Language of document : ECLI:EU:T:2005:14

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
19 gennaio 2005 (1)

«Marchio comunitario – Marchio denominativo BIOKNOWLEDGE – Impedimenti assoluti alla registrazione – Art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 40/94 – Segno descrittivo»

Nella causa T-387/03,

Proteome Inc., con sede in Beverly, Massachusetts (Stati Uniti), rappresentata dai sigg. M. Edenborough, barrister, e C. Jones nonché dalle sig.re A. Brodie e C. Loweth, solicitors,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. P. Bullock e dalla sig.ra S. Laitinen, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell'UAMI 25 agosto 2003 (procedimento R 0707/2002-4) e la decisione dell'esaminatore 21 giugno 2002, recante rigetto della registrazione del marchio denominativo BIOKNOWLEDGE,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),



composto dai sigg. J. Azizi, presidente, M. Jaeger e F. Dehousse, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 novembre 2003,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 febbraio 2004,

in seguito all'udienza del 9 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

1
Il 2 marzo 2000 la società Proteome Inc. (in prosieguo: la «ricorrente») ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI») una domanda di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il vocabolo BIOKNOWLEDGE.

3
I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 9, 16 e 42 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 9: «Banche dati su supporto fisico ed elettronico che forniscono informazioni riguardanti organismi, e software per la ricerca, il reperimento, la compilazione, l’organizzazione, la gestione, l’analisi, la comunicazione e/o l’integrazione di dati in e tra archivi di informazioni in forma elettronica, comprese le banche dati informatiche»;

classe 16: «Materiali stampati, comprese guide e manuali, riguardanti archivi di informazioni relativi ad organismi»;

classe 42: «Servizi d’informazione ed informatici, ossia che sviluppino e/o consentano la consultazione di banche dati contenenti informazioni riguardanti organismi, e software relativi».

4
Con lettera del 6 luglio 2001 l’esaminatore dell’UAMI ha comunicato alla ricorrente che a suo parere il marchio richiesto non rispettava l’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94. L’esaminatore ha inoltre informato la ricorrente che disponeva del termine di due mesi per presentare le sue osservazioni al riguardo.

5
La ricorrente ha presentato le sue osservazioni il 31 agosto 2001.

6
Con decisione 21 giugno 2002 l’esaminatore ha respinto la domanda di marchio ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 40/94, in base all’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94.

7
La ricorrente ha quindi presentato ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94.

8
Con decisione 25 agosto 2003, notificata alla ricorrente il 15 settembre 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto tale ricorso in quanto il vocabolo BIOKNOWLEDGE è descrittivo dei prodotti e servizi di cui trattasi e non presenta alcun carattere distintivo.


Conclusioni delle parti

9
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

accogliere il ricorso;

annullare la decisione della quarta commissione di ricorso;

annullare la decisione dell’esaminatore 21 giugno 2002;

rinviare all’UAMI la domanda di marchio comunitario al fine di procedere alla sua pubblicazione;

condannare l’UAMI alle spese sostenute dalla ricorrente relative al presente ricorso, al ricorso dinanzi alla commissione di ricorso nonché al procedimento dinanzi all’esaminatore.

10
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

11
In via preliminare, nella fattispecie occorre considerare che le conclusioni della ricorrente sono dirette, in realtà, all’annullamento della decisione impugnata e mirano a che il Tribunale ne tragga tutte le conseguenze di diritto. Del resto, occorre rilevare che, in udienza, l’UAMI ha dichiarato di rinunciare a contestare la ricevibilità della domanda della ricorrente diretta all’annullamento della decisione dell’esaminatore.

12
Nel merito, la ricorrente solleva tre censure che possono essere raggruppate in due motivi. Il primo motivo è diretto a provare una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94. Per quanto riguarda il secondo motivo, esso è relativo ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94

13
Il primo motivo dedotto dalla ricorrente si articola in due capi. Con il primo capo, la ricorrente afferma che il marchio BIOKNOWLEDGE è troppo vago ed indeterminato per conferire a tale termine un carattere descrittivo rispetto ai prodotti e ai servizi considerati. Con il secondo capo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso si sarebbe valsa a torto della sua conoscenza dei prodotti e servizi considerati per valutare il carattere descrittivo del marchio.

