Language of document : ECLI:EU:T:2014:52

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

4 febbraio 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Siria – Congelamento dei capitali – Adeguamento delle conclusioni – Termine – Errore manifesto di valutazione – Obbligo di motivazione – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva – Diritti della difesa»

Nelle cause riunite T‑174/12 e T‑80/13,

Syrian Lebanese Commercial Bank SAL, con sede in Beirut (Libano), rappresentata da P. Vanderveeren, L. Defalque e T. Bontinck, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da G. Étienne e S. Cook, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale, in primo luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 55/2012 del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che attua l’articolo [32], paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 36/2012 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 19, pag. 6), in secondo luogo, della decisione di esecuzione 2012/37/PESC del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che attua la decisione 2011/782/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 19, pag. 33), in terzo luogo, della decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782 (GU L 330, pag. 21), in quarto luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 1117/2012 del Consiglio, del 29 novembre 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 36/2012 (GU L 330, pag. 9), in quinto luogo, delle «lettere‑decisione» del Consiglio, del 24 gennaio 2012 e del 30 novembre 2012, che notificano alla ricorrente le misure restrittive che la riguardano, in sesto luogo, della decisione 2013/109/PESC del Consiglio, del 28 febbraio 2013, che modifica la decisione 2012/739 (GU L 58, pag. 8), in settimo luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio, del 22 aprile 2013, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU L 111, pag. 1), in ottavo luogo, della decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14), nei limiti in cui tali atti incidono sulla situazione della ricorrente,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, G. Berardis (relatore) e C. Wetter, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Syrian Lebanese Commercial Bank SAL, è una banca libanese, il cui capitale è detenuto per l’84,2% dalla Commercial Bank of Syria (in prosieguo: la «CBS»), di proprietà dello Stato siriano.

2        Il 9 maggio 2011 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sul fondamento dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 121, pag. 11). Il suo articolo 4, paragrafo 1, prevede che siano congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dai responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e dalle persone fisiche o giuridiche o dalle entità ad essi associate. Le modalità di tale congelamento sono definite negli altri paragrafi del medesimo articolo. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della decisione 2011/273, il Consiglio predispone e modifica l’elenco di tali persone.

3        Parimenti, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e della decisione 2011/273, il regolamento (UE) n. 442/2011, del 9 maggio 2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 121, pag. 1). Il suo articolo 4, paragrafo 1, prevede il congelamento di tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone fisiche o giuridiche, dalle entità e dagli organismi elencati nell’allegato II.

4        Con la decisione 2011/684/PESC del Consiglio, del 13 ottobre 2011, che modifica la decisione 2011/273 (GU L 269, pag. 33), la CBS è stata inserita nell’allegato II della decisione 2011/273, con la seguente motivazione:

«Banca statale che sostiene finanziariamente il regime».

5        Con la decisione 2011/782/PESC del Consiglio, del 1° dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273 (GU L 319, pag. 56), le misure restrittive relative alla CBS sono state mantenute, in quanto quest’ultima figurava nell’allegato II della decisione 2011/782.

6        Con la decisione di esecuzione 2012/37/PESC del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che attua la decisione 2011/782 (GU L 19, pag. 33), il nome della ricorrente è stato aggiunto all’allegato I della decisione 2011/782, con la seguente motivazione:

«Sussidiaria della [CBS] già inserita nell’elenco. Partecipa al finanziamento del regime».

7        Con il regolamento (UE) n. 1011/2011 del Consiglio, del 13 ottobre 2011, che modifica il regolamento n. 442/2011 (GU L 269, pag. 18), la CBS è stata aggiunta all’allegato IIa del regolamento n. 442/2011, con la stessa motivazione della decisione 2011/684.

8        Con il regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria e che abroga il regolamento n. 442/2011 (GU L 16, pag. 1), le misure restrittive relative alla CBS sono state mantenute, in quanto il suo nome figura nell’allegato II del regolamento n. 36/2012.

9        Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 55/2012 del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che attua l’articolo [32], paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 36/2012 (GU L 19, pag. 6), il nome della ricorrente è stato aggiunto all’allegato II del regolamento n. 36/2012, con la stessa motivazione della decisione di esecuzione 2012/37.

10      Il 24 gennaio 2012 il Consiglio ha inviato alla ricorrente una lettera (in prosieguo: la «lettera del 24 gennaio 2012», del seguente tenore:

«Si comunica con la presente che il Consiglio (…) ha deliberato che la vostra società deve essere inserita nell’elenco delle persone e entità contenuto nell’allegato I della decisione [2011/782], attuata dalla decisione di esecuzione [2012/37], e nell’allegato II del regolamento [n. 36/2012], attuato dal regolamento di esecuzione [n. 55/2012]. I motivi che giustificano l’inserimento in tale elenco sono menzionati [nelle] voci corrispondenti degli allegati in questione.

Si allega copia della decisione di esecuzione e del regolamento di esecuzione recanti l’inserimento della vostra società nell’elenco summenzionato (…)».

11      La ricorrente ha accusato ricevuta di tale lettera in data 8 febbraio 2012.

12      Il 24 gennaio 2012 il Consiglio ha anche pubblicato, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, l’avviso all’attenzione delle persone e entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2011/782, attuata dalla decisione di esecuzione 2012/37, e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 55/2012 (GU C 19, pag. 5).

13      Secondo l’avviso in questione, le persone e entità interessate possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta ad ottenere il riesame della decisione che le include negli elenchi allegati agli atti menzionati al punto 12 supra.

14      Con lettera del 15 febbraio 2012, la ricorrente ha presentato al Consiglio una richiesta di riesame, con la quale, da un lato, negava la sua partecipazione al finanziamento del regime siriano e, dall’altro, chiedeva di poter accedere agli elementi di prova a suo carico di cui disponeva il Consiglio nonché di essere sentita. In mancanza di risposte da parte del Consiglio, il 4 aprile 2012, la ricorrente ha ripresentato la richiesta.

15      Con lettera del 3 luglio 2012, il Consiglio, in primo luogo, ha comunicato alla ricorrente l’estratto della nota del segretariato generale del Consiglio alle delegazioni degli Stati membri cui era allegato il documento che aveva costituito il fondamento del suo inserimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria (in prosieguo: i «documenti comunicati il 3 luglio 2012») e, in secondo luogo, ha negato alla stessa la concessione di un’audizione formale, in quanto la possibilità di presentare osservazioni scritte doveva essere considerata sufficiente.

16      Con lettera del 7 novembre 2012, la ricorrente ha chiesto un nuovo riesame della sua situazione.

17      Con la decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782 (GU L 330, pag. 21), le misure restrittive applicate alla ricorrente e alla CBS sono state mantenute, in quanto queste due società figurano, rispettivamente, negli allegati I.B e II della decisione 2012/739.

18      Ai sensi dell’articolo 31 della decisione 2012/739, la medesima restava in vigore fino al 1° marzo 2013.

19      Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 1117/2012 del Consiglio, del 29 novembre 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012 (GU L 330, pag. 9), sono stati aggiunti i nomi di altre persone all’allegato II del regolamento n. 36/2012 mentre dal medesimo è stato cancellato il nome di una persona.

20      Il 30 novembre 2012 il Consiglio ha inviato ai rappresentanti della ricorrente una lettera del seguente tenore:

«Si comunica con la presente che il Consiglio (…) ha deliberato che il vostro cliente rimarrà inserito nell’elenco delle persone e entità contenuto negli allegati I e II della decisione [2012/739] nonché negli allegati II e II bis del regolamento [n. 36/2012], attuato dal regolamento di esecuzione [n. 1117/2012]. I motivi che giustificano l’inserimento del vostro cliente in tale elenco sono menzionati [nelle] voci corrispondenti degli allegati in questione.

Si allega copia della decisione del Consiglio relativa all’inserimento del vostro cliente nell’elenco summenzionato.

(…)

Si richiama infine l’attenzione sulla possibilità di contestare la decisione del Consiglio dinanzi al [Tribunale]».

