Language of document : ECLI:EU:T:2003:316

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

27 novembre 2003 (1)

«Aiuti concessi dagli Stati - Crediti di gestione - Ricevibilità - Termine di ricorso - Atto confermativo - Ricorso di annullamento - Aiuto esistente o aiuto nuovo - Principio tempus regit actum - Aiuti all'esportazione - Aiuti al funzionamento - Durata ragionevole»

Nella causa T-190/00,

Regione Siciliana, rappresentata dalla sig.ra F. Quadri, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. V. Di Bucci e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto ad ottenere l'annullamento della decisione della Commissione 22 dicembre 1999, 2000/319/CE, relativa al regime di aiuti di Stato istituito dall'Italia a favore della produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti di cui all'allegato I del Trattato CE (legge 27 settembre 1995, n. 68, della Regione Sicilia) (GU 2000, L 110, pag. 17), nella parte in cui dichiara incompatibili con il mercato comune gli aiuti di Stato istituiti dall'art. 6 della legge della Regione Siciliana 27 settembre 1995, n. 68, a favore di imprese operanti nel settore dell'agricoltura o della pesca e dispone che l'Italia è tenuta a non eseguire e a sopprimere i detti aiuti,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dal sig. R. García-Valdecasas, presidente, dalla sig.ra P. Lindh e dai sigg. J.D. Cooke, A.W.H. Meij e H. Legal, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 maggio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Quadro normativo

1.
    In applicazione dell'art. 93, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 1, CE), che prevede che la Commissione propone agli Stati membri, riguardo agli aiuti esistenti in questi Stati, le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune, la Commissione ha stabilito i criteri di compatibilità dei crediti di gestione con le regole del Trattato in materia di aiuti in una comunicazione, pubblicata il 16 febbraio 1996, in merito agli aiuti di Stato per prestiti agevolati a breve termine nel settore agricolo (GU C 44, pag. 2; in prosieguo: la «comunicazione sui crediti di gestione»).

2.
    Avendo constatato alcuni problemi interpretativi, con lettera 4 luglio 1997 la Commissione ha informato gli Stati membri della sua decisione di sospendere l'applicazione della comunicazione sui crediti di gestione. Con lettera 19 dicembre 1997 la Commissione ha informato gli Stati membri che tale sospensione sarebbe terminata il 30 giugno 1998, data a partire dalla quale avrebbe applicato la comunicazione sui crediti di gestione secondo l'interpretazione esposta nella lettera.

3.
    La prassi seguita dalla Commissione prima dell'entrata in vigore della comunicazione sui crediti di gestione è ricordata in un documento della Commissione intitolato «La politica di concorrenza in agricoltura» (Europa verde - Notizie sulla politica agricola comune, n. 22, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo, 1987, pag. 12):

«In generale, relativamente agli aiuti concessi dagli Stati sotto forma di crediti di esercizio, la Commissione si è riservata di pronunciarsi in uno stadio successivo. Tuttavia, gli aiuti sotto forma di crediti di esercizio a tasso ridotto sono considerati incompatibili con il mercato comune quando sono concessi:

-    per una durata superiore alla campagna di commercializzazione (12 mesi);

-    a favore di un unico prodotto e per una sola operazione [ad es.: immagazzinaggio del vino, acquisto di bovini, ecc. (...)];

Questa posizione è motivata dal fatto che la produzione agricola, per le particolarità connesse ai cicli produttivi, determina esigenze di finanziamento specifiche».

4.
    In proposito, la Diciassettesima Relazione sulla politica di concorrenza (Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 1988, punto 259) precisa che il testo in precedenza menzionato descrive gli orientamenti generali seguiti dalla Commissione per l'applicazione delle regole di concorrenza nel settore dell'agricoltura.

5.
    La suddetta prassi è altresì evocata nella comunicazione sui crediti di gestione, la quale rileva - prima di enunciare le nuove regole da applicare in futuro - che la Commissione pratica da parecchi anni una politica consistente nel non opporsi agli aiuti di Stato concessi sotto forma di crediti agevolati a breve termine a favore del settore agricolo e che «[l]a Commissione impone unicamente due condizioni: la durata massima del prestito è di un anno ed esso non può essere limitato a un singolo prodotto e a una singola operazione», sottolineando che «[n]on vi sono limiti all'intensità dell'aiuto né - per quanto riguarda i singoli beneficiari - alla possibilità di rinnovare annualmente il prestito agevolato» (comunicazione sui crediti di gestione, quinto comma).

6.
    Riguardo agli aiuti qualificati come «nuovi», l'art. 93, n. 3, del Trattato (divenuto art. 88, n. 3, CE), dispone:

«Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell'art. 92 [divenuto art. 87 CE], la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».

7.
    Il contenuto dell'art. 93 è stato precisato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'art. 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), entrato in vigore il 16 aprile 1999.

Fatti all'origine della controversia

A - Regime di aiuti istituito dall'art. 48 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 32, e suo esame da parte della Commissione

8.
    Con lettera 10 giugno 1991 il governo italiano notificava alla Commissione, in conformità dell'art. 93, n. 3, del Trattato (divenuto art. 88, n. 3, CE), un regime di aiuti istituito dalla Regione Siciliana nell'ambito della legge regionale 23 maggio 1991, n. 32 (in prosieguo: la «legge regionale n. 32/91»), concernente interventi per il settore agricolo.

9.
    L'art. 48 della legge regionale n. 32/91 prevedeva la concessione, nel triennio 1991-1993, di un concorso negli interessi agli istituti ed aziende di credito per prestiti di gestione di durata non superiore ad un anno accordati agli operatori commerciali aventi sede ed operanti in Sicilia ed il cui volume d'affari era rivolto per almeno il 70% alla vendita di prodotti agrumicoli ed ortofrutticoli fuori del territorio della Regione. L'articolo dispone:

«1.    L'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste è autorizzato a concedere, nel triennio 1991-1993, un concorso negli interessi agli istituti ed aziende di credito, per prestiti di gestione di durata non superiore ad un anno accordati ad operatori commerciali aventi sede ed operanti in Sicilia ed il cui volume d'affari sia rivolto per almeno il 70 per cento alla vendita di prodotti agrumicoli ed ortofrutticoli fuori del territorio della Regione.

2.    Il tasso residuo di interesse a carico degli operatori commerciali è pari a quello stabilito ai sensi dell'articolo 4, comma secondo, n. 1, della legge regionale 25 marzo 1986, n. 13.

3.    Il prestito agevolato è concesso, ad eccezione della campagna di commercializzazione 1990-1991, a condizione che almeno il 51 per cento del prodotto commercializzato sia acquistato da cooperative agricole e loro consorzi e da associazioni riconosciute di produttori agricoli in applicazione di accordi interprofessionali.

4.    L'importo del prestito agevolato - commisurato ai valori unitari massimi fissati annualmente a norma dell'articolo 18, comma quarto, della legge regionale del 25 marzo 1986, n. 13 - non può in ogni caso eccedere il 50 per cento del volume medio di affari degli ultimi tre anni, documentato dalle dichiarazioni IVA.

5.    Gli operatori beneficiari dell'aiuto sono obbligati al mantenimento dei livelli occupazionali ed al rispetto dei contratti collettivi di lavoro. In caso di accertata violazione di detto obbligo l'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste dispone la revoca dell'agevolazione concessa ed il recupero di quanto erogato, maggiorato dagli interessi legali.

6.    Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata per il triennio 1991-1993 la spesa di lire 30 000 milioni di cui lire 10 000 milioni a carico dell'esercizio finanziario 1991.

7.    La spesa autorizzata con il presente articolo è destinata per almeno il 70 per cento al settore agrumicolo».

10.
    Con lettera 14 dicembre 1992 la Commissione informava il governo italiano, con riferimento all'art. 48 della legge regionale n. 32/91, che, «[p]er quanto riguarda gli aiuti sotto forma di crediti di gestione a tasso agevolato, la Commissione non si oppone alla loro concessione, ma si riserva la facoltà di rivedere le sue posizioni in un momento successivo, ai sensi dell'art. 93, paragrafo 1, del Trattato».

B - Rifinanziamento del regime di aiuti istituito dall'art. 48 della legge regionale n. 32/91, in base agli artt. 7 della legge regionale 7 novembre 1995, n. 81, e 20 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33, e suo esame da parte della Commissione

11.
    Con lettera 6 dicembre 1995 il governo italiano notificava alla Commissione, in conformità all'art. 93, n. 3, del Trattato (divenuto art. 88, n. 3, CE), un regime di aiuti istituito dalla Regione Siciliana nell'ambito della legge regionale 7 novembre 1995, n. 81 (in prosieguo: la «legge regionale n. 81/95»), concernente vari interventi nel settore agricolo. L'art. 7 autorizzava per l'anno finanziario 1995 il rifinanziamento del regime di aiuti istituito dall'art. 48 della legge regionale n. 32/91 per la campagna agrumaria 1992-1993:

«Per le finalità di cui all'art. 48 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 32, è autorizzata per l'anno finanziario 1995 la spesa di lire 2 000 milioni per la campagna agrumaria 1992-1993 (...)».

12.
    Con lettera 2 maggio 1996 il governo italiano comunicava alla Commissione il testo dell'art. 20 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33 (in prosieguo: la «legge regionale n. 33/96»), il quale faceva riferimento all'art. 7 della legge regionale n. 81/95 e autorizzava, per l'esercizio finanziario 1996, il rifinanziamento del regime di aiuti istituito dall'art. 48 della legge regionale n. 32/91 per la campagna agrumaria 1992-1993:

«Per le finalità di cui all'art. 48 della legge regionale 23 maggio 1991, n. 32, è autorizzata per l'esercizio finanziario 1996 la spesa di lire 2 000 milioni per la campagna agrumaria 1992-1993 ad integrazione della somma prevista dall'art. 7 della legge regionale 7 novembre 1995, n. 81».

13.
    Con lettera 23 gennaio 1997 la Commissione informava il governo italiano di non sollevare obiezioni contro le disposizioni succitate relative al rifinanziamento dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91 per la campagna agrumaria 1992-1993. La detta lettera precisava in particolare:

«La Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti degli aiuti previsti dall'articolo 7 della legge regionale n. 81/95 e dall'articolo 20 della legge regionale n. 33/96. Nell'adottare tale decisione, la Commissione ha preso atto del fatto che le somme destinate a tale misura sono quelle relative alla campagna agricola 1992/93 e che si tratta di pagamenti tardivi relativi ad una misura di aiuto esistente (aiuto N 377/91).

