Language of document : ECLI:EU:T:2013:370

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

11 luglio 2013 (*)

«Dumping – Importazione di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL‑i) originarie della Cina, del Vietnam, del Pakistan e delle Filippine – Scadenza delle misure antidumping – Riesame – Articolo 4, paragrafo 1, articolo 5, paragrafo 4, e articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 384/96 [divenuti articolo 4, paragrafo 1, articolo 5, paragrafo 4, e articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009] – Nozione d’industria comunitaria – Determinazione del pregiudizio – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑469/07,

Philips Lighting Poland S.A., con sede in Piła (Polonia),

Philips Lighting BV, con sede in Eindhoven (Paesi Bassi),

rappresentate da L. Catrain González, avvocato, e E. Wright, barrister,

ricorrenti,

sostenute da:

Hangzhou Duralamp Electronics Co., Ltd, con sede in Hangzhou (Cina), rappresentata da V. Villante e M. Gambardella, avvocati,

e da:

GE Hungary Ipari és Kereskedelmi Zrt (GE Hungary Zrt), con sede in Budapest (Ungheria), rappresentata da P. De Baere, avvocato,

intervenienti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da J.-P. Hix, successivamente da J.-P. Hix e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da G. Berrisch e G. Wolf, avvocati, successivamente da G. Berrisch,

convenuto,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da H. van Vliet e da K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

e da:

Osram GmbH, con sede in Monaco di Baviera (Germania), rappresentata da R. Bierwagen, avvocato,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda di annullamento del regolamento (CE) n. 1205/2007 del Consiglio, del 15 ottobre 2007, che istituisce dazi antidumping sulle importazioni di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL‑i) originarie della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 384/96 e li estende alle importazioni dello stesso prodotto spedite dalla Repubblica socialista del Vietnam, dalla Repubblica islamica del Pakistan e dalla Repubblica delle Filippine (GU L 272, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da S. Papasavvas, presidente, K. O’Higgins (relatore) e D. Gratsias, giudici

cancelliere: J. Weychert, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        La normativa antidumping di base applicabile ai fatti di specie è costituita dal regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005 (GU L 340, pag. 17) (in prosieguo: il «regolamento di base»). Il regolamento di base è stato successivamente sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22).

2        L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di base (divenuto articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1225/2009) così dispone:

«Ai fini del presente regolamento si intende per pregiudizio, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio notevole, la minaccia di un pregiudizio materiale a danno dell’industria comunitaria, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria. Il termine è interpretato a norma del presente articolo».

3        L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base (divenuto articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1225/2009) precisa in particolare:

«Ai fini del presente regolamento, si intende per “industria comunitaria” il complesso dei produttori di prodotti simili nella Comunità o quelli tra di essi le cui produzioni, addizionate, costituiscono una proporzione maggioritaria, a norma dell’articolo 5, paragrafo 4, della produzione comunitaria totale di tali prodotti. Tuttavia:

a)      qualora i produttori siano collegati agli esportatori o agli importatori o siano essi stessi importatori del prodotto assertivamente oggetto di dumping, l’espressione “industria comunitaria” può essere interpretata come riferita esclusivamente al resto dei produttori (…)».

4        L’articolo 5, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base (divenuto articolo 5, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 1225/2009) recita come segue:

«Salvo il disposto del paragrafo 6, l’inchiesta per determinare l’esistenza, il grado e l’effetto delle pretese pratiche di dumping è aperta in seguito ad una denuncia scritta presentata da qualsiasi persona fisica o giuridica, nonché da qualsiasi associazione non avente personalità giuridica, che agisce per conto dell’industria comunitaria».

5        A termini dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base (divenuto articolo 5, paragrafo 4, del regolamento n. 1225/2009):

«Un’inchiesta può essere avviata a norma del paragrafo 1 unicamente se previo esame del grado di sostegno o di opposizione alla denuncia espresso dai produttori comunitari del prodotto simile, è stato accertato che la denuncia è presentata dall’industria comunitaria o per suo conto. La denuncia si considera presentata dall’industria comunitaria, o per suo conto, se è sostenuta dai produttori comunitari che complessivamente realizzano oltre il 50% della produzione totale del prodotto simile attribuibile a quella parte dell’industria comunitaria che ha espresso sostegno od opposizione alla denuncia. L’inchiesta tuttavia non può essere aperta se i produttori comunitari che hanno espresso un chiaro sostegno alla denuncia effettuano meno del 25% della produzione totale del prodotto simile realizzata dall’industria comunitaria».

6        L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base (divenuto articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1225/2009) prevede che «[i]n caso di ritiro della denuncia il procedimento può essere chiuso, a meno che la chiusura sia contraria all’interesse della Comunità».

7        L’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base (divenuto articolo 9, paragrafo 4, del regolamento n. 1225/2009) dispone segnatamente:

«Quando dalla constatazione definitiva dei fatti risulta l’esistenza di dumping e di un conseguente pregiudizio e quando gli interessi della Comunità esigono un intervento a norma dell’articolo 21, il Consiglio, deliberando su una proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo, istituisce un dazio antidumping definitivo».

8        L’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009) prevede in particolare:

«Le misure di antidumping definitive scadono dopo cinque anni dalla data in cui sono state istituite oppure dopo cinque anni dalla data della conclusione dell’ultimo riesame relativo al dumping e al pregiudizio, salvo che nel corso di un riesame non sia stabilito che la scadenza di dette misure implica il rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio. Il riesame in previsione della scadenza è avviato per iniziativa della Commissione oppure su domanda dei produttori comunitari o dei loro rappresentanti e le misure restano in vigore in attesa dell’esito del riesame».

9        L’articolo 11, paragrafo 5, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 5, del regolamento n. 1225/2009) dispone segnatamente:

«Le disposizioni del presente regolamento relative alle procedure e allo svolgimento delle inchieste, escluse quelle relative ai termini, si applicano a tutti i riesami effettuati a norma dei paragrafi 2, 3 e 4 [del presente articolo]».

 Fatti

10      Le ricorrenti, da una parte, Philips Lighting Poland S.A. (in prosieguo: «Philips Poland»), società di diritto polacco che produce, nel suo sito di Piła (Polonia), lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (in prosieguo: i «CFL‑i») e che, all’epoca dei fatti, importava dalla Cina notevoli quantitativi di CFL‑i destinati alla rivendita nell’Unione europea e, dall’altra, Philips Lighting BV (in prosieguo: «Philips»), società di diritto olandese che produce componenti CFL‑i in Roosendaal (Paesi-Bassi) ed esercita attività di ricerca e di sviluppo nel settore dei CFL-i, sono detenute al 100% dalla società di diritto olandese Koninklijke Philips Electronics NV.

11      Il 16 luglio 2001, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 1470/2001, che istituisce dazi antidumping definitivi e riscuote in via definitiva i dazi provvisori istituiti sulle importazioni di [CFL‑i] originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 195, pag. 8). Tale regolamento ha istituito dazi antidumping definitivi da 0 a 66,1% su tali importazioni.

12      Il 6 giugno 2005, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 866/2005, che estende le misure antidumping definitive istituite dal regolamento n. 1470/2001 sulle importazioni di [CFL‑i] originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni dello stesso prodotto spedite dalla Repubblica socialista del Vietnam, dalla Repubblica islamica del Pakistan e dalla Repubblica delle Filippine (GU L 145, pag. 1).

13      I regolamenti nn. 1470/2001 e 866/2005 sono stati modificati dal regolamento (CE) n. 1322/2006 del Consiglio, del 1° settembre 2006 (GU L 244, pag. 1).

14      Il 14 ottobre 2005, la Commissione delle Comunità europee ha pubblicato un avviso di prossima scadenza delle summenzionate misure antidumping (GU C 254, pag. 2).