21      La ricorrente ha accusato ricevuta di tale lettera in data 3 dicembre 2012.

22      Il 30 novembre 2012 il Consiglio ha anche pubblicato, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739 e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 1117/2012 (GU C 370, pag. 6), il cui contenuto corrisponde, in sostanza, a quello dell’avviso menzionato ai punti 12 e 13 supra.

23      Con lettera del 14 dicembre 2012, inviata al Consiglio, la ricorrente ha contestato il suo mantenimento nell’elenco delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria, quale risultava dagli atti menzionati ai punti 17 e 19 supra, e ha chiesto di poter accedere agli elementi di prova che la riguardavano, di cui il Consiglio disponeva nei suoi confronti, nonché di essere sentita.

24      Con lettera del 28 gennaio 2013, il Consiglio ha risposto alla richiesta della ricorrente del 7 novembre 2012, respingendo gli argomenti da essa dedotti, relativi alla sua presunta indipendenza dalla CBS e confermando l’esistenza di un nesso tra la ricorrente e il finanziamento del regime siriano.

25      Con lettera del 6 marzo 2013, il Consiglio ha risposto alla richiesta della ricorrente del 14 dicembre 2012. In tale occasione, esso ha comunicato alla ricorrente, da un lato, che il suo mantenimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria si fondava sui documenti di cui essa aveva già ricevuto copia e, dall’altro, che non sussisteva alcun obbligo di convocarla per un’audizione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 aprile 2012, la ricorrente ha proposto un ricorso, registrato con il numero di ruolo T‑174/12, con il quale essa ha chiesto segnatamente l’annullamento del regolamento di esecuzione n. 55/2012 e della decisione di esecuzione 2012/37, nella parte in cui tali atti la riguardano.

27      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 20 novembre 2012.

28      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 febbraio 2013, la ricorrente ha proposto un secondo ricorso, registrato con il numero di ruolo T‑80/13, con il quale essa ha chiesto segnatamente l’annullamento della decisione 2012/739 e del regolamento di esecuzione n. 1117/2012, nella parte in cui tali atti la riguardano.

29      Il ricorso nella causa T‑80/13 era corredato di una domanda di procedimento accelerato, sul fondamento dell’articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale (in prosieguo: la «domanda di procedimento accelerato»).

30      Il 18 febbraio 2013 il Consiglio, dando seguito alle richieste della ricorrente, ha depositato nella cancelleria del Tribunale, come nuovo elemento di prova nella causa T‑174/12, una lettera di data 2 ottobre 2012 inviatagli dal governatore della Banca del Libano a proposito delle misure adottate da tale banca nei confronti della ricorrente (in prosieguo: la «lettera del governatore»).

31      Con decisione del presidente della sesta sezione del Tribunale del 22 febbraio 2013, la lettera del governatore è stata versata agli atti della causa T‑174/12 ed è stato fissato un termine affinché la ricorrente potesse esprimersi al riguardo.

32      La ricorrente non ha depositato nella cancelleria del Tribunale le sue osservazioni sulla lettera del governatore nel termine impartito.

33      Il 7 marzo 2013 il Consiglio ha depositato le proprie osservazioni sulla domanda di procedimento accelerato nelle quali ha concluso per il rigetto della stessa.

34      Con decisione del 13 marzo 2013, il Tribunale (Sesta Sezione) ha respinto la domanda di procedimento accelerato.

35      La fase scritta del procedimento nella causa T‑80/13 si è conclusa il 18 giugno 2013, in seguito al deposito del controricorso, in quanto il Tribunale ha deciso, sul fondamento dell’articolo 47, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che un secondo scambio di memorie non fosse necessario.

36      Nel suddetto controricorso, il Consiglio ha sollevato dubbi sulla ricevibilità del ricorso per la parte relativa al regolamento di esecuzione n. 1117/2012.

37      Con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2013, la ricorrente ha chiesto di poter adeguare le sue conclusioni nella causa T‑80/13 affinché la sua domanda di annullamento comprendesse anche la decisione 2013/109/PESC del Consiglio, del 28 febbraio 2013, che modifica la decisione 2012/739 (GU L 58, pag. 8), per la parte in cui essa proroga l’applicazione della decisione 2012/739 fino al 1° giugno 2013 (in prosieguo: la «prima domanda di adeguamento delle conclusioni»).

38      Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 18 giugno 2013, il Consiglio ha comunicato di non avere osservazioni sulla prima domanda di adeguamento delle conclusioni.

39      Con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale il 5 luglio 2013, la ricorrente ha chiesto nuovamente di poter adeguare le sue conclusioni nella causa T‑80/13, affinché la sua domanda di annullamento comprendesse anche il regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio, del 22 aprile 2013, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU L 111, pag. 1), e la decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14), nei limiti in cui tali atti, cui sono allegati elenchi contenenti il suo nome, incidono sulla sua situazione (in prosieguo: la «seconda domanda di adeguamento delle conclusioni»).

40      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale del procedimento nelle cause T‑174/12 e T‑80/13.

41      Con ordinanza del presidente della sesta sezione del Tribunale del 15 luglio 2013, su richiesta del Consiglio e sentita la ricorrente, le cause T‑174/12 e T‑80/13 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura.

42      Con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale il 30 luglio 2013, il Consiglio ha osservato che la seconda domanda di adeguamento delle conclusioni, nella parte riguardante il regolamento di esecuzione n. 363/2013, doveva essere considerata tardiva e quindi irricevibile.

43      Con memoria depositata nella cancelleria del Tribunale il 22 agosto 2013, la ricorrente ha formulato le sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, dedotta dal Consiglio, riguardo alla seconda domanda di adeguamento delle conclusioni. Tali osservazioni sono state versate agli atti con decisione del presidente della sesta sezione del Tribunale del 5 settembre 2013.

44      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 12 settembre 2013.

45      Nella causa T‑174/12 la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1 del regolamento di esecuzione n. 55/2012 e il punto 27 dell’allegato di tale regolamento nella parte in cui il suo nome è stato aggiunto all’allegato II del regolamento n. 36/2012;

–        annullare l’articolo 1 della decisione di esecuzione 2012/37 e il punto 27 dell’allegato di tale decisione, nella parte in cui il suo nome è stato aggiunto all’allegato II della decisione 2011/273;

–        annullare, se necessario, la «lettera‑decisione del Consiglio del 24 gennaio 2012»;

–        condannare il Consiglio alle spese.

46      Nella causa T‑80/13 la ricorrente, tenuto conto della prima e della seconda domanda di adeguamento delle conclusioni, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 25 della decisione 2012/739 e il suo allegato I.B, nella parte in cui il suo nome figura al n. 34 di tale allegato;

–        annullare l’articolo 1 del regolamento di esecuzione n. 1117/2012, nei limiti in cui il medesimo comporta il mantenimento del suo nome nell’allegato II del regolamento n. 36/2012 mediante applicazione dell’articolo 1 del regolamento di esecuzione n. 55/2012 e del punto 27 dell’allegato di quest’ultimo regolamento;

–        annullare, se necessario, la «lettera‑decisione del Consiglio del 30 novembre 2012»;

–        annullare la decisione 2013/109, in quanto prevede che la decisione 2012/739 si applichi fino al 1° giugno 2013;

–        annullare il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255, in quanto tali atti incidono sulla sua situazione;

–        condannare il Consiglio alle spese.

47      Il Consiglio chiede, nelle due cause, che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

48      In udienza, in risposta ad alcuni quesiti del Tribunale, in primo luogo, la ricorrente ha riconosciuto di aver commesso un lapsus calami nel suo secondo capo di domanda nella causa T‑174/12, menzionandovi erroneamente la decisione 2011/273 anziché la decisione 2011/782, in secondo luogo, essa ha rinunciato al medesimo capo di domanda, per l’abrogazione di quest’ultima decisione, in terzo luogo, il Consiglio ha precisato che rinunciava a sollevare dubbi (v. punto 36 supra) sulla ricevibilità del secondo capo di domanda della ricorrente nella causa T‑80/13, segnatamente in considerazione del fatto che il regolamento di esecuzione n. 1117/2012 era stato notificato alla ricorrente.

