Language of document : ECLI:EU:C:2022:809

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

20 ottobre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alla frontiera, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti – Direttiva 2004/81/CE – Articolo 6 – Ambito di applicazione – Cittadino di un paese terzo che asserisce di essere stato vittima di un reato collegato alla tratta di esseri umani – Concessione del periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva – Divieto di eseguire una misura di allontanamento – Nozione – Portata – Calcolo di tale periodo di riflessione – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide – Trasferimento verso lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda di protezione internazionale»

Nella causa C‑66/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi), con decisione del 28 gennaio 2021, pervenuta in cancelleria il 29 gennaio 2021, nel procedimento

O.T.E.

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, L.S. Rossi (relatrice), J.-C. Bonichot, S. Rodin e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo dei Paesi Bassi, da K. Bulterman e P. Huurnink, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e F. Wilman, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 giugno 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (GU 2004, L 261 pag. 19).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra O.T.E., cittadino nigeriano, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «segretario di Stato»), in merito al rigetto senza esame, da parte di quest’ultimo, della domanda di permesso di soggiorno temporaneo per motivi di asilo, presentata dal ricorrente nel procedimento principale, in quanto la Repubblica italiana era lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2004/81

3        I considerando 2, 4 e da 9 a 11 della direttiva 2004/81 sono così formulati:

«(2)      Nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha espresso la propria determinazione a combattere alla radice l’immigrazione illegale, in particolare contrastando coloro che si dedicano alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento economico dei migranti, ed ha raccomandato agli Stati membri d’incentrare i loro sforzi sull’individuazione e lo smantellamento delle reti criminali, provvedendo al tempo stesso a garantire i diritti delle vittime.

(...)

(4)      L’attuazione della presente direttiva non incide sulla protezione prevista per i rifugiati, per i beneficiari di una protezione sussidiaria e per chi chiede protezione internazionale a norma del diritto internazionale riguardante i rifugiati, né sugli altri strumenti relativi ai diritti umani.

(...)

(9)      La presente direttiva prevede un titolo di soggiorno destinato alle vittime della tratta di esseri umani o, qualora uno Stato membro decida di ampliare il campo di applicazione della presente direttiva, ai cittadini di paesi terzi che sono stati coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale per i quali il titolo di soggiorno abbia carattere d’incitamento sufficiente perché essi cooperino con le autorità competenti, pur subordinandolo a determinate condizioni, per evitare gli abusi.

(10)      A tale scopo, è necessario stabilire i criteri per il rilascio del titolo di soggiorno, le condizioni di soggiorno e i motivi di non rinnovo o di ritiro. Ai sensi della presente direttiva il diritto al soggiorno è subordinato al rispetto di determinate condizioni e ha carattere provvisorio.

(11)      È necessario informare i cittadini in questione di paesi terzi, che è possibile ottenere tale titolo di soggiorno e che essi dispongono di un periodo di riflessione. Tale periodo dovrebbe metterli in grado di decidere con cognizione di causa se vogliano o no cooperare con le autorità di polizia e con le autorità inquirenti e giudiziarie – tenendo conto dei rischi che corrono – cosicché la loro cooperazione sia libera e, quindi, più efficace».

4        L’articolo 1 di tale direttiva precisa quanto segue:

«Oggetto della presente direttiva è definire le condizioni per rilasciare titoli di soggiorno di limitata durata, collegata alla lunghezza delle relative procedure nazionali, ai cittadini di paesi terzi, i quali cooperino alla lotta contro la tratta di esseri umani o contro il favoreggiamento dell’immigrazione illegale».

5        L’articolo 2 di detta direttiva così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva:

(...)

d)      per “misura di esecuzione di una decisione di allontanamento” s’intende ogni provvedimento adottato da uno Stato membro per attuare la decisione presa dalle autorità competenti nella quale è ordinato l’allontanamento di un cittadino di paese terzo;

e)      per “titolo di soggiorno” s’intende ogni autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, che consente al cittadino di un paese terzo, che soddisfi le condizioni fissate dalla presente direttiva, di risiedere legalmente sul suo territorio;

(...)».

6        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri applicano la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi che sono o sono stati vittime di reati collegati alla tratta degli esseri umani, anche se sono entrati illegalmente nel territorio degli Stati membri».

7        L’articolo 5, primo comma, della direttiva 2004/81 è così redatto:

«Quando le autorità competenti degli Stati membri ritengono che un cittadino di un paese terzo possa rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva, esse informano questa persona delle possibilità offerte a norma della presente direttiva».

8        L’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Periodo di riflessione», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri garantiscono che al cittadino di un paese terzo sia concesso un periodo di riflessione per consentirgli di riprendersi e sottrarsi all’influenza degli autori dei reati, affinché possa decidere consapevolmente se voglia cooperare con le autorità competenti.

La durata e la decorrenza del periodo di cui al comma precedente vengono stabilite conformemente alla legislazione nazionale.

2.      Durante il periodo di riflessione, e nell’attesa della decisione delle autorità competenti è accordato al cittadino di un paese terzo l’accesso al trattamento previsto all’articolo 7 e non può essere eseguita nessuna misura di allontanamento decisa a suo riguardo.

3.      Il periodo di riflessione non conferisce un diritto di soggiorno in base alla presente direttiva.

4.      Lo Stato membro interessato può porre fine in qualsiasi momento al periodo di riflessione se le autorità competenti hanno accertato che l’interessato ha attivamente, volontariamente e di propria iniziativa ristabilito un legame con gli autori dei reati di cui all’articolo 2, lettere b) e c), oppure per motivi attinenti alla pubblica sicurezza e alla salvaguardia della sicurezza nazionale».