Sulla natura vaga e indeterminata del vocabolo BIOKNOWLEDGE

    Argomenti delle parti

14
La ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia commesso un errore simile a quello rilevato dal Tribunale nella sentenza relativa al vocabolo EASYBANK (sentenza del Tribunale 5 aprile 2001, causa T‑87/00, Bank für Arbeit und Wirtschaft/UAMI (EASYBANK), Racc. pag. II‑1259, punti 26‑33). Analogamente a quanto statuito in detta sentenza, il vocabolo BIOKNOWLEDGE sarebbe troppo vago e indeterminato per conferire a tale termine un carattere descrittivo in relazione ai prodotti e ai servizi considerati.

15
Inoltre, il termine «Bioknowledge» sarebbe stato inventato recentemente e non avrebbe un significato chiaro, generalmente definito e condiviso. La ricorrente ne deduce che il detto vocabolo non è descrittivo, in particolare, dei prodotti e servizi considerati.

16
La ricorrente aggiunge che, in ogni caso, la parola «knowledge» [conoscenza] non può costituire un elemento o una componente descrittiva del vocabolo BIOKNOWLEDGE. Infatti, la parola «knowledge» significherebbe, nella lingua inglese, coscienza o familiarità acquisita con l’esperienza, ma anche l’insieme di informazioni di cui una persona è in possesso o anche la comprensione teorica o pratica di una determinata materia, di una lingua, ecc. Secondo la ricorrente, tali diversi significati indicherebbero che la parola «knowledge» si distingue dalla parola «information» [informazione] e, a fortiori, dal supporto sul quale tale informazione è archiviata o dai mezzi con cui questa è comunicata a un utente.

17
L’UAMI, in base alla sentenza pronunciata dal Tribunale il 27 febbraio 2002, causa T-34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL) (Racc. pag. II‑683, punto 38), ritiene che il carattere descrittivo di un marchio possa essere valutato solo in relazione, innanzi tutto, ai prodotti e ai servizi considerati e, in secondo luogo, alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento.

18
Nel caso concreto, tenuto conto dei prodotti e servizi per i quali la registrazione è stata chiesta, l’UAMI sostiene che nel pubblico interessato rientrerebbero gli specialisti del settore medico, farmaceutico o di altre scienze biologiche e del settore dell’assistenza dell’insieme dell’Unione europea.

19
Secondo l’UAMI, tale pubblico, se posto di fronte al vocabolo BIOKNOWLEDGE, usato in relazione ai prodotti e servizi considerati, ne dedurrebbe che questi sono diretti a fornire o sono semplicemente relativi ad informazioni biologiche.

20
Inoltre, il termine «knowledge» indicherebbe anche un’informazione specifica su un determinato argomento. Poiché i prodotti e servizi della ricorrente sono o rendono accessibili fonti di informazioni biologiche, esisterebbe un nesso chiaro e diretto tra il marchio richiesto ed i prodotti e servizi considerati.

21
A tale riguardo l’UAMI mette in evidenza la struttura del segno denominativo di cui trattasi, composto dal prefisso «bio», spesso usato nella formazione di parole composte nel settore delle scienze e tecnologie, e dal termine di uso comune nella lingua inglese «knowledge». L’UAMI aggiunge che tale struttura non può essere percepita come insolita da parte dei destinatari interessati, in quanto sarebbe conforme alle regole inglesi sulla composizione delle parole.

22
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla circostanza che il termine «Bioknowledge» sarebbe stato inventato recentemente, l’UAMI afferma che dalla giurisprudenza emerge che il fatto che un termine non figuri nel dizionario non è determinante, poiché ciò che importa è come tale termine viene percepito dal pubblico di riferimento.

    Giudizio del Tribunale

23
Dall’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 deriva che segni e indicazioni che, nel commercio, possono servire per designare caratteristiche del prodotto o del servizio di cui sia chiesta la registrazione sono considerati inidonei, per loro stessa natura, ad assolvere alla funzione di origine del marchio, fatta salva la possibilità di acquisizione di un carattere distintivo per effetto dell’uso, prevista dall’art. 7, n. 3, dello stesso regolamento. Vietando la registrazione quale marchio comunitario di tali segni o indicazioni, l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche di prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati ad una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi (sentenza della Corte 23 ottobre 2003, causa C‑191/01 P, UAMI/Wrigley, Racc. pag. II‑0000, punti 30 e 31).