49      Si è preso atto di tali dichiarazioni delle parti nel verbale d’udienza.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

 Sulla prima domanda di adeguamento delle conclusioni

50      Con la sua prima domanda di adeguamento delle conclusioni, la ricorrente mira a estendere la portata del suo ricorso di annullamento affinché comprenda anche la decisione 2013/109, con la quale l’applicazione della decisione 2012/739 è stata prorogata dal 1° marzo 2013 al 1° giugno 2013.

51      A tal proposito, occorre rammentare che, quando l’atto inizialmente impugnato viene sostituito, nel corso del giudizio, da un altro atto avente lo stesso oggetto, quest’ultimo va considerato come un elemento nuovo che consente al ricorrente di adeguare le sue conclusioni e i suoi motivi. Non si può, infatti, ammettere che un’istituzione o un organo dell’Unione, per far fronte alle censure contenute in un ricorso presentato contro un suo atto, possa adeguare tale atto o sostituirlo con un altro atto e valersi, in corso di causa, di tale modifica o di tale sostituzione per privare la controparte della possibilità di estendere le sue conclusioni e i suoi motivi iniziali all’ulteriore atto o di presentare ulteriori conclusioni e motivi contro di esso (sentenze della Corte del 3 marzo 1982, Alpha Steel/Commissione, 14/81, Racc. pag. 749, punto 8, e del Tribunale del 28 maggio 2013, Al Matri/Consiglio, T‑200/11, non pubblicata nella Raccolta, punto 80).

52      Peraltro, per essere ricevibile, una domanda di adeguamento delle conclusioni deve essere presentata nel termine di ricorso di due mesi previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, aumentato del termine in ragione della distanza di dieci giorni previsto all’articolo 102, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Infatti, tale termine di ricorso è di ordine pubblico e deve essere applicato dal giudice dell’Unione in modo da garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge (sentenza della Corte del 18 gennaio 2007, PKK e KNK/Consiglio, C‑229/05 P, Racc. pag. I‑439, punto 101). Spetta, quindi, al giudice verificare, eventualmente d’ufficio, se tale termine sia stato rispettato (ordinanza del Tribunale dell’11 gennaio 2012, Ben Ali/Consiglio, T‑301/11, non pubblicata nella Raccolta, punto 16).

53      Nella fattispecie, la decisione 2013/109 ha sostituito, in particolare, il dettato dell’articolo 31 della decisione 2012/739 al fine di prevedere l’applicazione di quest’ultima fino al 1° giugno 2013, e non soltanto fino al 1° marzo 2013, come inizialmente stabilito. Sebbene la decisione 2013/109 non abbia sostituito la decisione 2012/739, si deve constatare che si tratta di un «adeguamento» di quest’ultima, ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 51 supra, al fine di modificarne l’ambito di applicazione ratione temporis. Siffatto adeguamento di un atto controverso costituisce una causa di adeguamento delle conclusioni presentate dalla ricorrente (v. in tal senso, sentenza Al Matri/Consiglio, citata al punto 51 supra, punto 81).

54      In tali circostanze, occorre riconoscere la ricevibilità delle conclusioni dirette contro la decisione 2013/109, le quali sono state depositate nella cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2013, ossia entro il termine del ricorso di annullamento. Infatti, tale decisione, adottata il 28 febbraio 2013 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 1° marzo 2013, alla data del deposito della sua domanda di adeguamento delle conclusioni non era stata notificata alla ricorrente né individualmente né mediante pubblicazione di un avviso.

 Sulla seconda domanda di adeguamento delle conclusioni

55      Con la sua seconda domanda di adeguamento delle conclusioni, la ricorrente mira a estendere la portata del suo ricorso di annullamento affinché comprenda anche il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255.

56      Il Consiglio non solleva obiezioni sulla parte della seconda domanda di adeguamento delle conclusioni relativa alla decisione 2013/255, mentre fa valere l’irricevibilità della parte di tale domanda avente ad oggetto il regolamento di esecuzione n. 363/2013, in quanto tardiva. Al riguardo, il Consiglio rammenta di aver fatto pubblicare, il 23 aprile 2013, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, non solo il suddetto regolamento di esecuzione, ma anche un avviso all’attenzione delle persone e entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739, attuata dalla decisione di esecuzione 2013/185/PESC del Consiglio e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 363/2013 (GU C 115, pag. 5; in prosieguo: l’«avviso del 23 aprile»). Riferendosi alla sentenza della Corte del 23 aprile 2013, Gbagbo e a./Consiglio (da C‑478/11 P a C‑482/11 P), il Consiglio sostiene che il termine concesso alla ricorrente per adeguare le sue conclusioni, includendovi il regolamento di esecuzione in parola, aveva iniziato a decorrere dalla pubblicazione dell’avviso del 23 aprile ed era scaduto il 3 luglio 2013. Secondo il Consiglio, non è applicabile nella fattispecie l’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, a norma del quale, quando un termine per l’impugnazione di un atto di un’istituzione decorre dalla pubblicazione dell’atto, tale termine dev’essere calcolato a partire dalla fine del quattordicesimo giorno successivo alla data della pubblicazione dell’atto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

57      La ricorrente contesta l’eccezione di irricevibilità dedotta dal Consiglio.

58      In primo luogo, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 51 supra, occorre riconoscere la ricevibilità della seconda domanda di adeguamento delle conclusioni per la parte in cui fa riferimento alla decisione 2013/255. Infatti, tale decisione, in forza della quale la ricorrente continua a essere colpita dalle misure restrittive nei confronti della Siria, è stata adottata il 31 maggio 2013 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 1° giugno 2013. Pertanto, la seconda domanda di adeguamento delle conclusioni, depositata nella cancelleria del Tribunale il 5 luglio 2013, è stata presentata nel termine di ricorso relativo alla decisione in questione.

59      In secondo luogo, per quanto riguarda l’eccezione di irricevibilità dedotta dal Consiglio nei confronti della domanda di annullamento del regolamento di esecuzione n. 363/2013, contenuta nella seconda domanda di adeguamento delle conclusioni, occorre osservare che dai punti 61 e 62 della sentenza Gbagbo e a./Consiglio, citata al punto 56 supra, emerge che, conformemente alle disposizioni applicabili nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, quando è impossibile comunicare individualmente all’interessato l’atto con il quale sono adottate o mantenute misure restrittive nei suoi confronti, la pubblicazione di un avviso fa decorrere il termine di ricorso contro tale atto.

60      Per quanto attiene all’applicazione di tali principi nel caso di specie, va ricordato, in primo luogo, che il regolamento n. 36/2012 contiene, all’articolo 32, paragrafo 2, una disposizione corrispondente, in sostanza, a quella interpretata dalla Corte nella sentenza Gbagbo e a./Consiglio, citata al punto 56 supra, da cui emerge che il Consiglio deve trasmettere agli interessati la sua decisione di applicare loro misure restrittive direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso.

61      In secondo luogo, occorre osservare, al pari della ricorrente, che il Consiglio non ha chiarito il motivo per cui per esso sarebbe stato impossibile trasmettere individualmente alla ricorrente la sua decisione di adottare il regolamento di esecuzione n. 363/2013, sebbene esso inevitabilmente conoscesse il suo indirizzo, visto che le aveva precedentemente comunicato altri atti e che era a conoscenza dell’indirizzo dei rappresentanti della ricorrente nelle cause in esame, ancora pendenti.

62      In terzo luogo, e in ogni caso, va rilevato che, al punto 64 della sentenza Gbagbo e a./Consiglio, citata al punto 56 supra, la Corte ha potuto limitarsi a constatare che, alla data di presentazione del ricorso in primo grado, il termine per chiedere l’annullamento degli atti impugnati mediante tale ricorso era scaduto, senza necessità di statuire sull’applicabilità dell’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che prevede quattordici giorni supplementari per il calcolo del termine di ricorso. Infatti, detto ricorso era in ogni caso tardivo.