9        L’articolo 7 della direttiva 2004/81, rubricato «Trattamento concesso prima del rilascio del titolo di soggiorno», così dispone:

«1.      Gli Stati membri assicurano che al cittadino in questione, di un paese terzo, privo delle risorse sufficienti siano garantiti un livello di vita in grado di permettergli la sussistenza e l’accesso a cure mediche urgenti. Gli Stati membri tengono conto delle esigenze particolari delle persone più vulnerabili, compresa, se del caso e se prevista dalla legislazione nazionale, un’assistenza psicologica.

2.      Gli Stati membri, nell’applicare la presente direttiva, tengono nel debito conto le esigenze di sicurezza e di protezione del cittadino di un paese terzo interessato, conformemente alla legislazione nazionale.

(...)».

10      L’articolo 8 della medesima direttiva, intitolato «Rilascio e rinnovo del titolo di soggiorno», al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Una volta trascorso il periodo di riflessione, o ancora prima se le autorità competenti ritengono che il cittadino in questione, di un paese terzo, abbia già soddisfatto i criteri fissati alla lettera b), gli Stati membri valutano:

a)      l’opportunità presentata dalla proroga del suo soggiorno sul territorio nazionale ai fini delle indagini o del procedimento giudiziario; e

b)      l’esistenza di una chiara volontà di cooperazione manifestata dall’interessato; e

c)      la rottura di ogni legame con i presunti autori dei fatti che potrebbero configurarsi come uno dei reati menzionati all’articolo 2, lettere b) e c)».

 Regolamento Dublino III

11      Il regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1), è stato abrogato e sostituito, con effetto dal 18 luglio 2013, dal regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

12      L’articolo 1 del regolamento Dublino III recita:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».

13      L’articolo 21, paragrafo 1, di tale regolamento, intitolato «Presentazione di una richiesta di presa in carico», prevede quanto segue:

«Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

In deroga al primo comma, nel caso di una risposta pertinente di Eurodac con dati registrati ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 603/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento n. 604/2013 e che riguarda le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento n. 1077/2011, che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (GU 2013, L 180, pag. 1)], la richiesta è inviata entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale regolamento.

Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non è formulata entro i termini previsti al primo e al secondo comma, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata».

14      L’articolo 26, paragrafo 1, prima frase, del regolamento Dublino III così dispone:

«Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale».

15      L’articolo 27 di tale regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», così recita:

«1.      Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.      Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1.

3.      Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:

a)      che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o

b)      che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o

c)      che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. (...)».

16      L’articolo 29 di detto regolamento così prevede:

«1.      Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

(...)

2.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito.

(...)».

 Direttiva 2001/40/CE

17      L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU 2001, L 149, pag. 34), così dispone:

«Fatti salvi, da un lato, gli obblighi derivanti dall’articolo 23 e, dall’altro, l’applicazione dell’articolo 96 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 [tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19)], firmata a Schengen il 19 giugno 1990, (…) l’obiettivo della presente direttiva è consentire il riconoscimento di una decisione di allontanamento adottata da un’autorità competente di uno Stato membro, in seguito denominato “Stato membro autore”, nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si trovi nel territorio di un altro Stato membro, in seguito denominato “Stato membro di esecuzione”».

18      L’articolo 2 di detta direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva:

(...)

b)      per “decisione di allontanamento” s’intende qualsiasi decisione che ordina l’allontanamento adottata da un’autorità amministrativa competente di uno Stato membro autore;

(...)».

 Direttiva 2004/38/CE

19      L’articolo 28, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34), dispone quanto segue:

«1.      Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e importanza dei suoi legami con il paese d’origine.

2.      Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio nei confronti del cittadino dell’Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».

 Diritto dei Paesi Bassi

20      L’articolo 8 della Wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (Vreemdelingenwet 2000) [legge sulla revisione generale della legge sugli stranieri (legge sugli stranieri del 2000)], del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 496), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: la «legge sugli stranieri»), recita:

«Lo straniero ha diritto di soggiornare regolarmente nei Paesi Bassi soltanto:

(...)

k)      nel periodo in cui il Ministro lo mette in condizione di presentare denuncia per violazione dell’articolo 273f del Wetboek van Strafrecht (codice penale) [relativo alla tratta degli esseri umani]».

21      L’articolo 30, paragrafo 1, della legge sugli stranieri precisa che una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno a tempo determinato non viene esaminata se è stato accertato, a norma del regolamento n. 604/2013, che un altro Stato membro è competente per l’esame della domanda.

22      La sezione B8/3.1 della Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000 sugli stranieri), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: la «circolare sugli stranieri»), così recita, in particolare:

«Il comandante della Koninklijke Marechaussee (gendarmeria reale, Paesi Bassi; in prosieguo: la “KMar”)] dispone degli stessi poteri di cui dispone il capo della polizia nazionale se constano indizi di tratta di esseri umani in relazione ad uno straniero. (...)

L’Immigratie- en Naturalisatiedienst (servizio dell’immigrazione e della naturalizzazione, Paesi Bassi; in prosieguo: lo “IND”) distingue tre situazioni per quanto riguarda il diritto di soggiorno a tempo determinato delle vittime e dei testimoni-denuncianti della tratta di esseri umani:

1.      il periodo di riflessione per le vittime della tratta di esseri umani;

2.      il permesso di soggiorno per le vittime della tratta di esseri umani; e

3.      il permesso di soggiorno per i testimoni-denuncianti della tratta di esseri umani.

1.      Periodo di riflessione

Ai sensi dell’articolo 8, lettera k), della legge sugli stranieri, è accordato alle presunte vittime della tratta di esseri umani un periodo di riflessione di tre mesi al massimo, durante il quale esse devono decidere se intendano sporgere denuncia per tratta di esseri umani oppure cooperare in altro modo a un’informativa o a un’istruttoria penale su una persona sospettata di tratta di esseri umani o al giudizio di tale persona nel merito, o se vi rinuncino.