Pertanto, il finanziamento previsto dall'articolo 7 della legge regionale n. 81/95 e dall'articolo 20 della legge regionale n. 33/96 può continuare a beneficiare della valutazione favorevole espressa dalla Commissione in merito all'art. 48 della legge regionale n. 32/91».

C - Regime di aiuti istituito dall'art. 6 della legge regionale 27 settembre 1995, n. 68, e suo esame da parte della Commissione

14.
    Con lettera 8 agosto 1995 il governo italiano notificava alla Commissione, in conformità dell'art. 93, n. 3, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 3, CE), un regime di aiuti che la Regione Siciliana avrebbe istituito nell'ambito di un progetto di legge regionale, successivamente adottato come legge regionale 27 settembre 1995, n. 68 (in prosieguo: la «legge regionale n. 68/95»).

15.
    L'art. 6 della legge regionale n. 68/95 prevedeva un regime di aiuti a favore di aziende del settore dell'agricoltura o della pesca, le cui principali disposizioni sono le seguenti:

«1.    L'Assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca è autorizzato a concedere nel triennio 1995-1997, per le campagne 1993-94, 1994-95 e 1995-96, un concorso negli interessi agli istituti ed aziende di credito, per prestiti di gestione di durata non superiore ad un anno accordati ad operatori commerciali operanti in Sicilia ed il cui volume di affari sia rivolto per almeno il 70 per cento alla vendita di prodotti agrumicoli ed ortofrutticoli fuori del territorio regionale.

2.    Il tasso residuo di interesse a carico degli operatori commerciali è pari a quello stabilito ai sensi dell'articolo 4, comma secondo, numero 1 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 13.

3.    L'importo del prestito agevolato - commisurato ai valori unitari massimi fissati annualmente a norma dell'articolo 18, comma primo, numeri 1 e 2 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 13 - non può in ogni caso eccedere il 50 per cento del volume medio di affari degli ultimi tre anni, documentato dalle dichiarazioni IVA.

4.    Gli operatori beneficiari dell'aiuto sono obbligati al mantenimento dei livelli occupazionali. In caso di accertata violazione di detto obbligo l'Assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca dispone la revoca dell'agevolazione concessa ed il recupero di quanto erogato, maggiorato degli interessi legali.

5.    La spesa autorizzata con il presente articolo è destinata per il 70 per cento al settore agrumicolo.

6.    Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata per il triennio 1995-1997 la spesa di lire 15 000 milioni, di cui lire 2 000 milioni nell'esercizio 1995, lire 7 000 milioni nell'esercizio 1996 e 6 000 milioni nell'esercizio 1997.

7.    All'onere di lire 2 000 milioni ricadente nell'esercizio finanziario 1995, si provvede con parte delle disponibilità del capitolo 21257 del bilancio della Regione per l'esercizio medesimo. Il restante onere di lire 13 000 milioni, ricadente negli esercizi finanziari 1996 e 1997, trova riscontro nel bilancio pluriennale della Regione - codice 2001».

16.
    Con lettera 13 febbraio 1998 la Commissione comunicava all'Italia di aver deciso di avviare il procedimento di cui all'art. 93, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 88, n. 2, CE) relativamente agli aiuti previsti dalla legge regionale n. 68/95 nei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquicoltura. Detta decisione veniva pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee 21 marzo 1998 (GU C 86, pag. 3) e la Commissione invitava gli interessati a presentare osservazioni riguardo a tali aiuti.

17.
    A giustificazione dell'avvio del detto procedimento la Commissione sosteneva - nella parte riguardante l'art. 6 - di avere dubbi circa la configurabilità degli aiuti in questione come veri crediti di gestione (nel senso di «crediti di campagna»), sembrando essi piuttosto corrispondere alla definizione di aiuti all'esportazione in quanto destinati ad imprese «export oriented» e calcolati sul volume (50%) d'affari dell'impresa, rappresentato in modo preponderante dalle entrate da esportazione (v. decisione di avvio del procedimento ex art. 88, n. 2, CE, punto 2, n. 7, del preambolo).

18.
    Con lettera 30 giugno 1998 le autorità italiane presentavano le loro osservazioni alla Commissione. Nessun altro interessato presentava osservazioni. I servizi della Commissione chiedevano informazioni integrative sull'art. 6 della legge regionale n. 68/95 con telex 10 novembre 1998. Con lettera 19 novembre 1998 le autorità italiane presentavano osservazioni supplementari sull'art. 6 ai servizi della Commissione.

19.
    Il 22 dicembre 1999 la Commissione adottava la decisione 2000/319/CE con cui dichiarava, in particolare, che gli aiuti di Stato istituiti dall'art. 6 della legge della Regione Siciliana 27 settembre 1995, n. 68, a favore di imprese operanti nel settore dell'agricoltura o della pesca erano incompatibili con il mercato comune e disponeva che l'Italia era tenuta a non eseguire e a sopprimere i detti aiuti (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Tale decisione veniva pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 6 maggio 2000 (GU L 110, pag. 18).

Procedimento e conclusioni delle parti

20.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 luglio 2000 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

21.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata nella parte in cui dichiara incompatibili con il mercato comune gli aiuti di Stato istituiti dall'art. 6 della legge 27 settembre 1995, n. 68, della Regione Siciliana a favore di imprese operanti nel settore dell'agricoltura o della pesca e dispone che l'Italia è tenuta a non eseguire e a sopprimere i detti aiuti;

-    condannare la Commissione alle spese.

22.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    dichiarare irricevibile il ricorso e altrimenti infondato;

-    condannare la ricorrente alle spese.

23.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale.

24.
    Le parti sono state regolarmente convocate all'udienza del 15 maggio 2003, alla quale la ricorrente non si è presentata. La Commissione è stata sentita nelle sue difese orali e nelle sue risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

25.
    Dopo aver ricordato che, ai sensi dell'art. 230, quinto comma, CE, i ricorsi volti all'annullamento di un atto delle istituzioni comunitarie devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza di queste, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza, la Commissione attira l'attenzione del Tribunale - senza tuttavia sollevare un'eccezione formale d'irricevibilità - sul fatto che il ricorso è stato presentato entro il termine di due mesi dalla pubblicazione dell'atto, anche se la ricorrente disponeva verosimilmente del testo della decisione da parecchi mesi.

26.
    Alla luce di tali circostanze la Commissione richiama la giurisprudenza secondo la quale, quando gli atti sono, come quello di cui trattasi, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee per prassi costante, il termine di impugnazione inizia a decorrere dalla data di pubblicazione (sentenza della Corte 10 marzo 1998, causa C-122/95, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-973, punti 34-39). Essa nota tuttavia che, nei casi di ricorsi proposti dalle Regioni finora esaminati dal Tribunale, l'atto introduttivo era stato depositato nel termine di due mesi dalla notifica della decisione (sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punti 17 e 19) o dall'avvenuta sua conoscenza da parte del ricorrente (sentenza del Tribunale 15 giugno 1999, causa T-288/97, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, Racc. pag. II-1871, punti 5 e 7).

27.
    Stando così le cose, secondo la Commissione, la situazione delle Regioni potrebbe essere assimilata a quella degli Stati membri che erogano aiuti, in quanto, per prassi costante, esse ricevono rapidamente comunicazione delle decisioni che le riguardano dal rispettivo Stato membro. Pur rilevando che effettivamente le Regioni non sono stricto sensu destinatarie della decisione e che la data della notifica non sembra assumere un carattere decisivo, la Commissione propone comunque di tener conto, nel loro caso, della data in cui esse abbiano avuto effettiva conoscenza dell'atto per determinare il dies a quo del termine d'impugnazione.

28.
    La ricorrente contesta tali argomenti osservando che, conformemente al dettato dell'art. 230, quinto comma, CE, il criterio della data in cui si è avuta conoscenza dell'atto impugnato come dies a quo del termine d'impugnazione è subordinato rispetto a quelli della pubblicazione o della notifica dell'atto stesso. Orbene, in mancanza di notificazione alla ricorrente della decisione di cui trattasi, la sola data a partire dalla quale si può far decorrere il termine d'impugnazione sarebbe quella di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

Giudizio del Tribunale

29.
    Ai sensi dell'art. 230, quinto comma, CE, il ricorso di annullamento deve essere proposto nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza.

30.
    Risulta dal dettato stesso di tale disposizione che il criterio della data in cui si è avuta conoscenza dell'atto impugnato come dies a quo del termine di impugnazione è subordinato rispetto a quello della pubblicazione o della notifica dell'atto stesso (sentenza Germania/Consiglio, cit., punto 35; sentenze del Tribunale 15 settembre 1998, causa T-11/95, BP Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-3235, punto 47; 6 ottobre 1999, causa T-123/97, Salomon/Commissione, Racc. pag. II-2925, punto 42, e 12 dicembre 2000, causa T-296/97, Alitalia/Commissione, Racc. pag. II-3871, punto 61).

31.
    Nella fattispecie, la Commissione non ha notificato la decisione impugnata alla ricorrente, ma unicamente alla Repubblica italiana. Poiché la decisione impugnata è stata oggetto di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 6 maggio 2000, è quest'ultima data che fa decorrere il termine di ricorso nei confronti della ricorrente e non la data in cui ha potuto averne conoscenza.

32.
    In proposito la Commissione non può validamente invocare le citate sentenze Vlaams Gewest/Commissione e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione a sostegno della propria tesi. Da un lato, nella prima di queste cause, il ricorso della Regione delle Fiandre era stato presentato entro il termine di due mesi (il 27 novembre 1995) dalla pubblicazione della decisione impugnata nella Gazzetta ufficiale (il 9 novembre 1995). D'altro lato, in nessuna delle due cause è stato giudicato che, nell'ipotesi in cui avesse avuto conoscenza di una decisione prima della sua pubblicazione, la regione non avrebbe più potuto beneficiare del termine di ricorso di due mesi dalla data di pubblicazione dell'atto.