15      Il 18 aprile 2006, la Commissione ha ricevuto una richiesta di riesame di dette misure, presentata dalla Community Federation of Lighting Industry of Compact Fluorescent Lamps Integrated (in prosieguo: «2CFL‑i»), che agiva in nome di Osram GmbH, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

16      Il 12 giugno 2006, la Commissione ha inviato un questionario ai quattro produttori comunitari di CFL‑i, cioè GE Hungary Ipari és Kereskedelmi Zrt (GE Hungary Zrt), Osram, Philips Poland e SLI Sylvania Lighting International (in prosieguo: «Sylvania»), destinato a consentirle di accertare se i produttori che sostenevano la richiesta di riesame fossero sufficientemente rappresentativi.

17      Il 28 giugno 2006, le ricorrenti hanno fornito una risposta comune al questionario di cui al punto precedente, nella quale, in particolare, esse indicavano che erano contrarie all’avvio di una procedura di riesame. Per contro, nella loro risposta, GE Hungary e Osram hanno indicato di essere favorevoli all’avvio di siffatta procedura. La Sylvania, invece, non ha dato risposta al questionario.

18      La Commissione, dopo aver concluso, sentito il comitato consultivo istituito in conformità all’articolo 15 del regolamento di base (divenuto articolo 15 del regolamento n. 1225/2009), che sussistevano elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un riesame a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, dello stesso regolamento, ha pubblicato un avviso di apertura di tale procedura nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 19 luglio 2006 (GU C 167, pag. 13) ed ha intrapreso un’inchiesta relativa al periodo compreso tra il 1° luglio 2005 e il 30 giugno 2006.

19      Successivamente, la Commissione ha inviato un questionario a tutte le parti interessate, tra cui i quattro produttori comunitari di CFL‑i e gli importatori comunitari di CFL‑i.

20      L’8 settembre 2006, Philips Poland ha risposto al questionario che le era stato inviato in quanto produttore comunitario e, il 18 settembre 2006, a quello che le era stato inviato in quanto importatore comunitario. 

21      Nel novembre 2006, la Commissione ha effettuato visite di controllo in loco presso, segnatamente, le ricorrenti e altri tre produttori comunitari di CFL‑i.

22      Con lettera del 26 novembre 2006, GE Hungary ha indicato alla Commissione di non essere ormai più favorevole al mantenimento delle misure antidumping di cui trattasi.

23      Con lettera del 30 novembre 2006, le ricorrenti hanno chiesto alla Commissione di precisare se, considerata la posizione così adottata da GE Hungary, si potesse sempre ritenere che la domanda di riesame era sostenuta dall’industria comunitaria, come contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. Esse osservavano che 2CFL‑i agiva soltanto in nome di Osram, che quest’ultimo era l’unico produttore comunitario di CFL‑i che desiderasse il mantenimento delle misure antidumping di cui trattasi e che le produzioni complessive di CFL‑i di Philips Poland e di GE Hungary rappresentavano più del 50% della produzione comunitaria totale di CFL‑i.

24      Con due lettere datate 19 dicembre 2006, Sylvania ha informato la Commissione del fatto che essa riteneva che non fosse nell’interesse della Comunità che le misure antidumping di cui trattasi fossero mantenute.

25      Il 10 gennaio 2007, Philips Poland ha presentato alla Commissione osservazioni scritte relative alla questione del pregiudizio nonché a quella dell’interesse comunitario. In tali osservazioni, essa affermava nuovamente che Osram non rappresentava l’industria comunitaria.

26      Il giorno successivo, le ricorrenti hanno partecipato ad un’audizione presso la sede della Commissione, nel corso della quale esse hanno presentato la loro strategia di approvvigionamento della Comunità di CFL‑i, hanno nuovamente posto in dubbio il fatto che Osram potesse rappresentare l’industria comunitaria e hanno auspicato la chiusura dell’inchiesta.

27      Il 6 febbraio 2007, le ricorrenti hanno fornito informazioni supplementari alla Commissione.

28      Il 14 febbraio 2007, le ricorrenti hanno presentato osservazioni scritte su chiarimenti, formulati da 2CFL‑i il 5 febbraio 2007, in risposta a una lettera della Commissione del 19 gennaio 2007. Esse vi hanno ribadito segnatamente che Osram non rappresentava l’industria comunitaria e hanno domandato nuovamente che si ponesse fine all’inchiesta.

29      Il 20 marzo 2007, la Commissione ha inviato un questionario supplementare ai produttori comunitari, al quale Philips Poland ha risposto il 10 aprile 2007.

30      Il 23 aprile 2007, la Commissione ha effettuato una seconda visita di controllo in loco presso Philips Poland. Il 27 aprile 2007 quest’ultima ha comunicato alla Commissione informazioni in risposta a taluni quesiti che erano stati sollevati nel corso di tale visita.

31      Il 10 luglio 2007, la Commissione ha prodotto un documento informativo che esponeva i fatti essenziali e le considerazioni sulla base delle quali essa intendeva proporre la chiusura del riesame delle misure antidumping in parola (in prosieguo: il «documento informativo del luglio 2007»). In tale documento essa constatava, in particolare, che i quattro produttori comunitari dovevano essere inclusi nella produzione comunitaria totale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base. Essa vi indicava anche che i requisiti relativi al livello di sostegno della domanda di riesame previsti all’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento dovevano ricorrere sia nel momento del deposito di tale domanda sia durante lo svolgimento dell’inchiesta. Peraltro, essa constatava che, nella fattispecie, all’atto dell’apertura del riesame, la domanda era sostenuta da una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria, ma che la situazione era cambiata nel corso dell’inchiesta. Dopo aver rilevato che la produzione cumulativa dei produttori che si opponevano alla domanda rappresentava ormai un po’ più del 50% della produzione comunitaria totale, essa vi ha concluso che le misure antidumping di cui trattasi dovevano essere abrogate e che la procedura di riesame doveva essere chiusa.

32      Il 24 luglio 2007, Philips Poland ha presentato osservazioni sul documento informativo del luglio 2007, in cui essa approvava le conclusioni cui era pervenuta la Commissione. Il 25 luglio 2007, 2CFL‑i ha presentato osservazioni sullo stesso documento.

33      Il 31 agosto 2007, la Commissione ha prodotto un documento informativo generale (in prosieguo: il «documento informativo generale»), in cui concludeva che occorreva prorogare di un anno il periodo di applicazione delle misure antidumping di cui trattasi. Essa vi ha osservato, in particolare, che, «per analogia con l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, che sancisce che la Comunità può adottare misure anche se una denuncia è stata ritirata, qualora ciò sia nell’interesse della Comunità, le istituzioni comunitarie considerano che non è necessario, in tale controversia, adottare una decisione relativa agli articoli 4, paragrafo 1, e 5, paragrafo 4, del regolamento di base, nei limiti in cui (…) sia nell’interesse della Comunità prorogare le misure per [un periodo di un anno]». Essa ha aggiunto che, ai fini della valutazione del pregiudizio, aveva tenuto conto della situazione della società che sosteneva la domanda di riesame.

34      L’11 settembre 2007, Philips Poland ha presentato osservazioni sul documento informativo generale nelle quali si è opposta alla conclusione della Commissione e ha criticato, in particolare, la sua applicazione per analogia dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base.

35      Il 14 settembre 2007, la Commissione ha presentato, sentito il comitato consultivo, una proposta di regolamento del Consiglio che istituiva dazi antidumping sulle importazioni di CFL‑i originarie della Repubblica popolare cinese, in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base e li estendeva alle importazioni dello stesso prodotto spedite dalla Repubblica socialista del Vietnam, dalla Repubblica islamica del Pakistan e dalla Repubblica delle Filippine [COM (2007) 550].