La polizia o la KMar offre alla presunta vittima un periodo di riflessione al minimo indizio di tratta di esseri umani e/o su intervento dell’Inspectie Sociale Zaken en Werkgelegenheid (Ispettorato degli affari sociali e del lavoro, Paesi Bassi) (...).

Durante il periodo di riflessione, l’IND sospende il trasferimento al di fuori del territorio dei Paesi Bassi della presunta vittima della tratta di esseri umani.

Il periodo di riflessione è accordato una sola volta e non può essere prorogato.

Il periodo di riflessione può essere accordato solo agli stranieri il cui soggiorno nei Paesi Bassi è irregolare e che:

–        sono o sono stati vittime di un reato previsto all’articolo 273f del codice penale;

–        non sono ancora stati vittime nei Paesi Bassi di un reato previsto all’articolo 273f del codice penale, ma che sono eventualmente vittime della tratta di esseri umani; o

–        non hanno mai avuto accesso al Regno dei Paesi Bassi, ma sono eventualmente vittime della tratta di esseri umani, fermo restando che la KMar, se necessario di concerto con il pubblico ministero, offre il periodo di riflessione al minimo indizio di tratta di esseri umani.

Il beneficio del periodo di riflessione non è consentito ai testimoni-denuncianti della tratta degli esseri umani.

L’IND concede il periodo di riflessione ai cittadini stranieri trattenuti esclusivamente con l’accordo del pubblico ministero e della polizia o della KMar.

Durante il periodo di riflessione, la presunta vittima deve presentarsi una volta al mese dinanzi all’unità regionale della polizia o della KMar alla quale è stata assegnata amministrativamente.

Il periodo di riflessione termina nel momento in cui:

–        la polizia o la KMar constatano che, durante il periodo di riflessione, la presunta vittima è partita “per una destinazione ignota”;

–        la presunta vittima comunica, durante il periodo di riflessione, che rinuncia a sporgere denuncia o a cooperare in altro modo a un’informativa o a un’istruttoria penale nei confronti della persona sospettata di tratta di essere umani o al giudizio nel merito nei confronti di tale persona;

–        la presunta vittima ha sporto denuncia per tratta di esseri umani e ha firmato il verbale, o ha cooperato a un’informativa o a un’istruttoria penale sulla persona sospettata di tratta di esseri umani o al giudizio nel merito nei confronti di tale persona; o

–        la presunta vittima presenta una domanda di permesso di soggiorno (su un fondamento diverso da quello del presente paragrafo).

Al termine del periodo di riflessione, l’IND revoca la sospensione del trasferimento dell’interessato».

 Fatti e questioni pregiudiziali

23      Dopo aver presentato tre domande di asilo in Italia nonché un’ulteriore domanda di asilo in Belgio, il ricorrente nel procedimento principale, di cittadinanza nigeriana, ha chiesto asilo nei Paesi Bassi il 26 aprile 2019.

24      Il 3 giugno 2019 il Regno dei Paesi Bassi ha presentato alla Repubblica italiana una richiesta di ripresa in carico dell’interessato, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento Dublino III. La Repubblica italiana ha accettato tale ripresa in carico il 13 giugno seguente.

25      Il 18 luglio 2019 il segretario di Stato ha informato il ricorrente nel procedimento principale della sua intenzione di respingere la sua domanda di asilo, senza esame, dato che la Repubblica italiana era lo Stato membro competente per l’esame della domanda di quest’ultimo, in applicazione del regolamento Dublino III.

26      Il 30 luglio 2019, il ricorrente nel procedimento principale ha dichiarato di essere stato vittima della tratta di esseri umani in Italia e di aver riconosciuto uno degli autori di tale reato in un centro di accoglienza nei Paesi Bassi. Egli è stato ascoltato a tale proposito dalla polizia degli stranieri.

27      Con decisione del 12 agosto 2019, il segretario di Stato ha rifiutato di esaminare la domanda del ricorrente nel procedimento principale diretta al rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a titolo di asilo, in quanto la Repubblica italiana era lo Stato membro competente ai sensi del regolamento Dublino III. Con tale decisione, il segretario di Stato ha disposto il trasferimento verso l’Italia del ricorrente nel procedimento principale.

28      Il 3 ottobre 2019, il ricorrente nel procedimento principale ha sporto denuncia presso le autorità dei Paesi Bassi sostenendo di essere stato vittima di tratta di esseri umani.

29      Secondo gli elementi sottoposti alla Corte, il pubblico ministero avrebbe concluso, a seguito di esame, che non esisteva alcun indizio nei Paesi Bassi che consentisse di suffragare la denuncia del ricorrente nel procedimento principale. Non essendo risultata necessaria la cooperazione del ricorrente nel procedimento principale ad un’indagine penale nei Paesi Bassi, la denuncia di quest’ultimo sarebbe stata archiviata senza seguito.

30      Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto un ricorso avverso la decisione del 12 agosto 2019 dinanzi al giudice del rinvio. Egli sostiene, in particolare, che tale decisione è illegittima in quanto, ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2004/81, avrebbe dovuto essergli concesso un periodo di riflessione.