63      Per contro, nelle cause in esame, la questione se l’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura debba essere interpretato nel senso che esso si applica quando l’adozione di un atto contenente misure restrittive è stata comunicata all’interessato mediante la pubblicazione di un avviso è determinante per stabilire se la seconda domanda di adeguamento delle conclusioni sia stata depositata prima della scadenza del termine di ricorso contro il regolamento di esecuzione n. 363/2013, calcolato a decorrere dalla pubblicazione dell’avviso del 23 aprile. Infatti, la suddetta domanda, presentata il 5 luglio 2013, non sarebbe tardiva se, in applicazione dell’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il termine di ricorso fosse scaduto il 17 luglio 2013, e non il 3 luglio 2013, come sostiene il Consiglio.

64      Occorre rilevare, al riguardo, che, quando il Consiglio, non potendo procedere a una comunicazione individuale, sostituisce quest’ultima con la pubblicazione di un avviso, tale avviso rimane un atto di cui gli interessati possono venire a conoscenza solo alla lettura della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’obiettivo del termine di quattordici giorni previsto dall’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura è quello di garantire agli interessati un lasso di tempo abbastanza lungo per proporre un ricorso contro gli atti pubblicati e, pertanto, il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva quale sancito ormai dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

65      Dato che il regolamento di procedura prevede, all’articolo 102, paragrafo 1, un termine supplementare di quattordici giorni per proporre un ricorso contro gli atti pubblicati nella Gazzetta ufficiale, si deve concludere che tale disposizione dev’essere applicata, per analogia, anche quando l’evento generatore del termine di ricorso è costituito da un avviso riguardante i suddetti atti, pubblicato anch’esso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Infatti, le ragioni che hanno giustificato la concessione di un termine supplementare di quattordici giorni, relativamente agli atti pubblicati, sono parimenti valide per quanto riguarda gli avvisi pubblicati, contrariamente a quanto avviene per le comunicazioni individuali.

66      Inoltre, se si ritenesse che il suddetto articolo del regolamento di procedura non fosse applicabile nelle circostanze del caso di specie, i singoli si troverebbero in una situazione meno favorevole di quella che si sarebbe verificata in assenza dell’obbligo di comunicazione individuale. Infatti, in quest’ultima ipotesi, la mera pubblicazione degli atti contenenti le misure restrittive sarebbe stata sufficiente per far decorrere il termine di ricorso, che avrebbe incluso i quattordici giorni supplementari di cui all’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

67      A tal proposito, occorre altresì osservare che la Corte, al punto 58 della sentenza Gbagbo e a./Consiglio, citata al punto 56 supra, ha evidenziato il fatto che l’obbligo di comunicazione individuale serviva a garantire una maggiore tutela ai singoli. Pertanto, la suddetta sentenza non può essere invocata per sottoporre i medesimi a un trattamento ad essi meno favorevole di quello derivante dalla sola pubblicazione degli atti contenenti le misure restrittive adottate nei loro confronti.

68      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio e concludere quindi che la seconda domanda di adeguamento delle conclusioni è interamente ricevibile, anche per la parte relativa al regolamento di esecuzione n. 363/2013.

 Nel merito

69      A sostegno del suo ricorso nella causa T‑174/12, la ricorrente deduce, in sostanza, quattro motivi, vertenti, rispettivamente:

–        sull’errore manifesto di valutazione per quanto riguarda la sua implicazione nel finanziamento del regime siriano;

–        sulla violazione dei suoi diritti della difesa, del diritto ad un equo processo e a una tutela giurisdizionale effettiva;

–        su un difetto di motivazione sufficiente e precisa;

–        su carenze sottese all’adozione, in particolare, del regolamento n. 36/2012 e del regolamento di esecuzione n. 55/2012.

70      A sostegno del suo ricorso nella causa T‑80/13, la ricorrente fa valere, in sostanza, i primi tre motivi menzionati al punto 69 supra nonché un motivo vertente su un esame insufficiente delle circostanze del caso di specie.

71      Alla luce delle evidenti analogie tra i due ricorsi, occorre raggruppare i motivi di ciascuna delle due cause riunite, riguardanti le medesime questioni, ed esaminarli congiuntamente.

 Sui motivi vertenti su un difetto di motivazione precisa e sufficiente

72      La ricorrente fa valere che, decidendo di inserirla e di mantenerla negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive riguardanti la Siria, il Consiglio ha violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente. Sebbene la ricorrente non contesti il fatto che il Consiglio abbia sufficientemente chiarito le ragioni per cui occorreva adottare misure restrittive riguardo alla Siria, essa sottolinea tuttavia che la motivazione specifica che la riguarda viene formulata in termini ambigui e si limita alla constatazione della circostanza che essa è una controllata della CBS, senza precisare come tale circostanza consenta di ritenere che essa partecipi al finanziamento del regime siriano. Si tratterebbe in tal caso di una presunzione inaccettabile, tenuto conto della natura quasi penalistica delle misure in questione, e della sentenza della Corte del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta). Inoltre, l’applicazione di tale presunzione non terrebbe conto della presunta assenza di qualsiasi vincolo di dipendenza della ricorrente nei confronti della CBS.

73      Inoltre, secondo la ricorrente, il difetto di motivazione riguardante il suo inserimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive in questione non è stato ovviato dai documenti trasmessi il 3 luglio 2012 (v. punto 15 supra), in risposta alla sua richiesta di riesame, tanto più che essa aveva trasmesso, nel frattempo, al Consiglio una serie di elementi di prova che dimostravano la sua indipendenza dalla CBS.

74      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

75      In primo luogo, si deve ricordare che l’obbligo di motivare un atto pregiudizievole, come previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo a seguito di ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, punto 49, e del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967; in prosieguo: la «sentenza Bank Melli del Tribunale», punto 80).

76      Pertanto, salvo che ragioni imperative riguardanti la sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri o la condotta delle loro relazioni internazionali non ostino alla comunicazione di taluni elementi, il Consiglio è tenuto a portare a conoscenza della persona o dell’entità interessata da misure restrittive le ragioni specifiche e concrete per le quali esso ha considerato che dovevano essere adottate. Esso deve quindi menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica delle misure in questione e le considerazioni che l’hanno indotto ad adottarle. (v., in tal senso, sentenza Bank Melli del Tribunale, citata al punto 75 supra, punto 81).

77      Peraltro, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. I requisiti che la motivazione deve soddisfare vanno valutati in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza Consiglio/Bamba, citata al punto 75 supra, punti 53 e 54, e sentenza Bank Melli del Tribunale, citata al punto 75 supra, punto 82).

78      Nella fattispecie, la motivazione fornita dal Consiglio dal momento dell’inserimento della ricorrente nell’elenco delle misure restrittive nei confronti della Siria è stata sempre, sostanzialmente, la seguente:

«Sussidiaria della [CBS] già inserita nell’elenco. Partecipa al finanziamento del regime».

79      I documenti comunicati il 3 luglio 2012 riprendono essenzialmente la motivazione riportata al punto 78 supra e aggiungono la precisazione secondo la quale la ricorrente «consente [alla CBS] l’attuazione di strategie di elusione di sanzioni europee».

80      Per quanto riguarda la precisazione contenuta in tale aggiunta, va rilevato, in primo luogo, che si tratta di un’informazione trasmessa alla ricorrente solo in seguito alla presentazione del ricorso nella causa T‑174/12 e, in secondo luogo, che manca qualsiasi indicazione relativa alle modalità concrete secondo le quali la ricorrente consentirebbe alla CBS di «elu[dere] [le] sanzioni europee».

81      In tali circostanze, si deve considerare che l’unica motivazione validamente fornita dal Consiglio per giustificare l’inserimento e il mantenimento della ricorrente negli elenchi delle persone alle quali si applicano le misure restrittive nei confronti della Siria è quella riportata al punto 78 supra.

82      Al riguardo, occorre osservare che la lettura della prima frase della motivazione degli atti con i quali la ricorrente è stata inserita e mantenuta nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria era sufficiente per consentire alla ricorrente di comprendere che essa era colpita dalle misure restrittive in questione a causa del suo status di controllata della CBS.

83      Ne è prova il fatto che la ricorrente, nell’atto introduttivo del suo ricorso nella causa T‑174/12, ha contestato la pertinenza del criterio capitalistico adottato dal Consiglio e ha presentato elementi di prova volti a dimostrare la sua presunta indipendenza dalla CBS.

