per la sicurezza nazionale. Tuttavia, la decisione non menzionava le informazioni riservate su cui essa si fondava; trattandosi di informazioni classificate nella categoria «riservate», la legge non ne consentiva la divulgazione all’interessato. La domanda di annullamento del ricorrente veniva poi respinta dal Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca), cui i documenti di cui trattasi erano stati trasmessi dall’Ufficio. Il ricorrente e il suo avvocato non venivano autorizzati a consultarli. I ricorsi proposti dal ricorrente venivano respinti. Dinanzi alla Corte EDU, il ricorrente invocava una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950) (in prosieguo: la «CEDU»). Egli lamentava l’iniquità del procedimento amministrativo a causa dell’impossibilità di venire a conoscenza di un elemento di prova determinante, qualificato come informazione riservata, messo a disposizione dei tribunali dal convenuto.


38      V. § 152 di detta sentenza. Il procedimento avviato dal ricorrente dinanzi alle autorità giurisdizionali nazionali aveva subito due limitazioni rispetto alle disposizioni ordinarie volte a garantire un equo processo: da un lato, né a lui, né al suo avvocato era consentito accedere ai documenti e alle informazioni classificate e, dall’altro, nella misura in cui la decisione di revoca si fondava su tali documenti, i motivi sottostanti la decisione non gli erano stati comunicati (§ 150). Esaminando il procedimento di cui trattasi nel suo insieme, la Corte EDU ha concluso che non sussisteva alcuna violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Per pervenire a tale conclusione, la Corte EDU ha, in particolare, preso in considerazione i poteri conferiti agli organi giurisdizionali nazionali. I tribunali avevano accesso, infatti, senza alcuna restrizione, a tutti i documenti classificati su cui l’Ufficio si era basato per giustificare la sua decisione; essi avevano il potere di compiere un esame approfondito delle ragioni invocate dall’Ufficio per non comunicare i documenti classificati e di ordinare la comunicazione di quelli che essi ritenevano non meritassero tale classificazione; essi potevano altresì valutare la fondatezza della decisione dell’Ufficio che ordinava la revoca dell’attestato di sicurezza e sanzionare, se del caso, una decisione arbitraria (§ 152). La loro competenza si estendeva a tutti i fatti del caso di specie e non era circoscritta all’esame dei motivi invocati dal ricorrente, che era stato sentito dal giudice e aveva altresì potuto presentare le proprie conclusioni scritte (§ 153). In considerazione di tali elementi, la Corte EDU ha ritenuto che i giudici aditi avessero debitamente esercitato i poteri di controllo di cui disponevano nell’ambito di detta tipologia di procedimento, tenuto conto sia della necessità di mantenere la riservatezza dei documenti classificati, sia della giustificazione della revoca dell’attestato di sicurezza del ricorrente, motivando le loro decisioni alla luce delle circostanze concrete del caso di specie (§ 154).


39      V., per analogia, sentenza NW e PQ (punto 79 e giurisprudenza ivi citata, nonché punto 87).


40      V., a tal proposito, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa An tAire Talmhaíochta Bia agus Mara e a. (C‑64/20, EU:C:2021:14, paragrafo 41), il quale indica che «il requisito dell’effettività, inteso come condizione per l’applicazione del principio dell’autonomia procedurale (...) si sovrappone in pratica al diritto fondamentale a un ricorso giurisdizionale effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta».


41      V., segnatamente, sentenze del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 35 e giurisprudenza ivi citata), e del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia (C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha altresì precisato che il principio di effettività «non determina obblighi che vadano al di là di quelli derivanti dai diritti fondamentali, in particolare del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, garantiti dalla Carta» [v. sentenza del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en justitie (Effetto sospensivo dell’appello) (C‑180/17, EU:C:2018:775, punto 43)].


42      V., segnatamente, sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


43      V., segnatamente, sentenze del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 140 e giurisprudenza ivi citata), e del 20 febbraio 2024, X (Assenza di motivi di recesso) (C‑715/20, EU:C:2024:139, punto 80 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha così precisato che «l’articolo 47 della Carta è sufficiente di per sé e non deve essere precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale».


44      V., segnatamente, sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken (C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


45      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 92 e giurisprudenza ivi citata).