31      Secondo il giudice del rinvio, si tratta di stabilire se, in un qualsiasi momento successivo al 30 luglio 2019, al ricorrente nel procedimento principale avrebbe dovuto essere concesso il periodo di riflessione previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81 e, in caso affermativo, se il segretario di Stato fosse legittimato ad adottare misure per preparare l’allontanamento del ricorrente nel procedimento principale dal territorio dei Paesi Bassi, anche se tale periodo di riflessione non era stato concesso, e, in relazione a tale questione, se la decisione del 12 agosto 2019 costituisca una misura di allontanamento ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva. Inoltre, il giudice del rinvio si chiede quali siano le conseguenze da trarre dalla circostanza che, oltre agli elementi indicati nella circolare sugli stranieri, il diritto dei Paesi Bassi non determina né la durata né la decorrenza di tale periodo di riflessione e che, pertanto, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81 non è stato trasposto in tale diritto.

32      Di conseguenza, il Rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Atteso che il Regno dei Paesi Bassi ha omesso di fissare nel diritto nazionale la decorrenza del periodo di riflessione garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva 2004/81], se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che il periodo di riflessione decorre ipso iure dalla comunicazione della tratta di essere umani alle autorità dei Paesi Bassi ad opera del cittadino del paese terzo.

b)      Atteso che il Regno dei Paesi Bassi ha omesso di fissare nel diritto nazionale la durata del periodo di riflessione garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva 2004/81], se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che il periodo di riflessione termina ipso iure dopo la denuncia della tratta di esseri umani o dopo che il cittadino di un paese terzo di cui trattasi dichiari di rinunciare alla denuncia.

2)      Se per “misure di allontanamento”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della [direttiva 2004/81], si debbano intendere anche misure di allontanamento di un cittadino di un paese terzo dal territorio dello Stato membro verso il territorio di un altro Stato membro.

3)      a)      Se l’articolo 6, paragrafo 2, della [direttiva 2004/81] osti all’adozione di una decisione di trasferimento nel corso del periodo di riflessione, garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

b)      Se l’articolo 6, paragrafo 2, della [direttiva 2004/81] osti all’esecuzione o alla predisposizione dell’esecuzione di una decisione di trasferimento già adottata, nel corso del periodo di riflessione garantito al paragrafo 1 di detto articolo».

 Sulla domanda di pronuncia pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

33      I governi dei Paesi Bassi e ceco dubitano della rilevanza delle questioni pregiudiziali proposte ai fini della soluzione della controversia principale.

34      Secondo il governo ceco, l’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2004/81 richiesta dal giudice del rinvio è manifestamente priva di collegamento con la situazione del ricorrente nel procedimento principale. Infatti, da un lato, quest’ultimo si limiterebbe ad affermare di essere stato vittima di reati collegati alla tratta di esseri umani, mentre, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2004/81, quest’ultima si applicherebbe solo ai cittadini di paesi terzi «che sono o sono stati» vittime di tali reati. Dall’altro lato, il governo ceco rileva che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta che le autorità competenti abbiano proceduto all’esame della questione se il ricorrente nel procedimento principale rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/81, in applicazione dell’articolo 5, primo comma, di tale direttiva.

35      Il governo dei Paesi Bassi sostiene, dal canto suo, che l’articolo 6 di detta direttiva non è applicabile a un cittadino di un paese terzo, il quale, come avverrebbe nel caso del ricorrente nel procedimento principale, soggiorni regolarmente nel territorio dello Stato membro interessato, in qualità di richiedente protezione internazionale.

36      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93, UE:C:1995:463, punti 59 e 61, nonché del 25 novembre 2021, État luxembourgeois (Informazioni su un gruppo di contribuenti), C‑437/19, EU:C:2021:953, punto 81].

37      L’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone, peraltro, che quest’ultimo definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni da lui sollevate o che esso, perlomeno, spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. La decisione di rinvio deve, inoltre, indicare le ragioni precise che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale [sentenza del 10 marzo 2022, Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (Assicurazione malattia completa), C‑247/20, EU:C:2022:177, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

38      Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale verte essenzialmente sulla questione se, a partire dal momento in cui il ricorrente nel procedimento principale, un cittadino nigeriano che aveva presentato domanda di protezione internazionale nei Paesi Bassi, dopo averlo fatto in Italia e in Belgio, ha dichiarato alle autorità dei Paesi Bassi di essere stato vittima di reati collegati alla tratta di esseri umani tanto in Italia quanto nei Paesi Bassi, tali autorità avrebbero dovuto concedergli il periodo di riflessione previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81 prima che potesse essere legittimamente adottata la decisione del 12 agosto 2019 di trasferirlo nel territorio della Repubblica italiana, in applicazione del regolamento Dublino III, decisione che il giudice del rinvio si interroga altresì se debba essere qualificata come «misura di allontanamento» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81.

39      Di conseguenza, poiché il giudice del rinvio è chiamato a dirimere la questione se, nel procedimento principale, le autorità dei Paesi Bassi abbiano violato l’articolo 6 della direttiva 2004/81, avendo negato al ricorrente nel procedimento principale le garanzie offerte in forza di tale articolo, non risulta affatto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione sia manifestamente priva di relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale.

40      Pertanto, l’obiezione dei governi dei Paesi Bassi e ceco, vertente sull’inapplicabilità dell’articolo 6 della direttiva 2004/81 alla controversia principale, non attiene alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma riguarda l’esame nel merito delle questioni (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2020, «Agro In 2001», C‑234/18, EU:C:2020:221, punto 44, e del 28 ottobre 2021, Komisia za protivodeystvie na koruptsiyata i za otnemane na nezakonno pridobitoto imushtestvo, C‑319/19, EU:C:2021:883, punto 25).