33.
    Di conseguenza, il ricorso è stato presentato entro il termine prescritto e pertanto è ricevibile.

Nel merito

34.
    La ricorrente deduce quattro motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo riguarda la violazione dell'art. 88, n. 1, CE, la violazione del legittimo affidamento e della certezza del diritto, la violazione delle forme sostanziali e la violazione dell'art. 253 CE; il secondo riguarda la violazione del principio «tempus regit actum» e lo sviamento di potere; il terzo motivo riguarda la violazione dell'art. 87 CE, uno sviamento di potere e la violazione dell'art. 253 CE per difetto di motivazione; il quarto riguarda la violazione delle forme sostanziali e il mancato rispetto di termini ragionevoli per concludere i procedimenti previsti dall'art. 87 CE.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell'art. 88, n. 1, CE, alla violazione dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, alla violazione delle forme sostanziali e alla violazione dell'art. 253 CE per difetto di motivazione

Sulla ricevibilità

- Argomenti delle parti

35.
    A parere della Commissione, sono irricevibili le censure formulate dalla ricorrente nell'ambito del primo motivo, riguardanti la qualificazione della misura come aiuto esistente e non come aiuto nuovo, poiché tale qualificazione risultava già dalla decisione di avvio del procedimento di indagine formale previsto dall'art. 88, n. 2, CE, che la ricorrente non ha impugnato e che è dunque diventata definitiva; la decisione impugnata che qualifica come nuovo l'aiuto sarebbe soltanto un atto meramente confermativo della decisione di avvio del procedimento di indagine formale. La Commissione sostiene, di conseguenza, che la detta qualificazione poteva e doveva essere impugnata con un ricorso proposto contro la decisione di avviare il procedimento di indagine formale e che essa non poteva più essere oggetto di un ricorso riguardante la decisione definitiva.

36.
    Al riguardo la Commissione sottolinea che la giurisprudenza della Corte chiarisce che la decisione di avvio del procedimento di indagine formale produce effetti giuridici definitivi, in quanto neppure una decisione definitiva della Commissione che dichiari tali aiuti compatibili con il mercato comune potrebbe sanare gli atti di esecuzione che fossero ritenuti contrari al divieto di cui all'art. 88, n. 3, ultima frase, CE (sentenze della Corte 30 giugno 1992, causa C-312/90, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-4117, punti 20 e 23, in prosieguo: la «sentenza Cenemesa»; e causa C-47/91, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4145, punti 26 e 29, in prosieguo: la «sentenza Italgrani 30 giugno 1992»).

37.
    In particolare, la Commissione ricorda che la questione preliminare della qualificazione degli aiuti determina la procedura applicabile nonché la portata e gli effetti della decisione definitiva. Ai sensi dell'art. 88, n. 3, seconda frase, CE, nonché degli artt. 4, 6 e 13 del regolamento n. 659/1999, la Commissione, nel caso di aiuti nuovi, qualora ritenga che un progetto diretto ad istituire o modificare aiuti non sia compatibile con il mercato comune, deve avviare senza indugio il procedimento di indagine formale di cui all'art. 88, n. 2, CE. Ove si tratti di aiuti illegittimi, già versati in violazione del divieto disposto dall'art. 88, n. 3, ultima frase, CE, l'art. 14 del citato regolamento n. 659/1999 impone alla Commissione di ordinarne il recupero. Nel caso di aiuti esistenti, ai sensi dell'art. 88, n. 1, CE e degli artt. 17-19 del regolamento n. 659/1999, la Commissione può eventualmente proporre allo Stato membro interessato opportune misure e, solo in caso di rifiuto, potrà avviare il procedimento di indagine formale ex art. 88, n. 2, CE, senza tuttavia poter disporre il recupero degli aiuti.

38.
    Alla luce di tali differenze, la Commissione considera che una rapida definizione di eventuali controversie relative alla qualificazione degli aiuti come nuovi ovvero come esistenti sia nell'interesse di tutti i soggetti coinvolti.

39.
    Quanto ai richiami fatti dalla ricorrente alle sentenze Cenemesa e Italgrani del 30 giugno 1992, la Commissione ritiene che risulti da tale giurisprudenza che la decisione di avviare il procedimento di indagine formale comporta il divieto, per lo Stato membro interessato, di versare gli aiuti progettati prima che il procedimento stesso si sia concluso con una decisione definitiva e che, anche quando le misure qualificate dalla Commissione come aiuti nuovi siano state già attuate, gli effetti giuridici derivanti da tale qualificazione sono definitivi (sentenze Cenemesa, punti 12 e 23, e Italgrani, punti 20 e 29).

40.
    La Commissione rileva, del pari, che la tesi esposta nella causa in esame si distingue fondamentalmente da quelle prospettate nelle cause Preussag Stahl e Moccia Irme e che sono state respinte dal Tribunale (sentenza del Tribunale 31 marzo 1998, causa T-129/96, Preussag Stahl/Commissione, Racc. pag. II-609, punto 31, e 12 maggio 1999, cause riunite da T-164/96 a T-167/96, T-122/97 e T-130/97, Moccia Irme e a./Commissione, Racc. pag. II-1477, punto 65). In particolare, ricorda che nella causa Preussag Stahl/Commissione, essa aveva sollevato un'eccezione di irricevibilità contro il ricorso, basandosi sul fatto che la ricorrente non aveva presentato ricorso contro la decisione di avvio del procedimento e che il Tribunale aveva constatato che la decisione finale produceva effetti giuridici autonomi, tra cui l'obbligo di restituire l'aiuto versato, e che l'impresa interessata doveva quindi disporre di un rimedio giurisdizionale nei confronti di una tale decisione indipendentemente dal fatto che essa avesse o meno impugnato la decisione di avviare il procedimento di indagine formale dell'aiuto controverso. Pertanto, l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione è stata respinta, in quanto essa riguardava il ricorso nella sua integralità, e in particolare le parti in cui la ricorrente contestava le determinazioni della Commissione effettuate solo nella fase della decisione finale, il che non avviene nella causa in esame, in cui la Commissione contesta la ricevibilità delle censure formulate dalla ricorrente per quanto riguarda la qualificazione di aiuto nuovo effettuata nella decisione di avviare il procedimento di indagine formale.

41.
    La ricorrente contesta tale argomento perché contrario al principio di economia processuale e perché la decisione di avvio del procedimento può essere impugnata autonomamente solo in quanto produttiva di effetti lesivi nella sfera del destinatario (sentenze Cenemesa e Italgrani del 30 giugno 1992), il che accade solo qualora una decisione di questo tipo imponga ai suoi destinatari di adottare o di astenersi da determinati comportamenti o comunque determini effetti non più reversibili. Orbene, tale circostanza non ricorrerebbe nella fattispecie, ove solo la decisione definitiva produce effetti nei confronti della ricorrente. Quest'ultima osserva che, quanto meno, la decisione definitiva di incompatibilità degli aiuti con il mercato comune produce effetti giuridici nuovi e del tutto autonomi rispetto a quelli della decisione di avvio del procedimento di indagine formale, il che le consente di contestarne la legittimità. Ciò avrebbe come conseguenza che è possibile far valere, a sostegno del detto ricorso di annullamento, motivi di legittimità comuni sia alla decisione definitiva, sia alla decisione di avvio del procedimento di cui trattasi qualora quest'ultima non sia stata oggetto di un ricorso distinto, indipendentemente dalla questione se la decisione di avvio, adottata in applicazione dell'art. 88, n. 2, CE, sia stata o meno impugnata (v. cit. sentenze Preussag Stahl/Commissione e Moccia Irme e a./Commissione).

- Giudizio del Tribunale

42.
    La Commissione sostiene, in sostanza, che la ricorrente non può più contestare la decisione definitiva nella parte in cui quest'ultima qualifica il provvedimento di cui trattasi come aiuto nuovo, il che è l'oggetto del primo motivo di ricorso, in quanto tale qualificazione deriverebbe dalla decisione di avviare il procedimento di indagine formale, che la ricorrente non ha contestato nei termini prescritti e che sarebbe pertanto divenuta definitiva.

43.
    Occorre, anzitutto, rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, costituiscono atti o decisioni impugnabili con ricorso di annullamento, ai sensi dell'art. 230 CE, i provvedimenti che producono effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9, e sentenza del Tribunale 18 dicembre 1992, causa T-10/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 28).

44.
    Quando si tratta di atti o di decisioni elaborati in più fasi, in particolare al termine di un procedimento interno, costituiscono, in via di principio, atti impugnabili solo i provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell'istituzione al termine di tale procedimento, ad eccezione dei provvedimenti provvisori destinati a preparare la decisione finale (v. cit. sentenze IBM/Commissione, punto 10, e Cimenteries CBR e a./Commissione, punto 28).

45.
    In applicazione di tale giurisprudenza, la decisione definitiva adottata dalla Commissione per concludere il procedimento formale d'indagine previsto all'art. 88, n. 2, CE costituisce un atto impugnabile ai sensi dell'art. 230 CE. Una decisione di questo tipo produce, infatti, effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi degli interessati, poiché essa conclude il procedimento di cui trattasi e si pronuncia definitivamente sulla compatibilità della misura esaminata con le regole applicabili agli aiuti di Stato. Pertanto, gli interessati hanno sempre la possibilità di impugnare la decisione finale che conclude il procedimento di indagine formale e devono in tale ambito poter rimettere in discussione i diversi elementi che sono a fondamento della posizione definitivamente adottata dalla Commissione.

46.
    La detta possibilità è indipendente dalla questione se la decisione di avviare il procedimento di indagine formale comporti o meno effetti giuridici che possono essere oggetto di un ricorso d'annullamento. Certamente la giurisprudenza della Corte e del Tribunale ha ammesso la possibilità di presentare un ricorso contro la decisione di avviare il procedimento di indagine formale allorché quest'ultima comporta effetti giuridici definitivi che non possono essere sanati a posteriori dalla decisione definitiva. Ciò avviene laddove la Commissione avvii il procedimento di indagine formale nei confronti di una misura da essa provvisoriamente qualificata come aiuto nuovo, in quanto tale decisione d'avviare il procedimento comporta effetti giuridici autonomi rispetto alla decisione definitiva. In effetti, la sospensione dell'esecuzione della misura di cui trattasi, risultante, ai sensi dell'art. 88, n. 3, CE, dalla qualificazione provvisoria di tale misura come aiuto nuovo, riveste un carattere autonomo rispetto alla decisione definitiva, limitato nel tempo fino alla conclusione del procedimento formale (v., in particolare, sentenze Cenemesa, punti 12-24, e Italgrani 30 giugno 1992, punti 29 e 30; sentenza della Corte 9 ottobre 2001, causa C-400/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I-7303, punti 56-62 e 69, e sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T-195/01 e T-207/01, Government of Gibraltar/Commissione, Racc. pag. II-2309, punti 80-86).

47.
    Nondimeno, tale possibilità di impugnare una decisione di avvio non può avere la conseguenza di ridurre i diritti procedurali degli interessati impedendo loro di impugnare la decisione definitiva e di dedurre a sostegno del loro ricorso i vizi relativi a tutte le fasi del procedimento che ha condotto a tale decisione.