84      Se è vero, come sostiene la ricorrente, che la seconda frase della motivazione in questione non precisa se sia la CBS o la ricorrente a partecipare al finanziamento del regime siriano, occorre rilevare che queste due ipotesi non si escludono a vicenda. In realtà, tale frase significa che la ricorrente, in quanto controllata di una banca che finanzia il regime siriano, partecipa anch’essa, quantomeno indirettamente, a tale finanziamento.

85      In ogni caso, anche supponendo che la seconda frase della motivazione fornita dal Consiglio non risponda, per mancanza di precisione, ai requisiti prescritti dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza, tale circostanza non ha effetti sull’esito del presente motivo. Infatti, la prima frase della suddetta motivazione è di per sé sufficiente per ritenere che il Consiglio abbia adempiuto all’obbligo di chiarire la ragione per cui la ricorrente è stata iscritta e mantenuta negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, ossia che essa è una controllata della CBS.

86      Si deve ricordare, a tal proposito, che l’obbligo di motivare un atto costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esprimere formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano viziate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito del suddetto atto, ma non la motivazione di quest’ultimo, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 181, e Consiglio/Bamba, citata al punto 75 supra, punto 60).

87      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere i motivi vertenti sulla violazione dell’obbligo di motivazione, mentre la fondatezza della motivazione fornita dal Consiglio nei confronti della ricorrente dev’essere valutata nell’ambito dei motivi vertenti sul presunto errore manifesto di valutazione in cui è incorsa tale istituzione per quanto riguarda l’implicazione della ricorrente nel finanziamento del regime siriano.

 Sui motivi vertenti sull’errore manifesto di valutazione per quanto riguarda l’implicazione della ricorrente nel finanziamento del regime siriano

88      La ricorrente fa valere che il Consiglio è incorso in un errore manifesto di valutazione nel concludere che essa partecipava al finanziamento del regime siriano senza fornire la prova delle sue affermazioni su tale punto. Al riguardo, essa precisa che il Consiglio non può fondarsi su mere affermazioni o unicamente sul vincolo di capitale tra essa stessa e la CBS, ma è obbligato a fornire prove.

89      Secondo la ricorrente, l’errore di valutazione del Consiglio è a maggior ragione manifesto in quanto l’esame dei documenti che essa ha prodotto dimostra la sua impossibilità di finanziare il regime siriano.

90      Pertanto, in primo luogo, lo statuto della ricorrente (in prosieguo: lo «statuto SLBC»), che affida la direzione della stessa unicamente al consiglio di amministrazione, proverebbe la sua completa autonomia rispetto alla CBS, che non fornirebbe direttive o orientamenti riguardo alla sua controllata.

91      A tal proposito, la ricorrente sottolinea che il suo consiglio di amministrazione ha preso la decisione, il 24 febbraio 2012, di non intrattenere alcun rapporto con le persone giuridiche inserite negli elenchi delle persone fisiche e giuridiche colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria adottate dall’Unione e dagli Stati Uniti d’America, nonché con le persone ad esse associate.

92      In secondo luogo, la ricorrente fa valere che, dal 2005, essa non presta fondi alla CBS e che, in ogni caso, tutte le transazioni da essa effettuate sono soggette alla normativa bancaria libanese e verificate dalla Banca del Libano, che ha perfino nominato un revisore permanente presso la ricorrente.

93      Peraltro, la ricorrente osserva che revisori indipendenti hanno confermato che essa non effettuava operazioni bancarie sospette.

94      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

95      Occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, della decisione 2011/782, dell’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2012/739 e dell’articolo 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria, dalle persone o dalle entità che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono, nonché dalle persone e dalle entità ad esse associate, elencate negli allegati I e II».

96      L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012 rinvia alla disposizione richiamata al punto 95 supra per la definizione dell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive contenute in tale regolamento.

97      Nella fattispecie, occorre constatare che la ricorrente è colpita dalle misure restrittive nei confronti della Siria per il fatto che è una controllata della CBS e, in quanto tale, è in grado di partecipare al finanziamento del regime siriano.

98      Risulta quindi che il Consiglio considera la ricorrente fra le persone «associate» a persone che sostengono il regime siriano, nella specie la CBS, ai sensi della disposizione richiamata al punto 95 supra.

99      Tale posizione del Consiglio dev’essere accolta.

100    Infatti, le circostanze, non contestate, che il capitale della ricorrente è detenuto all’84,2% dalla CBS, da un lato, e che quest’ultima, essendo di proprietà dello Stato siriano, sostiene il regime di tale paese, dall’altro, costituiscono chiaramente un nesso con persone che sostengono il suddetto regime, ai sensi della citata disposizione.

101    A tal proposito, va rilevato che, quando i capitali di un’entità di cui sia provato che sostiene il regime siriano, come nel caso della CBS, sono congelati, sussiste il rischio non trascurabile che la medesima eserciti pressioni sulle entità da essa detenute o controllate o di sua proprietà, per eludere l’effetto delle misure da cui è colpita. Pertanto, il congelamento dei capitali di tali entità, al quale il Consiglio è tenuto conformemente alla disposizione richiamata al punto 95 supra e al rinvio a quest’ultima, operato dall’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012, è necessario ed appropriato al fine di garantire l’efficacia delle misure adottate ed assicurare che tali misure non vengano eluse (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 13 marzo 2012, Melli Bank/Consiglio, C‑380/09 P, in prosieguo: la «sentenza Melli Bank della Corte», punti 39 e 58).

102    Dalla giurisprudenza emerge che, quando una persona giuridica è detenuta al 100% da un’altra persona riguardo alla quale non sussistono dubbi che debba essere colpita da misure restrittive, deve essere interessata da tali misure anche la suddetta persona giuridica, unicamente in ragione di tale vincolo di capitale, purché gli atti con i quali sono state adottate le misure restrittive in questione prevedano l’applicazione delle stesse alle persone giuridiche detenute o controllate da quelle già interessate (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank della Corte, citata al punto 101 supra, punto 79, e sentenza del Tribunale del 20 febbraio 2013, Melli Bank/Consiglio, T‑492/10, in prosieguo: la «sentenza Melli Bank del Tribunale», punto 56).

103    Tale conclusione non viene rimessa in discussione dalla sentenza Tay Za/Consiglio, citata al punto 72 supra, invocata dalla ricorrente. Infatti, sebbene la Corte abbia considerato, al punto 66 di detta sentenza, che non potevano essere applicate misure restrittive a persone fisiche per il semplice fatto del loro legame familiare con persone collegate ai dirigenti del paese terzo nei cui confronti tali misure erano state adottate, nessun elemento di tale sentenza può essere interpretato nel senso che il criterio del vincolo di capitale, stabilito nella sentenza Melli Bank della Corte, citata al punto 101 supra, sia stato smentito.

104    Nella fattispecie, è certamente vero che la CBS detiene l’84,2% del capitale della ricorrente, e non il 100%, come accaduto nelle cause menzionate al punto 102 supra.

105    È altresì vero che, come ha osservato la ricorrente in udienza, nella sentenza del Tribunale del 6 settembre 2013, Persia International Bank/Consiglio (T‑493/10, punto 119), è stato considerato che il possesso del 60% del capitale della Persia International Bank plc da parte della Bank Mellat, già colpita da misure restrittive, non giustificava, di per sé, l’adozione e il mantenimento di misure restrittive anche nei confronti della Persia International Bank.

106    Tuttavia, occorre ricordare che, nella sentenza Persia International Bank/Consiglio, citata al punto 105 supra, il Tribunale ha constatato che, sebbene la Bank Mellat disponesse della maggioranza in seno all’assemblea generale della Persia International Bank, un accordo tra gli azionisti di quest’ultima impediva alla Bank Mellat di nominare la maggioranza degli amministratori della Persia International Bank aventi funzioni esecutive. Il Tribunale ha quindi potuto trarre la conclusione che il rischio descritto al punto 101 supra non sussisteva (v., in tal senso, sentenza Persia International Bank/Consiglio, citata al punto 105 supra, punti da 106 a 113).