41      Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

42      Per quanto riguarda l’ordine di esame delle questioni sollevate nella domanda di pronuncia pregiudiziale, occorre rispondere, anzitutto, alla seconda questione, la quale ha ad oggetto l’interpretazione della nozione di «misura di allontanamento», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81, e il problema se tale nozione comprenda una decisione con la quale uno Stato membro trasferisce un cittadino di un paese terzo verso un altro Stato membro in applicazione del regolamento Dublino III. Occorre poi rispondere alla terza questione, con la quale tale giudice si interroga sulla portata del divieto previsto dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81. Infine, occorre esaminare la prima questione, con la quale il giudice del rinvio si interroga sulle regole di calcolo applicabili al periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

 Sulla seconda questione

–       Osservazioni preliminari

43      Prima di procedere all’esame della seconda questione, occorre rispondere, in primo luogo, all’argomento dedotto dal governo ceco, menzionato al punto 34 della presente sentenza, secondo il quale, in sostanza, un cittadino di un paese terzo che si limiti ad affermare di essere stato vittima di reati collegati alla tratta di esseri umani non deve beneficiare del periodo di riflessione istituito all’articolo 6 della direttiva 2004/81.

44      A tal riguardo, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 1 della direttiva 2004/81, quest’ultima ha lo scopo di definire le condizioni per rilasciare titoli di soggiorno di limitata durata ai cittadini di paesi terzi, i quali cooperino alla lotta contro la tratta di esseri umani o contro il favoreggiamento dell’immigrazione illegale.

45      In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, gli Stati membri applicano quest’ultima ai cittadini di paesi terzi che sono o sono stati vittime di reati collegati alla tratta degli esseri umani, anche se sono entrati illegalmente nel territorio degli Stati membri.

46      L’articolo 5, primo comma, di detta direttiva istituisce un obbligo per le autorità nazionali competenti di informare ogni cittadino di un paese terzo delle garanzie offerte dalla medesima direttiva qualora ritengano che «possa rientrare nel campo di applicazione» di quest’ultima. Tra tali garanzie figura, ai sensi del considerando 11 della direttiva 2004/81, il diritto di beneficiare del periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultima.

47      Lo scopo di tale periodo di riflessione è, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, quello di garantire che il cittadino di un paese terzo interessato possa riprendersi e sottrarsi all’influenza degli autori dei reati di cui è o è stato vittima, in modo che tale cittadino sia in grado di decidere consapevolmente se voglia cooperare con le autorità competenti al riguardo.

48      L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 dispone che, durante il periodo di riflessione, e nell’attesa della decisione delle autorità competenti, è accordato al cittadino di un paese terzo l’accesso al trattamento previsto all’articolo 7 e non può essere eseguita nessuna misura di allontanamento decisa a suo riguardo.

49      Precisando che le misure di cui beneficia tale cittadino di un paese terzo, durante il periodo di riflessione, si applicano «nell’attesa della decisione delle autorità competenti», l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 rinvia implicitamente all’articolo 8 di tale direttiva, ai sensi del quale un titolo di soggiorno può essere concesso, a determinate condizioni, a tale cittadino alla scadenza del periodo di riflessione o prima. Orbene, dall’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva, in particolare dalla sua lettera c), risulta che la concessione di un siffatto diritto di soggiorno non richiede che sia dimostrato che detto cittadino è o è stato vittima di reati collegati alla tratta di esseri umani. Ne consegue a fortiori che lo stesso cittadino può beneficiare del periodo di riflessione, sancito all’articolo 6 della stessa direttiva, quand’anche non sia stato dimostrato che egli è o è stato vittima di siffatti reati. A tal riguardo, dal combinato disposto degli articoli 5 e 6 della direttiva 2004/81 risulta che un siffatto periodo di riflessione deve essere riconosciuto a qualsiasi cittadino di un paese terzo non appena lo Stato membro interessato abbia fondati motivi per ritenere che tale cittadino possa essere o essere stato vittima di reati collegati alla tratta di esseri umani, il che avviene necessariamente quando tale cittadino fa valere, dinanzi ad una delle autorità chiamate a conoscere della sua situazione, in modo sufficientemente plausibile, che egli subisce o ha subito trattamenti siffatti.

50      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, prima dell’adozione della decisione del 12 agosto 2019 di cui il giudice del rinvio deve controllare la legittimità, il ricorrente nel procedimento principale ha sostenuto di essere stato vittima della tratta di esseri umani, ha dichiarato di voler presentare denuncia a tale titolo e ha indicato di aver riconosciuto uno degli autori di tale reato in un centro di accoglienza nei Paesi Bassi. Pertanto, sembra che il ricorrente nel procedimento principale abbia affermato, in modo sufficientemente plausibile, di essere stato vittima della tratta di esseri umani, circostanza che spetterà tuttavia al giudice del rinvio verificare.

51      In secondo luogo, quanto all’argomento dedotto dal governo dei Paesi Bassi, secondo il quale il periodo di riflessione, previsto all’articolo 6 della direttiva 2004/81 sarebbe, per sua natura, inapplicabile nei confronti di un richiedente protezione internazionale, dato che quest’ultimo soggiorna legalmente nel territorio di uno Stato membro, e non rientrerebbe pertanto nell’ambito di applicazione di tale direttiva, occorre osservare che nessuna disposizione di detta direttiva distingue i cittadini di paesi terzi interessati in funzione del loro soggiorno, regolare o meno, nel territorio degli Stati membri. Al contrario, tale direttiva, indicando, al suo articolo 3, paragrafo 1, che essa si applica alle vittime di reati collegati alla tratta di esseri umani, «anche se» esse sono «entrat[e] illegalmente nel territorio degli Stati membri», non esclude affatto che tali vittime, che sarebbero entrate e soggiornerebbero regolarmente nel territorio di uno Stato membro, beneficino delle garanzie accordate da detta direttiva.