36      Il 15 ottobre 2007, il Consiglio ha emanato il regolamento (CE) n. 1205/2007, che istituisce dazi antidumping sulle importazioni di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL‑i) originarie della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base e li estende alle importazioni dello stesso prodotto spedite dalla Repubblica socialista del Vietnam, dalla Repubblica islamica del Pakistan e dalla Repubblica delle Filippine (GU L 272, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). I dazi antidumping imposti sono mantenuti a tassi che si elevano da 0 a 66,1% per un periodo di un anno.

37      Ai considerando da 20 a 46 del regolamento impugnato, il Consiglio ha esaminato se la scadenza delle misure antidumping di cui trattasi potesse produrre la persistenza o una reiterazione del dumping. Esso ha concluso affermativamente al considerando 46.

38      Ai considerando da 47 a 93 del regolamento impugnato, il Consiglio ha svolto l’analisi della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio.

39      Ai fini di tale analisi, il Consiglio ha tenuto conto della situazione della «società che sosteneva la domanda», cioè Osram (considerando 51). Al riguardo, al considerando 49 del regolamento impugnato, il Consiglio ha ricordato che, durante l’inchiesta, i quattro produttori comunitari che avevano cooperato ad essa erano stati oggetto di un esame condotto in base all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base e ha indicato che « [i] risultati analitici (…) evidenzia[va]no un quadro complesso del settore caratterizzato da una struttura in continuo mutamento e da posizioni eterogenee: il maggiore produttore in termini di volumi prodotti [era] a favore del mantenimento delle misure, mentre gli altri [erano] contrari». Al considerando 50 del regolamento impugnato, il Consiglio ha osservato che la produzione di tale principale produttore, nella fattispecie Osram, rappresentava circa il 48% della produzione comunitaria e «[costituiva] senza dubbio una quota maggioritaria» di essa. Esso ha aggiunto che la disposizione che compare all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, secondo cui, «anche in caso di ritiro della denuncia, la Comunità [poteva] adottare misure qualora ciò [fosse] nell’interesse della Comunità», «si applica[va] anche, mutatis mutandis, all’inchiesta di riesame in previsione della scadenza laddove la denuncia non ven[isse] del tutto ritirata e un importante produttore comunitario continu[asse] invece a essere favorevole alle misure. Esso ha del pari indicato che, «[p]urché detto produttore [avesse rappresentato], come nel caso di specie, una quota maggioritaria dell’industria comunitaria, i suoi dati relativi al pregiudizio costitui[vano] i migliori dati disponibili».

40      Al termine della sua analisi, il Consiglio ha concluso che «[sarebbe] esist[ito] il rischio del persistere e della reiterazione del dumping pregiudizievole qualora le misure antidumping [di cui trattasi] fossero abolite» (considerando 93).

41      Ai considerando da 94 a 116 del regolamento impugnato, il Consiglio, riferendosi all’articolo 9, paragrafo 1, e all’articolo 21 del regolamento di base, ha verificato se il mantenimento della misure antidumping di cui trattasi fosse nell’interesse della Comunità e, eventualmente, per quanto tempo. Esso ha ritenuto che l’abolizione di tali misure sarebbe stata conforme all’«interesse [prevalente delle parti]», dopo aver constatato in particolare che «[l’]industria comunitaria stessa [era] fortemente dipendente dalle importazioni dalla [Cina] per soddisfare la domanda in rapida espansione, alcuni produttori comunitari stessi non [erano] favorevoli al mantenimento delle misure e si [era] visto che le misure incid[eva]no notevolmente sui prezzi al consumo e quindi sulle scelte di acquisto di lampade CFL‑i o di lampade a incandescenza meno efficienti da parte dei consumatori» (considerando 115 e 116). Tuttavia, il Consiglio, raffrontando gli interessi di Osram con gli «interessi in gioco, in particolare quelli degli altri produttori della Comunità», ha considerato che l’interesse a breve termine della Comunità imponeva di mantenere le misure antidumping in parola per un ulteriore periodo di adattamento (considerando 116). Più precisamente, esso ha considerato che era opportuno rinnovarle per un periodo di un solo anno, tenuto conto del fatto che, dopo tale termine, «i probabili effetti negativi sui consumatori e sugli altri operatori risulterebbero sproporzionati rispetto ai benefici che i produttori comunitari trarrebbero dalle misure» (considerando 116).

42      In applicazione del suo articolo 2, il regolamento impugnato è scaduto il 18 ottobre 2008.

 Procedimento e conclusioni delle parti

43      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2007, le ricorrenti hanno proposto il ricorso in esame.

44      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 27 marzo e il 3 aprile 2008, Osram e la Commissione hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

45      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 27 marzo e il 15 aprile 2008, Hangzhou Duralamp Electronics Co., Ltd (in prosieguo: «Hangzhou») e GE Hungary hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti.

46      Le domande di intervento sono state notificate alle parti, le quali hanno comunicato le loro osservazioni nel termine loro impartito.

47      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 27 aprile, il 16 maggio e l’11 giugno 2008, le ricorrenti hanno inviato al Tribunale una domanda di trattamento riservato di taluni passi di alcuni documenti allegati al ricorso nei confronti di Hangzhou, Osram e GE Hungary. Esse hanno prodotto a tale scopo una versione non riservata dei documenti di cui trattasi.

48      Con due ordinanze del 9 giugno 2008, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso le domande di intervento presentate da Osram e dalla Commissione. Esso ha deciso, per quanto riguarda Osram, che una versione non riservata di tutti i documenti procedurali le venisse trasmessa e che tale società fosse invitata a presentare le proprie osservazioni al riguardo. Osram non ha depositato osservazioni nel termine che le era stato assegnato a tale scopo.

49      Con ordinanza del 9 ottobre 2008, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso le domande di intervento presentate da Hangzhou e GE Hungary. Esso ha deciso che fosse loro trasmessa una versione non riservata di tutti i documenti procedurali e che esse venissero invitate a presentare le proprie osservazioni al riguardo. Esse non hanno depositato osservazioni nel termine loro assegnato a tale scopo.

50      Osram, Hanghzou e GE Hungary hanno depositato memorie di intervento. Le ricorrenti hanno presentato osservazioni sulla memoria di intervento di Osram nel termine assegnato. Il Consiglio ha presentato osservazioni sulla memoria di intervento di Hanghzou e di GE Hungary nel termine assegnato. La Commissione non ha depositato memorie di intervento.

51      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

52      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del proprio regolamento di procedura, ha invitato le ricorrenti a produrre taluni documenti nonché il Consiglio a rispondere a taluni quesiti scritti. Le ricorrenti e il Consiglio hanno ottemperato a tale richiesta entro il termine assegnato.

53      A seguito di un impedimento di un membro della sezione nella presente causa, il presidente del Tribunale ha designato, in applicazione dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura, un altro giudice per completare la sezione.

54      Le parti hanno esposto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale nel corso dell’udienza del 5 settembre 2012.

55      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare integralmente il regolamento impugnato oppure nella misura in cui le riguarda;

–        condannare il Consiglio alle spese;

–        condannare Osram alle spese connesse al suo intervento.

56      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese;

–        condannare Hangzhou e GE Hungary alle spese connesse al loro intervento.

57      La Commissione chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

58      Hangzhou e GE Hungary chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato;

–        condannare il Consiglio alle spese.

59      Osram chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

60      Occorre osservare preliminarmente che, nella controreplica, il Consiglio ha manifestato dubbi quanto alla ricevibilità del ricorso, tenuto conto della questione se le ricorrenti fossero individualmente interessate dal regolamento impugnato, facendo valere che gli elementi che esse invocavano nelle loro memorie a tale titolo non erano sufficienti per distinguerle, alla luce di tale regolamento, rispetto ad ogni altro operatore economico.