48.
    Non si può negare che, anche se ha effetti giuridici propri ed autonomi, la decisione di avviare il procedimento di indagine formale presenta un carattere preparatorio rispetto alla decisione finale che fisserà definitivamente la posizione della Commissione. Così, l'art. 6 del regolamento n. 659/1999 precisa che la decisione di avvio del procedimento d'indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della misura progettata diretta a stabilire se quest'ultima presenti il carattere d'aiuto ed espone i motivi che inducono a dubitare della sua compatibilità con il mercato comune, al fine di invitare lo Stato membro considerato e gli interessati a presentare le proprie osservazioni entro un determinato termine. Il carattere necessariamente provvisorio delle valutazioni effettuate nella decisione di avviare il procedimento di indagine formale è confermato dall'art. 7 del regolamento n. 659/1999, che prevede che la Commissione può stabilire nella decisione definitiva che la misura notificata non costituisce un aiuto, che l'aiuto notificato è compatibile con il mercato comune, che l'aiuto notificato può essere considerato compatibile con il mercato comune laddove siano rispettate talune condizioni, o che l'aiuto notificato è incompatibile con il mercato comune. Nulla impedisce peraltro alla Commissione, dopo che aveva inizialmente ritenuto, nella decisione di avvio del procedimento di indagine formale, che la misura interessata costituisse un aiuto nuovo, di stabilire, nella decisione che conclude il procedimento, che tale misura costituisce un aiuto esistente.

49.
    E' sufficiente, nella fattispecie, constatare che la decisione impugnata è la decisione definitiva che conclude il procedimento e che produce effetti giuridici obbligatori e definitivi nei confronti degli interessati, comprese la parte in cui qualifica l'aiuto come aiuto nuovo incompatibile con il mercato comune e la parte in cui impone all'Italia di non dare esecuzione a tale aiuto e di sopprimerlo. Pertanto la ricorrente deve poter ricorrere contro tutta la decisione, compresa la qualifica dell'aiuto come aiuto nuovo, indipendentemente dal fatto che essa abbia impugnato o meno tale aspetto della decisione di avviare il procedimento di indagine formale sull'aiuto di cui trattasi (v. cit. sentenze Preussag Stahl/Commissione, punto 31, e Moccia Irme e a./Commissione, punto 65). Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, le sentenze del Tribunale nelle cause Preussag Stahl e Moccia Irme si fondano sugli stessi principi di cui alla fattispecie, vale a dire che la decisione impugnata è una decisione definitiva che produce effetti giuridici propri e che, pertanto, gli interessati possono impugnarla. La circostanza che nella causa Preussag Stahl la Commissione avesse sollevato un'eccezione di irricevibilità nei confronti di tutto il ricorso e che nella presente causa tale eccezione sia limitata al motivo in esame non cambia in alcun modo la natura della questione sollevata.

50.
    Riguardo all'argomento secondo cui sarebbe nell'interesse generale definire rapidamente le controversie che possono sorgere a proposito della qualificazione dell'aiuto di cui trattasi, si deve rilevare che, in ogni caso, una considerazione di questo tipo non può costituire un ostacolo atto a privare gli interessati della possibilità di presentare un ricorso contro una decisione che modifica la loro situazione giuridica.

51.
    In definitiva, la tesi della Commissione equivarrebbe a sancire una situazione contraria ai principi fissati dalla giurisprudenza in materia di atti impugnabili. Detta tesi equivarrebbe ad ammettere che la circostanza che i giudici comunitari si pronuncino in una fase preliminare del procedimento su atti preparatori quale la decisione di avviare il procedimento di indagine formale, e in particolare sulla qualifica dell'aiuto come nuovo, impedirebbe agli interessati di impugnare la decisione definitiva nella quale la Commissione può modificare le valutazioni fatte nella fase di avvio. Ammettere una tesi di questo tipo avrebbe la conseguenza di anticipare l'esame nel merito e di confondere le diverse fasi dei procedimenti amministrativo e giudiziario svuotando di significato l'obiettivo essenziale del procedimento di indagine formale avviato dalla Commissione, che è quello di consentire alle parti interessate di presentare le loro osservazioni su tutti gli aspetti controversi della pratica e alla Commissione di adottare la decisione definitiva alla luce di queste osservazioni.

52.
    Risulta da quel che precede che non può validamente sostenersi che, non avendo presentato nel termine prescritto un ricorso contro la decisione di avviare il procedimento di indagine formale, la ricorrente non può più contestare, nell'ambito di un ricorso contro la decisione definitiva, la qualificazione di aiuto nuovo della misura di cui trattasi.

53.
    Ne consegue che il primo motivo è ricevibile.

Sul merito

Argomenti delle parti

54.
    La ricorrente ricorda, anzitutto, che la Commissione, nella sua decisione 14 dicembre 1992, ha dichiarato l'art. 48 della legge regionale n. 32/91 compatibile con le regole del Trattato in materia di aiuti di Stato, riservandosi soltanto la facoltà di rivedere la propria posizione in un momento successivo, ai sensi dell'art. 93, n. 1, del Trattato (divenuto art. 88, n. 1, CE). La ricorrente osserva anche che la Commissione non ha esercitato tale facoltà, ritenendo compatibili con il mercato comune i successivi rifinanziamenti del succitato art. 48 della legge regionale n. 32/91, disposti dagli artt. 7 della legge regionale n. 81/95 e 20 della legge regionale n. 33/96.

55.
    In tale contesto la ricorrente sostiene che l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 è da considerare un mero rifinanziamento dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91. L'analogia dei due testi per ciò che riguarda i beneficiari, le agevolazioni e le finalità si dedurrebbe dal loro esame comparativo; le differenze consisterebbero nell'introduzione di un esplicito riferimento a campagne agricole, all'ampliamento della base dei beneficiari ed in un'ovvia modifica degli esercizi di bilancio interessati dal finanziamento.

56.
    La ricorrente conclude, pertanto, che costituisce una violazione dell'art. 88, n. 1, CE nonché una violazione delle forme sostanziali da parte della Commissione l'aver proceduto all'esame della compatibilità con il mercato comune dell'aiuto previsto dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95 come se si trattasse di un aiuto nuovo ai sensi dell'art. 87 CE anziché di un aiuto già approvato ai sensi dell'art. 88, n. 1, CE, così come la stessa Commissione si sarebbe impegnata a fare.

57.
    Secondo la ricorrente, neppure sarebbe possibile sostenere come è fatto nel punto 52, lett. c), della decisione impugnata, che l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 introduce un nuovo regime di aiuti. La ricorrente fa valere che l'art. 48 della legge regionale n. 32/91 non pone alcun limite temporale alle campagne in riferimento alle quali può essere corrisposto il prestito agevolato. A suo avviso, il riferimento nella legge regionale n. 32/91 al triennio 1991-1993 è da considerarsi in termini esclusivamente finanziari, nel senso che gli stanziamenti possono essere utilizzati nell'arco di quel triennio, ma senza una limitazione temporale delle campagne per le quali gli operatori commerciali possono usufruire dei crediti. Al contrario, l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 avrebbe inteso circoscrivere in maniera più precisa le campagne cui si applica l'aiuto, ovvero le campagne 1993-1994, 1994-1995 e 1995-1996.

58.
    Nessuna differenza specifica, inoltre, secondo la ricorrente, presenta il rifinanziamento ex art. 6 della legge regionale n. 68/95 rispetto a quelli disposti dagli artt. 7 della legge regionale n. 81/95 e 20 della legge regionale n. 33/96 - rifinanziamenti approvati dalla Commissione -, poiché tali articoli avevano tutti lo scopo di ricostituire le somme originariamente previste dall'art. 48 della legge regionale n. 32/91.

59.
    Essa sottolinea anche che la giurisprudenza ha sancito il principio secondo cui, una volta approvato un regime generale di aiuti, la Commissione non deve procedere ad un esame individuale di tali aiuti (sentenza della Corte 5 ottobre 1994, causa C-47/91, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4635, in prosieguo: la «sentenza Italgrani 5 ottobre 1994»). Se si ammettesse la possibilità di procedere ad una nuova valutazione della compatibilità di tali aiuti, si correrebbe il rischio di violare i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Detti principi dovrebbero essere applicati anche nel caso in cui un regime di aiuti - già approvato - vada confermato mediante un semplice rifinanziamento di stanziamenti non utilizzati. Pertanto la ricorrente ritiene che, ove non si intenda (come nel caso di specie), in sede di esame permanente del regime di aiuti, proporre opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune, non sia ammesso riesaminare siffatto regime di aiuti. Nella fattispecie, questo riesame sarebbe avvenuto non già alla luce della precedente decisione di approvazione, bensì ai sensi del Trattato, con ciò ledendo i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

60.
    La ricorrente è infine del parere che, nell'esporre le ragioni per le quali l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 andrebbe considerato un nuovo regime di aiuti, la Commissione non ha tenuto conto della portata reale di tale norma, poiché essa ha compiuto valutazioni diverse e contraddittorie rispetto alla precedente decisione di approvazione dell'aiuto in parola e non ha motivato riguardo alle osservazioni presentatele dalle autorità italiane.

61.
    La Commissione fa valere che le censure della ricorrente in ordine alla qualificazione degli aiuti sono infondate, in quanto le misure di cui all'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non costituiscono aiuti esistenti e non rientrano in alcun modo in un preteso regime a durata illimitata istituito ex art. 48 della legge regionale n. 32/91 che la Commissione avrebbe precedentemente approvato con la decisione 14 dicembre 1992.

62.
    Secondo la Commissione, la decisione 14 dicembre 1992 relativa all'art. 48 della legge regionale n. 32/91 approva solo un regime limitato al triennio 1991-1993, periodo che deve interpretarsi come coincidente con le campagne 1990-1991, 1991-1992 e 1992-1993. L'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non può quindi essere considerato come un mero rifinanziamento dell'art. 48 della legge n. 32/91, dal momento che la nuova disposizione riguarda il triennio 1995-1997 e le campagne 1993-1994, 1994-1995 e 1995-1996, e cioè periodi successivi a quelli di cui alla disposizione anteriore.

63.
    Di conseguenza l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 costituirebbe un aiuto nuovo, e più precisamente un aiuto nuovo retroattivo, e non il rifinanziamento di un regime di aiuti. La Commissione sostiene pertanto che il riferimento alla sentenza Italgrani 5 ottobre 1994 sia del tutto privo di pertinenza e che non possa addebitarsi alla Commissione di aver minimamente violato i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Del pari, la Commissione sottolinea che il punto 52 del preambolo della decisione impugnata espone in maniera compiuta ed esaustiva le ragioni per le quali le misure esaminate devono essere considerate aiuti nuovi.