52      Inoltre, dal considerando 4 della direttiva 2004/81 risulta che i diritti che essa conferisce a taluni cittadini di paesi terzi non incidono, segnatamente, sulle garanzie che derivano per questi ultimi dalla loro eventuale qualità di richiedenti protezione internazionale. Ne consegue che il legislatore dell’Unione non ha affatto escluso che la direttiva 2004/81 possa riconoscere diritti diversi da quelli conferiti a tali cittadini di paesi terzi in ragione della loro qualità di richiedenti protezione internazionale, tenuto conto, in particolare, delle esigenze specifiche connesse alla loro situazione di vulnerabilità particolare, quali le esigenze in materia di sicurezza e di protezione da parte delle autorità nazionali previste all’articolo 7, paragrafo 2, di tale direttiva.

–       Nel merito

53      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 debba essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «misura di allontanamento» la misura con la quale si procede al trasferimento di un cittadino di un paese terzo dal territorio di uno Stato membro verso quello di un altro Stato membro, in applicazione del regolamento Dublino III.

54      A tal riguardo, occorre osservare che la direttiva 2004/81 non definisce la nozione di «misura di allontanamento» e non contiene alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata. Occorre pertanto procedere a un’interpretazione autonoma e uniforme di tale nozione, ai sensi della direttiva 2004/81 (v., in tal senso, sentenza del 15 aprile 2021, The North of England P & I Association, C‑786/19, EU:C:2021:276, punto 49).

55      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 1º agosto 2022, Vyriausioji tarnybinės etikos komisija, C‑184/20, EU:C:2022:601, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

56      A tal riguardo, occorre rilevare che, da un punto di vista letterale, il termine «allontanamento», nel suo senso abituale, non consente di stabilire se il territorio che la persona da allontanare deve lasciare sia quello dello Stato membro che adotta la misura di allontanamento di cui trattasi o quello dell’Unione europea nel suo insieme. Tuttavia, dagli scopi perseguiti dalla direttiva 2004/81 nonché dal contesto nel quale si inserisce l’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultima risulta che la misura la cui esecuzione è vietata in forza di tale articolo è quella con cui si ordina all’interessato di lasciare il territorio dello Stato membro interessato.

57      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli obiettivi della direttiva 2004/81, come risulta in particolare dall’articolo 1 di tale direttiva nonché dai considerando 2, 4 e 11 di quest’ultima, detta direttiva persegue il duplice scopo di concentrare gli sforzi sull’individuazione e lo smantellamento delle reti criminali, provvedendo al tempo stesso a garantire i diritti delle vittime della tratta di esseri umani, consentendo a tali vittime, per un certo periodo, in particolare, di riflettere sulla possibilità di cooperare con le autorità di polizia e con le autorità inquirenti e giurisdizionali nazionali, nel contesto della lotta contro un siffatto reato.

58      È conformemente a tale duplice scopo di tutela dei diritti della vittima della tratta di esseri umani e di contributo all’efficacia dell’azione penale che la direttiva 2004/81 ha istituito il periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultima, il quale, come previsto da tale disposizione, mira a garantire che il cittadino di un paese terzo interessato possa riprendersi e sottrarsi all’influenza degli autori dei reati di cui è o è stato vittima, affinché tale cittadino sia in grado di decidere consapevolmente se voglia cooperare con le autorità competenti.

59      Sempre alla luce di tale duplice scopo, durante tale periodo di riflessione, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 esige, da un lato, che lo Stato membro nel cui territorio si trova l’interessato soddisfi, in particolare, le esigenze essenziali di quest’ultimo accordandogli il trattamento previsto all’articolo 7 di tale direttiva e, dall’altro, che esso rinunci all’esecuzione di qualsiasi misura di allontanamento durante tale periodo, autorizzando temporaneamente l’interessato a rimanere nel territorio interessato, «nell’attesa della decisione delle autorità competenti». Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, tali requisiti sono collegati, poiché le misure di assistenza e di sostegno di cui all’articolo 7 della direttiva 2004/81, che devono essere assicurate durante il periodo di riflessione, non possono essere pienamente soddisfatte se l’interessato ha lasciato il territorio dello Stato membro interessato.

60      Ritenere che, durante detto periodo di riflessione, la «misura di allontanamento», di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 e la cui esecuzione è vietata, non comprenda una decisione di trasferimento verso un altro Stato membro, adottata in applicazione del regolamento Dublino III, potrebbe quindi compromettere la realizzazione del duplice scopo perseguito da tale direttiva.

61      Infatti, da un lato, l’esecuzione di una siffatta decisione di trasferimento durante il periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81 condurrebbe ad allontanare la vittima della tratta di esseri umani dai servizi specializzati di ausilio presso i quali essa ha potuto trovare sostegno e quindi a porre fine al trattamento che le è stato accordato in tale Stato membro in forza dell’articolo 7 della direttiva 2004/81, il che nuocerebbe al ristabilimento di tale vittima e, di conseguenza, ne aumenterebbe la vulnerabilità.

62      Dall’altro lato, eseguire una siffatta decisione, allo stadio precoce in cui si inserisce il periodo di riflessione concesso alla vittima della tratta di esseri umani, potrebbe pregiudicare la cooperazione di tale vittima all’indagine penale e/o al procedimento giurisdizionale. Infatti, trasferire detta vittima in un altro Stato membro prima che essa, durante il periodo di riflessione di cui beneficia, abbia potuto pronunciarsi sulla sua volontà di cooperare a tale indagine e/o a tale procedimento, priverebbe non solo le autorità competenti di una testimonianza che potrebbe essere particolarmente utile per perseguire gli autori del reato di in questione, ma condurrebbe, paradossalmente, ad allontanare l’interessato dal territorio dello Stato membro di cui trattasi proprio quando dovrebbe esservi presente al fine di essere associato, in tutta la misura necessaria, a tale indagine e/o procedimento.