61      Al riguardo occorre ricordare che il giudice dell’Unione è legittimato a valutare, a seconda delle circostanze di ciascuna fattispecie, se una buona amministrazione della giustizia giustifichi il rigetto nel merito del ricorso, senza una previa statuizione sulla sua ricevibilità (v., in tal senso, sentenze della Corte del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, Racc. pag. I‑1873, punti 51 e 52, e del 23 marzo 2004, Francia/Commissione, C‑233/02, Racc. pag. I‑2759, punto 26).

62      Alla luce delle circostanze della specie, il Tribunale considera che, a fini di economia procedurale, debbano essere anzitutto esaminati i motivi dedotti dalle ricorrenti, senza statuire preliminarmente sulla ricevibilità del presente ricorso di annullamento, considerato che esso sarebbe, in ogni caso e per i motivi esposti in prosieguo, destituito di fondamento.

63      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti invocano tre motivi, attinenti, il primo, ad una violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 9, paragrafo 4, e dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base; il secondo, ad una violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento e, il terzo, ad una violazione dell’obbligo di motivazione.

64      I primi due motivi, poiché sovrapponibili, vanno esaminati congiuntamente.

 Sui motivi primo e secondo, vertenti, da una parte, su una violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 9, paragrafo 4, e dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base e, dall’altra, su una violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento

65      Nel contesto del primo motivo le ricorrenti asseriscono che il Consiglio avrebbe violato l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 9, paragrafo 4, e l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, in quanto non avrebbe dimostrato che la scadenza delle misure antidumping di cui trattasi avrebbe favorito il persistere o la reiterazione del pregiudizio nei confronti dell’industria comunitaria, come definita nell’articolo 4, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 4, dello stesso regolamento. Esse contestano al Consiglio di aver ritenuto, al considerando 50 del regolamento impugnato, che la produzione di Osram costituiva una «quota maggioritaria» della produzione comunitaria totale, mentre essa rappresentava soltanto il 48% circa della stessa. Essi asseriscono che, di conseguenza, non si poteva ritenere che Osram costituisse l’industria comunitaria e che il Consiglio non potesse basarsi sui dati di tale società per valutare il pregiudizio nei confronti di detta industria.

66      Nell’ambito del secondo motivo, le ricorrenti sostengono che il Consiglio non era, nella fattispecie, autorizzato ad avvalersi dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base.

67      In primo luogo, le ricorrenti contestano che la regola prevista da detta disposizione possa essere applicata mutatis mutandis nel corso di un’inchiesta di riesame in previsione della scadenza di misure antidumping nell’ipotesi in cui non vi sia stata una revoca completa della domanda di riesame, ma semplicemente un abbassamento del suo livello di sostegno. Nulla nella lettera – che, del resto, sarebbe chiara e non richiederebbe alcuna interpretazione – o nell’economia di tale disposizione consentirebbe di estenderla per coprire siffatta situazione. Qualora l’interpretazione data dal Consiglio dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base dovesse essere accolta, ciò produrrebbe l’effetto di conferire ad esso una nuova competenza, potenzialmente assai ampia. Inoltre, ciò svuoterebbe di tutto il suo contenuto il requisito contemplato nell’articolo 3, paragrafo 1, nell’articolo 9, paragrafo 4, e nell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, secondo cui l’esistenza di un pregiudizio nei confronti dell’«industria comunitaria», come definita all’articolo 4, paragrafo 1, dello stesso regolamento, deve essere dimostrata perché possano essere imposti dazi antidumping. Il Consiglio potrebbe, infatti, asserire di avere competenza ad agire nella materia che considera rientrante nell’interesse della Comunità senza dover dimostrare l’esistenza di un pregiudizio per tale industria.

68      In secondo luogo, le ricorrenti contestano che l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base conferisca al Consiglio il potere discrezionale a definire l’industria comunitaria ai fini della valutazione del pregiudizio. Tale disposizione permetterebbe esclusivamente la prosecuzione dell’inchiesta a seguito della revoca della domanda di riesame e non renderebbe inapplicabili l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base.

69      Hangzhou e GE Hungary fanno sostanzialmente valere gli stessi argomenti delle ricorrenti.

70      Il Consiglio e Osram valutano congiuntamente il primo e il secondo motivo.

71      Il Consiglio, in primo luogo, sostiene che esso stesso e la Commissione (in proseguo: le «istituzioni») hanno correttamente applicato, mutatis mutandis, l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base. Svolgendo un ragionamento «a maiore ad minus» (il poco rientra nel molto), esso fa valere che, se tale disposizione consente alle istituzioni di proseguire il procedimento qualora la denuncia venga ritirata nel suo insieme, essa consente loro necessariamente anche di fare altrettanto qualora soltanto una parte del sostegno alla domanda di riesame sia ritirata. Esso precisa che detta disposizione non consente alle istituzioni di continuare ad imporre misure antidumping, ma soltanto di proseguire l’inchiesta, qualora ritengano che l’interesse della Comunità lo imponga.

72      Il Consiglio, in secondo luogo, sostiene che, se le istituzioni decidono di applicare l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, esse devono allora stabilire, ai fini della valutazione del pregiudizio, quali siano i produttori comunitari che fanno parte dell’industria comunitaria, tenendo sempre conto delle specificità del caso. Esso osserva che, se la domanda di esame viene revocata o se il sostegno all’inchiesta non è sufficiente, le istituzioni si trovano a confrontarsi con una situazione in cui, ai fini della valutazione del pregiudizio, esse non dispongono più di un’«industria comunitaria» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. Esso precisa che, nella fattispecie, le istituzioni, nell’ambito del loro ampio potere discrezionale, hanno scelto di ammettere Osram in quanto essa era l’unico produttore a sostenere la domanda, in quanto la sua produzione rappresentava quasi il 50% della produzione totale del prodotto simile nella Comunità e in quanto essa avrebbe avuto titolo ad agire «qualora il fatto stesso (il cambiamento di posizione di GE [Hungary], che [aveva] condotto all’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, non si fosse prodotto».

73      La Commissione e Osram contestano gli argomenti delle ricorrenti.

74      In primo luogo, occorre esaminare gli argomenti delle parti relativi alla circostanza che, nella fattispecie, le istituzioni abbiano invocato l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base.

75      Occorre constatare che, com’è del resto pacifico tra le parti, all’epoca dell’apertura della procedura di riesame di cui trattasi, la domanda di riesame era stata presentata dai «produttori comunitari o [dai] loro rappresentanti», come richiesto dall’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, nel senso che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento, applicabile alle procedure di riesame in forza dell’articolo 11, paragrafo 5, dello stesso regolamento, essa era espressamente sostenuta da produttori comunitari che rappresentavano più del 25% della produzione totale del prodotto simile dell’industria comunitaria e le cui produzioni sommate costituivano più del 50% della produzione totale del prodotto simile da parte della quota di industria comunitaria che aveva espresso il suo sostegno o la sua opposizione alla domanda. Tale domanda, infatti, era stata presentata da 2CFL‑i, che agiva in nome di Osram, ed era espressamente sostenuta da quest’ultima nonché da GE Hungary, le quali rappresentavano insieme più del 50% della produzione comunitaria totale di CFL‑i. Per quanto riguarda gli altri due produttori comunitari, cioè Philips Poland e Sylvania, in tale epoca, la prima aveva espresso la propria opposizione alla domanda di riesame, mentre la seconda non aveva preso posizione.

76      In tale momento, la Commissione disponeva di molto maggiori ragioni per concludere che la domanda di riesame beneficiasse di un sostegno sufficiente in conformità all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, e che, come risulta dal fascicolo ed è pacifico tra le parti, Osram, da sola, rappresentasse più del 25% della produzione comunitaria e avesse una produzione superiore a quella del solo produttore comunitario che si opponeva a tale domanda, cioè, nella fattispecie, Philips Poland. Si deve aggiungere che, in tale fase, non era necessario che la Commissione determinasse, alla luce dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base se Philips Poland, che era collegata a due produttori-esportatori in Cina e che importava a partire da tale paese tra il 70% e l’80% dei quantitativi di CFL‑i che rivendeva sul mercato comunitario, dovesse o no essere esclusa dalla produzione comunitaria. Se ciò, infatti, fosse stato necessario, non avrebbe che rafforzato la suddetta conclusione.