24
In tal senso, i segni e le indicazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono quelli che, nell’ambito di un uso normale dal punto di vista del destinatario, possono servire a designare direttamente, o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, un prodotto od un servizio come quello per cui è chiesta la registrazione (sentenza della Corte 20 settembre 2001, causa C‑383/99 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I‑6251, punto 39). Pertanto si può procedere alla valutazione del carattere descrittivo di un segno solo in rapporto, da un lato, ai prodotti o servizi interessati e, dall’altro, alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento (sentenza del Tribunale 3 dicembre 2003, causa T‑16/02, Audi/UAMI (TDI), Racc. pag. II‑0000, punto 27).

25
In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente effettua una lettura erronea della sentenza EASYBANK, già citata al punto 14. Essa ritiene, infatti, che nella presente fattispecie, analogamente a quanto statuito in detta sentenza, il «marchio» BIOKNOWLEDGE sia «troppo vago e indeterminato» per conferire a tale termine un carattere descrittivo rispetto ai prodotti e servizi considerati.

26
Orbene, il Tribunale, nella sua sentenza EASYBANK, già citata al punto 14, ha usato i termini «vago» e «indeterminato» solo per precisare il nesso esistente tra il significato del vocabolo considerato ed i servizi in questione. In tal senso, il Tribunale ha dichiarato che «il nesso esistente tra il significato del vocabolo EASYBANK, da un lato, e i servizi che possono essere forniti da una banca telematica, dall’altro, risulta troppo vago ed indeterminato per conferire a tale termine un carattere descrittivo rispetto a detti servizi» (punto 31 della sentenza). In tale sentenza, il Tribunale non ha quindi definito il marchio in questione «troppo vago e indeterminato», come sostiene la ricorrente.

27
Inoltre, il primo capo del primo motivo si fonda principalmente sul fatto che la commissione di ricorso avrebbe, a torto, concluso che il marchio richiesto era descrittivo, in particolare, dei prodotti e servizi considerati. Occorre quindi analizzare la censura della ricorrente al riguardo.

28
Nella fattispecie è pacifico, come la commissione di ricorso ha rilevato al punto 11 della decisione impugnata, che i prodotti e servizi considerati sono destinati agli specialisti del settore medico, farmaceutico o di altre scienze biologiche, nonché del settore dell’assistenza.

29
Per quanto riguarda il vocabolo BIOKNOWLEDGE, esso è costituito dal prefisso «bio» e dalla parola «knowledge».

30
Il prefisso «bio» deriva dal greco ‘bios’, che significa «vita», come la commissione di ricorso ha correttamente rilevato al punto 9 della decisione impugnata. Tale elemento compone numerose parole che presentano un nesso con la «vita». Considerato nuovamente in rapporto al pubblico di riferimento di cui alla presente fattispecie, l’elemento «bio» compone parole che hanno un nesso con gli organismi viventi (per esempio «biologia»).

31
Per quanto riguarda la parola «knowledge», uno dei suoi significati corrisponde ad un’informazione specifica su un determinato argomento, come ha correttamente messo in luce l’UAMI. La ricorrente non ha contestato detta definizione in quanto tale, ma soltanto la conclusione che l’UAMI ne ha tratto.

32
Pertanto, e tenuto conto del tipo di pubblico di riferimento nel caso concreto, la giustapposizione dei termini «bio» e «knowledge» per formare il vocabolo BIOKNOWLEDGE porta a concludere che quest’ultimo ha, quanto meno, un significato potenziale, corrispondente a una o più informazioni specifiche sugli organismi viventi, ossia informazioni ad essi relative. Occorre qui ricordare che un segno denominativo dev’essere escluso dalla registrazione, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, qualora designi, quanto meno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza UAMI/Wrigley, già citata al punto 23, punto 32).