Giudizio del Tribunale

64.
    In via preliminare, si deve rilevare che l'aiuto controverso non è stato notificato dalle autorità italiane nell'ambito della cooperazione permanente della Commissione con gli Stati membri istituita dall'art. 88, n. 1, CE, che riguarda l'ipotesi di aiuti esistenti, ma in applicazione dell'art. 88, n. 3, CE, che riguarda gli aiuti nuovi. Così, la lettera 8 agosto 1995 delle autorità italiane, con cui si notifica alla Commissione il progetto di legge regionale divenuto successivamente legge regionale n. 68/95, menziona espressamente l'art. 88, n. 3, CE e non contiene alcun riferimento all'art. 48 della legge regionale n. 32/91 o alla decisione della Commissione 14 dicembre 1992, recante approvazione dell'aiuto previsto da tale disposizione.

65.
    La Commissione pertanto era in linea di principio legittimata ad avviare il procedimento di indagine formale nell'ambito del regime applicabile agli aiuti nuovi.

66.
    Tuttavia, la qualificazione dell'aiuto risponde ad una situazione obiettiva che non dipende dalla valutazione effettuata all'atto della notifica dell'aiuto o nella fase di avvio del procedimento previsto dall'art. 88, n. 2, CE e pertanto si devono esaminare le diverse censure mosse dalla ricorrente nell'ambito di questo motivo.

67.
    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l'esame dell'art. 6 della legge regionale n. 68/95 quale aiuto nuovo e non quale rifinanziamento dell'aiuto previsto dall'art. 48 della legge regionale n. 32/91, approvato in precedenza dalla Commissione, costituisce una violazione dell'art. 88, n. 1, CE.

68.
    Va anzitutto rilevato che l'art. 7 della legge regionale n. 81/95 e l'art. 20 della legge regionale n. 33/96 contengono un riferimento espresso all'art. 48 della legge regionale n. 32/91, ricordando gli obiettivi perseguiti da tale articolo. Viceversa, l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non contiene alcun riferimento all'art. 48.

69.
    Inoltre l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 riguarda un periodo diverso da quello che è stato esaminato nell'ambito dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91. Così, ai sensi dei nn. 1 e 6 dell'art. 6 della legge regionale n. 68/95, l'aiuto previsto riguarda il «triennio 1995-1997», mentre, ai sensi dei nn. 1 e 6 dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91, l'aiuto autorizzato dalla decisione 14 dicembre 1992 riguarda il «triennio 1991-1993».

70.
    Di conseguenza la Commissione poteva legittimamente considerare che l'esame di un regime di aiuti relativo agli anni 1995-1997 non doveva essere effettuato nell'ambito della decisione d'approvazione di un regime di aiuti riguardante un periodo diverso, vale a dire gli anni 1991-1993.

71.
    Nessuno degli argomenti dedotti in proposito dalla ricorrente è atto ad invalidare tale conclusione.

72.
    Riguardo all'argomento secondo cui la menzione «triennio 1991-1993» di cui all'art. 48 della legge regionale n. 32/91 sarebbe tesa semplicemente a precisare che gli stanziamenti impegnati in applicazione di tale articolo potevano essere utilizzati nel corso degli anni 1991, 1992 e 1993 e non potrebbe quindi essere interpretata come un riferimento alle campagne corrispondenti a ciascuno dei tre anni di cui trattasi, si deve rilevare che tale argomento è ininfluente rispetto all'analisi effettuata in precedenza. Infatti, anche ammesso che il triennio 1991-1993 di cui all'art. 48 della legge regionale n. 32/91 non riguardasse le campagne corrispondenti a quei tre anni, ciò non è sufficiente a rendere l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 una mera misura di rifinanziamento delle disposizioni in precedenza approvate, dal momento che il periodo preso in considerazione dall'art. 48 è diverso dal triennio 1995-1997 menzionato all'art. 6 ed esaminato dalla decisione impugnata.

73.
    Del pari, la ricorrente afferma a torto che, se l'art. 48 della legge regionale n. 32/91 non fissa alcun limite temporale per le campagne a favore delle quali può essere versato il prestito agevolato, le campagne per le quali gli operatori interessati possono beneficiare di stanziamenti impegnati nell'ambito di tale regime (ovvero 30 milioni di lire) non sarebbero quindi limitate nel tempo e l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 costituirebbe quindi solo il rifinanziamento di tale regime per le campagne 1993-1994, 1994-1995 e 1995-1996 (per una somma di 15 milioni di lire). In effetti la differenza esistente tra le due disposizioni è fondamentale; la prima autorizza gli aiuti solo «nel triennio 1991-1993» (v. art. 48 della legge regionale n. 32/91, n. 1), mentre la seconda li autorizza solo «nel triennio 1995-1997» (v. art. 6 della legge regionale n. 68/95, n. 1). Qualsiasi proroga del periodo 1991-1993 doveva essere oggetto di una nuova notifica ai sensi dell'art. 88, n. 3, CE, che è stata in effetti fatta dalle autorità italiane, implicante quindi un nuovo esame dell'aiuto.

74.
    Riguardo all'argomento secondo cui l'asserito rifinanziamento avvenuto mediante l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non presenterebbe alcuna differenza rispetto a quelli effettuati dall'art. 7 della legge regionale n. 81/95 e dall'art. 20 della legge regionale n. 33/96, che sono stati approvati dalla Commissione, si deve rilevare che la decisione impugnata dà conto delle ragioni per le quali si deve operare una distinzione riguardo a tali misure; l'art. 7 della legge regionale n. 81/95 e l'art. 20 della legge regionale n. 33/96, da un lato, fanno riferimento all'art. 48 della legge regionale n. 32/91, e, d'altro lato, mirano a finanziare misure previste per la «campagna» 1992-1993 nel corso degli esercizi 1995 e 1996 [v. decisione impugnata, punto 52, lett. b), del preambolo], mentre l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non menzionava l'art. 48 della legge regionale n. 32/91 e mirava a finanziare misure previste per le campagne 1993-1994, 1994-1995 e 1995-1996 [v. decisione impugnata, punto 52, del preambolo, lett. d), e in fine].

75.
    Risulta da quel che precede che la censura relativa alla violazione dell'art. 88, n. 1, CE va respinta.

76.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, decidendo che l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 costituiva un aiuto nuovo, la Commissione ha commesso una violazione dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

77.
    Essa rinvia a questo proposito alla sentenza Italgrani 5 ottobre 1994, che stabilisce la procedura da seguire laddove venga sostenuto che l'aiuto esaminato si inserisce nell'ambito di un regime di aiuti già autorizzato. Al punto 24 di tale sentenza la Corte precisa, infatti, che:

«quando si occupa di un aiuto individuale che si sostiene essere stato concesso in base ad un regime già autorizzato, [la Commissione] non può subito esaminarlo direttamente rispetto al Trattato. Essa deve limitarsi anzitutto, prima dell'inizio di qualsiasi procedimento, a stabilire se l'aiuto rientri nel regime generale e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello stesso. Se non procedesse in tal modo, la Commissione potrebbe, in occasione dell'esame di ciascun aiuto individuale, modificare la sua decisione di approvazione del regime di aiuti, la quale presupponeva già un esame alla luce dell'art. 92 del Trattato [divenuto art. 87 CE]. I principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto in tal caso sarebbero posti a repentaglio tanto per gli Stati membri quanto per gli operatori economici, poiché aiuti individuali rigorosamente conformi alla decisione di approvazione del regime di aiuti in qualsiasi momento potrebbero essere rimessi in discussione dalla Commissione».

78.
    Tale giurisprudenza non può tuttavia essere utilmente richiamata nella presente causa, poiché le autorità italiane hanno sostenuto per la prima volta che l'aiuto di cui trattasi costituiva il rifinanziamento di aiuti in precedenza autorizzati solo in risposta alla decisione della Commissione 13 febbraio 1998 di avviare il procedimento previsto dall'art. 88, n. 2, CE (v. lettere delle autorità italiane alla Commissione in data 30 giugno e 19 novembre 1998). Prima della decisione di avvio del procedimento di indagine formale, tali autorità si erano inserite esse stesse nell'ambito del regime applicabile agli aiuti nuovi, notificando alla Commissione la misura di cui trattasi in applicazione dell'art. 88, n. 3, CE.

79.
    Peraltro, allorché ha autorizzato, con la lettera 23 gennaio 1997, il rifinanziamento dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91 per la campagna 1992-1993 nell'ambito delle misure previste dall'art. 7 della legge regionale n. 81/95 e dall'art. 20 della legge regionale n. 33/96, la Commissione si è premurata di avvertire le autorità italiane riguardo al fatto che l'approvazione di tale rifinanziamento non pregiudicava in alcun modo l'esame dell'art. 6 della legge regionale n. 68/95 che era in corso [v. decisione impugnata, punto 52, lett. c), del preambolo].

80.
    Risulta da quanto precede che la censura relativa alla violazione dei principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto deve essere respinta.

81.
    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, decidendo che l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 costituiva un aiuto nuovo, la Commissione ha commesso una violazione delle forme sostanziali ed è venuta meno all'obbligo di motivazione imposto dall'art. 253 CE.

82.
    A questo riguardo, va rilevato che, adottando la decisione impugnata in applicazione dell'art. 88, n. 2, CE a seguito di una notifica effettuata dalle autorità italiane in conformità dell'art. 88, n. 3, CE, la Commissione non ha commesso una violazione delle forme sostanziali nel caso in esame, poiché il punto 52 della decisione impugnata espone a sufficienza le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 non potesse essere considerato come un rifinanziamento dell'art. 48 della legge regionale n. 32/91, nel senso inteso dalle autorità italiane nell'ambito del procedimento di indagine formale.

83.
    Risulta da quel che precede che le censure relative alla violazione delle forme sostanziali e al difetto di motivazione devono essere respinte.

84.
    Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto nel suo complesso.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio tempus regit actum e allo sviamento di potere

Argomenti delle parti

85.
    La ricorrente lamenta che la decisione impugnata non ha dichiarato il regime di aiuti istituito dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95 compatibile con la disciplina vigente per i crediti di gestione concessi in materia agricola.