77      La situazione è, tuttavia, cambiata qualche mese più tardi, quando, mentre l’inchiesta di riesame era in corso, GE Hungary, per prima, e Sylvania, poi, hanno informato la Commissione che si opponevano ormai al mantenimento delle misure antidumping di cui trattasi, il che ha prodotto la conseguenza che il livello di sostegno della domanda di riesame, anche se è rimasto largamente sopra la soglia del 25% menzionata all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, è tuttavia sceso leggermente al di sotto di quella del 50% menzionata nella stessa disposizione. Infatti, l’unico produttore comunitario che continuava a sostenere tale domanda, cioè Osram, rappresentava il 48% della produzione comunitaria totale di CFL‑i, mentre gli altri tre produttori che vi si opponevano rappresentavano, unitamente, il restante 52%.

78      All’epoca dei fatti, le istituzioni consideravano che, in tale situazione, in cui, nel corso dell’inchiesta di riesame, il livello di sostegno della domanda scendeva sotto una delle due soglie menzionate all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, la procedura di riesame doveva essere chiusa, salvo applicare, per analogia, l’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento. Essi ritenevano, infatti, che i requisiti relativi al livello di sostegno della denuncia iniziale o della domanda di riesame previsti all’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento dovessero essere soddisfatti tanto nel momento del deposito di detta denuncia o in quello della domanda quanto nel corso di tutta l’inchiesta.

79      Pertanto, alla luce dell’assai debole divario tra la percentuale della produzione comunitaria che sostiene la domanda di riesame e quella della produzione comunitaria che vi si oppone, la Commissione ha ritenuto necessario esaminare più dettagliatamente l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base alla fattispecie. Secondo la Commissione, infatti, la questione se Osram, in quanto unico produttore comunitario che continua a sostenere la domanda di riesame, avesse titolo per agire in forza dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, dipendeva dalla questione se uno qualsiasi dei quattro produttori comunitari dovesse essere escluso dalla produzione comunitaria in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento. Quest’ultima questione si poneva particolarmente per Philips Poland, a causa, segnatamente, del livello molto elevato delle importazioni di CFL‑i che essa realizzava a partire dalla Cina.

80      Così, in un primo momento, nel documento informativo del luglio 2007, la Commissione, dopo aver realizzato tale esame, aveva ritenuto che i quattro produttori comunitari dovessero essere inclusi nella produzione comunitaria. Conformemente alla sua prassi, descritta al precedente punto 78, essa aveva quindi concluso che occorreva chiudere la procedura di riesame e abrogare le misure antidumping di cui trattasi.

81      In un secondo momento, in seguito, più in particolare, alle osservazioni di 2CFL‑i sul documento informativo del luglio 2007, nelle quali quest’ultima esponeva in modo circostanziato i motivi per i quali, a suo avviso, Philips Poland e GU Hungary dovevano essere escluse dalla produzione comunitaria in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base, la Commissione ha proseguito il proprio esame in merito a quest’ultima questione e ha riconsiderato la propria posizione. Come indicato al punto 49 del documento informativo generale, essa ha constatato che i risultati del suo esame «[riflettevano] l’immagine di un settore complesso, le cui strutture [sembravano] essere in costante evoluzione». Tale constatazione, che non viene rimessa in discussione dalle ricorrenti nell’ambito della presente controversia, è effettivamente corroborata dagli elementi contenuti nell’allegato al documento informativo generale. Risulta segnatamente che, se Philips Poland importava dalla Cina una quota assai importante di CFL‑i (tra il 70% e l’80% in termini di volume) che rivendeva sul mercato comunitario, lo stesso accadeva per Sylvania (tra il 50% e il 60% in termini di volume) e, in misura minore, per GE Hungary (tra il 30% e il 40% in termini di volume) e Osram (tra il 20% e il 30% in termini di volume). È anche indicato, in tale allegato, che Osram e GE Hungary erano, ciascuna, collegata ad un produttore-esportatore in Cina e Philips Poland a due produttori-esportatori in tale paese. In esso è, peraltro, precisato che Philips Poland, GE Hungary e Sylvania acquistavano fuori della Comunità più della metà delle componenti utilizzate, in essa, per la fabbricazione di CFL‑i. Risulta anche da tale allegato che quattro produttori comunitari appartenevano a gruppi multinazionali e che, sia che avessero la loro sede sociale della Comunità sia che fossero controllate di un gruppo avente sede in un paese terzo, essi potevano prendere tutte le decisioni commerciali relative alla strategia di produzione, di importazione e di vendita di CFL‑i nella Comunità. In esso si osserva, infine, che ciascuno dei quattro produttori comunitari aveva importanti centri di ricerca e sviluppo della Comunità.

82      Alla luce di tali diversi elementi, occorre riconoscere che era difficile per la Commissione stabilire con certezza quale produttore comunitario dovesse essere escluso dalla produzione comunitaria in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base, in quanto tale esclusione fosse richiesta. Così, in particolare, anche se la percentuale assai elevata di importazioni di CFL‑i realizzate dalla Cina da Philips Poland metteva in serio dubbio la possibilità di includerla nella produzione comunitaria, lo stesso dubbio poteva sussistere per quanto riguardava Sylvania, la cui percentuale di importazioni era, anch’essa, assai elevata. Date le circostanze, come risulta dal punto 50 del documento informativo generale, la Commissione ha deciso di lasciare insoluta la questione se i quattro produttori comunitari facessero tutti parte della produzione comunitaria ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base e, pertanto, se la domanda di riesame beneficiasse sempre del grado di sostegno richiesto dall’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento. Essa ha, infatti, ritenuto che, in seguito alla revoca da parte di GE Hungary del suo sostegno alla domanda di riesame e in seguito all’opposizione ad essa manifestata da Sylvania, la situazione nella fattispecie fosse analoga a quella della revoca della denuncia di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base e, facendo applicazione analogica di quest’ultima disposizione, che fosse nell’interesse della Comunità proseguire la procedura di riesame.

83      L’analisi della Commissione esposta ai precedenti punti 81 e 82 è stata recepita dal Consiglio nel regolamento impugnato, come risulta dai suoi considerando 50 e 94 nonché dal suo allegato.

84      Si deve rilevare che il Tribunale ha giudicato che l’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base non comportava alcun obbligo per la Commissione di porre termine ad un procedimento antidumping in corso qualora il livello di sostegno della denuncia fosse sceso al di sotto di una soglia minima del 25% della produzione comunitaria. Infatti, tale articolo riguarda soltanto il grado di sostegno alla denuncia necessario affinché la Commissione sia in grado di intraprendere un procedimento (sentenza del Tribunale del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, Racc. pag. II‑383, punto 139).

85      Si deve osservare che, a sostegno della suesposta valutazione, il Tribunale ha espressamente invocato il dettato dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, anche se, nella causa sfociata nella sentenza Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, citata al precedente punto 84, la denuncia di cui trattavasi non era stata affatto oggetto di revoca, come prevedeva quest’ultima disposizione, ma aveva, come asserito, soltanto visto scendere il suo livello di sostegno nel corso del procedimento. Tale soluzione è perfettamente logica, in quanto, se, in conformità a tale disposizione, la Commissione non è soggetta all’obbligo di chiudere la procedura in caso di revoca della denuncia, ciò vale, a maggior ragione, in caso di semplice diminuzione del grado di sostegno ad essa.