46      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 93 e giurisprudenza ivi citata).


47      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 94 e giurisprudenza ivi citata).


48      V., segnatamente, in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C‑300/11; in prosieguo: la «sentenza ZZ», EU:C:2013:363, punto 54).


49      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 95 e giurisprudenza ivi citata).


50      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 96 e giurisprudenza ivi citata).


51      V., per analogia, sentenza NW e PQ (punto 97 e giurisprudenza ivi citata).


52      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 98 e giurisprudenza ivi citata).


53      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 99 e giurisprudenza ivi citata).


54      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 100 e giurisprudenza ivi citata).


55      V. sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punto 59).


56      V. sentenza NW e PQ (punto 101).


57      V., segnatamente, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).


58      V. sentenza ZZ (punto 49). Tuttavia, in questo punto, la Corte ha precisato che tale interpretazione in senso stretto non deve arrivare a privare la disposizione di diritto dell’Unione che prevede la deroga di cui trattasi della sua efficacia pratica. È in questo contesto che la Corte è stata chiamata a stabilire se e in quale misura l’articolo 30, paragrafo 2, e l’articolo 31 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, nonché rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35 e GU 2005, L 197, pag. 34), consentano di non divulgare i motivi circostanziati e completi di una decisione adottata a norma dell’articolo 27 della medesima direttiva, le cui disposizioni devono essere oggetto di un’interpretazione conforme ai precetti che risultano dall’articolo 47 della Carta (punto 50). V., in termini più generali, sulla regola secondo cui le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente, sentenza dell’8 novembre 2022, Deutsche Umwelthilfe (Omologazione dei veicoli a motore) (C‑873/19, EU:C:2022:857, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).


59      V., segnatamente, sentenza NW e PQ (punto 96 e giurisprudenza ivi citata).


60      V. punto 66 di detta sentenza.


61      V., a tal proposito, Corte EDU, 19 settembre 2017, Regner c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2017:0919JUD003528911, § 157), in cui detta Corte osserva che il ricorrente era stato oggetto di procedimenti penali per associazione alla criminalità organizzata, concorso in abuso d’ufficio, concorso in malversazione nell’ambito di procedure di assegnazione di appalti pubblici e gare d’appalto pubbliche e concorso nella violazione di norme imperative in materia di rapporti economici. Essa considera quindi comprensibile che, in presenza di tali sospetti, le autorità ritengano necessario agire rapidamente senza attendere l’esito dell’indagine penale, evitando la rivelazione, in una fase iniziale, dei sospetti gravanti sugli interessati, che rischierebbe di intralciare l’indagine penale.


62      V. sentenze ZZ (punti 65, 68 e 69), Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (punti 51, 53 e 60) e NW e PQ (punti 95, 97, 101, 111 e 116). Osservo altresì che, nella sua sentenza del 19 settembre 2017, Regner c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2017:0919JUD003528911, § 160), la Corte EDU apre alla possibilità che la persona che si vede revocare il suo nulla osta di sicurezza possa disporre, nei limiti di quanto compatibile con il mantenimento della riservatezza e la corretta conduzione delle indagini che la riguardano, di indicazioni quand’anche sommarie sulle contestazioni che le vengono mosse.


63      A tal riguardo, la Corte potrebbe ispirarsi a quanto da essa dichiarato in materia di misure restrittive nella sua sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 130), vale a dire che, considerata la natura preventiva di dette misure, qualora, nel contesto del suo controllo sulla legittimità della decisione impugnata, il giudice dell’Unione concluda che almeno uno dei motivi menzionati nell’esposizione dei motivi fornita dal comitato per le sanzioni è sufficientemente preciso e concreto, che è dimostrato e che di per sé costituisce un fondamento adeguato di tale decisione, la circostanza che altri di questi motivi non lo siano non basterà per giustificare l’annullamento di detta decisione. In caso contrario, egli procederà all’annullamento della decisione impugnata.


64      V. sentenza NW e PQ (punti da 102 a 116).


65      V. sentenza NW e PQ (punti da 106 a 112).


66      V. sentenza NW e PQ (punto 113).


67      V. sentenza NW e PQ (punto 114).


68      V. sentenza NW e PQ (punto 115).