86.
    La ricorrente sottolinea anzitutto che la Commissione ha violato il principio tempus regit actum e quello dell'irretroattività degli atti amministrativi (sentenze della Corte 16 giugno 1993, causa C-325/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I-3283, e 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125) nell'applicare la comunicazione sui crediti di gestione - adottata mentre il procedimento di indagine formale era in corso - al regime di aiuti previsto dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95, che era anteriore a tale comunicazione. Più volte nel corso del procedimento amministrativo la Commissione si sarebbe infatti riferita all'applicazione della disciplina relativa ai «crediti di gestione». Così, nella sua lettera alla rappresentanza permanente d'Italia del 2 ottobre 1995, con cui chiedeva alcune precisazioni riguardo alla campagna 1995-1996, la Commissione avrebbe invitato le autorità italiane a confermare che sarebbero state rispettate le condizioni enunciate nel progetto di comunicazione sui crediti di gestione allegato. Del pari, anche nella sua lettera al Ministro italiano degli Affari esteri del 23 gennaio 1997 la Commissione avrebbe ritenuto applicabile la comunicazione sui crediti di gestione, «poiché si tratta di un nuovo regime che rimane in vigore dopo il 1° gennaio 1996».

87.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le autorità italiane sono state indotte in errore dalle indicazioni fornite dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, poiché esse erano convinte che il punto sul quale si dovevano concentrare non fosse quello della natura dell'aiuto (apparendo scontato che si trattasse di crediti di gestione), bensì quello della sussistenza dei requisiti dello stesso: i requisiti, cioè, previsti dalla prassi precedente alla comunicazione sui crediti di gestione (che la ricorrente riteneva tutti sussistenti) ovvero quelli più rigorosi (secondo la ricorrente, ugualmente sussistenti) della nuova disciplina. Tale modo di procedere sarebbe sintomo di uno sviamento di potere.

88.
    A sostegno della sua argomentazione, la ricorrente fa valere che la Commissione ha tenuto conto dei criteri stabiliti dalla comunicazione sui crediti di gestione nel valutare le misure controverse, come indica il riferimento, compiuto al punto 54, lett. c), del preambolo della decisione impugnata, alla natura «stagionale» dei prestiti. In particolare, la ricorrente si oppone all'affermazione della Commissione, secondo cui la natura stagionale dell'aiuto era requisito già imposto dalla sua prassi precedente all'entrata in vigore delle nuove regole definite dalla comunicazione sui crediti di gestione, ricordando il testo stesso di tale comunicazione, il cui quinto comma indicherebbe chiaramente che le due condizioni previgenti consistono, l'una, nella durata massima di un anno del prestito e, l'altra, nell'impossibilità di limitare l'aiuto ad un singolo prodotto e ad una singola operazione, senza riferirsi alla stagionalità. Il criterio della «stagionalità» del prestito, che è inteso a permettere principalmente all'operatore agricolo di anticipare le spese connesse al ciclo di produzione prima di riscuotere il ricavato della vendita, sarebbe introdotto dalla comunicazione sui crediti di gestione, settimo comma, nell'ambito delle regole da applicarsi per il futuro.

89.
    Orbene, la ricorrente sottolinea che i due requisiti posti dalla prassi antecedente della Commissione erano soddisfatti (i prestiti avevano durata non superiore a un anno e l'aiuto si applicava a tutti gli agrumi e prodotti ortofrutticoli), come riconosciuto, del resto, dalla stessa decisione impugnata, al punto 54, lett. c), del preambolo [«anche assumendo che il prestito agevolato non sia concesso per un singolo prodotto (ma per due categorie di prodotti) o non sia connesso ad una singola operazione (ma principalmente a una sola operazione, l'esportazione) e che la durata del prestito non sia superiore a 12 mesi (...)]».

90.
    La Commissione precisa innanzitutto che la ricorrente le rimprovera, in sostanza, di aver applicato a torto le regole enunciate nella comunicazione sui crediti di gestione. A suo parere, tale motivo è carente in fatto perché, al punto 53, quinto comma, del preambolo della decisione impugnata, sono individuate come norme pertinenti nella fattispecie quelle applicabili prima dell'entrata in vigore della comunicazione sui crediti di gestione.

91.
    La Commissione sottolinea altresì che le autorità italiane non sono state indotte in equivoco perché è precisato al punto 2, n. 4, e seguenti del preambolo della decisione di avvio del procedimento di indagine formale, che la Commissione aveva accolto il loro punto di vista riguardo alla determinazione delle norme applicabili e vi era fatto espresso riferimento alla prassi antecedente alla comunicazione sui crediti di gestione.

92.
    Infine, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la Commissione sostiene che la natura stagionale non rappresenta una nuova condizione introdotta dalla comunicazione sui crediti di gestione, bensì è intrinsecamente connessa alla nozione stessa di credito di gestione o credito di campagna e ne costituirebbe anzi l'elemento essenziale.

Giudizio del Tribunale

93.
    Occorre definire le norme applicabili ratione temporis alla misura notificata, prima di esaminare il contenuto di tali regole e la loro applicabilità al caso di specie.

1. Definizione delle norme applicabili ratione temporis

94.
    Risulta dalla decisione impugnata che, dopo aver in un primo tempo previsto l'applicazione della nuova disciplina enunciata nella comunicazione sui crediti di gestione (v. punto 53 del preambolo della decisione, terzo comma), alla fine la Commissione vi ha rinunciato e si è limitata ad applicare le norme risultanti dalla sua prassi precedente (v. punto 53 del preambolo della decisione, quarto e quinto comma).

95.
    In particolare, il quinto comma del punto 53 del preambolo enuncia espressamente che, in considerazione del fatto che l'aiuto istituito dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95 si applica alle campagne 1993-1994, 1994-1995 e 1995-1996 e che la comunicazione sui crediti di gestione, adottata in seguito, si applica solo agli aiuti entrati o rimasti in vigore dopo il 30 giugno 1998, l'art. 6 della legge regionale n. 68/95 deve essere esaminato «in base ai criteri applicabili ai prestiti agevolati a breve termine prima della data del 30 giugno 1998, a decorrere dalla quale si applica la nuova comunicazione [sui crediti di gestione]». Così facendo, la Commissione si limita a riprendere il contenuto delle osservazioni presentate dalle autorità italiane nella lettera 30 giugno 1997 (v. decisione impugnata, punto 36 del preambolo).

96.
    Di conseguenza, la ricorrente addebita a torto alla Commissione di aver analizzato le osservazioni presentate dalle autorità italiane in violazione delle norme applicabili ratione temporis ai crediti di gestione applicando nuove regole definite nella comunicazione sui crediti di gestione o di aver commesso uno sviamento di potere nell'ambito di tale analisi.

2. Contenuto delle norme applicabili ratione temporis

97.
    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è stata adottata in violazione delle norme applicabili prima dell'entrata in vigore delle nuove regole fissate nella comunicazione sui crediti di gestione, per il fatto che è stato preso in considerazione il carattere stagionale degli aiuti, criterio che - a suo parere - non era previsto nella prassi anteriore della Commissione.

98.
    In proposito, va rilevato che, prima di fissare le nuove norme applicabili a partire dal 30 giugno 1998, la comunicazione sui crediti di gestione enuncia che la Commissione applica da diversi anni una politica consistente nel non opporsi agli aiuti di Stato accordati nella forma di prestiti agevolati a breve termine a favore del settore agricolo. La detta comunicazione precisa che «[l]a Commissione impone unicamente due condizioni: la durata massima del prestito è di un anno ed esso non può essere limitato a un singolo prodotto e a una singola operazione», sottolineando nel contempo che «[n]on vi sono limiti all'intensità dell'aiuto né - per quanto riguarda i singoli beneficiari - alla possibilità di rinnovare annualmente il prestito agevolato» (comunicazione sui crediti di gestione, quinto comma).

99.
    Tuttavia, e contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, siffatta definizione non può fare astrazione dal carattere stagionale degli aiuti di cui trattasi, dal momento che tale carattere è intrinseco alla definizione stessa del credito di gestione, che rimanda necessariamente alla nozione di «crediti di campagna», ovvero crediti a copertura dell'anticipo, da parte dell'operatore, delle spese connesse con il ciclo di produzione agricola in attesa degli introiti relativi allo stesso ciclo (v. decisione della Commissione 13 febbraio 1998 relativa all'avvio del procedimento previsto dall'art. 88, n. 2, CE, punto 2, n. 8, del preambolo, in fine).

100.
    Il carattere stagionale del credito di gestione si desume quindi dal documento della Commissione intitolato «La politica della concorrenza in agricoltura», riguardo al quale la Diciassettesima Relazione sulla politica della concorrenza precisava che esso conteneva gli orientamenti generali cui si attiene la Commissione per l'applicazione delle regole di concorrenza in agricoltura, il che lo rendeva quindi un quadro di riferimento conosciuto dagli Stati membri, dagli enti pubblici e dagli operatori interessati. Secondo tale documento, gli aiuti forniti sotto forma di crediti di gestione sono considerati incompatibili con il mercato comune allorché «sono concessi per una durata superiore alla campagna di commercializzazione (12 mesi) a favore di un unico prodotto e per una sola operazione» (a contrario, gli aiuti che soddisfino questi due requisiti saranno considerati compatibili con il mercato comune). Il documento prosegue spiegando che la posizione della Commissione è «motivata dal fatto che la produzione agricola, per le particolarità connesse ai cicli produttivi, determina esigenze di finanziamento specifiche».

101.
    Del pari, il carattere stagionale della misura di cui trattasi è menzionato nel settimo comma della comunicazione sui crediti di gestione, nella parte che espone le conclusioni alle quali la Commissione è giunta al termine del riesame di tale prassi, ove si legge che «per motivi legati alla natura del settore e delle attività connesse (in particolare il carattere stagionale della produzione e la struttura delle aziende), l'agricoltura comunitaria [può] (...) essere penalizzata rispetto agli operatori di altri settori economici quanto alla necessità di ottenere prestiti a breve termine e alla capacità di finanziarli».

102.
    E' quindi la necessità di rispondere ad esigenze specifiche di finanziamento connesse al carattere stagionale della produzione agricola che giustifica i due criteri fissati per consentire di determinare la compatibilità dei crediti di gestione con le norme del Trattato e la valutazione di tali misure non può farsi senza tener conto di tale carattere.

103.
    A questo riguardo, va rilevato che la definizione della prassi anteriore della Commissione che si trova al punto 53, secondo comma, del preambolo della decisione impugnata, secondo cui «[l]e regole applicabili ai prestiti agevolati a breve termine in agricoltura al momento della notifica vietavano la concessione del prestito per un singolo prodotto o una singola operazione e ne limitavano la durata a 12 mesi», è completata dal punto 54, primo comma, del preambolo, che fa riferimento non solo ai due criteri già citati, ma anche al carattere stagionale della misura di cui trattasi, laddove enuncia che i criteri applicabili alla misura notificata prima dell'entrata in vigore delle nuove regole stabilite dalla comunicazione sui crediti di gestione sono i seguenti: «i prestiti devono essere di natura “stagionale” destinati alla copertura di spese generali (acquisto di materie prime, pagamento di manodopera ecc.), il prestito non deve essere connesso ad un singolo prodotto o a una singola operazione e la sua durata non deve essere superiore a 12 mesi».