86      Poiché l’articolo 5, paragrafo 4, e l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base sono applicabili alle procedure di riesame in forza dell’articolo 11, paragrafo 5, di tale regolamento, il che è, del resto, ammesso dalle parti, i principi esposti ai precedenti punti 84 e 85 sono validi anche nella fattispecie. Ne deriva che le istituzioni erano perfettamente legittimate a proseguire la procedura di riesame malgrado fosse possibile che la soglia del 50%, menzionata all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base non fosse più raggiunta.

87      Va osservato che, su un piano strettamente formale, le istituzioni non erano neppure tenute ad invocare il fatto che la prosecuzione della procedura di riesame fosse nell’interesse della Comunità, come hanno fatto nella fattispecie e come risulta dal punto 50 del documento informativo generale del luglio 2007, nonché dai considerando 50 e 94 del regolamento impugnato. Infatti, l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base obbliga espressamente le istituzioni a tenere conto dell’interesse della Comunità soltanto nell’ipotesi in cui intendano chiudere la procedura a seguito della revoca della denuncia. Risulta, quindi, da tale disposizione che, qualora si verifichi tale revoca, le istituzioni hanno la facoltà – e non l’obbligo – di porre fine alla procedura, tenuto conto del fatto che esse non possono tuttavia farlo qualora l’interesse della Comunità vi osti.

88      Occorre aggiungere che, in contrasto con quanto asserito dalle ricorrenti, con l’interpretazione da esso fornita dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base nella fattispecie, il Consiglio non si è arrogato nessuna nuova competenza. Esso ha, infatti, soltanto ritenuto, a giusto titolo, come si è dimostrato ai precedenti punti da 84 a 87, che tale disposizione consentisse alle istituzioni di proseguire la procedura di riesame malgrado fosse possibile che il grado di sostegno della domanda di riesame fosse sceso al di sotto della soglia del 50%. Per il resto, come risulta chiaramente dal regolamento impugnato, il Consiglio ha deciso di mantenere le misure antidumping di cui trattasi per un periodo supplementare di un anno soltanto dopo aver stabilito, come gli incombeva, che sussisteva sempre un dumping, che la scadenza di tali misure poteva favorire la continuazione del dumping e del pregiudizio e che siffatto mantenimento era nell’interesse della Comunità. L’interpretazione accolta dal Consiglio non ha svuotato maggiormente di contenuto il requisito secondo cui l’esistenza di un pregiudizio per l’«industria comunitaria», come definita all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, deve essere dimostrata perché possano essere imposti dazi antidumping. Infatti, come sarà dimostrato nei seguenti punti da 90 a 96, il Consiglio ha correttamente definito, nella fattispecie, l’industria comunitaria ai fini della determinazione del pregiudizio.

89      Ne deriva che, nella fattispecie, non è possibile constatare alcuna violazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base.

90      In secondo luogo, occorre esaminare gli argomenti delle parti relativi alla definizione dell’industria comunitaria ai fini della determinazione del pregiudizio.

91      Si deve ricordare che, in forza dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, una misura antidumping può essere mantenuta oltre il termine di cinque anni menzionato in tale disposizione soltanto se la sua scadenza favorirebbe la prosecuzione o la reiterazione del dumping e del pregiudizio, intendendo con il termine «pregiudizio», in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dello stesso regolamento, un pregiudizio notevole causato a un’industria comunitaria, una minaccia di pregiudizio materiale a danno di un’industria comunitaria o un grave ritardo nella creazione di tale industria.

92      L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base definisce l’industria comunitaria vuoi come «il complesso dei produttori di prodotti simili nella Comunità», vuoi come «quelli tra di essi le cui produzioni, addizionate, costituiscono una proporzione maggioritaria, a norma dell’articolo 5, paragrafo 4, [di tale regolamento,] della produzione comunitaria totale di tali prodotti [simili]», tenuto conto del fatto che, in entrambi i casi, possono essere esclusi dalla produzione comunitaria i produttori che rientrano nelle situazioni previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento. Le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale con riferimento alla scelta tra i due termini di tale alternativa.

93      Si deve osservare che l’industria comunitaria, come determinata allo scopo di stabilire quale sia l’entità del pregiudizio, non deve essere necessariamente costituita dagli stessi produttori comunitari che compongono l’industria comunitaria di cui si è tenuto conto al fine di accertare se la denuncia iniziale o la domanda di riesame beneficiassero di un sostegno sufficiente in conformità all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. Infatti, da una parte, nel secondo caso di specie, l’industria comunitaria può, alla luce della formulazione dell’ultima disposizione in parola, comprendere soltanto i produttori comunitari che sostengono la denuncia o la domanda, mentre, nel primo caso di specie, essa può includere l’insieme dei produttori comunitari, indipendentemente dal fatto che essi abbiano o no fornito tale sostegno. D’altra parte, occorre tenere presente che la definizione dell’industria comunitaria ai fini della determinazione del pregiudizio è un esercizio che viene effettuato dalle istituzioni dopo l’avvio del procedimento. Orbene, è possibile, ad esempio, che, nel corso del procedimento, il produttore comunitario che, all’origine, sosteneva la denuncia o la domanda di riesame revochi tale sostegno oppure si astenga dal cooperare con la Commissione. Siffatto produttore non sarà incluso nell’industria comunitaria ai fini della determinazione del pregiudizio nell’ipotesi in cui le istituzioni scelgano di definire tale industria accogliendo la seconda parte dell’alternativa prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, anche se esso compariva nell’industria comunitaria ai fini della valutazione del grado di sostegno alla denuncia iniziale o alla domanda di riesame.

94      Occorre anche constatare che i casi di specie considerati, esplicitamente o implicitamente, all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base presuppongono, per definizione, che la soglia del 50% prevista dall’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento non venga più raggiunta. Pertanto, come il Consiglio ha giustamente affermato nella sua risposta ad un quesito scritto del Tribunale e durante l’udienza, qualora, nell’esercizio del loro ampio potere discrezionale, le istituzioni scegliessero di definire l’industria comunitaria con il secondo termine dell’alternativa di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, il rinvio effettuato in tale disposizione, all’articolo 5, paragrafo 4, di detto regolamento, in generale, per quanto riguarda l’espressione «proporzione maggioritaria (…) della produzione comunitaria totale» può essere inteso soltanto nel senso in cui si riferisce alla soglia minima del 25%, e non a quella del 50%. Siffatta soluzione si impone a maggior ragione in quanto il requisito secondo cui l’industria comunitaria deve costituire una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria totale è diretto a garantire che le produzioni addizionate dei produttori inclusi in tale industria siano sufficientemente rappresentative. Orbene, tale ultima caratteristica è più funzione della quota di produzione di tali produttori nella produzione comunitaria totale che della posizione adottata da produttori che non sono inclusi nell’industria comunitaria in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, alla luce della denuncia o della domanda di riesame. Così, nella fattispecie, come il Consiglio ha del tutto giustamente osservato all’udienza, è irrilevante, con riferimento alla questione se la produzione di Osram sia sufficientemente rappresentativa della produzione comunitaria, il fatto che Sylvania sia neutra rispetto al mantenimento delle misure antidumping oppure che essa vi si opponga. Orbene, nel primo caso di specie, a differenza del secondo, non si sarebbe tenuto conto della produzione di Sylvania allo scopo di stabilire se la soglia del 50% prevista dalla summenzionata disposizione fosse stata raggiunta e la produzione di Osram avrebbe, di per sé, soddisfatto tale condizione. La stessa osservazione vale con riferimento a GE Hungary, qualora quest’ultima avesse scelto di assumere una posizione neutra piuttosto che di opporsi alla domanda di riesame.