63      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto nel quale si inserisce il periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 5 di quest’ultima, le autorità competenti dello Stato membro interessato hanno un obbligo di informazione preventiva, nei confronti della vittima della tratta di esseri umani, sulle «possibilità offerte a norma [di tale direttiva]». Fra tali possibilità figurano non solo quella di beneficiare di tale periodo di riflessione, ma anche quelle di essere destinatari delle misure di assistenza e di sostegno previste all’articolo 7 della direttiva 2004/81 e, a determinate condizioni, di ottenere il rilascio di un titolo di soggiorno temporaneo, conformemente all’articolo 8 di tale direttiva, il quale, ai sensi del considerando 9 di quest’ultima, deve costituire per la vittima un «incitamento sufficiente» a cooperare con le autorità competenti.

64      Orbene, come ha sostanzialmente osservato l’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, tale obbligo di informazione verrebbe privato del suo effetto utile se lo Stato membro interessato fosse autorizzato, durante il periodo di riflessione previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81, a trasferire la persona di cui trattasi verso un altro Stato membro, mentre lo Stato membro interessato si è impegnato a concedergli, durante tale periodo, il beneficio delle misure summenzionate nonché il rilascio di un titolo di soggiorno temporaneo sul suo territorio, al più tardi alla scadenza di tale periodo, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8 di tale direttiva.

65      L’interpretazione che precede non viene rimessa in discussione dall’esame delle direttive 2001/40 e 2004/38, menzionate dal giudice del rinvio. Infatti, è sufficiente constare che tali direttive, le quali non forniscono esse stesse alcuna definizione della nozione di «misura di allontanamento», non consentono di trarre insegnamenti univoci relativi alla portata geografica di una nozione siffatta, ai sensi della direttiva 2004/81. L’argomento fatto valere dal governo tedesco, che si fonda segnatamente sulla direttiva 2001/40 e secondo il quale la nozione di «misura di allontanamento» sarebbe tipicamente utilizzata nei rapporti con gli Stati terzi, è smentito, da un punto di vista strettamente letterale, dall’uso di tale nozione, in particolare all’articolo 28 della direttiva 2004/38, il quale, indubbiamente, riguarda solo l’allontanamento dal territorio di uno Stato membro, e non l’allontanamento dal territorio dell’Unione nel suo insieme. Peraltro, la direttiva 2004/81 non fa nemmeno riferimento alle disposizioni del regolamento n. 343/2003, che era in vigore alla data di adozione di quest’ultima e che, a decorrere dal 18 luglio 2013, è stato abrogato e sostituito dal regolamento Dublino III, il quale, del resto, non fa neanch’esso riferimento a tale ultima direttiva.

66      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 deve essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di «misura di allontanamento» la misura con la quale si procede al trasferimento di un cittadino di un paese terzo dal territorio di uno Stato membro verso quello di un altro Stato membro, in applicazione del regolamento Dublino III.

 Sulla terza questione

67      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 debba essere interpretato nel senso che osta a che una decisione di trasferimento di un cittadino di un paese terzo, adottata in applicazione del regolamento Dublino III, sia deliberata o eseguita, o che siano avviate misure preparatorie della sua esecuzione, durante il periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

68      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81, durante tale periodo di riflessione «nessuna misura di allontanamento può essere eseguita» nei confronti dei cittadini di paesi terzi interessati.

69      Pertanto, alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 non vieta l’adozione né di una misura di allontanamento, né di qualsiasi altra misura preparatoria della sua esecuzione.

70      Tenuto conto della risposta fornita alla seconda questione, tale disposizione osta pertanto unicamente a che, durante il periodo di riflessione concesso conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, sia eseguita una decisione di trasferimento, adottata in applicazione del regolamento Dublino III, nei confronti dei cittadini di paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva.

71      Ciò premesso, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 88 delle sue conclusioni, è necessario che, al momento dell’adozione di misure preparatorie dell’esecuzione di quest’ultima nel corso del periodo di riflessione previsto all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81, le autorità nazionali competenti non compromettano il conseguimento del duplice scopo, ricordato al punto 58 della presente sentenza, che tale disposizione persegue. Pertanto, sebbene, nel corso di tale periodo di riflessione, l’adozione di misure preparatorie dell’esecuzione di tale decisione non sia vietata, essa non può tuttavia privare di effetto utile tale periodo, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare nel procedimento principale. Ciò potrebbe avvenire, in particolare, se le misure preparatorie dell’esecuzione di una decisione siffatta consistono nel trattenere la vittima della tratta di esseri umani, ai fini del suo trasferimento, in quanto tali misure preparatorie non consentono, in particolare, a quest’ultima, in considerazione della sua vulnerabilità, né di ristabilirsi, né di decidere, consapevolmente, se cooperare con le autorità competenti dello Stato membro nel cui territorio essa è presente.

72      Occorre aggiungere che una siffatta interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 non è tale da compromettere il rispetto dei termini chiaramente definiti e relativamente brevi entro i quali è disciplinato il procedimento amministrativo di trasferimento di competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale allo Stato membro richiesto, in forza delle disposizioni del regolamento Dublino III.

73      Pertanto, risulta anzitutto dal punto 69 della presente sentenza che il riconoscimento di un periodo di riflessione a un richiedente protezione internazionale non impedisce allo Stato membro nel cui territorio egli si trova di presentare, nel corso di tale periodo di riflessione, la propria richiesta di prendere in carico tale richiedente da parte di un altro Stato membro, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, di tale regolamento e, in caso di accettazione di quest’ultimo, di deliberare, durante detto periodo di riflessione, una decisione di trasferimento verso lo Stato membro così richiesto.