107    Nella fattispecie, occorre constatare che, diversamente da quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza Persia International Bank/Consiglio, citata al punto 105 supra, la ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova che consentisse di ritenere che, in seno alla sua assemblea generale, l’ampia maggioranza di cui disponeva la CBS non fosse sufficiente a consentirle di nominare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione.

108    A tal proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che il possesso di una quota di capitale dell’84,2% consente alla CBS di controllare l’assemblea generale della ricorrente.

109    Infatti, si deve constatare che, ai sensi dell’articolo 54 dello statuto SLBC, in seno all’assemblea generale, ogni azionista possiede un numero di voti pari al numero di azioni detenute. Con l’84,2% del capitale, la CBS dispone quindi di azioni sufficienti por raggiungere il quorum e la maggioranza richiesti nelle tre forme di assemblea generale, ossia costitutiva, ordinaria e straordinaria, come emerge dagli articoli 57, 58, 63, 64, 69 e 70 dello statuto SLBC.

110    In secondo luogo, per quanto riguarda i poteri dell’assemblea generale, è sufficiente rilevare che l’assemblea generale ordinaria determina i dividendi da distribuire, conformemente all’articolo 65, lettera c), dello statuto SLBC. Pertanto, il fatto che la ricorrente, dal 2005, non abbia distribuito dividendi alla CBS non impedisce a quest’ultima, che dispone di un’ampia maggioranza in seno alla suddetta assemblea generale, di decidere diversamente in futuro, come sottolineato dal Consiglio.

111    In terzo luogo, occorre osservare che sebbene, secondo l’articolo 30 dello statuto SLBC, la gestione della ricorrente spetti al consiglio di amministrazione, i membri di quest’ultimo sono eletti dall’assemblea generale, conformemente al medesimo articolo. Il consiglio di amministrazione gode, è vero, di ampi poteri, ma questi ultimi sono esercitati al fine di dare esecuzione alle decisioni dell’assemblea generale, conformemente all’articolo 36 dello statuto SLBC.

112    In quarto luogo, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale il Consiglio avrebbe dovuto tener conto del fatto che l’articolo 144, secondo comma, del codice di commercio del Libano prevede che, in via di principio, la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione di una società per azioni libanese debba avere la cittadinanza di quel paese.

113    Va osservato, infatti, che la cittadinanza libanese della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione della ricorrente non è un elemento che consente di escludere che, in base alle decisioni dell’assemblea generale, controllata dalla CBS, il suddetto consiglio decida di trasferire fondi al regime siriano.

114    Le precedenti osservazioni consentono di ritenere che la ricorrente sia una persona giuridica associata alla CBS e che, di conseguenza, il rischio descritto al punto 101 supra sussista nella fattispecie, diversamente da quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza Persia International Bank/Consiglio, citata al punto 105 supra. Pertanto, il Consiglio doveva applicare alla ricorrente le misure restrittive nei confronti della Siria, conformemente alla disposizione richiamata al punto 95 supra.

115    Essendo soddisfatta la condizione che la ricorrente è una «persona associata» a una persona che sostiene il regime siriano, non è necessario procedere ad una verifica complementare (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank della Corte, citata al punto 101 supra, punti 78 e 79), nei limiti in cui gli elementi fatti valere dalla ricorrente non possano rimettere in discussione il vincolo di capitale sul quale si è fondato il Consiglio.

116    Al riguardo, occorre constatare che tale vincolo non è rimesso in discussione dal fatto che le attività della ricorrente sono soggette al controllo della Banca del Libano.

117    Occorre osservare innanzi tutto che è vero che la Banca del Libano, come emerge in particolare dalla lettera del governatore, vigila, nei confronti della ricorrente come di qualsiasi altra banca operante in Libano, sul rispetto delle leggi e dei regolamenti in vigore in tale paese, in particolare quelli relativi alla lotta al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo. Nella sua lettera il governatore ha altresì precisato che, presso la ricorrente, era stato nominato un revisore permanente al fine di rafforzare tale lotta, in modo da garantire il rispetto delle restrizioni decise dalle autorità internazionali competenti.

118    La lettera del governatore precisa inoltre che la Banca del Libano ha emesso una circolare in forza della quale le banche operanti in tale paese devono conoscere le leggi e i regolamenti che disciplinano i loro omologhi all’estero e devono trattare con questi ultimi conformemente, in particolare, alle sanzioni e alle restrizioni adottate dalle autorità competenti dei rispettivi paesi di tali omologhi. Ancora, la Banca del Libano ha chiuso i conti che la ricorrente deteneva, presso la stessa, in valute straniere.

119    Nondimeno l’attività di controllo e le misure adottate dalla Banca del Libano riguardano i fondi di cui la ricorrente dispone in tale paese. Per contro, le misure adottate dal Consiglio hanno soltanto ad oggetto i fondi di cui la ricorrente dispone o potrebbe disporre nell’Unione e le operazioni che essa intenderebbe effettuare con tali fondi.

120    Pertanto, occorre rilevare che gli obiettivi delle misure adottate dalla Banca del Libano non coincidono, o comunque non integralmente, con quelli delle misure restrittive adottate dal Consiglio nei confronti della Siria.

121    Inoltre, e soprattutto, la ricorrente non può rimettere in discussione l’opportunità del suo inserimento e del suo mantenimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria adottate dal Consiglio, per il fatto che le sue attività, comprese quelle che presentano un collegamento con l’Unione, sono sorvegliate dall’autorità nazionale di uno Stato terzo. Infatti, in siffatta situazione, il Consiglio non avrebbe più alcun controllo sull’efficacia di tale sorveglianza, il che potrebbe vanificare gli obiettivi delle suddette misure.

122    Occorre sottolineare che tale circostanza costituisce un elemento che consente anch’esso di distinguere la situazione della ricorrente da quella che si presentava nella causa che ha dato luogo alla sentenza Persia International Bank/Consiglio, citata al punto 105 supra. Infatti, se è vero che, al punto 117 della suddetta sentenza, il Tribunale ha posto in risalto il ruolo di controllo della Financial Services Authority (autorità di vigilanza dei servizi finanziari nel Regno Unito), che limitava l’influenza che poteva essere esercitata dall’azionista di maggioranza della banca interessata, si trattava in quel caso di un’autorità di uno Stato membro, tenuta al rispetto degli atti del Consiglio, e non già di uno Stato terzo, come nella fattispecie.

123    Infine, dato che il Consiglio ha agito in conformità alla giurisprudenza, è errato quanto sostiene la ricorrente, ossia che il suo inserimento e il suo mantenimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, a causa dell’identità del suo azionista di maggioranza, sono in contrasto con i principi generali del diritto secondo i quali può essere sanzionata soltanto l’entità responsabile dei fatti riprovevoli. Infatti, con l’inserimento e il mantenimento summenzionati, il Consiglio non si riferiva a un comportamento autonomo da parte della ricorrente, in contrasto con quanto prescritto dagli atti che prevedono misure restrittive nei confronti della Siria, bensì alla composizione del suo azionariato e quindi al suo legame stretto con la società controllante. (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank della Corte, citata al punto 101 supra, punto 81), la cui appartenenza allo Stato siriano non è stata contestata (v. punti 1 e 101 supra).

124    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere i motivi in esame.

 Sui motivi vertenti sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un equo processo e a una tutela giurisdizionale effettiva

125    La ricorrente fa valere che, nonostante le sue numerose richieste, il Consiglio non le ha mai comunicato gli elementi precisi e individualizzati sui quali si fondano il suo inserimento e il suo mantenimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria. Peraltro, la ricorrente sottolinea che, al momento del deposito del ricorso nella causa T‑174/12, il Consiglio non aveva ancora risposto alle sue richieste del 15 febbraio e del 4 aprile 2012 (v. punto 14 supra).

126    Parimenti, il Consiglio non avrebbe mai indicato gli elementi sui quali esso si fondava per mantenere la ricorrente nei suddetti elenchi nonostante le presunte prove fornite dalla stessa al fine di dimostrare che la valutazione del Consiglio era errata in quanto il solo fatto di essere una controllata della CBS non si sarebbe tradotto nel finanziamento del regime siriano da parte della ricorrente.