95      Peraltro, e anche se siffatto rilievo non è stato sollevato dalle ricorrenti nelle loro memorie, occorre precisare che non si può esigere che le istituzioni, nell’ipotesi di cui al precedente punto 94, definiscano esclusivamente l’industria comunitaria avvalendosi del primo termine dell’alternativa prevista all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, cioè includendovi la totalità dei produttori comunitari. Infatti, come si è già osservato al precedente punto 92, le istituzioni dispongono di un ampio margine discrezionale con riferimento alla scelta tra i due termini dell’alternativa prevista da tale disposizione. Esse potrebbero, ad esempio, preferire la seconda parte dell’alternativa per il fatto di averla già scelta nell’ambito del procedimento sfociato nell’imposizione iniziale delle misure antidumping di cui trattasi, per il fatto di non aver potuto ottenere la cooperazione di taluni produttori comunitari oppure di aver riscontrato difficoltà nell’accertare pienamente se l’insieme dei produttori comunitari debba essere incluso nella produzione comunitaria oppure se taluni di essi ne debbano essere esclusi in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base.

96      Nella fattispecie, come risulta dai considerando 50 e 51 del regolamento impugnato, il Consiglio ha deciso di includere soltanto Osram nella definizione di industria comunitaria ai fini della determinazione del pregiudizio, dopo aver osservato che tale società era l’unica a continuare a sostenere la domanda di riesame, che il sostegno a tale domanda era stato solo oggetto di revoca parziale, che la sua produzione rappresentava circa il 48% della produzione comunitaria totale e costituiva, quindi, «certamente una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria» e che i suoi dati relativi al pregiudizio erano i migliori dati disponibili. Alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti da 92 a 95, si deve ritenere che il Consiglio non abbia commesso alcun errore di diritto accogliendo tale definizione. Pertanto, non si può nella fattispecie constatare alcuna violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 9, paragrafo 4, o dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

97      Va osservato che, se, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base, le istituzioni avessero escluso Philips Poland dalla produzione comunitaria, tale circostanza non avrebbe in nulla mutato la loro analisi della probabilità della continuazione o di una reiterazione del pregiudizio. In siffatta situazione, la produzione di Osram, da sola, avrebbe rappresentato più del 50% della produzione totale del prodotto simile da parte di quella quota dell’industria comunitaria che esprime il proprio sostegno con la propria opposizione alla domanda di riesame. Conseguentemente, le istituzioni, definendo l’industria comunitaria attraverso la seconda parte dell’alternativa prevista all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base, vi avrebbero del pari fatto comparire soltanto quest’ultima società.

98      Si deve infine osservare che, nella parte del regolamento impugnato dedicata all’esame dell’interesse della Comunità, il Consiglio ha debitamente tenuto conto dell’impatto del mantenimento delle misure antidumping di cui trattasi sugli interessi degli altri produttori comunitari.

99      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il primo e il secondo motivo devono essere dichiarati infondati.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione

100    Le ricorrenti affermano che il regolamento impugnato è motivato in modo insufficiente in due punti.

101    In primo luogo, le ricorrenti asseriscono che il Consiglio non ha motivato in misura sufficiente la propria valutazione del sostegno dei produttori comunitari alla continuazione delle misure antidumping di cui trattasi. Esse lo censurano per non aver fornito spiegazioni sulle ragioni per cui, nel regolamento impugnato, esso è pervenuto ad una conclusione diametralmente opposta a quella formulata dalla Commissione nel documento informativo del luglio 2007, anche se non era stato introdotto nessun nuovo elemento di fatto o nessun nuovo elemento di prova. Esse contestano anche al Consiglio di non aver chiarito perché ha concluso che la produzione di Osram costituiva una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria e che, quindi, la soglia del 50% prevista all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base continuava ad essere raggiunta mentre rappresentava soltanto, in realtà, il 48% della stessa.

102    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la conclusione del Consiglio secondo cui l’interesse della Comunità imponeva di mantenere le misure antidumping di cui trattasi per un periodo supplementare di un anno non è sufficientemente motivata. Più precisamente, esse contestano al Consiglio di non aver fornito una motivazione chiara e univoca a proposito dell’interesse di Osram al mantenimento di tali misure. Al riguardo esse asseriscono che non viene chiarito, nel regolamento impugnato, in qual modo la continuazione di dette misure per un periodo supplementare di un anno andrebbe a beneficio di Osram, con riferimento alle perdite che essa registrava o agli impieghi nelle sue fabbriche, o in qualsiasi altro modo.

103    GE Hungary e Hangzhou fanno sostanzialmente valere gli stessi argomenti delle ricorrenti oppure il sostengono.

104    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e da Osram, chiede il rigetto del terzo motivo.

105    Secondo la giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autorità dell’Unione da cui promana l’atto impugnato onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato per difendere i propri diritti e permettere al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte del 30 settembre 2003, Eurocoton e a./Consiglio, C‑76/01 P, Racc. pag. I‑10091, punto 88, e sentenza del Tribunale del 12 ottobre 1999, Acme/Consiglio, T‑48/96, Racc. pag. II‑3089, punto 141).

106    Non è necessario che la motivazione specifichi tutti i vari aspetti di fatto e di diritti pertinenti, in quanto le esigenze di motivazione devono essere valutate, in particolare, alla luce del contesto dell’atto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del Tribunale del 28 settembre 1995, Ferchimex/Commissione, T‑164/94, Racc. pag. II‑2681, punto 118). È sufficiente che il Consiglio esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell’economia del regolamento (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 settembre 1996, Asia Motor France e a./Commissione, T‑387/94, Racc. pag. II‑961, punti 103 e 104).

107    In primo luogo, le ricorrenti non possono asserire che la questione del sostegno dei produttori comunitari al mantenimento delle misure antidumping di cui trattasi non sia sufficientemente motivata. Infatti, risulta chiaramente da una lettura combinata, in particolare, del regolamento impugnato, da una parte, e del documento informativo del luglio 2007, nonché del documento informativo generale, che sono idonei a fornire un chiarimento sul contesto di adozione di tale regolamento, dall’altra, quanto segue:

–        all’epoca della presentazione della domanda di riesame, Philips Poland era l’unico produttore comunitario ad opporsi ad essa, mentre Osram e GE Hungary la sostenevano espressamente e Sylvania non aveva preso posizione;

–        pertanto, non sussisteva alcun dubbio che il livello di sostegno della domanda di riesame si situava al di sopra sia della soglia del 25% sia di quella del 50%, menzionate all’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, come risulta, segnatamente, dal punto 71 del documento informativo del luglio 2007;

–        mentre l’inchiesta era in corso, GE Hungary e Sylvania hanno informato la Commissione che esse si opponevano ormai alla domanda di riesame, il che ha prodotto la conseguenza che quest’ultima era da quel momento sostenuta soltanto da Osram, la cui produzione era di assai poco inferiore al 50% della produzione comunitaria totale, come risulta, in particolare, dai punti 71 e 72 del documento informativo del luglio 2007;

–        considerato il debole divario tra la percentuale della produzione comunitaria che sostiene la domanda di riesame e quella della produzione comunitaria che vi si oppone, e considerato che le due soglie citate dovevano essere raggiunte sia al momento della presentazione della domanda di riesame sia nel corso di tutta l’inchiesta, la Commissione ha esaminato più dettagliatamente se taluni produttori comunitari, e in particolare Philips Poland, dovessero essere esclusi dalla produzione comunitaria facendo applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base, come risulta, in particolare, dai punti da 28 a 68 e 70 del documento informativo del luglio 2007;

–        in un primo momento, dopo aver realizzato tale esame, la Commissione ha ritenuto che i quattro produttori comunitari dovessero essere inclusi nella produzione comunitaria e ha, quindi, concluso che occorreva chiudere la procedura di riesame e abrogare le misure antidumping di cui trattasi, come risulta, in particolare, dai punti da 69 a 73 del documento informativo del luglio 2007;

–        in un secondo momento, la Commissione, proseguita la sua riflessione e constatato che le era difficile stabilire con certezza se i produttori comunitari dovessero essere esclusi dalla produzione comunitaria facendo applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base, ha deciso di lasciare insoluta tale questione nonché, di conseguenza, quella di stabilire se la domanda di riesame beneficiasse sempre del grado di sostegno richiesto dall’articolo 5, paragrafo 4, di tale regolamento, come risulta dai punti 49 e 50 del documento informativo generale e dai considerando 49 e 50 del regolamento impugnato;

–        la Commissione, infatti, ha considerato che, in seguito all’opposizione alla domanda di riesame manifestata da GE Hungary e Sylvania nel corso del procedimento, la situazione della fattispecie era divenuta analoga a quella descritta dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base e che, applicando in via analogica quest’ultima disposizione, rientrava nell’interesse della Comunità proseguire la procedura di riesame, come risulta dal punto 50 del documento informativo generale e dai considerando 50 e 94 del regolamento impugnato;

–        la posizione della Commissione è stata recepita dal Consiglio nel regolamento impugnato.