33
Il Tribunale ha peraltro già precisato, relativamente ad un termine composto dall’elemento «bio», che «l’acronimo BioID, essendo composto di abbreviazioni appartenenti al lessico della lingua di riferimento [ossia la lingua inglese], non rivela alcuna differenza rispetto alle regole lessicali di tale lingua e, quindi, non è inusuale nella sua struttura» (sentenza del Tribunale 5 dicembre 2002, causa T‑91/01, BioID/UAMI (BioID), Racc. pag. II‑5159, punto 28). Nella fattispecie, il fatto che il vocabolo BIOKNOWLEDGE sia presentato come una sola parola non modifica quindi la percezione che il pubblico di riferimento ne può avere. Occorre rilevare, a tale proposito, che, al di fuori del pubblico di riferimento di lingua inglese, detta lingua è spesso usata negli ambienti scientifici.

34
Per quanto riguarda le descrizioni delle classi di prodotti e servizi oggetto della domanda di registrazione, esse fanno tutte riferimento agli «organismi», ossia ad una componente del vocabolo in questione («bio»). Peraltro, tra i prodotti e servizi oggetto della domanda di registrazione rientrano sia dei mezzi con cui vengono archiviate le informazioni, sia dei prodotti o servizi che permettono di accedere a tali informazioni. Ne deriva che i prodotti e i servizi di cui trattasi contengono informazioni relative agli organismi o permettono di accedervi.

35
Poiché il pubblico di riferimento è costituito da specialisti delle scienze biologiche e del settore dell’assistenza, occorre dichiarare che il nesso esistente tra il significato potenziale del vocabolo BIOKNOWLEDGE, esposto al precedente punto 32, da un lato, ed i prodotti e servizi considerati, dall’altro, non è troppo vago né indeterminato. Al contrario, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste un rapporto sufficientemente diretto e concreto tra il significato di tale vocabolo e le caratteristiche dei prodotti e servizi considerati.

36
Peraltro, poiché, in base alla definizione menzionata al precedente punto 32, la parola «knowledge» non può essere chiaramente distinta dalla parola «information», essa, a fortiori, non può essere distinta dal supporto sul quale vengono archiviate le informazioni, come invece sostiene la ricorrente.

37
Infine, il vocabolo BIOKNOWLEDGE, come presentato in sede di registrazione, non comporta altri elementi o altre indicazioni che consentano di inficiare tale conclusione. Lo stesso vale per la presentazione o la disposizione dei termini che compongono tale vocabolo.

38
L’argomento della ricorrente secondo cui il vocabolo BIOKNOWLEDGE sarebbe stato inventato recentemente e non avrebbe quindi un significato chiaro, generalmente definito e condiviso dev’essere pertanto respinto.

39
Infatti, per quanto riguarda il carattere distintivo di un vocabolo, la giustapposizione di due termini, senza alcuna alterazione grafica o semantica, non comporta alcuna caratteristica aggiuntiva tale da rendere il segno, nel suo insieme, idoneo a distinguere i servizi della ricorrente da quelli di altre imprese. La circostanza che il vocabolo non sia menzionato in quanto tale nei dizionari – né come un’unica parola né scritto in due parole – non incide in alcun modo su tale valutazione (sentenze del Tribunale 12 gennaio 2000, causa T‑19/99, DKV/UAMI (COMPANYLINE), Racc. pag. II‑1, punto 26, e 26 ottobre 2000, causa T‑345/99, Harbinger/UAMI (TRUSTEDLINK), Racc. pag. II‑3525, punto 37).

40
Peraltro, come già affermato (v. punto 33), il Tribunale ha precisato, relativamente all’acronimo BioID, che tale termine composto da più elementi non confliggeva in alcun modo con le regole lessicali della lingua inglese e, quindi, non era insolito nella sua struttura.

41
Nella fattispecie, come ha correttamente rilevato l’UAMI, la struttura del vocabolo BIOKNOWLEDGE non può essere percepita come insolito dai destinatari, essendo conforme alle regole inglesi sulla composizione delle parole. Ciò è tanto più vero in quanto il pubblico di riferimento è formato da specialisti abituati all’uso dei due termini che compongono il vocabolo BIOKNOWLEDGE. Quindi, anche se tale vocabolo è stato inventato recentemente, come sostiene la ricorrente, esso ha un significato potenziale sufficientemente chiaro per il pubblico di riferimento e consente di designare le caratteristiche essenziali dei prodotti e servizi considerati.