104.
    Inoltre, la ricorrente non può sorprendersi dell'uso del carattere stagionale dell'aiuto, dato che esso è espressamente menzionato al punto 2, n. 5, del preambolo della decisione di avviare il procedimento previsto all'art. 88, n. 2, CE quale «criteri[o] della prassi della Commissione in materia di aiuti di Stato sotto forma di crediti di gestione prima dell'adozione della disciplina pubblicata nella GU C 44 del 14 febbraio 1996 [la comunicazione sui crediti di gestione]», e che il punto 2, n. 6, del preambolo precisava che sussistevano dubbi «riguardo la possibilità di considerare gli aiuti in questione come veri crediti di gestione (nel senso di “crediti di campagna”)».

105.
    Di conseguenza non può censurarsi la Commissione per avere analizzato le osservazioni presentate dalle autorità italiane riguardo alla qualificazione della misura notificata quale credito di gestione in funzione del suo carattere stagionale.

3. Applicazione delle dette regole alla fattispecie

106.
    Riguardo all'applicazione delle regole vigenti in materia di crediti di gestione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata, è sufficiente rilevare che la ricorrente non contesta che l'aiuto di cui trattasi non presenta un carattere stagionale, ma si limita ad affermare a torto che la necessità di presentare tale carattere era stata sancita solo a partire dall'entrata in vigore delle nuove regole stabilite dalla Commissione riguardo ai crediti di gestione.

107.
    In particolare, risulta chiaramente dal ricorso che la ricorrente ammette che l'aiuto di cui trattasi non presenta un carattere stagionale [«non vi è dubbio che l'aiuto ex art. 6 (della legge regionale 68/1995) (...) si applichi in favore degli operatori commerciali e che, quindi, intervenga in un momento posteriore alla erogazione delle spese di produzione da parte dell'agricoltore]».

108.
    Va per di più rilevato che la ricorrente non contesta che il requisito relativo alla durata del prestito (che deve essere limitata a 12 mesi pur se il credito può essere rinnovato ogni anno) non ricorreva nella fattispecie, tenuto conto del fatto che la durata d'ammortamento del prestito era di 36 mesi [o, più correttamente, di una «durata media (...) di gran lunga inferiore a 36 mesi», laddove non può escludersi che il prestito possa avere «una durata superiore a 12 mesi»] [v. decisione impugnata, punto 54, lett. b), del preambolo e, per rinvio, punto 32].

109.
    Pertanto non si può censurare la Commissione per aver considerato nella fattispecie che i crediti di gestione non presentavano un carattere stagionale.

110.
    Da tutto quel che precede risulta che il secondo motivo deve essere integralmente respinto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell'art. 87 CE, allo sviamento di potere

e alla violazione dell'art. 253 CE per difetto di motivazione

111.
    Tale motivo comprende tre diversi argomenti: quelli relativi alla nozione di aiuto all'esportazione, quelli concernenti le nozioni di aiuto al salvataggio ovvero alla ristrutturazione di imprese in difficoltà e di aiuto all'occupazione, infine quelli che si riferiscono alla nozione di aiuto al funzionamento concesso per ripianare i debiti precedenti.

1. Sulle censure riguardanti la nozione di aiuto all'esportazione

Argomenti delle parti

112.
    La ricorrente critica la decisione impugnata in quanto in essa si conclude che l'aiuto di cui trattasi deve essere qualificato come «aiuto all'esportazione». Orbene, secondo la ricorrente, la Commissione perviene a tale conclusione non già attraverso l'esame dell'aiuto alla luce dei principi esposti nell'art. 87 CE, bensì per esclusione, in base ad un criterio residuale che non trova alcun fondamento nella disciplina degli aiuti di Stato. La decisione impugnata, inoltre, qualificherebbe l'aiuto come «aiuto all'esportazione» basandosi sulla mancanza di prove fornite dalle autorità italiane circa l'incidenza delle esportazioni fuori dell'Italia sulle esportazioni fuori del territorio siciliano. Così facendo, secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe violato l'art. 87 CE e commesso uno sviamento di potere, dal momento che sarebbe stato onere della Commissione dimostrare che l'aiuto in parola falsava la concorrenza nel mercato comune.

113.
    Tale modo di procedere rileverebbe peraltro sotto il profilo del difetto di motivazione. Sarebbe infatti principio consolidato nella giurisprudenza della Corte che una decisione che non contiene indicazioni relative alla situazione del mercato in questione, alle quote di mercato dell'impresa che ha usufruito dell'aiuto, alle correnti di scambio delle merci di cui trattasi fra gli Stati membri e alle esportazioni dei beneficiari dell'aiuto non soddisfa i requisiti minimi di motivazione (sentenze Francia/Commissione e CIRFS e a./Commissione, cit. in precedenza). In proposito la ricorrente rileva che i dati esposti al punto 41 della decisione impugnata sulle esportazioni di agrumi e prodotti ortofrutticoli italiani non fornirebbero alcuna indicazione riguardo alle percentuali di prodotti provenienti dalla Regione Siciliana, sicché l'asserita incidenza dell'aiuto di Stato sugli scambi comunitari sarebbe stabilita sulla base dell'«assenza di informazioni», fino a prova contraria da parte delle autorità italiane.

114.
    La Commissione osserva che le censure della ricorrente, anche se fossero fondate, non potrebbero condurre all'annullamento della decisione impugnata perché si riferiscono ad un brano della motivazione che, per espressa indicazione della stessa decisione, non incide sul dispositivo (v. decisione impugnata, punto 55 del preambolo).

Giudizio del Tribunale

115.
    L'argomento della ricorrente secondo il quale la decisione impugnata sarebbe giunta alla conclusione che l'aiuto di cui trattasi doveva essere qualificato come aiuto all'esportazione è infondato poiché risulta espressamente dalla decisione impugnata che, pur se tale qualificazione è stata inizialmente presa in considerazione, essa è stata infine abbandonata.

116.
    Infatti, nel punto 55 del preambolo della decisione impugnata è enunciato che, in risposta alle osservazioni delle autorità italiane dirette a contestare che la misura notificata potesse essere qualificata come aiuto all'esportazione, la Commissione ha preso atto del fatto che «la vendita fuori del territorio regionale può non significare necessariamente ed esclusivamente l'esportazione fuori del territorio italiano e perciò, nel contesto della presente decisione, non si persegue in particolare l'esame dell'aiuto secondo questa qualificazione».

117.
    E' pur vero che dopo aver precisato che la qualificazione d'aiuto all'esportazione era abbandonata, nel medesimo punto 55 del preambolo si prosegue osservando: «[t]uttavia, considerando che il metodo di calcolo dell'aiuto (cfr. considerando 23), come la Commissione ha fatto rilevare nella decisione di avvio del procedimento, sembrerebbe corrispondere al metodo di calcolo di un aiuto all'esportazione, e considerando che le autorità nazionali hanno basato le loro osservazioni su un'interpretazione letterale dell'articolo 6 della legge n. 68/95, senza fornire prove documentali su dati relativi, per esempio, alle esportazioni fuori dal territorio regionale a destinazione sia in Italia che fuori del territorio italiano, la Commissione non può escludere che, de facto, l'aiuto possa configurare anche un aiuto all'esportazione». Tuttavia, siffatta considerazione, che si limita ad esporre un'ovvietà - la circostanza che la Commissione rinunci ad indagare non significa che l'aiuto non potrebbe eventualmente essere qualificato come aiuto all'esportazione se ciò si rivelasse dimostrato -, non consente in alcun modo di dedurre, come fa la ricorrente, che la decisione impugnata conclude che l'aiuto di cui trattasi deve essere qualificato come aiuto all'esportazione.

118.
    Di conseguenza vanno respinte le censure relative alla nozione d'aiuto all'esportazione senza procedere ad ulteriore esame, poiché la Commissione ha espressamente rinunciato a mantenere tale qualificazione nella decisione impugnata.

2. Censure relative alle nozioni di aiuto al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà e di aiuto all'occupazione

Argomenti delle parti

119.
    La ricorrente considera i riferimenti di cui alla decisione impugnata alle nozioni di aiuti al salvataggio, alla ristrutturazione di imprese in difficoltà e all'occupazione del tutto inconferenti. Le autorità italiane non avrebbero mai sostenuto che l'aiuto in questione fosse qualificabile diversamente che come aiuto per i prestiti agevolati a breve termine nel settore agricolo («crediti di gestione») ed esse non avevano necessità di fornire elementi atti a dimostrare una diversa natura dell'aiuto. Al riguardo, il richiamo effettuato dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95 al mantenimento dei livelli occupazionali non servirebbe a far assumere all'aiuto di cui trattasi la qualificazione di aiuto all'occupazione, bensì a giustificare la valenza sociale dell'aiuto.

120.
    La Commissione ritiene la decisione impugnata esente da ogni vizio al riguardo, dal momento che essa esclude la compatibilità dell'aiuto in questione con il mercato comune alla luce delle regole applicabili in materia di aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà e in materia di aiuti all'occupazione.

Giudizio del Tribunale

121.
    Si deve rilevare che gli argomenti avanzati dalla ricorrente al riguardo sono irrilevanti, dal momento che essa si limita ad affermare che i riferimenti alle nozioni di aiuto al salvataggio o alla ristrutturazione di imprese in difficoltà e di aiuto all'occupazione non sono affatto pertinenti, vale a dire esattamente la conclusione alla quale perviene la decisione impugnata.

122.
    Infatti, se nel punto 56 del preambolo della decisione impugnata si osserva che le autorità italiane non hanno fatto riferimento alla possibilità che l'aiuto previsto dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95 soddisfi i requisiti prescritti dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà applicabili in materia (GU C 283 del 19 settembre 1997, pag. 2) e si ricorda il contenuto di tali requisiti, ciò è solo per concludere che «[l]e autorità nazionali non hanno fornito prove della conformità della misura in esame con i suddetti criteri, né elementi di prova al riguardo risultano dalle informazioni comunicate dalle autorità italiane».