127    Inoltre, la ricorrente lamenta il fatto che il Consiglio non abbia accolto le sue richieste volte ad ottenere di essere sentita nel corso di un’audizione. La giurisprudenza invocata dal Consiglio per sostenere che l’audizione non è un diritto esercitabile dalle persone interessate da misure restrittive non sarebbe pertinente.

128    Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

129    Occorre ricordare che il diritto fondamentale al rispetto dei diritti della difesa nel corso del procedimento che precede l’adozione di una misura restrittiva è espressamente sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (v., in tal senso, sentenza della Corte del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, Racc. pag. I‑13427, punto 66).

130    Occorre altresì ricordare che, in base ad una giurisprudenza costante, il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, e che è stato sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che è stato del resto ribadito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenze della Corte del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 37, e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351; in prosieguo: la «sentenza Kadi», punto 335).

131    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, l’efficacia del controllo giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto, segnatamente, la legittimità dei motivi sui quali si è basata un’autorità dell’Unione per inserire il nome di una persona o entità negli elenchi dei destinatari delle misure restrittive adottate dalla suddetta autorità, implica che quest’ultima è tenuta a comunicare detti motivi alla persona o entità interessata, per quanto possibile, al momento in cui il suo inserimento è stato deciso, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, al fine di consentire alla suddetta persona o entità di esercitare, entro i termini, il suo diritto di ricorso. (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata al punto 130 supra, punto 336).

132    L’osservanza di tale obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, Racc. pag. 4097, punto 15), sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto dell’Unione di cui trattasi, cui è tenuto ai sensi del Trattato (sentenza Kadi, citata al punto 130 supra, punto 337).

133    Orbene, conformemente alle esigenze poste da tale giurisprudenza, l’articolo 21, paragrafi 2 e 3, della decisione 2011/782, l’articolo 27, paragrafi 2 e 3, della decisione 2012/739, l’articolo 30, paragrafi 2 e 3, della decisione 2013/255 e l’articolo 32, paragrafi 2 et 3, del regolamento n. 36/2012 prevedono che il Consiglio trasmetta la sua decisione alla persona interessata e i motivi dell’inserimento nell’elenco, direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando ad essa la possibilità di presentare osservazioni. Qualora siano avanzate osservazioni o presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa opportunamente la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo.

134    L’articolo 32, paragrafo 4, del regolamento n. 36/2012 precisa che gli elenchi allegati a tale atto sono riesaminati periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

135    Nella fattispecie, alla ricorrente sono stati comunicati, con lettera del 24 gennaio 2012, gli atti con i quali il Consiglio ha deciso di inserirla negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria. Tale lettera faceva riferimento alla decisione di esecuzione 2012/37 e al regolamento di esecuzione n. 55/2012, riportati in documenti allegati e contenenti i motivi dell’inserimento della ricorrente nei suddetti elenchi.

136    Il fatto che tale comunicazione sia avvenuta dopo il primo inserimento della ricorrente nell’elenco delle persone interessate dalle misure restrittive in questione non può essere considerato di per sé come una violazione dei diritti della difesa.

137    Al riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa e, in particolare, del diritto al contraddittorio, con riferimento a misure restrittive, non esige che le autorità dell’Unione comunichino, prima dell’inserimento iniziale di una persona o di un’entità nell’elenco che impone misure restrittive, i motivi di tale inserimento alla persona o all’entità interessata (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata al punto 130 supra, punto 338).

138    Infatti, una simile comunicazione preventiva sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali e di risorse economiche imposte dalle suddette autorità (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata al punto 130 supra, punto 339).

139    Per raggiungere i loro obiettivi, misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata al punto 130 supra, punto 340).

140    Pertanto, il Consiglio non era tenuto a sentire la ricorrente prima del suo inserimento iniziale negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria, in quanto la possibilità per la ricorrente di rivolgersi al Consiglio dopo aver ricevuto la lettera del 24 gennaio 2012 era sufficiente a garantire il rispetto dei suoi diritti della difesa.

141    Infatti, alla lettura della motivazione del suo inserimento, come esposta negli atti allegati alla lettera del 24 gennaio 2012, la ricorrente ha deciso di presentare al Consiglio una richiesta di accesso alle prove che dimostravano il suo sostegno al regime siriano. In attesa di risposta da parte del Consiglio, la ricorrente ha proposto il ricorso introduttivo della causa T‑174/12.

142    Il Consiglio ha risposto a tale richiesta solo molto tempo dopo la presentazione del suddetto ricorso, ossia il 3 luglio 2012.

143    Al riguardo, occorre tuttavia constatare che il contenuto dei documenti comunicati il 3 luglio 2012 coincide, in sostanza, con la motivazione di cui la ricorrente aveva già preso conoscenza alla lettura della lettera del 24 gennaio 2012 e degli atti alla medesima allegati, ossia la decisione di esecuzione 2012/37 e il regolamento di esecuzione n. 55/2012. Infatti, al pari di questi ultimi, il documento in questione constata che la ricorrente è una controllata della CBS.

144    Poco importa che il documento in questione contenga una motivazione complementare, poiché, in primo luogo, la ricorrente conosceva, chiaramente, l’identità del suo principale azionista, in secondo luogo, come emerge dall’esame dei motivi vertenti sull’errore manifesto di valutazione per quanto riguarda l’implicazione della ricorrente nel finanziamento del regime siriano, la mera circostanza che la ricorrente sia controllata all’84,2% dalla CBS consente di giustificare l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti e, in terzo luogo, la ricorrente è stata tempestivamente informata del fatto che tali misure restrittive erano proprio dovute alla sua condizione di controllata della CBS.

145    Per contro, ciò che conta è che la ricorrente, sin dal momento del suo inserimento negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria, abbia potuto esercitare i suoi diritti della difesa e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, esponendo al Consiglio e al Tribunale le ragioni per cui essa riteneva che la sua condizione di controllata della CBS non giustificasse il suo inserimento negli elenchi.

146    In ogni caso, anche supponendo che il Consiglio avesse dovuto fornire alla ricorrente i documenti comunicati il 3 luglio 2012 prima della presentazione del ricorso contro gli atti impugnati nella causa T‑174/12, occorre rilevare che si tratterebbe di un’irregolarità senza conseguenze, dal momento che, in assenza della stessa, la ricorrente non avrebbe potuto difendersi più efficacemente (v., per analogia, sentenze della Corte del 16 febbraio 2012, Consiglio/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, punto 78, e del Tribunale del 9 settembre 2011, Alliance One International/Commissione, T‑25/06, Racc. pag. II‑5741, punto 183).

147    Per quanto riguarda la censura relativa alla circostanza che il Consiglio non abbia concesso un’audizione alla ricorrente, si deve constatare che né la normativa in questione né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono agli interessati il diritto ad una siffatta audizione (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, Racc. pag. II‑3019, punto 93, e del 6 settembre 2013, Europäisch‑Iranische Handelsbank/Consiglio, T‑434/11, punto 64).

148    Per quanto riguarda il rispetto dei diritti della difesa della ricorrente nell’ambito dell’adozione della decisione 2012/739, del regolamento di esecuzione n. 1117/2012, del regolamento di esecuzione n. 363/2013, della decisione 2013/109 e della decisione 2013/255, che costituiscono atti successivi che hanno mantenuto il suo nome negli elenchi contenenti i nomi delle persone sottoposte a misure restrittive, occorre constatare che l’argomento dell’effetto sorpresa delle suddette misure non può essere, in linea di principio, validamente invocato (v., in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, citata al punto 129 supra, punto 62).

149    Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che il diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di atti che mantengono misure restrittive nei confronti delle persone già colpite dalle stesse presuppone che il Consiglio abbia accolto nuovi elementi a carico di tali persone (v., in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, citata al punto 129 supra, punto 63, e sentenza Melli Bank del Tribunale, citata al punto 102 supra, punto 72).

150    Nella fattispecie, occorre rilevare che il Consiglio, quando ha mantenuto il nome della ricorrente negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria, non ha ammesso alcun nuovo elemento che non fosse già stato comunicato alla ricorrente in seguito al suo inserimento iniziale.