42
Alla luce dell’insieme di tali elementi, occorre dichiarare che il vocabolo BIOKNOWLEDGE è descrittivo dei prodotti e servizi per i quali è stata chiesta la registrazione. La commissione di ricorso non ha quindi commesso alcun errore di diritto affermando che tale vocabolo poteva servire, dal punto di vista del pubblico di riferimento, a designare le caratteristiche essenziali dei prodotti e servizi oggetto della domanda di marchio, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

43
Pertanto, occorre respingere il primo capo del primo motivo.

Sull’uso erroneo da parte della commissione di ricorso della sua conoscenza dei prodotti e servizi

    Argomenti delle parti

44
La ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha utilizzato la sua conoscenza dei prodotti e servizi di cui trattasi per valutare se il vocabolo BIOKNOWLEDGE rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

45
Secondo la ricorrente, una tale valutazione post facto è inammissibile, in quanto tale conoscenza integrerebbe l’informazione contenuta nel segno denominativo. Orbene, senza tale conoscenza, la commissione di ricorso non avrebbe potuto concludere che il vocabolo conteneva segni o indicazioni descrittivi.

46
La ricorrente aggiunge che, ad ogni modo, anche se il criterio applicato dalla commissione di ricorso fosse corretto, il segno BIOKNOWLEDGE non fornirebbe un’indicazione chiara e inequivocabile relativamente alle caratteristiche essenziali dei prodotti e servizi offerti (contrariamente a quanto sarebbe indicato al punto 13 della decisione impugnata).

47
L’UAMI risponde che la ricorrente dimentica il principio fondamentale secondo cui la valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata solo in relazione ai prodotti e servizi considerati. Pertanto, la commissione di ricorso, lungi dall’abusare del fatto di essere a conoscenza della descrizione dei prodotti e servizi per trarne una conclusione infondata, avrebbe applicato il criterio corretto valutando il carattere descrittivo del vocabolo alla luce dei prodotti e servizi in questione.

    Giudizio del Tribunale

48
Come già ricordato, per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, si può procedere alla valutazione del carattere descrittivo di un segno solo in rapporto, da un lato, ai prodotti o servizi interessati e, dall’altro, alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento (sentenza TDI, già cit. al punto 24, punto 27).

49
Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha fatto correttamente riferimento, nella fattispecie, ai prodotti e servizi considerati per valutare se la registrazione del vocabolo BIOKNOWLEDGE dovesse essere rifiutata in forza dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

50
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il segno BIOKNOWLEDGE non fornirebbe un’indicazione chiara e inequivocabile circa le caratteristiche essenziali dei prodotti e servizi offerti, la motivazione relativa al primo capo del primo motivo ha permesso di concludere che, al contrario, dal punto di vista del pubblico di riferimento esisteva un rapporto sufficientemente chiaro e concreto tra il significato del vocabolo BIOKNOWLEDGE e le caratteristiche dei prodotti e servizi in questione. Pertanto, l’argomento addotto dalla ricorrente a tale proposito deve essere parimenti respinto.

51
Per tali ragioni, il secondo capo del primo motivo deve essere respinto e, pertanto, il primo motivo va respinto integralmente.

Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

52
Poiché il primo motivo è stato respinto ed essendo sufficiente l’applicazione di uno degli impedimenti assoluti elencati nell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94 affinché il segno di cui trattasi non possa essere registrato come marchio comunitario (sentenza della Corte 19 settembre 2002, causa C‑104/00 P, DKV/UAMI, Racc. pag. I‑7561, punto 29), non occorre esaminare il secondo motivo dedotto dalla ricorrente, relativo ad una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

53
Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere respinto.


Sulle spese

54
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese sostenute dall’UAMI.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Azizi

Jaeger

Dehousse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 gennaio 2005.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Azizi


1
Lingua processuale: l'inglese.