123.
    Del pari, anche se nel punto 58 del preambolo della decisione impugnata si rileva che le osservazioni formulate dalle autorità italiane fanno «un vago riferimento» ad un nesso esistente tra la misura e il mantenimento dei livelli occupazionali, ciò avviene solo per considerare immediatamente dopo che nessuna prova è stata fornita per quanto riguarda la questione se l'aiuto di cui trattasi rispetti lo spirito e la lettera degli orientamenti riguardanti gli aiuti all'occupazione (GU C 334 del 12 dicembre 1995, pag. 4). In particolare la decisione sottolinea che, pur se l'art. 6, n. 4, della legge regionale n. 68/95 prevede la revoca e il recupero dell'aiuto nel caso in cui i beneficiari non rispettino l'obbligo di mantenere inalterati i livelli occupazionali, il detto aiuto non pare rispettare le condizioni previste dagli orientamenti comunitari relativi agli aiuti all'occupazione, poiché esso non è presentato né concepito specificamente quale aiuto per la tutela dell'occupazione, il suo ammontare è indipendente dal numero dei lavoratori e la sua forma non ha relazione con i costi del lavoro. Nella decisione si conclude che, pur se può indirettamente contribuire al mantenimento dell'occupazione, come avviene per molte altre categorie di aiuti, l'aiuto di cui trattasi non può essere qualificato come aiuto all'occupazione ai sensi degli orientamenti comunitari in materia.

124.
    Di conseguenza, le censure relative alle nozioni di aiuto al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà, nonché di aiuto all'occupazione, devono essere respinte.

3. Sulle censure relative alla nozione di aiuto al funzionamento concesso per ripianare i debiti passati

Argomenti delle parti

125.
    La ricorrente contesta l'affermazione di cui al punto 59 del preambolo della decisione impugnata, che qualifica l'aiuto di cui trattasi come «mero aiuto al funzionamento, concesso per ripianare debiti passati» senza esaminare la giustificazione avanzata dalle autorità nazionali riguardo alla circostanza che i tassi di interesse praticati dalle banche in Sicilia sono notevolmente superiori al resto d'Italia. Essa osserva inoltre che, qualificando l'aiuto di cui trattasi come aiuto al funzionamento, incompatibile con le regole del mercato comune, la Commissione non ha affrontato la questione se tale aiuto potesse essere qualificato come «aiuto all'esportazione» - qualificazione che, se fosse stata conosciuta per tempo dalle autorità italiane, e benché errata nel merito, avrebbe nondimeno consentito all'aiuto di cui trattasi di beneficiare delle deroghe di cui all'art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE. La ricorrente sostiene inoltre che la Commissione non prova a giustificare in alcun modo la qualificazione di aiuto al funzionamento, e la decisione impugnata sarebbe quindi inficiata da un vizio di motivazione.

126.
    La Commissione contesta tale argomento ricordando che le misure di cui trattasi sono state qualificate come aiuto concesso per ripianare debiti passati dalle stesse autorità italiane. Per di più, osserva, la natura di aiuto al funzionamento non è mai stata messa in dubbio ed è stata adeguatamente motivata al punto 59 del preambolo della decisione impugnata. La Commissione ricorda del pari che, nella fattispecie, una misura di tal sorta non può beneficiare di un'autorizzazione in quanto crediti di gestione; l'esistenza di un differenziale nei tassi d'interesse tra la Sicilia e il resto d'Italia non assumerebbe rilevanza a tale riguardo non essendo tale parametro richiesto dalle regole applicabili ai crediti di gestione.

Giudizio del Tribunale

127.
    Secondo il punto 59 del preambolo della decisione impugnata, l'aiuto previsto dall'art. 6 della legge regionale n. 68/95, «che non è manifestamente un aiuto a favore di investimenti, non sembra soddisfare né i requisiti per i prestiti agevolati a breve termine, né quelli per il salvataggio o la ristrutturazione di imprese in difficoltà, né quelli per gli aiuti all'occupazione, né alcuna delle condizioni di deroga previste da altre basi giuridiche», risulta essere «un mero aiuto al funzionamento, concesso per ripianare i debiti passati, il cui effetto cessa con il cessare del pagamento dell'aiuto».

128.
    Nel punto 60 del preambolo, la decisione impugnata ricorda che in materia di agricoltura, la prassi costante della Commissione è stata quella di vietare la concessione di aiuti al funzionamento in tutte le regioni, anche quelle a cui si applica il disposto dell'art. 87, n. 3, lett. a), CE, in quanto tali aiuti sono per loro natura atti ad interferire con i meccanismi delle organizzazioni comuni dei mercati che prevalgono sulle regole di concorrenza stabilite dal Trattato.

129.
    Dopo aver esposto quel che precede, la decisione impugnata enuncia, nel punto 61 del preambolo, che, poiché «le osservazioni delle autorità italiane confermano che l'obiettivo della misura in esame è quello di sollevare i beneficiari dalla loro esposizione debitoria e che da parte dei beneficiari non vi è alcuna contropartita che potrebbe essere considerata tale da agevolare lo sviluppo di talune attività economiche o di talune regioni», la misura di cui trattasi non può beneficiare di alcuna delle deroghe previste dall'art. 87, n. 3, lett. a) e lett. c), CE, ed è quindi incompatibile con il mercato comune.

130.
    A questo proposito, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, gli aiuti al funzionamento, cioè gli aiuti diretti ad alleviare un'impresa delle spese ch'essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell'ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività, non rientrano in linea di principio nel campo di applicazione dell'art. 87, n. 3, CE. Infatti, secondo la giurisprudenza, tali aiuti falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza nei settori ove sono concessi senza essere in grado tuttavia, come tali, di conseguire uno qualsiasi degli obiettivi fissati dalle summenzionate disposizioni derogatorie previste dal Trattato CE (v., in proposito, sentenze della Corte 6 novembre 1990, causa C-86/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-3891, punto 18, e 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I-307, punto 50, e sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 48).

131.
    Nella fattispecie, la ricorrente non fornisce alcun elemento atto a smentire l'affermazione della Commissione secondo la quale la concessione di un aiuto diretto a ripianare i debiti passati, riducendo l'esposizione debitoria dei suoi beneficiari, costituisce un aiuto al funzionamento incompatibile con le norme del Trattato relative agli aiuti di Stato. A questo proposito, l'esistenza di un differenziale nei tassi di interesse tra la Sicilia e il resto d'Italia non costituisce una giustificazione atta a rendere tale aiuto compatibile con le regole citate in precedenza, dal momento che l'art. 87, n. 3, CE non prevede questo tipo di deroga.

132.
    Di conseguenza, la censura relativa alla nozione di aiuto al funzionamento concesso per ripianare i debiti passati deve essere respinta.

133.
    Da tutto quel che precede risulta che il terzo motivo deve essere integralmente respinto.

Sul quarto motivo, relativo alla violazione delle forme sostanziali e al mancato rispetto di termini ragionevoli per concludere i procedimenti ex art. 87 CE

Argomenti delle parti

134.
    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha concluso il procedimento entro un termine ragionevole, considerato che il regime di aiuti previsto dalla legge regionale n. 68/95 è stato notificato l'8 agosto 1995 e che sono trascorsi praticamente due anni tra l'emanazione della decisione 13 febbraio 1998 di avvio del procedimento ex art. 88, n. 2, CE e la decisione definitiva del 22 dicembre 1999.

135.
    La Commissione contesta tale argomento, sostenendo anzitutto che il periodo di 30 mesi intercorso tra la notifica del regime di aiuti previsto dalla legge regionale n. 68/95 e l'avvio del procedimento di indagine formale e il periodo di 22 mesi di durata del detto procedimento di indagine formale sono essenzialmente imputabili alle autorità italiane. La Commissione sostiene pure che 22 mesi non possono costituire una durata eccessiva alla luce dell'art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, da cui risulta che il termine di 18 mesi previsto da tale disposizione non è imperativo e che una durata di poco superiore ai 18 mesi non è censurabile.

Giudizio del Tribunale

136.
    Va ricordato che il rispetto, da parte della Commissione, di un termine ragionevole nell'adozione di decisioni a conclusione di procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza rappresenta un principio di buona amministrazione (v., in materia di aiuti di Stato, sentenze della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz, Racc. pag. 1471, punto 4; 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione, Racc. pag. 4617, punti 12-17; in materia di rigetto di denunce, sentenza della Corte 18 marzo 1997, causa C-282/95 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I-1503, punti 37 e 38). La durata ragionevole di un tale procedimento amministrativo si valuta sulla scorta delle circostanze specifiche di ciascuna pratica, e in particolare del contesto della stessa, delle varie fasi procedurali espletate dalla Commissione, della complessità della pratica e degli interessi delle parti nella contesa (v., in materia di concorrenza, sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punto 57).

137.
    Nella fattispecie, tuttavia, la ricorrente si limita a rilevare che il regime di aiuti previsto dalla legge regionale n. 68/95 è stato notificato l'8 agosto 1995, che la decisione di avvio del procedimento d'esame di cui all'art. 88, n. 2, CE è stata adottata il 13 febbraio 1998, che la decisione definitiva è stata emanata il 22 dicembre 1999 e che tali termini non sono ragionevoli, senza giustificare in alcun modo tale affermazione.

138.
    In proposito, va ricordato che il periodo di trenta mesi che separa la notifica del regime di aiuti dall'avvio del procedimento d'indagine formale è essenzialmente imputabile alle autorità italiane, che hanno risposto in modo parziale o incompleto alle richieste di informazioni della Commissione, come è indicato nel punto 3 del preambolo della decisione impugnata e non è contestato dalla ricorrente. La Commissione non può essere ritenuta responsabile di tale ritardo.

139.
    Riguardo al periodo di 22 mesi che separa l'avvio del procedimento d'indagine formale dalla decisione definitiva, risulta dall'art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, entrato in vigore il 16 aprile 1999, che, «[p]er quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall'avvio della procedura». Un periodo di 22 mesi non può dunque essere irragionevole per il solo fatto che supera il detto termine di 18 mesi, il quale, pur se costituisce un obiettivo da rispettare, non rappresenta tuttavia un termine imperativo. La ricorrente, inoltre, non contesta che il periodo di relativa inerzia che ha caratterizzato la fase centrale del procedimento di indagine formale sia imputabile alle autorità italiane, alle quali erano state chieste - senza successo - precisazioni riguardo, in particolare, all'eventuale qualificazione di aiuto all'esportazione.

140.
    Il quarto motivo deve essere pertanto respinto.

141.
    Di conseguenza, il ricorso deve essere integralmente respinto.

Sulle spese

142.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev'essere condannata a sostenere, oltre alle proprie spese, anche quelle della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà oltre alle proprie spese le spese sostenute dalla Commissione.

García-Valdecasas
Lindh
Cooke

Meij

Legal

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 novembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

R. García Valdecasas


1: Lingua processuale: l'italiano.