108    È giocoforza constatare, d’altra parte, che risulta chiaramente tanto dalle osservazioni presentate dalle ricorrenti nel corso dell’inchiesta di riesame quanto dagli argomenti che esse hanno sviluppato a sostegno dei due primi motivi nell’ambito del presente ricorso che esse hanno perfettamente compreso la sequenza degli avvenimenti, come descritta al precedente punto 107.

109    Per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo cui il Consiglio è pervenuto alla conclusione diametralmente opposta a quella contenuta nel documento informativo del luglio 2007 mentre nessun nuovo elemento di fatto o nuovo elemento di prova lo giustificava, essa è priva di pertinenza nell’ambito del presente motivo. Infatti, l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale da tenere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente, quest’ultima, alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenza della Corte del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, Racc. pag. I‑2481, punto 35).

110    In ogni caso, tale censura è carente sotto il profilo sostanziale. Infatti, come si è già esposto al precedente punto 81, 2CFL‑i ha presentato osservazioni dettagliate sul documento informativo del luglio 2007 con cui esponeva i motivi per i quali, a suo avviso, Philips Poland e GE Hungary dovevano essere escluse dalla produzione comunitaria in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di base. Tali osservazioni potevano validamente giustificare una riconsiderazione della sua valutazione da parte della Commissione, tanto più che, come le ricorrenti sapevano e come risultava dalle osservazioni che esse hanno presentato nel corso della procedura di riesame, la questione della composizione esatta della produzione comunitaria era, nella fattispecie, una questione complessa e ampiamente dibattuta.

111    Peraltro, contrariamente a quanto ritenuto dalle ricorrenti, il fatto che il Consiglio non avesse chiarito, nel regolamento impugnato, perché avesse deciso di allontanarsi dalla conclusione formulata dalla Commissione nel documento del luglio 2007 non può, di per sé, costituire insufficienza di motivazione, in quanto quest’ultimo tipo di documento costituisce un semplice atto intermedio, in cui la Commissione espone una posizione meramente provvisoria (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 29 gennaio 2008, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, T‑206/07, Racc. pag. II‑1, punto 52).

112    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il Consiglio non ha inteso, al considerando 50 del regolamento impugnato, suggerire che la soglia del 50% prevista dall’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base fosse raggiunta, nel dichiarare che la produzione di Osram costituiva una proporzione maggioritaria della produzione comunitaria. Con tale dichiarazione esso si riferiva, in realtà, alla sola soglia del 25% prevista dalla stessa disposizione. Pretendere che la soglia del 50% fosse sempre raggiunta non avrebbe d’altra parte avuto senso, in quanto, in tale ipotesi, non sarebbe stato necessario invocare, nello stesso considerando, l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, che presumeva una revoca della domanda di riesame oppure una diminuzione del livello di sostegno ad essa sotto tale soglia. La constatazione secondo cui il Consiglio intendeva rinviare alla soglia del 25% è inoltre confermata dal fatto che, ai punti 4 e 71 documento informativo del luglio 2007, al punto 4 del documento informativo generale e al considerando 4 del regolamento impugnato, quantomeno nella loro versione inglese, l’espressione «quota maggioritaria» viene espressamente collegata a quella di «più del 25% della produzione comunitaria complessiva».

113    In secondo luogo, occorre constatare che, in contrasto con quanto asserito dalle ricorrenti, la conclusione del Consiglio secondo cui l’interesse della Comunità esigeva di mantenere le misure antidumping di cui trattasi per un periodo supplementare di un anno è sufficientemente motivata nel regolamento impugnato.

114    Quindi, ai considerando da 94 a 114 del regolamento impugnato, il Consiglio ha chiaramente esposto la propria valutazione della totalità degli interessi in gioco, cioè quelli di Osram, degli altri produttori comunitari, dei fornitori, degli importatori/rivenditori, dei dettaglianti e dei consumatori. Ai considerando 115 e 116 di detto regolamento, esso ha confrontato tali diversi interessi prima di concludere che «il mantenimento delle misure per un ulteriore periodo di adattamento [era] nell’interesse a breve termine della Comunità».

115    Le ricorrenti non possono censurare il Consiglio per non aver sufficientemente chiarito sotto quale profilo fosse nell’interesse di Osram che le misure antidumping di cui trattasi venissero mantenute. Infatti, nei considerando da 65 a 93 del regolamento impugnato, il Consiglio ha debitamente dimostrato e chiarito che la scadenza di tali misure avrebbe favorito la continuazione o la reiterazione del pregiudizio subìto da detta società. Esso ha in particolare constatato, al considerando 90 di tale regolamento, che siffatta scadenza avrebbe comportato verosimilmente un considerevole deterioramento della sua situazione finanziaria, in quanto essa sarebbe stata indotta a dover o diminuire le sue vendite e quindi la sua produzione, o ridurre i suoi prezzi, oppure a fare sia l’uno sia l’altro. In perfetta logica, il mantenimento delle misure antidumping poteva di conseguenza risultare soltanto nell’interesse di Osram. Quanto al resto, va rilevato che il Consiglio non ha mai lasciato intendere che tale mantenimento avrebbe consentito a Osram di superare tutte le sue difficoltà, ma soltanto che esso l’avrebbe aiutata ad effettuare i necessari adattamenti. Quanto alla decisione di limitare ad un anno il periodo di proroga delle misure, dai considerando 115 e 116 del regolamento impugnato risulta che essa è il risultato del raffronto tra i diversi interessi in gioco, raffronto dal quale è, in particolare, emerso che, dopo tale termine, gli effetti negativi probabili di dette misure per i consumatori e per altri operatori sarebbero sproporzionati rispetto ai vantaggi che esse avrebbero procurato ai produttori comunitari.

116    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il terzo motivo e, di conseguenza, l’intero ricorso.

 Sulle spese

117    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono quindi essere condannate a sopportare le proprie spese, le spese del Consiglio, ad eccezione delle spese di quest’ultimo collegate agli interventi di Hangzhou e di GE Hungary, e le spese di Osram.

118    In conformità all’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, la Commissione sopporterà le proprie spese.

119    In conformità all’articolo 87, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento di procedura, Hangzhou e GE Hungary sopporteranno ciascuna le proprie spese.

120    In conformità all’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, Hangzhou e GE Hungary sopporteranno le spese del Consiglio collegate al loro intervento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Philips Lighting Poland S.A. e Philips Lighting BV sopporteranno le proprie spese, le spese del Consiglio dell’Unione europea, fatta eccezione per le spese di quest’ultimo collegate agli interventi di Hangzhou Duralamp Electronics Co., Ltd e di GE Hungary Ipari és Kereskedelmi Zrt (GE Hungary Zrt), nonché le spese di Osram GmbH.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

4)      Hangzhou Duralamp Electronics e GE Hungary sopporteranno ciascuna le proprie spese, nonché le spese del Consiglio collegate al loro intervento.

Papasavvas

O’Higgins

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 luglio 2013.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.