74      Inoltre, è vero che, conformemente all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento, per procedere al trasferimento dell’interessato, lo Stato membro richiedente dispone di un termine di sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di presa in carico o dall’adozione della decisione finale sul ricorso contro la decisione di trasferimento o sulla revisione dei fatti e del diritto di tale decisione, qualora sia concesso l’effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, del medesimo regolamento, in mancanza del quale lo Stato membro richiesto è esonerato dall’obbligo di prendere in carico la persona interessata e la competenza è quindi trasferita allo Stato membro richiedente (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, A.S., C‑490/16, EU:C:2017:585, punti 46, 57 e 58)

75      Tuttavia, per quanto riguarda la direttiva 2004/81, occorre ricordare che, come previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, di quest’ultima, la decorrenza e la durata del periodo di riflessione, previsto da tale disposizione, sono fissati conformemente al diritto nazionale.

76      Di conseguenza, spetta agli Stati membri garantire un punto di equilibrio tra la durata del periodo di riflessione da essi concesso alle vittime della tratta di esseri umani nei loro rispettivi territori e il rispetto del termine previsto all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III, al fine di garantire la corretta articolazione e la preservazione dell’effetto utile di tali strumenti.

77      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che una decisione di trasferimento di un cittadino di un paese terzo, adottata in applicazione del regolamento Dublino III, sia eseguita durante il periodo di riflessione garantito al paragrafo 1 di tale articolo 6, ma non osta all’adozione né di una siffatta decisione, né di misure preparatorie dell’esecuzione di quest’ultima, a condizione che tali misure preparatorie non privino di effetto utile tale periodo di riflessione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla prima questione

78      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in assenza di una misura di trasposizione nel diritto nazionale, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/81 debba essere interpretato nel senso che, da un lato, il periodo di riflessione previsto da tale disposizione inizia ipso iure a partire dal momento in cui il cittadino di un paese terzo interessato informa le autorità nazionali competenti del fatto che egli è, o è stato, vittima della tratta di esseri umani e, dall’altro, termina ipso iure dopo che tale cittadino ha presentato una denuncia per il fatto di essere stato vittima della tratta di esseri umani o, al contrario, ha informato tali autorità nazionali che vi ha rinunciato.

79      Nel caso di specie, come risulta dall’esposizione dei fatti che hanno dato origine alla controversia nel procedimento principale, riassunti ai punti da 23 a 30 della presente sentenza, in nessun momento precedente l’adozione della decisione di trasferimento del 12 agosto 2019 le autorità nazionali competenti hanno informato il ricorrente nel procedimento principale – il quale aveva precedentemente affermato di essere stato vittima della tratta di esseri umani, dichiarato di voler presentare una denuncia a tale titolo e indicato di aver riconosciuto uno degli autori di tale reato in un centro di accoglienza nei Paesi Bassi – delle possibilità offerte dalla direttiva 2004/81, compresa la possibilità di beneficiare del periodo di riflessione previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, né concesso tale periodo al ricorrente nel procedimento principale.

80      Ciò premesso, occorre rilevare che, come risulta dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, il procedimento principale verte sulla legittimità della decisione del 12 agosto 2019 di trasferire il ricorrente nel procedimento principale verso l’Italia in applicazione del regolamento Dublino III. Orbene, come esposto al punto 77 della presente sentenza, la direttiva 2004/81 non osta all’adozione di una decisione di trasferimento durante il periodo di riflessione previsto dal suo articolo 6, paragrafo 1. Ne consegue che, anche supponendo che un siffatto periodo di riflessione avesse dovuto essere riconosciuto al ricorrente nel procedimento principale, l’irregolarità commessa dalle autorità dei Paesi Bassi non concedendo, nel caso di specie, un siffatto periodo di riflessione non può incidere sulla legittimità della decisione di trasferimento, impugnata dinanzi al giudice del rinvio, atteso che l’articolo 6 della direttiva 2004/81 osta soltanto a che una siffatta decisione sia eseguita allorché al cittadino del paese terzo non è stato concesso il periodo di riflessione al quale avrebbe avuto diritto conformemente a tale articolo 6.

81      Dal punto precedente discende altresì che, ai fini del controllo della legittimità della decisione del 12 agosto 2019, una risposta alla questione di sapere a partire da quale momento e fino a che data avrebbe dovuto essere concesso al ricorrente nel procedimento principale un periodo di riflessione equivarrebbe, per la Corte, a formulare un parere consultivo su una questione puramente ipotetica.

82      Orbene, conformemente a una giurisprudenza consolidata, non spetta alla Corte formulare opinioni consultive su questioni generiche o ipotetiche (sentenza del 16 luglio 1992, Meilicke, C‑83/91, EU:C:1992:332, punto 25, e dell’8 giugno 2017, OL, C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 33).

83      Di conseguenza, si deve constatare che non spetta alla Corte rispondere alla prima questione.

 Sulle spese

84      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

deve essere interpretato nel senso che:

rientra nella nozione di «misura di allontanamento» la misura con la quale si procede al trasferimento di un cittadino di un paese terzo dal territorio di uno Stato membro verso quello di un altro Stato membro, in applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

2)      L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2004/81

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a che una decisione di trasferimento di un cittadino di un paese terzo, adottata in applicazione del regolamento n. 604/2013, sia eseguita durante il periodo di riflessione garantito al paragrafo 1 di tale articolo 6, ma non osta all’adozione né di una siffatta decisione, né di misure preparatorie dell’esecuzione di quest’ultima, a condizione che tali misure preparatorie non privino di effetto utile tale periodo di riflessione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.