151    Al riguardo, si deve rammentare che, conformemente alle disposizioni richiamate al punto 133 supra, in assenza di nuovi elementi ammessi a suo carico, la ricorrente aveva la possibilità, su propria iniziativa, di farsi sentire dal Consiglio senza che fosse formulato un nuovo invito esplicito prima dell’adozione di ogni atto successivo.

152    La ricorrente si è avvalsa di tale possibilità, segnatamente con la lettera che essa ha inviato al Consiglio il 14 dicembre 2012, cui il medesimo ha risposto il 6 marzo 2013 (v. punti 23 e 25 supra).

153    Sebbene tale risposta sia intervenuta dopo la presentazione del ricorso contro la decisione 2012/739, si deve constatare che quest’ultima, come peraltro il regolamento di esecuzione n. 1117/2012, il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255, non ha modificato la motivazione delle misure restrittive riguardanti la ricorrente e non si fondava su alcun nuovo elemento, ma soltanto sul vincolo di capitale tra la CBS e la ricorrente, sul quale quest’ultima aveva già fatto valere più volte il suo punto di vista, e ciò dinanzi al Consiglio e dinanzi al Tribunale.

154    Per questa stessa ragione, anche supponendo che il Consiglio avesse dovuto sentire la ricorrente prima dell’adozione degli atti menzionati al punto 153 supra, si deve constatare che siffatta irregolarità sarebbe priva di conseguenze, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 146 supra.

155    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere i motivi in esame.

 Sui motivi vertenti su carenze sottese all’adozione del regolamento n. 36/2012 e del regolamento di esecuzione n. 55/2012

156    La ricorrente addebita al Consiglio il fatto che il regolamento n. 36/2012, a differenza del regolamento n. 442/2011, dal medesimo abrogato, non contenga alcun riferimento all’obbligo di garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate dalle misure contenute in tali regolamenti.

157    La ricorrente sostiene inoltre che, se è vero che il contenuto e gli obiettivi del regolamento n. 36/2012 giustificano il fatto che il Consiglio lo abbia adottato sul fondamento dell’articolo 215 TFUE, si sarebbe dovuto tener conto, tuttavia, del fatto che tale regolamento solleva questioni attinenti ai diritti fondamentali, il che avrebbe reso necessario adottarlo sulla base dell’articolo 75 TFUE. Infatti, tale articolo prevede l’adozione di atti secondo la procedura legislativa ordinaria di cui all’articolo 294 TFUE, la quale conferisce al Parlamento europeo un ruolo più rilevante della mera comunicazione dell’adozione di misure restrittive, prevista all’articolo 215 TFUE.

158    Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

159    In primo luogo, per quanto riguarda l’omessa menzione dei diritti fondamentali, si deve osservare che tale circostanza non incide sulla legittimità degli atti impugnati, non essendo stato dimostrato dalla ricorrente che i suoi diritti fondamentali sono stati violati. Pertanto, tale parte del motivo in esame è inconferente.

160    In secondo luogo, per quanto riguarda la questione del fondamento normativo del regolamento n. 36/2012, la ricorrente, in risposta a un quesito posto dal Tribunale nel corso dell’udienza, ha riconosciuto che il Consiglio poteva validamente fondarsi sull’articolo 215 TFUE per adottare tale regolamento. Si è preso atto di tale dichiarazione nel verbale d’udienza.

161    Quanto all’affermazione della ricorrente, contenuta nella sua memoria di replica, secondo la quale «si può contestare il fatto che il fondamento normativo degli atti ad essa pregiudizievoli consen[ta] al Consiglio di adottare atti contenenti misure particolarmente lesive dei diritti fondamentali dei loro destinatari, e ciò senza l’intervento del Parlamento», occorre ricordare, in ogni caso, che, sebbene la partecipazione del Parlamento alla procedura legislativa sia il riflesso, sul piano dell’Unione, di un fondamentale principio di democrazia secondo il quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa, tuttavia, la differenza tra gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE quanto all’implicazione del Parlamento risulta dalla scelta, operata dagli autori del Trattato di Lisbona, di conferire un ruolo più limitato al Parlamento riguardo all’azione dell’Unione nel contesto della politica estera e della sicurezza comune (sentenza della Corte del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio, C‑130/10, punti 81 e 82).

162    Al riguardo, anche supponendo che la ricorrente sia legittimata a dedurre un motivo vertente, in sostanza, sulla violazione delle prerogative del Parlamento, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, non è in contrasto con il diritto dell’Unione la possibilità di adottare misure dotate di incidenza diretta sui diritti fondamentali delle persone fisiche o giuridiche mediante una procedura che escluda la partecipazione del Parlamento, dal momento che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali si rivolge, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a tutte le istituzioni e a tutti gli organi e gli organismi dell’Unione. Inoltre, a termini dell’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, gli atti cui fa riferimento tale articolo contengono le necessarie disposizioni in materia di garanzie giuridiche. Di conseguenza, un atto quale il regolamento n. 36/2012 può essere adottato in base all’articolo 215, paragrafo 2, purché contenga garanzie relative al rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate (v., in tal senso e per analogia, sentenza Parlamento/Consiglio, citata al punto 161 supra, punti 83 e 84; per quanto riguarda la possibilità per una persona giuridica di far valere la violazione dei diritti fondamentali, v. sentenza Melli Bank del Tribunale, punto 102 supra, punto 41).

163    Nella fattispecie, il regolamento n. 36/2012 contiene le disposizioni necessarie a garantire la tutela dei diritti fondamentali in quanto prevede, segnatamente, all’articolo 32, paragrafi da 2 a 4, gli obblighi, per il Consiglio, di motivare l’inserimento di qualsiasi persona fisica o giuridica nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive contenute in tale regolamento, di comunicare alle suddette persone, direttamente o mediante la pubblicazione di un avviso, il loro inserimento, dando ad esse la possibilità di presentare osservazioni, di riesaminare la decisione qualora siano presentate nuove prove sostanziali o avanzate osservazioni e di riesaminare gli elenchi periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

164    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere i motivi in esame.

 Sul motivo vertente sull’esame insufficiente delle circostanze del caso di specie

165    La ricorrente sostiene che il Consiglio non ha proceduto a un vero e proprio esame delle circostanze del caso di specie, bensì si è limitato ad adottare le proposte presentate dagli Stati membri, senza verificare la fondatezza e la pertinenza degli elementi informativi e probatori che potevano fondare l’adozione e il mantenimento di misure restrittive nei suoi confronti.

166    Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

167    Nella fattispecie, il Consiglio ha inserito e mantenuto la ricorrente negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria in quanto il suo capitale era detenuto all’84,2% dalla CBS.

168    Tale circostanza è vera e la ricorrente non l’ha mai contestata. Per contro, essa ha tentato di dimostrare che manteneva la sua indipendenza dalla CBS, nonostante tale vincolo di capitale.

169    Orbene, come risulta dall’esame dei motivi vertenti sull’errore manifesto di valutazione per quanto riguarda il coinvolgimento della ricorrente nel finanziamento del regime siriano, nella fattispecie il Consiglio ha potuto correttamente utilizzare il suddetto vincolo di capitale per inserire e mantenere la ricorrente negli elenchi in questione.

170    Poiché il Consiglio si è basato su detto vincolo, la cui fondatezza va confermata, si deve concludere che esso ha sufficientemente esaminato le circostanze del caso di specie.

171    Pertanto, il motivo in esame dev’essere respinto.

172    Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che tutti i motivi dedotti dalla ricorrente sono infondati, cosicché i ricorsi devono essere interamente respinti, senza necessità di statuire sulla ricevibilità, contestata dal Consiglio, delle conclusioni della ricorrente dirette all’annullamento, se necessario, delle «lettere‑decisione del Consiglio» del 24 gennaio 2012 e del 30 novembre 2012.

 Sulle spese

173    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Syrian Lebanese Commercial Bank SAL è condannata alle spese.

Kanninen

Berardis

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 febbraio 2014.

Firme


* Lingua processuale: il francese.